Ambienti Sani Apr-Giu 24

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RIVISTA UFFICIALE

Il Piano Nazionale di prevenzione, Sorveglianza e Risposta alle arbovirosi (PNA) 2020-2025

Focus sul Virus Dengue

PestMed 2024: la parola ai protagonisti

Edizioni Avenue media®

ANNO 3 • NUMERO 2

APRILE - GIUGNO 2024

DIRETTORE EDITORIALE

Marco Benedetti , Presidente A.N.I.D.

COORDINATORE TECNICO SCIENTIFICO

Davide Di Domenico, Ph.D

COMITATO SCIENTIFICO

Massimo Bariselli, Servizio Fitosanitario Emilia-Romagna

Mario Principato, Centro di Ricerca Urania - Perugia

Fulvio Marsillo, Università di Teramo

Claudio Venturelli, Entomologo e pubblicista

SEGRETERIA A.N.I.D.

Rita Nicoli

EDITORE, DIREZIONE, REDAZIONE, PUBBLICITÀ E AMMINISTRAZIONE

Edizioni Avenue media®

Viale Antonio Aldini, 222/4 40136 Bologna (BO)

COORDINATORE EDITORIALE

Lorenzo Bellei Mussini

PUBBLICITÀ E CLIENTI

Paola Zerbini

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Debora Colatrella

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ABBONAMENTI

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DIRETTORE RESPONSABILE

Claudio Vercellone

TIPOGRAFIA

LA GRAFICA s.r.l.

STUDIO GRAFICO

Morena Morini

EDITORIALE

A.N.I.D. rappresentante sindacale del comparto del Pest Management di Marco Benedetti p. 3

RUBRICHE

Evoluzione normativa di Francesca Ravaioli p. 4

Entomologia e Parassitologia di Mario e Simona Principato ........................................................... p. 10

ARTICOLI

Salute

Siamo in fase epidemica di febbre dengue nel mondo di Romeo Bellini p. 14

Biodiversità

Convivere o non convivere? Questo è il problema… di David Bianco p. 20

Eco-narrazione Il miele di bosco di Gianumberto Accinelli .................................................................. p. 28

ANNO 3 • Numero 2

APRILE - GIUGNO 2024

Iscritto al n. 8578 r.st. in data 16/03/2022 sul registro stampa periodica del tribunale di Bologna

Gli autori sono pienamente responsabili degli articoli pubblicati che la Redazione ha vagliato e il Comitato Scientifico ha analizzato garantendone la validità tecnico scientifica. Ciò nonostante, errori, inesattezze e omissioni sono sempre possibili. Avenue media, pertanto, declina ogni responsabilità per errori e omissioni eventualmente presenti nelle pagine della rivista.

A.N.I.D. rappresentante sindacale del comparto del Pest Management

L’orgoglio di rappresentare una categoria guida tutti gli associati

La seconda edizione del PestMed si è dimostrata, secondo le nostre aspettative, oltre ogni ragionevole dubbio, un grande successo. Siamo qui a tirare le somme di una tre giorni molto intensi, tante le persone incontrate e tante le delegazioni internazionali presenti.

Chiamarla fiera di settore è oltremodo riduttivo, abbiamo allargato gli orizzonti coinvolgendo tutta la filiera alimentare, dai clienti finali quali le maggiori GDO, le aziende del comparto della ristorazione collettiva rappresentate da A.N.I.R., consociata in Confindustria Federservizi HCFS, e dal supporto sempre encomiabile del Presidente Lorenzo Mattioli. La nostra associazione ha oramai legittimato, attraverso il PestMed, la posizione di leader di rappresentanza sindacale del comparto del Pest Management, un ruolo che, gli innumerevoli sforzi messi in campo, stanno ripagando anno dopo anno. Una attività continua e pressante soprattutto verso il mondo politico istituzionale, che purtroppo non ha mai recepito come ruolo

fondamentale nella filiera alimentare e nella tutela del Made in Italy, un simbolo di orgoglio italiano.

Permettetemi di essere fiero nell’aver avuto al mio fianco, nella inaugurazione, una nutrita rappresentanza politica che va dall’Europa con On. Nicola Procaccini e da On. Daniela Dondi in rappresentanza del Ministro Lollobrigida, del Sen. Marco Silvestroni, e dal Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, del Presidente Lorenzo Mattioli.

Un atto di riconoscenza verso una categoria di grandi professionisti, che merita in assoluto il giusto riconoscimento giuridico, l’unico vero status sociale che permetterebbe al settore una crescita culturale, legata alla formazione continua, alle attività associative di A.N.I.D., e dal grande lavoro quotidiano che stiamo mettendo in campo. La proposta di modifica del D.M 274/97, insieme al documento programmatico per il riconoscimento del ruolo del disinfestatore l’abbiamo presentato nel mese di marzo, alla Direzione del Ministero delle

Imprese e del Made in Italy, un incontro oserei dire epocale, vista l’attenzione verso il nostro settore. Abbiamo iniziato un grande percorso, dovuto alle interminabili riunioni, politiche istituzionali a cui ho partecipato, ma che mi hanno permesso di aprire le porte nelle stanze giuste, certo è un’attività che dovrà essere portata avanti, e spero che quanto sino a ora fatto sia riconosciuto dalle aziende associate, e che possa essere il presupposto per continuare ad essere presente nei tavoli che contano senza disperdere quanto fatto sino a ora! Nel mese di dicembre ci sarà il rinnovo del consiglio direttivo, e mi auguro che i consiglieri che con caparbietà hanno difeso l’operato dell’associazione, possano avere la possibilità di continuare a far crescere A.N.I.D. perché malgrado tutto, nella volontarietà del ruolo di consigliere, c’è tutto l’amore verso il nostro lavoro, perché l’orgoglio di rappresentare una categoria è oramai dentro ogni poro della nostra pelle.

di Marco Benedetti

Piano Nazionale di prevenzione, Sorveglianza e Risposta alle arbovirosi (PNA) 2020-2025

II cambiamenti climatici impattano
sulla frequenza e la distribuzione geografica dei possibili focolai di arbovirosi

l Piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle arbovirosi 2020-2025 (di seguito PNA) si applica alla sorveglianza delle arbovirosi, ponendo l’attenzione sulla prevenzione e controllo di queste infestazioni che possono avere forti ripercussioni sulla salute pubblica, tenendo in considerazione le implicazioni di tutela ambientale e alla prevenzione delle resistenze degli organismi bersaglio. Fra le malattie trasmesse da vettori, un importante gruppo è costituito dalle arbovirosi, ossia dalle infezioni virali trasmesse da artropodi. Esistono infatti oltre 100 virus classificati come arbovirus in grado di causare malattia umana. In Italia sono presenti sia arbovirosi

autoctone (si annoverano la malattia di West Nile, l’infezione da virus Usutu, l’infezione da virus Toscana e l’encefalite virale da zecche), sia arbovirosi prevalentemente di importazione (ovvero le infezioni causate dai virus Chikungunya, Dengue e Zika). Le problematiche sanitarie legate alle arbovirosi in Italia sono in netta crescita, sia a causa del cambiamento delle condizioni climatiche, sia a causa della presenza di specie di artropodi capaci di trasmettere virus esotici, un tempo assenti, ma ormai radicate nel nostro territorio. Attualmente sono emerse diverse emergenze legate a focolai di arbovirosi in Paesi terzi, che possono essere importate anche per l’Italia, come riportato nella Cir-

colare del febbraio u.s. “Innalzamento livello di allerta relativamente alla diffusione della dengue presso i Punti di ingresso italiani”; nella Circolare si raccomanda agli USMAF-SASN di vigliare attentamente sulla disinsettazione degli aeromobili eventualmente anche con interventi straordinari di disinfestazione.

A seguito dell’innalzamento dell’allerta è stata pubblicata la successiva Circolare “Aumento globale dei casi di dengue, predisposizione alla stagione vettoriale 2024”, nella quale sono sollecitati tutti gli interventi previsti dal PNA; in particolare si raccomanda di: • Potenziare la sorveglianza dei casi umani di dengue su tutto il territorio nazionale, sensibilizzando gli opera-

di Francesca Ravaioli
Ministero della Salute

ISPRA coordina e tiene aggiornato un sito dedicato alle specie aliene invasive (www.specieinvasive.it) in cui è già attivo un indirizzo e-mail e un numero di telefono per segnalazioni e quesiti e gestisce una banca dati sulle specie aliene presenti in Italia che sarà a breve consultabile online. Per l’implementazione di tale banca dati ISPRA opera con il supporto di esperti afferenti alle principali società scientifiche nazionali che pertanto potranno assicurare le competenze per l’identificazione dei potenziali vettori di agenti patogeni esotici. La rete degli IIZZSS (Istituti Zooprofilattici Sperimentali) presenti sul territorio nazionale fornisce alle Regioni/PA il contributo tecnico-Scientifico per le attività di sorveglianza entomologica.

tori sanitari, tra cui pediatri di libera scelta e medici di medicina generale, per permettere la rapida identificazione dei casi;

• implementare tutte le azioni di bonifica ambientale previste mirate a ridurre i siti di proliferazione e di riparo per le zanzare. (es. rimozione dei potenziali focolai larvali, pulizia e manutenzione di quelli inamovibili, sfalcio della vegetazione incolta);

• provvedere alla predisposizione, previa programmazione, di misure locali di monitoraggio e di contrasto dei vettori, individuando tutti i potenziali siti a rischio di introduzione di nuove specie di zanzare invasive, quali Aedes aegypti;

• provvedere alla formazione/aggiornamento in tema di dengue, così come di altre arbovirosi considerate nel PNA, diretti al personale sanitario, agli operatori addetti allo svolgimento degli interventi pulizia, sanificazione e disinfestazione e alla cittadinanza, al fine di creare la situazione ottimale per l’attivazione di misure utili al contrasto ai vettori e alla prevenzione dell’esposizione alle punture e per l’identificazione tempestiva dei casi di infezione, tramite una corretta comunicazione in ambito pubblico (scuole, aree urbane, luoghi ricreativo-sportivi ecc.) per rafforzare la consapevolezza del rischio dengue e tra gli operatori sanitari.

In questo nuovo scenario, la presenza di vettori competenti alla tra -

smissione di malattie impone l’adozione tempestiva di misure di lotta contro questi insetti e l’attivazione di sistemi di sorveglianza sanitaria estremamente sensibili, al fine di limitare la circolazione dei virus nel nostro paese.

Focolai di arbovirosi in Paesi terzi possono essere un problema per l’Italia

La possibilità di sviluppo di un’epidemia però non dipende solo dalla presenza del vettore in un dato territorio e dalla densità dell’infestazione, ma anche dalle abitudini di vita della popolazione, dalla capacità degli individui e della collettività di collaborare alla riduzione dei focolai di sviluppo larvale. Nella prevenzione delle arbovirosi trasmesse da zanzare, la comunicazione del rischio, la formazione, l’informazione e l’educazione alla salute rivestono quindi un ruolo determinante per ottenere la collaborazione della popolazione. La formazione sulle arbovirosi diretta al personale sanitario, agli referenti della pianificazione, agli addetti allo

NATIONAL PLAN FOR ARBOVIRUSES PREVENTION, SURVEILLANCE, AND RESPONSE (PNA 2020–2025)

Health problems in Italy on the rise

Arboviral diseases are zoonoses caused by arthropod-borne viruses and affect both humans and animals. Viruses are spread through the bite of infected vectors, such as mosquitoes, ticks and sand flies. Over 100 viruses are currently classified as arboviruses, and are known to cause diseases in humans. Most of them belong to the Togaviridae (Alphavirus), Flaviridae (Flavivirus) and Bunyaviridae (Bunyavirus and Phlebovirus) families. In Italy, arboviruses are responsible for imported and local infections and can cause diseases with different clinical presentations. Arboviral diseases should therefore be considered in differential diagnosis when patients have a history of travel abroad or if certain arboviruses are known to be spreading across the country.

svolgimento degli interventi e alla cittadinanza è volta all’attivazione ottimale di misure preventive utili a interferire con la riproduzione dei vettori e l’esposizione alle punture, all’identificazione tempestiva dei casi di infezione, la pianificazione e l’esecuzione a regola d’arte di interventi di controllo antivettoriale; la formazione su questi temi deve essere realizzata sia a livello Istituzionale, sia attraverso l’attivazione di strumenti formativi ad hoc per la formazione delle categorie professionali coinvolte nella azioni di contrasto alle infestazioni e alla cittadinanza che deve avere la giusta formazione per metter in atto misure preventive alla riproduzione dei vettori e, in caso di emergenze epidemiche, di comprenderne i rischi e di attivare misure di protezione individuale e agire in sinergia con le autorità competenti.

Il contributo di Città Sane è dettato dai primi due obiettivi della strategia globale dell’OMS 2017- 2030 contro i vettori di cui in premessa. Da sempre Città Sane propone un approccio intersettoriale che veda la salute dei cittadini come elemento centrale e come meta condivisa da tutti i livelli di governance. La Rete delle Città Sane favorisce un proficuo scambio di buone pratiche fra le realtà locali, quelle nazionali e internazionali. A livello locale ad esempio, solamente l’impegno di tutti i settori della amministrazione, in collaborazione con le aziende sanitarie, il terzo settore e il settore privato, può davvero portare a un miglioramento della salute. I Comuni che aderiscono alla Rete, nella programmazione anche di settore (es: piano urbanistico, piano strutturale, piano urbano della mobilità, altri) pongono particolare attenzione ai riflessi che le proprie azioni possono determinare sulla salute dei cittadini e dell’ambiente.

Sorveglianza di nuove specie invasive, potenziali vettori

Le specie di zanzare invasive appartengono al genere Aedes ( Aedes albopictus, Aedes koreicus, Aedes japonicus, Aedes atropalpus, Aedes aegypti e Aedes triseriatus) e sono specie ecologicamente molto plastiche, poiché prevalentemente caratterizzate da:

1) capacità di deporre uova in una varietà di contenitori artificiali;

2) resistenza delle uova a periodi di siccità o basse temperature;

3) capacità delle larve di svilupparsi anche in piccole raccolte d’acqua;

4) possibilità di adattamento ad ambienti antropizzati;

5) capacità di nutrirsi su una vasta gamma di ospiti (specie generaliste).

L’insieme di queste caratteristiche rende queste zanzare in grado di raggiungere nuovi territori attraverso il loro trasporto passivo, anche dopo lunghi viaggi, e cominciare a colonizzarli. Ciò è avvenuto negli ultimi decenni in vari paesi europei, inclusa l’Italia.

Per poter avviare una risposta rapida al possibile ingresso di una nuova zanzara, è necessario che tutti i soggetti coinvolti nel contrasto alle zanzare attivino una fattiva collaborazione: gli operatori della disinfestazione svolgono un ruolo fondamentale di monitoraggio e con le corrette azioni di contrasto assicurano la salute umana e ambientale.

Misure di contrasto agli insetti vettori

Una corretta gestione del territorio e degli ambienti di vita è essenziale per la prevenzione di tutte le arbovirosi oggetto del Piano.

Gli interventi di contrasto alle zanzare si devono fondare su un approccio

Ordinanza

di

Roma Capitale ottimo piano di contrasto alle arbovirosi

integrato (Integrated Mosquito Management) che prevede la ricerca ed eliminazione di tutte le piccole raccolte temporanee di acqua che possono favorire i focolai ambientali di sviluppo delle larve, la bonifica ambientale, l’impiego di prodotti larvicidi nei focolai che non possono essere rimossi o bonificati e di prodotti adulticidi in situazioni emergenziali. La lotta al vettore dovrebbe essere preferibilmente pianificata con soluzioni gestionali mirate alla rimozione delle raccolte d’acqua stagnante. Si sottolinea che la normativa europea Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE obbliga gli stati membri a raggiungere un buono stato chimico ed ecologico dei

corpi idrici superficiali e sotterranei e soprattutto obbliga a far rispettare il principio di “non deterioramento” di un corpo idrico.

Non appena il sistema di monitoraggio rileva la presenza di larve si devono avviare i trattamenti ordinari anti larvali in aree urbane, condotti con una cadenza dettata dal tipo di principio attivo utilizzato, dalle condizioni climatiche e dal tipo di focolaio. A parità di efficacia, devono essere scelti principi attivi biocidi larvicidi con il migliore profilo tossicologico. Si consiglia, inoltre una rotazione dei principi attivi, onde evitare fenomeni di insorgenza di resistenza in popolazioni locali del vettore. Oltre agli interventi ordinari di controllo delle zanzare, sarebbe opportuno prevedere protocolli operativi anche per interventi in emergenza, cioè in presenza di casi umani e/o animali di arbovirosi. Tali protocolli dovranno includere il censimento e la mappatura georeferenziata dei potenziali focolai larvali. È auspicabile che l’Amministrazione pubblica si avvalga di esperti entomologi per la rilevazione a campione dell’efficacia degli interventi di controllo. Non si ritiene necessario un intervento straordinario di tipo adulticida in presenza casi umani singoli, puntiformi nello spazio e nel tempo o in ambiente rurale o scarsamente urbanizzato. In presenza di dimostrata circolazione virale, è di cruciale importanza intervenire con tempestività e competenza. Gli interventi hanno lo scopo di circoscrivere l’area dove si sono verificati due o più casi umani di infezione recente tra loro correlati, e di ridurre rapidamente la densità dell’insetto vettore, per impedire che zanzare già infette possano infettare altri soggetti sani o spostarsi in aree limitrofe. In presenza di circolazione virale in particolari siti ritenuti sensibili, come ospedali, strutture residenziali protette, aree ricreative, parchi pubblici ecc., oppure in occasione di eventi sociali all’aperto, quali fiere o

sagre, che si svolgano tra il crepuscolo e la notte, è necessario valutare l’applicazione di un intervento mirato di disinfestazione con adulticidi.

Monitoraggio della resistenza agli insetticidi

Quando sottoposti a un’intensa pressione selettiva legata a un intenso utilizzo di insetticidi, gli insetti sviluppano meccanismi di resistenza di vario tipo: i) ridotta penetrazione dell’insetticida attraverso la cuticola, ii) aumento dell’attività enzimatica con finalità detossificante verso il principio attivo dell’insetticida, iii) mutazioni nel sito target del principio attivo che ne riducono l’affinità. L’insorgenza di meccanismi di resistenza e la loro diffusione nelle popolazioni rischia di rendere inefficaci le strategie di controllo preventive (tramite larvicidi) ed emergenziali in caso di trasmissione autoctona di arbovirosi (tramite larvicidi e adulticidi). Per quanto riguarda le specie di Culicidi vettori (o potenziali vettori) di arbovirosi in Italia, a oggi sono stati evidenziati elevati livelli di resistenza al larvicida Diflubenzuron di popolazioni di Culex pipiens in Emilia-Romagna e ridotta sensibilità ad adulticidi a base di permetrina e/o α cipermetrina in popolazioni di Aedes albopictus di Emilia-Romagna, Veneto, Lazio (in particolare nelle aree colpite dall’epidemia di Chikungunya nel 2017) e Puglia. È ragionevole supporre che la selezione di questi meccanismi di resistenza sia legato all’utilizzo di insetticidi a cadenza regolare durante il periodo estivo per ridurre il fastidio provocato da zanzare appartenenti a queste e/o ad altre specie (per es. Ae. caspius e Ae. detritus).

Resistenza a biocidi con effetto larvicida

In aree oggetto di trattamenti larvicidi per la prevenzione della riproduzione di potenziali vettori di arbovirosi, l’attività di valutazione dell’efficacia dell’intervento attraverso il prelievo

a campione di larve prima, se possibile, e dopo un trattamento (ad es. in tombini stradali) permette di rilevare prontamente la possibile insorgenza di resistenza ai principi attivi utilizzati. Infatti, una volta confermato che i trattamenti siano stati svolti in maniera ottimale, la presenza di larve vive o di adulti neo-sfarfallati è, a seconda del prodotto larvicida utilizzato, un’indicazione della potenziale insorgenza di resistenza. Il PNA dispone di individuare uno o più siti sentinella e un piano di gestione della resistenza nella Provincia/Regione, valutando la sensibilità delle popolazioni di zanzare ad altri principi attivi da utilizzare in sostituzione, preferibilmente con dei piani di rotazione.

Resistenza a biocidi con effetto adulticida

Se in una Regione/PA o parte di essa vengono impiegati ripetutamente adulticidi per ridurre il fastidio causato dalla presenza di zanzare o per le attività di controllo previste dal PNA, è necessario saggiare la suscettibilità delle popolazioni locali di vettori ai biocidi con effetto adulticida utilizzati, tramite biosaggi condotti seguendo protocolli standardizzati dell’OMS, e di valutare anche la sensibilità delle popolazioni di zanzare ad altri principi attivi da utilizzare eventualmente in sostituzione. A tal fine è necessaria la raccolta di uova o larve e l’allevamento fino allo stadio adulto su cui vengono effettuati i biosaggi in aree

limitrofe a quelle trattate auspicabilmente durante, se non è possibile prima, i trattamenti (per valutare l’efficacia del prodotto utilizzato) e a distanza di 1-2 settimane dalla fine (per valutare se i trattamenti abbiano indotto insorgenza di resistenza).

Piani regionali e ordinanze locali Il PNA 2020-25 fornisce utili indicazioni affinché le Amministrazioni locali, in collaborazione con IIZZSS (Istituti Zooprofilattici Sperimentali) e ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione dell’Ambiente), possano redigere ordinanze e Piani di contrasto alle arbovirosi, nell’ottica anche di tutela dell’ambiente, prevenzione e di controllo della resistenza alle sostanze larvicide e adulticide. Un ottimo esempio è rappresentato dalla recente ORDINANZA DI ROMA CAPITALE, che rinforza la tutela dell’ambiente e degli insetti impollinatori e vieta principi attivi critici per la salute umana.

“I trattamenti con adulticidi non devono essere utilizzati a scopo preventivo né a calendario in quanto comportano l’immissione nell’ambiente di sostanze tossiche che sono da considerare fonte di rischio per la salute pubblica e di elevato impatto ambientale ma utilizzati essenzialmente ove necessario, all’interno di una logica di lotta integrata basata prioritariamente sull’eliminazione dei focolai di sviluppo larvale e, comunque, sempre, a seguito di verifica del livello di infestazione presente mediante un si-

stema di monitoraggio; qualora fosse indispensabile effettuare trattamenti adulticidi, esclusivamente dopo aver valutato la reale necessità dell’intervento e non secondo calendari programmati, al fine di tutelare la salute pubblica e salvaguardare l’ambiente, gli interventi devono essere effettuati da operatori professionali adeguatamente formati nelle ore crepuscolari o del primo mattino essendo vietato il trattamento diurno;

L’Amministrazione Capitolina intende adottare prontamente azioni di prevenzione al fine di tutelare la salute delle persone, e in particolare di quelle affette da una rara e pericolosa patologia denominata MCS (Sensibilità Chimica Multipla, Allergie Multiple e Intolleranza a xenobiotici ambientali), attuando una cadenzata applicazione di specifici prodotti ad azione antilarvale registrati come Presidio Medico Chirurgico o Biocida, privilegiando l’utilizzo di prodotti di origine biologica o ecologica; i trattamenti contro le zanzare adulte, in conformità alla legislazione vigente, sono vietati nei Siti della Rete Natura 2000 e nelle aree naturali protette (parchi, riserve, aree di riequilibrio ecologico e paesaggi protetti); Rispondendo alla crescente attenzione verso gli insetti impollinatori e in conformità alla Direttiva Comunitaria 2009/128/CE, recepita con il D.lgs 150/2012 concernente l’utilizzo sostenibile dei pesticidi, al fine di tutelare la salute pubblica e l’ambiente, con particolare riguardo agli insetti impollinatori, è sottolineata la necessità

di monitorare i trattamenti contro le zanzare adulte in ambito privato; il Dipartimento Tutela Ambientale e l’ISPRA hanno ravvisato l’opportunità, sulla base del principio di precauzione, per tutelare la salute pubblica e salvaguardare l’ambiente sull’intero

Per ogni attività valutare sempre salute umana e tutela dell’ambiente

territorio Comunale, di vietare l’utilizzo di prodotti la cui composizione preveda la presenza di sostanze ad azione co-formulante (solventi, tensioattivi, emulsionanti) per le quali sia riconosciuta in etichetta la capacità di provocare lesioni alla pelle, agli occhi e/o alle vie respiratorie: in particolare, l’Ordinanza vieta l’impiego di prodotti Presidi Medico Chirurgici/ Biocidi nella cui etichetta sia indicato uno o più dei seguenti codici di pericolo o “frasi H” (H311, H312, H314, H315, H317, H318. H319, H332, H335, H340, H341, H350, H351, H360, H362, H370, H371, H372, H373) e che contengano, comunque, sostanze classificate come mutagene, cancerogene, tossiche per la riproduzione e Io sviluppo embrio-fetale; la presenza di tali sostanze è indicata nella scheda di sicurezza predispo -

sta dai produttori ed è cruciale che gli operatori sappiano consultare e comprendere tali informazioni. Tutte queste attività ben definite anche per la tutela della salute pubblica e dell’ambiente saranno accompagnate nel 2024 da una campagna di comunicazione per informare e sensibilizzare i cittadini sui corretti comportamenti da adottare per contrastare l’infestazione di questo insetto”.

Anche la Regione Emilia Romagna ha aggiornato il Piano Regionale, ribadendo l’impegno per le azioni di prevenzione e contrasto delle malattie virali potenzialmente gravi che le zanzare possono trasmettere, e rafforzando le azioni contro la Dengue.

“In considerazione dei casi osservati nel 2024 (al momento 10 casi su tutto il territorio regionale, in linea con i 7 casi dei primi tre mesi del 2023) il Piano stanzia per il 2024 risorse economiche congrue per le attività di comunicazione ed educazione nelle scuole e per il supporto delle attività di disinfestazione svolte dai Comuni, facendo diventare strutturali i fondi che lo scorso anno erano stati stanziati in via straordinaria per fronteggiare l’emergenza del post alluvione.

La strategia di prevenzione è rivolta al contrasto del rischio di importazione di casi non solo di Dengue, ma anche di Chikungunya e Zika, malattie infettive legate principalmente ai viaggi internazionali. Gli strumenti messi in campo sono la sorveglianza entomologica e la lotta alla zanzara tigre, perseguendo la massima riduzione possibile della densità di popolazione delle zanzare, nonché la precoce individuazione dei casi sospetti di malattia, in modo da attuare tempestivamente le misure di controllo per impedire la catena di trasmissione del virus dalle zanzare infette alle persone. La crescente attenzione sul rischio Dengue non fa comunque dimenticare West Nile, un’altra malattia trasmessa dalle zanzare, che si presenta ogni anno

nel territorio. Il Piano prevede di contrastarne la diffusione attraverso un approccio ‘One Health’ che integra la sorveglianza dei casi umani con la ricerca del virus in zanzare e uccelli. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito https://www.zanzaratigreonline.it/ costantemente aggiornato dal Gruppo tecnico regionale”.

Impiego irroratori automatici

Entrambi i documenti citati pongono molta attenzione al corretto impiego dei sistemi di irrorazione fissa, a causa del loro crescente impiego da parte dei privati. Tali sistemi diffondono nell’ambente sostanze di contrasto alle zanzare, ma occorre prestare la massima attenzione ai rischi per la salute umana e per la tutela dell’ambiente. Se ne riportano i criteri principali definiti per assicurare la tutela umana e ambientale: “Coloro che installano un impianto automatico di distribuzione di prodotti contro le zanzare adulte, costruiti in modo tale che non vi sia nebulizzazione diretta o “deriva” (ovvero il movimento del prodotto nebulizzato nell’atmosfera, dall’area trattata verso qualsivoglia sito non bersaglio), devono dare comunicazione alla Direzione Agricoltura e Benessere degli Animali del Dipartimento Tutela Ambientale / Comune e all’Azienda USL della sua ubicazione, delle caratteristiche tecniche dell’impianto, delle modalità di funzionamento e del prodotto utilizzato. AI fine di evitare danni alla salute delle persone e all’ambiente, l’impiego di impianti automatici per la nebulizzazione con

frequenza temporale predefinita nel controllo delle zanzare, è consentita esclusivamente con l’utilizzo di prodotti insetticidi o insetto repellenti che riportino in etichetta e negli stampati che accompagnano il prodotto, l’autorizzazione del Ministero della Salute per tale modalità d’uso

Sono esclusi dall’utilizzo negli impianti automatici i Biocidi o i PMC classificati ai sensi del Regolamento (CE) n.1272/2008 (detto CLP) come:

• cancerogeni, mutageni, tossici per il ciclo riproduttivo (CMR) di categoria 1 e 2;

• prodotti con proprietà di Interferenti Endocrini;

• sensibilizzanti di categoria 1 e che riportano sulla etichetta le indicazioni di pericolo H (da 300 a 399);

• prodotti classificati molto tossici per l’ambiente acquatico con pittogramma di pericolo GHS 09;

• Informazioni supplementari sui pericoli per la salute” EUH029 - EUH031 - EUH032 - EUH066 - EUH070 - EUH071EUH208;

• prodotti riconosciuti pericolosi per le api;

• prodotti fitosanitari vietati in ambiente frequentato dalla popolazione o da gruppi vulnerabili come previsto dal punto A 5.6 del DM 22/01/2014 (e nella DGR n. 2051 del 3/12/2018);

Inoltre, chiunque ponga in funzione impianti automatici per il controllo delle zanzare dovrà rendere nota la presenza dell’impianto mediante cartelli esposti lungo il perimetro della proprietà, rivolto sulle aree pubbliche e conservare

presso l’impianto stesso tutta la documentazione relativa ai prodotti utilizzati, in particolare le schede di sicurezza, che dovranno essere esibite agli organi di controllo. L’Ordinanza Roma Capitale prescrive che, qualora fosse indispensabile effettuare trattamenti adulticidi, ammessi esclusivamente solo dopo aver valutato la reale necessità dell’intervento e non secondo calendari programmati, al fine di tutelare la salute pubblica e salvaguardare l’ambiente, gli interventi devono essere effettuati da operatori professionali adeguatamente formati nelle ore crepuscolari o del primo mattino essendo vietato il trattamento diurno.

La Regione Emilia Romagna stabilisce inoltre i prodotti biocidi/PMC utilizzati debbano essere autorizzati per l’impiego in aree all’aperto e di uso non professionale; qualora nell’impianto automatico di distribuzione si utilizzassero prodotti adulticidi si dovrà sottostare agli obblighi e alle prescrizioni previsti per tali interventi. In particolare:

• effettuare i trattamenti nelle ore crepuscolari - notturne, o nelle prime ore del mattino, evitando che persone e animali vengano a contatto con l’insetticida irrorato, allontanandoli dalla zona del trattamento prima di iniziare l’irrorazione; far frequentare l’area trattata soltanto dopo almeno 2 giorni dall’irrorazione;

• non direzionare la nube irrorata su alberi da frutta; se nell’area sono presenti orti evitare il consumo di frutta e verdura per almeno 3 giorni;

• per la difesa degli insetti impollinatori non irrorare sui fiori né sugli accumuli di acqua; in presenza di apiari nell’area che s’intende trattare o nelle aree limitrofe alla stessa, entro una fascia di rispetto di almeno 300 m, l’apicoltore deve essere avvisato con un congruo anticipo, in modo che possa provvedere a preservarle con le modalità che riterrà più opportune”.

Mosche di interesse sanitario indoor

Con l’inizio dell’estate le mosche schiudono dai loro pupari e volano alla ricerca di cibo e di substrati trofici, sui quali depositare la propria progenie. Attratte dalle luci e dagli odori del cibo, soprattutto dell’immondizia, penetrano all’interno delle abitazioni e qui iniziano a recare disturbo all’uomo. Talvolta si tratta di rapide comparse, come nel caso dei grossi ditteri vivacemente colorati di blu, di verde o di grigio, delle famiglie Calliphoridae o Sarcophagidae, mentre altre volte sembra che queste mosche vogliano installarsi dentro casa, perché vi permangono a lungo e ci infastidiscono, posandosi sul nostro capo, sulle nostre mani,

Le mosche hanno un ruolo sanitario importante che non deve essere sottovalutato, sia nella trasmissione di malattie infettive, sia nella produzione diretta di miasi

sui nostri piatti. A nulla serve scacciarle, perché tornano a posarsi su di noi, vomitando sui cibi e su ogni oggetto, insudiciandone le superfici e rischiando di trasmetterci batteri microscopici e persino la famigerata Salmonella. Stiamo parlando dei Muscidae del genere Musca, di cui il più conosciuto è Musca domestica

(Figura 1), un insetto vorace e fastidioso, ma non in grado di pungere. Il suo apparato boccale è tipicamente succhiatore ed è rappresentato dalla cosiddetta “proboscide” (Figura 2), una struttura estroflettibile dotata all’apice di due formazioni spugnose chiamate “labelli” (Figura 3), attraverso cui l’insetto sugge i liquidi

di Mario Principato - Centro di Ricerca Urania, Perugia (www.edpa.it)
Musca domestica
Figura 2 - Musca domestica con proboscide estroflessa
Figura 3 - Labelli di Musca domestica

alimentari. Tale struttura è costituita da una sessantina di canalicoli a struttura anellare incompleta, chiamati “pseudotrachee”, attraverso le quali l’insetto emette della saliva con cui scioglie gli alimenti solidi, per esempio lo zucchero, e lo ingerisce poi in soluzione. Durante tale operazione la mosca rigurgita sul proprio substrato trofico ( Figura 4) e può contaminarlo con un gran numero di batteri, dal Mycobacterium tuberculosis (tubercolosi) e al Mycobacterium leprae (lebra), al Vibrio cholerae (colera), nonché con varie specie di salmonelle ed enterococchi (tifo) e persino con dei virus, come quello della poliomielite o del tracoma. Non solo, essendo sempre alla ricerca di cibo, le mosche defecano sul substrato trofico anche più di 60 volte al giorno e poi continuano a nutrirsi abbondantemente sulle immondizie, sulle feci, su espettorati e ferite purulente, potendo così trasmettere all’uomo una quantità innumerevole di malattie. È, pertanto, opportuno combatterle ed evitarne la diffusione all’interno delle abitazioni, soprattutto laddove ci siano anziani o bambini. Si pensi che, in passato, prima dell’avvento del DDT, la diffusione delle diarree infantili era fortemente influenzata dal numero delle mosche presenti e, pertanto, quando vediamo troppe mosche nella nostra abitazione, dobbiamo sempre chiederci da dove vengano.

