5 minute read

OCCHIO ALLA LEGGE

Next Article
FINANZA & LEGALE

FINANZA & LEGALE

Lo ha stabilito una Sentenza del Tribunale Milano, (sez. V, 17/01/2019, n.425)

L’INOSSERVANZA DEL PATTO DI ESCLUSIVA PUÒ ESSERE CAUSA DI NULLITÀ DEL CONTRATTO

Advertisement

Una clausola di grande rilevanza, poiché assume un forte peso specifico, in un contratto di franchising. L’inadempimento di un simile patto appare dunque serio e idoneo a titolare la risoluzione del contratto

di Paolo Fortina e Cristina Corsano*

All’interno del regolamento negoziale cui afferisce la tipologia dell’affiliazione commerciale, il patto di esclusiva è una clausola di grande rilevanza poiché assume un forte peso specifico nell’equilibrio sinallagmatico: essa costituisce infatti una maggior prospettiva di guadagno per il Franchisee ed incide sulla misura economica della controprestazione che questo rende. L’inadempimento di un simile patto appare dunque serio e idoneo a titolare la risoluzione del contratto. Il giudice del Tribunale ordinario di Milano si è recentemente pronunciato in un giudizio avente ad oggetto, tra le altre, l’accertamento dell’inadempimento del Franchisor del patto di esclusiva stipulato con il Franchisee, ivi per cui dichiarare risolti i contratti di franchising conclusi inter partes così che nulla era dovuto per alcun titolo all’affiliante. Nello specifico, un’agenzia immobiliare sita in Roma, citava in giudizio l’affiliante, domandando al Tribunale l’accertamento negativo di un credito vantato da questa, la quale lamentava un recesso illegittimo dell’affiliata. Per quanto qui interessa, tra le parti intercorreva un rapporto di affiliazione commerciale (Franchising) nel settore dell’intermediazione immobiliare, instauratosi tramite una serie di stipule di cui l’affiliata ne domandava la nullità ovvero, in subordine, che se ne accertasse la risoluzione per inadempimento contrattuale dell’affiliante. Alla base delle domande attoree venivano posti una serie di inadempimenti del Franchisor, che andavano dalla mancata consegna delle copie del contratto e delle informative di cui all’art. 4

della l. 129/2004, all’inadeguata formazione ed al mancato rispetto della zona di esclusiva da parte dell’affiliante: secondo l’affiliata, infatti, in una via adiacente alla propria sede, si trovava un’agenzia facente parte del gruppo societario controllante l’affiliante, il che avrebbe determinato la violazione del patto di esclusiva circa lo sfruttamento di una determinata zona della città di Roma di cui all’art. B1 del contratto di Franchising. Invero, l’affiliante risultava controllata per oltre il 90% da un’altra società a sua volta integrata in un gruppo societario operante nel medesimo settore dell’intermediazione mobiliare. Nel pronunciarsi, il giudice, richiamando dapprima l’evidente rilevanza economica di un tal genere di clausola all’interno del regolamento contrattuale dell’affiliazione commerciale e ritenendo significativa la circostanza dedotta dall’affiliata circa la presenza nella sua zona di esclusiva di un’altra agenzia con insegna diversa ma pur facente parte di un gruppo societario controllante la società affiliante, ha ravvisato l’inadempimento del Franchisor qualificandolo come serio e idoneo a titolare la risoluzione del contratto: questi, attraverso una cattiva distribuzione della rete commerciale ha infatti determinato una lesione delle disposizioni pattizie che lo vincolavano ad un affiliato violando così la clausola di esclusiva. Così si è espresso il Giudice: “Il contratto di affiliazione commerciale, del resto, non costituisce negozio di mero scambio, che vede il pagamento di royalties come contropartita allo sfruttamento di una certa formula ed immagine commerciale, la sua natura, al contrario è fortemente caratterizzata dalla collaborazione. Si tratta, cioè di una tipologia in cui l’affiliante, per il tramite delle filiali, ottiene una maggior penetrazione territoriale per la vendita dei suoi prodotti o servizi, a fronte dell’ottenimento di una formula commerciale collaudata da parte dell’affiliato: entrambi perciò mirano ad instaurare un rapporto collaborativo di durata volto a generare reciproci profitti. Un siffatto rapporto, ancor più rispetto ad un contratto di mero scambio, deve essere improntato alla buona fede ex art 1175 c.c. e 1375 c.c., nel momen-

to genetico, ma ancor più in quello funzionale, che implica l’obbligo dell’affiliante a predisporre una rete commerciale equilibrata sul territorio al fine di garantire, da un lato, nel proprio interesse, una più efficace penetrazione dello stesso, dall’altro, nell’interesse di controparte, onde evitare una concorrenza intestina tra affiliati. Ciò è confermato dall’art 4, lettere d ed e della L. 129/2004, il quale prevede tra gli obblighi dell’affiliante quello di consegna della lista degli affiliati e la comunicazione annuale sulle variazioni. Questo ancor più ove siano stati stipulati patti per lo sfruttamento in via esclusiva di una zona territoriale: in tal caso il Franchisor deve garantire lo sfruttamento al proprio affiliato, impedendo che il medesimo bacino di clienti venga attinto da parte di altri franchisee. Tale obbligo vale anche nell’ambito di un gruppo di società. Cioè l’obbligo di esclusiva e, più in generale, la prevenzione di concorrenza interna, deve intendersi riferito al gruppo, interamente considerato.” Nello specifico, il giudice ha quindi ritenuto priva di pregio l’argomentazione dell’affiliante circa la diversità soggettiva tra essa stessa e l’altra agenzia seppure con insegna differente (ma ricordiamo afferente al gruppo societario controllante il Franchisor) o comunque non idonea a vincere una responsabilità di gruppo, in forza del principio della corretta gestione societaria evidenziato dall’art 2497 c.c., anche in forza di una lettura di buona fede. Infatti, come evidenziato sempre dal Giudice “al di là della diversità di insegna, l’esercizio nello stesso settore presuppone un knowhow comune all’intero gruppo che è stato sviluppato ed esteso alle società satellite; pertanto l’azione concorrenziale esercitata da tale agenzia nella zona di esclusiva dell’affiliata non costituisce concorrenza esterna, perpetrata lecitamente da altra rete, traducendosi piuttosto in una lotta intestina al medesimo circuito e condotta con le stesse armi, per accaparrarsi l’ultimo immobile disponibile in zona, mentre l’affiliante percepisce due volte le royalties.” Nel caso di specie, appare dunque sensata la decisione del Tribunale di Milano nel qualificare la condotta del Franchisor quale violazione del patto di esclusiva, ciò comportando un inadempimento grave e la risoluzione del contratto con suo addebito ovvero l’inesistenza di alcun credito da questo vantato nei confronti dell’affiliata cui pretestuosamente si imputava un recesso illegittimo dal contratto di franchising.

*Avvocato, NL Studio Legale

This article is from: