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MILLE FORMATI, UNA SOLA PASSIONE: LA PASTA FRESCA E L’ABRUZZO

L’Abruzzo è sempre stata una regione dal forte spirito identitario. La sua cucina è legata alla pastorizia, al territorio, e poche sono le contaminazioni con altre regioni italiane. Tra tutte le ricette tradizionali abruzzesi, la pasta fresca è una certezza. Il formato più tipico è sicuramente quello dei maccheroni alla chitarra, tra le preparazioni più antiche della regione e di tutto il Centro Italia, che prende il nome dal telaio di legno di faggio su cui sono tesi in parallelo i fili d’acciaio con i quali vengono realizzati. Proprio lì viene appoggiata la sfoglia di pasta non troppo sottile che poi viene premuta con il mattarello sui fili, in modo da ottenere questi spaghetti a sezione quadrata, di solito conditi con un ragù di pecora. In Abruzzo, però, esistono altri tre tipi di maccheroni. Uno di questi è detto “alla pecorara”, cordoncini sottili chiusi ad anello di circa 5 cm. Vengono realizzati con acqua, farina e uova per poi essere conditi con pancetta, cacio e uova. Piatto povero, viene ricondotto al pranzo tipico di carbonai, che avevano bisogno di mangiare piatti sostanziosi per affrontare il lavoro. Chissà che la carbonara laziale non sia derivata proprio da questo piatto. Poi i maccheroni “alla molenara”, dalla forma e dalla lunghezza irregolare, fatti con sola acqua, farina e semola. La loro preparazione è molto complessa e, di solito, vengono serviti con una sorta di spezzatino di carne ovina e suina. La loro origine si dice risalga al XII secolo, quando i soldati al seguito di Ruggero il Normanno li portarono in Abruzzo. Infine, i maccheroni “con lu ceppe”, che prendono il nome dal bastoncino di legno con cui si realizza la pasta, cioè dei grossi bucatini di pasta all’uovo con l’aggiunta di un po’ d’olio extravergine di oliva. Altro grande classico sono i quadrucci all’uovo, che raccontano la storia dell’Abruzzo più genuino, quando le nonne preparavano a mano la pasta fresca all’uovo dandogli la forma di piccoli quadratini. La ricetta classica vuole che vengano preparati con un delicato brodo vegetale, mentre trovano impiego anche in ricette a base di condimenti più corposi, come un passato di verdure o un sugo pomodoro e basilico. Un altro formato di pasta

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molto diffuso prende il nome di Cazzellitti, detti anche Cazzarille. Sono piccoli fusilli di semola di grano duro e acqua che vengono conditi con le verdure. Secondo la tradizione, infatti, i pastori li insaporivano con gli ortaggi coltivati nei pressi degli stazzi di montagna. Sempre sulla scia del fusillo, ecco le ‘Ndrocchie, una pasta all’uovo realizzata con il ferretto dell’ombrello. Grazie alla consistenza molto callosa, si sposano benissimo con i ragù di carne. Tipici della provincia di Chieti, in agosto si tiene una sagra a loro dedicata. In quel di Teramo si trovano poi due tipologie di pasta regionale: i Pappicci e le Patellette. I primi sono delle tagliatelle spesse, lunghe circa 20 cm, che vengono utilizzate in minestre molto ricche, a base di lardo, pomodori e pecorino, spesso accompagnate anche da legumi. Il nome è un accrescitivo di “pappa”, con cui un tempo si indicava la zuppa. I secondi, invece, sono realizzati con farina di grano duro, farina di mais, acqua e sale. Così si realizzano dei triangolini da condire - secondo tradizione - con un soffritto di cipolla e pancetta. La salsa realizzata per condirli deve essere molto liquida, visto che - sempre secondo tradizione - devono essere mangiati con il cucchiaio. Ancora nella zona di Teramo troviamo le Scrippelle, che si dice siano nate quando, alla corte di un cuoco francese, per errore fu aggiunto del brodo di gallina alle crepes. Si definiscono “mbusse”, dato che vengono arrotolate su se stesse, servite in brodo e cosparse con abbondante pecorino. Ma i formati tipici non finiscono qui. Infatti, all’appello mancano ancora i Tacconi e le Vollarelle. I Tacconi sono di forma quadrata o romboidale e vengono realizzati con farina di mais, farina di grano e acqua. Il nome deriverebbe dalla parola “tacca” (dal germanico “tak”), che vuol dire scheggia di legno, e rispecchierebbe perfettamente la sua forma quadrangolare, ma non perfettamente precisa. La tradizione vuole che si cuociano con il pomodoro e vengano conditi con la ricotta. Le Vollarelle sono invece tipiche della provincia dell’Aquila: si tratta di quadretti di acqua e farina che vengono fritti nell’olio extravergine di oliva per poi essere serviti in brodo. Sono tipiche del periodo natalizio e hanno un sapore particolare, davvero unico. Sul fronte pasta ripiena l’Abruzzo non brilla: l’unico formato tipico è un raviolo ripieno di ricotta dolce. È un classico raviolo fatto di pasta all’uovo, ma il ripieno non è salato. Al suo interno si trovano ricotta di pecora, uova, noce moscata, cannella, zucchero e scorze di agrumi grattugiate. A prima vista potrebbe sembrare una preparazione dolce mentre, al contrario, questi ravioli vengono conditi con un sugo di pomodoro o con burro e parmigiano, e sono tipici del periodo di Carnevale. In fondo, un bello scherzetto gastronomico.

a cura di Molino Pasini

Produrre ravioli d’eccezione ad alta velocità di dosaggio

a cura di Storci

La pasta fresca ripiena è parte integrale della tradizione culinaria italiana e ne siamo grandi estimatori e consumatori. Ravioli, tortellini, cappelletti... sono tanti i formati proposti e sono tutti amatissimi. Produrre pasta fresca ripiena a livello artigianale non presenta particolari problemi, mentre la produzione industriale può diventare molto più complessa. Nella fase di distribuzione del ripieno i sistemi di dosaggio tradizionali funzionano al meglio solo se il ripieno si presenta abbastanza “asciutto” e, per arrivare a ciò, spesso il produttore si trova costretto ad aggiungere alcuni ingredienti di qualità inferiore (ad esempio, pangrattato e/o fiocco di patate); questo comporta una riduzione della qualità del prodotto, percepibile non solo al palato ma anche negli ingredienti riportati in etichetta. Un problema annoso che ha portato Storci a sviluppare una macchina per produrre ravioli doppia sfoglia con ripieni morbidi e cremosi. Ecco, quindi, la prima raviolatrice interamente realizzata da Storci, che si avvale di un sistema di dosaggio brevettato in grado di distribuire un ripieno cremoso, dosato in modo discontinuo e in fase con i rulli formatori, senza sporcature della sfoglia. Il nuovo sistema di dosaggio lavora ad alta velocità potendo raggiungere le 150/180 dosate al minuto (3 dosate al secondo), con gestione completamente elettronica dei tempi e delle fasi di dosaggio tramite Plc e pannello touch screen. Idoneo non solo per ripieni cremosi e omogenei, ma anche con pezzetti di ingredienti tipo gamberetto, spinaci e mozzarella, per soddisfare le attuali tendenze di mercato della pasta fresca gourmet, di solito acquistabile solo nelle gastronomie. Il sistema di dosaggio è montato su un telaio inox con ruote per poter essere facilmente separato dal corpo macchina principale e portato in sala lavaggio per la pulizia e la sanificazione. La nuova raviolatrice Storci è stata scelta da un’importante azienda di Correggio (Re) per la produzione di pasta fresca ripiena.

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