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Editoriale Raffaele Crocco

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E adesso c’è una nuova guerra Una ragione in più per “salvare” l’Onu

Le schede dei conflitti, quest’anno, sono 35 in questo Atlante della Guerra e dei Conflitti del Mondo. L’anno scorso ne avevamo una in meno. La fine delle guerre resta una idea astratta, come astratto sembra più il ruolo delle Nazioni Unite, strette fra contraddizioni e mancanze che non danno risposte. Pensateci un attimo: dei quasi 200 Paesi che formano l’Assemblea, un altissimo numero ha governi non democratici a guidarli. Significa che chi siede al Palazzo di Vetro per conto di questi stati, è nominato da chi con diritti umani, democrazia, libertà, rispetto delle leggi e delle norme internazionali ha poco a che fare. Una contraddizione stridente per un organismo che dovrebbe garantire giustizia. Altro pensiero: anche chi siede per conto di governi democraticamente eletti, non viene nominato per volontà popolare, insomma, attraverso un voto. No, va a rappresentare interessi, legittimi ovvio, ma non sempre condivisi. Tutto questo fa capire quanto poca democrazia vi sia nei meccanismi dell’Onu e quanto difficile sia - pur con tutta la buona volontà che spesso c’è - trovare strumenti e logiche di intervento. E questo si traduce in una tragedia per le popolazioni che proprio dai Caschi Blu, dai soldati dell’Onu, dovrebbero essere protette. Troppo spesso, dalla Bosnia, alla Somalia, alle recenti operazioni in Africa, abbiamo saputo che i Caschi Blu dell’Onu sono rimasti fermi, inerti, davanti a massacri e violenze. Le regole d’ingaggio, cioè gli ordini che avevano ricevuto, gli impedivano di intervenire “per evitare di prendere posizione a favore di qualcuno”. Una assurdità dettata dalle convenienze, ogni volta diverse di ogni volta diversi Paesi, che non volevano disturbare alleati, amici, conniventi. Contraddizioni stridenti, lo ripetiamo, eppure è all’Onu che si giocano buona parte dei destini dei cittadini del mondo. Sono le Nazioni Unite che dobbiamo salvaguardare, rilanciare, tenere saldo, per continuare ad avere delle speranze. Perché alla base, a tenerlo vivo, c’è la carta indispensabile per la vita giusta dei popoli: la Dichiarazione dei Diritti Umani. La guerra prospera dove mancano i diritti elementari. Trova nutrimento, fan, istigatori. Trova ragioni per esistere. Tentare di salvaguardare la Dichiarazione e l’Onu significa rendere meno facile la vita a chi pensa alla guerra come uno strumento utile per governare, fare soldi, passare alla storia. Per questo, anche quest’anno, parliamo a lungo dei conflitti che vedono l’Onu impegnata in qualche modo, con tutti i limiti, ad arginare i massacri, a fermare il sangue. Raccontiamo le missioni, pesandole, misurandole in termini di costi e di sacrifici e anche di inutilità. Perché dobbiamo capire e conoscere quello che accade per rifondarlo. Perché dobbiamo credere che sia possibile che gli Stati del Mondo si mettano assieme per fermare la guerra.

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Il Direttore Raffaele Crocco

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