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Inoltre Etiopia - Madagascar
Inoltre Etiopia “Ogaden, Somaliland, Gibuti: i nomi di una guerra infinita per un Paese che è stato Impero”.
Il 10 settembre 2010 Radio Garowe dà la notizia che un gruppo di ribelli appartenenti al Fronte di liberazione nazionale dell’Ogaden (Onlf) è sbarcato lungo le coste del Somaliland, regione del Nord-Ovest della Somalia (autoproclamatasi indipendente all’inizio degli anni ‘90 e rimasta fuori dalla guerra civile somala). In 200, secondo le dichiarazioni del ministro dell’Interno della regione somala, i ribelli si sarebbero spostati in una zona collinare interna al confine tra Somalia, Eritrea e Gibuti. Dei 200 nessuna notizia. Così come nessuna ulteriore velina è stata inviata al mondo rispetto ai 100 soldati etiopi (esercito regolare) uccisi dagli stessi ribelli dell’Ogaden nell’ottobre del 2009. Allora la notizia non venne smentita nemmeno dal Governo uffiliale. È silenzio. Il silenzio può dirsi, infatti, la parola d’ordine di questa rivoluzione dei ribelli che chiede l’indipendenza da 20 anni e che dal 2007 ha alzato il tiro in una costante escalation di violenza. In questo contesto si alimenta un conflitto interno che mette a dura prova i civili con la costante e sistematica violazione dei diritti umani da parte di entrambe le parti: esercito regolare e ribelli. Nell’agosto del 2009 le autorità etiopi sospendono le attività di 42 organizzazioni non governative che lavorano nel Sud del Paese perché sospettate di ostacolare lo sviluppo del Paese. Nessuno però ha mai chiarito quali siano queste Ong (tra di loro Medici Senza Frontiere). Il vero problema è il coinvolgimento di queste associazioni nella denuncia delle violazioni dei diritti umani diventate all’ordine del giorno in Etiopia. Infatti la popolazione si ritrova a vivere in condizioni molto difficili soprattutto a causa delle guerre che il Paese porta avanti da ormai trent’ anni. Il conflitto con l’Eritrea inizia nel 1952 quando l’Imperatore etiope Hailé Selassié la priva di ogni autonomia relegandola al ruolo di semplice provincia. Comincia così a crescere un forte movimento di resistenza nazionale che avrebbe condotto nei successivi decenni ad una lotta armata per l’indipendenza degenerata nel 1997 a causa del rifiuto dell’Eritrea di adottare il birr, la moneta etiope, e a causa della lotta per una esigua striscia di terra. Il conflitto con la Somalia, invece, affonda le sue radici nel 1954 quando con un accordo anglo etiope la Regione dell’Ogaden (di etnia somala situata nella parte orientale dell’Etiopia) passa interamente sotto la sovranità dell’ Etiopia, ma in seguito viene rivendicata da Siad Barre che si lancia nel progetto della Grande Somalia. Dopo continue guerriglie che provocano migliaia di vittime, nel 2007 gli scontri fanno registrare una nuova impennata di violenza con il Governo etiope deciso a spazzare via il Fronte di Liberazione Nazionale dell’Ogaden. Per tagliargli i rifornimenti l’esercito colpisce deliberatamente i civili, distruggendo villaggi e raccolti, uccidendo il bestiame ed eliminando chiunque sia sospettato di sostenere i ribelli costringendo migliaia di persone ad emigrare in Somalia. Da sottolineare che la genesi di queste guerre è stata facilitata anche dall’ instabile situazione politica che il Paese ha vissuto dopo la liberazione, per mano inglese, dal dominio italiano che ha permesso ad Hailé Selassié di prendere il potere che manterrà fino al settembre del 1974 quando il Derg, una giunta militare, lo depone creando un regime dittatoriale filosovietico con a capo Haile Mariam Menghistu. Viene costretto alla fuga nella primavera del 1991 quando i ribelli del Fronte Democratico entrano vittoriosamente nella capitale. Tre anni dopo viene eletta un’Assemblea Costituente. Nel 1995 le prime elezioni politiche fanno Primo Ministro Meles Zenawi.
