4 minute read

Proviene da una mucca l’osso «intelligente»

Ricerca ◆ La nuova frontiera della medicina rigenerativa passa dall’ingegneria di tessuti viventi

Maria Grazia Buletti

«Si parte dalle ossa di mucca (molto simili per morfologia a quelle umane) che vengono sottoposte a un processo di pulizia e a uno di arricchimento per ottenere un prodotto solido osseo del tutto simile e compatibile a quello umano per caratteristiche meccaniche, biologiche e fisiologiche» spiega l’ingegnere chimico Gianni Pertici. «Segue un “arricchimento” che consiste nell’aggiunta di proteine e polimeri degradabili. Le proteine favoriscono l’attecchimento dell’impianto osseo perché fungono da “colla” con i tessuti ossei del paziente e favoriscono il flusso di cellule ematiche con la perfusione sanguigna da cui inizia il processo di guarigione. Le materie plastiche (polimeri degradabili) sono utili per il mantenimento volumetrico nelle prime settimane dell’impianto di osso artificiale: ben tollerate dall’organismo, vengono poi trasformate in acqua e riassorbite dal corpo». Partire «dalle ossa di mucca» e arrivare alla produzione di un osso artificiale (definito pure intelligente!) è cosa davvero inconsueta, ma è quanto ci illustra l’ingegnere chimico Gianni Pertici disponendo sul tavolo alcuni cubetti e parallelepipedi di diverse dimensioni, a rappresentare la nuova frontiera della medicina rigenerativa sotto forma di «materiale osseo artificiale biocompatibile». Per l’appunto: una sorta di osso «intelligente» prodotto dalla giovane e dinamica azienda da lui fondata la cui sede è a Mezzovico, nel nostro Cantone.

Il materiale biocompatibile è in grado di integrarsi perfettamente all’interno del corpo del paziente

Da qui prosegue: «La nostra ricerca nello sviluppo e nella produzione di dispositivi medici per l’ingegneria di tessuti viventi e per la medicina rigenerativa riteniamo rappresenti il futuro in campo medico». Questo materiale biocompatibile è in grado di integrarsi perfettamente all’interno del corpo del paziente, «offrendo dei sostituti ossei molto resistenti e col grande pregio di diventare, col passare del tempo, un elemento naturalmente accettato dal corpo di chi li riceve».

Per i più svariati campi di applicazione la posta in gioco nell’ambito medico chirurgico è molto alta, a cominciare dall’oncologia pediatrica per la quale, ad oggi, spesso non ci sono altre alternative o soluzioni: «Gli osteosarcomi (ndr : carcinomi molto aggressivi) colpiscono spesso gli arti inferiori e sono caratterizzati da una rapida propagazione. La soluzione terapeutica fino a oggi prospettata contemplava l’amputazione dell’arto, per il fatto che le protesi in titanio non sono adattabili e modulabili alla crescita del bambino».

Per questo, ora l’unica prospettiva davvero interessante diventa l’integrazione di questo osso artificiale: «Viene inglobato dal tessuto osseo sano del paziente e favorisce la rigene- razione ossea della parte lesa». Numerose le ulteriori applicazioni nella chirurgia maxillofacciale, nell’ambito dentale, ortopedico, nella chirurgia spinale e via dicendo: «Una soluzione sempre più performante e personalizzata a ogni paziente per le lesioni traumatiche al braccio o al polso, le ricostruzioni della cresta iliaca (ndr : del bacino), le osteotomie del femore e della tibia, la ricostruzione del plateau tibiale e di caviglie e piedi, le ricostruzioni della colonna vertebrale e di ossa prossimali delle articolazioni».

Età, stile di vita sano, metabolismo osseo e livelli di vitamina D sono fattori imprescindibili per ottenere un’ottimale rigenerazione ossea attraverso questa tecnologia

Osservando questi durissimi blocchetti di osso artificiale, pare quasi impossibile siano di così grande utilità nella medicina umana, anche per il fatto che, ricorda Pertici: «Questo osso artificiale è meglio tollerato rispetto agli innesti ossei autologhi o allogenici perché non comporta il rischio di trasmissione di malattie o di rigetto, e risponde in modo eccellente all’esigenza di promuovere migrazione, proliferazione e differenziazione delle cellule ossee, e per la loro conseguente rigenerazione».

La produzione di questi ossi artificiali e la relativa procedura chirurgica sono sovente adattate e individualizzate a ciascun paziente secondo ogni caso specifico, esigenza clinica, distretto anatomico interessato, età, sesso e via dicendo. In tal modo, tutti i tipi di chirurgia di rigenerazione ossea sono accomunati da alcuni elementi chiave di intervento: «Accesso al sito, pulizia dell’osso ricevente e preparazione per l’innesto osseo (ad esempio, con l’aumento della vascolarizzazione a favorirne attecchimento e guarigione), rimozione dell’eventuale tessuto malato (come per l’osteosarcoma), e chiusura accurata del sito chirurgico per evitare tensioni sull’innesto».

Il futuro abbraccia quindi già il presente della nuova frontiera di medicina rigenerativa che passa dallo sviluppo di tessuti viventi artificiali avvalendosi della collaborazione fra ricerca e chirurgia sempre più all’avanguardia, sotto l’egida della collaborazione interdisciplinare: «Un esempio su tutti riguarda proprio l’oncologia chirurgica che noi affianchiamo a partire dalla TAC del paziente nella quale è analizzato il suo tipo specifico di tumore, mentre con lo staff medico si decidono i tagli sulla base dei quali il nostro ingegnere progetta il pezzo su misura che presenta delle cosiddette “guide di taglio” studiate sulla base dell’anatomia di quel paziente. Quindi, con l’intervento, il chirurgo seguirà queste guide chirurgiche: asporta il tumore e il tessuto circostante, sostituendo infine ciò che manca con il blocco prefabbricato su misura».

Le elevate prestazioni meccaniche, l’alta idrofilicità e la grande integrazione tissutale devono fare i conti con una serie di fattori del paziente che vanno a incidere parecchio sul risultato: «Età, stile di vita sano, metabolismo osseo e livelli di vitamina D sono fattori imprescindibili per ottenere quella rigenerazione ossea che, seppur all’avanguardia e altamente affidabile, la tecnologia rigenerativa da sola non potrebbe certamente assicurare».

Un esempio, quello di Gianni Pertici, di come la curiosità sia il motore della ricerca e soprattutto dei suoi risultati: «Da ricercatore universitario, dopo la mia laurea fui colpito dal caso di un ragazzo curato da mio zio chirurgo orale, che con un incidente automobilistico frontale aveva perso gli incisivi. Per ricostruire la sua mascella gli fecero il prelievo dalla sua stessa cresta iliaca». Questa fu la scintilla che diede il via ai suoi studi sulla rigenerazione ossea alla ricerca di «qualcosa di innovativo». Che oggi, grazie alla collaborazione in ambito medico, è una realtà a beneficio di molti pazienti.

This article is from: