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Il Mercato e la Piazza
Inflazione, fino a quando?
Il 2022 non è stato solamente l’anno in cui in Europa è ritornata la guerra ma anche quello nel quale essa ha ritrovato, dopo averla cercata per anni, inutilmente, l’inflazione. L’inflazione corrisponde a un aumento generale dei prezzi superiore a un certo valore percentuale. Più il tasso di aumento dei prezzi – misurato normalmente con l’indice dei prezzi dei beni di consumo – è elevato, più grande e maggiormente preoccupante diventa l’inflazione. Prima del 1970 questa cominciava a essere problematica quando la variazione dell’indice dei prezzi saliva sopra il 4%. Si pensava invece che un tasso di inflazione inferiore a questo limite potesse essere ritenuto inevitabile, posto che si volesse che la domanda globale, e quindi anche i salari, aumentassero per assicurare un tasso di crescita dell’economia elevato. Poi vennero gli anni della stagflazione, ossia dell’inflazione accompagnata dalla stagnazione
Affari Esteri
dell’economia. Per le banche centrali l’inflazione diventò allora il subdolo nemico che andava combattuto senza risparmio di forze. Ma, come insegna l’esperienza degli ultimi 40 anni, se l’inflazione può essere combattuta con una politica monetaria severa, quel che non si riesce più a ottenere è un tasso di crescita del Pil elevato senza inflazione. Per rilanciare l’economia le banche centrali hanno così praticato, nel corso degli ultimi 15 anni, una politica dei tassi di interesse bassi opponendosi, all’inizio, alle pressioni di coloro che continuavano a dipingere il diavolo dell’inflazione sulla parete. In realtà nel corso del decennio 2010-2020 le economie europee hanno vissuto una situazione abbastanza straordinaria durante la quale, nonostante i tassi di interesse fossero da ultimo diventati addirittura negativi, l’inflazione non si è vista. Verso la fine del decen- nio la Banca Centrale Europea si era imposta, come obiettivo della sua politica, di ottenere un tasso di aumento dei prezzi pari al 2%. Per la Banca Nazionale Svizzera (BNS) questo aumento corrisponde addirittura al livello di stabilità dei prezzi. Nonostante i tassi di interesse restassero molto bassi, il livello generale dei prezzi continuò però a nicchiare. Prova ne sia il fatto che, dal 2010 al 2020, la variazione annuale media dei prezzi al consumo della Svizzera è stata pari al –0,1%. Poi sono venuti la pandemia da Covid-19 e la guerra di Ucraina a stimolare il rincaro. Ci si può chiedere se, in assenza della pandemia e della guerra, la situazione con tassi di interesse bassi e inflazione nulla o negativa sarebbe continuata ancora per qualche anno. Difficile dirlo, perché in economia non si possono riprodurre in laboratorio le condizioni sperimentali sulle quali si intende indagare. Ci si può
I Verdi tedeschi e le dimostrazioni di forza
A quasi un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte di Putin s’è aperta una nuova fase della guerra, ed è crollato un altro tabù nel sostegno che l’Occidente è disposto a dare a Kiev. L’aggressione di Mosca è continuativa, indiscriminata e geograficamente allargata a tutta l’Ucraina: nelle ultime settimane le immagini e i racconti dal fronte del Donbass, in particolare nella regione di Bakhmut, ci dicono che il fronte della guerra non è quello che ci immaginiamo – conflitti distanziati, coi radar – ma è ravvicinato e brutale, oltre che mortifero. Per questo il sostegno occidentale è cambiato e ora sono in arrivo, oltre ai sistemi missilistici, i carri armati di fabbricazione inglese, americana e tedesca. Questo cambio di passo è stato tormentato soprattutto in Germania, che produce i carri armati Leopard, mezzi all’avanguardia in possesso di molti eserciti europei, oltre ovviamente quello tedesco. Con
Zig-Zag
il tempo scopriremo forse il mistero di Olaf Scholz, il riluttante cancelliere tedesco che, proprio sull’invio dei Leopard, si è infilato in un vicolo cieco, uscendone parecchio ammaccato nella propria credibilità – ha infine dato il suo consenso dopo averlo rimandato per troppo tempo – e nella fiducia che i suoi alleati, interni e internazionali, sono disposti a concedergli nella gestione di questo conflitto. Se il cancelliere ne esce male, invece la sua ministra degli Esteri, la Verde Annalena Baerbock, brilla sempre di più. La trattativa sui Leopard è solo l’ultimo esempio della costruzione della leadership di Baerbock, che riguarda lei naturalmente ma anche i Verdi tedeschi e forse, facendo un passo più lungo, l’idea di una sinistra nuova e rinnovata di fronte alla guerra. Quando ancora Scholz tentennava e deludeva le aspettative dei suoi alleati e del Governo ucraino – ferocissimo con le cautele tedesche – Baerbock ha affermato che la Germania non si sarebbe opposta al fatto che gli altri Paesi, come la Polonia (la più insistente), potessero inviare all’Ucraina i Leopard in loro possesso: in quel momento, mentre la ministra degli Esteri parlava, l’autorizzazione di Berlino era ancora in forse. Baerbock ha detto questa frase, che ha spinto Scholz almeno a sbloccare la possibilità che i panzer fossero inviati dagli altri Paesi europei, in un’intervista a una televisione francese, dettaglio non da poco se si pensa a quanto sono freddi i rapporti oggi tra Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron, e se si pensa alla risonanza che questa «spintarella» in diretta tv avrebbe avuto (lo stesso giornalista francese ha chiesto a Baerbock «Ho capito bene?» e lei «Sì, ha capito bene»).
A differenza di Scholz e dell’Spd, il partito a capo della coalizione semaforo che oggi guida la Germania (il terzo è quello dei liberali), Baerbock