Cluny Brown

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Capitolo primo

1 Pensando a Cluny Brown, il signor Porritt, un idraulico di successo, si lasciò sfuggire la sua fermata dell’autobus e perse quindi il consueto pranzo domenicale in casa di sua sorella. Non era una gran perdita. Il cibo sarebbe stato perfetto, perché Addie aveva i suoi meriti, ma era anche insistente. Al momento insisteva su Cluny Brown. Il signor Porritt pagò un penny supplementare e scese dall’autobus a Notting Hill Gate. C’era tutto il tempo di tornarsene a Marble Arch per poi scendere come al solito lungo Edgware Road; ma un senso di indipendenza lo spinse invece verso i giardini di Kensington. Era più di un anno che non ci entrava, anzi, dal giorno del funerale di sua moglie, quando con ostinazione aveva vagabondato per i parchi di Londra, cercando di abituarsi all’idea che la signora Porritt non ci fosse più. Non gli fu facile, erano stati sposati per ventisei anni e mai un litigio; ma da qualche parte lungo la strada Arnold Porritt raggiunse un accordo provvisorio con la Provvidenza. Sarebbe andato avanti come prima, facendo il suo dovere come idraulico e facendo il suo dovere con Cluny Brown e, se alla fine non si fosse trovato riunito alla sua Floss, allora avrebbe protestato sul serio. Il signor Porritt possedeva uno sviluppatissimo senso della giustizia. La giornata, per essere febbraio, era insolitamente dolce. 1


Persone audaci erano sedute fuori dell’Orangery, le facce al sole, le spalle contro il muro di mattoni che era rimasto affacciato al sole per tre secoli; era il posto più caldo dei giardini. Dopo aver fatto il giro del prato, anche il signor Porritt andò sulla terrazza: visto che non c’erano panchine libere, ne scelse una dove sedeva una signora solitaria. Agli occhi del signor Porritt quella signora non era più giovane e non doveva mai essere stata bella; l’occhiata di striscio della signora definì il signor Porritt come decisamente antiquato; e ognuno dei due si sarebbe enormemente stupito se avesse saputo l’opinione dell’altro. La signora teneva un libro sulle ginocchia, ma il signor Porritt aveva dimenticato il suo giornale in autobus e si trovava quindi indifeso contro i ben noti effetti che la prossimità produce nei giardini pubblici. Nello spazio di cinque minuti il desiderio di confidarsi con un estraneo divenne irresistibile. Diede un colpo di tosse preliminare e osservò che il tempo era incredibilmente mite per la stagione. “Deliziosamente,” disse la signora. La voce e quella parola resero evidente al signor Porritt che si trattava di una signora, fatto del quale aveva dubitato per via del cappello e del trucco. “Mi fa desiderare che mia nipote sia qui,” disse il signor Porritt. “Sì, i bambini adorano i giardini,” concordò la signora affabilmente. “Non è una bambina,” disse il signor Porritt. La signora gli lanciò uno sguardo incoraggiante. Stava aspettando un giovanotto, che sperava diventasse il suo amante e le pareva sarebbe stato piccante farsi scoprire in animata conversazione con un individuo così antiquato, così inatteso e così nell’insieme fuori-dal-nostro-mondo, come il signor Porritt. Mentre gli stava sorridendo, frammenti di dialogo le si costruivano nella mente: “Ma tutti vogliono parlare con me,” gli avrebbe detto, “mi sembra talvolta di essere quel personaggio di Kipling che se ne stava seduto, e lasciava che gli animali gli corressero sopra”. O 2


forse Kipling faceva troppo epoca? “Come quell’uomo nella giungla,” forse, restando sul vago sulla sua provenienza… “Ha vent’anni,” proseguì il signor Porritt. “È orfana. Figlia della sorella di mia moglie. Qualche volta non so proprio come gestirla.” “È un’età difficile.” “Non è esattamente difficile. È piuttosto…” il signor Porritt si accigliò. Ponderò, cogitò, andò a tentoni come aveva spesso fatto di recente, dopo l’inizio dei guai. Cluny Brown era di buon carattere, volonterosa, sensata come tante altre ragazze… “È carina?” “Insignificante come una scarpa.” “Attraente?” Il signor Porritt, che pensava di aver già risposto a questa domanda, scosse semplicemente la testa; e la signora sorrise. Lei pure era insignificante; ma nessuno avrebbe potuto definirla poco attraente. (Avrebbe potuto farlo il signor Porritt, naturalmente, ma non era probabile che venisse sollevata la questione.) “Allora forse ha un complesso di inferiorità?” “Lei certo no,” disse il signor Porritt. Non sapeva niente di complessi, ma l’idea di inferiorità era così sbagliata che gli rese improvvisamente chiaro ciò che andava cercando. “Il guaio con la giovane Cluny,” disse il signor Porritt, “è che proprio non sembra sapere qual è il suo posto.” Eccolo formulato con chiarezza, il delitto di Cluny Brown; e suo zio non sarebbe mai riuscito a esprimere – neanche a un estraneo, neanche in un parco – il malessere che gli ispirava. Conoscere il proprio posto era per Arnold Porritt la base della vita civile e razionale; restate fedeli alla vostra classe e non sbaglierete mai. Un bravo idraulico appoggiato dal suo sindacato può guardare dritto in faccia un duca, e un bravo spazzino, appoggiato dal suo sindacato, può guardare dritto in faccia il signor Porritt. I duchi, è noto, non hanno un sindacato, e il signor Porritt pensava giustamente che stessero molto in basso. 3


“Ma quale sarebbe il posto di sua nipote?” chiese la signora con aria divertita. Il signor Porritt giudicò la domanda straordinariamente stupida: bastava guardare lui, per capire quale fosse il posto di sua nipote. Ma aveva comunque pronta un’ottima risposta, una vera bomba, che era più che desideroso di far esplodere. “Le dirò subito quale non è il suo posto: non è il Ritz,” disse il signor Porritt, che non poté far a meno di stupirsi un’altra volta. Perché era questo che aveva fatto la giovane Cluny, uno o due giorni prima: era andata a prendere il tè al Ritz, tutta sola per vedere che roba era. Aveva speso parecchio, e nemmeno un panino con la pasta d’aringhe. Glielo aveva raccontato lei, senza fare mistero della sua follia, senza pensare, sembrava, di aver compiuto qualcosa di strano. Il signor Porritt osservò compiaciuto che anche la sua nuova conoscenza (con tutta la sua stranezza) sembrava piuttosto stupita. “E questa è Cluny,” concluse in un cupo trionfo. “Proprio non sa cosa è cosa.” “Cluny?” ripeté la signora. “Cluny Brown. Abbreviazione di Clover,” spiegò il signor Porritt. Fece una pausa per vedere se un giovanotto alto, che si stava avvicinando, intendesse sedersi sulla loro panchina. Ma la signora (che aveva notato il nuovo arrivato un attimo prima) si chinò verso il signor Porritt con accresciuta animazione. “Sa,” disse rapidamente, “penso che sua nipote abbia un fascino particolare. Lei non deve reprimerla, deve aiutarla a svilupparsi. Potrebbe davvero essere una persona speciale.” Poi si voltò bruscamente e vide il giovane che sorrideva verso di loro, e il signor Porritt capì all’improvviso che era tempo di andarsene. 2 “Chi diavolo era?” domandò il giovanotto sedendosi. La signora fece un’espressione buffa. “Non ne ho la più pallida idea. C’è sempre qualcuno che 4


attacca discorso con me, nei giardini pubblici. Mi sento come quell’uomo che se ne stava a sedere nella giungla e lasciava che gli animali gli corressero sopra.” “Uno di questi giorni qualcuno ti aggredirà.” “Mio caro, lo sai che attraggo solo le persone rispettabili.” Risero insieme. Il giovanotto seguì con lo sguardo il signor Porritt che si allontanava e scosse la testa. “Quel vecchio imbroglione! Ti ha detto che sua moglie non lo capisce?” “Niente affatto! Mi ha parlato solo di sua nipote, una ragazza chiamata Cluny Brown, abbreviazione di Clover, che è andata al Ritz per prendere il tè.” “Cara, sei fantastica!” disse il giovanotto. “Che storia! Ma perché il Ritz?” “Perché Cluny non sa qual è il suo posto.” “Scandaloso. Scandalosa Cluny Brown! Mi piacerebbe conoscerla!” Dal momento che questo era escluso, la signora poté dire che sarebbe piaciuto anche a lei; poi, sentendo che di Cluny si era parlato abbastanza e che anzi stava diventando una seccatura, propose di andare a pranzo. 3 Alle due e mezza il signor Porritt raggiunse la casa di suo cognato Trumper, in Portobello Road. La porta principale aperta e un trapiantatoio lasciato in un’aiuola mostravano che Trumper aveva cominciato a fare del giardinaggio e mollato tutto lì. Entrando nel piccolo ingresso, odoroso di linoleum e di pasta per lucidare i metalli, il signor Porritt annusò forte l’aria, e riconobbe i meriti di sua sorella. Come massaia, nessuno la poteva battere. Scrupolosamente pulita, un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto. Il signor Porritt appese il suo berretto all’attaccapanni e passò nel salotto dove trovò 5


Trumper, in maniche di camicia, occupatissimo a leggere il “News of the World”. “Sono qui”, disse il signor Porritt. “Credevo che ti avevano messo sotto,” disse Trumper. “Sbagliato autobus,” spiegò il signor Porritt. “Hai mangiato?” “Un boccone,” disse il signor Porritt. Sedette e si tolse le scarpe, posandole ordinatamente sul ripiano inferiore di uno scaffale in vimini. Il ripiano superiore era coperto da un centrino in ciniglia, un vassoio di rame, un vasetto di rame, nel vasetto una bella piantina grassa; il tutto stava esattamente al proprio posto, collocato nel centro del bow-window. “Hai lasciato fuori un trapiantatoio,” disse il signor Porritt. “Sì,” concordò Trumper. “Dov’è la giovane Cluny?” “A letto.” “Malata?” “No, ha letto un articolo sul giornale,” disse il signor Porritt e gli venne in mente il suo giornale dimenticato sull’autobus. In quel momento lo voleva, perché era proprio il tempo e il luogo per una buona lettura. Era anche il tempo e il luogo per Trumper, e nel momento in cui avesse finito, sarebbe arrivata Addie, ed era incredibile come nulla irriti una persona quanto prenderle il giornale della domenica. Al signor Porritt venne in mente una sua esperienza personale che spiegava bene questa situazione: accadde quando arrivò la sorella di sua moglie con Cluny piccolissima, e il marito morto, pover’uomo, e non c’era altro da fare che prenderle a vivere con loro; e lui e Floss furono ben contenti di ospitarle, e la madre di Cluny si comportava come si deve, tranne che per una cosa: prendeva il giornale della domenica prima che il signor Porritt avesse finito di leggerlo. Lui non le disse mai nulla, ma quest’abitudine lo irritò al punto che cominciò a detestarla. Per un certo periodo comprò persino due giornali: fu peggio. La cognata li leggeva a pezzi, un poco l’uno e un poco l’altro, mescolando e mettendo in 6


disordine i fogli al punto che non si riusciva neppure a trovare il calcio. Eppure a modo suo era una brava donna, e quando morì di polmonite, al signor Porritt dispiacque più di quanto avesse potuto supporre… “Eden ha dato le dimissioni,” osservò Trumper. “Penso che saprà quel che fa.” “Se chiedi a me, avremo problemi con Mussolini,” disse il signor Porritt, “e con quel Hitler. Non mi fido di loro.” “Neanch’io. Cosa dovrebbe fare questo paese…” Ancora un attimo e si sarebbero imbarcati in una bella discussione succosa e virile; ma la porta si aprì e Addie fece il suo ingresso. Aveva quattro anni meno del marito, cinque meno del fratello, ma non lo si sarebbe potuto supporre, perché non le piaceva sembrare giovane. Le piaceva sembrare linda, in ordine e resistente, e in questo riusciva perfettamente. “Eccoti qui!” esclamò, scrutando il fratello come per accertarsi che fosse veramente lì, tutto intero. “Cos’è successo?” “Sbagliato autobus,” spiegò il signor Porritt. “Hai mangiato?” “Un boccone,” disse il signor Porritt. “Dov’è Cluny?” “A letto.” “Malata?” “No,” disse pazientemente il signor Porritt. “Ha letto un articolo sul giornale e dice che per riposare i nervi e rinforzare il sistema immunitario bisogna stare un giorno a letto mangiando arance.” Per un secondo, Addie Trumper lo fissò senza parole. La mascella le si indurì. Gli occhi le brillarono. Marito e fratello inconsciamente si irrigidirono. “Santi numi!” esplose Addie Porritt. “Chi crede di essere?” Eccola, ancora una volta, l’inevitabile domanda che Cluny Brown riusciva sempre, e involontariamente, a provocare. E infatti, quale risposta avrebbe potuto essere più elementare? – Suo padre un camionista defunto, suo zio un idraulico, la 7