La fonte più comune è rappresentata dai depositi di immondizie e dai letamai, dove la loro prolificità è enorme

(Figura 5, uova), potendo dare origine, in soli 5 mesi, a quattromila trilioni di individui. Ciò fa comprendere come, in certe trappole con attrattivo, possano essere catturate in pochi giorni chili di mosche, senza che ci sia una loro evidente diminuzione. Questo ci fa capire come la lotta alle mosche non debba essere soltanto

Musca domestica rigurgita e defeca sugli alimenti più di 60 volte al giorno

adulticida, ma soprattutto larvicida, così da impedirne la nascita. Quando vediamo dentro casa una mosca che ci infastidisce, dobbiamo sempre pensare a Musca domestica (o simili, come Musca autumnalis, Musca sorbens ecc.), ma quando vediamo delle mosche che girano instancabilmente intorno al nostro lampadario, senza infastidirci e senza mai fermarsi, dobbiamo pensare alla cosiddetta “mosca delle latrine” (Fannia canicularis) (Figura 6), un insetto più tollerabile di Musca domestica, sebbene possa anch’essa sviluppare nei letamai e nelle immondizie, in quanto è meno aggressiva e interagisce poco con l’uomo. Se, invece, notiamo l’ingresso in casa di grossi mosconi colorati,

INDOOR FLIES OF HEALTH CONCERN

Flies play a significant health role that should not be underestimated, both in the transmission of infectious diseases and in the direct production of myiasis

The health interest of flies that frequently recur inside homes is discussed, with emphasis placed on certain species and their role as vectors ( Musca domestica) or as agents of myiasis (Sarcophaga carnaria , S. haemorrhoidalis), urging caution regarding their presence in the home.

che sbattono sugli specchi e sui vetri delle finestre, dobbiamo fare molta attenzione e avere l’accortezza di farli uscire dall’abitazione il prima possibile, evitando che rimangano in casa la sera quando dormiamo. Dobbiamo necessariamente fare una importante distinzione tra questi insetti, separando “al volo” quelli che fanno parte della famiglia Calliphoridae (es. Calliphora vomitoria, Lucilia sericata) (Figure 7, 8), caratterizzati da una cuticola colorata di blu o di verde metallico, da quelli, sempre molto grossi, appartenenti alla famiglia Sarcophagidae (es. Sarcophaga carnaria o anche S. haemorrhoidalis) (Figura 9), di colore grigio, con un

Figura 4 - Caratteristica goccia di rigurgito
Figura 5 - Uova di Musca domestica
Figura 6 - Fannia canicularis

caratteristico addome “a scacchi”. I primi depositano uova, mentre i secondi lanciano direttamente le pro -

prie larve vive sui loro substrati trofici. Sebbene entrambi siano attratti da materiale organico umano, come

il sangue che sgorga dalle ferite, gli scoli nasali o lacrimali di soggetti raffreddati o gli indumenti sporchi di materiale fecale, questa differenza biologica è fondamentale. Infatti, mentre la deposizione delle uova da parte dei Calliphoridae porta alla schiusa delle larve solo dopo un periodo di almeno 48 ore, la deposizione diretta delle larve di I stadio, tipica dei ditteri Sarcophagidae, su un occhio o sulle narici di un soggetto che dorme, origina immediatamente lo sviluppo di una patologia nota come “miasi”. Laddove le larve, attraverso le narici, si siano inserite profondamente all’interno, sin nei seni frontali, si percepisce un forte bruciore, irritazione delle mucose e scolo nasale emorragico, oppure, qualora le larve abbiano raggiunto l’occhio, il dolore e il bruciore sono immediati e fortissimi, in quanto le larve rompono rapidamente la cornea e tendono a infiltrarsi all’interno del globo oculare, producendo danni spesso irreparabili. Attenzione dunque a non dormire mai con un moscone in camera da letto, soprattutto se ci sono anziani o bambini. L’utilizzo di zanzariere magnetiche su finestre e porte-finestre, è una soluzione tra le migliori che consigliamo vivamente a tutti.

Mario e Simona Principato
Figura 7 - Calliphora vomitoria
Figura 9 - Sarcophaga carnaria
Figura 8 - Lucilia sericata
Figura 10 - Larva di Musca domestica
Figura 11 - Larve di Fannia canicularis
Figura 12 - Larve al primo stadio di Sarcophaga haemorrhoidalis
Figura 13 - Pupe di Calliphora vomitoria

Siamo in fase epidemica di febbre dengue nel mondo

LLe autorità sanitarie internazionali segnalano un forte aumento dei casi e del rischio epidemico di febbre dengue

a dengue è una malattia causata dall’arbovirus omonimo appartenente al vasto gruppo dei Flavivirus, cui appartengono anche i virus West Nile, Zika, della febbre gialla, dell’encefalite giapponese e molti altri. Col termine arbovirus intendiamo virus che vengono trasmessi dagli insetti all’interno dei quali sono in grado di replicare e quindi di raggiungere concentrazioni tali da risultare infettanti per i vertebrati. Il virus della dengue è suddiviso in quattro serotipi. L’infezione da uno di questi conferisce immunità alla reinfezione con lo stesso serotipo ma non per gli altri. Anzi nel caso di una seconda infezione da parte di serotipo diverso si può innescare quella che si dice dengue emorragica, una forma grave che, se non adeguatamente trattata, può risultare letale.

Andamento della dengue

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riporta che i casi notificati sono decuplicati nel periodo dal 2000 al 2019, passando da circa 500.000 a oltre 5 milioni all’anno.

E si sa che i casi riportati sono solo una parte dei casi reali, per due motivi principali, in primo luogo molti casi sono asintomatici e quindi passano inosservati e in secondo luogo in molti paesi il sistema

WE ARE FACING A WORLDWIDE DENGUE FEVER EPIDEMIC

The international health authorities confirm an increase of cases and of epidemic risk for dengue fever Dengue epidemics are hitting many tropical countries, particularly in Central and South America. Therefore, the risk that infected passengers may inadvertently introduce the virus in areas where Aedes albopictus may start outbreaks is increasing. The public health services are aware of this risk and protocols have been defined on vector control measures to be applied rapidly in case of imported cases. The Italian Ministry of Health has alerted port and airports authorities on the risk of introduction of Aedes aegypti issuing several circular letters requesting the risk analysis and the adoption of WHO preventive measures. This preventive approach was not implemented thirty years ago, when Aedes albopictus found no obstacles in invading the country. We’ll see if the planned actions will be successful in achieving the aim of keeping southern Europe countries free from Aedes aegypti.

di Romeo Bellini
Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli”, Crevalcore (BO)

sanitario non è in grado di gestire una raccolta dati attendibile. Dopo un biennio di riduzione dei casi riportati, a causa dell’epidemia di Covid-19 che ha stravolto il mondo e i sistemi sanitari, nel 2023 si è registrato un picco di casi che globalmente ha superato i 5 milioni con oltre 5.000 morti.

La malattia è endemica nelle zone tropicali e sub-tropicali di oltre 100 paesi, perlopiù paesi poveri (Figura 1). Si stima che l’80% dei casi attualmente registrati sia in centro-sud America. La dengue si presenta

con picchi epidemici ogni 3-5 anni legati al tasso di popolazione priva di copertura immunitaria da esposizione precedente. Le cause alla base dell’aumento di dengue sono indicate nella povertà, nella urbanizzazione selvaggia senza acqua corrente e sistemi fognari, nell’innalzamento delle temperature che favorisce lo sviluppo del vettore e la sua diffusione in nuovi areali.

Il principale vettore di dengue è Aedes aegypti, zanzara diffusa nelle aree tropicali del pianeta (Figura 2), ben adattata a vivere negli ambienti

urbani, altamente antropofila e molto efficiente nell’infettarsi e infettare (elevata competenza vettoriale). Si è osservato in diverse circostanze che basta una singola femmina in casa perché nell’arco di breve tempo tutti gli abitanti vengano infettati. Anche la Zanzara Tigre è in grado di trasmettere il virus, come abbiamo potuto vedere recentemente in diversi focolai epidemici registrati in Europa (Branda et al. 2023; ECDC 2018; Schaffner e Mathis 2014), seppure con minor efficienza rispetto ad Ae. aegypti

Fonte: Wikimedia Commons https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/73/Global_Aedes_aegypti_distribution.gif

Figura 1 Paesi che hanno riportato casi di dengue nel periodo novembre 2022-novembre 2023
Figura 2
Mappa della distribuzione mondiale di Aedes aegypti

Le circolari del Ministero della Salute

Come già era avvenuto a seguito dell’epidemia di Zika nel 2016, il forte aumento di casi di dengue a livello globale ha indotto il Ministero della Salute a diramare diverse circolari (emanate nel periodo febbraio-marzo 2024), con la richiesta di aumentare lo stato di allerta nei possibili punti di ingresso, indicati in aeroporti e porti che abbiano collegamenti diretti o indiretti con paesi dove è presente Aedes aegypti. La circolare rimanda ai siti ECDC (https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/aedes-aegypti-currentknown-distribution-october-2023) e CDC (https://www.cdc.gov/dengue/ areaswithrisk/around-the-world. html), per quanto riguarda la specifica dei paesi da considerarsi a rischio. Nelle circolari il Ministero della Salute fa riferimento alle diverse azioni che gli uffici di Sanità Aerea e Marittima devono assicurare, in particolare: 1. le compagnie aeree che effettuano voli passeggeri o merci, diretti o indiretti, da paesi in cui è presente Aedes aegypti, devono effettuare

Il

principale vettore di dengue è Aedes aegypti

la disinfestazione degli aeromobili secondo le procedure indicate dall’OMS (WHO 2023), rilasciandone certificazione agli uffici di Sanità Aerea. Il certificato di avvenuta disinfestazione ha validità di 8 settimane;

2. per quanto concerne le merci a rischio la circolare indica: pneumatici usati, fiori recisi freschi e piante ornamentali che viaggiano in substrato acquatico, tronchi di legname esotico in cui possono persistere quantità di acqua anche minime. Queste merci devono essere accompagnate da certificato di avvenuta disinfestazione all’origine o in caso negativo essere disinfestate a cura dell’importatore prima dell’uscita dall’area doganale;

3. le aree aeroportuali e portuali marittime e una fascia di 400 metri circostante devono essere libere da fonti di infezione e contaminazione inclusi roditori e insetti;

4. in merito alle imbarcazioni di qualsiasi tipologia, comprese anche quelle da diporto, provenienti da paesi extra UE si richiede che vengano presentati agli uffici competenti per territorio:

- l’elenco degli ultimi 10 porti toccati o di quelli toccati nei precedenti 28 giorni da allegare alla richiesta di Libera Pratica Sanitaria (LPS);

- il certificato di disinfestazione (eseguita da non oltre 8 settimane) o, in alternativa, la dichiarazione a cura del comando nave o dell’armatore in merito all’applicazione delle procedure, dettagliatamente descritte, volte al contenimento del vettore Aedes aegypti quali ad esempio: utilizzo di insetticidi spray (o altri presidi), repellenti, zanzariere, igienizzazione delle zone “sensibili” (quali stive, cambuse, cabine equipaggio o passeggeri), e assenza di ristagni di acqua, specialmente in aree dell’imbarcazione non soggette a frequenti sanificazioni; 5. in merito alle imbarcazioni di qualsiasi tipologia, comprese quelle da

diporto, provenienti da Paesi UE e che negli ultimi 28 giorni abbiano toccato/transitato in porti di paesi e territori a rischio, si richiede:

- l’elenco degli ultimi 10 porti toccati o di quelli toccati nei precedenti 28 giorni;

- la Dichiarazione Marittima di Sanità;

- il certificato di disinfestazione (eseguita da non oltre 8 settimane), oppure una dichiarazione a cura del comando nave o dell’armatore in merito all’applicazione delle procedure, dettagliatamente descritte, volte al contenimento del vettore Aedes aegypti, quali ad esempio: utilizzo di insetticidi spray (o altri presidi), repellenti, zanzariere, igienizzazione delle

Le circolari del Ministero puntano a monitorare i potenziali punti d’ingresso

zone “sensibili” quali stive, cambuse, cabine (equipaggio o passeggeri), e assenza di ristagni di acqua specialmente in zone non soggette a frequenti sanificazioni. Le prescrizioni di cui ai punti 1 e 2 risultano chiare nei tempi e nei modi di attuazione delle misure idonee a prevenire l’introduzione di Aedes aegypti. Meno chiara è l’indicazione di cui al punto 3 che lascia quindi ampi margini discrezionali nel concreto delle misure da adottarsi. Difficilmente realizzabili ci sembrano le misure di cui ai punti 4 e 5 per la complessità e onerosità delle azioni richieste specialmente nel caso di grandi navi.

Ulteriori attività

Lo sforzo per impedire che Aedes aegypti si insedi nel sud Europa c’è, a indicare che la lezione appresa da quanto successo nel caso di Aedes

albopictus, ha lasciato il segno. Resta da vedere se l’innalzamento del livello di sorveglianza e delle misure preventive saranno sufficienti a garantire il raggiungimento dell’obbiettivo non solo nell’immediato ma anche nel lungo periodo con l’inevitabile routine che seguirà. In considerazione del fatto che il rischio di introduzione accidentale di Aedes aegypti, seppure ridotto a seguito delle misure di prevenzione, permane comunque, sarebbe altresì opportuno preparare un piano d’azione da implementarsi in tempi rapidi, con l’obiettivo di eliminare prontamente la specie nel caso di rilevamento di popolazioni in fase di insediamento, quando l’operazione potrebbe essere ancora fattibile con costi ragionevoli. È quanto si sta tentando di fare a Cipro dove Ae. aegypti è stata rinvenuta recentemente (Vasquez et al. 2023) e

Bibliografia

È opportuno un impegno internazionale di supporto tecnico e finanziario

nonostante le condizioni eco-climatiche non proprio favorevoli (lunghe estati torride con scarsissime precipitazioni) è risultata essere già insediata su una vasta area. Un impegno internazionale di supporto tecnico e finanziario sarebbe quanto mai utile non solo per le comunità isolane ma anche per eliminare una fonte di rischio di diffusione dal centro del Mediterraneo.

Conclusioni

Con l’aumento dei casi di dengue nel mondo, è aumentato proporzionalmente il rischio che viaggiatori infetti dal virus lo introducano in areali non colpiti, ma dove ci sono zanzare in grado di trasmetterlo e dare inizio a eventi epidemici. È quanto sta accadendo in vari paesi europei compresa l’Italia, dove la Zanzara Tigre è ampiamente diffusa. La sorveglianza sanitaria volta alla pronta individuazione dei casi importati e all’immediata adozione di misure straordinarie di lotta al vettore per prevenire che si inneschino epidemie risulta azione efficace e praticabile con costi contenuti. Questa semplice misura dovrebbe diventare la prassi in tutte le regioni, cosa che ancora non è.

Romeo Bellini

• Branda F., et al.. 2023, Dengue virus transmission in Italy: surveillance and epidemiological trends up to 2023 MedRxiv https://doi.org/10.1101/2023.12.19.23300208doi

• European Centre for Disease Prevention and Control. 2018. Local transmission of dengue fever in France and Spain - 2018 - 22 October 2018. Stockholm

• Schaffner F., A. Mathis. 2014, Dengue and dengue vectors in the WHO European region: past, present, and scenarios for the future. Lancet Infect. Dis. http://dx.doi.org/10.1016/S1473-3099(14)70834-5

• Vasquez M.I., et al. 2023, Two invasions at once: update on the introduction of the invasive species Aedes aegypti and Aedes albopictus in Cyprus – a call for action in Europe, “Parasite” 30, 41. https://doi.org/10.1051/ parasite/2023043

• WHO. 2023. Aircraft disinfection methods and procedures, second edition. Geneva: World Health Organization. Licence: CC BY-NC-SA 3.0 IGO

Convivere o non convivere?

Questo è il problema…

Responsabile dell’Area Ambiente dell’Ente di gestione per i Parchi e la Biodiversità

RI pipistrelli accanto a noi. Parte II

iprendiamo il discorso già avviato su questo gruppo di Mammiferi e sulle possibili problematiche di convivenza uomo/chirotteri. I pipistrelli di molte specie (circa il 70% di quelle presenti in Europa) si rifugiano presso manufatti di diverse tipologie ritrovando in abitazioni, monumenti o altre strutture antropiche (pensate ad esempio a un banale viadotto o ponte, a una galleria abbandonata...) condizioni idonee alle diverse fasi vitali, ossia un sito adatto al rifugio diurno, al rifugio temporaneo, un possibile sito riproduttivo o di svernamento. Un’altra tipica forma di convivenza a stretto contatto con l’uomo si ha quando i pipistrelli utilizzano piante o spazi dei giardini dove possono occupare cavità degli alberi, fessure o cortecce sollevate,

giardini rocciosi, arredi, serre... In questo caso spesso il giardino può rappresentare un habitat di caccia per gli animali, e può essere più o meno accogliente a seconda della gestione che vi viene fatta (ricchezza di specie vegetali e insetti, uso di pesticidi...). Perché così spesso i pipistrelli si avvicinano all’uomo? Co -

me abbiamo accennato sono diverse le ragioni che sembrano alla base di questa convivenza che chiamiamo “sinantropia”. Una prima ragione è che semplicemente le strutture di vario tipo costruite dall’uomo somigliano molto agli habitat di rifugio originari delle specie che hanno fatto questo “salto” verso la convivenza

LIVING TOGETHER OR NOT LIVING TOGETHER?

THIS IS THE PROBLEM…

Bats among us. Part II

This article completes the examination of the problem of coexistence bats/ man. The biologists speak of synanthropic fauna when there is a close ecological relationship with the habitats created by man: many species of bats belong to this rich list that includes more known animals, such as the common swift, the martin, the sparrow... In the following article we will deal with bats in the city or that are located in homes or other anthropogenic artifacts (for example, warehouses, artificial tunnels...) and in the immediate vicinity, that is, those animals with which you can arise a “conflict situation” or, more simply, a problem of “fauna management” particularly protected in the domestic or urban environment.

di David Bianco
Emilia Orientale
Serotino, specie che utilizza anche edifici (foto di D. Bianco)

con l’umanità. In fondo, a ben pensarci, un palazzo di venti piani non è molto diverso da una falesia rocciosa, così come un’imposta accostata al muro crea una fessura simile a quella presente in un vecchio albero in un bosco.

Una seconda ragione è che le strutture antropiche (dalle singole case ai centri urbani) presentano a volte qualità che i pipistrelli apprezzano e ricercano: possono avere condizioni microclimatiche favorevoli (ad es. più caldi di qualche grado in certe stagioni), risultare meglio protetti dai predatori rispetto ad analoghi rifugi delle aree naturali oppure essere circondati da fattori attrattivi (ad es. in complessi rurali la presenza di bestiame che attrae gli insetti, in ambiti cittadini l’illuminazione artificiale...).

Un’altra buona ragione è che l’uomo ha occupato ampie superfici modificandole... adattarsi a queste trasformazioni è stata anche una necessità evolutiva. In conclusione, una moderna città, un borgo medioevale, la casa di campagna, un rudere, un parco monumentale... si presentano come habitat possibili per piante e animali selvatici, pipistrelli compresi. Per convivere con i pipistrelli ed evitare “contenziosi”... dobbiamo sapere come pensano i pipistrelli, o almeno provarci! Quello che per noi è una soffitta, una galleria, un tetto con vecchi coppi... per un pipistrello è probabilmente altro: un comodo e sicuro rifugio ideale per la riproduzione, una “grotta artificiale” adatta per svernare in virtù di un clima stabile, uno strano affioramento roccioso con molti possibili rifugi. Per essere ancora più espliciti quello che ai più sembra inizialmente un equivoco, uno “sbaglio” del pipistrello, è dal suo punto di vista una “scelta” in quanto si tratta di una opportunità evolutiva ed ecologica, un lungo processo in corso da millenni, ossia da quando l’uomo realizza capanne e

città. Premesso quanto sopra, è inevitabile che si presenti sovente una “crisi di convivenza uomo/pipistrello” che si sviluppa a partire da due questioni basilari, facce della stessa medaglia:

Le strutture costruite dall’uomo
sono simili agli habitat di rifugio

a) generalmente gli uomini non desiderano avere una colonia o anche un solo esemplare di questi Mammiferi volanti ovunque essi siano... in soffitta, nella tromba delle scale, nel garage, dietro ai mobili da giardino, dentro gli avvolgibili delle tapparelle...;

b) altrettanto comunemente i pipistrelli non amano le interferenze e le attenzioni dell’uomo, specie quando sono impegnati nella fase dei parti e dell’allevamento dei piccoli oppure quando stanno cercando di passare l’inverno risparmiando le preziose energie stoccate sotto forma di grasso.

Riprendendo la metafora della convivenza, si potrebbe dire che ci tolleriamo il giusto.

“Ho dei pipistrelli per casa: veniteveli a prendere!”

I pipistrelli che convivono frequentemente con l’uomo sono estremamente discreti e utilizzano spazi marginali (pensate agli interstizi tra le tegole e il coperto, oppure piccole brecce nella muratura): succede così che questi animali passino inosservati per lungo tempo. Noi uomini non li vediamo e loro evitano il più possibile di farsi notare. Questa loro “invisibilità” diviene occasionalmente un vero problema: primo perché l’uomo interviene senza sapere della loro presenza, accorgendosene quando spesso è troppo tardi... Questo capita, ad esempio, in lavori edili (rifacimento di tetti o coperto, ristrutturazioni, ...) che mettono in luce colonie con i piccoli o comportano anche la involontaria (e vietata) uccisione; secondo perché spesso l’uomo ritiene intollerabile questa connivenza, non sapendo che quel sito è utilizzato senza problemi da diverse generazioni di pipistrelli senza reali disagi o pericoli. Dopo la scoperta della presenza di pipistrelli in uno “spazio umano”, si sviluppa una dinamica fortemente condizionata da fattori culturali più che da questioni prati -

Gli ambienti rocciosi sono molto simili agli edifici creati dall’uomo per questo i pipistrelli li utilizzano (foto di D. Bianco)

che. Per la mia esperienza ci troviamo di fronte a una di queste possibili posizioni:

• reazione di paura: i pipistrelli sono “animali indesiderati”, fanno orrore, sono temuti e ritenuti pericolosi (risposta emotiva, condizionata dalle molte dicerie e da mezze verità che circolano);

• reazione emotiva: i pipistrelli sono certamente utili (si parte da una premessa razionale), ma non possono rimanere dove sono perché “non li voglio, li temo, ne ho paura” (prevale una conclusione emotiva);

• reazione pragmatica: i pipistrelli sono certamente utili e protetti (premessa razionale), ma non possono rimanere dove sono perché creano un serio disagio/problema pratico; in questo caso la modalità di intervento tiene conto delle disposizioni di tutela e cerca di evitare al minimo disturbo e stress per gli animali (conclusione razionale e conseguente alle premesse dichiarate);

• reazione ecologica: i pipistrelli sono utili e devono essere rispettati... facciamo il possibile perché restino attorno a casa, così ne ho anche un beneficio (risposta tollerante a sfondo etico/ecologico e/o utilitaristico).

Se scorriamo la casistica delle varie possibili reazioni, ci accorgiamo che

questo aspetto condiziona in modo decisivo la nostra possibilità di intervento e il successo dell’intervento rispettoso dei chirotteri e risolutivo del problema emerso. Molto rilevante è la reazione di paura: il timore o addirittura la fobia per questi micro mammiferi di pochi grammi sono reazioni tanto ingiustificate quanto degne di considerazione e rispetto. Certamente non gioca a favore dei pipistrelli la presunta assimilazione/ parentela ai roditori... A un esame superficiale e non scientifico, condizionati come siamo da una cultura che resta diffusa e in certi ambienti è tuttora dominante, è facile pensare i pipistrelli come “topi con le ali”. Questo è un grosso problema per i chirotteri e per la loro accettazione sociale. Alcuni fenomeni recenti hanno fatto allentare questa diffusa percezione: da un lato l’esplosione della festa di Halloween, una sorta di carnevale di ottobre in cui i pipistrelli hanno un ruolo divertente, ha reso ai più giovani questi animali meno spaventosi; dall’altro alcuni progetti di successo hanno evidenziato l’importanza dei pipistrelli nella lotta biologica alle zanzare, tanto che molte persone hanno comprato e messo in uso apposti rifugi per favorirli (bat box). Da questo status di reputazione in netto e lento miglioramento, nel 2020 siamo passati a un improvviso

arretramento a seguito della pandemia, quando la semplificazione giornalistica ha “brutalmente” trattato dell’origine del famoso coronavirus SARS-CoV-2 per spillover, ossia per il passaggio del virus da una specie all’altra, additando i “pipistrelli” come serbatoio naturale di questa e di altre malattie reali o potenziali. Si tratta di un tema estremamente delicato, che non possiamo trattare in questa occasione, ma che ci ha mostrato quanto la “dimensione culturale” sia fondamentale per la conservazione della biodiversità.

Capire la situazione e valutare tecnicamente le opzioni possibili Di fronte a una segnalazione di chirotteri presso edifici, indesiderati o minacciati che siano, occorre procedere con attenzione, ricordando che non possono essere allontanati volontariamente ma anche che in molti casi la presenza di attività, macchinari, traffico veicolare o altro ancora potrebbe rendere necessario un intervento di messa in sicurezza degli animali. Proviamo a precisare che approccio tecnico è necessario assumere di fronte a una segnalazione di pipistrelli presso edifici o strutture antropiche, ovvero nei casi in cui si riscontri una presenza di chirotteri che inizialmente non si era considerata.

La prima domanda da porsi è “Perché i pipistrelli sono presenti?”, ossia se si tratti del rifugio di una piccola colonia o di uno o pochi esemplari; se si tratta di un animale in difficoltà entrato casualmente in un ambiente, oppure se si è di fronte a un esemplare ferito. Subito dopo domandiamoci “In che fase del ciclo annuale siamo?”: siamo, cioè, in un periodo davvero delicato, di quelli che le normative proteggono con la massima attenzione, come la riproduzione (indicativamente maggio/luglio compresi) o lo svernamento (novembre/marzo)?

Nottola in uscita da un rifugio artificiale (foto di F. Grazioli)

“Che pipistrelli sono?”: è molto importante riconoscere la specie, ma non è affatto semplice considerando che sono oltre una decina le specie più frequentemente inurbate e antropofile rinvenibili in Italia. Esistono ottimi manuali, chiavi dicotomiche e specifiche “chiavi fotografiche” che analizzano particolari anatomici; esistono anche strumenti che registrano gli ultrasuoni e appositi software, ma è davvero impegnativo arrivare a una corretta determinazione senza una certa esperienza o attrezzatura dedicata (pensate all’utilità del visore notturno per capire come gli animali si muovono presso un edificio).

Vista la difficoltà nell’identificare la specie, possiamo ovviare fotografando gli animali (ma sempre senza disturbarli troppo) e grazie a questo tentare una prima identificazione, eventualmente spedendo la foto ad altre persone più esperte. Altra domanda da porsi è la seguente “Che tipo di rifugio abbiamo davanti a noi e che comportamento hanno gli animali?”: stanno in una soffitta, in una cantina, dietro alle grondaie? restano sospesi appendendosi a una trave oppure si occultano in fessure/interstizi? come si muovono i pipistrelli uscendo ed entrando nel rifugio? Vengono visti solo mentre volano? Che tragitto fanno volando? Si tratta di informazioni significative, che potranno essere utili per decidere il da farsi. Là dove possibile, presi almeno alcuni elementi precisi di cui sopra, per le presenze di colonie è sempre bene confrontarsi con qualcuno con specifica esperienza: sono presenti anche in Italia gruppi di interesse specifici per i pipistrelli (in primis il GIRC - Gruppo Italiano Ricerca Chirotteri), sportelli pipistrelli (come quello della Regione Lombardia), istituzioni scientifiche, Enti di protezione e Aree protette... Ci sono anche professionisti con specifica competenza nel settore.

Un Rinolofo minore in cantina (foto di F. Grazioli)

La casistica è sconfinata. La più frequente è certamente l’ingresso di giovani esemplari nelle notti d’estate, situazione che provoca anche la repentina fuga da parenti e, il giorno successivo, la richiesta di “bonifica” della camera da letto, come se il pipistrello l’avesse dispettosamente occupata. Abbiamo visto pipistrelli entrare in storiche biblioteche o altri edifici pubblici, gettando il panico tra inservienti e attivando allarmi; animali in grandi magazzini e market oppure colonie nel cassonetto delle tapparelle o nelle soffitte di castelli, esemplari nella tromba delle scale del condominio (con conseguente inevitabile diatriba tra i pro e i contro); recuperato animali arrotolati e acciaccata in zanzariere o in tende da esterno, così come esemplari catturati dai gatti e portati in salotto (dove sono scomparsi nella biblioteca di casa); registrato una “invasione” settembrina (erano 7/8 esemplari di Pipistrello di Savi) di un appartamento, con tanto di arrivo dei Vigili del fuoco... Il più delle volte l’animale è solo nel posto sbagliato e occorre solo restituirgli la libertà... Va fatto velocemente, il prima possibile; non è banale prenderli e non danneggiarli (sono fragilissimi!); anche per manipolarli ci vogliono attenzioni e guanti per non farsi mordere, guadini, reti,

contenitori...; devi poi capire se ha bisogno di un aiuto (quanto meno acqua va data) o se può essere riliberato (ovviamente a notte) nei pressi della zona di ritrovamento. In alcuni casi, per evitare il ripetersi del “panico da chirottero in casa”, abbiamo suggerito come ovviare definitivamente al problema... soprattutto abbiamo parlato tanto, cercando di fare capire che è possibile convivere, che i pipistrelli sono belli, utili, importanti, a rischio di estinzione. In molti casi ci hanno dato fiducia; a volte sono stati più forti i condizionamenti sociali. In genere ragazzi sono aperti, capaci di esplorare una nuova relazione con questa fauna,

Il più delle volte l’animale è solo nel posto sbagliato

ma persone sensibili le troviamo a tutte le età. Più complicati sono i casi di colonie che ostacolano i lavori edilizi: qui la cosa è delicata, molto delicata. Non tutti possono rimandare i lavori, ma è quello che dobbiamo fare se i lavori coincidono con la riproduzione. In molti casi si è garantita l’idoneità del sito a rifugi stagionale: lo prevede in automatico la legge, ma se c’è una trattativa e un’accettazione di questa convivenza, le cose possono funzionare meglio per tutti. In linea generale, operando in un edificio che presenta colonie di pipistrelli, è bene informare il progettista della problematica e verificare il sito prima di iniziare i lavori con qualcuno che abbia esperienza. Molto importante l’epoca di esecuzione dei lavo -

ri, che in prossimità dei rifugi possono essere eseguiti unicamente al di fuori del periodo di riproduzione. Nei lavori non devono essere modificati i caratteri salienti del rifugio: microclima, rapporto illuminante e corridoi di volo che i pipistrelli impiegano per gli accessi devono quindi essere mantenuti.

In teoria non è possibile sfrattare i pipistrelli dagli edifici: se la cosa risultasse necessaria per un interesse superiore (pubblica utilità), allora dovremmo seguire un percorso che individua e crea un’alternativa che dovrà essere su misura, appropriata per la colonia a rischio. Anche se in Italia l’ipotesi di salvare rifugi di pipistrelli può suonare strano, è così che funziona in Nord Europa dove sono stati ristrutturati o costruiti ex novo edifici per ospitare colonie di specie rare.

Una vita pericolosa: confusi con ratti e topi, a rischio per avvelenamento e troppa luce

Le deiezioni di roditori e insettivori sono assai diverse tra loro, ma a una visione superficiale le differenze non sono rilevanti e la confusione è molto frequente. Ricordo il caso di una famiglia nel Bolognese che ci chiamò per la presenza di due Serotini ( Eptesicus serotinus) che erano finiti in tavolette con colla: la prima

versione fu che avevano messo a terra tavolette con colla nella speranza di prendere topi attorno a casa e che si erano poi trovati i due poveri pipistrelli agonizzanti (morti in seguito). La verità è che avevano visto deiezioni a terra in corrispondenza di una fessura a circa tre metri di altezza... e avevano messo la tavoletta con colla davanti alla fessura, non lasciando scampo ai chirotteri. L’uso di queste sostanze viscose è del tutto non selettivo e il loro impego andrebbe ripensato e circoscritto a casi limitatissimi: come ho più volte verificato ne fanno purtroppo le spese insettivori, anfibi, rettili, uccelli e molti altri organismi che non sono oggetto del trattamento! Tornando al guano dei pipistrelli, si tratta di un aspetto da valutare con attenzione perché, oltre all’accennata associazione con i roditori, viene vista sotto l’aspetto igienico-sanitario. Le deiezioni dei pipistrelli si presentano a forma di riso e scure, senza macchiette bianche (come negli uccelli o rettili); si trovano nelle immediate vicinanze dei rifugi: la loro quantità dipende dal numero di esemplari della colonia. Il guano contiene molte informazioni: si potrebbe risalire alla dieta del pipistrello e anche alla sua specie: contiene infatti i resti non digeriti di insetti e tracce di pelo dei pipistrelli. I più curiosi potranno sbriciolarne qualche cilindretto: alla luce i resti di insetto saranno luccicanti... questa prova vi consentirà di distinguere dai resti di roditori o altri animali con dieta diversa da quella insettivora. Il guano dei pipistrelli in Europa non ha mai rappresentato un problema, specie poi nel caso delle abitazioni, Certo è un materiale organico che va trattato con le normali attenzioni che si avrebbero con le deiezioni di qualunque altro animale... fortunatamente si asciuga all’aria rapidamente, non ha odore nelle quantità

ordinarie e si può rimuovere facilmente con una scopa. Considerato che è un prezioso concime (cercate per curiosità in rete bat guano e capirete...), suggeriamo di usarlo nei vostri fiori. Un altro rischio che i chirotteri corrono è l’avvelenamento dovuto alle sostanze di trattamento del legno dei tetti: in Nord Europa il tema è ben noto e sono stilati periodicamente elenchi delle sostanze compatibili o meno. Suggerisco in lingua italiana la scheda “Prodotti per il trattamento del legno tollerati dai pipistrelli” a cura del Centro Protezione Chirotteri Ticino. Ci sono particolari attenzioni da mettere in atto, ma è possibile manutenere il tetto e conservare l’idoneità del rifugio. I pipistrelli temono anche l’inquinamento luminoso: come animali notturni che aspettano con ansia il buio per uscire, vengono ingannati dai fari che illuminano le nostre notti, ritardando la loro emergenza dal rifugio quando questo è illuminato. Se anche è vero che alcuni pipistrelli cacciano sotto i lampioni che attraggono gli insetti, in generale occorre limitare l’inquinamento luminoso che modifica l’attività della fauna notturna e che li rende più facilmente possibili prede dei rapaci.

Le reti anti-volatili: un problema sottovalutato

Si è diffusa da tempo l’abitudine di proteggere monumenti, giardini interni, chiostri e palazzi posando reti anti-volatile (principalmente in funzione anti-colombo), soluzione certamente efficace sul lungo tempo e escludendo la possibilità di accesso agli uccelli.

