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Palermo, va in scena la contraddizione
Itinerari d’arte ◆ Una grandiosa sinfonia di mosaici bizantini, di marmi barocchi e di marionette siciliane tra la cacofonia quotidiana delle vie cittadine: insomma, un esempio eccezionale di sincretismo socio-culturale
Tommaso Stiano
Giuseppe Verdi nel secondo atto de I Vespri Siciliani fa cantare «O tu, Palermo, terra adorata…» e per chi s’interessa di storia, arte e architettura, proprio il capoluogo siciliano offre due corposi percorsi che impegnano su più giorni e fanno «adorare» la città. Dapprima l’« itinerario arabo-normanno» che comprende nove edifici monumentali – sette in città, più le cattedrali di Monreale e Cefalù –risalenti al XII secolo, testimonianze artistiche uniche nel loro genere tanto da diventare nel 2015 patrimonio mondiale Unesco perché «collettivamente, sono un esempio eccezionale di sincretismo socio-culturale tra le culture occidentali, islamiche e bizantine». Vi è poi l’« itinerario barocco» con la sua declinazione siciliana esibita nei luoghi sacri del Sei-Settecento distribuiti in tutto il perimetro urbano. L’immersione nelle arti dei secoli passati di Palermo è l’obiettivo della nostra calata al sud, cionondimeno il presente, l’attualità cittadina, ci tocca da vicino, a volte come un pugno nello stomaco, altre con meno spiacevoli impressioni come l’animazione serale nelle vie principali e i mercati rionali.
Su un bel treno metropolitano partito dall’aeroporto di Palermo Punta Raisi, oggi intitolato agli eroi di giustizia Falcone e Borsellino, arriviamo in meno di un’ora alla stazione centrale e a piedi raggiungiamo l’alloggio nel vicino quartiere di Ballarò, quello del famoso mercato aperto tutti giorni, sempre molto animato, colorato, profumato. Una prima triste realtà ci passa sotto i piedi a ogni passo: sporcizia in tutte le vie, viuzze e vicoli del quartiere. Certo noi vediamo le cose con mentalità svizzera, però non ci sembra un bel biglietto da visita, e non parliamo dell’immondizia generata dal mercato (quella è ovvia e comunque viene prelevata tutte le notti prima dell’alba), ci riferiamo a quella che da più giorni staziona per le strade e nei cassonetti straboccanti, complici – ci dicono al nostro B&B –i palermitani che non pagano la tassa rifiuti e le autorità che non li raccolgono con solerzia. Un circolo vizioso, una brutta sensazione, ma poi…
Scorpacciata di barocco e pasticcini
Ma poi, a dieci minuti di marcia dalla stanza, varchi la soglia della Chiesa del Gesù (XVI-XVIII sec.), pres- so il complesso monumentale di Casa Professa, sede dei Gesuiti ancora oggi, e resti a bocca aperta, ti dimentichi del materasso e altri ingombranti poco lontano dal sagrato. È la più bella e sontuosa chiesa barocca di Sicilia, una vertigine di marmi, stucchi e dipinti, da capogiro. La Chiesa cattolica nella sua storia bimillenaria è stata la maggiore committente di bellezze artistiche e qui ce n’è un esempio illuminante. Il barocco è un’arte in movimento, ha in sé un impeto dinamico che investe l’osservatore, allora ci sediamo nei banchi per assaporarne a lungo lo splendore alla luce filtrante del mattino. Passiamo poi di cappella in cappella fino all’altare maggiore estasiati dal tripudio dei marmi mischi, quelli di vari colori abbinati con la tecnica dell’intarsio per dare forma a figure e decori. E ci sono pure i marmi tramischi, quelli con soggetti tridimensionali (angeli, vegetali, animali…) scolpiti nella pietra policroma, come le straordinarie allegorie dei quattro elementi della creazione, aria, acqua, fuoco e terra sui pilastri portanti dell’edificio.
La magnifica sinfonia in 3D dell’apparato decorativo e delle statue ti riempie gli occhi, il cuore, l’anima e osiamo pure accarezzare con tocco lieve tale bellezza. Percorriamo le tre navate più volte alzando anche lo sguardo sulle pitture della volta a botte, sugli stucchi dorati sotto gli archi a tutto sesto e nelle cupole delle cappelle laterali. Si può proprio dire che in questo luogo sacro l’ horror vacui non è di casa perché non c’è un centimetro di vuoto, la fluidità delle curve e l’esuberanza decorativa provocano quella sensazione di joie de vivre come ogni cosa bella. Ci avviciniamo alla balaustra centrale, varchiamo il cancelletto
I contrasti di Palermo tra vita e arte (Santiago Lopez-Pastor). In basso, aromi e sapori profusi dalle spezie al mercato giornaliero di Ballarò all’Albergheria (T. Stiano); sotto, la monumentale Fontana Pretoria (1573) nell’omonima piazza, vista dalle terrazze della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria. (T. Stiano) di ferro battuto ed entriamo nel presbiterio, il cuore pulsante del culto cattolico dove Padre Walter ci mostra i «teatrini», veri e propri palcoscenici di pietra con un fondale di marmi mischi e statue a grandezza naturale che narrano episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento.
