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Tragedia Ponte Morandi. Ripartiamo recuperando il rapporto con il territorio

Enio Marino PRESIDENTE ANCE IMPERIA

Abbiamo la responsabilità di spostare l’obiettivo da Genova al nostro territorio, che è particolarmente ricco di ponti e viadotti per via della sua particolare conformazione geografica

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Il crollo del Ponte Morandi di Genova, per quanto non ci riguardi in prima perso na, non può esimerci dal chiamarci in causa come persone e come impren ditori edili, anche per una questione di vicinanza geografica. Come Ance Imperia non abbiamo potuto far altro che pren dere atto della tragedia, ma mentre esprimiamo tutta la nostra vicinan za alle famiglie delle 43 vittime che ci sono state e alle 600 persone ancora sfollate per questioni di sicurezza, l’orgoglio im prenditoriale e il senso di responsabilità ci impon gono di spostare l’obiettivo da Genova al nostro territorio, che per via della particolare confor mazione geografica della Liguria - una striscia curva di terra schiacciata tra il mare e le monta gne - come tutti possono vedere è particolarmente ricca di viadotti. Se non serve piangere sul latte versato, in quanto purtroppo non si pos sono riportare indietro le lancette dell’orologio a prima dello scorso 14 agosto, è dovere morale

di tutti fare il possibile perché quello che è successo non si ripeta mai più. All’indomani del crollo, abbiamo assistito sconcertati all’avvio, da parte di tutti i soggetti più o meno direttamente coinvolti, di una ricerca spasmodica di giustifica zioni e tentativi di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per scongiu rare i rischi. A volte sono sembrate delle excusatio non petita, in altri casi di doverose difese d’ufficio, in ogni caso non sta a noi entrare nel merito delle responsabilità, aspettia mo che la Magistratura faccia il suo corso. Quello che vogliamo e dobbiamo fare, è chiede re, meglio pretendere, che i gestori delle autostrade e chi di dovere facciano immediatamente il check in dello stato di salute di tutti i ponti e i viadotti delle autostrade che col legano il Ponente Ligure con le province e le re gioni limitrofe. Credo che dallo scorso Ferragosto in poi, tutti quanti abbiamo cominciato a viaggiare sulle nostre autostrade con più ansia e sentendosi meno sicuri. Istintiva

La soluzione preventiva migliore è coinvolgere maggiormente le imprese locali nei lavori di manutenzione delle autostrade

mente abbiamo cominciato ad accelerare tutte le volte che ci è capitato di dover attraversare una strada sospesa, oppu re di gettare lo sguardo all’insù ogni volta che ci è successo di passare sotto un viadotto, notando con un certo sconcerto che spesso tra le arcate che sostengono la carreggiata si vedono affiorare tratti di ferro arrugginito. Da quello che sappiamo - siamo del mestiere - il tratto autostradale che da Savona porta a Ventimi glia è messo decisamente meglio delle tratte Savo na-Genova e Torino-Savona, in quanto la concessionaria effettua un monitoraggio sistematico dei viadotti. È una diffe renza che si può vedere ad occhio nudo anche senza

essere imprenditori edili. Da Savona in direzione Torino e Genova, invece, la situazione appare ben diversa per due ragioni. Verso il Piemonte, dove dovrebbero partire degli interventi massicci da Montezemolo verso il mare, la manutenzione dei viadotti è più impe gnativa, in quanto oltre alla salsedine portata dal sale marino, a corrodere l’asfalto e soprattutto il calcestruzzo delle strut ture dei ponti è il sale che viene gettato nella brutta stagione per scongiurare il pericolo del ghiaccio. Ad onore del vero, si tratta di un’autostrada in cui il calcestruzzo ha biso gno di più protezione in quanto è maggiormente sollecitato ed esposto a corrosione. Diversa è la situazione sul tratto Savona-Genova, il cui visibile degrado è dovuto al fatto che l’autostrada negli ultimi lustri è stata un po’ abbandonata a se stessa, in quanto con la precedente concessiona ria sembrava che le rotte del grande traffico avreb bero dovuto spostarsi altrove, senza contare che il numero di ponti e via dotti presenti è molto alto rispetto alla media. Ma senza voler entra re qui più di tanto nel merito dello stato di salute delle autostrade del nostro territorio, il quadro che abbiamo di fronte ci porta a fare una considerazione generale

che guarda al futuro nel nome della sicurezza. I monitoraggi periodici sistematici dello stato di salute dei viadotti e dei ponti autostradali affi dati in appalto a grandi aziende esterne, a volte partecipate dalle conces sionarie, per quanto fatti a regola d’arte, hanno il limite di essere soggetti ad una programmazione sistematica che impe disce loro di intervenire con tempestività su problematiche più piccole che si possono eviden ziare accidentalmente. Non è solo il solito refrain per cui il codice degli appalti toglie il lavoro alle piccole aziende del posto a tutto vantag gio delle grandi imprese esterne più strutturate. Quello che è in gioco è un concetto di valore ben più alto e che riguarda da vicino il rapporto simbio

tico tra l’impresa e il territorio, tra l’imprenditore e la sua terra. Perché, proprio come succede per l’agricoltura, anche per le infrastrutture è più facile che chi vive e lavora nel luogo in cui sorgono le opere e che magari ha anche contribuito a co struirle, sia naturalmente portato a mantenerle in salute intervenendo tempestivamente anche su quei problemi minimi che nel tempo danno la garanzia della durabilità del bene. Adesso che è crollato il ponte Moran di ci rendiamo conto di quanto quel ponte fosse un bene comune. La solu zione preventiva migliore è recuperare il rapporto con il territorio, coinvol gendo maggiormente le imprese locali.

I monitoraggi dello stato di salute dei viadotti e dei ponti autostradali affidati in appalto a grandi aziende, hanno il limite di essere soggetti ad una programmazione sistematica che impedisce loro di intervenire con tempestività su problematiche più piccole [Foto: Riviera24]

È in gioco un concetto di valore ben più alto, che riguarda da vicino il rapporto simbiotico tra l’imprenditore e la sua terra. Adesso che è crollato il ponte Morandi ci rendiamo conto di quanto quel ponte fose un bene comune

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