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Land and water grabbing nella Valle dell'Omo Cdca

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Glossario

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Land and water grabbing nella Valle dell’Omo

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Il lago Turkana, situato all’interno della Rift Valley, nell'Africa Centro-Orientale, ha una superficie di 6.405 km² ed è il più grande lago permanente del mondo in zona desertica. Suoi immissari sono l'Omo, il Turkwell e il Kerio. La superficie del lago è quasi completamente all'interno dei confini del Kenya; solo la parte settentrionale, in corrispondenza del delta del fiume Omo, si trova in Etiopia. A 30 chilometri dal lago, in Kenya, si trova il sito archeologico di Nataruk, scoperto nel 2012. Qui, nel gennaio 2016, gli scavi hanno riportato alla luce quella che ad oggi risulta essere la più antica testimonianza di una guerra che sia mai stata scoperta. Si tratta delle ossa fossili di un gruppo di cacciatori-raccoglitori uccisi nell’ambito di un conflitto per il controllo delle risorse e risalenti a circa 10mila anni fa. Ancora oggi la conflittualità per l’accesso a risorse sempre più scarse interessa quest’area, il fenomeno tende però a radicalizzarsi a causa dall’aumento delle temperature e della siccità cui si aggiungono scelte riguardanti la gestione del territorio. Agli anni ’60 e ’70 risale l’istituzione di due Parchi nazionali che non hanno visto il coinvolgimento dei popoli indigeni nella gestione. Negli anni ’80 sono iniziati processi di implementazione di grandi fattorie irrigate e controllate dallo Stato a scapito dell’agricoltura tradizionale. Nel 2011, il Governo etiope ha cominciato ad affittare vasti appezzamenti di terra ad aziende malesi, italiane, indiane e coreane per la coltivazione di palma da olio, jatropha, cotone e mais destinati alla produzione di biocarburanti. Alle popolazioni indigene è stato così imposto il trasferimento coatto in campi di re-insediamento, reprimendo ogni opposizione e militarizzando la Regione per tutelare le piantagioni e le infrastrutture in costruzione. Le popolazioni sono state private dei pascoli e assoggettate a regimi di dipendenza da aiuti governativi. A tutto questo si aggiunge la realizzazione di infrastrutture gravemente impattanti. Al confine tra Etiopia e Kenya, lungo il corso del fiume Omo, insiste la diga di Gibe III in fase di completamento. Il costo dell’opera è stato stimato in 1,8miliardi di dollari e dovrebbe generare 6.500 gigawatt di energia all’ora. L’Italia è coinvolta nel progetto attraverso la società Salini, che ha già realizzato la Gibe II, sempre lungo il corso del fiume Omo. Il Governo etiope non ha mai approfondito i possibili impatti ambientali della costruzione delle dighe mentre quello keniota non ha difeso i diritti delle popolazioni che abitano sulle sponde del lago. L’energia prodotta non serve a soddisfare i bisogni della popolazione etiope che in quell’area nemmeno usufruisce degli allacci alla rete, bensì alla vendita di energia al Kenya. La rete per il trasporto dell’energia è stata realizzata con gli investimenti della Banca Mondiale. Il territorio della bassa Valle dell’Omo ospita una delle ultime foreste pluviali dell’Africa sub-sahariana. Biodiversità e sicurezza alimentare della popolazione dipendono dalle esondazioni stagionali del

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