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L’inarrestabile progresso richiede sacrifici
Calendario da muro, 60 cm di lunghezza per 12 di larghezza. Ogni fine dicembre c’è da cambiare quello nuovo e il «da cambiare» significa non solo sostituirlo, ma anche trascrivere nomi e date di compleanni e anniversari nei giorni esatti. Quest’anno per rafforzare la continuità, come motto augurale su ognuno dei 365 giorni ho immaginato di porre idealmente un verso del «messaggio degli angeli» del poeta Czeslaw Milosz: «È presto giorno / ancora uno / fa ciò che puoi». Puntualità elvetica: in data 1. gennaio 2023 Postfinance, braccio finanziario de La Posta, mi certifica lo stato del mio conto privato (il vecchio conto-cheques postale). L’inappuntabilità del servizio è estesa a un foglio «Da conservare p.f.!» (credo sia per favore, ma potrebbe anche essere… per forza) e da allegare alla prossima dichiarazione delle imposte. Così, oltre al saldo, vedo che assieme al pattuito costo annuo di 60 franchi per gli avvisi cartacei c’è anche un addebito di 60 franchi per le spese di gestione. Dimenticavo: interessi, è ovvio, 0 (zero) franchi. «Ancora uno». Come per Milosz, ecco la ripetitività. Qualche giorno dopo ricevo un altro avviso di pagamento: la fattura mensile di Swisscom. Oltre ai costi degli abbonamenti (telefono fisso, internet e un mobile al minimo) per un totale di 139 franchi, alla voce «Altri servizi» trovo che Swisscom mi addebita anch’essa ogni mese 2,90 franchi per la versione cartacea della fattura e scopro che assomma 3,50 franchi per il pagamento effettuato il mese precedente a uno sportello postale. Inizio ad avvertire un po’ di prurito, imputabile al fatto che Swisscom (come la Posta, di proprietà della Confedera- zione, quindi pubblica) mi penalizza perché per pagare la sua fattura privilegio la Posta snobbando la presunta gratuità dei pagamenti elettronici via internet. Provo a precisare: a me, e penso anche a migliaia di suoi utenti soprattutto anziani, in tutta la Svizzera, per la gestione di un conto privato del suo braccio finanziario, la Posta chiede un contributo. Dato che utilizzo questo servizio (che fino a prova contraria comprende anche i pagamenti agli sportelli delle filiali) per una transazione con Swisscom, quest’ultima mi applica una penalità perché uso il servizio pubblico. Già che siamo in «argomento Swisscom», aggiungo che anche la sua Blue Tv sta mettendo in atto un balzello più o meno analogo con i programmi televisivi: ha fatto sparire la funzione di replay dai pacchetti di base più economici e per rivedere
di Angelo Rossi
invece chiedere quanto potrà ancora durare l’attuale ondata inflazionistica, se guerra e Covid continueranno a disturbare l’ordine delle cose. Per rispondere a questa domanda bisogna tener conto del fatto che l’attuale inflazione è stata determinata soprattutto dall’aumento dei prezzi del petrolio. Possiamo ora osservare che l’aumento annuale dei prezzi del petrolio, che era ancora superiore al 40% in agosto dello scorso anno, si è ridotto al 18,1% in novembre. È come dire che la velocità con la quale la macchina dell’inflazione si stava sviluppando a metà 2022 è stata scalata di un paio di marce. Nel corso degli ultimi mesi, poi, la rapidità di questo fenomeno è stata vieppiù influenzata dal rincaro dei prezzi degli altri beni che concorrono a formare l’indice dei prezzi. Contrariamente ai prezzi del petrolio, il tasso di crescita dell’indice d’assieme dei prezzi di questi beni ha conosciuto un aumento, tra agosto e novembre, passando dal 4,8 al 5%. Di conseguenza sull’evoluzione del tasso di inflazione dei prossimi mesi incideranno due tendenze contrarie. La prima tendenza, messa in atto dalla diminuzione dei prezzi del petrolio, agirà da freno, mentre la seconda, derivante dal moderato aumento dell’indice dei prezzi degli altri beni di consumo, tenderà a mantenere il rincaro a un livello vicino a quella che