Questa efficace politica è stata condotta da privati ed enti pubblici in molte città, mettendo in sicurezza il patrimonio artistico e architettonico di pregio e limitando il disagio dovuto alle colonie di volatili. Peccato che queste efficienti reti rappresentino

Rinolofo maggiore con piccolo - colonia utilizza un interrato (foto di F. Grazioli)

un problema del tutto sottovalutato per i pipistrelli, la causa di una vera e silenziosa strage. Capita, infatti, che in alcuni complessi urbani il sistema di reti che protegge un ambito da tutelare finisca per funzionare da “gigantesca nassa”: i pipistrelli entrano nella zona interdetta ai colombi ma non possono più uscire! Nella migliore delle ipotesi cominciano a volare anche di giorno, cercando disperatamente di uscire dalla trappola; una volta indeboliti da sete e fame si possono trovare a terra, indeboliti. Senza un rapido intervento, questi animali sono spacciati. Sono personalmente intervenuto in diversi contesti del centro storico di Bologna, chiamato per recuperare animali in difficoltà i contesti protetti dai piccioni. In questi casi i residenti cominciavano a trovare animali a terra e si attivavano per la loro salvaguardia. Recuperato l’animale, ci si chiedeva come fosse entrato in una zona in cui non poteva facilmente essere entrato in volo. Nei primi tempi ci sembrava una casualità... magari erano passati da un portone aperto, o da varchi casuali. Poi abbiamo registrato casi eclatanti, in cui per più giorni di seguito ogni sera si salvavano nuovi esemplari o si raccoglievano i morti! Qual era la causa di questo fenomeno? Ce lo siamo chiesti anche noi... Questo capita perché i pipistrelli utilizzano spazi in comunicazione con l’area interclusa dalle reti: nei casi da noi esaminati, ad esempio, la zona di rifugio della colonia con giovani e adulti (sotto tegole, oppure sotto alla lattoneria/ grondaie) si trovava in punti del tetto pericolosi per gli animali... nel senso che un’eventuale uscita da una certa zona, li immetteva nella “voliera” da cui non riuscivano più a uscire. Ricordiamo che i pipistrelli solitamente si involano facendosi cadere, ma che quel percorso non può essere fatto a ritroso. Salvati gli animali in difficoltà o recuperati i morti... (considerate

I pipistrelli sono in crisi per molte ragioni, tutte

interconnesse

che in un singolo caso del 2023 ho recuperato in un mese circa 40 esemplari di due specie diverse in circa quattro settimane e che la gran parte di questi egli animali è stata trovata morta o non è sopravvissuta fino alla liberazione), abbiamo ipotizzato interventi strutturali che essenzialmente consistono nella modifica delle reti o (in un caso) nell’apertura di un varco nella rete stessa. Per la mia personale casistica, ci sono impianti di protezione anti-volatile che non rappresentano un problema per i pipistrelli perché le reti fortunatamente non includono zone di involo delle colonie presenti; altre richiedono modifiche sostanziali se li si vuole rendere compatibili con i pipistrelli! Si tratta di un problema da introdurre nella fase di progettazione delle reti e la differenza di costo spesso sarà ininfluente o comunque accattabile. Chiaro che per progettare una rete anti-volatile che non intrappoli i chirotteri occorre sapere “vedere” i siti potenzialmente pericolosi per l’aspetto che trattiamo. Le reti non devono mai includere le gronde, anche solo parzialmente; devono essere a una certa distanza dallo sporto del tetto e aderire al muro; l’area interclusa non deve avere colonie note o tracce della loro presenza. Invitiamo i progettisti a considerare da subito e con grande attenzione questo aspetto: se un sistema protetto cattura o uccide i pipistrelli, allora non abbiamo fatto certo un

buon progetto! Mentre in altri paesi d’Europa il fenomeno è noto e viene considerato, in Italia l’effetto trappola delle reti anti-uccelli è purtroppo ancora ignorato, e non considerato adeguatamente anche dalle apposite Linee guida per la conservazione dei Chirotteri nelle costruzioni antropiche e la risoluzione degli aspetti conflittuali connessi del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Comuni e Soprintendenze, che esaminano in particolari progetti volti a proteggere i siti sottoposti a tutela culturale, dovrebbero essere adeguatamente supportati per approvare progetti che considerino l’impatto negativo di queste reti. Anche su questo tema c’è molto da fare.

Ricapitolando...

I pipistrelli sono in crisi per diverse ragioni, tutte interconnesse. Perché la biomassa degli insetti nei paesi industrializzati si è ridotta drammaticamente (si stima anche del 75%!), i pipistrelli ne stanno risentendo, e con loro tutti gli insettivori tra uccelli, mammiferi, rettili e anfibi. Non facciamoci ingannare dal successo di poche specie di insetti opportuniste o aliene come la zanzara tigre o la cimice asiatica... gli insetti sono palesemente in difficoltà e, ovviamente, questo si ripercuote nelle reti alimentari. Altro problema è la contaminazione ambientale: le reti trofiche a cui partecipano prede e predatori sono contaminate da inquinanti persistenti e pericolosi (si pensi ai PFAS, alle diossine, pesticidi e loro metaboliti...) e questo complica le cose per gli insettivori, specie per pipistrelli che hanno una vita medi di molti anni. La gestione di campagne, boschi e città ignora quasi completamente la presenza e l’importanza dei chirotteri, eliminando i loro rifugi, riducendo gli ambienti di caccia, ad -

dirittura scacciandoli deliberatamente. Il cambiamento climatico, infine, sta sbaragliando gli assetti ecologici preesistenti, incrinando gli equilibri creatisi in un lungo periodo di tempo: con il clima impazzito saltano i periodi riproduttivi e di svernamento, si modificano le comunità vegetali, aumentano eventi estremi e siccità... anche i pipistrelli pagano dazio, perdendo terreno. Nonostante questo, alcune specie di chirotteri resistono grazie alla loro adattabilità a sistemi abbastanza semplificati, come quelli di giardini, città o agroecosistemi. In questi contesti i pipistrelli sono elementi di quella “regolazione ecologica” che è preziosa. Per questi neri folletti della notte, con un linguaggio sofisticato che sfugge al nostro udito, così attenti a evitarci, a cui abbiamo per giunta associato diffamanti leggende e maldicenze... è proprio difficile guadagnarsi la nostra stima e rispetto, molto più difficile di altri animali iconici. Per questo è proprio su questo confine sottile, con questo contatto tra specie diverse che, in fondo, è la sinantropia, che si sviluppa la possibilità di una relazione interspecie ed ecologica tra uomo e Chirotteri: è proprio in città, nei nostri giardini, nelle nostre case di campagna che possiamo conoscere i pipistrelli, rilassandoci e apprezzandone la storia naturale di grande successo e comprendendo meglio l’importanza dei benefici della loro incessante attività di insetticidi naturali.

Quadro normativo di riferimento

Anche se poco noto, da molti anni i pipistrelli italiani sono particolarmente protetti per legge. Sono diverse le fonti di tutela normativa di questi piccoli mammiferi; tale protezione, che riguarda tutte le specie italiane e tutti gli esemplari, prevede una particolare tutela nella fase di svernamento e riproduzione. Da ricordare in primis la Direttiva Habitat 92/43/CEE rela -

tiva alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, recepita in Italia con il Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357: tutte le specie di chirotteri europei sono rigorosamente protette. È infatti vietato (ai sensi dell’art. 8) catturare o uccidere in modo deliberato i chirotteri (ma non solo), disturbarli, in particolare durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione e - aspetto molto rilevante - “deteriorare o distruggere i siti di riproduzione o delle aree di riposo delle specie di interesse comunitario”. La Legge 11 febbraio 1992, n. 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. All’art. 2 si dice “Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio... c) tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione”. Pur non citando esplicitamente le molte specie di pipistrelli della fauna italiana, la Legge 157/92 fa riferimento ad accordi in -

ternazionali (Berna, Bonn...) che contemplano esplicitamente i pipistrelli. L’uccisione, la cattura e la detenzione di esemplari come i pipistrelli viene punita penalmente all’art. 30. Aree protette. La tutela dei chirotteri è, inoltre, esplicitamente o implicitamente prevista dalla stringente normativa di protezione faunistica delle Aree protette e della Rete Natura 2000 (rispettivamente la L. 394/91 e il DPR 357/97): in questo ambito occorre in ogni caso fare riferimento alle specifiche norme di Parchi e Riserve naturali (nazionali o regionali) e alle Misure di conservazione dei Siti Natura 2000. Il Codice penale. Di pipistrelli e dei loro habitat di vita si occupa anche il Codice penale con due articoli:

Art. 727-bis. Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette

Art. 733-bis Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto

Normative regionali. A livello regionale possono, inoltre, ulteriori disposizioni normative a protezione dei pipistrelli, sovente ascritti alla così detta Fauna minore: si veda ad es. la Legge regionale 15/2006 “Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia-Romagna”, che include tutte le specie di pipistrelli presenti.

David Bianco

Il guano è diverso dalle feci dei roditori

Il miele di bosco

IUn prodotto che non nasce dal nettare dei fiori, ma dalla melata

l miele di bosco è un miele particolarmente ricco di antiossidanti, di polifenoli e di sali minerali. Anche le sue proprietà organolettiche lo distinguono dagli altri miele: il gusto è spesso amaro, ma può avere anche un sentore di pino se prodotto da foreste montane o del nord Europa.

Ma la grande peculiarità di questo miele è la sua provenienza che non è, come normalmente avviene, il nettare dei fiori a cui viene tolta una parte di acqua. Nel caso del miele di bosco, la materia prima usata dalle api non è il nettare ma una sostanza proveniente dagli alberi i quali, normalmente, non hanno impollinazione entomofila ma anemofila. Le piante con impollinazione anemofile, come le conifere ma anche per molte latifoglie come le querce, il faggio, il frassino ecc., affidano i loro granuli pollinici al vento mentre quelle a impollinazione entomofila agli insetti.

I fiori delle prime, quindi, non contengono il nettare, l’elemento base per la produzione del miele. Sono pochi gli alberi che hanno dei fiori con nettare: c’è la Robinia (comunemente chiamate acacia) da cui si ottiene un miele molto apprezzato, il castagno, il tiglio e pochi altri. E quindi come fanno le api a produrre il miele se non c’è il nettare?

Le api lo fabbricano miscelando e disidratando la melata, una sostanza di scarto degli insetti floemomici. I floemomizi, come per esempio gli afidi, possiedono un apparato boc-

FOREST HONEY

A product that does not come from the nectar of flowers, but from honeydew

Forest honey is a honey particularly rich in antioxidants, polyphenols and mineral salts. Also its organoleptic properties distinguish it from other honey: the taste is often bitter, but can also have a scent of pine if produced by mountain forests or northern Europe. But the great peculiarity of this honey is its origin which is not, as normally happens, the nectar of the flowers to which a part of water is removed.

di Gianumberto Accinelli Divulgatore scientifico

cale pungente succhiante - simile a una siringa - con cui pungono i tessuti vegetali, raggiungono i vasi e succhiano la linfa elaborata. La linfa elaborata però ha dei pregi e dei difetti: se da una parte è ricca di zucchero dall’altra è povera di proteine. Quindi, i floemomizi sono costretti a succhiarne litri per soddisfare il loro fabbisogno proteico. Così facendo, però, assumono troppi zuccheri. Di conseguenza sono costretti a eliminare quelli in eccesso con le altre scorie del metabolismo.

La melata è una sostanza di scarto

degli insetti floemomici

In pratica, espellono delle feci liquide, dolci come il miele e pure abbondanti e che prendono il nome di melata: uno scarto per questi inset-

ti ma una risorsa per le api le quali, quando si imbattono in queste pozze dolci, smettono di raccogliere il nettare dai fiori. La melata, infatti, è più concentrata del nettare e non va cercata in fondo a quei cunicoli, stretti e pieni di ostacoli, che sono i calici dei fiori. Le api trasformano la melata in quello che viene definito “miele di bosco” (o anche, meno spesso, “di melata”). Esiste però un altro tipo di melata, questa non prodotta da insetti ma dai rami e dalle foglie del larice, la cosiddetta melata di Briançon. Alle api, però, non importa la provenienza, a loro interessa la sostanza che deve contenere zucchero.

Ecco perché la prendono e la trasformano in miele nell’alveare. Peccato però che miele di melata di Briançon cristallizza immediatamente all’interno delle cellette e si trasforma in “miele - cemento”. Una sostanza così dura da risultare inutilizzabile. Insomma: non è tutto miele quello che è dolce.

Gianumberto Accinelli

Le voci della “filiera invisibile”

Il percorso espositivo di PestMed

è stato accompagnato da una ricca serie di workshop che si sono succeduti nelle due arene immerse all’interno del padiglione, rendendo veramente fruibili a tutti i presenti, gli interessanti argomenti sviluppati insieme agli illustri relatori che ci hanno onorato della loro presenza e partecipazione. È stato inoltre esaltante vedere le arene piene e dover in alcuni casi interrompere le domande e le riflessioni per dare spazio all’evento successivo, vedendole poi proseguire a bordo arena. C’era proprio bisogno di tornare a vedersi dal vivo e darsi anche solo una stretta di mano, incrociandosi furtivamente, come vecchi amici che non si vedevano da tempi memorabili. C’era anche molta ricerca di novità da parte dei partecipanti la fiera, e questo lo si notava molto anche negli stand, sempre affollati. Ma sul palco delle arene si percepiva proprio il fermento, la

I commenti dei partecipanti ai workshop di PestMed 2024

voglia di crescere tutti insieme, di fare gruppo e andare avanti, in questo mercato che sta diventando sempre più complesso e ricco di evoluzioni che non possono prescindere dalla nostra consapevolezza e crescita professionale. Oggi i governi, le amministrazioni e i cittadini chiedono ai tecnici del Pest Control di operare in modo sempre più razionale e sostenibile, e di questo ci dobbiamo occupare. Di seguito vengono proposti dei piccoli riassunti, e alcune riflessioni, sui principali workshop che si sono svolti, proposti direttamente da alcuni dei relatori, nelle righe che ci hanno voluto restituire.

ALLUVIONI, ZANZARE, GESTIONE

DELLE EMERGENZE

“Alluvioni, inondazioni, fanno parte del nostro territorio. Cambia il terreno, la vita viene sommersa da una forza incontenibile, lo sguardo angosciato di chi sta vivendo questo dramma.

Così è iniziato il nostro rapporto con la Regione Emilia Romagna, la necessità di non aggiungere problemi su problemi. La Regione si trovava sommersa da acqua e nell’acqua, come sappiamo, le larve delle zanzare proliferano, pertanto era necessario intervenire per ucciderle, ma come se diverse zone non erano raggiungibili?

I prodotti Biocidi autorizzati per un uso insetticida e larvicida, che aiutano nella prevenzione delle malattie, prevedono un utilizzo attraverso spray, granaglie o altre forme fisiche difficili da utilizzare in questa circostanza,

a cura di Davide Di Domenico e Lorenzo Bellei Mussini Coordinatore tecnico scientifico e Coordinatore editoriale di AS - Ambienti Sani
di Raffaella Perrone - Direzione Generale dei Dispositivi medici del Servizio Farmaceutico, Ministero della Salute

pertanto grazie alla possibilità di intervenire con delle deroghe si è pensato di autorizzare l’utilizzo del drone per lo spargimento dei prodotti. La Regione ha accolto questa possibilità e da una deroga è nato un progetto, che ci ha permesso di valutare, anche per il futuro e possibilmente non in deroga, la possibilità di utilizzare questo mezzo per lo spargimento di insetticidi. A oggi non vi sono prodotti autorizzati che possono essere sparsi attraverso il drone, ma questa esperienza positiva, seppur nata da una tragedia, ci sta aprendo la strada verso un dialogo che potrebbe permettere in futuro una applicazione attraverso questo mezzo che è risultato essere preciso ed efficace”.

GESTIONE DEGLI INFESTANTI CON METODI BIOLOGICI

“Il PestMed 2024 ha superato le aspettative degli operatori a vario titolo coinvolti nel settore della gestione degli infestanti, e delle aziende di settore operanti lungo la filiera di questo processo.

I prodotti e le tecnologie esposte, l’afflusso e i contenuti dell’offerta convegnistica hanno riscontrato ampio interesse e grande partecipazione. Fra questi ultimi va segnalata la presentazione del Documento Tecnico A.N.I.D. circa la gestione degli infestanti con metodologie conformi alle produzioni biologiche e orientate alla sostenibilità e frutto del lavoro della commissione certificazioni della stessa associazione che ho avuto

il privilegio di coordinare. L’interesse mostrato dalle aziende di servizi, ma anche dai destinatari di queste attività presenti in grande numero durante il convegno tenutosi su questo argomento, ha indotto l’associazione nazionale a proporre due doppi appuntamenti. Un convegno rivolto a tutti i portatori di interesse ed un corso di aggiornamento rivolto ai tecnici e agli operatori chiamati ad intervenire nei contesti di tipo biologico. Il primo a maggio presso l’Università Cattolica di Piacenza e il secondo a novembre all’Università degli Studi di Foggia. Per l’orientamento normativo e le buone prassi operative per la gestione degli infestanti lungo le filiere produttive richieste dalle norme dell’Unione Europea, non solo nell’ambito del biologico, ma anche in quello convenzionale richiedono figure professionali sempre più preparate ad erogare servizi con sostanze di origine naturale e con evitino o limitino al possibile l’impatto sull’ambiente e sul clima. Per tali motivazioni il Disciplinare è gli appuntamenti tecnici divulgativi proposti rappresenteranno una opportunità di crescita”.

LA SANIFICAZIONE & DISINFESTAZIONE NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE

“Per Coop, Sanificazione e Pest Management sono due attività di prevenzione fondamentali per garantire la sicurezza dei prodotti alimentari venduti. L’impegno su questi temi parte da una buona progettazione e manutenzione delle strutture e delle attrezzature e dalla definizione e dal costante aggiornamento di un capitolato di accordi con le imprese esterne, continua con l’esecuzione di audit e presidi specifici per la verifica del rispetto del capitolato da parte delle funzioni qualità di Cooperativa (una sessantina di persone) o di figure esperte, per finire con un impegno

di Lucia Tortoreto - Coop Italia, Direzione Qualità e Sostenibilità Responsabile Rete e Servizio Clienti

costante alla formazione e sensibilizzazione del personale di punto vendita e magazzino. La grande distribuzione presenta indubbiamente delle caratteristiche che hanno un impatto sullo svolgimento efficace di questa prevenzione: il numero elevato di strutture (2.236 punti vendita Coop), con diverse metrature e dislocazioni di ambiente e distribuzione geografica, l’alta varietà di merce in vendita e l’ingente numerosità e il veloce turn over dell’organico. È quindi necessario che si crei una vera e propria partnership tra Coop e l’impresa di servizio, che svolga un’efficace analisi del rischio, grazie alle sue competenze tecnico-scientifiche, alla professionalità e formazione di tutto il suo personale e ad una comunicazione informatizzata semplice e veloce”.

L’INDUSTRIA PASTARIA:

SISTEMI DI PREVENZIONE & DISINFESTAZIONE

“Le infestazioni sono uno dei principali fattori di rischio che i pastifici da sempre si trovano ad affrontare. L’approccio negli anni si è evoluto dalla logica di correzione a quella di prevenzione. In questo processo ha un ruolo fondamentale la collaborazione con i fornitori dei servizi di pulizia e di disinfestazione. Il continuo presidio degli ambienti, la veloce rimozione degli sfarinati che si possono accumulare e una profonda conoscenza dei comportamenti e dei cicli vitali degli insetti sono gli indispensabili presupposti per una gestione efficace del rischio di infestazione.

di Paolo Guerra - Responsabile Commissione Certificazione A.N.I.D.

di Sergio De Gennaro - Responsabile

Qualità Pastificio Lucio Garofalo S.p.A.

Al contempo anche la grande distribuzione ha avviato un percorso equivalente che ha condotto a una maggiore consapevolezza delle dinamiche di questi spiacevoli episodi. Sicuramente, ma inevitabilmente, i consumatori rimarranno l’anello debole in questo processo di crescita e l’ambito in cui è auspicabile il contributo di tutti per diffondere i principi base di prevenzione”.

LA GARANZIA DI QUALITÀ NELLA

RISTORAZIONE

“Fare ristorazione è complesso ma affascinante. Spesso è richiesta elevata velocità per analizzare un elevato numero di informazioni in tempi estremamente “compressi”.

La complessità e la gestione di Punti di Vendita e Ristoranti distribuiti su tutto il territorio nazionale richiede un adeguata programmazione, pianificazione e monitoraggio di tutte le attività contemplate dai Processi Aziendali e loro standardizzazione. Tra i Processi Aziendali rilevanti resta incluso il Processo di gestione del Pest Management. Una adegua -

ta gestione delle tematiche afferenti al Pest Control contempla anche un continuo confronto con le società delegate allo svolgimento del servizio di fornitura. Da sempre il perimetro della ristorazione italiana ed estera di Chef Express, RoadHouse Restaurant ed i suoi brand ha come priorità la garanzia di elevati standard afferenti alla Sicurezza Alimentare a tutela di Clienti e Lavoratori Aziendali”.

PEST MANAGEMENT BIO, UN

CONNUBIO TRA SICUREZZA E NATURA

“La tematica del workshop ha alimentato numerosi spunti da sviluppare nella filiera alimentare per le aziende di trasformazione ma altrettanto importanti da considerare per le aziende di Pest Control. [...] Personalmente, non piace chiamare le aziende di Pest Control “i disinfestatori” in quanto il servizio offerto va ben oltre la disinfestazione che deve essere considerata come un aspetto che è parte di una serie di attività a tutela del sito in cui si opera. Per questo tracciando il profilo di aziende di Pest Control e Aziende alimentari posso precisare che:

• Le aziende di Pest Control devono essere innovative, competenti, organizzate, disponibili, pratiche, critiche, appassionate e motivate e in sostanza devono mantenere una propria identità professionale;

• le aziende di Trasformazione nella filiera alimentare devono avere: una strategia di pest prevention,

scegliere le aziende di Pest Control non solo basandosi sull’aspetto economico, adattarsi e adattare le strategie in base al contesto e ai suggerimenti dell’azienda di pest prevention, saper innovare e rinnovare continuamente il proprio sistema di pest prevention.

Aver lavorato per il workshop insieme a Coop Italia e Alce Nero ha permesso un utile confronto tra diverse aziende alimentari nella filiera e sottolineo l’importanza di continuare in questa direzione con ulteriori confronti futuri, sponsorizzati da A.N.I.D., per lavorare su un intento comune di Pest Prevention consapevoli delle sfide che ci attendono quali i cambiamenti climatici, le necessità di effettuare trattamenti biologici sostenibili, riduzione dei pesticidi e diverse lavorazioni del terreno in agricoltura. Ringrazio Davide Di Domenico per il supporto all’evento e per l’importante ruolo di tecnico scientifico di A.N.I.D. per la continua promozione di tematiche attuali e del prossimo futuro”.

PREVENZIONE E TUTELA DELLA

SALUTE DEGLI OPERATORI E DEI CONSUMATORI: IL RUOLO DELLA DISINFESTAZIONE E SANIFICAZIONE

“È quantomai urgente avere piena consapevolezza delle principali evidenze epidemiologiche e fisiopatologiche che inquadrano l’inquinamento atmosferico e non solo, come fattore di rischio maggiore, anche al fine di

di Sergio Castellano - Direttore Qualità & Sostenibilità Chef Express
di Mirko Frignani - Supply Chain Quality Manager NESTLÉ PURINA
di Alfio Amato - Specialista in Angiologia Medica, Docente Neurosonologia Università di Bologna

promuovere iniziative finalizzate sia a strategie di prevenzione secondaria a livello individuale sia a politiche di prevenzione primaria finalizzate a tutelare la salute pubblica. Il Global Burden Disease nella Lancet Commission ha infatti indicato l’inquinamento atmosferico da particolato al quinto posto tra i fattori di rischio sanitario a livello globale. Gli effetti dell’inquinamento si sommano a quelli dei principali fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, fumo, obesità, insulino-resistenza, dislipidemia) e amplificano il danno a livello vascolare favorendo la progressione della placca aterosclerotica. Per quel che concerne l’esposizione ai pesticidi, invece, essa è stata associata al declino cognitivo e alla demenza. Le prove proposte illustrano come l’esposizione a contaminanti ambientali, in particolare ai pesticidi, possa rappresentare un fattore di rischio ecotossicologico e per la salute del cervello. Il fatto è che la stima dell’esposizione ai pesticidi viene spesso effettuata senza misurare gli effetti sinergici delle sostanze tossiche. Da qui, la necessità di prestare massima attenzione alla relazione tra inquinamento atmosferico e impiego dei pesticidi, una tematica che merita massima attenzione da parte delle autorità sanitarie e non”.

L’INURBAMENTO DELLE SPECIE

SELVATICHE IL PUNTO E LE PROSPETTIVE DI CONVIVENZA

“Il fenomeno dell’inurbamento delle specie selvatiche è in costante espansione da diversi decenni. Le cause di questo fenomeno sono diverse e complesse, ma possono essere ricondotte principalmente a tre ambiti principali: i cambiamenti climatici, la diffusione delle specie esotiche e il rapido processo di urbanizzazione. In particolare, in Italia, osserviamo un inurbamento di specie animali che fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile in conte -

sti urbani o fortemente antropizzati. Come relatore alla fiera PestMed, tenutasi a Bologna lo scorso 1° marzo 2024, ho avuto l’opportunità di discutere di tematiche cruciali legate alla protezione della biodiversità e a città sostenibili. Durante la mia presentazione, ho evidenziato l’importanza di affrontare questo fenomeno in modo proattivo, adottando strategie di conservazione degli habitat naturali e promuovendo una coesistenza armoniosa tra le specie selvatiche, le specie domestiche, le specie aliene e

le comunità umane, evidenziando le criticità. Perché i selvatici si avvicinano alle città? Cattiva gestione dei rifiuti. Il consumo di suolo. Disturbo da parte delle attività umane. Agricoltura industriale e perdita di habitat. A causa delle attività umane e dei cambiamenti climatici sempre più

specie si troveranno inevitabilmente a convivere nei nostri centri urbani, questo cambiamento richiede un approccio bilanciato che tenga conto delle esigenze degli animali stessi e della comunità umana. L’eradicazione di questi animali come talvolta viene annunciata non è sempre la soluzione migliore, perché mantenere questa condizione nel lungo termine può essere costoso e soprattutto le specie possono continuare a essere reintrodotte accidentalmente o diffondersi per altri motivi.

Bisogna definire un piano d’azione per affrontare il problema delle specie alloctone in modo efficace e completo, come ad esempio: Preservare e ripristinare gli habitat naturali. Educazione e sensibilizzazione. Conservazione della biodiversità: Le città possono offrire habitat importanti per numerose specie animali. La creazione di corridoi ecologici consente agli animali di spostarsi tra questi habitat, aumentando la diversità biologica e contribuendo alla conservazione delle specie, di fauna e flora. La presenza di una fauna selvatica sana e diversificata all’interno delle città contribuisce a migliorare la qualità complessiva anche della nostra vita. Gli animali contribuiscono a far circo -

lare sostanze nutritive nell’ambiente, che possono fertilizzare il terreno e aiutare le piante a crescere. Gli animali svolgono ruoli cruciali nel controllo delle popolazioni di insetti e nella impollinazione delle piante.

“Rete Natura Urbana” potrebbe includere parchi urbani, aree verdi, corridoi ecologici lungo fiumi, ferrovie e strade, tetti verdi, giardini pensili e altre strutture che offrono habitat e risorse per le specie selvatiche. Inoltre, potrebbe essere collegata a parchi naturali e riserve più ampie al di fuori delle aree urbane, contribuendo a creare un continuum di habitat che favorisce la dispersione e la migrazione delle specie. L’implementazione di una Rete Natura Urbana richiederebbe la cooperazione tra enti pubblici, privati e comunità locali, oltre a politiche e regolamenti che favoriscano la conservazione della natura nelle città. Ma sicuramente è un’idea che potrebbe portare a una migliore qualità della vita per gli esseri umani e la fauna urbana, promuovendo una convivenza armoniosa e sostenibile. In definitiva, la connessione con il mondo naturale è fondamentale per il benessere umano su molteplici livelli: fisico, mentale, emotivo e spirituale”.

RISTORAZIONE COLLETTIVA, INDUSTRIA ALIMENTARE E SANIFICAZIONE

“Un incontro costruttivo ed interessante in cui si è evidenziato, ancora una volta, la centralità del settore dei servizi e in particolar modo della risto -

razione collettiva. Un settore impegnato quotidianamente nella produzione di alimenti sicuri ed equilibrati. Questa tavola rotonda ha evidenziato l’importanza della collaborazione e la sinergia tra questi diversi settori della famiglia dei servizi integrati per affrontare le sfide emergenti e garantire la tutela di operatori e consumatori. Due i temi principalmente emersi dal confronto. Come la sicurezza alimentare è un asset fondamentale per la politica alimentare del made in Italy, disinfestazione, disinfezione, sanificazione e servizi di ristorazione collettiva, garantiscono quel cibo pubblico erogato quotidianamente a studenti, degenti, militari e impiegati in modo sano attraverso la professionalità e le competenze di aziende e addetti, elementi che vanno rafforzato con percorsi formativi, policy e figure professionali bene definite. I grandi cambiamenti sociali politici ed economici degli ultimi anni hanno comportato conseguenze critiche sui mercati in particolar modo sulle dinamiche dei prezzi dovute all’innalzamento dei costi alla fonte (in particolare quelli alimentari) e il loro complicato riconoscimento nelle norme previste dall’attuazione del codice appalti”.

OPPORTUNITÀ ED ESIGENZE NEL

PESTMANAGEMENT DEI PAESI

ESTERI: SPAGNA, ASIA, E INDIA “La disinfestazione europea ha svolto un ruolo rilevante nell’ambito delle tematiche affrontate nei tre giorni della fiera. Già all’inaugurazione, il presidente del CEPA, la Confederazione Europea dell’Industria della Disinfestazione, ha ribadito nella seduta di apertura la necessità di riconoscere la professionalità dei disinfestatori come attori esclusivi della protezione della vita delle persone, dei beni e delle proprietà considerabili in ogni aspetto della vita. Il principio di prevenzione adottato nell’ambito del controllo degli infestanti, è infatti

mirato alla salvaguardia della salute umana, attuando tutte le strategie igienico sanitarie che prevengano le possibili forme di contaminazione. In pratica il disinfestatore professionista è in grado di mitigare i rischi da contaminazioni al punto di scongiurare l’assistenza medica, per la trasmissione di agenti patogeni veicolati dagli infestanti. I tre capisaldi sostenuti da CEPA partono dal principio di eccellenza a cui i disinfestatori professionisti mediante formazione continua e l’adozione di gestioni virtuose certificate tramite lo standard EN 16636. [...] Questo implica il secondo impegno che ogni azienda di disinfestazione deve sostenere ovvero la formazione continua del proprio personale ed in particolare dei tecnici addetti al controllo degli infestanti.

Oggi più che mai la conoscenza della biologia degli infestanti, delle attrezzature da utilizzare, dei biocidi e della gestione dei rifiuti sono essenziali per attuare strategie efficaci, che mirino all’osservazione per la ricerca puntuale delle criticità, attuando azioni “chirurgiche” solo laddove sia indispensabile applicare un biocida, nell’ottica di disinfestazioni sostenibili ed ecocompatibili. [...] Il terzo caposaldo è la necessità di sostenere le attrezzature necessarie all’attività del disinfestatore, sostenendo di fatto l’intero indotto dell’industria del Pest Control”.

Davide Di Domenico e Lorenzo Bellei Mussini
di Paolo Valente - Segretario Generale ANIR
di Monica Biglietto - Vicepresidente CEPA

LE ISTRUZIONI OPERATIVE A.N.I.D.

Una rubrica tecnico operativa dove gli esperti del settore illustrano l’importanza del Pest Control per ambiente e salute

Come la comunicazione può fare la differenza tra un cliente soddisfatto e fedele e un cliente perso

Operatori di sanità ambientali, o anche di sanità mentale?

Ogni giorno il nostro lavoro è occuparci di rendere sani gli ambienti da problematiche legate agli infestanti e alle infezioni, a volte però oltre che essere operatori di sanità ambientale siamo chiamati anche a occuparci a volte della “sanità mentale” dei nostri interlocutori perché gli infestanti e/o le infezioni possono causare nei clienti ansia, preoccupazione fino a vere e proprie crisi legate alle fobie. Come possiamo svolgere il nostro lavoro in modo professionale e curare anche la parte della serenità mentale di chi ci contatta per un problema con gli infestanti e/o le infezioni?

Il segreto è la comunicazione

Nel senso che, con quello che diciamo, come lo diciamo e il senso di quello che diciamo possiamo fare la differenza tra un cliente sempre più preoccupato e quindi non ci sceglie e uno che si affida totalmente alla nostra professionalità con la completa fiducia di

veder risolto il suo problema. Innanzitutto partiamo da un assioma formulato da Paul Watzlawick (1921-2007), psicologo, filosofo e teorico della comunicazione nel suo libro “Pragmatica della comunicazione umana” che è il seguente: “Noi non possiamo non comunicare” nel senso che ogni comportamento, dal contenuto verbale, al para-verbale ovvero a come lo diciamo (tono, volume, ritmo e timbro, le pause), e al linguaggio del corpo, può essere interpretato come un messaggio e influenzare positivamente o negativamente l’interazione fra due o più individui anche senza rendercene completamente conto e in modo involontario. La differenza sostanziale la fa il fatto che il nostro cliente deve riconoscerci l’autorevolezza per risolvere il suo problema. Secondo il sociologo americano Robert Cialdini, quando riconosciamo in qualcuno l’autorevolezza, tendiamo a fidarci di lui e a seguire le sue indicazioni. A volte però tutta la nostra professionalità viene offuscata da quello che

diciamo e questo ci fa perdere autorevolezza agli occhi del nostro cliente. Stiamo parlando di alcune parole di uso comune, magari fanno parte da sempre del nostro linguaggio di ogni giorno ma, involontariamente e con le migliori intenzioni magari per voler essere gentili, accondiscendenti ecc. hanno di fatto l’effetto di “avvelenare “la conversazione e per questo sono definite “parole tossiche”. Questo può causare esiti disastrosi: perdita di credibilità, discussioni e fraintendimenti.

Le parole tossiche

- Provare, cercare Esempio: “allora adesso proviamo a capire cosa e successo e cerchiamo di risolvere il problema! Se devi andare a tentativi sicuramente stai trasmettendo con le tue parole insicurezza e certamente questo “avvelena” l’opinione che il cliente si sta facendo di te. Meglio “adesso mettiamo in campo tutte le risorse avanzate e più efficaci per risolvere la situazione nel miglior modo possibile”.

di Salvo Bosco Tecnico A.N.I.D.

- Mi sono spiegato? Ha capito?

Quando per essere gentili e chiediamo a chi ci ascolta un feedback usiamo “ha capito”, di fatto stiamo implicitamente affermando che chi ci ascolta potrebbe non aver capito o non essere in grado di capire, mettendo automaticamente in dubbio la sua intelligenza. Quando invece poniamo la domanda “mi sono spiegato?”, stiamo mettendo in dubbio la nostra capacità di spiegare un argomento di cui invece dovremmo essere padroni completamente e parlarne chiaramente per ore. Considerato che è fondamentale ed è importante verificare, prima di procedere avanti con l’argomento in questione, dobbiamo accertarci che i concetti che abbiamo espresso siano arrivati a segno. Quali parole usare allora per ribadire i concetti ed essere sicuri che sia tutto chiaro nella mente del nostro interlocutore? Tre semplici domande come: “Tutto ok? “, oppure “Avete domande fino a questo punto?” e “tutto chiaro?”, ci fanno ottenere eventuali riscontri mantenendo la nostra professionalità e autorevolezza espressa fino a quel momento.

