2017
ANNO: XIX
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DICEMBRE NUMERO: 12
RETAIL, IDEE, OPPORTUNITÀ, STRUMENTI PER FAR CRESCERE LA TUA ATTIVITÀ
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MENSILE - TARIFFA R.O.C. POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB ROMA
TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE SU UN SETTORE IN TRASFORMAZIONE.
TECNOLOGIA
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COME L’OMNICANALITÀ TRASFORMA I SISTEMI A RETE.
CENTRI COMMERCIALI
QUALI SONO QUELLI CHE “FUNZIONANO”.
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EDITORIALE «Il futuro è ciò che costruiamo». Tim Berners-Lee
Il futuro del retail, le sue tendenze e i suoi cambiamenti sono il filo conduttore di questo numero. Insieme ai protagonisti, agli esperti e agli imprenditori abbiamo cercato di capire come sarà il 2018. Se c’è un comune denominatore fra le interviste e i dati che vi presentiamo, questo è rappresentato dall’innovazione. Che non è solo innovazione tecnologica fine a sé stessa, ma anche efficientamento e razionalizzazione. Non si può più prescindere dall’online né pensare in forma duale a strategie per il web e per lo store “fisico”. La parola d’ordine è “omnicanalità”, integrazione fra processi online e offline. Il 66 per cento della popolazione mondiale utilizza gli smartphone, in crescita del 5 per cento rispetto al 2016, in numeri assoluti oltre 200 milioni di utenti in più. Più di un miliardo e mezzo gli utenti che acquistano almeno una volta su internet per un valore, nel 2016, di quasi 2mila miliardi di dollari. Si evince, da questi numeri, l’imponenza di un mercato che solo qualche anno fa valeva molto meno. Così come siamo entrati nell’èra dell’”industria 4.0”, possiamo ben dire che è l’ora del “franchising 4.0”, di cui come AZ ci stiamo occupando da qualche mese sia sul magazine con articoli e interviste dedicate sia con tavole rotonde ed eventi ad hoc (e di cui ci occuperemo, ancora, nel 2018). Il franchising sta entrando in una nuova età, che possiamo definire della maturità, con lo standing degli affiliati che si è alzato. L’affiliato è un imprenditore “solido” – spesso sono fondi di investimento e società di capitali - con esperienza alle spalle, che sa leggere i bilanci e pretende dal franchisor dati tecnici e finanziari (Ebit, Ebitda, Ros, Roe, eccetera). L’approssimazione non è più consentita per nessun operatore del settore. Anche per questo, nel nuovo sito di AZ (www.azfranchising.it) troverete report aggiornati sui singoli settori e, a breve, anche aziendali, scaricabili a pagamento. Oggi più che mai la nostra stella cometa rimane una: competenza. Auguri!
Fabio Pasquali Direttore responsabile f.pasquali@azfranchising.it
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AZ FRANCHISING SOMMARIO
Dicembre 2017 SPECIALE VERSO IL 2018 Settore per settore, vi spieghiamo come va il sistema retail italiano
Un anno di eventi targato AZ Franchising.
NEW CONCEPT MISTER SPEX. Germania, Berlino.
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COMUNICAZIONE Ecco le tendenze del 2018.
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FINANZA & LEGALE Un bilancio unico per le reti in franchising.
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OCCHIO ALLA LEGGE L’affiliato è la parte debole, ma non per la legge.
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NOTE LEGALI Quando il terzo può essere di troppo.
LA PROPOSTA NaturHouse si fa in tre. FOCUS Il franchising dei servizi entra in una nuova èra. DOSSIER Commercialisti, quanto sono importanti per le reti?
TECH & RETAIL Omnicanalità, come devono cambiare le aziende. Innovazione fa rima con sostenibilità.
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LOCATION Centri commerciali, quali sono quelli che funzionano?
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OPERATORI “Nuovi modelli creativi nell’èra del franchising”
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NEW SERVICES Azfranchising.it: tutti i servizi in un sito
RUBRICHE 4
New entry
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News
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News comunicazione
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Le schede
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Appunti retail
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Up&Down
AW LAB È PRESENTE SUL TERRITORIO ITALIANO, SPAGNOLO E CECO CON OLTRE 200 NEGOZI.
NEW ENTRY ECCO PASTATION, PRIMA ITALIA POI ESTERO Sbarca a Roma PaStation, il format di ristorazione di Tommaso Verdini e Aldo Gucci – che hanno inaugurato il primo locale a Firenze a fine 2015 pensato per essere diffuso con la formula del franchising. In particolare, lo store aprirà a piazza di Campo Marzio entro novembre. Oltre al figlio del politico Denis Verdini e del famoso stilista, fa parte della compagine societaria anche Lorenzo Fossi. Il format è stato creato per essere replicabile attraverso il franchising e l’obiettivo è espandersi all’estero, a partire da Londra. Nella Capitale britannica è stato già chiuso l’accordo per l’apertura di PaStation in Paddington Street, a Marylebone, nel cuore di Central London. L’inaugurazione Oltremanica è prevista per inizio 2018. Altra novità in casa PaStation è il Food Truck che porterà su strada la cucina italiana 3.0.
IL CAFFÈ ALLO SPORTELLO: L’ESPERIMENTO PURO GUSTO/INTESA SANPAOLO Puro Gusto, marchio della ristorazione della famiglia Benetton, ha aperto all’interno della filiale milanese di corso Vercelli 25 di Intesa Sanpaolo. Andrea Lecce, responsabile direzione marketing Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo: “Stiamo individuando nuove modalità per coinvolgere la nostra clientela nell’ottica della condivisione sia dei momenti importanti della vita come l’accensione di un mutuo, sia di intervalli rilassanti come la pausa caffè. Grazie a un partner d’eccezione come Puro Gusto inseriamo nella nostra filiale un nuovo tassello, dopo aver già portato show cooking, sfilate di moda, momenti artistici e culturali. Protagonista dell’opening anche Pepper, il robot dell’Innovation Center di Intesa Sanpaolo, capace di relazionarsi e interagire con le persone.
NIKE, TUTTI GLI SPORT IN UN… BOX Nike ha inaugurato BoxBarcelona, spazio polifunzionale al civico 78 di calle Atlàntida, sul litorale della città catalana. Il colosso americano ha dato vita al primo centro dedicato a varie specialità sportive tra cui pilates, acroyoga, running e boxe, in cui diversi trainer tengono un fitto calendario di lezioni ed eventi, a cui è possibile iscriversi scaricando la Nike App. L’edificio di BoxBarcelona si sviluppa su due livelli, il piano terra ospita una selezione di prodotti sportswear, mentre quello superiore è dedicato a istallazioni artistiche realizzate da creativi locali. Il centro è aperto tutti i giorni della settimana e punta a diventare un vero e proprio hub per gli appassioni di sport della città spagnola.
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News. KWIK FIT NE FA DIECI Obiettivo dieci centri italiani raggiunto per il marchio inglese Kwik Fit, la più grande società di servizi e riparazioni automobilistiche nel Regno Unito e Olanda. Dopo aver inaugurato il primo centro Kwik Fit a Buccinasco, Milano, ad aprile scorso, il brand ha aperto le altre sedi fra Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte. La più recente apertura è Centro Gomme Amadori, un centro multiservizi a Gatteo in provincia di Forlì-Cesena. Tutti questi centri operavano in precedenza come indipendenti per poi passare sotto le insegne di Kwik Fit, che conta in Europa, attualmente, 750 centri attivi. Il traguardo che l’azienda si è prefissato di raggiungere è di costituire una rete italiana di più di 200 centri in dieci anni.
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PALCOSCENICO MONDIALE PER FRATELLI LA BUFALA
OVS IMPARA A PARLARE IN FRANCESE Ovs vuole crescere nel mercato francese dove si prepara a inaugurare tre negozi in franchising durante l’autunno. Il primo store del marchio di fast fashion ha aperto i battenti il 10 novembre all’interno del centro commerciale Carrefour di Chambourcy. Successivamente, è stata la volta il 25 novembre di una boutique di 1.200 metri quadrati nell’estensione del centro commerciale Carré Sénart e infine di un punto vendita ad Ajaccio, in Corsica, nella galleria commerciale Mezzavia.
Il marchio di ristorazione in franchising Fratelli La Bufala inaugurerà cinque nuovi locali in tutto il mondo nei prossimi mesi. Si partirà, nella prossima primavera, con Shanghai, in Cina, con un’apertura presso l’Hopson One Mall. Seguirà, tra aprile e giugno, Dubai (Emirati Arabi Uniti) con l’inaugurazione di tre locali presso il Dubai Marine International Club, il Dubai Festival City Centre e l’Arabian Ranches. A giugno, poi, spazio all’Arabia Saudita, a Jeddah, presso lo Star Avenue Mall. Fratelli la Bufala è un marchio gestito dalla holding A Cento Spa fondata nel 2003, conta 64 ristoranti, di cui 52 in Italia e 12 all’estero, una trentina gestiti direttamente e il resto in franchising. Nel 2015 ha fatto registrare un giro d’affari di 55 milioni di euro.
/ NEWS /
PIQUADRO METTE IN BORSA UN BUON FATTURATO Il Gruppo bolognese Piquadro, attivo nella produzione e distribuzione di articoli di pelletteria attraverso i marchi Piquadro e The Bridge, ha registrato nel primo semestre dell’esercizio fiscale 20172018, terminato il 30 settembre di quest’anno, un fatturato di 46,81 milioni di euro, in crescita di quasi il 37 per cento rispetto allo stesso periodo dell’esercizio precedente. Il Gruppo Piquadro ha all’attivo una rete distributiva in oltre 50 Paesi ed è presente in 112 punti vendita, tra cui 96 boutique a insegna Piquadro (63 in Italia e 33 all’estero di cui 53 a gestione diretta e 43 in franchising) e 16 store a insegna The Bridge (13 in Italia e 3 all’estero di cui 8 a gestione diretta e 8 in franchising). Il Gruppo ha chiuso l’esercizio 2016/2017 con un fatturato consolidato pari a 75,91 milioni di euro.
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SOGEGROSS: PIÙ DI 100 MILIONI SUL PIATTO Cento milioni di investimenti per i prossimi 3 anni. Altri 30 milioni per costruire una piattaforma logistica di oltre 30mila metri quadrati, il resto per nuove aperture e acquisizioni. Obiettivo: superare un miliardo di euro di fatturato al 2020, prevedendo per quella data di crescere in tutti i canali distributivi in cui è presente: supermercati Basko, 390 milioni di euro; Cash&carry, 260 milioni di euro; discount Ekom, 310 milioni di euro; supermercati e superette in franchising (Doro), 95 milioni di euro. Sono i numeri del piano industriale 2017-2020 del gruppo della GDO Sogegross, con circa 230 negozi, 2.600 dipendenti, un fatturato di oltre 800 milioni di euro nel 2016 con una stima di 880 milioni per il 2017.
PAM SI ESPANDE IN FRANCHISING NELLA CAPITALE Ha inaugurato a Roma un nuovo supermercato Pam a gestione franchising: situato nel quartiere Fonte Meravigliosa, il punto vendita è al servizio di una zona residenziale. Il negozio è aperto sette giorni su sette con orario continuato. “Grazie all’intraprendenza - commenta Lorenzo Seccafien, direttore vendite Pam Franchising - e all’interesse dimostrato dagli imprenditori, il numero di supermercati Pam gestiti in franchising sta aumentando soprattutto nei grandi centri come Roma. Il nostro obiettivo è quello di aprire i punti vendita in modo capillare per garantire a tutti i nostri clienti un servizio comodo, un’offerta completa e di alta qualità a prezzi competitivi”.
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/ NEWS /
A MILANO IL PIÙ GRANDE FLAGSHIP STORE DI MONCLER
50 MILIONI DI FATTURATO: L’OBIETTIVO DI SAILPOST Servizi postali integrati e consegne e ritiro per l’ecommerce puntando sulla leva del franchising. Ecco il modello di sviluppo di Sailpost, l’insegna lanciata nel 2000 a Pisa da CityPost Spa. Oggi la rete Sailpost si estende in tutta Italia attraverso 140 agenzie e 270 filiali. La società conta di chiudere il 2017 a quota 50 milioni di giro d’affari, 20 milioni generati dalla casa madre CityPost Spa e altri 30 milioni dalla rete in franchising. L’azienda, inoltre, ha sviluppato in casa un sistema informatico per la gestione delle consegne degli acquisiti fatti online. In cantiere poi c’è il potenziamento dell’infrastruttura logistica, a partire da una flotta di mezzi “green” per agevolare le consegne e il transito nei centri urbani.
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Moncler ha aperto a Milano il suo più grande flagship al mondo. Si tratta dell’ampliamento del negozio di Via Montenapoleone già esistente dal 2013, che ora dispone di due piani aggiuntivi, che portano la superficie complessiva a 800 metri quadrati, di cui 550 dedicati alla vendita, su quattro livelli. Alla collezione donna è dedicato il primo piano, mentre la linea uomo è al secondo. Il flagship ospita inoltre le linee Gamme Rouge, Gamme Bleu, le calzature, la pelletteria e gli accessori del marchio. Secondo Remo Ruffini, presidente e amministratore delegato di Moncler, il rinnovato flagship store vuole confermare l’impegno costante del marchio verso la città di Milano, oltre ad aggiungere un importante tassello in termini di presenza sul mercato italiano.
NUOVO SPAZIO ROMANO PER RED DI FELTRINELLI RED (Read, Eat, Dream), proposta ideata e realizzata da Gruppo Feltrinelli e sviluppato con CIR food, torna a Roma con un nuovo spazio. Proposte tematiche e novità editoriali, presentazioni di libri, showcooking, aperitivi in lingua straniera, performance musicali dal vivo: ecco l’idea di base del concept RED. Il punto vendita di via Tomacelli è esteso su oltre 500 metri quadrati, distribuito su tre livelli, comprensiva di terrazza. La libreria è fornita di oltre 10mila titoli. Da RED via Tomacelli è disponibile il meglio della proposta culturale targata la Feltrinelli. Novità editoriali, proposte tematiche, i grandi classici. Accanto alla narrativa e alla saggistica sono presenti i settori dedicati alla letteratura per ragazzi, ai viaggi, agli hobby oltre a esposizioni mirate su lifestyle e attualità. Completano l’offerta di RED i settori Musica e Home Video.
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TERZO “SQUILLO” MILANESE PER TIFFANY Tiffany, il brand della gioielleria di origini statunitensi, ha aperto un terzo store nel centro di Milano. Dopo quelli già attivi in via della Spiga e nel departement store di lusso Excelsior, ecco il negozio di Piazza Duomo. Uno spazio di circa mille metri quadrati divisi su due piani. Secondo l’azienda, questa di Piazza Duomo non è solo e tanto una scelta strategica, quanto simbolica, per rendere omaggio alla storia e all’importanza della città meneghina. Il bilancio 2016 ha visto chiudere il fatturato con una flessione del 3 per cento, con un valore di 4 miliardi di dollari. Nel frattempo, Alessandro Bogliolo, ex Diesel ed ex Bulgari, è stato nominato CEO della società.
LIDL PUNTA SULLA MODA LOW-COST
PATRIZIA PEPE PUNTA A 136 MILIONI CON DIGITALE E RETAIL Patrizia Pepe, marchio di proprietà della società Tessilform, punta a chiudere il 2017 con un fatturato a 136 milioni di euro. Il raggiungimento dell’obiettivo passa dal rafforzamento della presenza in Europa, soprattutto tramite una nuova strategia di comunicazione e lo sviluppo del retail. Nel corso del 2017, sono state aperte cinque nuove boutique fra Russia, Cine e proprio Europa. Per quanto riguarda il commercio online, ha toccato i 5 milioni di euro di incassi. Intanto, la casa madre ha inaugurato il cosiddetto athleisure.
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Il gruppo LIDL trasforma il suo marchio dell’abbigliamento, Esmara, per essere al passo con le tendenze di oggi. La catena gdo di proprietà di Schwarz Group, in vista della sua espansione nel segmento fast fashion, ha siglato un accordo con la modella tedesca Heidi Klum per concepire collezioni moderne che possano convincere la clientela femminile. Lidl, che è appena entrata con le sue insegne nel mercato americano e in quello serbo, ha fatto il suo ingresso nel fashion con un’anteprima mondiale a New York e le collezioni andate allo scaffale sono state esaurite in pochi giorni. Per sostenere l’espansione Schwarz Group ha annunciato investimenti da 5,2 a 6,5 miliardi di euro, a beneficio dei nuovi paesi in cui il marchio è presente.
News Comunicazione. SALMOIRAGHI & VIGANÒ FA UN CHECK AI NOSTRI OCCHI
JULIA ROBERTS PER IL NUOVO SPOT CALZEDONIA
La catena di negozi di occhiali Salmoiraghi & Viganò torna in comunicazione con una campagna stampa e radio firmata Saatchi & Saatchi, per ricordare agli italiani l’importanza del controllo della vista. La campagna ha come fulcro i mille “test della vista” ai quali i nostri occhi sono sottoposti ogni giorno, anche solo quando leggiamo un libro o guardiamo un cartello stradale. Tutti questi test portano all’unico test davvero efficace: quello effettuato dagli ottici professionisti nei negozi Salmoiraghi & Viganò. La campagna, contraddistinta da un tono decisamente fashion, è on air sui principali quotidiani nazionali e siti web.
On air la nuova campagna internazionale della rete di negozi di intimo Calzedonia con Julia Roberts prodotta da Filmmaster Productions. Il film, girato a Los Angeles, porta la firma del regista americano Grant Heslov. Si tratta di uno spot ironico per la presentazione della nuova collezione in cui l’attrice americana si trova in una serie di simpatiche situazioni all’interno di uno store del brand. Le situazioni suscitano immediatamente empatia grazie anche alla bravura interpretativa di Julia Roberts e alla sua reale affezione alla marca.
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“SEEE CIAO, VADO DA EURONICS” È partita la nuova campagna di comunicazione della rete di elettronica Euronics, che ritrae scene di vita quotidiana in cui il protagonista non viene mai ascoltato dal suo interlocutore e decide quindi di chiudere il dialogo, con la frase “Seee ciao, io vado da Euronics!”, l’unica in grado di starlo a sentire per davvero. Ed è da un approfondito studio del sentiment dei consumatori che è stata strutturata una nuova strategia di comunicazione basata sull’ascolto. “In un mercato come quello della tecnologia, appiattito sulle promozioni, o spinto dalle innovazioni, ma che tutti hanno e dove tutti propongono gli stessi prodotti – ha detto Andrea Sandri, amministratore Delegato Max Information, società che ha curato la campagna – quello che fa davvero la differenza è la preparazione dei propri addetti e in questo Euronics ha avuto sempre un vantaggio competitivo”. Gli spot andranno in onda su tutte le reti nazionali RAI, MEDIASET e LA7. Oltre alla TV, è prevista una forte presenza sulle radio nazionali.
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Viaggio nel commercio e le sue prospettive per il 2018
Settore per settore, vi spieghiamo come va il sistema retail italiano Se l’abbigliamento è ancora il fiore all’occhiello dell’economia del dettaglio e la ristorazione è di fronte a un profondo cambiamento, altre categorie soffrono la concorrenza del web e per sopravvivere dovranno rinnovarsi. E il franchising è una risposta
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I NUMERI 24 miliardi: il fatturato 2016 del franchising italiano 1.100: le reti in franchising (Fonte Osservatorio AZ Franchising) 40%: la percentuale di presenze delle reti franchising nel Nord-Ovest
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IN BREVE ABBIGLIAMENTO: buono il 2017, il 2018 continuerà a offrire segnali di ripresa e di consolidamento. Il settore sta rispondendo alle sfide del web con una marcata opera di multicanalità. Ma la strada, soprattutto per le realtà italiane, è ancora lunga. RISTORAZIONE: il 2017 ha fatto segnare ancora un indice negativo fra aperture e chiusure. Nel 2018 si accentueranno le tendenze in atto, a partire dalla specializzazione alla creazione di vere e proprie nicchie di mercato. Spazio alla componente luxury. SERVIZI: ancora incerto il turismo, bene il settore dei servizi alla persona e alle aziende. Il web sta ridisegnando interi comparti dei servizi, da sempre punto focale del commercio online. Il futuro sarà appannaggio delle aziende che sapranno offrire personalizzazione e attenzione al cliente. BENESSERE E BELLEZZA: è un mercato dalle forti potenzialità. Giganti dell’hitech hanno lanciato o sono in procinto di lanciare soluzioni all’avanguardia e Amazon, in molti Paesi, ha iniziato a testare la commercializzazione di farmaci con ricette digitali. In Italia, nuove opportunità per le catene si apriranno con la conversione in legge del decreto legge sulla concorrenza nel settore delle farmacie.
Com’è andato il 2017? Come andrà il 2018? Attorno a queste due domande girano i destini di tante aziende, la fortuna di molti imprenditori, le sorti di interi settori. Durante questo anno solare, ogni mese vi abbiamo presentato i numeri e i dati delle varie categorie merceologica. Se si potesse delineare un consuntivo finale e sintetico, per quanto approssimativo, si potrebbe dire che siamo davanti a un commercio italiano ancora in chiaroscuro. A fronte di settori ancora in crisi, ce ne sono altri in decisa crescita. Quello che, invece, abbiamo appurato, anche grazie ai protagonisti intervistati, è che il franchising rappresenta comunque un modello che “tiene”, anche in mercati stagnanti. In questo speciale, vi presentiamo in pillole i macro settori merceologici accompagnati dalle parole di alcuni dei protagonisti di quest’anno. ABBIGLIAMENTO
Iniziamo questa rapida carrellata con il settore che è il fiore all’occhiello del commercio italiano, l’abbigliamento. Secondo i numeri di Smi - Sistema Moda Italia, il fatturato di settore ha chiuso il 2016 a quasi 53 miliardi di euro, in aumento di quasi l’1 per cen-
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to rispetto al 2015, pari a poco più di 450 milioni di euro. Bene le esportazioni, che hanno toccato i 30 miliardi, +1,7 per cento rispetto all’anno precedente. La moda maschile italiana (a esclusione dell’intimo) ha chiuso il 2016 con una crescita del +1,2 per cento. Il fatturato settoriale ha superato i 9 miliardi di euro. A livello di canale distributivo, secondo i dati raccolti per Pitti Uomo, le catene hanno sorpassato per valore il dettaglio tradizionale nel 2014, salite a quota 35,7 per cento. Sempre le catene fanno segnare segnali in controtendenza rispetto alla media settoriale, con una variazione del +0,4 per cento nel periodo marzo 2016/ febbraio 2017 rispetto allo stesso periodo precedente. Il dettaglio indipendente, passato a quota 26,9 per cento, cede il -7,7 per cento. Molto bene il canale della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) che fa segnare vendite in positivo con un +2,7 per cento. Ma, a cavallo fra 2016 e il 2017, il vero protagonista è stato il commercio online, con un fatturato in aumento del +42 per cento, raggiungendo una quota di mercato del 6,3 per cento, sempre limitatamente all’uomo (nel 2015 era al 4,4%). Il comparto femminile ha chiuso il 2016 in terreno positivo per il terzo anno di fila. Sulla
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base dei dati SMI, il turnover di settore mette a segno un aumento del +1,3 per cento, vicino ai 13 miliardi di euro. Se nell’uomo il peso delle reti è pari al 35 per cento, per il femminile questo dato supera il 45 per cento, anche se in calo rispetto al 2015 del 3,7 per cento del valore totale. Boom del commercio online con un aumento del 28 per cento, con un’incidenza del 4,1 per cento sul totale del mercato. La GDO raggiunge quota 14,5 per cento, crescendo del +7,9 per cento. Male il dettaglio indipendente (-16,6%), pari al 21 per cento del mercato nazionale e gli outlet. Nel 2016 l’abbigliamento bambino, compreso l’intimo, ha segnato un fatturato superiore ai 2,7 miliardi di euro (+2,8%). La “bambina” rappresenta la fetta della torta più consistente con quasi il 47 per cento della quota mercato, con il “bambino” in leggera flessione e il “neonato” stabile. Le catene si confermano primo canale di vendita, con un’incidenza del 51,4 per cento sul totale. Molto bene anche la GDO (+11,5%) e il web (17,4%), anche se resta confinato a quota del 3,3 per cento, meno preponderante rispetto agli altri segmenti. Molto male sia il canale dei negozi indipendenti (-12,3%) sia gli outlet (-50%). Vale poco più di 4 miliardi il comparto dell’intimo, comprendente anche le collezioni mare e la calzetteria. A rivoluzionare il mercato della lingerie l’evoluzione dei canali distributivi dove, ai tradizionali negozi multimarca, si sono affiancate le catene di negozi monobrand di proprietà e in franchising. Le catene oggi coprono il 40 per cento del mercato italiano, seguite dagli indipendenti, al di sotto del 20 per cento. Anche in questo segmento registriamo un avanzamento del web con una crescita anno su anno
in media del 5 per cento, con una quota sul totale del fatturato pari, attualmente, all’otto per cento. Le previsioni
Il settore della moda italiana crescerà anche nel 2018 con un fatturato complessivo di 86 miliardi di euro dagli 84 miliardi stimati per il 2017 (+3 per cento). Questi i numeri della Camera Nazionale della Moda Italiana. Per quanto riguarda, invece, la previsione sulla tipologia degli acquisti, nel 2018 dovrebbe consolidarsi il trend iniziato già nel 2017, cioè la maggior spesa verso il fast fashion. Se, infatti, le famiglie hanno speso meno sia nel 2016 (-2,5% rispetto all’anno prima) che nel 2017 (previsione di -1,7% rispetto ai dodici mesi precedenti), stesso discorso non vale per le catene del fast fashion che vedono recuperare terreno con il +2,9 per cento (dati: Sita Ricerca). RISTORAZIONE
Secondo i numeri di FIPE – Federazione italiana dei pubblici esercizi, nei “servizi di ristorazione” al lordo delle cessate d’ufficio (sono state 1.638), il saldo per l’anno 2016 è stato pari a -10.813 unità, in crescita rispetto a un anno fa quando toccò quota -10.720. Un risultato dovuto soprattutto alla riduzione delle iscritte. Tra i ristoranti hanno avviato l’attività 8.404 imprese e poco più di 13.586 l’hanno cessata portando il saldo a -5.182 unità. Il numero delle imprese del canale ha toccato, a fine anno, quota 177.241. La ditta individuale costituisce la forma maggioritaria di organizzazione dell’impresa: una su due. Nel segmento bar (149.429 imprese al 31 dicembre 2016) nel 2016 han-
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no avviato l’attività poco più di 7.198 imprese, mentre 12.727 l’hanno cessata con un saldo in rosso, quindi, per 5.529 unità. I numeri, nella loro freddezza, sono molto significativi. E stanno a significare due cose: la prima, il settore vive una fase di incertezza, con le chiusure che ormai superano le aperture da anni, e il trend non è in discesa. La seconda, che il settore soffre ancora di “nanismo”, con la forma giuridica della ditta individuale che con il 55 per cento circa rappresenta, ancora, la stragrande maggioranza delle attività del settore. Con conseguente fragilità economica e bassa propensione all’innovazione. Secondo Eurostat, per il 2014 ammonta a quasi 51 miliardi di euro il turnover delle imprese italiane della ristorazione. Si può affermare che il settore sia complessivamente cresciuto nell’ultimo quinquennio. A livello europeo (Europa a 28), il settore della ristorazione nel 2014 ha generato oltre 375 miliardi di turnover e 152 miliardi di valore aggiunto. Con una media per paese rispettivamente di circa 13,4 miliardi di turnover e 5,4 miliardi di fatturato, non è difficile intuire come questo settore sia centrale per il nostro paese e quanto l’Italia conti in questo senso a livello europeo. Più o meno nove milioni di italiani iniziano la giornata con una colazione fuori casa, cinque dei quali lo fanno ogni mattina. Per quanto riguarda il pranzo, nei giorni feriali, 34 milioni di italiani mangiano un panino o un primo (per 5 milioni fino a 4 volte a settimana) al bar, spendono fra i 5 e i 10 euro al giorno. Nel fine settimana dominano ristoranti, trattorie e pizzerie hanno la meglio con lo scontrino che sale a 20 euro di media. Poco più di sei italiani su dieci consumano la cena fuori casa almeno una volta al mese. Circa due milioni lo fanno tre volte a settimana. Si spende in media fra i 10 e i 20 euro a persona, anche se un terzo arriva fino a 30 euro. Solo un intervistato su cento, in una ricerca firmata da Fipe, dichiara di poter e voler spendere più di 50 euro. Le previsioni
Nel 2018 continuerà quel percorso alla specializzazione, alla personalizzazione e all’attenzione all’estetica che è iniziato negli anni scorsi. Secondo gli operatori del settore, inoltre, si rafforzeranno le tendenze all’etnicità e al veganesimo. Sua maestà il gelato, invece, continuerà a essere preferito da sempre più italiani come sostitutivo del pranzo di lavoro, soprattutto a causa dell’innalzamento delle temperature medie. Vediamo, in breve, le tendenze in alcune delle micro categorie della ristorazione. 1. Etnico
L’Italia si sta allineando al resto dei mercati europei, dove già la componente etnica nel cibo è forte da anni, anche per la crescita nel nostro paese della popolazione di origine straniera. La Coop,
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la catena di supermercati, ha calcolato nel 2015 un aumento di prodotti tipici stranieri nel carrello pari al 10 per cento. Prendendo in considerazione solo il cibo etnico che passa per la grande distribuzione organizzata (Gdo), nel 2015 il fatturato ha raggiunto quota 160 milioni di euro, quasi il doppio del 2007 e in aumento del 18,6 per cento rispetto ad appena un anno prima.
2. Vegetariano/vegano
Secondo i dati del rapporto 2016 del centro di ricerche Eurispes, gli italiani vegetariani e vegani aumentano al ritmo di 1.600 al giorno. Erano il 6 per cento nel 2013, 7,1 l’anno dopo e 8 l’anno dopo ancora (di questi, il 7,1 per cento è vegetariano mentre lo 0,9 è vegano, e quindi rifiuta anche i cibi che contengono derivati di origine animale). E così, se in Italia i consumi di carne diminuiscono al ritmo del 5 per cento ogni anno, contemporaneamente aumentano le vendite dei prodotti legati alla tavola vegetariana. Nei supermercati il fatturato annuo generato dalla vendita di prodotti a base vegetale cresce e vale ormai 320 milioni di euro. A questo si aggiunga un sentiment positivo nei confronti degli animali: l’80,7 per cento degli italiani è contrario alla vivisezione (-7% rispetto al 2015) e il 68,5 per cento alla caccia (-10%). Stessa tendenza per la produzione di pellicce, per cui la quota dei contrari scende all’86,3 per cento (-4% circa). Cresce di 12 punti la percentuale di chi vorrebbe accoglienza per gli animali da compagnia nelle strutture alberghiere (68,5%) e di ben 13 punti il numero di chi è d’accordo sull’accesso degli animali in luoghi pubblici (69,1%). Ormai l’Italia contende alla Germania il primato di Paese più vegetariano dell’Ue. Hanno una percentuale di vegetariani compresa tra il 7 e l’11 per cento anche Svezia e Austria, seguite a discreta distanza da Russia, Usa, Francia, Spagna, Giappone e Cina, tra il 2 e il 4 per cento.
3. Gelaterie
Con 6 chili di consumo pro capite di gelato – pari a 380mila tonnellate e 8 litri di miscela -, l’Italia è ancora lontana dagli standard degli statunitensi (21 litri) e dei neozelandesi (28 litri). L’Osservatorio Sigep (il salone leader al mondo per il dolciario artigianale, con la 39ma edizione in programma dal 20 al 24 gennaio 2018 alla fiera di Rimini, organizzata da Italian Exhibition Group) ha stimato nel 2017 - per il periodo estivo in Italia - una crescita dei consumi del gelato artigianale del 10%, con picchi del 15% nelle località turistiche. Il mercato mondiale del gelato artigianale vale attualmente 15 miliardi di euro, con una crescita media del 4 per cento l’anno tra 2015 e 2018.
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L’Italia, dove il consumo del gelato è per un terzo industriale e due terzi artigianale, è il primo paese al mondo in cui si assiste a un tale predominio nelle preferenze dei consumatori. In questi ultimi decenni, i consumi si sono moltiplicati di sei volte. Non esiste un prodotto alimentare protagonista di performance simili. In Europa, nel 2016, si contavano oltre 60mile gelaterie, delle quali 39mila in Italia (10mila gelaterie pure e 29mila bar e pasticcerie con gelato), con 150mila addetti. In Germania, le gelaterie sono 9mila di cui 3.300 “pure”, mentre sono 2mila quelle spagnole. In Sud America sono Argentina e Brasile a farla da padroni, con rispettivamente 1.500 e 500 gelaterie. Secondo l’annuale ricerca di Assofranchising, il settore del franchising gelaterie yogurterie e chioschi ha mosso un fatturato pari a 241 milioni 505mila euro, con una crescita dell’1 per cento anno su anno (valori riferiti al 2015). TURISMO
Il turismo vive una fase di mutamento. Gli italiani si rivolgono sempre di più al web per organizzare la propria vacanza, un numero crescente di app è disponibile per facilitare la comunicazione. Gli utenti le utilizzano per documentarsi, scegliere, prenotare e transare economicamente la vacanza. Così saltano i vecchi schemi, il rapporto con le agenzie tradizionali e a volte anche con quelle online. Per molti è preferibile trattare direttamente con gli operatori turistici del territorio. Tramite smartphone la ricerca
TOP 10 SETTORI
di un’esperienza enogastronomica viene ormai prima della ricerca di un sito culturale quando si comincia a pianificare i dettagli di un viaggio. Da qui deriva l’importanza del marketing emozionale con proposte concentrate soprattutto sul mondo del food e l’attività all’aria aperta. Nel 2016 oltre la metà dei viaggi è stata organizzata online (53,9% dei viaggi di lavoro e 49,8% delle vacanze lunghe). Il 42,1% dei viaggi è effettuato senza prenotazione, stima che sale al 44,6% nel caso delle vacanze brevi. La prenotazione tramite agenzia o tour operator, che riguarda complessivamente il 7,3% dei viaggi, è più frequente per i viaggi di affari (12%) e per le vacanze lunghe (7,9%). La prenotazione tramite Internet arriva a sfiorare nel 2016 il 40% dei viaggi ed è in crescita, rispetto all’anno precedente, di circa il 30% per le vacanze (+40,7% per quelle lunghe). Dal mondo all’Italia
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), nel 2015, ultimo anno su cui abbiamo dati completi, gli arrivi internazionali sono stati 1,186 miliardi con un incremento pari al 4,6 per cento, 52 milioni in più rispetto al 2014. Quasi tutte le macro-aree mondiali hanno presentato variazioni positive negli arrivi: la crescita risulta più elevata per le Americhe (5,9%) e per l’Asia e il Pacifico (5,6%), seguono le l’Europa (4,7%) e il Medio Oriente (1,7%), solo l’Africa è risultata in flessione (-3,3%). L’Europa – che si conferma l’area più visitata del mondo – ha raggiunto quota 607,7 milioni di arrivi, con 27,5 milioni di turisti in più rispetto al 2014. L’aumento ha riguar-
MACRO CATEGORIA MERCEOLOGICA
% AZIENDE
Servizi commerciali
Servizi vari
17,8%
Commercio ingrosso beni non durevoli
Commercio ingrosso
11,8%
Commercio ingrosso beni durevoli
Commercio ingrosso
9,6%
Varie
Commercio al dettaglio
7,0%
Ristoranti, bar
Commercio al dettaglio
5,3%
Industrie tipografiche editoriali
Industria, produzione
4,4%
Comm. Dett. Abbigliamento
Commercio al dettaglio
3,1%
Servizi Personali
Servizi vari
2,8%
Industrie alimentari
Industria, produzione
2,8%
Settore immobiliare
Servizi finanziari
2,8%
* Osservatorio AZ Franchising
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/ SPECIALE /
19,9% SUD & ISOLE • Campania 9,5% • Puglia 3,5%
17,3% CENTRO • Lazio 8,8% • Toscana 5,7%
23,5% NORD EST • Emilia-Romagnia 11,6% • Veneto 9,6%
39,3% NORD OVEST • Lombarida 26,8% • Piemonte 10,4% * Osservatorio AZ Franchising
dato anche l’Europa Meridionale/Mediterranea con 10,4 milioni di arrivi in più (+4,8%). Secondo l’OMT, nella graduatoria 2015 delle destinazioni turistiche mondiali più frequentate dal turismo straniero l’Italia si conferma al 5° posto per gli arrivi e al 7° posto per gli introiti. Sul versante dei flussi turistici stranieri in Italia, nel primo semestre 2016, secondo i dati Istat provvisori, si registra una flessione del 3,3 per cento negli arrivi e dell’1,3 per cento nelle presenze, anche se il 2015 è l’ottavo anno consecutivo che ha fatto registrare l’aumento di arrivi stranieri rispetto all’anno precedente. La situazione italiana
Nel 2016, si stima che il numero di viaggi con pernottamento effettuati dai residenti in Italia sia pari a 66 milioni e 55 mila. Per la prima volta, dopo sette anni, la variazione è positiva rispetto all’anno precedente (+13,7%). Rispetto al 2015 la durata media dei viaggi si riduce lievemente, attestandosi a 5,4 notti (5,6 per quelli di vacanza e 3,5 per quelli di lavoro), per un totale di circa 356 milioni di pernottamenti. Le vacanze brevi (fino a tre pernottamenti), stimate in 29,3 milioni, crescono del 20,7 per cento rispetto al 2015, quelle lunghe, pari a 29,9 milioni, dell’11,3 per cento. Sostanzialmente stabili rispetto al 2015 i viaggi per motivi di lavoro (6,7 milioni). Nell’82,8 per cento dei viaggi i residenti scelgono come destinazione località nazio-
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nali. I viaggi all’estero (17,2% dei viaggi) avvengono soprattutto verso i Paesi dell’Unione europea (9,8%). Le vacanze lunghe estive trascorse in Italia hanno più frequentemente come destinazione la Puglia (12,9%) e l’Emilia-Romagna (11,4%), mentre il Trentino-Alto Adige è la meta preferita in inverno (24,8%) e autunno (16,3%). La Spagna è la meta più scelta per le vacanze lunghe all’estero (12%), la Francia per quelle brevi (22,1%), mentre la Germania è il paese più frequentato per motivi di affari (17,4% dei viaggi di lavoro all’estero). Tra i viaggi con mete extra-europee, gli Stati Uniti sono la destinazione preferita per le vacanze lunghe (16,4%), la Cina per i viaggi d’affari (8,4%) (Fonte: Istat). I numeri delle agenzie
Quante sono le agenzie di viaggi, oggi, in Italia? Non più di 8.500, laddove ce n’erano più di 12mila solo nel 2011, sei anni fa. Secondo alcuni studi, da qui a qualche anno se ne chiuderanno altre 2mila con il settore che dovrebbe stabilizzarsi sulle 6mila unità, la metà esatta del 2010. Numeri da pessimisti? No, perché c’è da guardare il bicchiere mezzo pieno. Il settore non è crollato come successo, per esempio, come con i “compro oro” o con il settore delle sigarette elettroniche. E già questa, con lo strapotere del web, è una notizia. In secondo luogo, si può dire che questa naturale scrematura ha messo fuori dal mercato aziende non strut-
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turate, liberando il campo a quelle realtà serie e fra queste molte catene in franchising, con le spalle ben coperte e fondamentali economici importanti. Le previsioni
Come detto, gli esperti sono concordi nel delineare ancora chiusure da qui a qualche anno. Il settore sarà in mano di catene e conglomerate anche straniere, ma ci sarà spazio per network anche piccoli, ma innovativi. Il futuro si giocherà sulla capacità di declinare offerte e servizi sia online che offline. Vincerà chi, oltre alla multicanalità, saprà offrire soluzioni che non temano la concorrenza di internet, come l’affiancamento pre partenza e il customer care durante e dopo il viaggio. COMMERCIO SPECIALIZZATO 1. Pet
Un mercato in positivo, quello dei prodotti e dei servizi per animali. I costi di avviamento non sono alti, ponendosi in una fascia inferiore ai 50mila euro, solitamente non sono richieste grandi superfici per i punti vendita, addirittura in alcuni casi nemmeno è previsto una location. Ma partiamo dai numeri. Quasi 2 miliardi di fatturato
Sono 60 milioni gli animali d’affezione presenti in Italia nel 2016: in media nel nostro Paese vi è un animale domestico per ciascun abitante e 2,3 per ogni famiglia. In Italia è mediamente presente un gatto ogni 3,5 famiglie e un cane ogni 3,7 famiglie. Per l’88 per cento dei proprietari i cani e i gatti sono a tutti gli effetti componenti della famiglia. Le famiglie con un solo componente che
vivono con un animale d’affezione sono passate dall’8,4 all’11,1 per totale del totale. Nello stesso periodo, i proprietari over 65 hanno accresciuto la loro presenza dal 21,5 al 23,7 per totale. Nel 2016, il mercato dei prodotti per l’alimentazione dei cani e gatti in Italia ha sviluppato un giro d’affari di 1.971 milioni di euro. Si conferma un trend positivo, con un incremento del fatturato del +2,7 per cento rispetto allo scorso anno e una crescita dei volumi di +1,3 per cento: il mercato continua a mostrare un tasso di crescita a valore superiore a quello del Largo Consumo Confezionato. Nel 2016, tutti i principali segmenti degli alimenti per cani e gatti (umido, secco, snack & treat) registrano una crescita a valore. Sono quasi 7 milioni i cani, e quasi 7.500.000 i gatti. Secondo la Federazione europea del pet food, gli animali più numerosi nell’Unione Europea sono i gatti: più di 70 milioni di esemplari, circa il 35 per cento del totale. I cani sono più di 62 milioni, il 31 per cento. La Francia è il paese con il maggior numero di felini: 12,6 milioni, record assoluto rispetto agli altri Paesi comunitari più popolati dai gatti, ovvero Germania (11,8 milioni), Regno Unito e Italia, che si attestano entrambi intorno ai 7,4 milioni. Per quanto riguarda i cani, invece, il Paese che ne ospita di più è il Regno Unito con 8,5 milioni di esemplari, seguito a breve distanza da Francia, Italia e Germania (rispettivamente 7,3 milioni, 7 e 6,8 milioni di cani). La Russia detiene comunque i primati per i cani e per i gatti. Si stima una popolazione felina di 21,7 milioni e di quasi 16 milioni di cani. Il 68,5 per cento dei proprietari di pet italiani è donna, il 31,5 per cento è uomo. Negli ultimi dieci anni la percentuale di uomini
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proprietari di animali è nettamente aumentata, passando da 24,7 per cento al 31,5 per cento. L’età media è 53 anni: il 23,7 per cento ha un’età compresa tra i 45 e i 54 anni, mentre il 22,5 per cento tra 55 e 64 anni. Ne deriva che quasi la metà dei pet owner ha tra i 45 e 64 anni. Il 30 per cento ha meno di 45 anni, il 23 per cento è ultrasessantacinquenne. Aumento a doppia cifra per le reti
Per quanto riguarda la vendita al dettaglio, il mercato del pet continua nel trend degli anni scorsi, con un’affermazione positiva della Grande Distribuzione Organizzata da una parte e delle catene in franchising, dall’altra. Mentre fanno fatica i pet shop tradizionali. Le catene Petshop (7,2% dei volumi e l’11,2% dei valori, per un totale di 40,2 tonnellate e 221,2 milioni di euro) hanno continuato a crescere a due cifre con risultati del +12,6 per cento a valore e +12,3 per cento a volume rispetto all’anno precedente. Per catene Petshop si intendono punti vendita specializzati nella vendita di alimenti e articoli per animali e sono circa 503. Il Grocery concentra il 56,8 per cento del fatturato complessivo del mercato petfood (in termini assoluti 1.222,5 milioni di euro) e il 75,1 per cento dei volumi (420.234 tonnellate). Prosegue nel 2016 lo sviluppo del mercato, con un trend positivo a valore di +1,4 per cento e a volume +0,9 per cento. Per Grocery si intendono ipermercati, supermercati e discount. La crescita del Grocery è guidata dai supermercati che sviluppano il 30,1
per cento del fatturato e 33,6 per cento dei volumi. Di contro, nel 2016, persiste la flessione degli ipermercati (10,7% dei volumi e 9,3% del fatturato) legata alla crisi strutturale del canale ma anche allo sviluppo dei superstore e delle superfici specializzate; restano in campo negativo le piccole superfici a libero servizio (100-399mq) che sviluppano il 5,8 per cento del fatturato e il 6,6 per cento dei volumi. In crescita le vendite sviluppate dal canale discount (20,6% dei volumi e 8,4% del fatturato) (Fonte: Rapporto Zoomark 2017). Per quanto riguarda la redditività, rispetto a un pet shop tradizionale, uno appartenente a una rete strutturata rende quattro volte di più al metro quadrato. Infatti, sempre per il rapporto Zoomark 2017 “le catene uniscono l’opportunità derivante dall’elevata specializzazione dei Petshop Tradizionali con un format più vicino al canale Grocery per quanto riguarda la gestione assortimentale e del display. Da ciò derivano inevitabili vantaggi competitivi chiave del successo che il canale ha avuto negli ultimi anni”. Sono significative le differenze di acquisto fra le ragioni italiane. Il Nord Italia sviluppa oltre la metà delle vendite (53,9%): in particolare il Nord Ovest sviluppa quasi un terzo dei volumi totali (32,4%), mentre il Nord Est sviluppa il 20,4 per cento dei volumi. Il Centro e la Sardegna, con il 28,4% delle vendite, risulta essere la seconda area in termini di incidenza sui volumi. Il Sud resta tuttora l’area che copre i minori volumi (18,7% del totale).
Franchising Italia
39,3%
41,4% 42,8%
28,1%
19,9%
10,6%
8,3%
Indicatori di Rischio 1
Indicatori di Rischio 2
Indicatori di Rischio 3
9,6%
Indicatori di Rischio 4
* Osservatorio AZ Franchising
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2. Fiori
Negli ultimi anni il settore dei fiori ha risentito in misura evidente della minore disponibilità di spesa delle famiglie italiane. A partire dal 2009, la domanda di fiori recisi, così come di piante, alberi e arbusti, ha cominciato a flettere: tra il 2008 e il 2010 la diminuzione per la spesa totale è stata del 6 per cento, mentre per i fiori recisi è stata del 7 per cento. Nel 2011 si è registrato un lievissimo aumento tendenziale della spesa complessiva di fiori e piante (+1,7%), dovuto probabilmente ad incrementi di prezzo applicati dagli operatori al dettaglio. Nel 2012 si è registrata nuovamente una diminuzione del 5 per cento (-4,8% per i fiori), che si è ripetuta, anche nel 2013. Dal 2014 si cominciano a vedere i primi segnali di ripresa. ll 46,2 per cento degli italiani ha in casa fiori o piante da curare nel balcone e nel giardino con un aumento della percentuale al 50,8 per cento tra gli under 34 anni. A dirlo la Coldiretti/Censis in una nota divulgata durante il periodo di Expo Milano 2015. Il fiore, dice la Coldiretti, ha una diffusione trasversale tra uomini e donne, copre tutte le fasce di età e tutti i territori di residenza anche se dall’analisi emerge che ha il pollice verde oltre il 47,5 per cento degli uomini a fronte del 43 per cento delle donne. La propensione positiva degli italiani nei confronti dei fiori è confermata dal fatto che – sostiene Coldiretti – nove italiani su dieci sostengono che la loro presenza in casa dia piacere. L’Italia è leader nella produzione di piante e fiori in Europa. Un giardino che copre oltre 30.000 ettari di terreno che si estendono dal sud al nord e dalla pianura, alla collina, fino alla montagna. Il florovivaismo italiano vale oltre 2,4 miliardi di euro e conta oltre 30mila aziende agricole che garantiscono occupazione ad oltre 100mila persone. A pesare sul settore è anche la piaga del commercio abusivo di fiori recisi e di piante in vaso. Nonostante il primato italiano in Europa le importazioni di fiori e piante sono aumentate del 7 per cento nei primi sei mesi del 2015. Il franchising potrebbe rappresentare un’ottima valvola di sfogo per i tanti fiorai in difficoltà grazie alle proprietà intrinseche dell’affiliazione che abbatte i rischi di impresa IN ESPANSIONE E-Commerce
Il commercio online sta trasformando il commercio tradizionale. Sarà forse banale scriverlo e ripeterlo. E allora diciamo di più: lo sta trasformando a una velocità inaspettata fino a qualche anno fa. Alcuni dati: 18,8
Interno di un negozio di fiori
milioni di italiani nel 2015 hanno comprato online, vale a dire più di 6 utenti su 10 che ogni giorno utilizzano internet. Gli acquisti da smartphone o tablet coprono ormai un quarto degli acquisti totali, pari a quasi 6 milioni (dati: Netcomm). Secondo uno studio della Casaleggio Associati, il 2015 è stato l’anno dei cellulari, con il sorpasso storico ai danni dei personal computer in termini di navigazione su internet che in termini di visualizzazione sui siti di e-commerce. Per intenderci, gli italiani sempre più navigano da telefonino su un portale di commercio online per poi acquistare il prodotto dal fisso. Ma, a breve, anche l’acquisto passerà dallo smartphone. È consequenziale a tutto questo la necessità per le aziende che praticano la vendita su internet a pensare, ideare, realizzare siti semplici, sicuri ed efficaci. Le tendenze in atto…
Nei prossimi mesi e anno vedremo intensificarsi alcuni fenomeni. Infocommerce: è un fenomeno prettamente italiano, cioè informarsi nel punto vendita fisico per comprare online. Centri commerciali online: ovvero portali che mettono in vendita prodotti delle varie marche selezionate dai gestori, con promozioni e sconti. Possono essere verticali (una categoria merceologica precisa) od orizzontali (varie categorie). Alimentare: era un po’ la cenerentola del commercio online. Schiacciata dalle solite “note” – abbigliamento, turismo e, a sorpresa, editoria – oggi l’alimentare è in rapida crescita grazie anche all’ingresso nel settore di un servizio come Amazon Prime Now e le acquisizione di JustEat che ha superato i 3.500 ristoranti affiliati. Velocità, semplicità, conversazioni: se Walmart ha aumentato il
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tasso di conversione fra click e acquisto online grazie all’aumento della velocità di apertura del sito di un secondo, Expedia ha avuto un profitto maggiore di 12 milioni di dollari solamente rendendo più facile e meno tecnico i form di contatto e prenotazione. Mentre, Intuit ha raddoppiato lo scontrino medio aggiungendo in ogni pagina una chat (tutti questi casi sono stati riportati nell’ultimo studio della Casaleggio sull’ecommerce).Il significato? Si vince con siti veloci, semplici, interattivi. … e le problematiche
Tutto oro quel che luccica? Manco a dirlo. Il commercio online si porta dietro delle problematiche per i retailer a cui se ne sommeranno delle altre con la contestuale crescita della pratica. E, aggiungiamo, le difficoltà che le imprese in franchising possono incontrare facendo commercio online. Ne abbiamo parlato nei numeri scorsi, anche con interventi di importanti avvocati e specialisti. Li riassumiamo qui. Esclusiva territoriale: una delle basi di un contratto di affiliazione è la cosiddetta esclusiva territoriale, ovvero la garanzia da parte della casa madre che nessun altro negozio del marchio aprirà nel bacino di utenza servito dallo stesso franchisee. Come garantirla anche nel commercio online, dove l’e-commerce della casa madre potrebbe vampirizzare le vendite offline degli affiliati? Chi vende cosa: molti contratti in franchising vietano all’affiliato di creare un e-commerce, magari per venderci la merce rimasta in magazzino. Ha ancora senso nell’era del retail 4.0 vietare al franchisee di crearsi uno sbocco in più alle proprie merci, evitando che sia la stessa casa madre a fargli dumping vendendo online merce invenduta con sconti consistenti? Logistica: secondo uno studio della Casaleggio Associati, oltre la metà delle imprese che operano online non è soddisfatto dei servizi che riceve, del poco valore aggiunto e delle modalità di gestione degli stessi siti. Se a questo si aggiunge il problema delle informazioni sulle merci messe in vendita online che spesso non vengono aggiornate, così da costringere l’esercente a disdire un ordine di acquisto su qualcosa già venduto offline, il quadro non è certamente positivo. Benessere e Bellezza
Il mondo della salute sta cambiando. Nelle abitudini, nei luoghi, nei consumi. Tant’è vero che si stanno imponendo nuovi termini (“bellessere”, fra bello e benessere, digital health, eccetera), nuove location, nuove realtà ibride, nuovi attori. Nel 2015, ultimo dato completo pubblicato da uno studio dell’Università Bocconi di Milano, su 149 miliardi di risorse destinate alla sanità italiana, 34 derivavano dalla spesa privata. Il
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Il Box della Salute presentato nel mercato del benessere da Alexander Dr Fleming
comparto socio-assistenziale raggiungeva i 50 miliardi. Nel corso degli anni, la domanda di cure private sta dilatandosi, ormai è pari a circa un terzo del totale, per il progressivo ripiegamento dell’offerta pubblica. Nel triennio 2013-2015, per esempio, la quota de privati è aumentata del 3,2 per cento, con più di 10 milioni di italiani che nel corso del tempo si sono rivolti a strutture non pubbliche. A questi dati aggiungiamo anche il fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione – nel 2050, ci saranno nel mondo due miliardi di anziani per una popolazione di quasi 10 miliardi e per l’Europa la percentuale è destinata a salire fino al 34 per cento – l’esplosione di altri canali distributivi come quelli della Grande distribuzione organizzata e l’accresciuta sensibilità dei cittadini verso i temi del benessere e avremo l’idea di un settore in profonda trasformazione. Le farmacie
Le farmacie rappresentano forse il caso più evidente ed emblematico di questa trasformazione che sta interessando il comparto della salute. Nel momento in cui scriviamo il disegno di legge sulle liberalizzazioni si trova in discussione al Senato per quella che dovrebbe essere l’ultima tappa di un percorso lungo, troppo lungo, che dovrebbe aprire il mercato delle farmacie ai fondi privati. Ma cosa prevedere il testo della norma? Questi i punti principali: • Possibilità per le società di capitali di essere tito-
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to, anche se in termini assoluti l’etico fattura ancora di più, 2,6 miliardi di euro contro 1,7 miliardi). Un affare digitale da 30 miliardi di dollari
lari di farmacie • Rimozione del limite di 4 licenze per un singolo soggetto, sostituito con l’introduzione del limite del 20 per cento delle farmacie esistenti nella stessa Regione o Provincia autonoma • Possibilità di fornire anche i farmaci ospedalieri (Fascia H) • Possibilità di ampliare gli orari e i turni di apertura. È chiaro a tutti come queste disposizioni permetteranno ai grandi gruppi di venire a fare “shopping” in Italia in un mercato che fino a oggi è ingessato da troppi vincoli e divieti e per i farmacisti di poter ampliare lo spettro dei prodotti in vendita con l’aggiunta della fascia “H”. La farmacia sta cambiando non solo dal punto di vista della legislatura, ma anche da quello delle sue funzionalità. Giacomo Bruno, associate consultant di S.A.V.E. – Studi Analisi Valutazioni Economiche di Milano, del dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università degli Studi di Pavia, nota già da ora un aumento della competizione nel settore, con un conseguente abbassamento dei margini e uno spostarsi dalla sola commercializzazione dei prodotti all’erogazione di sempre più servizi. Secondo uno studio di IMS Health, multinazionale che supporta l’industria farmaceutica attraverso la fornitura di informazioni, analisi e servizi di consulenza, l’autocura e il commerciale stanno crescendo nel canale farmacia più del comparto etico (+7,3 per cento contro +1,4 per cen-
Una ricerca promossa a fine 2015 dell’Università La Sapienza di Roma, Istituto Superiore di Sanità e Agenzia italiana del farmaco ha mostrato come internet per il 74 per cento degli italiani ha sostituito il medico quando si cerca una risposta ai sintomi di un malessere. Un fenomeno che sta attirando, e non poteva essere diversamente, i big della Rete. Oggi il mercato della salute digitale vale 15 miliardi di dollari, ma è destinato a raddoppiare entro il 2020. Google, per esempio, ha deciso di lanciare un servizio di ricerca proprietario dedicato alla spiegazione medica dei sintomi. Presto sarà disponibile anche fuori dagli Stati Uniti. Nel 2014, Apple ha rilasciato invece un’applicazione e una piattaforma denominata HealthKit, in modo da consentire agli sviluppatori di rendere le applicazioni per la salute parte integrante del sistema Apple. L’azienda guidata da Tim Cook ha già fatto un passo avanti verso la telemedicina con CareKit una piattaforma progettata specificamente per applicazioni medico-paziente, in modo che il dialogo possa diventare tecnologico e abbattere i costi. E propria questa strada digitale sembra essere il futuro dal momento che, secondo Idc Technologies services, la società che monitora il mercato delle nuove tecnologie, il 70 per cento delle Organizzazioni sanitarie mondiali intende investire su applicazioni mobile e wearable per raccogliere dati a distanza su malattie anche gravi. Secondo un’analisi di PricewaterhouseCoopers (PwC) esistono già 165mila applicazioni dedicate al benessere e alla salute, di cui solo il 5 per cento ha volumi significativi di utilizzo. Questo però non vuol dire che il trend non sia forte, tant’è vero che, sempre secondo Pwc, la domanda di medicina elettronica arriverà presto a 1,5 miliardi di App scaricate per un giro d’affari del mobile health che supererà quota 20 miliardi di euro. E che il futuro sia questo lo si legge anche nelle scelte di campo della politica: in America, l’amministrazione Obama ha concesso incentivi fiscali per 30 miliardi di dollari per digitalizzare i dati di milioni di pazienti; l’Ue, invece, ha lanciato la sua prima consultazione pubblica sulle App che si occupano della salute dei consumatori che si chiuderà il 15 settembre 2016 e vuole dare voce a sviluppatori e utilizzatori di applicazioni. Startup forever
Il mercato delle startup legate al “digital heath”, secondo le stime degli analisti, può raggiungere i 230 miliardi di dollari di controvalore entro il 2020. Le app legate alla salute sono quelle con il più alto tasso di
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sviluppo e quelle che attirano maggiormente i giovani. Nielsen ha calcolato che potenzialmente metà dei giovani fino a 34 anni sono interessati a utilizzare queste applicazioni. Artigianato
L’innovazione passa anche attraverso parole e concetti che sembrano arrivare da un’altra epoca. Per esempio, parlare, oggi, di “artigianato” vuol dire quasi mettersi in contrapposizione con gli strumenti della tecnologia e del web. Da una parte il lavoro “umano”, unico, personalizzato, caldamente professionale. Dall’altro l’automazione fredda, massificata, quasi parassitaria che si ciba della nostra privacy. Pensare questo sarebbe, però, un grosso errore. Perché anche il vasto mondo degli artigiani sta passando attraverso un percorso di rinnovamento di cui il franchising ne è un vettore fondamentale, entrando in una nuova fase che scopriremo solo vivendo, come intonava il cantante. Non parliamo in questo articolo dei casi, pur di eccellenza, della ristorazione in cui, accanto a colossi del cibo, oggi tanti piccoli “Davide” stanno avendo successo grazie a concetti di purezza come quello del cibo fatto in casa, preparato sul momento, a chilometro zero, eccetera. Parliamo dei tanti lavori che sono associati all’idea di artigianato, come quello del fabbro, del falegname, dell’idraulico, del parrucchiere. Ma anche piccole riparazioni, dal telefonino al pc, dalla tapparella alla finestra di casa. In uno studio del 2015 dell’Unione Europea intitolato “Business Innovation Observatory – Collaborative Economy: collaborative production and the maker economy”, si mette in evidenza che il trend occupazionale dell’artigianato e delle professioni basate sul “saper fare con le mani” è in crescita e che l’artigianato tradizionale non è affatto in via di estinzione. Per il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti l’artigianato e la filiera degli articoli fatti a mano e su misura sono tra le professioni che faranno registrare il maggior incremento occupazionale negli Stati Uniti da oggi al 2024, perché anche “in un mondo sempre più virtuale e digitale, non viene meno la richiesta di prodotti reali e tangibili”. L’evoluzione
La domanda principale è: perché un artigiano, qualunque cosa faccia, dovrebbe anche solo pensare di affiliarsi a una rete in franchising piuttosto che continuare a fare quello che sa fare in forma indipendente? Cerchiamo, allora, di capire l’importanza del franchising per un artigiano: • La rete. Far parte di un network non significa soltanto sostenere dei costi per entrarvi (fee) o per continuare a starci (royalty). Significa godere di economie di scala importanti, anche da punto di
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vista dei saperi. Il costante scambio informativo con i colleghi aumenta la qualità del lavoro di ognuno, in un costante miglioramento della propria professionalità • La promozione. Il compito più arduo per un artigiano, soprattutto in una grande città dove il passaparola è limitato, è quello di farsi conoscere dai suoi clienti. Una rete in franchising permette di accentrare alla casa madre la funzione di contatto e di marketing. Questo fa sì che il singolo artigiano possa godere, per estensione, della fama del marchio e concentrarsi unicamente sul proprio lavoro • Customer care. Dall’inglese, “attenzione al consumatore”. Nell’èra di internet, i servizi rivolti ai clienti, soprattutto in fase di post vendita, sono tanto essenziali quanto difficili da erogare per un singolo artigiano. Far parte di una catena strutturata con capacità finanziarie importanti significa anche demandare alla sede centrale tutti quei servizi di customer care necessari anche per azioni di marketing e di fidelizzazione mirati. I punti caratteristici
Quali sono, invece, le caratteristiche essenziali che l’artigianato deve avere per definirsi tale e che deve amplificare entrando in una rete in franchising? Intanto, diciamolo subito per sgomberare il campo da possibili equivoci. I concetti di artigianato e di affiliazione commerciali non sono termini contradditori, perché la “sacralità” del prodotto o del lavoro “fatto a mano” non viene perso e appiattito all’interno di una rete in franchising. • Unicità. È la caratteristica di più “appeal” per un artigiano, poter offrire un prodotto o un servizio estremamente unico. Non è un caso che molte aziende stanno cercando di declinare i prodotti di modo che possano essere unici, inimitabili e introvabili • Personalizzazione. Un lavoro o un servizio artigianale è per sua natura personalizzato. Poter continuare a offrire prodotti personali e unici e rimanere sul mercato con una certa competitività, ecco il mix che una rete in franchising può offrire ai singoli artigiani . AZ © RIPRODUZIONE VIETATA
/ SPECIALE - TESTIMONIANZE /
NAU!
NATURHOUSE
NEGOZI DI OCCHIALERIA
DIETETICA E BENESSERE
Fatturato 2016 e previsioni per quello 2017? 30 milioni (2016), previsioni 2017 35 milioni circa Che anno è stato per voi il 2017? Obiettivi per il 2018? “È stato un anno di crescita a doppia cifra, oltre che un anno importante per le aperture all’estero. Anche per il 2018 puntiamo a crescere sia di fatturato che in numero di store, Italia e estero”. Che momento sta vivendo il vostro settore? “Un momento di intensa trasformazione, dove NAU! gioca un ruolo da protagonista. Infatti è un momento di ristrutturazione soprattutto culturale, nascono nuovi brand, nuovi gruppi dalla fusione di due o più aziende. Sono molte le realtà nuove nel settore”. Che tipologia di affiliato ricercate? “Sicuramente la passione e la voglia di fare e crescere sono requisiti importanti per Nau!. Più i franchisee sposano le caratteristiche del mondo Nau! più facile sarà arrivare al successo insieme. Non serve avere esperienza nel nostro settore per essere un affiliato NAU!, la cosa importante è l’entusiasmo e la voglia di crescere e di fortificare un progetto importante e dalle grandi potenzialità. Anzi, il fatto di provenire da un settore diverso può essere per Nau! un fattore di ulteriore crescita. Crediamo nella diversità e nella possibilità di migliorarci, consideriamo la provenienza dal settore moda un vantaggio competitivo”.
Fatturato 2016 e previsioni per quello 2017? “Il fatturato pvp (prezzo di vendita al pubblico) del 2016 è stato di circa 60 milioni di euro, dato che verrà confermato nel 2017”. Che anno è stato per voi il 2017? Obiettivi per il 2018? “Nel 2017 abbiamo aperto, ad oggi, oltre 40 punti vendita, il 50 per cento dei quali con il format low-cost (Village) che ci sta consentendo di capillarizzare la rete e di portare il servizio di NaturHouse in nuovi bacini d’utenza. Per il 2018 l’obiettivo sarà quello di aprire 50 punti vendita”. Che momento sta vivendo il vostro settore? “Se parliamo del settore dei complementi dietetici, è in crescita esponenziale e, senza tema di smentita, possiamo affermare che NaturHouse ha contribuito in maniera importante a diffondere una cultura del complemento, praticamente inesistente in Italia 12 anni fa, quando NaturHouse ha cominciato la sua “mission”. Se invece parliamo dell’arena competitiva del dimagrimento, anche qui “purtroppo” la crescita del settore è inarrestabile, perché a causa del peggioramento delle abitudini alimentari e delle conseguenze negative legate alla sofisticazione degli alimenti, la percentuale della popolazione in sovrappeso continua ad aumentare. Che tipologia di affiliato ricercate? “Il nostro affiliato tipo è una persona motivata dotate di intraprendenza commerciale e/o con laurea in Biologia, Farmacia, Scienze dell’alimentazione, Scienze della nutrizione, Biotecnologie, Dietistica. NaturHouse prevede 3 tipologie di format, con un investimento iniziale minimo che parte da 10mila euro e che consente di crearsi un autoimpiego estremamente redditizio. Standard: 40mq ideale per gli insediamenti urbani con più di 35mila abitanti; NaturHouse Village: 20 mq concepito per gli insediamenti urbani con meno di 35mila abitanti; NaturHouse Village Box (15-25 mq), studiato per i centri commerciali “full lease” o quelli dove le posizioni disponibili sono di una metratura eccedente rispetto alle necessità del format.
PRIMIGI - IGI&CO CALZATURE, ACCESSORI, BAMBINO Fatturato 2016 e previsioni per quello 2017? “Il Gruppo IMAC ha chiuso il 2016 con un fatturato di 257 milioni di EURO, con un incremento rispetto al 2015 del 6 per cento. Per il 2017 prevediamo un fatturato di 270 milioni di euro pari a un 5 per cento in aumento”. Che anno è stato per voi il 2017? Obiettivi per il 2018? “Il 2017 ha rappresentato un anno di crescita e consolidamento. Per il 2018 prevediamo ancora una crescita sia nei multimarca che nel retail, sia in Italia che all’estero”. Che momento sta vivendo il vostro settore? “La lunga crisi che ha connotato gli anni a partire dal 2008 non sembra ancora essere sconfitta. Ci sono segnali di una forte instabilità economica generale e di conseguenza il settore calzature e abbigliamento soffrono di una forte stagnazione dei consumi. I nostri negozi PRIMIGI e IGI & CO sono molto competitivi e performano molto bene, grazie a un ottima qualità, un prezzo molto corretto e una vasta gamma di collezione”. Che tipologia di affiliato ricercate? “Oggi è necessario forse parlare di ‘partners’ piuttosto che di ‘affiliati’. Il coinvolgimento, la condivisione della mission, la volontà di distinguersi anche sul fronte del servizio al consumatore, un affiliato che crede nel progetto e abbia attitudini alla vendita. Al resto pensiamo noi”.
PRIMIGI - IGI&CO CALZATURE, ACCESSORI, BAMBINO Fatturato 2016? “108.960.024 euro” Che anno è stato per voi il 2017? Obiettivi per il 2018? “Per il 2017 l’obiettivo è chiudere con una rete di 400 punti vendita e un totale incassi di 182.000.000 di euro contro i 166.000.000 del 2016. Il 2018 ci vedrà impegnati col progetto e-commerce e con l’espansione della rete su territorio nazionale ed internazionale”. Che momento sta vivendo il vostro settore? “Indipendentemente dallo scenario globale, il settore è in crescita positiva”. Che tipologia di affiliato ricercate? “Il nostro affiliato ideale è un partner grintoso, che ha voglia di far crescere il suo business nell’ambito di una rete franchising di successo, in continua espansione, come Primadonna Collection”.
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E per il 2018 attese tante novità
Un anno di EVENTI targati AZ FRANCHISING Dagli Awards, italiani e internazionali, alle fiere più importanti fino alle tavole rotonde, tante le occasioni per incontrare esperti del settore e ascoltare storie imprenditoriali vincenti Un anno ricco di eventi, quello di AZ Franchising. Una serie di avvenimenti e tavole rotonde con un unico comun denominatore: incontrare i protagonisti del settore per conoscere da vicino un settore che ha saputo resistere bene alla crisi e che ora rappresentano una leva di business per un’economia che torna a crescere. Focus settoriali
Caratteristici di AZ Franchising, i focus settoriali descrivono ogni mese sul magazine l’andamento di una categoria merceologica, raccontando le storie di successo, tracciando le traiettorie future, analizzando i trend e, grazie al suo Osservatorio, “sfornando” dati e numeri. Ma non ci si limita alla carta stampata. Anche nel 2017, infatti, abbiamo organizzando tavole rotonde incentrate su quei settori che consideriamo meritevoli di essere raccontati. A settembre abbiamo riunito alcuni dei più grandi responsabili di brand dell’abbigliamento e dell’intimo, come Francesco Pinto, presidente di Inticom-Yamamay, o Pierluigi Marinelli, direttore franchising del Gruppo Teddy (Terranova, Calliope, Rinascimento). A ottobre, nell’ambito del Salone Franchising Milano, ci siamo soffermati sulla tematica del “leisure”, un gancio che sempre più retailer, di qualsiasi settore, stanno utilizzando per attrarre nuovi consumatori e fidelizzarli. Il divertimento, insomma, come vettore di business trasversale. Nel box a parte, abbiamo raccolto le frasi dell’anno che si sta per chiudere che abbiamo ritenuto più significative o perché fotografano una situazione nuova o perché indicano la direzione di un mercato in continua evoluzione. Gli awards
Anche nel 2017 si è tenuta la cerimonia di consegna dei Franchising Awards. Nati nel 2001, i Franchising Awards sono diventati nel tempo il riconoscimento più ambito dalle aziende che operano nel campo dell’affiliazione commerciale. Il premio va a chi si è distinto sul mercato e a chi ha saputo esprimere al meglio quelle che Fabio Pasquali, presidente di WM Capital, ha definito le
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“5 leve del franchising”: brand, formazione, ricerca, redditività, ingegnerizzazione. I Franchising Awards sono assegnati su indicazione di un Comitato Scientifico. Nel 2017, l’edizione italiana dei Franchising Awards, che si è svolta nello scenario di Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana, ha visto premiati: • GRUPPO TEDDY, per l’eccellenza dimostrata nello sviluppo dei propri marchi e del network nel settore della moda • Wycon Cosmetics, per il tasso di crescita fatto registrare negli ultimi anni dalla rete nel settore del make-up • Remax, per i processi di ingegnerizzazione e di razionalizzazione della rete nel settore del real estate. Anche nel 2017, in questo mese di dicembre, torneranno, inoltre, gli International Franchising Awards, l’estensione internazionale dei premi italiani che, anche quest’anno come nel 2016, si terranno a Londra, nell’ambito della manifestazione Bond Street Capital Awards. La cornice internazionale di questi premi sottolinea l’importanza che l’internazionalizzazione ricopre per WM Capital, società proprietaria di AZ Franchising. Finanza e altri strumenti di finanziamento
Il franchising si sta evolvendo anche in un altro senso. Se fino a qualche anno fa ci si rivolgeva alle catene soprattutto per motivi di autoimpiego, oggi lo standing dei potenziali franchisee è molto più alto. Sono entrati nel settore, o ci stanno entrando, fondi di investimento, gruppi industriali, società di capitali che stanno portando il franchising in una nuova età, che potremmo definire “della maturità”. AZ Franchising, da sempre attenta a ciò che si muove nel mondo dell’affiliazione commerciale, ha dedicato a questa tematica una tavola rotonda, sempre in Borsa Italiana, in cui si è discusso dei nuovi strumenti normativi e finanziari a disposizione delle reti: dai PIR (Piano individuali di risparmi) e i CONFIDI. Per l’occasione, sono stati riuniti alcuni dei migliori esperti e specialisti: Gianfranco Luddeni, consulente finanziario
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Invest Banca, il cavaliere Giuliano Terzi, Anna Lambiase, CEO di Irtop, l’avvocato Alessandro Lerro. Per il 2018
L’anno che verrà sarà, come nella tradizione di AZ Franchising, all’insegna della presenza nelle migliori fiere del franchising nazionali e internazionali e delle tavole ro-
tonde su settori e tematiche precise. Torneranno i Franchising Awards e gli International Franchising Awards. E ci saranno tante novità, che comunicheremo sul magazine e sui nostri siti (www.azfranchising.it e www. azfranchising.com). AZ © RIPRODUZIONE VIETATA
LE FRASI DEL 2017 Francesco Pinto, presidente Inticom-Yamamay: “È cambiata la tipologia di affiliati, oggi più che mai imprenditori strutturati. Il franchising non più come modalità di autoimpiego, quindi, ma come forma di investimento e di diversificazione del proprio business”.
Pierluigi Marinelli, direttore sviluppo Gruppo Teddy: “Il cambiamento non deve spaventare. Anzi, va cavalcato e le aziende dovranno adeguarsi al di là dei buoni risultati che stanno realizzando in questo momento. Aspettare per cambiare risulterà fatale per il futuro di ogni azienda”.
Barbara Cimmino, responsabile Ricerca e Sviluppo Inticom /Yamamay: “Delle aziende familiari si rilevano spesso le criticità, che ovviamente non mancano. Ma se devo pescare fra i tanti vantaggi della gestione famigliare di Yamamay, quello più grande è la rapidità nelle decisioni e la perfetta distribuzione delle competenze fra tutti i componenti del nucleo famigliare”.
Emanuele Camoni, responsabile franchising Kasanova: “Le aperture non sono per noi un obiettivo in sé. Abbiamo sempre evitato di aprire punti vendita solo per avere delle bandierine in più sulla cartina. Meglio una in meno, ma rendere solida la rete”.
Fabrizio Brogi, presidente e fondatore NAU!: “Il consumatore di oggi è più razionale e oculato nelle proprie scelte. È eclettico, non si ferma più solo al giro in centro per gli acquisti, ma usa internet per reperire più informazioni possibili, vuole andare in profondità e avere così un ventaglio di informazioni che gli possono permettere di fare scelte consapevoli”.
Mario Maiocchi, già amministratore delegato Mondadori Retail: “Per un retailer di successo nel mondo delle librerie diventa fondamentale integrare nella propria strategia una proposizione multicanale sia verso il cliente sia i propri affiliati, soprattutto in termini di servizio”.
Riccardo Rizzi, CEO del Gruppo Dedem, parlando del marchio Youngo: “Nel mondo occidentale cresce il bisogno di divertimento e di tempo libero ma, contemporaneamente, diminuiscono le capacità economiche da destinarsi. Da qui, l’intuizione di pensare a degli spazi in cui genitori e figli possano divertirsi assieme a costi contenuti”. 33
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Numeri da leader per il marchio della nutrizione e dietetica
NATURHOUSE si fa in TRE Standard, Village e Village Box i format proposti sul mercato. Differenti metrature e investimenti, stesso obiettivo di sempre: educare alla sana alimentazione
È un classico, quello di iniziare il nuovo anno con i migliori propositi per ritrovare la forma che, durante le feste, viene messa a dura prova. In questo caso è fondamentale, oltre ad un’adeguata attività fisica, variare sapientemente l’alimentazione, cercando di migliorarla e di renderla congrua rispetto al nuovo stile di vita che ci imponiamo di intraprendere. Perché tale sforzo non sia vano, ma anzi porti a risultati immediati e anche duraturi, NaturHouse offre gratuitamente la professionalità dei propri consulenti alimentari sempre presenti nei punti vendita che oggi formano la rete italiana della multinazionale spagnola leader mondiale nell’educazione alimentare. I numeri
Quasi 500 negozi in Italia e oltre 2.400 in tutto il mondo. Numeri da protagonista assoluto per NaturHouse che può vantare di essere un franchising attuale e moder-
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no, “in linea” con le sempre più diffuse esigenze di una corretta alimentazione. NaturHouse è un’opportunità per persone motivate, dotate di intraprendenza commerciale e/o con laurea in Biologia, Farmacia, Scienze dell’alimentazione, Scienze della nutrizione, Biotecnologie, Dietistica. Grazie alla comprovata efficacia del metodo NaturHouse, che associa all’educazione alimentare l’utilizzo di complementi dietetici di natura erboristica, ritrovare la forma ideale risulterà assolutamente semplice, naturale e alla portata di tutte le tasche. Oggi il format si è arricchito di un’innovativa linea di piatti precucinati, pronti all’uso in soli 2 minuti. Tante ricette per ogni gusto ed esigenza, in linea con i trend di un mercato in forte espansione. Il passaparola
“E sarà proprio la soddisfazione dei clienti spesso così
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evidente come il loro calo ponderale a originare quel sano “passaparola” che costituirà il motore commerciale di chi ha deciso di investire nel franchising NaturHouse, un business format innovativo, perfezionato in oltre 25 anni di attività, che prevede 3 tipologie di format, con un investimento iniziale minimo che parte da 10mila euro e che consente di crearsi un autoimpiego estremamente redditizio” dicono dalla casa madre. I tre format
Scendendo nel particolare dei tre format proposti, il Centro NaturHouse Standard ha una metratura ideale di 40 metri quadrati per gli insediamenti urbani con più di 35mila abitanti. Il Centro NaturHouse Village è stato concepito per una grandezza di 20 metri quadrati, ideale per gli insediamenti urbani con meno di 35mila abitanti. Infine, il Centro NaturHouse Village Box di 15/25 metri quadrati è stato studiato per i centri commerciali “full lease” o quelli dove le posizioni disponibili sono di una metratura eccedente rispetto alle necessità del format. AZ © RIPRODUZIONE VIETATA
LA RETE FRANCHISING Anno di partenza del franchising: 1997 Punti vendita diretti: 55 Punti vendita affiliati: 435 Punti vendita affiliati all’estero: 1.689 Punti vendita diretti all’estero: 156
CONTATTI 800 090 532 www.naturhouse.it franchising@naturhouse.it
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Il settore tra le sfide del web e i cambiamenti nel comportamento dei consumatori
Il franchising dei servizi entra in una nuova èra Dalla sharing economy alle assicurazioni, dalla bellezza alla cura degli anziani, le opportunità per chi vuole avviare un’attività non mancano. Testimonianze di alcuni dei protagonisti che ci spiegano che cosa sta avvenendo nel mercato
Dai servizi per gli automobilisti alle assicurazioni, dalla comunicazione all’immobiliare fino alla mediazione creditizia e all’informatica e IT, il comparto dei servizi comprende una gran parte delle attività dell’economia italiana. Per anni “sorella povera” di settori come abbigliamento e ristorazione, le mutate esigenze della popolazione e i nuovi bisogni creati dalle nuove tecnologie hanno trasformato questa nicchia di mercato in un’importante leva della nostra economia, tanto da rappresentare ormai la metà del totale del commercio. Quali sono le caratteristiche dell’organizzazione di servizi? L’intangibilità: i servizi non possono, cioè, essere immagazzina-
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ti. La loro produzione avviene sul campo, dislocati in vari punti, non in uno stabilimento. Numeri, numeri
Nel secondo trimestre del 2017 l’indice destagionalizzato del fatturato dei servizi è aumentato dello 0,7 per cento rispetto al primo trimestre 2017, consolidando i segnali espansivi registrati nei trimestri precedenti. Nel secondo trimestre del 2017, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, l’indice generale del fatturato dei servizi registra un aumento del 2,7 per cento.
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LE TESTIMONIANZE Patrizio Donnini, fondatore e CEO dell’azienda
“KEESY, il mercato dell’HOME SHARING e le nuove frontiere del TURISMO” Entro dicembre 2017, la startup nata a Firenze aprirà a Roma e Milano e a gennaio 2018 a Venezia. L’investimento medio per aprire un Point si aggira sui 60mila euro Patrizio Donnini è fondatore e CEO di Keesy, startup attiva nel settore dell’home sharing che ha già fatto parlare di sé. Keesy rappresenta la nuova generazione di startup tecnologiche che decidono di svilupparsi in rete, anche grazie al franchising. Risparmio di tempo, flessibilità e ottimizzazione delle soluzioni i principi guida che hanno ispirato l’azione di Donnini e della sua azienda.
do da questo bisogno di tempo e flessibilità e applicando l’idea del self check-in abbiamo pensato Keesy per offrire agli host uno strumento e una soluzione per ottimizzare il loro lavoro. Con Keesy non solo è risolto il momento dello scambio delle chiavi ma anche tutte le attività che l’host deve fare: l’invio dei documenti in questura, il pagamento del soggiorno e dell’imposta di soggiorno e la firma del contratto della struttura”.
A quale bisogno avete voluto dare risposta con la creazione della startup Keesy?