«Il Libro Sacro – ci spiega il padre gesuita – è sempre stato fonte inesauribile per gli artisti e tutte le raffigurazioni avevano una funzione pedagogica, erano cioè la Biblia pauperorum, la Bibbia dei poveri, non di spirito ma perché non sapevano né leggere né scrivere, quindi imparavano la dottrina e la storia sacra guardando le immagini e ascoltando le spiegazioni del sacerdote». Le chiese, le cattedrali erano dunque dei libri di pietra aperti e l’arte in tutte le sue espressioni era una forma straordinaria di comunicazione dei conte- nuti della fede, lo si vede bene anche visitando la sacrestia di questa chiesa dove predomina il legno scolpito, il museo con stupendi paliotti lavorati a seta e con filati d’oro e d’argento, l’Oratorio del Sabato con gli stucchi bianchi e la cripta.
Dicevamo che una caratteristica fondamentale del barocco è quella di suscitare emozioni, sentimenti, partecipazione attiva come davanti a un’ouverture coinvolgente: obiettivo raggiunto, anche a distanza di secoli dalla realizzazione, la sinfonia per marmi policromi è toccante. Un’esperienza indimenticabile di bellezza che in città ha anche altri illustri esempi nell’Oratorio di San Lorenzo con i bassorilievi in stucco bianco del Serpotta e nella stupenda Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, annessa al monastero che dal 1311 al 2014 ha ospitato le monache domenicane.
Dal 2017 questo complesso è aperto al pubblico e, oltre alla chiesa barocca, si possono visitare il chiostro, le terrazze con vista panoramica sulla città e sulla fontana Pretoria, la sala capitolare, le celle delle monache e, dulcis in fundo, la coloratissima dolceria con spaccio che una cooperativa manda avanti sulla base delle ricette ereditate dalle suore: biscotti, cannoli, torte, frutta candita… pancia mia fatti capanna! Una giornata davvero sostanziosa con una scorpacciata di barocco e di pasticcini.
Intermezzo
Tutto il centro storico – i quattro quartieri Ballarò/Albergheria, Kalsa, Capo e Vuccirìa/La Loggia che convergono verso Piazza Villena all’incrocio tra via Maqueda e via Vittorio Emanuele – è raggiungibile a piedi entro un raggio di un chilometro tenendo come punto di partenza proprio i Quattro Canti, ossia le facciate monumentali della piazza citata. Esiste comunque una rete di mezzi pubblici correttamente pianificata che comprende anche una navetta per raggiungere i siti d’interesse culturale.
Un mattino ci mettiamo quindi sotto la pensilina in attesa della navetta reclamizzata per recarci al Palazzo Reale (dei Normanni). Passano i minuti, chiediamo lumi a gente del posto che in replica ci dice che «per passare passa, ma non si sa quando e quanto spesso, tanto più che è gratis. È comunque la stessa cosa anche con i bus a pagamento, è meglio che proseguite a piedi». Come mai questo disservizio? Ce lo spiegano gli autisti stessi con una lettera aperta affissa a tutti i pali degli orari; si scusano con l’utenza (gli autisti!, non il datore di lavoro!) e affermano che i bus ci sono e gli autisti pure, già formati all’uopo, ma la Giunta (il Municipio) non li assume, perché al momento non è una priorità della città, i soldi servono per altro. Come tutti i palermitani, portiamo pazienza e andiamo avanti, a piedi, perché poi…
La bellezza del Paradiso
Poi, dopo una sgambata e controlli come in aeroporto, entriamo nel Palazzo Reale, uno dei punti salienti dell’itinerario arabo-normanno; in cima allo scalone superiamo l’ingres- azione Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 so della Cappella Palatina che si trova al centro del grande edificio storico e… ed è tutto uno scintillio d’oro, imponente, uno spettacolo meraviglioso, un mosaico da cima a fondo, incantevole! Ed è precisamente l’effetto voluto dalla committenza perché il luogo sacro doveva prefigurare la bellezza del Paradiso e, naturalmente, mostrare agli ospiti la dignità dei regnanti.
La Cappella di Palazzo – questo vuol dire «palatina» – era infatti la chiesa privata dei sovrani normanni, voluta ex novo assieme al Palazzo da Ruggero II Altavilla dopo la sua incoronazione nel 1130 a primo Re di Sicilia e continuata dal figlio Guglielmo I e dal nipote Guglielmo II, sempre nel XII secolo. Navate, pareti, colonne, presbiterio, volte, cupole sono uno splendore dei migliori mosaici in stile bizantino, opera di specialisti venuti da Costantinopoli e dalla Grecia. Il programma iconografico che lascia incantati i visitatori è vasto: c’è la vita di San Paolo e di San Pietro a cui è dedicata la cappella; ci sono molti quadri biblici e Santi ovunque, ma noi ci attardiamo estasiati a contemplare le due cupole con il Cristo Pantocratore (Onnipotente) attorniato da Angeli, Arcangeli, Evangelisti e dalla Madonna.