- Spero, speriamo “Chi di speranza vive, disperato muore”, se sei convinto del tuo prodotto o servizio, non speri nulla. Se “speri” allora significa che dentro di te non sei convinto al 100% del tuo lavoro e delle tue idee. Anche se lo sei, se usi queste parole, ai tuoi clienti potrebbe arrivare un messaggio diverso. “speriamo di riuscire”, “speriamo di capire che cosa è successo” e “speriamo di risolvere”... lo capisci anche tu, ora, a pelle, che stonano molto con il concetto di autorevolezza.

- Scusarsi e altre parole tossiche Spesso iniziamo proprio una conversazione, spesso al telefono con “scusa se ti disturbo”! Se ci scusiamo significa che stiamo facendo qualcosa che non va, di sbagliato. Se poi la abbiniamo alla parola “disturbo”, il danno è fatto! Questo perché ogni parola è una neuro-associazione, ovvero il nostro cervello è obbligato a rappresentarsi mentalmente quanto ascoltato. Facciamo ora insieme un esercizio: pensa alla parola “disturbo”, chiudi gli occhi e ripetila più volte, porta l’attenzione alle rappresentazioni mentali che potrebbero comparire. Fatto? Hai notato le sensazioni che hai provato, il fastidio che ha suscitato in te questa parola? Ecco, è la stessa cosa che avviene nella mente del tuo interlocutore. La soluzione? Prova questa: “Buongiorno (nome), ti trovo in un momento libero?”

Interessante, vero? Hai appena compreso qual è il nemico dell’autorevolezza e come ucciderlo: basta semplicemente sostituire le parole tossiche con le parole virtuose! Se per te usarle è un manierismo e non

te ne rendi conto, chiedi a un amico, familiare o collega di farti notare tutte le volte che le use cosi da acquisire la consapevolezza; ti sorprenderai delle volte che inconsapevolmente le utilizzi e questo sarà il primo passo per eliminarle dal tuo linguaggio.

Sicurezza

Inconsciamente l’uomo è attratto dalle persone sicure, quindi se ci sentiamo nervosi e agitati trasmetteremo invece insicurezza e questo nuoce all’autorevolezza. Essere “centrati” e con un sorriso sincero è un ottimo biglietto da visita. Ricordiamoci che “Non esiste un secondo momento per fare una buona prima impressione”.

Ascolto attivo

Purtroppo, di solito ascoltiamo per rispondere ovvero mentre il nostro interlocutore parla noi stiamo pensando a come rispondere e cosa dire. In questo modo ci perdiamo “pezzi” importanti della sua comunicazione. Questi “pezzi” ci serviranno per ripeterli, magari con delle parafrasi oppure verbalizzando il tuo assen -

so (“capisco”, “certo” ecc.). L’ascolto attivo è un’abilità che ti permette di creare rapidamente un clima positivo con il tuo cliente e che agevola moltissimo la comprensione della situazione e dona serenità a entrambi. Inoltre fare domande aperte, ad esempio “secondo lei cosa ha causato l’infestazione”, oppure “cosa è cambiato nella routine della struttura”, possono darci indizi preziosi per capire la situazione e risolvere il problema.

Conclusione

In tutti i casi ricordiamoci che siamo risolutori di problemi e anche lo stato d’animo dei nostri clienti è nostra responsabilità pertanto prestiamo attenzione a quello che diciamo, a come lo diciamo e a come ascoltiamo, questo farà tutta la differenza del mondo nella mente del nostro cliente e ricordiamoci un altro assunto “A parità di qualità vince chi lo comunica meglio”!

Bibliografia

• Strategie per vendere, Integra srl, 2020. www.integracorporate.it

• Paul Watzlawick (1921-2007), psicologo, filosofo e teorico della comunicazione nel suo libro: Pragmatica della comunicazione umana;

• Testo di riferimento: P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Roma, Astroabio, 1971;

Anticoagulanti e fauna

selvatica: il caso dei lupi

La complessità è una caratteristica distintiva del nostro paese e delle attività che vi insistono. Il territorio italiano per orografia, idrografia e abbondanza di tipologie di ambiente è estremamente articolato tanto che dal punto di vista naturale è un incredibile hot spot della biodiversità. Ne sono recenti testimonianza le espansioni naturali dall’Austria di specie come il castoro (Castor fiber) dopo un’assenza di oltre 500 anni (in aggiunta alle reintroduzioni non autorizzate in centro Italia) o dell’areale del lupo (Canis lupus) la cui popolazione oggi si stima possa aver superato le 3.600 unità quando negli anni ’70 si ipotizzava che non fossero

più di un centinaio. Non si può dimenticare che la ricchezza in specie del nostro paese è anche dovuta allo sforzo continuo di tutela e salvaguardia delle specie protette, a rischio o minacciate. L’altro aspetto della complessità è legato alla distribuzione delle città e delle attività economiche, spesso di grande valore aggiunto, come il comparto agroindustriale o manifatturiero. È proprio l’incontro tra la tutela della salute pubblica e delle imprese da una parte e la salvaguardia della fauna selvatica dall’altra che è di difficile gestione. Un aspetto poco conosciuto ma estremamente importante è il controllo delle specie infestanti - in particolare dei roditori - e delle conseguenze che questo può portare a specie protette come il lupo. Proprio questo aspetto è stato indagato da un recente lavoro portato avanti negli ultimi anni da un gruppo di ricercatori di diversi atenei e istituti del centro-nord Italia e di Sassari. Lo studio parte dal fatto che è uso comune in Italia per il controllo dei roditori infestanti (in particolare Mus musculus, Rattus rattus e Rattus norvegicus) l’impiego di prodotti anticoagulanti di seconda generazione. I principi attivi di questi formulati commerciali - in massima parte bromadiolone, brodifacoum e difenacoum - hanno però la caratteristica di essere Persistenti, Bioaccumulabili e Tossici (PBT) e possono quindi portare all’accumularsi in altri animali che si sono nutriti diretta-

mente delle esche rodenticide oppure che si sono nutriti dei roditori morti o morenti per aver ingerito sostanze anticoagulanti (Figura 1).

Il caso del lupo

Lo studio, pubblicato su Science of The Total Environment, mira ad approfondire l’impatto degli anticoagulanti sulla fauna selvatica di grandi dimensioni come i lupi, ed è il primo lavoro condotto a livello Europeo su carnivori di grossa taglia. La ricerca ha coinvolto diverse regioni italiane: Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. In questi territori la densità dei lupi a varia da 4,9 a 13,2 individui ogni 100 kmq e il paesaggio è molto diversificato: si trovano ampie aree rurali, urbane e suburbane e parchi nazionali (Figura 2).

Sono state analizzate le carcasse dei 186 lupi rinvenuti dalle autorità nel periodo 2018-2022. I campioni sono stati sottoposti ad autopsia ed esami tossicologici per rilevare la eventuale presenza di coagulopatie e di rodenticidi, in particolar modo accumulati a livello del fegato. Sulla base dei ri-

Figura 2 - Distribuzione dei lupi trovati morti nell’area di studio e risultati negativi (punti bianchi) o positivi (punti rossi) ai rodenticidi anticoagulanti (AR). Sono evidenziate le province delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Toscana interessate dalla raccolta dati. La posizione dell’area di studio in Italia è mostrata nella figura in basso a sinistra. Immagine: dalla pubblicazione

di Lorenzo Donati Ufficio Tecnico Bleu Line area Centro Nord e Sardegna

sultati, sono stati elaborati anche dei modelli previsionali per determinare in quali ambienti i lupi siano più esposti agli anticoagulanti. Il 61,8% dei campioni analizzati (115 su 186) è risultato positivo alla presenza di almeno un principio attivo rodenticida e 19 di questi lupi sono morti a causa di coagulopatie (Tabella 1).

I principi attivi più rappresentati sono stati il bromadiolone e il brodifacoum (61 casi ciascuno), seguiti dal difenacoum. In diversi casi si è però rilevata la presenza di più principi attivi contestualmente (2, 3 e anche 4). Questo testimonia l’alta capacità di queste sostanze di penetrare le reti trofiche fino ad arrivare alle specie considerate top predator, come i lupi (Tabella 2 - Figura 3).

L’altro dato particolarmente significativo è che i lupi rinvenuti nelle aree antropizzate hanno maggiore probabilità di risultare positivi a due o più sostanze anticoagulanti di quelli rinvenuti in zone più remote, soprattutto nel periodo che va dalla fine dell’estate alla fine dell’inverno ovvero quando l’attività dei roditori interessa maggiormente i fabbricati. Dal 2020 in avanti in particolare questo rischio si è accentuato (Figura 4).

La lettura d’insieme di questi risul-

Tabella 1

tati porta a diverse considerazioni. La prima è che, soprattutto in aree antropizzate, i lupi predano i roditori molto più di quanto si fosse immaginato in passato e le principali prede sono le nutrie e i roditori sinantropici come topi e ratti. Le nutrie - a differenza di topi e ratti - non possono essere controllate con l’utilizzo di derattizzanti. Pur trattandosi di una specie alloctona dannosa per gli ecosistemi acquatici e gli ambienti antropizzati (per via dei danni alle colture e agli argini dei fiumi) le grandi popolazioni di nutrie sono state considerate dalla legge 157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per l’esercizio dell’attività venatoria” come fauna selvatica in quanto viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale. Per questo motivo esistono dei piani regionali ad hoc per il controllo della nutria basati sul Piano di gestione nazionale della nutria che però sono estremamente complessi da attuare. Resta il fatto che alcuni giornali locali hanno riportato la notizia del ritrovamento di bocconi avvelenati abbandonati a questo scopo. Questa pratica scorretta era molto in voga in passato - e tutt’ora non si può escludere che avvenga nonostante sia

Numero di campioni positivi a uno, due, tre o quattro sostanze attive contemporaneamente

3 sostanze anticoagulanti

4 sostanze anticoagulanti 16

2

Numero di campioni risultati positivi a ogni sostanza attiva

Sostanza rilevata

espressamente proibita - ed è molto difficile stimare la reale portata di questo evento. Basti pensare che il comune di Parma in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna IZSLER ha pubblicato sul proprio sito una guida per riconoscere i bocconi avvelenati: oltre il 70% dei campioni dei sospetti bocconi avvelenati consegnati all’IZSLER per la loro analisi è risultata negativa. Per certo i lupi risultati positivi agli anticoagulanti devono essersi nutriti o direttamente di esche sparse irresponsabilmente sul territorio o di roditori che avevano già consumato tali esche. La seconda considerazione deriva dalla prima: la penetrazione di queste sostanze attive nella rete trofica potrebbe minacciare in termini di conservazione le popolazioni di lupi italiane ed europee e anche quella di altri carnivori e rapaci. In ultimo dai dati empirici si può immaginare che la gestione dei prodotti rodenticidi anticoagulanti di seconda generazione per il controllo dei roditori sinantropici non avvenga sempre in maniera corretta, soprattutto in relazione al fatto che questi prodotti non agiscono in maniera specifica sui soli organismi bersaglio (Mus musculus, Rattus rattus e Rattus norvegicus) e sono di facile reperimento sul mercato.

Le norme di riferimento

Proprio la pericolosità intrinseca dei rodenticidi anticoagulanti sono disponibili numerosi documenti ufficiali in materia di derattizzazione: le linee guida nazionali come il rapporto ISTISAN 15/40 del 2015 (e successive modifiche) le ordinanze ministeriali, i regolamenti nazionali le direttive europee. Un’ordinanza particolarmente

Tabella

importante è quella del 9 agosto 2023 e successive proroghe del Ministero della Salute che vietano l’impiego di esche rodenticide in maniera impropria e soprattutto l’abbandono di bocconi avvelenati. Il Regolamento (UE) di riferimento (che affianca altri regolamenti come il CLP e il REACH) è il n. 528/2012 “Biocidi” (e il relativo decreto sanzionatorio n. 179/2021). Questo impone che tutti i prodotti rodenticidi vengano registrati all’interno del gruppo 3 “Controllo degli animali nocivi” nell’insieme PT14 “Rodenticidi” e indica quali tipologie di derattizzanti possono essere impiegate e in che modo definendo tre categorie di utilizzatori. Il primo è quello dei Trained Professional ovvero i professionisti formati di aziende di disinfestazione e derattizzazione, il secondo è quello dei Professional che sono persone che in ambito lavorativo utilizzano saltuariamente questi prodotti (allevatori, agricoltori, personale di industrie alimentari ecc.) e il terzo è il General Public inteso come i privati cittadini. In linea generale sono destinati alle prime due categorie dei prodotti che contengono oltre i 30 ppm di sostanza attiva mentre per il pubblico generico i formulati commerciali devono contenerne un quantitativo inferiore e possono es-

sere venduti in confezioni dal peso contenuto: non più di 300 grammi di blocchetti o di 150 grammi di pasta o mix di cereali/pellet (contenuti in bustine pre-dosate). All’articolo 5 “criteri di esclusione” si trovano una serie di criteri che impongono l’uscita dal mercato di molto prodotti perché tossici per la riproduzione o PBT (Persistenti, Bioaccumulabili e Tossici) o vPvB (molto Persistenti, molto Bioaccumulabili) categorie all’interno delle quali ricadono i prodotti rodenticidi di questo tipo: perché allora sono ancora permessi? La risposta è che questi prodotti sono ritenuti essenziali per una efficace lotta ai roditori come vettori di patogeni (o comunque forieri di gravi pericoli per la salute umana e/o animale) e che la mitigazione del rischio venga effettuata direttamente da chi li impiega. Recentemente è stata pubblicata la Decisione di esecuzione (UE) 2024/734 che posticipa la data di scadenza dell’approvazione degli anticoagulanti di seconda generazione al 31/12/2026. Tutti i prodotti

commerciali rodenticidi riportano in etichetta anche la durata massima del trattamento di derattizzazione - di norma intorno ai 35 giorni - ma i soli professionisti formati, dopo aver condotto una analisi del rischio del sito e della infestazione e a determinate condizioni (e comunque solo in presenza di attività infestante in corso), possono prorogare il piano di lotta. Vi sono comunque da rispettare alcune prescrizioni come mitigazione del rischio di diffusione di sostanze tossiche quali la rimozione dei roditori morti e l’applicazione delle esche rodenticide solo all’interno di erogatori di sicurezza (chiusi a chiave con l’esca fissata alla postazione e la postazione possibilmente fissata a terra) o all’interno di punti esca protetti e coperti che presentino un pari grado di sicurezza degli erogatori.

Gli autori della ricerca danno diversi spunti per gestire le criticità legate all’impiego di prodotti rodenticidi anticoagulanti suggerendo di limitarne la disponibilità ai cittadini, ridurre l’utilizzo di esche rodenticide anticoagulanti in modo permanente e incoraggiare il controllo integrato dei roditori. Come visto non è la mancanza di regole il problema, probabilmente è più l’assenza di un reale controllo da parte degli organismi preposti che andrebbe potenziata con una formazione mirata e aggiornata. Un ulteriore passo che gli autori propongono per comprendere ancora meglio il

Figura 3 - (dalla pubblicazione): Concentrazioni previste di brodifacoum (a) e bromadiolone (b), espresse in microgrammi per kg, tra aree con diversi livelli di antropizzazione
Figura 4 - Probabilità previste che i lupi risultassero positivi per un certo numero di rodenticidi anticoagulanti (AR), nel tempo

fenomeno è quello di avviare un monitoraggio paneuropeo per il lupo (e altri grandi mammiferi) basato su protocolli anatomopatologici e tossicologici standardizzati: questo pare essere una proposta assolutamente assennata per comprendere la reale portata di questo evento.

Lo stato dell’arte e le alternative A oggi i problemi principali sono la facile reperibilità dei prodotti anticoagulanti sul mercato anche da parte di non professionisti e l’impiego scorretto da parte di privati e aziende (del settore e non) che ne viene fatto senza che vi sia un reale controllo da parte degli enti competenti. Negli ultimi anni il settore delle disinfestazioni ha imboccato un lento e graduale processo di professionalizzazione grazie anche ad alcune certificazioni internazionali come la ISO 9001:2018 Sistemi di gestione per la qualità - Requisiti e la UNI EN16636:2015 Servizi Gestione e Controllo delle Infestazioni (Pest Management). Mentre in passato le esche anticoagulanti erano il solo strumento per la gestione delle popolazioni infestanti di roditori - almeno per le aree esterne - oggi la situazione è in continuo mutamento. Esistono infatti nuovi strumenti a disposizione del professionista formato e un’attenzione via via crescente non solo per le tecniche e i prodotti più sostenibili ma anche per una corretta derattizzazione che salvaguardi il più possibile anche l’animale bersaglio da inutili sofferenze.

Gli strumenti di più recente introduzione in questo settore sono i rodenticidi a base di colecalciferolo e postazioni multi-kill senza impiego di sostanze tossiche. Il colecalciferolo è una sostanza nota da tempo come rodenticida ma solo recentemente è tornata disponibile sul mercato con prodotti registrati per la lotta ai roditori infestanti e ha diversi vantaggi rispetto agli anticoagulanti di prima e seconda generazione. Il primo è che genera

una fase di anoressia nel roditore intossicato diminuendo i danni legate alle rosure e portandolo alla morte per ipercalcemia. Il secondo - e più importante - vantaggio è che il regolamento CLP non classifica la sostanza attiva come Persistente, Bioaccumulabile e Tossica (PBT) né come molto Persistente e molto Bioaccumulabile (vPvB) con una grande riduzione della probabilità di avvelenamento secondario da parte di animali non target come i lupi o altre specie selvatiche.Riguardo alle postazioni multi-kill occorre segnalare che già da tempo erano presenti sul mercato dispositivi multicattura per eliminare i roditori che non impiegavano sostanze rodenticide ma queste presentavano alcune criticità. Il roditore, una volta entrato nella postazione, cadeva dentro una botola e moriva per affogamento all’interno di un liquido antiputrefattivo, un tipo di eliminazione che non può essere definita incruenta oltre al fatto che il liquido non era impiegabile in qualsiasi contesto (es.: aziende alimentari ecc). Ora però esistono trappole multi-kill che possono eliminare numerosi roditori senza l’utilizzo di sostanze pericolose e con un meccanismo di uccisione incruento. Ne esistono di vari modelli, alcune dedicate esclusivamente al controllo del topo, altre per ratti.