la BNS definisce come la zona di stabilità dei prezzi, ossia vicino al 2%. Per molti commentatori la combinazione di queste due tendenze dovrebbe determinare una diminuzione del tasso di inflazione complessivo nel corso del 2023. Così il KOF del Politecnico di Zurigo prevede che, dal 2,8-2,9% del 2022, il tasso annuale di aumento dell’indice dei prezzi dei beni al consumo dovrebbe passare in Svizzera nel 2023 al 2,22,3%, avvicinandosi alla zona di stabilità definita dalla BNS. ha avuto fin dall’inizio un approccio molto deciso alla guerra: «È necessario fare tutto il possibile per fermare l’aggressione di Putin», ha dichiarato già nella prima fase del conflitto, quando ancora questo «tutto il possibile» aveva contorni sfumati che fornivano vie di fuga a Scholz e anche ad altri alleati. Da quel momento Baerbock si è impegnata per un sostegno a tutto tondo, da quello militare a quello umanitario e finanziario, che è di fatto il più grande impegno assunto dalla Germania nei confronti dell’Ucraina: per quanto possa sembrare contraddittorio rispetto alla percezione prevalente, Berlino è il secondo donatore tra gli alleati, dopo gli Stati Uniti. La ministra degli Esteri rivendica questo impegno e anzi lavora per costruire anche le condizioni perché i crimini che la Russia sta compiendo in Ucraina vengano riconosciuti a livello internazionale e Mosca sia chiamata a rendersene responsabile.
L’esperienza di Baerbock indica un’evoluzione del pensiero dei Verdi: come noto, i Grünen sono i più pragmatici tra i Verdi europei. Poiché sono al Governo in molte regioni tedesche, fanno conti quotidiani con la necessità di far convergere la propria ideologia con l’amministrazione concreta di persone, soldi, territori. Il pacifismo è uno dei tratti più raccontati del pensiero dei Verdi, ma Baerbock ha mostrato in quest’anno di guerra che volere la pace non significa non essere disposti a usare anche i mezzi militari per conquistarla. Ancor più se è una guerra d’aggressione in cui Putin vuole dimostrare che le regole internazionali non hanno valore, conta la legge del più forte. Se così è, allora bisogna far valere le regole internazionali e dimostrare una forza superiore: è questa idea che Baerbock ha imposto nel dibattito come un’idea di sinistra.
(anche nello stesso giorno, anche solo per pochi minuti) un telegiornale, un dibattito politico o il goal di una partita ora bisogna pagare 178 franchi annui in più! Prossimo cappio, le registrazioni?
«Fa ciò che puoi», consiglia il poeta. La marcia di questa mirabolante informatizzazione totale è avallata dal fatto che genera risparmi e maggiori profitti a chi li gestisce, ma favorita anche da politici ormai silenziosi anche davanti a filiali chiuse e posti di lavoro persi. Di fatto chi non alza le mani di fronte a queste forme di progresso finisce sempre per sentirsi, oltre che penalizzato, anche del tutto inerme. Ovvio: soluzioni ce ne sono. Basta che il tapìno, o il matusa, si sobbarchi l’acquisto di un computer o di un cellulare e sottoscriva «mirati» abbonamenti mensili con tariffe scalari in base alla velocità di internet e delle bande di telefonia mobile. Ricordo che mezzo secolo fa John Kenneth Galbraith, grande economista e uomo politico americano di parte democratica, nel suo L’età dell’incertezza elogiava la Svizzera perché come nessun altro Paese «ammette con tanta fermezza i principi dell’impresa privata; e inoltre ve ne sono pochi in cui le concessioni pratiche al socialismo sono più numerose e varie». Come prove, Galbraith elencava banche di proprietà pubblica, ferrovie nazionali, il postagiro, un sistema telefonico di pubblica proprietà e una televisione pubblicamente gestita. Sono ancora quasi tutte in funzione. Però delle loro ammirate «concessioni pratiche al socialismo», quelle un tempo estese sino a difesa e valorizzazione del servizio pubblico, ormai non c’è più traccia. Sacrificate agli inarrestabili progressi.