sua defunta madre la cognata di quell’idraulico, il suo altro zio facchino (alla Great Western) – come era possibile che qualcuno nutrisse dubbi su chi fosse Cluny? Come poteva esserci un qualche dubbio su chi Cluny pensava di essere? Era ovvio. Eppure, il signor Porritt aveva sentito quella domanda non una, ma addirittura migliaia di volte. Se l’era posta lui stesso. E non era in grado di rispondere né a se stesso né a Addie Trumper. “Cluny ha bisogno di una cosa sola,” decretò Addie dopo aver respirato profondamente, “l’ho detto una volta e lo dirò ancora, deve andare a servizio. Un buon servizio, sotto una governante severa. Tienti bene a mente quel che ti dico.” Ma il signor Porritt non aveva intenzione di lasciarsi intimidire. “E io ti ho detto che non posso fare a meno di Cluny. Ho bisogno di qualcuno per il telefono, quando non ci sono.” “Perché devi volere un telefono!” Il signor Porritt e Trumper si scambiarono uno sguardo di solidarietà. Naturalmente un idraulico doveva avere il suo telefono: quasi tutte le chiamate, le urgenti soprattutto, arrivano per telefono. Era una delle ragioni del successo del signor Porritt, si sapeva sempre dove trovarlo. La gente gli telefonava a mezzanotte, o anche più tardi, e anche se il signor Porritt non si presentava, il suo tono solennemente professionale dava conforto, e se diceva che sarebbe passato l’indomani mattina presto, raramente chiamavano qualcun altro. Naturalmente doveva avere il suo telefono… “E a proposito,” disse la signora Trumper, voltandosi verso suo marito, “hai lasciato il trapiantatoio in giardino”. Poi afferrò il “News of the World” e sparì. Ci vollero alcuni minuti prima che l’atmosfera si rasserenasse. I due uomini si sentivano depressi, come pesci in fondo a uno stagno agitato. Il signor Porritt guardò con aria di scusa il cognato e lentamente prese le scarpe. “Non c’è mica bisogno che te ne vai,” disse Trumper cortesemente. 8


“Meglio,” disse il signor Porritt. “Tu fai quello che pensi è meglio. La giovane Cluny ti è d’aiuto, te la tieni, non sono affari di Addie.” “Sì,” disse il signor Porritt. Ciononostante finì di allacciarsi le scarpe. “A te posso anche dirlo, sono preoccupato.” Fece una pausa. C’era quel tè al Ritz; c’era anche un’altra storia, di cui non aveva parlato neanche alla signora dei giardini. “È stata abbordata.” Trumper fischiò. “Abbordata? Cluny?” “Due volte,” disse il signor Porritt, “la settimana scorsa. La prima volta me lo ha detto lei, la seconda volta me ne sono accorta io. In High Street, davanti a un negozio: parlavano insieme, Cluny e questo tipo. Appena mi ha visto è scappato via.” “Credo bene,” disse Trumper in tono elogiativo. “Cluny dice che lei stava guardando la vetrina, guardando i cappelli, e questo tipo si ferma e le domanda se c’è qualcosa che le piace. Cluny gli dice di no, che guarda solo per divertirsi. Allora lui dice che forse passeggiando verso il West End potrebbero trovare qualcosa di meglio. E a questo punto sono arrivato io.” “Lei non ci sarebbe mai andata.” “Lo ha detto anche lei. Ha detto che voleva sentire una commedia alla radio. Ma quello che mi colpisce è perché. Non la definiresti carina…” “Insignificante come una scarpa,” concordò di cuore Trumper. Per un po’ rifletterono entrambi. “Quell’altra volta, era lo stesso tipo o un altro?” “Un altro. Un tipo davanti al cinematografo.” “Non dovrebbe andar tanto in giro.” “Cosa deve fare una ragazza?” commentò il signor Porritt in tono difensivo. “Non ha il diritto di guardare le vetrine? Forse – non te l’ho detto, ma ho parlato di Cluny a una signora – la stiamo trattando male. Forse non dovrebbe essere sgridata, ma incoraggiata a svilupparsi, piuttosto.” 9


“Non lei,” disse fermamente Trumper. “Chiunque ti ha detto questo, non doveva conoscere Cluny.” Era un’osservazione così esatta che il signor Porritt non poté contestarla. Il suo silenzio fu però per un attimo ostile. La serietà della signora, immediatamente prima che fossero interrotti, gli aveva fatto effetto: il suo atteggiamento verso la nipote era diventato più elastico di quanto fosse stato prima. Si sentiva pronto ad agire in qualche modo per conto della nipote, se proprio era necessario introdurre mutamenti nella solida routine della loro vita comune. In fondo in fondo, stava accarezzando l’idea di far imparare la dattilografia a Cluny. “E quella stranezza delle arance a letto,” aggiunse Trumper indirettamente. “Se le è pagate lei. E non mi turba dirti,” disse il signor Porritt, in un’improvvisa ammissione di debolezza, “che sciocchezze o no, preoccupato come sono, mi sento assai più tranquillo sapendola sana e salva nel suo letto.” Disse (come sempre) ciò che credeva essere la verità.

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Estratto da Margery Sharp Cluny Brown Titolo originale dell’opera Cluny Brown Traduzione dall’inglese di Bruna Mora © The Estate of Margery Sharp 1944 © 2013 astoria srl via Aristide De Togni 7 – 20123 Milano Prima edizione: febbraio 2013 ISBN 978-88-96919-49-1 Progetto grafico: zevilhéritier

www.astoriaedizioni.it 11


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