Quelle per il controllo dei topi funzionano attirando il roditore all’interno della postazione tramite attrattivi alimentari e lì il roditore viene forzato a toccare alcuni elettrodi che lo eliminano istantaneamente. Il meccanismo della trappola poi ripone poi la carcassa all’interno di un sacchetto, riducendo ulteriormente la possibilità di predazione di topi che in precedenza potrebbero aver ingerito anticoagulanti. Quelle che invece hanno preso più piede per il controllo dei roditori di grossa taglia come i ratti funzionano in maniera completamente meccanica: la postazione è dotata di un sensore che percepisce la presenza del roditore all’interno del di-

spositivo e tramite una valvola viene azionato un pistone alimentato da una bombola di CO2 in pressione. Il roditore colpito dal pistone muore nel giro di pochi secondi appena fuori dal dispositivo o all’interno di un cassettino che alcuni di questi dispositivi hanno in dotazione. Per avere un controllo sempre più diretto e in tempo reale molti di questi dispositivi hanno poi delle APP e dei back-end dedicati in cui il professionista può verificare in qualsiasi momento il numero di catture o le criticità riscontrate. Gli obiettivi che Agenda 2030 propone per dare a tutti la possibilità di vivere in un mondo sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico devono spingere i privati, gli enti e le aziende professionali a considerare nella loro interezza tutte le azioni necessarie nella gestione degli infestanti, la protezione degli interessi della salute pubblica e delle imprese oltre ovviamente la tutela della fauna non bersaglio. Talvolta è necessario ricorrere a prodotti potenzialmente molto pericolosi e in questi casi l’attenzione alla mitigazione dei rischi deve essere molto alta, altre volte si potrà fare affidamento su prodotti e tecniche meno impattanti. Una sola regola non può mai essere derogata: l’utilizzo del ragionamento basato sull’analisi di dati oggettivi, da integrare per gestire con successo la coesistenza di infestazioni e specie selvatiche in uno stesso ambiente.

Una versione di questo testo col titolo “Anticoagulanti e fauna selvatica: il caso dei lupi” - da cui le immagini - è stata originariamente pubblicata dall’autore sulla testata divulgativa Pikaia (www. pikaia.eu).

A.N.I.D. presente all’evento “L’innovazione negli istituti agrari valorizzazione, prospettive e opportunità” in Molise

Il Presidente di A.N.I.D., Marco Benedetti, è intervenuto lo scorso 2 febbraio all’evento “L’innovazione negli istituti agrari valorizzazione, prospettive e opportunità”, che si è tenuto presso l’auditorium IIS “Pilla” di Campobasso in Molise. L’iniziativa, organizzata con gli istituti agrari del territorio molisano, ha rappresentato un ulteriore momento istituzionale per promuovere la creazione di un percorso scolastico e didattico quinquennale utile alla formazione della figura professionale del tecnico della disinfestazione e sanificazione.

Allerta dengue: occorrono azioni di sanità pubblica a carattere nazionale

L’emergenza dengue in Brasile e l’aumento globale dei casi hanno fatto innalzare l’allerta nei porti e negli aeroporti in Italia. Il Ministero della Salute ha emesso, a tale proposito, una specifica circolare per “Innalzamento livello di allerta relativamente alla diffusione della dengue presso i punti di ingresso italiani”. Il documento è stato messo a punto dal Coordinamento degli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (Usmaf-Sans). La febbre dengue è una patologia infettiva tropicale, trasmessa all’uomo attraverso la puntura di zanzare del genere Aedes. Il virus dengue appartiene infatti al gruppo degli Arbovirus ossia virus trasmessi all’uomo da insetti. La malattia è dunque infettiva ma non contagiosa. Non può quindi verificarsi trasmissione diretta fra esseri umani.

“Come già previsto dalla circolare del ministero della Salute del 28 settembre 2017, e in ossequio al Piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle arbovirosi (Pna) 20202025 raccomanda agli Usmaf-Sasn di vigliare attentamente - riporta la circolare del Ministero della Salute - sulla disinsettazione degli aeromobili e di valutare l’opportunità di emettere ordinanze per l’effettuazione di interventi straordinari di sorveglianza delle popolazioni di vettori e altri infestanti e di disinfestazione”. Il Presidente dell’Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfestazione - A.N.I.D., Marco Benedetti, ha commentato: “Tale situazione ritengo debba far riflettere gli organi preposti sull’opportunità di attuare un piano di controllo a carattere nazionale che superi le singole, numerose e variegate ordinanze emesse lungo tutto lo stivale”. Anche l’entomologo esperto in culicidi e docente A.N.I.D., Claudio Venturelli, ha fornito il proprio contributo scientifico sulla tematica: “È ormai accettato dal mondo scientifico

che il lento aumento della temperatura e i cambiamenti nelle condizioni ambientali contribuiscono alla dispersione di vettori di malattie come zanzare, roditori e zecche. Secondo l’OMS, l’80% della popolazione mondiale è a rischio di contrarre malattie trasmissibili da artropodi, gruppo al quale appartengono gli insetti”. “Visto com’è andato l’inverno, è necessario porre la massima attenzione e sorveglianza sull’avvio della stagione delle zanzare. Nei dati del monitoraggio invernale eseguito con ovitrappole in Emilia-Romagna a cura del Servizio Sanitario Regionale (visibile sul sito www.zanzaratigreonline.it) si è visto che l’attività di zanzara tigre durante il periodo invernale non si è mai arrestata del tutto. Questo fa supporre che avremo i primi focolai larvali con qualche settimana di anticipo rispetto agli anni passati. Inoltre, gli scienziati prevedono che il 2024 sarà un anno ancora più caldo a causa dell’evento El Niño e quindi i picchi di presenza delle zanzare saranno anticipati e prolungati nel tempo. Dal 1° gennaio al 4 dicembre 2023 risultano: 347 casi confermati di Dengue (82 casi autoctoni: Lodi 41 casi, Latina 2 casi e Roma 38 casi e 1 caso ad Anzio; 8 casi confermati di Zika Virus; 7 casi confermati di Chikungunya; 332 casi confermati di infezione da West Nile Virus (WNV). Sembra un bollettino di guerra - prosegue Claudio Venturelli - Segnali allarmanti a Rio de Janeiro sono stati registrati a gennaio 2024 quasi la metà dei contagi di dengue dell’intero 2023, nel 2024 nel Mondo 5,2 milioni di casi. La risposta alle emergenze climatiche dovrebbe includere automaticamente azioni di sanità pubblica attraverso un coinvolgimento diretto delle amministrazioni locali e degli operatori della disinfestazione allo scopo di ridurre la presenza di zanzare e mitigare i rischi di epidemie”.

A.N.I.D. e CEPA presenti a Madrid per Expocida 2024 al fianco di Anecpla

La dottoressa Monica Biglietto ha partecipato il 15 e 16 febbraio 2024, in rappresentanza di A.N.I.D. e del CEPA, ad Expocida 2024. Il congresso internazionale sul Pest Management e sulla Sanità Ambientale si è svolto a Madrid sotto l’egida di Anecpla (associazione nazionale spagnola delle imprese di sanità ambientale), presieduta da Sergio Monge. La due giorni spagnola, sotto la regia organizzativa impeccabile del direttore generale di Anecpla Jorge Galvan, ha rappresentato un prezioso momento per intrattenere intensi scambi di esperienze e confronti con particolare riferimento alle nuove frontiere scientifiche che comportano svolte significative anche nel mondo della disinfestazione e allo studio delle mutazioni genetiche degli infestanti per approcciare con una sempre maggiore consapevolezza all’efficacia dei controlli applicati. La seconda edizione del Premio Nazionale di Sanità Ambientale, inserita all’interno del programma di Expocida 2024, ha visto inoltre ribadire l’importanza di unire le forze a livello internazionale per sostenere con forza l’importanza dell’opera dei disinfestatori professionali a tutela della salute pubblica nella gestione degli organismi nocivi. A.N.I.D. e CEPA sono in prima linea nel supportare Anecpla nei suoi programmi pionieristici e innovativi nel Pest Management. A.N.I.D. attende il direttore generale di Anecpla e tesoriere del CEPA Jorge Galvan a PestMed Expo 2024, in programma a BolognaFiere dal

28 febbraio al 1° marzo, per proseguire l’avviato confronto costruttivo sul Pest Management.

Conclusione Corso per Tecnici del Pest Management - Pest Control da 88h primo semestre 20224

Si è concluso lo scorso 29 marzo con gli esami scritti e orali il Corso per Tecnici del Pest Management - Pest Control da 88h, relativo al primo semestre 2024, a cura dell’Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfestazione ed erogato attraverso Anid Servizi S.r.l. sotto il coordinamento della segreteria di A.N.I.D. e del referente scientifico dell’associazione Davide Di Domenico. I discenti hanno potuto fruire di 3 giorni di lezioni e laboratori formativi in presenza a Bologna, da martedì 26 a giovedì 28 marzo, con sessioni quotidiane da 8h ciascuna! Il percorso completo e il superamento dell’esame finale ha comportato il rilascio del certificato di formazione A.N.I.D.. Il programma ha toccato tutte le tematiche del Pest management, dalle basi scientifiche alle applicazioni tecnico pratiche, ed è stato incentrato sui temi della sostenibilità, eco-compatibilità e biohabitat in linea con le indicazioni europee per un’idonea gestione ambientale che non preveda il ricorso esclusivo alle sostanze chimiche. A.N.I.D. è già a lavoro sulla proposta formativa del secondo semestre 2024. Investire in formazione vuol dire alimentare la cultura di settore. La competenza è lo strumento principale per arrivare ad una reale professionalizzazione delle aziende.

Gestione infestanti con metodi biologici: il programma dei convegni e corsi A.N.I.D.

L’Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfestazione, attraverso Anid Servizi S.r.l., organizza una serie di iniziative formative interamente dedicate gestione degli infestanti con metodi biologici. Si riportano di seguito le date: 7 maggio - ore 15/18 - Università Cattolica del Sacro Cuore in via Parmense n. 84 a Piacenza: convegno “La gestione degli infestanti con metodi biologici e orientati alla sostenibilità”, rivolto ad aziende alimentari ed enti pubblici. L’ingresso al convegno è gratuito. Si richiede la conferma di partecipazione compilando l’apposito modulo, reperibile sul sito www.disinfestazione.org, da inviare all’indirizzo anid@disinfestazione.org 8 maggio - ore 9/12.30 - Università Cattolica del Sacro Cuore in via Parmense n. 84 a Piacenza: corso “Aspetti tecnici e operativi per la gestione degli infestanti in ambito biologico”, rivolto a operatori delle aziende di servizi privati e pubblici. La partecipazione prevede un costo di € 90,00 + IVA per gli associati ad A.N.I.D. e di € 150,00 + IVA per i non associati. Il modulo di adesione, reperibile sul sito www.disin-

festazione.org, debitamente compilato e la conferma del pagamento debbono essere inviati all’indirizzo anid@disinfestazione.org entro e non oltre martedì 30 aprile 6 novembre - ore 15/18 - Dipartimento Dafne dell’Università di Foggia in via Napoli n. 25 a Foggia: convegno “La gestione degli infestanti con metodi biologici e orientati alla sostenibilità”, rivolto ad aziende alimentari ed enti pubblici. L’ingresso al convegno è gratuito 7 novembre - ore 9/12.30 - Dipartimento Dafne dell’Università di Foggia in via Napoli n. 25 a Foggia: corso “Aspetti tecnici e operativi per la gestione degli infestanti in ambito biologico”, rivolto a operatori delle aziende di servizi privati e pubblici. La partecipazione prevede un costo di € 90,00 + IVA per gli associati ad A.N.I.D. e di € 150,00 + IVA per i non associati I convegni e i corsi saranno utili a illustrare il Documento Tecnico sulla lotta agli infestanti, elaborato da A.N.I.D., da applicare ai metodi produttivi biologici orientati alla sostenibilità. L’Associazione ha raggiunto questo importante risultato, attraverso l’impegno di una specifica commissione che ha tratto ispirazione dall’accordo instaurato con ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale per lo sviluppo di un esclusivo standard finalizzato alla certificazione del Pest Management sostenibile.

A.N.I.D. al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per modifica Decreto Ministeriale 274/97 e riconoscimento giuridico figura professionale operatore Pest Control

Il Presidente di A.N.I.D. e Vicepresidente di Confindustria Servizi

HCFS Marco Benedetti, congiuntamente al Vicepresidente di A.N.I.D. Lorenzo Toffoletto, è stato ricevuto nella giornata di mercoledì 20 marzo 2024 presso la sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy a Roma per tracciare l’iter amministrativo utile alla modifica del Decreto Ministeriale 274/97 e al riconoscimento giuridico della figura professionale dell’operatore del Pest Control. Le parti si aggiorneranno a breve per proseguire nel lavoro finalmente avviato. Le annose richieste dell’Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfestazione e Confindustria Servizi HCFS sono state dunque finalmente recepite con grande soddisfazione di tutte le parti in causa. A.N.I.D. e Confindustria Servizi HCFS confermano dunque di essere sempre in prima fila per rappresentare le istanze di tutto il settore, presso le sedi istituzionali e governative, a tutela delle aziende con l’obiettivo di dare continuità a questa attività nel tempo.

Il Presidente di A.N.I.D. Marco

Benedetti ospite a Uno Mattina su Rai Uno

Il Presidente dell’Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfestazione, Marco Benedetti, è intervenuto martedì 9 e mercoledì 17 aprile alla trasmissione Uno Mattina in onda su Rai Uno per parlare rispettivamente di zanzare, allerta dengue e roditori.

Gestione infestanti con metodi biologici: convegni e corsi A.N.I.D. a Piacenza e Foggia

Martedì 7 e mercoledì 8 maggio si è svolta una due giorni, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, interamente dedicata alla gestione degli infestanti con metodi biologici. L’iniziativa curata dall’Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfestazione, attraverso A.N.I.D. Servizi S.r.l., si è aperta con il convegno “La gestione degli infestanti con metodi biologici e orientati alla sostenibilità”, rivolto ad aziende alimentari ed enti pubblici, concludendosi con il corso dedicato agli aspetti tecnici ed operativi per la gestione degli infestanti in ambito biologico per operatori delle aziende di servizi privati e pubblici. Gli eventi hanno registrato la gradita presenza anche del Presidente di AIDPI, Enzo Colamartino. L’iniziativa è stata realizzata grazie anche al contributo economico delle aziende Colkim, India, Copyr, OSD HPC, GEA, Spray Team, Orma, Ekommerce che hanno sponsorizzato con grande entusiasmo il convegno e il corso formativo in programma. Il programma, proposto a Piacenza, sarà replicato il 6 e 7 novembre 2024 presso il Dipartimento Dafne dell’Università di Foggia.

Novità in casa Copyr

Il 2024 ha segnato un importante rinnovamento del catalogo Copyr dedicato ai professionisti della disinfestazione con nuovi prodotti, nuovi contenuti tecnici e nuovi consigli di utilizzo. Tra le novità spiccano Only PyTM Microcaps, complemento della linea Only PyTM, e il nuovo Goliath Gel New, che si uniscono a KenyaSafe Py Plus e al Nebulo EVO a Batteria per la nebulizzazione ULV.

La linea Only PyTM è stata studiata appositamente per contesti applicativi sensibili come scuole, ospedali e industrie alimentari, bar, ristoranti, ambienti zootecnici e industrie.

La linea si compone di tre prodotti in diverse taglie: ONLY PY concentrato, ONLY PY RTU (pronto all’uso) e ONLY PY MICROCAPS, novità per il 2024. ONLY PY concentrato è un liquido concentrato emulsionabile. Questo insetticida professionale offre una

soluzione efficace contro insetti striscianti e volanti. ONLY PY RTU è un insetticida liquido pronto all’uso in solvente acquoso. ONLYPY MICROCAPS è un insetticida concentrato microincapsulato ad ampio spettro d’azione. La microincapsulazione prevede una separazione fisica del principio attivo dal solvente (che in questo caso è l’acqua), garantendo quindi la stabilità del prodotto sia in forma concentrata che diluita. Contiene Piretro, un principio attivo di origine vegetale che si ricava dai fiori di una pianta della famiglia delle Asteraceae, il Tanacetum cinerariifolium, in grado di agire sia per contatto che per ingestione. Le microcapsule che contengono il Piretro sono realizzate con materiali di origine vegetale e libere da microplastiche. Le caratteristiche fisiche del formulato rendono l’insetticida ideale per la difesa degli ambienti do -

mestici, civili e industriali da insetti nocivi*. Per quanto riguarda la gestione delle blatte, invece, è stato inserito a catalogo Goliath Gel New, formulato di BASF distribuito da Copyr, che è un insetticida attrattivo efficace contro vari tipi di scarafaggi presenti in stadi di ninfe e adulti*. Queste novità hanno riscosso grande successo allo stand di PestMed 2024 a Bologna dove sono state presentate in anteprima. I professionisti dell’Igiene Ambientale hanno espresso grande interesse anche durante gli eventi del Grand Tour che si sono tenuti a Reggio Emilia e a Napoli nel mese di aprile. In queste due occasioni l’azienda ha portato la propria proposta di valore direttamente sul territorio incontrando i propri clienti per presentare soluzioni e fare formazione.

*testo riportato in etichetta

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