“Keesy ha suscitato da subito molto interesse e, come tutte le novità, è stata anche motivo di curiosità e qualche diffidenza, che ci aspettavamo davanti a un sistema del tutto nuovo e automatizzato. Ma è bastato far utilizzare il nostro servizio – il primo check-in con Keesy lo offriamo gratuitamente – per sciogliere i dubbi. Stiamo ricevendo ottimi feedback dagli host e dai loro guest. Sono sincero, non mi aspettavo in poco tempo così tante richieste di affiliazione sia dall’Italia che dall’estero, le stiamo valutando una per una con un’analisi del territorio e dei meccanismi di afflusso turistico in quella zona. Intanto dopo Firenze, ed entro dicembre 2017, apriamo a Roma e Milano e a gennaio 2018 a Venezia. Le prime affiliazioni saranno su Bologna e Como nel primo trimestre del 2018”.
“Keesy è il primo servizio di check-in e check-out completamente automatizzato pensato per le strutture extra-alberghiere e per chi fa home sharing. Nasce dalla mia esperienza di Host: sono proprietario di alcuni appartamenti che affitto ai turisti e so cosa vuole dire voler offrire agli ospiti massima flessibilità e un ottimo servizio, senza però rinunciare a tutto il proprio tempo. Le strutture extra-alberghiere non sono dotate di una reception e questo comporta dei grossi compromessi in termini di orari sia per l’host che per il guest. Parten-
Pur essendo nati da poco, vi siete fatti un’idea di come il mercato e i clienti stanno rispondendo alla vostra proposta?
Ci sono differenze fra il mercato italiano e quelli stranieri?
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“Le differenze e di conseguenza anche le “diffidenze” dipendono da un fattore culturale. In Italia c’è una cultura dell’accoglienza più umana e fisica, all’estero, specie nei paesi anglosassoni, il self check-in è già una realtà affermata. Da noi occorre vincere qualche resistenza in più, ma, come ho detto, una volta che si prova il servizio le diffidenze cadono. Quello che mi piace sempre spiegare agli host italiani è che con Keesy non si rinuncia al contatto con il proprio ospite, anzi: l’incontro non viene ridotto al mero scambio delle chiavi o alla consegna dei documenti spesso forzato o frettoloso e host e guest possono scegliere il momento migliore per incontrarsi”. Che cosa ne pensate dell’alzata di scudi che in molte parti del mondo si sta registrando contro Airbnb?
“Tra le piattaforme e i servizi innovativi nati nell’ambito della sharing economy Airbnb è certamente tra quelli che hanno prodotto i cambiamenti più forti nel mercato di riferimento. Possiamo dire che Airbnb ha sconvolto il nostro modo di viaggiare e come tutti i cambiamenti forti ha prodotto nuove opportunità ma anche diverse criticità, che sono reali e vanno affrontate. Penso sia sacrosanto pretendere che chi fa home sharing lo faccia in modo corretto e alla luce del sole, ma non credo che serva fare levate di scudi né varare nuove norme, piuttosto bisogna assicurare il rispetto di quelle che ci sono già. Il nemico non è Airbnb, ma chi lo utilizza in maniera scorretta. Nel nostro piccolo con Keesy cerchiamo di fare anche questo: aiutiamo gli host a gestire le loro strutture stando all’interno delle regole: riscossione della tassa di soggiorno, invio dei documenti, pagamenti tracciati, tutti elementi che caratterizzano un soggiorno in piena regola. La sharing economy è un fenomeno inarrestabile e, mi permetto di dire, anche una bellissima risposta in tempi di crisi. Se siamo in grado di essere trasparenti e stare nelle regole riusciremo a sfruttare le grandi
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opportunità di Airbnb contribuendo a ridisegnare i servizi in maniera migliore rispetto al passato”. Quali tendenze vedete affermarsi nel vostro mercato di riferimento?
“Gli affitti turistici sono un mondo in grande espansione e gli host, di conseguenza, hanno sempre più bisogno di servizi a supporto della loro attività e per appagare le esigenze degli ospiti. Poter offrire una vasta gamma di servizi satellite al soggiorno del guest (dal noleggio della macchina, alla prenotazione del ristorante) è sicuramente un valore aggiunto che Keesy non vuole trascurare. Il self check-in è certamente una tendenza che si affermerà sempre di più anche qui da noi, partecipando al TTG di Rimini ho potuto constatare che anche la domotica sta prendendo piede rapidamente. Inoltre c’è l’esigenza di integrare tra loro i vari portali delle OTA così da poter gestire le varie prenotazioni e i calendari. Anche su questo tema Keesy è già al lavoro e a breve usciremo con prodotti che rispondono proprio a questi bisogni. Ci può descrivere chi è il vostro affiliato ideale? Quanto dovrà spendere? Come troverà i suoi clienti fra gli affittuari?
“Il nostro affiliato ideale è un vero e proprio partner, un imprenditore dinamico e attento alle nuove tecnologie e un buon conoscitore della realtà turistica nella sua città. Ma anche un soggetto che vuole diversificare il suo business, con un investimento minimo e senza l’impiego di personale o problematiche di gestione. Il Keesy point infatti è completamente automatizzato e non richiede personale. Keesy si occupa della gestione dell’assistenza tecnica e fornisce agli utenti supporto da remoto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. L’investimento è modulabile a seconda delle esigenze e del tipo di Point che si vuole aprire e si può scegliere tra acquisto o locazione delle componenti del point. L’impegno economico di base si aggira intorno ai 60mila euro a cui va aggiunto un canone mensile. I nostri partner non sono mai lasciati soli nella ricerca degli host, tutte le campagne di comunicazione e marketing vengono gestite da Keesy ma, indubbiamente, dovrà conoscere le dinamiche dell’home- sharing del territorio in cui opera”. Come funziona tutta la vostra parte tecnologica?
“Per acquistare e prenotare il servizio, l’host ha a disposizione un’applicazione, disponibile per Ios e Android e presente negli Store da maggio e una versione desk, accessibile dal sito. L’applicazione prevede delle funzionalità ad hoc anche per i guest, che scaricandola hanno a disposizione una guida multimediale all’alloggio scelto e i consigli per vivere al meglio la città dove soggiornano. Nell’applicazione inoltre c’è una chat che permette ad host
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e guest di restare in contatto. Al Keesy Point invece host e guest trovano i Key Box dove custodiamo le chiavi, i video monitor per fare il check-in e un deposito bagagli riservato ai clienti Keesy, anche questo servizio è completamente automatizzato”. Quali sono i vostri obiettivi in termini di crescita e di erogazione di nuovi servizi?
“Keesy vuole essere presente con 30 Keesy Point nelle principali mete turistiche italiane e nelle principali capitali europee entro il 2019. Parallelamente stiamo implementando nuove funzionalità che a breve saranno a disposizione degli host: in particolare abbiamo pensato ad un piano ad hoc per chi utilizza la domotica, un servizio di riscossione della cauzione per tutelare gli host da eventuali danni e la possibilità di far firmare al guest il contratto della struttura. Inoltre stiamo migliorando e implementando il check-in online per il guest. Insomma lavoriamo incessantemente per rispondere alle esigenze dei nostri host ed offrigli un servizio sempre più innovativo e completo”.
Paolo Marchiori, amministratore unico di NAIL PASSION STORE SRLS
“Tra OPPORTUNITÀ e MINACCE, il nails continua a CRESCERE in ITALIA” L’obiettivo della rete è di aprire almeno 100 punti vendita nel giro di tre anni. Per avviare un centro a marchio sono necessari 25mila euro Tante opportunità, una buona crescita, nonostante i pericoli della concorrenza sleale. Il settore della bellezza e dei servizi alla persona ha fatto registrare in questi anni delle buone performance, delle quali parliamo con Paolo Marchiori, amministratore unico di NAIL PASSION STORE SRLS - NAIL EXPRESS ITALIA SRLS.
crescita, con sotto aree meglio performanti come il “nail”, in buona crescita in Italia e nel mondo”.
Che momento sta vivendo il settore della bellezza, in generale, e quello del nails, in particolare?
“L’abusivismo, quasi esclusivamente domestico, è una piaga che non si riesce a debellare, non aiutati sicuramente da una legge dell’estetica del 1990, che obbliga a frequentare corsi triennali,
“Il macro settore del “beauty” (profumeria, estetica, cosmetica, acconciatura make-up e nail), quindi in buona sostanza i servizi alla persona, è sempre stato in costante
Come ha reagito il vostro settore agli anni della crisi e alla concorrenza “sleale” di molti centri abusivi?
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I NUMERI Denominazione: NAIL PASSION STORE SRLS - NAIL EXPRESS ITALIASRLS Ultimo fatturato: 1,4 milioni euro Punti vendita diretti e in franchising: 3 diretti 26 in franchising NAIL PASSION, 2 diretti 5 in franchising NAIL EXPRESS Crescita della rete: 7 nuovi punti vendita NAIL PASSION e altri 7 nel 2017 di NAIL EXPRESS
anche per svolgere un’attività specifica come quella del comparto Nail, che richiederebbe invece non più di 200/300 ore di formazione. Il Lazio è l’unica regione italiana che concede la qualifica di “onicotecnico” necessaria per aprire un Nail Center senza la presenza e i requisiti di una estetista. La speranza è che una legge, la 3116 già presentata nel 2010 ma impantanata nei percorsi burocratici, estenda al territorio nazionale quanto è stato fatto nel Lazio, facendo così emergere dall’abusivismo migliaia di persone, senza lo spreco di inutili anni di scuola, che scoraggiano chiunque abbia necessità di entrare da subito nel mondo del lavoro”. Che tendenze vede in atto? Come vede il futuro del nails?
“In Italia come nel mondo, il comparto Nail è cresciuto tantissimo, non solo come fatturati ma come offerta di prodotti: si è passati dalle unghie con trattamenti gel “naturali”, quindi senza colori aggiunti, alla “french”, all’esplosione degli ultimi anni del colore e di
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varie tecniche particolari: colori termici (che cambiano colore con i cambiamenti di calore), 3D (applicazioni in rilievo ottenute con calamite), mirror (effetti a specchio oro o argento), metaliser (con varietà di colori metallizzati infinite) oltre che Nail Art, micropittura, decori vari, piercing ecc”. Che cosa prevede la vostra offerta franchising?
“La nostra proposta prevede un pacchetto di arredi, insegne, prodotti, servizi, strumenti, hardware e software, merchandising e formazione, dove quest’ultima è fortemente importante, assolutamente chiavi in mano, per poter aprire un punto vendita e poter operare in un settore dove per ora non c’è ancora molta competizione”. Che tipologia di franchisee ricercate? Deve avere esperienza nel settore?
“La quasi totalità dei nostri franchisee non aveva nessuna esperienza del settore, cercava un’attività dove fosse necessario un piccolo investimento per poi non dover ulteriormente investire altro denaro, dato che vendendo servizi non si ha il problema di acquistare prodotti che poi devono, si spera, essere venduti”. Qual è l’investimento che richiedete? Il fatturato atteso?
“L’investimento complessivo è di circa 25mila euro comprensivo di veramente tutto quello che c’è in un punto vendita come i nostri, il fatturato è di circa 4mila euro al mese per ogni operatrice presente in negozio”. Quali servizi offrite? Come avviene la formazione?
“Selezione personale, selezione punto vendita, marketing, analisi nuovi prodotti e tendenze di mercato, acquisti, costante analisi dell’andamento punto vendita e molto altro ancora, perché non vogliamo che un affiliato sia lasciato solo nel difficile compito di fare l’imprenditore. La formazione è fondamentale, insegniamo a eseguire trattamenti mani e piedi, allungamento ciglia e make up, ma anche a gestire un punto vendita, a usare il nostro software per controllare incassi, agenda, acquisti, andamenti ecc. oltre che saper vendere prodotti e trattamenti, comunque per maggiori info si può visitare il sito www.nailexpress.it”. Obiettivi futuri in termini di crescita della rete?
“Abbiamo l’ambizione di arrivare a una rete di almeno 100 punti vendita in 3 anni, per poter essere sempre più forti, nei servizi che offriamo a noi stessi, nel comprare meglio, nell’essere sempre davanti a chiunque altro nelle tendenze di mercato e molto altro ancora. È un obiettivo raggiungibile, anche perché per adesso non ci sono ancora reti competitor nel settore, la squadra è molto forte, lo spirito e la passione altrettanto, i vincitori sono persone che non smettono mai di sognare e non mollano e in questo noi siamo dei campioni assoluti”.
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Stefano Gismondi, fondatore di ADIURA
“SERVIZI agli ANZIANI, ecco perché può essere una BUONA IDEA” Tredici mila euro di fee di ingresso per investire in un marchio attivo in un settore che cresce in parallelo con l’invecchiamento della popolazione. “Vogliamo portare almeno dieci affiliazioni nel corso del 2018” La popolazione mondiale, dice l’Ocse – Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, diventerà sempre più anziana, perché se è vero che oggi il 12 per cento ha più di 60 anni, nel 2050 la percentuale salirà al 21. Oggi la media di figli per donna nei paesi Ocse è molto al di sotto di quello che viene chiamato il tasso di sostituzione, ovvero il numero di bambini necessari per mantenere stabile il numero della popolazione. E al contempo si vive sempre di più grazie a stili di vita più sani e ai progressi della medicina. Ne consegue che i servizi dedicati agli anziani aumentano di numero e di valore, con gli Stati che delegano sempre di più all’iniziativa privata. ADIURA è un nuovo progetto franchising, partito sei mesi fa, attivo nell’Homecare.
I NUMERI DELL’AZIENDA Denominazione: ADIURA Punti vendita diretti e in franchising: 1 diretto e 2 in franchising Crescita della rete: partenza del franchising nel giugno 2017
Stefano Gismondi, che momento sta vivendo il mercato dei servizi agli anziani? Perché investire nel settore dei servizi agli anziani?
“La popolazione invecchia sempre più, nel 2050 saremo la terza nazione al mondo con il maggior numeri di anziani. E l’Italia non fa eccezione. Se ne deduce che è un settore dalle potenzialità importanti di crescita”. Che trend si sono affermati nel mercato fino a oggi?
“Ci sono catene che esistono da tempo e che ormai sono datate, noi ci differenziamo perché integriamo il progetto con le esigenze attuali del mercato”. Che cosa prevede la vostra offerta franchising?
“Offriamo servizi in tre macro aree: assistenza agli anziani, servizi medici specialistici e CAF. Per quanto riguarda gli anziani, forniamo servizi assistenziali con badanti, di assistenza ospedaliera diurna e notturna e infermieristica
domiciliare, assistenza anziani, prelievi a domicilio e consegna dei referti, flebo, iniezioni, cateterismi, lavaggi, medicazioni semplici e complesse, cicli di iniezioni ed insulina, prevenzione e cura delle lesioni da decubito. Tra i servizi medici specialistici, cito l’assistenza prima e dopo il parto, alla madre e al neonato, fisioterapia e didattica sulle tecniche assistenziali. Per quanto riguarda il CAF, spaziamo dalla dichiarazione dei redditi alla consulenza preliminare riguardanti i contratti di lavoro”.
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/ FOCUS /
Che tipologia di franchisee ricercate?
“Il nostro franchisee deve avere uno spirito imprenditoriale e non necessita di esperienza perché eroghiamo una formazione completa”. Qual è l’investimento che richiedete e il fatturato atteso?
“La fee è di 13mila euro, per l’allestimento la spesa è di 2.500 euro, per la pubblicità di 2mila euro. Il fatturato per il primo anno del nostro franchisee è mediamente di 130mila euro con ampi margini di guadagno”.
Come avviene la formazione?
“La formazione viene erogata sia presso il centro pilota di Ravenna che sul punto vendita affiliato con un tutor dopo l’apertura”. Chi si occupa della comunicazione, del marketing e delle promozioni sul mercato locale?
“Come casa madre dopo 10 anni di esperienza abbiamo già sperimentato varie formule per promuovere il progetto, questo know-how lo trasferiamo al cliente, che si occuperà di pubblicizzare localmente il proprio punto vendita”. Obiettivi futuri in termini di crescita della rete?
“Minimo 10 affiliazioni per il 2018”.
Emanuele Guerreschi, fondatore di Wash Dog
“Da lavaggio SELF SERVICE a SPA. Così cambio il settore degli ANIMALI” Oltre 100 negozi e prossime aperture in Europa, a partire da Parigi, per il marchio di proprietà di Dog Project Srl che con il tempo ha allargato il ventaglio dei servizi
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/ FOCUS /
I cambiamenti del mercato li leggi nella pratica quotidiana, nelle abitudini. E si rispecchiano nei cambiamenti che un imprenditore apporta alla sua creatura, la sua azienda. Emanuele Guerreschi i cambiamenti del settore del lavaggio cani li ha intuiti nei primi anni del Duemila. Fondatore della Dog Project Srl e del marchio Wash Dog, inizialmente offriva con il suo negozio un mero servizio di lavaggio fai da te disponibile 24 ore su 24. Ha via via allargato la sfera dei servizi, trasformando il punto vendita in una vera e propria “spa” per cani e gatti. Oggi conta oltre 100 negozi (2 diretti) e 22 in apertura, compresa una location prestigiosa come quella adiacente alla Tour Eiffel a Parigi, oltre ad Austria e Germania. Emanuele Guerreschi, il primo negozio aprì nel maggio 2001. Pensava di arrivare a questo punto?
“Sinceramente, no. A dire il vero non pensavo a un possibile sviluppo futuro in franchising. Quella che doveva essere un’attività secondaria poco alla volta diventa la prima. A spingermi all’affiliazione, che parte nel 2004, le prime richieste che ricevevo”. Nascevate come negozio di pulizia self service. Intanto, perché self-service?
“Perché tra cane e padrone si crea un rapporto intimo e di affetto, per cui il cliente vuole lavarselo, curarselo, pulirselo da solo, il suo animale domestico”. Poi, però, Wash Dog diventa molto di più. Perché?
“Perché i clienti mi chiedevano dell’altro. Con il tempo abbiamo ampliato i servizi alla toilettatura professionale, all’igienizzazione (per cui il cane non esce solo pulito ma anche disinfettato), alla lavanderia, al dog parking, al dog taxi e al fitness. Sperimentiamo sempre, non ci fermiamo mai. Sono così arrivati nuovi servizi: la pulizia all’ossigeno attivo (un modo per non bagnare il pelo dell’animale) e, dal prossimo anno, il private label, cioè prodotti alimentari (e non solo) a marchio Wash Dog. Oggi, diversamente da ieri, ci presentiamo come una “spa” per i cani”. Appunto, il mercato. In che direzione è andato?
“Eravamo partiti in quest’avventura immaginandoci e rivolgendoci a un target attratto dal risparmio di denaro. Ci siamo ricreduti, perché il nostro consumatore medio si è rivelato più interessato alla qualità e all’esperienza vissuta. Per questo abbiamo ideato la fidelity card, che non è solo un modo per fidelizzare il cliente, quanto per farlo sentire parte di un club esclusivo. La card, inoltre, permette all’affiliato di avere un maggior controllo dello store, di veicolare proposte personalizzate, oltre che a garantire liquidità anticipata”.
Questi mutamenti hanno, di riflesso, interessato anche la tipologia dell’affiliato?
“Sì. Oggi abbiamo a che fare con imprenditori “strutturati” che cercano in noi un investimento e una diversificazione del loro portfolio”. Quanto costa aprire un Wash Dog?
“Premesso che varia molto in base alla superficie e ai servizi scelti, perché la nostra offerta franchising è modulabile, possiamo ipotizzare un range fra 70mila euro e 120mila euro per negozi fra 70/80 e 120 metri quadrati. Con un massimo di due persone per negozio. Per quanto riguarda il fatturato, si consideri che l’affiliato può contare su ampi margini di guadagno, visto che il costo medio di un lavaggio è di 15 euro”. Capitolo formazione. Come l’avete strutturata?
“Un capitolo che mi ha sempre affascinato per i rapporti umani e professionali che si creano con gli affiliati. Per questo, ho voluto ricoprire personalmente la carica di responsabile. Trovarmi di fronte ad affiliati che con il tempo assumono sempre maggiore consapevolezza di sé come imprenditori, per esempio, fa parte delle gioie di questo mio lavoro. Ai franchisee diamo sempre il massimo. Come Tommy, il nomignolo che abbiamo dato al nostro gestionale, un vero tutor che serve, in modo semplice e intuitivo, a tenere sotto controllo i conti del negozio e che suggerisce azioni mirate ad aumentare i volumi di vendita. Perché, quello che dico sempre io, meglio chiudere un’ora prima il negozio per prendersi il tempo di far conto, piuttosto che lavorare senza una direzione”. Imponete alla rete promozioni e iniziative particolari?
“Mai, al massimo le suggeriamo. Diamo a ogni negoziante un range di libertà sulla scontistica in base ai costi sostenuti come, per esempio, quello dell’acqua che, come sa, cambia da co-
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mune a comune”.
Mauro Giacobbe, amministratore delegato di Facile.it
“Coniugare ONLINE e OFFLINE per RISPONDERE alle nuove ESIGENZE” Il portale di comparazione ha appena lanciato una rete in franchising per allargare il proprio target e offrire un’assistenza più “vicina” ai propri clienti Da online e offline, da azienda di nicchia nata da un gruppo di imprenditori del web a realtà conosciuta, Facile.it è l’emblema di un commercio che trova in sé le risorse per rispondere ai cambiamenti del mercato e dei consumatori e che utilizza il franchising come acceleratore del business. L’amministratore delegato Mauro Giacobbe ci racconta l’evoluzione di Facile.it, lo sbarco “su strada” con un progetto di affiliazione e il futuro.
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Qual è l’idea che sta alla base di Facile.it?
“Importare in Italia una funzionalità che in Europa era già diffusa nei primi anni Duemila, quello della comparazione di utenze e di servizi finanziari e assicurativi. Abbiamo lavorato molto, soprattutto a livello di spot televisivi, per far arrivare nelle case degli italiani questa tecnologia – nuova, all’epoca”. E la decisione di aprire negozi “fisici”?
“Arriva dopo aver studiato la tipologia dei nostri clienti online, che sono variegati. Ci sono quelli che cercano e finalizzano contratti online e ci sono quelli che cercano online ma poi vogliono concludere offline. Essendo, questa, una quota ancora forte, abbiamo deciso di esser loro vicini con una rete di punti vendita, il primo dei quali
/ FOCUS /
ha aperto in gestione diretta a Varese. Nel negozio si trovano gli stessi servizi che sul portale, con la consulenza di una persona “fisica” che accompagna il cliente fino alla fine, cioè la stipula del contratto o la preparazione della documentazione per la richiesta di mutuo bancario. Sono in apertura altri cinque negozi fra Bergamo, Monza, Cremona e, nel 2018, Roma. Stiamo vagliando altre location interessanti in altre città”. Quali i requisiti che richiedete ai vostri affiliati potenziali?
“Innanzitutto, devono possedere una licenza di agente o subagente assicurativo, circa 170mila in Italia, o collaboratore di mediatore creditizio. Organizziamo noi stessi dei corsi di formazione con test finale online valevoli per la qualifica di subagente assicurativo o collaboratore di mediatore. Altro fattore per noi discriminante è la location, che vagliamo e studiamo attentamente. I negozi devono avere una grandezza media pari a 100/120 metri quadrati in città con 60mila abitanti, con fino a 4 addetti impiegati”. Che servizi offrite ai vostri affiliati?
“Puntiamo tanto sulla formazione sia su aspetti operativi del negozio che sulla normativa. Formiamo gli affiliati su ogni singolo prodotto e li facciamo affiancare da specialisti nel periodo di pre-apertura. Per due settimane dopo l’inaugurazione, una vera e propria “task force” si occupa di seguire il neo affiliato, che può comunque contare su video tutoriali. Noi come casa madre ci occupiamo degli eventi di lancio all’avvio del negozio con interviste e passaggi pubblicitari sui media locali che, secondo la nostra esperienza, sono efficaci. Ma, forse, l’aspetto più importante per i nostri affiliati è la possibilità di ricevere lead (contatti qualificati) già generati dal portale internet e che hanno manifestato l’interesse a stipulare un contratto assicurativo o di altro genere in negozio, ovviamente rispettando il principio di localizzazione”.
I NUMERI DELL’AZIENDA Ultimo fatturato (2016): 60 milioni di euro, previsione 2017 vicino a 70 milioni EBITDA (2016): 13,5 milioni di euro Numero dipendenti: 800 Anno di fondazione: nel 2008 nasce il sito Assicurazione.it che, nel 2011, confluisce nel nuovo portale Facile.it. Eventi societari salienti: nel 2014 Facile.it è stata acquistata dal fondo di investimento inglese Oakley Capital.
settore ma già attivi nel settore dell’affiliazione”. Come cambiano gli utenti da online a offline?
“L’aspetto che differenzia maggiormente gli utenti del sito rispetto a quelli dei negozi è l’età. Si passa dai 35 ai circa 45 dei clienti su strada. Cambia anche la tipologia delle richieste. Per esempio, nei negozi registriamo più richieste riferite ai prodotti finanziari”.
I costi per aprire un punto vendita Facile.it?
Obiettivi per il futuro?
“L’allestimento per un negozio tipo da 120 metri quadrati costa fra 40 e 45mila euro, oltre a eventuali costi legati a interventi di ristrutturazione. Per sei mesi non si pagano canoni, scontati della metà per i successivi dodici”.
“Non attueremo un piano aggressivo di crescita in Italia perché miriamo prima di tutto a reclutare imprenditori solidi e location adeguate al giro di affari che ci aspettiamo”.
Che tipologia di potenziali affiliati si sta rivolgendo a voi?
AZ © RIPRODUZIONE VIETATA
“Possiamo distinguere tre categorie delle circa 100 richieste che ci sono arrivate nei primi dieci giorni dal lancio ufficiale del franchising. I più numerosi sono assicuratori con una solida esperienza alle spalle, quindi i mediatori creditizi e, infine, gli imprenditori senza esperienza nel
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franchising@nau.it
Belli, buoni e fatti bene. I nostri occhiali sono espressione di stile, design e qualità. Uniti alla nostra passione per il colore e la tradizione artigianale del nostro lavoro. Un’arte del fare tutta italiana. NAU! è un business concreto che si esprime con un’offerta fortemente distintiva e contemporanea. Fondata su un prodotto esclusivo a un prezzo rivoluzionario. Aprire un negozio NAU! significa fare un investimento redditizio e con un ritorno veloce, grazie ad una formula orientata al Cliente e ai risultati. Chiedici solo una cosa: quanti affiliati hanno aperto più di un negozio con noi?
/ LE SCHEDE /
LE SCHEDE
Istruzioni per orientarsi tra le schede di AZ Franchising, elencate in ordine alfabetico e indicando l’investimento iniziale minimo. Nella prima fascia (fino a 20mila euro) abbiamo incluso anche i marchi che non prevedono altre spese iniziali se non quelle relative al diritto di entrata*.
L E G E N DA I N V E ST I M E N TO Da 0€ a 20.000€ Da 20.000€ a 50.000€ Da 50.000€ a 100.000€ Oltre 100.000€
pag. 47
AW Lab
pag. 50
Nau!
pag. 47
Bexb
pag. 51
Original Marines
pag. 48
Carpisa Yamamay Jaked
pag. 51
Piazza Italia
pag. 48
Igi&Co
pag. 52
Piazza Italia Kids
pag. 49
Kasanova
pag. 52
Primadonna Collection
pag. 49
Mondadori
pag. 53
Primigi
pag. 50
NaturHouse
pag. 53
Z
* i dati pubblicati nelle schede sono forniti dai franchisor 48
/ LE SCHEDE /
RETAILER DI SNEAKER E ABBIGLIAMENTO SPORTSTYLE
SERVIZI ALLE IMPRESE E CORPORATE BARTER
Ragione sociale: Compar S.p.A. - Indirizzo: Via A. Volta, 6 - 35010 Limena (Pd) - Anno di fondazione attività: 1931 - Anno di partenza del franchising: 2003 - Negozi franchising: 103 (al 30/10/2017) - Negozi diretti: 105 di cui 14 in Spagna e 2 in Repubblica Ceca (al 30/10/2017)
Ragione sociale: BexB spa - Indirizzo:Via Cefalonia 49 – 25124 Brescia - Anno di fondazione attività: 2001 Anno di partenza del franchising: / - Punti vendita diretti: 18 - Punti vendita affiliati: / - Punti vendita diretti (estero): / - Punti vendita affiliati (estero): /
COSA CERCHIAMO
COSA CERCHIAMO
SUPERFICIE MEDIA DEL P.V. (IN MQ): UBICAZIONE OTTIMALE:
60 NEI CENTRI STORICI - 120 NEI CENTRI COMMERCIALI CENTRI STORICI, PRINCIPALI CENTRI COMMERCIALI
ESPERIENZA NEL SETTORE:
RETAIL DI PROPRIETÀ O IN FRANCHISING
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
3
INVESTIMENTO TOTALE:
TRA ¤ 50.000 E ¤ 120.000
STIMA FATTURATO ANNUO A REGIME:
¤ 700.000
PUNTO VENDITA:
SÌ
BACINO D’UTENZA:
PROVINCIALE IMPRESE
UBICAZIONE OTTIMALE:
INDIFFERENTE
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NO ESPERIENZA NELLA VENDITA DI SERVIZI
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
1/2
INVESTIMENTO INIZIALE:
¤0
FATTURATO MEDIO ANNUO:
¤ 200.000
COSA OFFRIAMO Assistenza in loco in fase di apertura e per la durata del contratto. Fornitura attrezzatura/arredo: rapporto diretto franchisee/fornitori. Sopralluogo e valutazione commerciale della location. Progettazione negozio. Formazione personale di Vendita (vendita e visual merchandising). Supporto gestionale. Avviamento Commerciale (sell out garantito) per il primo anno. Ampia presenza di esclusive prodotto. Vasta disponibilità di riassortimenti. Invio Newsletter e Comunicati Commerciali su best seller, nuovi arrivi e impostazioni commerciali. Supervisione e consulenza per tutta la durata del contratto. Formazione iniziale di 10 giorni.
COSA CHIEDAMO FEE D’INGRESSO:
NO
ROYALTY:
NO
ZONA IN ESCLUSIVA:
SÌ
FACILITAZIONI DI PAGAMENTO:
SÌ (SU PRIMA FORNITURA)
PUBBLICITÀ A LIVELLO LOCALE:
SÌ
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
3
COSA OFFRIAMO Oltre a prodotti con un ottimo rapporto qualità/prezzo, offriamo la nostra esperienza, una rete di professionisti e una forte formazione per lanciare un business proficuo e produttivo.
COSA CHIEDAMO FEE D’INGRESSO:
0
ROYALTY:
0
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
3
selezione@bexb.it
Rep. Franchising Tel.: 049.8991023 / Fax: 049.8991243 e-mail: franchising@aw-lab.com web: www.aw-lab.com
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/ LE SCHEDE /
Ragione sociale Pianoforte: Holding S.p.a. - Indirizzo: Corso Magenta 74, 20123 Milano - Anno di fondazione attività: 2011, ma per le controllate Yamamay e Carpisa 2001 e Jaked 2009 - Anno di partenza del franchising: vedi sopra - Punti vendita diretti: 267 al 30/04/2017* - Punti vendita affiliati: 1.002 al 30/04/2017* - *(Yamamay + Carpisa + Jaked sia Italia che estero)
CALZATURE E ACCESSORI Ragione sociale: Reda Retail S.p.a. - Gruppo IMAC Spa Indirizzo: Via Menocchia, 27 -63062 - Montefiore dell’Aso (AP) - Anno di fondazione attività: 2002 - Anno di partenza del franchising: 2012 - Punti vendita diretti: 3 - Punti vendita affiliati: 130
COSA CERCHIAMO
COSA CERCHIAMO
SUPERFICIE MEDIA DEL P.V. (IN MQ):
90/150 PER YAMAMAY 100/250 PER CARPISA - 70/90 PER JAKED
SUPERFICIE MEDIA DEL P.V. (IN MQ):
DA 50 A 100
BACINO D’UTENZA:
50.000 ABITANTI
BACINO D’UTENZA:
DA 10MILA A 50MILA ABITANTI
UBICAZIONE OTTIMALE:
CENTRI STORICI, CENTRI COMMERCIALI
UBICAZIONE OTTIMALE:
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON RICHIESTA
CENTRO COMMERCIALE, CENTRO STORICO, VIE COMMERCIALI
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
3/4 PERSONE
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON RICHIESTA ADDETTI DA 1 A 3
INVESTIMENTO INIZIALE:
DA ¤ 100.000
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE): INVESTIMENTO INIZIALE:
DA ¤ 400 A ¤ 700/MQ
FATTURATO MEDIO ANNUO:
¤ 5.000/MQ
COSA OFFRIAMO Oltre a prodotti con un ottimo rapporto qualità/prezzo, offriamo la nostra esperienza, una rete di professionisti e una forte formazione per lanciare un business proficuo e produttivo.
COSA CHIEDAMO FEE D’INGRESSO:
NO, RICHIESTA FIDEIUSSIONE BANCARIA DI ¤ 35.000
ROYALTY:
NO
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
5
Sergio Ubaldo (Responsabile Sviluppo Pianoforte Holding) e-mail: info@inticom.it / info@carpisa.it web: www.yamamay.com www.carpisa.com / www.jacked.com
COSA OFFRIAMO Prodotto Made in Italy. Margine garantito del 40%. Reso dell’invenduto. Riassortimenti online. Progettazione del punto vendita gratuita. Servizio di trainer e assistenza Visual Merchandising. Software di gestione gratuito. Comunicazione da leader nazionale in tv, radio, stampa, redazionali, affissioni. Iniziative per comunicare l’opening del negozio. Fidelity Card ed azioni di direct marketing con invio di sms e dem ai clienti fidelizzati.
COSA CHIEDAMO FIDEJUSSIONE BANCARIA:
¤ 50.000
PAGAMENTO ARREDO/ ALLESTIMENTO:
LEASING
FEE D’INGRESSO:
NESSUNA
ROYALTIES:
NESSUNA
DURATA CONTRATTO (IN ANNI):
6
Ufficio sviluppo Tel. 0735-99241 e-mail: info@redaretail.com web: www.igieco.it
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/ LE SCHEDE /
CASALINGO
RETAIL LIBRI
Ragione sociale: Kasanova Spa -Indirizzo Viale Monterosa, 91 - 20043 Arcore (Mb) - Anno di fondazione attività: 1968 - Anno di partenza del franchising: 1994 - Punti vendita totali: 242
Ragione Sociale : Mondadori Retail spa - Indirizzo : Via A. Mondadori, 1 20090 Segrate (MI) - Anno di partenza del franchising: ottobre 1998 - Punti vendita diretti: 31 Punti vendita affiliati: 550 - Punti vendita Bookclub: 20
COSA CERCHIAMO
COSA CERCHIAMO
SUPERFICIE MEDIA DEL P.V. (IN MQ):
130
BACINO D’UTENZA:
ALMENO 30.000 ABITANTI; 50.000 OTTIMALE
UBICAZIONE OTTIMALE:
CENTRI COMMERCIALI O CENTRI STORICI ELEVATA PEDONABILITÀ
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON RICHIESTA
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
1 OGNI ¤ 230.000 DI FATTURATO
INVESTIMENTO INIZIALE:
¤ 50.000 FIDEJUSSIONE BANCARIA; ¤ 60.000 MERCE (DA PAGARE IN 1 ANNO); ARREDO ¤ 400/MQ + OPERE
FATTURATO MEDIO ANNUO:
DA ¤ 600.000 A 1 MILIONE
COSA OFFRIAMO Kasanova mette a disposizione dell’affiliato un team di esperti che lo seguirà in ogni fase: dalla ricerca della location alla condivisione del business plan, dalla formazione all’apertura del negozio “chiavi in mano”. Una volta avviato, l’azienda continuerà ad assistere l’affiliato giorno per giorno, informandolo sulle strategie commerciali, di comunicazione e finanziarie da adottare. L’affiliato impara un mestiere da chi lo conosce bene.
PUNTO VENDITA:
85/150 MQ
BACINO D’UTENZA:
A PARTIRE DA 15.000 ABITANTI
UBICAZIONE OTTIMALE:
CENTRI STORICI CITTADINI/ CENTRI COMMERCIALI
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON NECESSARIA
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
2
INVESTIMENTO INIZIALE:
¤ 70.000/100.000
FATTURATO MEDIO ANNUO:
¤ 400.000/500.000
COSA OFFRIAMO -
Progetto chiavi in mano Know how specifico di settore Marketing Supporto locale
COSA CHIEDAMO FEE D’INGRESSO:
¤ 20.000
ROYALTY:
1%
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
6+3 ANNI
COSA CHIEDAMO FEE D’INGRESSO:
¤ 2.600
ROYALTY:
NO
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
5
Roberta Sambinello Tel. 3355224596 email: roberta.sambinello@mondadori.it web: www.mondadoriretail.com
Emanuele Camoni Tel. 03961371 e-mail: franchising@kasanova.it web: www.kasanova.it
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/ LE SCHEDE /
NUTRIZIONE E DIETETICA Ragione sociale Naturhouse S.r.l. - Indirizzo: Sede legale Via F. Fellini, 6 - 44122 Ferrara - Anno di fondazione attività: 1986 - Anno di partenza franchising: 1997 - Punti vendita diretti: 55 - Punti vendita affiliati: 435 - Punti vendita affiliati all’estero: 1.689 - Punti vendita diretti all’estero: 156
COSA CERCHIAMO
VENDITA DI OCCHIALI DA VISTA, DA SOLE, LENTI A CONTATTO, LIQUIDI E SOLUZIONI, ACCESSORI Ragione sociale: NAU Spa - Indirizzo: via S. e P. Mazzucchelli, 7 - 21043 - Castiglione Olona (Va) - Anno di fondazione attività: 2004 - Anno di partenza del franchising: 2005 - Punti vendita diretti: 76 - Punti vendita affiliati in Italia: 40 - Punti vendita all’estero: 6
COSA CERCHIAMO
PUNTO VENDITA:
A PARTIRE DA 20
BACINO D’UTENZA:
ALMENO 5.000 ABITANTI
PUNTO VENDITA:
80/130
UBICAZIONE OTTIMALE:
ZONA COMMERCIALE ALTA PEDONABILITÀ
BACINO D’UTENZA:
70.000 ABITANTI (MINIMO)
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON RICHIESTA
UBICAZIONE OTTIMALE:
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
1/2
CENTRI STORICI DI CITTÀ O CENTRI COMMERCIALI DI MEDIE E GRANDI DIMENSIONI
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON RICHIESTA
INVESTIMENTO INIZIALE:
A PARTIRE DA ¤ 10.000
4
FATTURATO MEDIO ANNUO:
¤ 120.000/360.000
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE): INVESTIMENTO INIZIALE:
¤ 100.000
FATTURATO MEDIO ANNUO:
DA ¤ 5.000 A ¤ 10.000 AL MQ, IN RAPPORTO ALL’UBICAZIONE DEL PV E DEL BACINO DI UTENZA
COSA OFFRIAMO Investimento iniziale minimo, alta redditività, know how gestionale consolidato e di successo, formazione pre-apertura e assistenza commerciale continuativa, prodotti esclusivi con zona in esclusiva, settore in crescita esponenziale.
COSA CHIEDAMO FEE D’INGRESSO:
NO (C’È SOLO UN CANONE ANNUALE DI AFFILIAZIONE DI ¤ 600)
ROYALTY:
NO
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
5
COSA OFFRIAMO Offriamo un supporto ampio che va dalla ricerca del personale alla formazione. Investiamo il 5% del fatturato sulle persone nel nostro centro di formazione, dove organizziamo corsi mirati a formare dei venditori completi, preparati ed entusiasti. Il mix della formazione prevede sia delle giornate in aula, con approfondimenti specifici e tecniche di vendita; che giornate in negozio, dove i neo assunti vengono affiancati dai più esperti. Inoltre offriamo un supporto dedicato per scegliere la miglior location.
COSA CHIEDAMO
Raffaello Pellegrini Num. verde: 800 090 532 / Fax: 0532-906699 e-mail: franchising@naturhouse.it web: www.naturhouse.it
FEE D’INGRESSO:
¤ 10.000
ROYALTY:
5%
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
5, RINNOVABILE A SCADENZA SENZA ULTERIORI COSTI
Gianluca Nolli Tel. 0331-86.12.33 / Fax: 0331-82.44.35 e-mail: franchising@nau.it web: www.nau.it
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/ LE SCHEDE /
ABBIGLIAMENTO
ABBIGLIAMENTO
Ragione sociale: Original Marines - Indirizzo: Interporto di Nola Lotto H Blocco C Modulo 5,6,7 e 8, Località Boscofangone 80035 Nola (Na) - Anno di fondazione attività: 1983 - Partenza del franchising: 1992 - Punti vendita: Italia 558 di cui 465 franchising e 93 diretti estero 137
Ragione sociale: Piazza Italia S.p.a. - Indirizzo: Palazzina Piazza Italia - Interporto Campano di Nola, Lotto D1 - 80035 Nola (Na) - Anno di fondazione attività: 1993 - Anno di partenza del franchising: 2008 - Punti vendita diretti: 160 - Punti vendita affiliati in Italia: 83 - Punti vendita affiliati all’estero: 55
COSA CERCHIAMO
COSA CERCHIAMO
PUNTO VENDITA:
140 (IN MQ)+ DEPOSITO
PUNTO VENDITA:
DA 300 A 1.200
BACINO D’UTENZA:
30.000 ABITANTI
BACINO D’UTENZA:
DA 20.000 ABITANTI IN SU
UBICAZIONE OTTIMALE:
CENTRI URBANI, VIE COMMERCIALI, PRINCIPALI CENTRI COMMERCIALI
UBICAZIONE OTTIMALE:
CENTRO CITTÀ, CENTRO COMMERCIALE
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON RICHIESTA
ESPERIENZA NEL SETTORE:
PREFERIBILE
IN BASE AL BUDGET
INVESTIMENTO INIZIALE:
450 ¤/MQ PER L’ARREDO (IMPIANTI ESCLUSI)
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE): INVESTIMENTO INIZIALE:
¤ 300/MQ PER GLI ARREDI
FATTURATO MEDIO ANNUO:
MEDIAMENTE 4.500 ¤/MQ
FATTURATO MEDIO ANNUO:
¤ 3.500/MQ
COSA OFFRIAMO
COSA OFFRIAMO
Pagamento merce 30-60 gg Formazione Affiliato, assistenza in loco in fase di apertura, assistenza per tutta la durata del contratto, progettazione arredo negozio, Lancio pubblicitario con contributo azienda del 50% rispetto a quanto investito dall’affiliato (fino ad un massimo di 5.000 ¤).
Formula conto vendita con Margine Fisso e garantito in ogni fase commerciale e reso totale delle rimanenze finali. Studio di fattibilità, Business Plane dettagliato e relativo progetto strutturale. Formazione iniziale e relativo supporto visual pre e post apertura. Gestione personalizzata dei riassortimenti settimanali. Materiale POP e campagne istituzionali.
COSA CHIEDAMO FEE D’INGRESSO:
NON RICHIESTA
ROYALTY:
NON RICHIESTE
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
5
Tel. +39 081 0821001 / Fax: +39 081 0821301 e-mail: info.imap@originalmarines.com web: www.originalmarines.com
COSA CHIEDAMO FEE D’INGRESSO:
NON RICHIESTA
ROYALTY:
NON RICHIESTE
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
5
Tel. +39 081.3123111 / Fax: +39 081.3123022 e-mail: info.franchising@piazzaitalia.it email: l.caracci@piazzaitalia.it web: www.piazzaitalia.it
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/ LE SCHEDE /
ABBIGLIAMENTO, CALZATURE E ACCESSORI BAMBINO/A 0-14 ANNI
SCARPE DA DONNA, BORSE E ACCESSORI
Ragione sociale: Piazza Italia S.p.a. - Indirizzo: Palazzina Piazza Italia - Interporto Campano di Nola, Lotto D1 - 80035 Nola (Na) - Anno di fondazione attività: 1993 - Partenza del franchising progetto kids: nov. 2011 - Punti vendita diretti con reparto kids: 144 - Punti vendita affiliati con reparto kids: 30 - Punti vendita affiliati all’estero con reparto kids: 19
Ragione sociale: PRIMADONNA SPA - Indirizzo: S.P. 231 Km 5,2 70032 Bitonto (Ba) - Anno di partenza del franchising: 2006 - Punti vendita diretti: 130 - Punti vendita affiliati: 250 - Punti Vendita totali: 380
COSA CERCHIAMO PUNTO VENDITA:
150/250
BACINO D’UTENZA:
20.000 ABITANTI
UBICAZIONE OTTIMALE:
CENTRO STORICO, VIE COMMERCIALI E CENTRI COMMERCIALI
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON RICHIESTA
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
2 + TITOLARE
INVESTIMENTO INIZIALE:
¤ 300/MQ
FATTURATO MEDIO ANNUO:
¤ 4.000/5.000 AL MQ
COSA OFFRIAMO
COSA CERCHIAMO PUNTO VENDITA:
100 (+ 40 PER DEPOSITO)
BACINO D’UTENZA:
35MILA ABITANTI
UBICAZIONE OTTIMALE:
STRADE PRINCIPALI, CENTRI COMMERCIALI
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON RICHIESTA
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
IN MEDIA 3/4 FULL TIME EQUIVALENTI
INVESTIMENTO INIZIALE:
¤ 650 AL MQ (PER SOLI ARREDI)
FATTURATO MEDIO ANNUO:
DA 6MILA A 10MILA ¤ AL MQ VENDITA
COSA OFFRIAMO
Formula conto vendita con Margine Fisso e garantito in ogni fase commerciale e reso totale delle rimanenze finali. Studio di fattibilità, Business Plane dettagliato e relativo progetto strutturale.Formazione iniziale e relativo supporto visual pre e post apertura. Gestione personalizzata dei riassortimenti settimanali. Materiale POP e campagne istituzionali.
Assistenza in loco in fase di apertura. Assistenza durante il contratto. Layout del punto vendita realizzato dall’ufficio progettazione Primadonna Spa. Formula commerciale conto/vendita con reso totale dell’invenduto con un margine contributivo costante tutto l’anno, assistenza e formazione. Un concept originale e di grande impatto. Collezioni esclusive, supporto visual pre e post apertura. Formazione iniziale 2 settimane, riassortimento merce settimanale.
COSA CHIEDAMO
COSA CHIEDAMO
FEE D’INGRESSO:
NON RICHIESTA
FEE D’INGRESSO:
NO
ROYALTY:
NON RICHIESTE
ROYALTY:
NO
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
5 RINNOVABILI
ZONA IN ESCLUSIVA:
DA VALUTARE IN FUNZIONE DEGLI ABITANTI
CONTRIBUTI PUBBLICITÀ NAZIONALE:
NESSUNA
DURATA CONTRATTO (IN ANNI):
5
Tel. +39 081-3123111 / Fax: +39 081.3123022 e-mail: info.franchising@piazzaitalia.it l.caracci@piazzaitalia.it web:www.piazzaitalia.it Tel. 080-3751575/800-141207 Fax. 080-3756049 e-mail: franchising@primadonna.it Facebook: Primadonna Collection web: www.primadonnacollection.com
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/ LE SCHEDE /
ABBIGLIAMENTO E CALZATURE BAMBINO
ABBIGLIAMENTO BAMBINI
Ragione sociale: Reda Retail S.p.a. - Gruppo IMAC Spa - Indirizzo : via Menocchia, 27 - 63062 - Montefiore dell’Aso (Ap) - Anno di fondazione attività: 1976 - Anno di partenza franchising: 2008 - Punti vendita diretti: 3 - Punti vendita affiliati: 350 - Punti vendita affiliati all’estero: 32
Ragione Sociale: Kidiliz Group Italy Srl - Indirizzo: Via Toscana 2 – 41057 Spilamberto (MO) - Anno di fondazione attività: 1998 - Anno di partenza franchising: 2004 - Punti vendita diretti: 154 - Punti vendita affiliati in Italia: 22
COSA CERCHIAMO
COSA CERCHIAMO PUNTO VENDITA:
DA 100 A 250
BACINO D’UTENZA:
DA 10.000 A 50.000 ABITANTI
UBICAZIONE OTTIMALE:
CENTRO CITTÀ, CENTRO COMMERCIALE, CENTRO STORICO, VIE COMMERCIALI
ESPERIENZA NEL SETTORE:
NON RICHIESTA
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
DA 1 A 3
INVESTIMENTO INIZIALE:
DA ¤ 400 A ¤ 700/MQ
FATTURATO MEDIO ANNUO:
¤ 4.800/MQ
COSA OFFRIAMO Margine garantito del 40%. Reso dell’invenduto. Riassortimenti online. Progettazione del punto vendita gratuita. Servizio di trainer e assistenza Visual Merchandising. Software di gestione gratuito. Comunicazione da leader internazionale in tv, radio, stampa, web, redazionali, affissioni. Iniziative per comunicare l’opening del negozio. Fidelity Card ed azioni di direct marketing con invio di sms e dem ai clienti fidelizzati.
COSA CHIEDAMO
SUPERFICIE MEDIA DEL P.V. (IN MQ):
100/120 MQ
BACINO D’UTENZA:
25.000/30.000 ABITANTI
UBICAZIONE OTTIMALE:
CENTRI URBANI, VIE COMMERCIALI, PRINCIPALI CENTRI COMMERCIALI
ESPERIENZA NEL SETTORE:
PREFERIBILE
PERSONALE RICHIESTO (COMPRESO IL TITOLARE):
ALMENO 3
INVESTIMENTO INIZIALE:
¤ 350/MQ
COSA OFFRIAMO Offriamo agli affiliati la valutazione della location con progettazione tecnica e layout commerciale; il comodato d’uso gratuito degli arredi ed il materiale software/ hardware. Merce in conto vendita. Un prodotto dedicato interamente ai bambini 0-14 anni dall’ottimo rapporto qualità prezzo. Un format innovativo. Formazione iniziale del personale di vendita. Affiancamento commerciale e Visual Merchandiser per tutta la durata del contratto.
COSA CHIEDAMO FEE D’INGRESSO:
NON RICHIESTA
FIDEJUSSIONE BANCARIA:
¤ 50.000
ROYALTY:
1%
PAGAMENTO ARREDO/ ALLESTIMENTO:
LEASING
DURATA DEL CONTRATTO (IN ANNI):
5
FEE D’INGRESSO:
NON RICHIESTA
ROYALTIES:
NON RICHIESTE
DURATA CONTRATTO (IN ANNI):
6
348.6528368 stroncone@kidilizgroup.com www.z-eshop.com
Tel. 0735-99241 e-mail: info@redaretail.com web: www.primigi.it
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/ DOSSIER /
Riflessioni su una figura spesso sottovalutata nella costruzione dei network
COMMERCIALISTI, quanto sono IMPORTANTI per le RETI? Dall’obbligo di presentare i bilanci alla scrittura dei business plan per gli affiliati, i franchisor si trovano spesso di fronte a tematiche finanziarie per le quali è necessario l’apporto di un professionista di Alessio Molinarolli*
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/ DOSSIER /
La costituzione di una rete di franchising, come di qualsiasi sistema di sviluppo a rete, necessità di un adeguato strumentario giuridico, rappresentato principalmente da un contratto ben congegnato. L’aspetto sul quale, invece, troppo poco si pone l’attenzione, e che probabilmente assume un’importanza addirittura maggiore, è quello relativo all’apporto tecnico che dovrebbe fornire il commercialista. L’obbligo di consegnare il bilancio
Si tratta di un contributo ad elevato valore aggiunto che tocca profili non soltanto fiscali ma anche di pianificazione aziendale e societaria. Alcuni elementi menzionati nella stessa legge 129 del 2004 lasciano già intravedere questo ruolo di primo piano, soltanto considerando che tra la documentazione precontrattuale, che deve essere messa a disposizione del candidato affiliato, vi è, se questi lo richiede, anche la copia degli ultimi bilanci dell’affiliante. A tale riguardo, bisogna considerare che il dato è sempre stato letto unicamente nella prospettiva, propria della legge in materia, di tutela dell’aspirante franchisee, in modo tale da consentirgli una serena e ponderata riflessione sugli aspetti economici e finanziari dell’impresa che nei fatti andrà a costituire e sulla bontà o meno della “partnership”. Provando, al contrario, a leggere la previsione dal lato opposto, e cioè quello dell’affiliante, è evidente che i bilanci devono essere (questo è ovviamente scontato) non solo in ordine e adeguati rispetto ad ogni previsione di legge, ma anche tali da fondare una corretta consapevolezza del futuro affiliato di entrare a far parte della rete, assumendo in proprio ogni connesso rischio di impresa.
tre, è un dato oramai sufficientemente acquisito quello per il quale il franchisor, una volta scelto di diventare tale, dovrà verosimilmente dedicare molto del suo tempo e delle sue energie all’attività di sviluppo, di investimento e di pianificazione della crescita del network, diminuendo, almeno progressivamente, il tempo e le risorse personali destinate alla conduzione dell’attività del punto vendita. Si profilerà quindi la necessità di un’organizzazione aziendale che via via dovrà prevedere l’integrazione di diverse funzioni e la creazione di un sistema di deleghe per consentire una gestione coordinata delle diverse attività e garantire uno sviluppo armonioso e solido dell’impresa. A questo riguardo il commercialista potrà sicuramente offrire un prezioso contributo o in quanto esperto di economia aziendale o in quanto conoscitore della specifica realtà imprenditoriale. Quanto accennato rappresenta soltanto una minima parte delle possibilità offerte da un efficace coinvolgimento nell’ambito del franchising di questa qualificata figura professionale, che, accanto a dei legali con esperienza nel settore, possa accompagnare l’impresa in un percorso di crescita sostenibile, tenuto conto della sempre maggiore complessità del quadro tecnico e regolamentare di riferimento. AZ © RIPRODUZIONE VIETATO
*Dottore di ricerca in diritto ed economia e dell’impresa
La coerenza di un business plan
Viene chiaramente in rilievo, pertanto, la capacità di redazione di un bilancio non solo perfetto dal punto di vista tecnico ma anche sufficientemente chiaro in relazione a questa ulteriore finalità. Non va infine dimenticato, peraltro, che, sempre in fase precontrattuale, è assolutamente normale che l’affiliante sottoponga al potenziale affiliato un business plan relativo al punto vendita. Naturalmente, trattandosi di una previsione di redditività che dovrebbe tener conto di numerose variabili, compresa l’esperienza diretta del franchisor acquisita in fase di sperimentazione del format, la stessa si dovrebbe giovare del contributo tecnico del consulente commercialista anche per garantirne un minimo di coerenza, ove possibile, con la situazione patrimoniale e reddituale del franchisor e della catena come insieme aggregato. Riflessi sull’organizzazione
Dal punto di vista dell’organizzazione aziendale, inol-
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/ T E C H & R E TA I L /
L’omnicanalità modifica anche la governance
Come devono CAMBIARE le AZIENDE I consumatori che utilizzano l’online e l’offline in maniera integrata spendono il 70 per cento in più. Ma per “acchiapparli” bisogna formare dirigenti, quadri e personale di vendita
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/ T E C H & R E TA I L /
Benvenuti al settimo appuntamento con l’omnicanalità, un fattore sempre più fondamentale per le attività imprenditoriali che intendono integrare alla propria esperienza “fisica”, anche quella digitale. Dopo aver analizzato l’importanza del cliente e dell’analisi dei dati ottenuti dalle aziende, ci soffermiamo sull’organizzazione del personale manageriale. Figura interna o esterna?
Gli elementi fondamentali da tenere presenti per definire un modello organizzativo coerente con la strategia omnichannel sono in particolare l’attenzione agli aspetti di governance, di gestione del cambiamento Digital Information, l’integrazione di profili e competenze diverse e la creazione di responsabilità nelle funzioni di front-end, relative alle vendite e al marketing piuttosto che di back-end relative alla supply chain e all’IT. Le strade intraprese dalle aziende verso un approccio alla strategia omnicanale sono state differenti: alcune hanno puntato alla creazione di una struttura dedicata governata da un CDO (Chief Digital Officer) con i poteri in materia di sviluppo del business, altri invece hanno identificato delle figure dedicate allo sviluppo dei progetti di omnicanalità ma all’interno dei processi già esistenti in azienda. Identificare con certezza quale sia il modello organizzativo più efficace a oggi non è possibile ma un fattore che può contribuire al successo nella realizzazione di un approccio omnicanale è rappresentato dall’attenzione posta agli aspetti legati all’organizzazione e ai meccanismi di funzionamento e coordinamento interno. L’avanzamento dell’evoluzione tecnologica è un fattore determinante in ottica di organizzazione del personale: le aziende hanno risposto con l’apertura di negozi online, passando successivamente all’affinamento delle competenze digitali. In forte crescita è inoltre l’attenzione rivolta alla customer experience, l’esperienza dell’utente, per creare un valore aggiunto sia all’azienda che all’utente stesso. Nuove figure
E se lo store fisico integra altri canali, è altrettanto importante che il personale di vendita rivesta un ruolo fondamentale all’interno dell’esperienza di acquisto dell’utente, che deve essere guidato in ogni momento. In quest’ottica, il personale di vendita diventa un punto di riferimento per l’utente e deve possedere conoscenze e competenze sufficientemente aggiornate e approfondite in linea con la qualità del servizio offerto, consapevole del fatto che il suo ruolo è fondamentale in ottica di conversione. Il personale deve saper rispondere in ogni momento al cliente, in quanto quest’ultimo potrebbe richiedere informazioni dettagliate per poi acquistare successivamente sull’e-com-
merce. Aggiornamento del personale
È chiaro che come cambia il ruolo del negozio fisico, così il personale non perde le sue funzionalità ma deve essere adattato alle esigenze che l’evoluzione tecnologica sottopone alle aziende. Tali figure infatti sono state ridefinite dal diverso percorso dei clienti a partire dall’individuazione del bisogno fino all’acquisto del prodotto. L’utente entra in contatto con l’azienda svolgendo ricerche automatiche attraversi i canali digitali (solitamente social network e sito web) e sarebbe a metà del processo di valutazione nel momento in cui incontra per la prima volta il venditore (Fonte: Jason Angelos, managing director presso Accenture - Sluis, 2014).
LA PAROLA KPI L’indicatore chiave di prestazione (in inglese Key Performance Indicator o KPI) è un indice che monitora l’andamento di un processo aziendale. I principali indicatori sono di quattro tipi: • indicatori generali: misurano il volume del lavoro del processo • indicatori di qualità: valutano la qualità dell’output di processo, in base a determinati standard • indicatori di costo • indicatori di servizio, o di tempo: misurano il tempo di risposta, a partire dall’avvio del processo fino alla sua conclusione. Solitamente i KPI vengono determinati da un analista, che esegue un’analisi dei processi, a partire quindi dall’esigenza dei vertici (analisi topdown) oppure dai fattori elementari del processo (analisi bottom-up). Non tutti i processi si prestano a essere analizzati con i KPI e in generale si valuta questa opportunità con una scala di robustezza, che prende in considerazione, tra gli altri, la facilità di comprensione, il costo dell’informazione, la significatività, la strutturazione e la frequenza di cambiamento del dato.
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/ O P E R AT O R I /
La misurazione delle performance
La performance dell’azienda, intesa come i risultati ottenuti, è lo specchio della creazione del valore apportato dai prodotti, dai processi e dalle strategie. Un’attenta analisi della performance permetterà di valutare i pro e i contro della strategia adottata. La misurazione dei risultati permette all’organizzazione di capire quali aspetti migliorare e quali invece possono essere mantenuti. Come abbiamo più volte sottolineato, il cliente, prima di giungere all’acquisto finale, spazia attraverso diversi canali. In una strategia omnicanale è necessario cogliere quali siano i benefici apportati all’esperienza del cliente, come ad esempio il valore della conversione tra cliente e venditore presso lo store fisico, prima che questo venga effettuato online. La strategia omnicanale apporta un cambiamento fondamentale alla misurazione della performance con il superamento della logica del raggiungimento degli obiettivi di redditività o profittabilità, passando dalla valutazione dei singoli canali in parallelo alla confluenza dei singoli contributi verso obiettivi a livello di azienda. La formazione
Il cliente non guarda al canale ma al valore creato per soddisfare i suoi bisogni nel miglior modo possibile (Fonte: Cook, 2014) e proprio per questo la formazione del personale è di fondamentale importanza. È opportuno a questo punto prendere in considerazione le KPI (Key Performance Indicators), molto importanti dal punto di vista strategico dell’azienda. Sono utili per definire gli obiettivi, sempre assicurandosi che rispettino le caratteristiche riassunte nell’acronimo SMART (Specific, Measurable, Achievable, Relevant, Time-constrained, cioè specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e legati a un orizzonte temporale). L’adozione di queste KPI è necessaria per catturare il valore dato dal nuovo ruolo dello store fisico, che diventa l’elemento centrale da cui passano tutte le esperienze d’acquisto, la gestione degli ordini online e le procedure degli eventuali resi (Fonte: Sambar - 2015). Qui inseriamo alcuni esempi di KPI per il mondo retail: rapporto ingressi/vendite, spesa media per cliente, vendite al metro quadro, pezzi per scontrino, valore scontrino medio, utilizzo fidelity, attivazione fidelity e produttività individuale. Per adottare i KPI più significativi è utile unificare profitti e perdite a livello globale dell’impresa, anche perché calcolarli separatamente va contro il vero significato di omnicanalità. In secondo luogo è necessario capire quali fattori guidano l’utente durante il processo d’acquisto e non soltanto in momento in cui effettua la transa-
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zione. In questo modo si creano degli incentivi per gli addetti alla vendita che possono quindi guidare al meglio il consumatore. Infine le KPI devono valutare l’azione degli addetti alle vendite, che in un approccio omnicanale devono avere interazioni personalizzate e più frequenti con l’utente. (Fonte: Sambar et al. 2015, tratto da IL MARKETING OMNICHANNEL: L’EVOLUZIONE DELLA STRATEGIA E IMPLICAZIONI MANAGERIALI). Dall’analisi di questi fattori si può capire quanto lo store fisico sia ancora molto importante, contrariamente a quando si possa pensare da quando le vendite online hanno avuto un ruolo centrale. Essendo l’omnicanalità in continua evoluzione, è complicato dettare delle linee guida da seguire per raggiungere il successo. Ecco perché è fondamentale che ogni azienda analizzi attentamente i risultati ottenuti confrontandoli con quanto detto a livello teorico. Utenti che spendono di più
I consumatori traggono vantaggi dall’omnicanalità, perché possono essere maggiormente informati da diversi canali, scegliendo quello che meglio rispecchia le loro esigenze. Per le aziende l’impatto maggiore riguarda l’incremento delle vendite (25% di clienti arriva dai canali online): i consumatori omnichannel spendono di più e più frequentemente, rappresentando il 70 per cento delle spese totali nel retail (Fonte: IL MARKETING OMNICHANNEL: L’EVOLUZIONE DELLA STRATEGIA E IMPLICAZIONI MANAGERIALI). Un ultimo dato che conferma l’importanza per le aziende di adottare una strategia omnicanale è la fedeltà al marchio mostrata dai consumatori. Dopo l’acquisto, infatti, gli utenti fanno registrare il 23% in più di visite presso lo store e parlano positivamente del brand (Fonte: Sopadjieva et al. 2017). AZ © RIPRODUZIONE VIETATA
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I grandi marchi del retail e le loro politiche “verdi”
INNOVAZIONE fa rima con SOSTENIBILITÀ McDonald’s, Walmart, Apple e tanti altri brand sempre più attenti alle conseguenze ambientali e umane delle loro politiche aziendali. Grazie alle nuove tecnologie stanno diventando sempre più “bio”
La tecnologia messa in campo dalle aziende del retail può essere rivolta non solo a una strategia di massimizzazione delle vendite quanto anche di efficientamento delle risorse, della logistica e della filiera interna. Non è un caso che molti operatori del commercio stiano usando la leva dell’innovazione in funzione di un maggiore risparmio energetico (e, ovviamente, economico), un “item” molto caldo anche dal punto di vista comunicativo. Qualche esempio. Walmart sceglie l’elettrico
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Il gigante della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) Walmart ha annunciato poche settimane fa un accordo con Tesla, produttrice di auto elettriche, per l’utilizzo di Semi, un nuovo camion completamente elettrico. Inizieranno a essere riforniti i supermercati di Stati Uniti e Canada. L’azienda, che in questo momento utilizza 6mila camion per il rifornimento dei negozi dai centri di distribuzione, comunica di voler in questa maniera rispettare gli obiettivi di sostenibilità ambientale. Nel momento in cui scriviamo, non si conoscono ancora i costi dell’operazione, ma è sicuro
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che avrà un impatto sia sui conti di Tesla sia, in generale, sull’industria della filiera.
come The Honest Company, fondata nel 2014 dall’attrice Jessica Alba.
McDonald’s e l’impronta ecologica
Kering e la moda “green”
La rete di ristoranti di fast food in franchising McDonald’s ha prodotto nel 2009, con i suoi quasi 400 ristoranti italiani, 405.100 tonnellate di CO2 complessive, di cui 126.900 tonnellate causate da consumi di elettricità e gas, gas refrigeranti, acqua, rifiuti dei ristoranti, consumi della sede e mobilità dello staff. Nel 2013, il sistema cresciuto a 465 ristoranti ha prodotto 431.472 tonnellate di CO2 di cui 71.988 tonnellate causate da consumi di elettricità e gas, gas refrigeranti, acqua, rifiuti dei ristoranti, consumi della sede e mobilità dello staff. “Nel quinquennio, quindi, si registra una diminuzione del 55 per cento della Carbon Footprint, che equivale a 6 milioni di alberi risparmiati” dicono dall’azienda.
Kering vuole ridurre, nel giro di un decennio, la riduzione dell’impatto ambientale, sostenendo il social welfare all’interno e all’esterno del Gruppo e creando piattaforme innovative, promuovendo un modello a basse emissioni di carbonio. Il presidente e CEO di Kering, François-Henri Pinault, è convinto che la sostenibilità possa ridefinire il valore del business ed essere il motore della crescita del futuro. La strategia delineata ridefinirà le attività per continuare a crescere e a prosperare in modo sostenibile trasformando il settore del lusso. Seguendo le linee guida degli ‘Obiettivi di Sviluppo Sostenibile’ dell’Onu, Kering ha anche fissato degli obiettivi strategici quantificabili per il 2025, tra cui utilizzare risorse entro i “confini planetari” per ridurre le emissioni di CO2 del 50 per cento; lavorare sull’impatto ambientale della supply chain allo scopo di ridurre il conto economico ambientale almeno del 40 per cento; ridimensionare le emissioni di anidride carbonica, il consumo di acqua, l’inquinamento idrico e atmosferico, la produzione di rifiuti e l’utilizzo del suolo. Kering (conosciuta in precedenza come Pinault-Printemps- Redoute e PPR) è una holding multinazionale francese fondata dall’imprenditore François Pinault. Tra i marchi proprietari citiamo Gucci, Bottega Veneta, Brioni, Yves Saint Laurent, Alexander McQueen, Boucheron.
Apple ci prova…
Apple ha annunciato l’utilizzo di materiale riciclabile per i propri smartphone. A dire il vero, ancora si sa ben poco, al di là della dichiarazione altisonante di rendere i prodotti più etici e più semplici da usare. In questa maniera, Apple non solo vuole abbattere l’impatto ambientale della propria produzione, ma anche prevenire gli abusi come il lavoro minorile e non alimentare i conflitti in Africa. Lì dove si estraggono cobalto e altri minerali utilizzati nella produzione degli smartphone e, soprattutto, delle loro batterie. Icritici vedono in questa mossa di Apple il tentativo di rincorrere Samsung che aveva già annunciato una mossa simile, con il riciclo di 4,3 milioni di modelli Galaxy Note 7S, richiamati da tutto il mondo per i famosi problemi alla batteria.
AZ © RIPRODUZIONE VIETATA
Cibo etico
HowGood, startup creata nel 2007 a New York, è nata con lo scopo di aiutare gli acquirenti a essere meglio informati su quale sia il cibo migliore da consumare. Che non significa solo suggerire gli alimenti più genuini, ma anche consigliare quelle aziende che non maltrattano gli animali, che pagano gli operai in modo equo, che utilizzano ingredienti locali. Sono sessanta i parametri utilizzati dall’applicazione per fornire un vero e proprio rating. Tra i fattori presi in considerazione, ce ne sono molti sorprendenti, come l’anidride carbonica, causa dell’effetto serra, utilizzata per la produzione o la quantità potenziale di rifiuti che lo smaltimento del prodotto potrebbe produrre. Sulla falsariga di queste app, e del movimento del consumo etico molto forte nei paesi anglosassoni come gli Stati Uniti, si sono imposti sul mercato catene che fanno della loro offerta biologica e sostenibile il loro ‘plus’,
LA PAROLA Sostenibilità Lo sviluppo sostenibile è una forma di sviluppo economico che sia compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e dei beni liberi per le generazioni future, che ha dato vita all’economia sostenibile, appoggiandosi almeno in parte alla cosiddetta green economy.
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Panoramica di un settore che vive una fase intermedia di sviluppo
CENTRI COMMERCIALI, quali sono quelli che “funzionano” I mall center di medie e piccole dimensioni fanno fatica a reggere il cambiamento dei consumi. Bene quelli “AAA”, cioè i più grandi. In Italia sono quasi 450. Mentre nel 2018 in cantiere 29 progetti, di cui 22 nuove strutture commerciali e 7 ampliamenti
Positivo il saldo aperture-chiusure dei centri commerciali nel 2017 con 8 nuovi shopping center e 2 chiusure. Negli ultimi due mesi dell’anno si sono registrati due nuovi centri commerciali e tre ampliamenti, mentre per i retail park ci saranno due nuove inaugurazioni e un ampliamento. A oggi, quindi, in Italia registriamo 943 centri commerciali in Italia. L’annuale Osservatorio Confimprese-Reno sull’andamento degli stessi evidenzia una buona tenuta del canale comprensivo di centri commerciali, retail park e outlet. Di questi ultimi, nonostante la quasi saturazione del mercato outlet, ne sono stati aperti altri 3 nel corso del 2017. Non è tutto oro
Ma dietro numeri certamente positivi si cela una realtà che, invece, è ben più complessa. Il mercato dei centri commerciali risulta, infatti, bivalente. Da un lato ci sono i centri commerciali di livello medio-alto che richiedono canoni sempre più alti, ma che garantisco-
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no buone performance. Dall’altra parte, i centri commerciali di taglio convenience, che cercano di reagire al progressivo svuotamento delle gallerie e alla riduzione dei passaggi medi proponendo canoni di affitto competitivi. Il lustro appena trascorso
Nel periodo 2012-2017, la ricerca di Confimprese-Reno ha fatto registrare un incremento delle GLA (la superficie media affittabile), con punte massime toccate dai centri AA che crescono mediamente del 23,3 per cento. I piccoli, di contro, si trovano ad affrontare un bivio: crescere e aumentare di rating o mantenere gli standard a parità di GLA. Le superfici dedicate all’ancora alimentare si riducono in media del 10,5 per cento tra il 2012 e il 2017, con la diminuzione massima che si registra nei centri di rating AA con una perdita di oltre il 17 per cento delle superfici. In generale, il numero delle medie superfici No Food aumenta in
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modo sostanzialmente omogeneo tra i rating: + 20,5 per cento medio. Scenari futuri 2017-2020
Dal 2012 ad oggi, solo il 20 per cento dei 123 progetti previsti è stato praticamente implementato, di cui il 64 per cento in convenience. Ciò mostra come anche il consumatore sia cambiato, spostando le sue preferenze da beni di lusso a beni di prima necessità. Questo è provato dal numero di progetti presentati, che negli ultimi 4 anni è diminuito dell’80 per cento, ma presentando un tasso di successo maggiore, normalizzando, quindi, i tempi di realizzazione. Nei prossimi 4 anni sono previste 78 aperture, di cui 8 entro la fine del 2017, con il 46 per cento dei progetti avendo un rating superiore al BBB. Nel 2018 sono previsti 29 progetti, di cui 22 nuove strutture commerciali e 7 ampliamenti. In Europa
Secondo lo studio “European Shopping Centres: The Development Story” di Cushman & Wakefield, nel primo semestre 2017, sono stati completati 825mila metri quadrati nell’Europa Centro-Orientale (CEE), rispetto ai 344mila mq ultimati nell’Europa Occidentale, che pure pesa per oltre due terzi (68%) della superficie complessiva di centri commerciali esistenti. In totale, sono stati inaugurati 34 nuovi centri (che rappresentano l’84 per cento della superficie completata nel primo semestre), ai quali si aggiunge l’ampliamento di 21 strutture. L’Italia si colloca in terza posizione con oltre 100mila metri quadrati. La superficie completata nel primo semestre risulta in calo dell’11 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016: una diminuzione riconducibile all’aumento della competizione, cosi come al cambiamento dei comportamenti di acquisto e alla crescita dell’e-commerce. Entro la fine del 2018 si prevede il completamento di altri 6,8 milioni di metri quadrati, ora in costruzione. Secondo le conclusioni dell’analisi, “con l’evoluzione del retail, anche i centri commerciali stanno attraversando una significativa fase di transizione. L’attenzione si è spostata sulla creazione di spazi che possano attrarre, ispirare e coinvolgere i consumatori, facendo leva sulla dimensione esperienziale impossibile da replicare on-line. Le proprietà rispondono ampliando e rinnovando i centri esistenti e diversificando il tenant mix in funzione delle esigenze del bacino di riferimento. Molte strutture propongono nuove soluzioni tecnologiche e servizi per favorire la socialità, mentre gli operatori continuano a sperimentare concept e format innovativi”.
DI CHE COSA PARLIAMO Il concetto di centro commerciale si riferisce ad un modello principalmente nordamericano, che descrive una forma del tutto particolare di aggregazione di attività commerciali. Infatti, questo risulta essere definito dalla formazione di un’area commerciale in cui uno o più edifici formano un complesso di negozi che rappresentano commercianti con passerelle interconnesse che consentono ai clienti di camminare da un’unità all’altra. Il fenomeno dei centri commerciali è stato rilevante poiché intendeva legare gli interessi di un’intera unità familiare in uno spazio unico. Venendo incontro ai tipici bisogni americani, il centro commerciale era adatto a soddisfare le “spese pazze” dei cittadini. Il modello ha subito un’espansione esponenziale dal secondo dopoguerra, risultando essere meta di diversi target di popolazione. Non solo centro Ovviamente, per dare una maggiore espansione a questo concetto innovativo di aggregazione di attività commerciali, il classico centro commerciale viene man mano integrato con nuove tipologie di strutture come Parchi Commerciali o Factory Outlet. I primi sono di grande dimensione e specialmente locati ai margini dei centri urbani. Le attività commerciali sono di svariato tipo, senza seguire un filo conduttore univoco, ritrovando, per la maggior parte dei casi, anche ristoranti o cinema. Il secondo modello presentato, invece, tende a specializzarsi su particolari segmenti di mercato, come luxury o alta moda, differenziandosi dal classico concetto di centro commerciale nel fatto che l’aggregazione di diverse attività forse centrata sulla caratterizzante di price cut. Il grande successo dell’ultimo modello deriva, specialmente, dalla possibilità di offrire servizi e beni a prezzi ridotti rispetto a quelli di mercato. Molti dei primi “portici dello shopping”, come il Burlington Arcade a Londra, la Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, e numerosi portici a Parigi sono ancora attivi. Nel corso del tempo, l’attenzione si inizia a spostarsi da un concetto di qualità a uno di quantità. Infatti, i primi centri commerciali erano spesso costruzioni architettonicamente significative, che permettevano a committenti più ricchi di acquistare beni in spazi affascinanti. Questi sono stati sostituiti da strutture mastodontiche di scarsa qualità artistica e, nella maggior parte dei casi, questo trend è stato accompagnato anche dai prodotti offerti, caratterizzati da un prezzo basso ed una qualità non molto alta. In Italia, ad oggi, possiamo contare 949 centri commerciali, 169 parchi commerciali e svariati outlet.
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Geko’s Factory si presenta
“Nuovi modelli CREATIVI nell’era del FRANCHISING” Comunicazione, creatività, grafica, immagine coordinata, trampolini di lancio verso una strategia vincente Una comunicazione a 360 gradi, che abbracci la tradizione del supporto cartaceo e l’innovazione del web, passando per contenuti grafici e testuali efficaci. Le aziende del retail di oggi devono sapersi raccontare su più canali, dandosi un’immagine coordinata e coerente con il proprio mondo e la propria visione del business. Geko’s Factory è una giovane realtà italiana, fondata da un altrettanto giovane Emiliano Rindone, che fin dagli esordi si è posto l’obiettivo di rispondere alle esigenze degli imprenditori e degli operatori economici.
Quando nasce Geko’s Factory? Da quale idea?
“Geko’s Factory nasce nel 2013, dall’esperienza tecnologica e creativa dei suoi fondatori. L’idea era quella di riuscire a veicolare la tecnologia attraverso la creatività. In un momento in cui la tecnologia, sempre più in evoluzione, si poneva sul mercato con soluzioni simili e spesso difficilmente distinguibili si è pensato che la creatività potesse riuscire a fare la differenza, facendo si che una soluzione potesse risultare più o meno vincente attraverso la sua forza comunicativa e semplicità di utilizzo. Questo ha reso Geko’s Factory un’azienda in piena evoluzione, dove l’aggiornamento tra i linguaggi tecnologici e comunicativi è per noi fonte di continuo sviluppo”. A quali esigenze intendente rispondere?
“Conoscenza, ricerca, strategia. Questi sono gli strumenti attraverso i quali rispondiamo agli obiettivi che spesso ci vengono affidati. Il nostro lavoro ci permette di conoscere moltissime realtà e di affrontare ogni volta nuove sfide. Si rivolgono a noi aziende di settori molto vasti, dalla moda al cinema, dal food all’editoria fino all’IT. A tutte rispondiamo con un’unica visione: soltanto un’adeguata tecnologia, al servizio di una comunicazione strategica efficace, può portare oggi al raggiungimento degli obiettivi”. Quali sono i vostri servizi?
Emiliano Rindone, CEO & Founder Geko’s Factory S.r.l.
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“I servizi che offriamo sono racchiusi all’interno di tre macro aree: Technology – Identity – Editorial. L’area tecnology, composta da specialisti informatici, si occupa dello sviluppo delle soluzioni IT, quali ad esempio siti internet, portali, e-commerce, app, marketing
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le nostre idee sono ciò che ad oggi hanno fatto si che potessimo diventare una realtà ormai affermata sul territorio Italiano”. Quali gli obiettivi che vi siete posti?
“Gli obiettivi per un’azienda sono sempre quelli di perseguire una crescita all’interno del proprio mercato di riferimento, per noi il primo in assoluto è quello di affermare sempre più le competenze della Geko’s attraverso i suoi servizi ma senza dimenticare mai la Factory, che tramite la ricerca, la sperimentazione e il confronto rappresenta i valori e le radici della Geko’s Factory”. Approcciandovi con varie aziende, qual è l’esigenza, a livello comunicativo e di immagine, che vi trovate ad affrontare più spesso?
di prossimità e altro. L’area Identity, all’interno della quale operano specialisti della creatività, si occupa nello specifico di tutte quelle attività che riguardano l’identità di un brand, che sia questo un’azienda, un prodotto o un servizio, spaziando dallo sviluppo del nome, al logo, all’intera immagine coordinata. Infine, l’area Editorial, che può vantare professionisti specializzati nell’editoria, offre tuti quei servizi editoriali quali: impaginazione grafica, packaging, cataloghi, brochure e tanto altro”. Cosa vi distingue dalla concorrenza?
“Geko’s Factory non è solo professionalità, esperienza o processi, ciò che ci contraddistingue è la passione, la dedizione e la voglia di seguire gli obbiettivi del cliente, facendo nostre le sue sfide e accompagnandolo fino al raggiungimento degli stessi. Il nostro team e
“L’esigenza che accomuna maggiormente i vastissimi settori con cui ci troviamo a collaborare è quella della riconoscibilità, intesa come identità di immagine e valori. Spesso non è subito chiaro come il prodotto finale deve rispecchiare una visione “corporate” coerente, caratterizzata da valori e missioni che si esplicitano all’interno di ogni azione che viene svolta per veicolare tale prodotto. La riconoscibilità di un’azienda e dei suoi prodotti finali deve rientrare in dei recinti chiari e stabili al di fuori dei quali nulla deve essere veicolato. Tale rigidità consente a qualsiasi azienda di raggiungere riconoscibilità e chiara evidenza dei suoi prodotti, permettendo, lì dove si voglia, di donare al cambiamento un forte messaggio di innovazione”. Per quanto riguarda il franchising, quali sono le principali sfide comunicative che si trovano davanti le aziende che hanno all’attivo una rete di negozi?
“Negli ultimi anni stiamo assistendo allo sviluppo sempre più concreto di un mercato globale, che vede
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una forte crescita commerciale basata su filiere e format che possono essere riprodotte e installate in diverse realtà geografiche al di là del prodotto veicolato. Questo richiede la creazione di una forte comunicazione di massa, che riesca a diffondere un brand, partendo da un target localizzato e facendone uno proprio, maggiormente flessibile e divulgativo. Tutto questo ha un fortissimo impatto creativo nel mondo della comunicazione, bisogna essere pronti a rispondere a delle attività molto variegate, a una grafica flessibile e che esplori nuovi linguaggi; si tratta di creare una brand identity non di un prodotto o di una idea ma di un “modulo” replicabile e scalabile; obiettivi, trend, logistica fanno sì che un brand debba essere pensato in maniera del tutto globale e in tutte le possibili modalità applicative”. Che rapporto c’è fra le aziende italiane e la tecnologia?
“È questo un argomento ampio che ci apre a molte riflessioni. La tecnologia è sempre più percepita come uno strumento fondamentale per raggiungere un vasto mercato. Spesso però si rivolgono a noi clienti con due tipologie di criticità che possiamo riassumere in:
porto dell’obiettivo che si vuole raggiungere, un trampolino di lancio verso una strategia vincente”. Qual è il valore che viene attribuito ai social dalle aziende?
“Le aziende sono sempre più consapevoli che i social sono ormai una forma di linguaggio necessaria, sono uno strumento molto richiesto a corredo di una più ampia strategia di comunicazione; ciò che spesso però viene tralasciato è il vero valore che i canali social possono restituire a fronte di un investimento. I social possono essere utilizzati per il raggiungimento di diversi obiettivi, aumento delle vendite; posizionamento; brand reputation, la cui misurazione spesso non si deve limitare al più banale incremento dei follower, la qualità dei dati e obiettivi mirati rendono un social davvero vincente, anche qui è fondamentale saper dare al cliente una risposta valida che fa fede a degli obiettivi ben delineati. La parola chiave è: consulenza”. Secondo il vostro punto di vista, qual è oggi il grado di maturità, comunicativa e grafica, delle aziende?
“Le aziende che si rivolgono a noi sono sempre più informate e hanno una visione abbastanza attualizzata nei confronti della grafica e della comunicazione, al giorno d’oggi la sensibilità verso una cultura più attenta allo stile e ai nuovi trend è in forte crescita. L’aspetto fondamentale è capire come il gusto personale e la propria visione estetica non sia sempre quella giusta per la propria azienda. Infatti, non occorre perdere di vista che il target di riferimento non è l’azienda stessa, ma il cliente finale. Questo il segreto: la volontà di farsi guidare verso quella che è la giusta chiave comunicativa avendo il coraggio di abbandonare dei preconcetti di stile. Qui arriviamo al punto: il grado di maturità è molto più alto in questi ultimi anni ma ciò che resta ancora difficile è capire che non esiste un giusto stile o una bella grafica, lo stile giusto è quello che funziona rispetto a degli obiettivi”. AZ © RIPRODUZIONE VIETATO
1. Poca conoscenza delle reali potenzialità della tecnologia che vanno ben oltre il semplice sito vetrina o di vendita online. 2. Errata aspettativa verso i risultati desiderati, frequentemente infatti si affida allo strumento tecnologico la risoluzione di tutte le problematiche commerciali. Ciò che in questo caso fa la differenza è un buon servizio di consulenza dove il cliente deve essere guidato verso tutte le reali possibili strade che la tecnologia può aprire verso il mercato di interesse, e dove come nel nostro caso la tecnologia è uno strumento a sup-
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/ NEW SERVICES /
Le nuove funzionalità del portale di AZ Franchising
Tutti i SERVIZI in un SITO Franchisor, investitori, master troveranno la risposta alle loro esigenze. Che cos’è il MatchSystem, l’innovativo sistema di matching fra gli operatori del settore Il nuovo sito di AZ Franchising è il primo a presentare una directory di oltre mille aziende che operano in Italia con il modello dell’affiliazione commerciale. AZ Franchising rinnova, così, la sua mission di luogo di eccellenza per l’incontro fra domanda e offerta di tutti gli operatori del settore. Per i franchisor
Per le reti il sito di AZ ha pensato a tre schede per rispondere a ogni esigenza. Le tre tipologie di schede si differenziano per grafica, contenuti, servizi acquistabili e posizione sul sito. Vediamole nel dettaglio. Scheda platinum: è un vero e proprio mini sito dedicato all’offerta franchising dell’azienda, con una foto in vista che può essere sostituita da un video o da un’animazione. La presentazione dell’azienda è corredata da una gallery di foto di supporto al testo. Completano la pagina una parte grafica numerica e un form di contatto che permette di ricevere contatti profilati direttamente nella casella della mail aziendale. Scheda plus: la scheda che ha fatto la storia di AZ Franchising riammodernata secondo i nuovi dettami grafici e tecnici. Composta da una parte testuale affiancata da quella numerica con form e una fotografia. Scheda basic: insieme alla scheda Platinum, è la novità del sito di AZ Franchising. Si tratta di una presenza “minimale” ma, allo stesso tempo, strategica all’interno del portale web. La scheda Basic si trova in posizione privilegiata all’interno della directory ed è contornata da una fascia colorata che ne aumenta la visibilità. Inoltre, rispetto al resto della directory, le schede Basic si differenziano per la presenza di un logo e di una cartina geografica all’interno.
che permette l’incontro fra franchisor, imprenditori e investitori interessati a diversificare i propri investimenti nel settore. Un percorso fra online e offline, in parte automatizzato e in parte personalizzato con l’ausilio del team consulenziale di WM Capital, proprietaria di AZ Franchising, che garantisce riservatezza e professionalità. Per i master
Il sito ha una forte vocazione internazionale e non poteva dedicare uno spazio anche a chi vuole espandersi nel mondo o a chi è interessato a portare in Italia marchi e realtà straniere. Anche qui, un form pensato dal team di AZ Franchising/WM Capital e basato sul metodo di lavoro perfezionato in anni di ricerche aiuterà a mettere in contatto gli interessati. AZ © RIPRODUZIONE VIETATO
Per gli investitori
AZ Franchising presenta il MatchSystem, un servizio ideato e registrato da AZ Franchising 69
Fiere ed eventi seguici sui social o sul sito per sapere dove trovarci. Partecipiamo a o organizziamo manifestazioni per far conoscere il mondo del franchising e le migliori aziende
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Social un nuovo servizio per incrementare la presenza sui social delle aziende in franchising per il recruiting di affiliati
specializzata nel Business Format Franchising, promuove la crescita delle imprese attraverso lo sviluppo di sistemi franchising in Italia e all’estero, conferendo know-how industriale e operativo e mettendo a disposizione un network qualificato e internazionale. Per saperne di piÚ: info@azfranchising.com
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/ NEW CONCEPT /
MISTER SPEX. Germania, Berlino Caso tratto dalla ricerca internazionale di Kiki Lab – Ebeltoft Group, Retail Innovations 12 di Fabrizio Valente*
Area chiave: Smart Shopping Tendenza complementare: Cross-canalità
• Webfront di e-tailer ottico • 150 mq • 2016: prima apertura • 1.400 referenze
clienti sono attratti da questo concept luminoso, curato, dall’eleganza minimalista. Rispetto ai negozi tradizionali, in cui i banconi creano una distanza fra ottico e cliente, ponendoli uno di fronte all’altro, qui ottico e cliente si siedono a fianco, facilitando una relazione più empatica e permettendo al cliente di avere un ruolo più attivo. Nel processo self service per individuare le montature preferite, ai clienti vengono consegnati piccoli vassoi in legno con lo spazio per quattro lenti, per provarle e confrontarle davanti allo specchio. Il cofanetto usato per le spedizioni on-line: 4 montature in prova gratuita per 10 giorni
Mister Spex 2007: lancio e-commerce
Cross-canalità e coerenza on/off
Mister Spex è diventato il principale ottico on-line in Europa, con un assortimento basato su occhiali da vista e da sole e lenti a contatto. Nel 2016 ha aperto il primo negozio fisico a Berlino, dal design molto raffinato, che ha ricevuto il Red Dot Design Award 2016, uno dei principali premi di design a livello mondiale. Il nuovo concept, oltre a offrire una selezione di 1.400 occhiali da vista e da sole, integra anche una serie di servizi prestati da ottici professionisti, mentre per gli acquisti on-line continua a offrire servizi di visite specialistiche tramite una rete convenzionata di partner. Lounge multi-canale: alle spalle gli occhiali, davanti un tablet per chi preferisce esplorare l’assortimento on-line. L’esperienza fisica degli occhiali in negozio continua a essere determinante. Realtà aumentata in 3D per provare montature non presenti in negozio
Mister Spex ha fatto molta attenzione a questo suo nuovo concept fisico a creare fluidità e simmetria delle esperienze on e off. Il primo presupposto è l’assoluto allineamento dei prezzi fra online e offline. L’area delle promozioni è all’ingresso sia del negozio che del sito in home page. L’esposizione dell’assortimento in negozio segue il metodo già consolidato online. Gli occhiali sono suddivisi in base alla forma del volto: stretto, rettangolare, quadrato, tondo e a farfalla. Un pratico sistema aiuta i clienti a individuare la forma del proprio volto. Il negozio fisico ha adottato per le confezioni anche lo stesso packaging in cartone usato online. Nel negozio sono presenti tablet per esplorare l’assortimento molto più vasto presente online e stimolare acquisti sul web anche dal negozio. Come sul sito anche in negozio gli occhiali sono suddivisi in base alla forma del volto. Materiali e linee del Retail design creano un ambiente minimalista ma caldo. In modo speculare all’homepage del sito, all’ingresso un tavolo espone le offerte stagionali
Il leader europeo dell’ecommerce dell’ottica apre il primo negozio fisico con un retail design molto ricercato in stile Apple e un elevato contenuto di servizio Info chiave
Layout e prossemica innovativi
Il layout prevede un ingresso completamente aperto, che si affaccia sulla galleria del centro commerciale Alexa, per favorire un maggior numero di visite. I
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/ NEW CONCEPT /
Commento finale di Kiki Lab ed Ebeltoft Group
Mister Spex è stato tra i primi pure player a fare un passo avanti e comprendere che il successo del retail del futuro non sarà online, e neanche offline, ma nelle mani dei retailer capaci di integrare on e off. Lo sta facendo in modo interessante, puntando sulla coerenza e la simmetria fra i canali e sfruttando bene la profonda conoscenza dei clienti, maturata in un decennio di raccolta e analisi dei comportamenti e dei processi di acquisto. Ci aspettiamo che seguiranno nuove aperture, il cui successo dipenderà anche dal potenziamento delle strategie di rimando dall’on all’off e viceversa. AZ © RIPRODUZIONE VIETATO
*founder e AD di Kiki Lab – Ebeltoft Italy
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L’APPUNTAMENTO Prossimo evento Kiki Lab Retail Innovations 13 - Quando l’innovazione batte la ‘crisi’, tendenze e casi internazionali, Milano 13 marzo 2018.
Geko’s Factory, azienda italiana di grafica creativa, con una forte esperienza nell’ambito del franchising, vanta competenze e professionalità che consentono di seguire i propri clienti nell’intera filiera produttiva: dal processo creativo alla distribuzione su tutti i punti vendita. WHAT WE DO? IDENTITÀ VISIVA
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/ COMUNICAZIONE /
Da McDonald’s a IKEA, come si muovono i “big”
COMUNICAZIONE dei RETAILER, ecco le tendenze del 2018 Il futuro sarà di quelle aziende che non solo adotteranno le nuove tecnologie, ma anche quelle che le sapranno comunicare al pubblico
di Stefania Giuseppetti
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Di fronte ai nuovi comportamenti dei consumatori verso gli acquisti online e in mobilità, i retailer si trovano a ridefinire i propri modelli organizzativi per affrontare in maniera efficace la trasformazione digitale, che spesso mette a rischio la loro esistenza in ambienti mai stati così concorrenziali. Per incrementare la propria competitività, influenzando le scelte dei clienti e di quelli potenziali, è necessario rispondere con lo sviluppo di strategie di engagement (coinvolgimento) personalizzate e con nuovi servizi destinati alla tecnologia mobile e al mobile advertising, in grado di stimolare gli utenti a recarsi presso il punto vendita, proprio nel momento in cui sono più sensibili all’acquisto. L’integrazione
Ed è così che l’online, temuto come il pericolo principale dei negozi fisici, sta mostrando dinamiche di convergenza con l’offline. Complice di questo trend sono i sistemi collect data CRM, attraverso i quali si compra su internet ma si ritira in negozio, e le piattaforme che integrano il magazzino “virtuale” con lo store fisico. A questo punto è evidente che bisogna avere un’unica visione del cliente, che consenta di riconoscerlo con le sue preferenze e abitudini di acquisto, sia che utilizzi un dispositivo mobile, sia che acquisti online o che entri in negozio. Secondo quanto tracciato dall’ultimo Osservatorio di Confimprese, presentato nel secondo Retail Summit, lo scorso 21 e 22 settembre, risulta che il 90 per cento degli articoli viene ancora acquistato nel negozio, nonostante due persone su tre usano internet come fonte informativa.
Il punto vendita rappresenta il reale punto di contatto tra cliente e azienda, sia fisico che emotivo, ed è il mezzo di comunicazione più vicino al consumatore. Infatti, è sempre più considerato, dagli studiosi del settore e dalle imprese stesse, una vera e propria risorsa strategica intangibile d’immagine.
ha utilizzato il claim “Big Bang. Sono nati i risparmi stellari”: dai teaser online, alla diretta Facebook live conclusiva in store, dalle operazioni di email marketing, alle affissioni locali; dagli spot radiofonici e quelli televisivi; fino a un’invasione nella metropolitana di Milano di alieni dal colore verde fluo, armati di buste della spesa piene di prodotti Auchan. McDonald’s con i Summerdays, dal 29 giugno scorso e per trentuno giorni, attraverso la App McDonald’s Italia e l’interazione di un calendario virtuale, ha permesso a tutti gli utenti registrati a MyMc di accedere alle offerte quotidiane. La promozione, comunicata con spot da 15 secondi, raccontava una serie di piccoli incidenti causati da distrazioni, ma tutti con un lieto fine proprio da McDonald’s, perché, come recita il claim: “È sempre il momento per le offerte Summerdays”. La campagna, diffusa dalle principali emittenti nazionali digitali e satellitari è stata sviluppata, oltre che sull’App, anche attraverso radio, BTL, social e digital. In scena dei ragazzi così trepidanti di ricevere la notifica Summerdays della App da interrompere immediatamente quello che stanno facendo appena sentono il suono del proprio smartphone, che sia parcheggiare una bici o addirittura baciare il proprio ragazzo. Meno recente, ma di grande impatto, è la campagna “Retail Therapy” di Ikea, rivolta al mercato svedese. Sfruttando le interrogazioni più frequenti effettuate dagli utenti su Google, ha sviluppato un nuovo sito web che affianca quello ufficiale, in cui ha rinominato una serie di prodotti low cost. Così, gli articoli che in qualche modo hanno una connessione con i “problemi relazionali correlati” presentati dall’utente sono diventati i protagonisti di questa “terapia”. Ad esempio, alla query “il mio partner russa” è stato associato un letto singolo, mentre a “non ha risposto al mio messaggio” un caricatore USB a tre porte, come se la batteria scarica del telefonino fosse stata la causa della mancata risposta; una lampada versione discoteca è diventata il rimedio per i figli che sono fuori tutta la notte, mentre il comune armadietto di sicurezza è diventata la risposta a “mia sorella ruba le mie cose”. Tutte soluzioni che rappresentano una necessità espressa dall’utente e che hanno saputo sfruttare la ricerca semantica. L’online è sicuramente un canale inevitabile, ma i confini tra il negozio virtuale e quello fisico si assottigliano. AZ © RIPRODUZIONE VIETATO
Qualche esempio
La prima campagna internazionale Auchan Retail ha trasformato i suoi quattromila punti vendita, nei quattordici paesi, in un ambiente straordinario, in cui sessanta prodotti di largo consumo sono stati venduti contemporaneamente allo stesso prezzo. In Italia, dal 21 marzo al 2 aprile scorso, la campagna multicanale
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/ COMUNICAZIONE /
Esempio della campagna di comunicazione multichannel di Auchan
IL FUTURO È QUI Saranno le tendenze da tenere d’occhio nel 2018. Alcune sono già realtà, anche se di nicchia, altre esploderanno nell’anno che verrà, altre ancora, magari, saranno più effimere ed evanescenti. Proviamo, qui, a vedere che cosa ci riserverà il nuovo anno nel settore del digital marketing. 1. Effimero Con l’”esplosione” di Snapchat si è diffuso il fenomeno di “stories” brevi che si cancellano nel giro di 24 ore. Un fenomeno a cui si sono dovuti adeguare Instagram e Facebook e che pone nuove sfide alle aziende che vogliono vincere la sfida della nuova comunicazione. Che prevede messaggi “àncora” che ingaggino l’utente nei pochi secondi del messaggio e che rimandino subito a una “call di action”. È dimostrato, infatti, che i messaggi cosiddetti di flusso, appunto quelli delle “stories”, hanno maggiore capacità di spingere l’utente a compiere qualche azione. Ovviamente, se e solo se il messaggio è ben congegnato. 2. Automatismo Si chiamano chatbot e non sono altro che dei risponditori automatici via chat, ma non solo. La tecnologia sta spingendo al massimo le capacità di questi software nel simulare una conversazione umana. Vengono sempre più utilizzati dalle aziende nei campi dell’assistenza ai clienti, della customer care e del commerciale. Le realtà industriali che ne sapranno cogliere l’importanza saranno avvantaggiate sulle altre grazie alla flessibilità di questi bot, oltre al loro utilizzo potenzialmente infinito. 3. Realtà aumentata e intelligenza artificiale Non è ancora ben chiaro come potranno rispondere a esigenze commerciali e aziendali, ma sia la realtà aumentata che l’intelligenza artificiale vivranno un vero e proprio boom nel 2018. I produttori di smartphone come Apple e i social network come Facebook si sono già attrezzati con software che permettono un’esperienza ancora più profonda da parte degli utenti. Una nuova possibilità per aziende sempre in caccia di clienti. 4. Internet delle cose (Internet of things, IoT) Dopo anni di sperimentazione, si cominciano a intravedere le potenzialità di business dell’IoT nel retail, per esempio offrire al cliente più opzioni di scelta tra le quali anche la consegna sul luogo di lavoro o anche presso l’auto parcheggiata in un determinato luogo o area di sosta. Grazie all’internet delle cose, le aziende possono personalizzare l’esperienza del cliente nello store, spingendo sull’immersione totale e analizzando il suo comportamento ancora prima che entri nello store. 5. Checkout-less store Nel 2018 si consolideranno forme di pagamento in qualche modo slegate dalla stessa carta di credito. Dalla tecnologia “contactless” fino alle transazioni via app o device mobile, pagare sarà sempre più un atto slegato dall’azione dell’andare in cassa o prendere qualcosa dal portafoglio. Vinceranno non solo le aziende che adotteranno e faciliteranno questa abitudine, ma anche quelle che lo sapranno comunicare. 78
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Metodi per controllare lo stato di salute di una rete
Un BILANCIO unico per le reti in FRANCHISING Stretti fra banche che faticano a concedere prestiti e investitori spesso scettici, le catene italiane dovrebbero dotarsi di un sistema contabile il più possibile univoco, unificando le contabilità di ogni singolo affiliato, anche il più piccolo di Mirco Comparini I dati statistici della Divisione Ricerche e Sviluppo di AZ Franchising hanno sottolineato più volte come il franchising ha sostanzialmente “tenuto” durante gli anni della crisi e come oggi, in tempi non più finalmente “magri”, rappresenti un settore ancor più dinamico. È, però, indubbio che la situazione è variegata. Si è cercato (e tutt’ora si cerca) di capire i condizionamenti esterni alle reti, gli andamenti delle aziende, l’andamento del mercato di riferimento, i volumi di fatturato e gli utili, gli eventuali “ritocchi” alle formule di affiliazione, le offerte commerciali, le politiche di marketing e advertising, la gamma dei servizi per gli affiliati, l’andamento di aperture dei punti vendita, degli affiliati, il trend, ecc… Il controllo della rete
Il “controllo della rete” è un aspetto alquanto ampio di tutta l’impalcatura che compone il sistema franchising. Molto sinteticamente possiamo classificare le tipologie di controllo da attuare ad una rete in “controllo esecutivo”, “controllo economico” e “controllo competitivo”. Le caratteristiche di ogni singola area sono, poi, diverse nei vari sistemi di franchising a seconda del grado di discrezionalità concesso agli affiliati e per la loro attuazione sono adottati una molteplicità di strumenti. Sempre sintetizzando, in questa tabella forniamo degli esempi di strumenti di controllo con relative finalità. Non possiamo evitare di far presente come sia facilmente rilevabile, da parte di coloro che operano nel settore del franchising, l’assenza, in molte reti (anche in quelle “famose”) di molti degli strumenti sotto indicati. La rete nel sistema finanziario
La stretta creditizia (Basilea 2, in primis, Basilea 3 e tutti gli altri interventi in materia comunitaria, la “lontananza” e la “scarsa attenzione” del sistema bancario nazio-
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nale dal e al franchising (spesso sfociante in una vera e propria “non conoscenza” delle peculiarità e delle potenzialità di tale sistema di fare impresa), la valutazione standardizzata delle imprese start-up (paragonando gli affilianti in apertura a qualsiasi “piccolo commerciante intraprendente” con valutazione paritetica del “rischio di fare impresa”) e tanti altri fattori tra loro combinati e collegati, hanno portato in passato (e stanno portando nel presente) molti operatori del settore ad attivare forme di scontentezza verso i nostri istituti bancari. È, indubbio, però, che, se da un lato dobbiamo prendere atto di questa “assenza” di interesse del sistema bancario, dall’altro dobbiamo anche capire come, ma soprattutto se, c’è una reazione del sistema franchising o, comunque, se il sistema franchising è pienamente attuato e applicato, tale da rendersi “seriamente spendibile” sotto l’aspetto economico-finanziario. Il controllo economico-finanziario della rete
Innanzitutto, il primo obiettivo che deve porsi un sistema di franchising è quello di mantenere in “salute economico-finanziaria” i propri affiliati, soprattutto “finanziaria”. La salute degli affiliati è la salute degli affilianti (concetto ben noto ai protagonisti del settore). Purtroppo non sono molti i sistemi di franchising che analizzano gli aspetti finanziari dei propri affiliati e che li controllano per guidarli, per supportarli e per tutelarli. Molto più spesso di quel che si può immaginare, l’attenzione è concentrata sull’aspetto economico, se non, addirittura, solo sui ricavi, dati importanti, ma assolutamente sterili. Infatti, mentre può risultare alquanto facile conoscere la “salute economica” degli affiliati alla rete, più difficoltoso può risultare conoscerne la “salute finanziaria” in quanto i dati sono più articolati e complessi. Non solo, un affiliato potrebbe assumere, nel corso della sua attività, un comportamento “economicamente corretto”, ma non “finanziariamente”, incidendo personalmente
/ FINANZA & LEGALE /
sulla gestione finanziaria in forma non proporzionale rispetto ai risultati economici. Certo, non possiamo nascondere che le difficoltà possono esserci, soprattutto per quegli affiliati di minori dimensioni che adottano regimi contabili semplificati che non contabilizzano le movimentazioni finanziarie, ma questo può costituire una giustificazione e non un motivo (concetti che possono assumere significati alquanto distanti tra loro). Ci sono reti (serie) che impongono la costituzione di società di capitali (obbligate alla redazione del bilancio in tutte le sue parti) o altre che impongono la tenuta delle scritture contabili con il sistema “ordinario”, completo di dati patrimoniali ed economici. Importante è capire che non si tratta di aspirazioni dittatoriali delle catene, ma solo ed esclusivamente di forme di controllo di rete, nell’interesse della rete stessa e, quindi, dell’affiliante, ma anche e soprattutto dell’affiliato. Da non sottovalutare, poi, che un effettivo e completo controllo (economico-finanziario) da parte del franchisor potrebbe anche assumere una specie di “certificazione di qualità” rispetto al mondo creditizio, fornendo maggiori rassicurazioni sul “rischio di impresa” degli affiliati. In pratica, una effettiva vigilanza (in senso positivo, collaborativo e, pertanto, costruttivo) del franchisor verso i propri franchisee, potrebbe essere intesa come un asset immateriale di cui non sono in possesso imprenditori “non franchising”, seppur ciò sia strettamente legato anche alla serietà maturata costantemente nel tempo dallo stesso marchio. Dando, quindi, per scontata la comprensione sui riflessi positivi in favore dei singoli affiliati e in favore dell’intera rete derivanti da un’attività svolta in tal
senso, è anche opportuno dire che, per la rete stessa nel suo complesso, può ritenersi limitativa l’informazione che giunge dai singoli bilanci dei singoli affiliati in favore dell’intera rete. Per comprendere meglio tale affermazione, occorre partire dal presupposto che, in presenza di relazioni contrattuali molto strette, l’economia definita da una singola impresa assume un significato parziale. O, dall’altro punto di vista, l’economia risultante dal complesso di aziende legate tra loro da relazioni contrattuali molto strette fornisce un quadro e consente una valutazione complessiva molto più completa. Ci riferiamo ai “bilanci combinati” o, meglio, “aggregati”. Prendendo in prestito queste definizioni, poniamo in evidenza che i “bilanci combinati/aggregati” rappresentano uno strumento utile per valutare l’andamento della complessa attività economica che coinvolge diverse aziende in qualche modo collegate tra di loro. Nel concreto, si tratta di sommare algebricamente i valori dei bilanci delle varie parti coinvolte nell’accordo. Tali “aggregazioni” possono anche fornire dati omogenei non solo in termini di “area nazionale”, ma anche per aree più ristrette, ad esempio “regionali” o per “bacini di utenza”. In questo modo possiamo avere una visione dello stato di salute (completo) dei singoli appartenenti alla rete e dell’intera rete. Certo, requisiti fondamentali per la loro elaborazione sono: • l’accesso alla contabilità e ai dati interni degli affiliati (possibilità spesso presente nelle clausole • contrattuali come “diritti del franchisor”) • l’omogeneità dei criteri di compilazione (in genere di “riclassificazione”) dei dati di bilancio. Tali problematiche non dovrebbero sussistere (condizionale d’obbligo) per il franchisor in quanto azienda principale che coordina l’attività di tutti i franchisee e
STRUMENTI DI CONTROLLO
FINALITÀ
I bilanci aggregati
Conti economici previsionali – Prospetti di analisi finanziaria previsionale – Bilanci combinati
Analisi del bilancio del franchisor pre/post affiliazioni – Analisi del bilancio combinato pre/post affiliazioni – Tecnica dell’analisi del surplus dei valori di conto economico connessi ai rapporti di franchising Meccanismo dei prezzi di trasferimento Budget
Apprezzamento in via anticipata delle potenzialità di reddito e di sviluppo delle singole parti e della rete nel suo complesso
Valutazione del contributo delle singole parti alla determinazione dei vantaggi economici congiunti
Distribuzione dei risultati comuni Responsabilizzazione e negoziazione delle condizioni di remunerazione delle parti
Controllo: • degli sviluppi di mercato rispetto al piano • dei risultati commerciali (quota mercato, fatturato) • dei risultati economico-finanziari • delle poste di capitale circolante • dei costi di gestione operativa • dei tempi di recupero degli investimenti
Controllo dei risultati
Prezzi di trasferimento – Sistemi di remunerazione (fees/ royalties) – Prezzi di vendita
Incentivo agli affiliati
(1) “Il coordinamento e il controllo nelle organizzazioni a rete” – Anna Maria Arcari – Ed.Egea, Milano, 1996
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azienda che fornisce la necessaria assistenza e le necessarie istruzioni utili allo scopo. La risposta alle critiche
In alcuni questo calcolo potrebbe far sorgere alcune perplessità. Abbiamo dato cenno a perplessità in merito alla significatività dei dati ottenuti e sulla logica di procedura e abbiamo affermato che tali perplessità non dovrebbero sussistere. I motivi che ci portano a sostenere ciò sono esssenzialmente tre: 1. Innanzitutto, quando sopra esposto trova può trovare una conferma anche nei Principi Contabili Internazionali per la formazione dei bilanci (Ifrs 3) e, in particolare, in tema di “Business Combination”. Tra i due metodi comunemente conosciuti ed accettati dalle diverse giurisdizioni dei diversi paesi operanti nei mercati europei e non, ne citiamo uno, denominato “pooling of interests” (“unioni di imprese”). “Alla base di tale metodologia vi è la concezione che nelle unioni di imprese non vi è trasferimento del controllo tra soggetti economici. Di conseguenza, l’unione di imprese che si ottiene attraverso l’aggregazione dei soggetti interessati deve essere rilevata contabilmente aggregando i costi storici desunti dai relativi bilanci (...). In un’aggregazione contabilizzata secondo questa metodologia non emerge alcun avviamento” 2. Si tratta di rapporti tendenzialmente stabili e quindi è facile individuare con precisione i bilanci da “combinare/aggregare” e, inoltre, le procedure contabili alla base dell’elaborazione dei singoli bilanci dovrebbero essere, come detto, di norma standardizzate, riducendo i problemi connessi alla disomogeneità delle stesse 3. Infine, occorre tener conto e dare per scontato che dovremmo essere in presenza di un’impresa centrale che dovrebbe disporre di un’adeguata organizzazione amministrativo-contabile ed essere assolutamente e direttamente interessata a raccogliere informazioni sui suoi partner utilizzando dati a sua disposizione, o richiedendo quelli idonei allo scopo, riguardanti le quantità e i valori che riflettono i trasferimenti interni di beni o servizi, nonché gli eventuali finanziamenti interni a titolo di capitale di credito, ecc… In considerazione di ciò, la formazione del “bilancio combinato/aggregato” assume significatività analoga a quella del bilancio consolidato realizzato nell’ambito dei gruppi societari. Nel caso del franchising si può osare la conclusione che, nonostante l’indipendenza giuridica delle parti, è possibile configurare nella rete un’unità economica di “secondo grado” da assimilare al gruppo aziendale per le sue caratteristiche gestionali e strutturali.