Le tessere policrome delineano fin nei particolari il volto di ogni figura umana a cui si aggiungono animali e vegetazione. Con il naso all’insù ammiriamo anche lo straordinario soffitto ligneo arabeggiante i cui cassettoni sono finemente scolpiti e dipinti e quindi i marmi del pavimento e del registro basso dell’edificio di culto; è
I pupi di Pasqualino
Con un bus e una scarpinata arriviamo al Museo Internazionale delle Marionette intitolato al suo fondatore Antonio Pasqualino ed è un tripudio di pupi siciliani e di tutto il mondo che ci lascia col fiato sospeso dalla meraviglia. L’«Opera dei Pupi» è una peculiarità della Sicilia nata all’inizio del XIX secolo per raccontare al ceto popolare storie del repertorio epico-cavalleresco medievale, poemi italiani, vite di santi e avventure di banditi locali. Un patrimonio immateriale, solitamente gestito da famiglie di burattinai, che ha ricevuto il beneplacito dell’Unesco nel 2008 per la grandezza (fino a 130 cm quelli catanesi) e la bellezza delle marionette scolpite, dipinte e dal vestiario molto curato e per l’originalità degli spettacoli.
Con estremo interesse, passiamo in rassegna i locali che espongono marionette provenienti anche da paesi lontani come Giava, Birmania, Sri Lanka, Giappone e quelle mos-
Redazione Carlo Silini (redattore responsabile)
Simona Sala
Barbara Manzoni
Manuela Mazzi
Romina Borla
Natascha Fioretti
Ivan Leoni se sull’acqua del Vietnam. C’è anche la sala delle rappresentazioni perché ogni settimana i pupi palermitani entrano ancora in scena, hanno ancora qualcosa di eroico da narrare a grandi e piccini, lo abbiamo potuto speri-
Sede un vero sincretismo armonico di varie arti che non ha rivali in tutta Europa per quel periodo, un appagamento per l’animo umano che ci fa dimenticare il mal di gambe. Nel Palazzo dei Normanni, oggi sede politica della Regione Sicilia, si visitano anche i giardini, gli appartamenti reali (non sempre aperti) e altri ambienti dagli stili architettonici variegati.
Il doppio volto della città
Molte altre cose ci sarebbero da raccontare, soprattutto belle come la vita cittadina e l’arte culinaria che attenua di molto le disfunzioni quotidiane; tra queste il complicato tentativo di acquistare in anticipo un biglietto per Cefalù, che conserva un gioiello del- lo stile bizantino, la Cattedrale, uno dei nove punti della passeggiata arabo-normanna. Per raggiungerla passiamo dalla stazione centrale a comprare in anticipo un biglietto. Allo sportello non possono servirci perché il sistema centrale è bloccato e non emette biglietti; andiamo all’automatico che però non prende le banconote e nemmeno certe carte di credito; andiamo da due funzionari di Trenitalia che hanno aperto un banchetto per i poveri malcapitati ed emettono biglietti online, ma non hanno moneta di resto e ci chiedono di fare il «titolo di trasporto» direttamente sul treno. Sopportiamo un po’ sconcertati, come una palla da biliardo che rimbalza da una sponda all’altra, perché poi… In questi quadri di un’esperienza barcollante tra sinfonia e cacofonia, possiamo ben concludere di aver trovato una Palermo dai molti volti, contraddittori ma conviventi; stando alle parole del giovane che gestisce il B&B, ci sono però essenzialmente due facce della città riassunte dal binomio dentro/fuori: tutto ciò che sta all’interno delle case, chiese, musei, ristoranti, è sempre ben tenuto, si presenta bene; tutto ciò che appartiene all’esterno (strade, piazze, servizi) invece manifesta diverse lacune e un buon margine di miglioramento. Con il cambio di Giunta magari le disfunzioni sono state risolte senza nuovi Vespri siciliani come qualche cartellone di denuncia auspica. mentare con piacere una sera, non qui, ma nella sala del Teatro dei pupi di Mimmo Cuticchio: c’erano più adulti che bambini. Una bella esperienza di un’arte che sopravvive sia pure tra mille difficoltà.
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Insomma, Palermo come un Giano Bifronte con un passato ricco d’arte che attira uno stuolo di visitatori e un presente-futuro a disposizione per rendere più splendida la città siciliana dove ritorneremo volentieri perché la musica dei suoi tesori ci allieta: «O tu, Palermo, terra adorata… il tuo ripiglia, primier splendor».
Informazioni
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