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Rischio idrogeologico. Non bisogna generalizzare
Gilberto Manfrin
Alcuni Comuni della Liguria sono a rischio idrogeologico molto alto in quanto sono inseriti nell’atlante regionale dei centri abitati da consolidare, ma non tutta la superficie, abitata o non abitata, è sottoposta a questo rischio
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Pericolosità da frana (PAI) Molto elevata P4 Elevata P3 Media P2 Moderata P1 Aree di attenzione AA
Pericolosità idraulica (D.Lgs. 49/2010) Elevata P3 Media P2 Bassa P1
I rimedi ci sono, ma spesso sono rallentati dalla burocrazia e da un ambientalismo fine a se stesso
Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) i Comuni liguri sono a forte rischio idrogeologico. Alluvioni, frane, piogge e allagamenti li metterebbero in serio pericolo. Il report parla di “oltre un milione di persone che vive in aree a peri colosità da frana elevata e più di 6 milioni in zone a rischio idraulico in uno scenario medio”. I valori più elevati di cittadinanza a rischio si registrano anche in Liguria, in prima fila in questa poco gradevole classifi ca, affiancata da Emilia Romagna, Toscana, Campania, Lombardia e Veneto. Dei dati rivelati dalla ricerca dell’Ispra (vedi car tina sotto) abbiamo parlato con il geologo Lionello Belmonte, libero professionista con un passato da dirigente in Provincia e una piccola azienda agricola che produce olio nell’entroterra ligure. Dott. Belmonte, che peso dare a questi numeri? C’è da temere? “Occorre fare subito una precisazione: innanzitutto serve definire cos’è il rischio
idrogeologico, cioè tutto ciò che, a causa di intensi fenomeni meteorologici combinati con la natura del terreno, può dar vita a fenomeni franosi o di erosione del suolo che possono minacciare fabbricati, viabilità e in modo particolare la vita delle persone. In effetti alcuni Comuni della Liguria sono a rischio idrogeologico molto alto in quanto sono inseriti nell’atlante regionale dei centri abitati da consolidare, ma non tutta la su perficie, abitata o non abitata, è sottoposta a questo rischio e di conseguenza anche la popolazione. Quindi è errato generalizzare”. Quali sono i fattori predominanti che intervengono sul rischio idrogeologico? “Va considerata la natura geologica del terreno che in Liguria, in particolar modo nella provincia di Imperia, con l’azione dell’acqua può diventare instabile. In queste zone, sia le abitazioni sia le infrastrutture e le persone che vi abitano si trovano ad un alto rischio. Ci sono però molte altre aree dove negli ultimi anni si è costruito anche dal punto di vista sismico seguendo deter minate regole e avendo particolare cura alla regimentazione superficiale delle acque. La realizzazione di adeguati canali di rac colta e di scolo, di opere di bonifica
montana e di drenaggio del suolo ha fatto in modo che molte zone si tro vino oggi, sia sotto l’aspetto idrogeologico (frane, alluvioni), sia sotto l’aspetto sismico (terremoti), in condizioni favorevoli e pertanto non costituiscono un rischio per le persone che vi abitano”. Quindi, il problema è più evidente in quelle aree che hanno queste caratte ristiche e in cui le costruzioni sono più vecchie o anche magari recenti, ma
che non sono state pensate per contenere il rischio? Oggi che cosa consentono di fare la normativa e la burocrazia italiana? Sovente, laddove bisogna prevenire perché esiste un rischio, ci sono problemi di tempi e modalità per questioni anche ambientali. “Realizzare opere per mettere al sicuro un territorio in previsione di eventi idroge ologici o finalizzate alla diminuzione del rischio idrogeologico è fortemente legato ai tempi della Pubblica Amministrazione. La provincia di Imperia si ritrova con quasi tutti i Comuni in zona sismica 2: dunque è sottoposta ad un severo controllo di rischio sismico delle strutture che dovranno essere realizzate per contenere i fenomeni franosi o arginare correnti e fiumi. Non in secon do ordine, ci sono gli aspetti ambientali: un’opera di protezione idrogeologica deve tener conto dell’ambiente. Non è possibile andare lungo un versante e costruire un muro di cemento armato o dei canali a cielo aperto senza avere un occhio di riguardo per l’ambiente. Tutte queste opere devo no giustamente essere sottoposte alla vigilanza ambientale. Ma anche la burocrazia deve capire che esistono delle emergenze: non si possono aspettare 2, 3, 4 anni per realizzare un’opera. Se di rischio si parla, esso dev’essere affrontato immediatamente, con urgenza. Il rispetto dei tempi, in queste situazioni, è fondamentale”. Da una parte c’è la messa in sicurezza del costruito e dell’esistente, dall’altra anche il problema di mettere al sicuro i corsi d’acqua, è corretto? Spesso la loro scarsa manutenzione è causa di alluvio ni, erosioni e quant’altro… “Un tempo era la civiltà contadina che aveva una cura meticolosa del territorio: il conta dino tutti i giorni si recava nel suo appezzamento di terreno, correggeva i percorsi, cercava di raccogliere le acque, piuttosto che deviarle verso un torrente. Egli rendeva un grande servizio alla comunità. Oggi ci ritro viamo con opere di protezione, in particolar modo arginature di torrenti, che una volta erano efficienti, ma ora sono sottodimen sionate perché l’abbandono delle campagne e dell’agricoltura è stato troppo veloce e senza un passaggio storico e culturale non compensato da un’eguale attenzione nell’elaborare dei piani di contenimento. Fortunatamente negli ultimi anni abbiamo assistito ad un fenomeno a cui viene data una particolare attenzione: quando si co struiva un edificio o una struttura una volta non si dava adeguata importanza al corso d’acqua, anche piccolo, o alla raccolta delle acque della zona a monte o nelle immediate vicinanze del manufatto. Questo ha portato a costruire in modo improprio, senza tener conto che dedicando una spesa maggiore alla regimentazione delle acque, si potevano evitare poi dei processi di alluvionamento o di erosione. Se nelle zone a rischio si fosse posta più attenzione alla regimentazione delle acque nella realizzazione di una data opera, oggi non dovremmo intervenire sem pre in modo urgente per ripristinarla. Ecco: è stata dimenticata la parola manutenzione, che era una caratteristica intrin seca che faceva parte della cultura contadina, dove era normale la pulizia di un piccolo corso d’acqua”. Ci pare di capire quin di che è anche una questione culturale: recuperarla non dipende dalla legge e dalla norma, ma la vicenda è ben più complessa… “Il processo evolutivo di una cultura conta dina che si sta perdendo è quasi inarrestabile. Negli ultimi anni un piccolo segno di ritorno a quella cultura c’è stato, in partico lar modo qui da noi nel settore vitivinicolo. Ma non possiamo più ritornare indietro e pensare di ricreare quella civiltà, pertanto gli sforzi dei costruttori e di chi studia sul territorio sono quelli di pensare a costruzio ni efficienti che siano giustamente dimensionate e che abbiamo un programma ben definito di manutenzione post-opera”. Oggi la soluzione è a portata di mano ed è rappresentata dalle nuove tecniche di costruzione
Lionello Belmonte GEOLOGO EX DIRIGENTE PROVINCIA DI IMPERIA
Gli sforzi dei costruttori e di chi studia sul territorio devono essere quelli di pensare a costruzioni efficienti che siano giustamente dimensionate e che abbiamo un programma ben definito di manutenzione post-opera