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Conclusioni
In conclusione, vogliamo porre in evidenza che se le imprese non intendono subire scelte di altri (ed in particolare delle banche) devono e dovranno (ma anche dovevano) prepararsi opportunamente e convenientemente. Per non rimanere penalizzate nell’accesso al credito, le imprese dovranno adoperarsi per migliorare la propria struttura finanziaria e organizzativa, attuare una concreta e coerente politica di pianificazione finanziaria e di monitoraggio dei propri indicatori di performance (meglio se confrontati con le medie settoriali e/o con i più diretti concorrenti), nonché curare la quantità, la qualità e la tempestività dell’informazione societaria, ma soprattutto “di rete”. Le analisi gestionali e di bilancio hanno proprio lo scopo di cogliere le inefficienze strutturali dell’impresa e porvi immediato rimedio, canalizzando le decisioni imprenditoriali di gestione verso le vie tracciate dai risultati delle analisi. Ovvio, per fare tutto quanto sopra descritto, da parte del franchisor, ci vogliono organizzazione, capacità, risorse umane e, ovviamente, risorse finanziarie (anche in termini prospettici) ed è altrettanto ovvio che si tratta anche di attività che non producono immediati ricavi (né dall’attività del franchisor né dall’attività del franchisee), anzi producono costi. Certo, è molto più facile esternare forme di lamentala verso gli altri o chiedere (per fare impresa) i più classici “italici aiuti di Stato” oppure paragonare i nostri istituti di credito con quelli esteri evidenziando i difetti dei nostrani, mentre risulta molto più difficile andare a comprendere il perché di tutto questo, salvo poi scoprire che alcune catene hanno un così elevato controllo della rete che la loro buona reputazione si è diffusa (anche in forma “globale”) automaticamente all’interno del sistema creditizio e, già che ci siamo, riusciamo anche a comprendere perché, da un controllo di rete completo in ogni parte della gestione aziendale, alcune sono riuscite a diventare multinazionali ponendo al centro della loro attività “solamente” prodotti e servizi “di base”, seppur universali. Non si può sfuggire da questo, non si può pensare che gli “stake-holder” di natura finanziaria debbano obbligatoriamente credere nelle “formule del franchising” senza che si dimostri che si tratta di “formule matematiche” (quindi, non così opinabili) e non di “formule magiche” (quindi, non così credibili). AZ © RIPRODUZIONE VIETATO
IN BREVE 1.
Per essere più appetibili per le banche, i franchisor dovrebbero dotarsi di strutture finanziarie e risorse umane per unificare i bilanci dei singoli affiliati 2. Il bilancio così redatto è molto simile a quello “consolidato” dei gruppi societari 3. Per far ciò, bisogna standardizzare l’elaborazione dei singoli bilanci “affiliati
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Il franchising e le clausole vessatorie
L’AFFILIATO è la parte DEBOLE, ma non per la LEGGE La legislazione protegge il franchisee in quanto controparte meno forte in un contratto di affiliazione. Ma la realtà ci dice che la tutela non è completa come nel caso dei consumatori. Attenti, quindi, a quello che c’è scritto nel contratto che si firma di Paolo Fortina* con la collaborazione di Vincenzo Terracciano
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La legge n. 52, del 6 febbraio 1996, attuazione della direttiva CE n. 13 del 1993, ha introdotto nel libro IV, titolo II, del codice civile un intero capo dedicato ai “contratti del consumatore”, concernente le cosiddette clausole vessatorie (o abusive). Di che cosa stiamo parlando
In linea generale, sono considerate tali quelle clausole che “nel contratto concluso tra il consumatore e il professionista, che ha per oggetto la cessione di beni o la prestazione dei servizi (..) malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio di diritti e degli obblighi derivanti da contratto”: la norma, chiara espressione del principio costituzionale di eguaglianza, scaturisce dall’idea del legislatore di creare una disciplina che tuteli il consumatore, il quale normalmente è la parte debole nel rapporto contrattuale con l’imprenditore. A tale effetto, si definisce consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale e professionista la persona fisica o giuridica, pubblica o privata che, nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il contratto di cessione di beni o la prestazione di servizi. Infatti, la direttiva così si esprime: si deve intendere per consumatore “qualsiasi persona fisica che nei contratti oggetti della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale”.
Ma il franchising ne è escluso
Poiché le parti di un contratto di franchising sono sempre imprenditori (o quanto meno possono essere considerati tali), e poiché per consumatore deve intendersi un soggetto che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, non ci sono spazi, neppure mediante una interpretazione estensiva della normativa, per ritenere applicabile ai contratti conclusi tra franchisor e franchisee la normativa dei contratti del consumatore, e in particolare, la norma che considera abusiva la clausola che consenta al professionista di recedere dai contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso. Risulta infatti impossibile uno sforzo interpretativo per poter assimilare il franchisor alla parte debole di un contratto e quindi escludere che questi possa essere qualificato come non imprenditore. L’unica strada percorribile sarebbe, dunque, quella di escludere la qualifica di imprenditore per il franchisee. Tale operazione è ipotizzabile, tuttavia, solo qualora il rapporto tra i due soggetti sia estremamente squilibrato e pertanto il comportamento del franchisee sia del tutto soggetto agli ordini del franchisor. Da ciò risulterebbe che il primo sia soltanto un investitore di denaro che avvia un’impresa da cui risulti che il vero imprenditore sia il secondo. Deve tuttavia ritenersi che anche questa prospettiva sia da scartare, per la disciplina dell’indennità di fine rapporto. Tuttavia, il legislatore stabilisce che: “Il venditore ha diritto di regres-
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so nei confronti del fornitore per i danni che ha subito in conseguenza della declaratoria ad inefficacia delle clausole considerate abusive”. Quando si applica il diritto di regresso
La fattispecie che il legislatore descrive nella norma si può assimilare alla situazione nella quale in un contratto di franchising di distribuzione si preveda l’obbligo in capo al franchisee di inserire, nei contratti da lui stipulati con i consumatori, determinate clausole abusive e, successivamente, dichiarate inefficaci. Infatti, in questo caso secondo, il franchisee, venditore sostanziale, ha diritto di regresso nei confronti del franchisor, suo sostanziale fornitore. Questa previsione normativa è possibile solo nei contratti di franchising di distribuzione e ciò poiché, ad esempio, la norma non ha margini di applicabilità al franchising di produzione, ove il franchisee non ha contatti diretti con i consumatori.
È il caso, ad esempio, in cui il franchisor impone al franchisee di inserire, nei contratti conclusi con i consumatori, una clausola che consenta al secondo di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale risulti eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente pattuito. Tale clausola consente al franchisor di mantenere una uniformità di prezzi tra i propri franchisee in modo da sfruttar al meglio la propria posizione di monopolio.
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Da questa breve analisi si evince come la norma nasca effettivamente dall’esigenza del legislatore di tutelare l’imprenditore-distributore, parte debole del rapporto contrattuale. Finalità che ritroviamo anche nella disciplina riguardante la responsabilità per danno arrecato da prodotti difettosi. In questo caso, infatti, la responsabilità è innanzitutto del produttore e, solo nel caso in cui questo non sia individuato, del venditore. Le piccole o medie imprese sono caratterizzate da una differente posizione economica rispetto alle grandi imprese di produttori e di fornitori e ciò comporta una inevitabile posizione di debolezza delle prime assimilabile a quella prevista per il consumatore. Questa è dunque l’unica ipotesi prevista dalla legge che attribuisca tutela anche ad un soggetto che non sia consumatore, ma imprenditore. Tuttavia, il franchisee non riceve tutela da questa disposizione nel caso in cui le clausole abusive attengano unicamente al rapporto intercorrente tra lui e il franchisor, e non siano invece destinate a essere inserite nel contratto tra il franchisee e il consumatore, come - ad esempio - nel caso in cui il franchisor si riservi la facoltà di recedere da un contratto di franchising a tempo indeterminato senza ragionevole preavviso e anche in assenza di giusta causa.
Alla luce di quanto esposto è pacifico ritenere che la disciplina dei contratti del consumatore non è idonea a tutelare adeguatamente il franchisee, ed è perciò che è necessario affidarsi ad un esperto del settore prima di sottoscrivere contratti di franchising per iniziare una nuova attività. AZ © RIPRODUZIONE VIETATO
*avvocato, NL Studio Legale
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IN BREVE Clausole vessatorie
Nel diritto italiano, le clausole vessatorie sono le clausole presenti nei contratti che producono uno squilibrio dei diritti a danno del consumatore. La disciplina generale è prevista dall’art. 1341 del codice civile. “Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza. In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”. Anche nei contratti fra imprese, è prevista una doppia firma, per accettazione e un’altra sottoscrizione apposita in calce alle clausole vessatorie. Diversamente dai contratti con soggetti qualificabili dalla legge come consumatori, in quelli fra imprese le clausole vessatorie sono parte integrante del contratto, per cui la mera sottoscrizione per accettazione senza doppia firma rende il contratto nullo e quindi recedibile senza preavviso, oneri o penali. La legge italiana disciplina anche modifiche o integrazioni ad un contratto precedente, affermando che restano valide tutte le condizioni (clausole vessatorie comprese) che non siano oggetto di modifica. Se la prima emissione in ordine temporale del contratto è già stata confermata da tutte le parti contraenti in doppia firma, per le successive è necessario confermare di nuovo le clausole vessatorie soltanto se queste subiscono modifiche. Diversamente, le clausole vessatorie sono valide anche per le successive varianti che hanno un’unica firma per accettazione.
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Come regolare l’ipotesi di cessione del contratto da parte del franchisee
Quando il TERZO può essere di TROPPO Il franchisor può negare il trasferimento dell’accordo di affiliazione dal soggetto “originario” a un altro. Ma ci sono dei limiti. Scopriamo quali e vediamo che cosa dice la legge sul franchising e il codice civile di Alessandra Sonnati*
In un contratto di affiliazione che per sua natura è destinato a durare più a lungo possibile, può essere nell’interesse di ambo le parti cedere il contratto durante la sua vita: anche per questa ragione l’art. 3.4, lett. g) della legge 129/2004 prevede che il contratto debba espressamente indicare “le condizioni di rinnovo, risoluzione o eventuale cessione del contratto
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stesso”. Nell’indicare tali condizioni è però necessario tenere presente che il rapporto che si instaura tra affiliante ed affiliato implica delle relazioni “personali” molto forti. Dare (o meno) il consenso
È pacifico infatti che le caratteristiche personali
/ NOTE LEGALI /
dell’affiliato (tra le quali troviamo le sue condizioni personali, finanziarie ed economiche, le sue capacità manageriali, ecc.) giochino un ruolo fondamentale, per cui si spiega il motivo per il quale l’affiliante di norma si riserva sempre la facoltà di dare o negare il consenso. Nella prassi spesso accade che nel contratto venga indicato a quali condizioni il contratto stesso può essere ceduto (ad esempio che il prospettato cessionario possieda una comprovata esperienza professionale e delle adeguate risorse finanziarie; che non sia coinvolto in attività concorrenti; che abbia completato il corso di formazione iniziale e così via). Ma anche ove tale indicazione manchi, il consenso non potrebbe comunque essere irragionevolmente ed arbitrariamente negato (pena l’accusa di comportamento non in buona fede). Quindi, nel caso in cui l’affiliato intenda cedere il contratto di franchising a terzi è innanzitutto al contratto che occorre fare riferimento. Nel caso in cui il contratto nulla preveda, troveranno invece applicazione le previsioni dell’art. 1406 c.c.
IN BREVE 1.
Spesso i contratti di franchising prevedono delle condizioni a cui è possibile cedere a terzi il negozio in franchising 2. In mancanza di queste indicazioni, il franchisor può comunque negare l’autorizzazione alla cessione a terzi del contratto 3. Il franchisor, però, non può negare l’autorizzazione in maniera irrazionale e arbitraria 4. Se il franchisee che si sia vista negare l’autorizzazione ceda comunque il contratto vedrà il contratto medesimo risolto d’ufficio.
Attenzione ai possibili costi
Alcuni contratti (soprattutto quelli di origine anglosassone) prevedono poi il pagamento di un corrispettivo per coprire i costi di gestione legati al subentro, ciò che seppure non frequente, è comunque consentito. Laddove l’affiliante neghi il consenso e l’affiliato ceda ugualmente il contratto, così come nel caso di mancata comunicazione da parte dell’affiliato dell’intenzione di cedere il contratto, il contratto si risolverà. Nel caso poi l’affiliato sia una società, può essere rilevante per l’affiliante anche chi ha il controllo della società. La regola che di solito le parti si danno è quella per cui la perdita del controllo della società, che avvenga per la cessione totale delle partecipazioni o per la cessione del pacchetto di controllo, sia causa di scioglimento del contratto, a meno che ci sia l’esplicito consenso dell’affiliante a che il contratto continui con l’avente causa (nuovi soci). Allo stesso tempo rilevante può essere il caso in cui l’affiliato intenda cedere l’azienda con la quale viene gestito il punto vendita in franchising. In questo caso l’art. 2558 c.c., facendo salvo i contratti che hanno carattere personale, non ne consente il trasferimento al cessionario dell’azienda salvo sempre l’assenso dell’affiliante. AZ © RIPRODUZIONE VIETATO
*avvocato, Frignani Virano e Associati Studio Legale
L’ARTICOLO 1406 DEL CODICE CIVILE “Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi consenta”.
L’ARTICOLO 2558 DEL CODICE CIVILE “Se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale. Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nei confronti dell’usufruttuario e dell’affittuario per la durata dell’usufrutto e dell’affitto.
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IL DIZIONARIO DEL FRANCHISING Asset management La gestione strategica degli investimenti. Bacino d’utenza Numero di persone (espresse solitamente in migliaia) che rappresenteranno gli utenti del punto vendita in franchising in apertura. In base a questo numero si può ipotizzare la rendita economica dell’affiliato e studiare una strategia per migliorarla. Benchmark Il valore di riferimento e confronto per un determinato parametro. Break even point (punto di pareggio) Valore che indica la quantità, espressa in volumi di produzione o fatturato, di prodotto venduto necessaria per coprire i costi precedentemente sostenuti, al fine di chiudere il periodo di riferimento senza profitti né perdite. Brevetto Attestato amministrativo della paternità di un’invenzione e del diritto esclusivo di godere degli utili economici che ne derivano. Esso determina anche la possibilità per il detentore del brevetto di impedirne la riproduzione e l’utilizzo per un tempo determinato. Comodato Contratto con cui una persona concede a un’altra l’uso gratuito di un bene per un periodo determinato. Corner Zona di un locale commerciale adibita a spazio di esposizione e vendita di un prodotto che il franchisor concede all’affiliato. Diritto d’entrata (fee d’ingresso) Compenso corrisposto dal franchisee al franchisor a fondo perduto o a titolo di cauzione per contribuire alle spese organizzative volte alla realizzazione del programma franchising. EBIT (Earning Before Interest and Taxes) E’ una misura di redditività di un’ impresa che comprende tutte le spese, ad eccezione degli interessi e delle imposte sul reddito. Si tratta della differenza tra i ricavi e i costi operativi. EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization - utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti) Indicatore di redditività di una azienda basato sulla sua gestione operativa, senza considerare gli interessi, le imposte, il deprezzamento dei beni e gli ammortamenti. Fatturato Il totale delle vendite effettuate, al netto dell’iva, risultante dal registro dei corrispettivi. Formazione Trasferimento di specifiche conoscenze relative alla formula mediante corsi o sessioni svolte in via diretta in aula o tramite strumenti informatici/multimediali. Franchisee (o affiliato) Imprenditore che, per mezzo di un contratto, aderisce al sistema di franchising impegnandosi a gestire il proprio punto vendita secondo precise clausole.
Franchising (o affiliazione commerciale) Contratto, regolamentato dalla legge n.129/2004, che si impernia sulla collaborazione continuativa tra il franchisor, che dispone di una profonda esperienza in un determinato settore (industriale, commerciale, di servizi) e il franchisee, imprenditore indipendente che auspica di aumentare il giro d’affari e la redditività della sua azienda. Franchisor (o affiliante) Imprenditore che ha messo a punto il sistema di distribuzione (franchising) e che, cedendo ad altri il suo know-how, si assume il compito di controllare e coordinare il funzionamento del sistema. Gross Leasable Area (GLA) La superficie lorda locabile in un centro commerciale. Know-how Insieme delle conoscenze tecniche e commerciali relative alla produzione e alla distribuzione di un prodotto o di un servizio. Location L’ubicazione di un punto di vendita Manuale operativo Insieme di tutte le nozioni fondamentali del progetto franchising che il franchisor trasferisce al suo affiliato in sede di stipula del contratto. Master Franchisee Si tratta di un franchisee che ha ottenuto per contratto il diritto di stipulare contratti di sub-franchising nella zona in cui ha l’esclusiva, assumendosi in proprio la responsabilità per lo sviluppo, l’amministrazione e il controllo della rete di affiliati così costituita. Punto pilota Denominazione attribuita a un punto di vendita di prova di proprietà del franchisor che serve a sperimentare il programma di franchising prima della sua attuazione pratica. Il ricorso all’unità pilota diventa indispensabile nel franchising estero, specialmente quando il franchisor abbia scarsa conoscenza del nuovo mercato e dei suoi usi e costumi. Ritorno sull’investimento (R.O.I.) Nel sistema franchising esso indica la redditività del capitale investito dal franchisee. Si calcola sottraendo al risultato operativo il totale degli investimenti. Royalty Compenso proporzionale all’attività svolta dal franchisee e versato al franchisor per remunerarlo di tutti i servizi resi, compresi di diritti all’insegna e al marchio. Ritorno sulle Vendite (R.O.S) Nel sistema franchising esso indica il risultato operativo medio per unità di ricavo ed è utilizzato per valutare l’efficienza operativa di una società. Si calcola dividendo l’utile netto (al lordo di interessi e imposte) per le vendite. Sell in Insieme delle operazioni che il franchisor mette in atto per fornire i prodotti ai propri franchisee. Sell out Operazioni di vendita dei prodotti ai clienti finali da parte dei franchisee. Stock Assortimento
APPUNTI RETAIL In questo numero: il nostro smartphone è ormai una vera via dello shopping fra offerte, coupon, buoni sconti e popup che ci invitano a entrare nel negozio appena superato a piedi. E in Canada hanno avuto l’idea di mettere in comunione le informazioni sul traffico di ognuno di noi per facilitare la mobilità
L’APP DI STADIUM GOODS FRA ONLINE E REALTÀ Stadium Goods, il marketplace online e break and mortar per sneaker e streetwear, ha lanciato la sua prima app. L’azienda prevede di sviluppare i servizi di connessione in mobilità e sfruttare i servizi di localizzazione e le notifiche push per implementare strategie di marketing creative. Inoltre, c’è in programma di offrire ai clienti delle app l’accesso anticipato a lanci di prodotti specifici, una tattica che si è dimostrata vincente con altri rivenditori di prodotti streetwear. L’azienda ha sede a New York e fattura il 90 per cento del totale con vendite online. Era una delle poche startup informatiche a non avere un’app.
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PAYMENT, OVVERO L’ECOMMERCE CHE TRASFORMA IL “LIKE” IN UN BUONO SCONTO Payment, l’app per creare degli store virtuali su Facebook, ha lanciato una nuova funzionalità che permette di creare coupon o scontistiche particolari per quegli utenti che interagiscono con la pagina o vi mettono il “like”. Viene, così, sfruttata l’interazione sociale nelle pagine Facebook con la creazione da parte del retailer dei coupon. Il programma in automatico inviterà gli utenti che visitano lo store che non hanno ancora dato il loro “mi piace” a farlo in cambio di sconti o carta fedeltà.
4/5 TORONTO SI AFFIDA A WAZE CONTRO IL TRAFFICO La città di Toronto, in Canada, ha annunciato di voler condividere le informazioni sullo stato del traffico con Waze, l’app di navigazione appartenente a Google. In questa maniera, Waze, che calcola i percorsi in base al traffico segnalato dai suoi utenti, avrà accesso a una maggiore mole di informazioni e le autorità cittadine, da par loro, potranno gestire meglio situazioni emergenziali, come strade chiuse per cantieri, per manifestazioni varie o per incidente. Potrà, quest’accordo, rappresentare un precendente interessante di collaborazione fra istituzioni e applicazioni.
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UP & DOWN L E G E N DA Promosso
Bocciato
Rimandato
La nostra rubrica che ha come obiettivo quello di verificare se il sito del franchisor è esaustivo nelle informazioni pubblicate.
PING U INO VIAGG I N E T WORK
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“Aprire un’agenzia di viaggi oggi è facile, più complicato è però essere in possesso dell’esperienza necessaria, della competenza adeguata e della forza commerciale essenziali per soddisfare le necessità di tutti i clienti e per non temere la concorrenza”. Un form di contatto e testimonianze nella pagina franchising del network di agenzie viaggio Pinguino Viaggi Network che non possiamo non bocciare per le poche altre informazioni. Per esempio, investimento e fatturato atteso, eventuale pagamento di fee e royalty e servizi forniti all’affiliato. DICO
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“Superficie da 350 metri quadrati ubicato nel centro abitato o immediate vicinanze, fino a mille metri quadrati ubicato in estrema periferia con ampio parcheggio. Ti offriamo l’opportunità di far parte della nostra organizzazione grazie al progetto Franchising, compila il modulo”. Poco altro nella pagina franchising di Dico, catena di supermercato, che elenca i servizi dedicati ai franchisee ma senza entrare nel dettaglio né di numeri né di costi. Il form è molto dettaglio ma, per contro, anche un franchisor deve poter offrire una buona dote di informazioni. PRINK
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Andando con il mouse sulla voce del menu “Franchising” si apre una serie di finestre e sotto menu che prende in considerazione i vari aspetti del progetto affiliazione di Prink, rete di prodotti e servizi per la stampa. Dalla metratura richiesta all’investimento e ai costi accessori, fino ai servizi offerti all’affiliato, il sito è esaustivo, preciso e particolareggiato per un potenziale interessato all’apertura. Da promuovere un sito che inserisce anche la lista degli affiliati e le testimonianze. Molto bene.
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AGENDA 2017
DICEMBRE 6/8 // H O N G KO N G I N T E R N ATI O N A L F R A N C H I S I N G S H OW Hong Kong
GENNAIO 18/20 // F R A N C H I S I N G E X P O S O U T H Dallas, Texas, USA 20/23 // S I G E P Rimini Fiera, Expo Center
FEBBRAIO 29/1 // I FA 2 01 8 Phoenix, Arizona, USA 11/12 // T H E F R A N C H I S E S H OW Calgary, Canada 11/12 // T H E F R A N C H I S E E X P O New Jersey, USA 17/18 // T H E F R A N C H I S E S H OW Londra, UK 18/19 // T H E F R A N C H I S E E X P O Tampa, Florida, Usa 25/26 // T H E F R A N C H I S E S H OW Toronto, Canada
Mensile edito da WM Capital Spa Sede Legale: Via Pontaccio, 2 20121 Milano Registrazione Tribunale di Roma n. 620 del 24/12/99
CONTATTI TEL. 02/46.77.81 email: info@azfranchising.com MENSILE - ANNO XIX - N. 12 DICEMBRE 2017 DIRETTORE RESPONSABILE Fabio Pasquali f.pasquali@azfranchising.it UFFICIO ABBONAMENTI abbonamenti@azfranchising.it STAMPA Arti Grafiche Boccia Via Tiberio Claudio Felice, 7 84131 Salerno DISTRIBUTORE PER L’ITALIA Press-di Distribuzione Stampa e Multimedia S.r.l. 20134 Milano PROGETTO GRAFICO Geko’s Factory S.r.l. - www.gekosfactory.it
È vietata la riproduzione, anche parziale, dei contenuti. Questo periodico è aperto a quanti desiderano collaborarvi ai sensi dell’art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana che così dispone: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione”. La pubblicazione degli scritti è subordinata all’insindacabile giudizio della Redazione; in ogni caso, non costituisce alcun rapporto di collaborazione con la testata e, quindi, deve intendersi prestata a titolo gratuito. Notizie, articoli, fotografie, composizioni artistiche e materiali redazionali inviati al giornale e, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. Ai sensi della legge 196/2003 e successive modifiche l’Editore garantisce la massima riservatezza nell’utilizzo della propria banca dati con finalità redazionali e/o di invio del presente periodico e/o di comunicazioni promozionali. Ai sensi degli artt. 7 e 10 ai suddetti destinatari è data facoltà di esercitare il diritto di cancellazione o rettifica dei dati, mediante comunicazione scritta all’Editore WM Capital, via Pontaccio 2, Milano, luogo di custodia della banca dati medesima. WM Capital specializzata nel Business Format Franchising, promuove la crescita delle imprese attraverso lo sviluppo di sistemi franchising in Italia e all’estero. È quotata nel listino AIM di Borsa Italiana dal 2013.
Hanno collaborato con noi: Alessandro Ferrari, Stefania Giuseppetti, Paolo Fortina, Mirco Comparini, Alessandra Sonnati, Alessandro Molinarolli, Vincenzo Terracciano
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