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Non c’è pace per il Madagascar. Protagonista in negativo della politica del Paese rimane il discutibile Andry Rajoelina che nel 2009 messosi a capo dell’esercito prese possesso del Governo con l’aiuto dei militari, costringendo alla fuga l’ex presidente Marc Ravalomanana. Si formò allora un nuovo Governo la quale legittimità non è mai stata riconosciuta dalle organizzazioni internazionali quali l’Onu, l’Unione Africana o l’Unione Europea. Da due anni ormai il Madagascar è attraversato da una profonda crisi. Nel marzo di quest’anno la giustizia della capitale, Antanarrivo (prima del golpe Rajoelina ne era sindaco), ha sentenziato l’ergastolo per Ravalomanana, responsabile, secondo l’accusa, della morte di trenta manifestanti nel corso degli scontri che rovesciarono il potere e lo costrinsero alla fuga in Sud Africa. Nonostante il Sud Africa si sia posto a capo delle trattative per arrivare alla pace la situazione non è migliorata. Anzi le azioni dell’Ua hanno scatenato ulteriormente le reazioni di Rajoelina. Al Presidente e ad altri 108 esponenti politici, infatti, l’Ua ha rifiutato i visti e congelato i beni in loro possesso (in banche straniere) decretando di fatto il loro isolamento diplomatico. La decisione dell’Unione è diretta conseguenza del rifiuto di Rajoelina di creare un nuovo Governo con il partito di opposizione negando l’accesso al potere dei tre ex presidenti che avrebbero, a parere dell’Ua, dovuto prender parte all’esecutivo. In questo modo, infatti si è registrata la mancata attuazione degli Accordi di Maputo atti a risolvere la crisi politica nazionale. L’ex presidente Ravalomanana, accusato di alto tradimento, ha dichiarato, che “le reazioni di Rajoelina dimostrano che le sanzioni stanno avendo il loro effetto. Intanto l’Ua sospende il Madagascar. La situazione continua ad essere tesa. Ad aprile, infatti, un nuovo avvenimento ha scosso la vita politica del Paese: Noël Rakotonandrasana, il ministro delle Forze armate del Madagascar viene destituito. Rakotonandrasana è considerato un fedelissimo di Andry Rajoelina tra i
Inoltre Madagascar “Rifiuta le mediazioni il Presidente che ha conquistato il potere mettendosi a capo dell’esercito”.
protagonisti della presa del potere del 2009 e l’ammutinamento della classe militare. Si tratta di dimissioni forzate che vennero viste con molta preoccupazione, annunciatrici, a detta degli analisti politici, di un golpe nel Paese. Intanto andavano avanti le manifestazioni di dissenso contro il potere vigente. E dire che gli accordi si erano presi. Lo scorso novembre, infatti, ad Addis Abeba si parlò di condivisione del potere. In quell’occasione si riunirono i quattro principali leader politici del Paese e un mediatore dell’Onu e si stabilì che sino alle elezioni (fine 2010) Rajoelina sarebbe stato affiancato, al potere, da due co-presidenti rappresentanti di altri paritti politici. Il Presidente golpista dovette fare buon viso a cattivo gioco visto che qualora non fosse arrivato all’accordo sarebbero andati in fumo 630milioni di euro di sostegno economico. Ma a giochi fatti nemmeno l’accordo è servito a fermarlo. Oggi, il Paese è tagliato fuori dagli scambi commericali, gli aiuti esteri sono scemati e il Madagascar è isolato su ogni fronte. Gli Stati Uniti lo hanno escluso dal African Growth and Opportunities Act (Agoa), e anche in Europa si sta pensando a misure simili. Il Madagascar non ha mai conosciuto una stabilità politica, motivo principale della povertà del Paese. Lo stesso Marc Ravalomanana era salito al potere nel 2001 dopo elezioni, che lo vedevano contrapposto al Presidente in carica Didier Ratsiraka, sfociate in scontri armati. Ad uscirne vittorioso fu Ravalomanana e Ratsiraka venne esiliato.