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La musica pop che arriva da Zurigo
Concerto ◆ m4music per la prima volta a Lugano, ci fa conoscere due giovani promesse svizzere
Mario Fabio
Come annunciato sul nostro giornale qualche settimana fa (nel numero 05), il Festival zurighese m4music del Percento culturale Migros nato alla fine degli anni Novanta, per la prima volta è arrivato in Ticino. Un evento unico teso a rafforzare lo spirito e l’intento originario del Festival (che quest’anno si terrà il 24 e 25 marzo a Zurigo): riunire su un unico palco i giovani attori della scena musicale pop svizzera per scoprire nuovi talenti, far conoscere i professionisti del mondo della musica e dare al pubblico la possibilità di assistere dal vivo a concerti di band svizzere e straniere. Soprattutto, m4music, apre una finestra di ascolto e di attenzione privilegiata sulla musica pop svizzera e costruisce al contempo una rete di contatti e di scambio diffusa. La cornice del concerto è stata quella della Tour Vagabonde, struttura itinerante che da qualche tempo svetta a metà strada tra il cimitero monumentale di Lugano e lo stadio di Cornaredo e ricorda quel Globe Theatre londinese reso immortale dalle opere di Shakespeare.
Qualche secolo dopo le gesta del bardo, ecco che un po’ di quella bellezza, di quello spirito di festa e di vita lo si è potuto e lo si può assaporare anche qui da noi. Anche attraverso la musica che, come Nick Hornby ha probabilmente saputo dire meglio di tutti – ha il grande potere di riportarci indietro nel momento stesso in cui ci porta avanti, così da farci vivere, contemporaneamente, nostalgia e speranza. Regalandoci scintille d’euforia che nell’attimo in cui si spengono e torna il buio finiscono, non di rado, col lasciarci in bocca quello strano e inconfondibile retrogusto di malinconia.
E proprio la musica è stata protagonista sabato 4 febbraio nella serata del fitto programma de La Straordinaria. A salire sul palco, a notte inoltrata, è stata la cantautrice Mel D, la prima artista di domani che ci ha da-
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to un assaggio del suo presente. Ad ascoltarla un pubblico multiforme, di bambini e di nonni e di tutto ciò che sta nel mezzo, di occhi e orecchie disposte a lasciarsi portare per mano da Mel D e dalla sua Fender color panna. La ventisettenne grigionese, prima si scusa per aver dimenticato l’italiano imparato a scuola, poi fluttua sicura in un buio oceano-mare nel quale, in lontananza, si scorgono tutte quelle amazzoni che della chitarra hanno fatto il loro arco, sirene pronte a trafiggere il cuore di qualsiasi ignaro e sprovveduto navigante. Da Joan Baez a Jewel, passando per Joni Mitchell e mille altre ancora.
Tra sonorità vagamente jazz, e una quasi ninnananna da intonarsi all’alba, Mel D accarezza la malinconia, la culla, ma lo fa con leggerezza e un pizzico di sana ironia. Prendendosi gioco del suo nome, manco fosse la sesta componente delle Spice Girls. Perché a quanto pare non c’è stato solo un quinto Beatles. Ci scherza su, visto che in rigoroso ordine alfabetico, prima di lei, ci sono Mel B e Mel C subito dopo. D’altra parte è figlia del più genuino pop da hit-parade anche l’unica cover di tutto il suo concerto, ossia quell’Oops!… I Did It Again di Britney Spears, un tormentone che, come neve, si squaglia nelle mani di Mel D. E la rimodella come si fa con la creta, rendendola quasi irriconoscibile e, se possibile, inedita. Chiudendo, in un crescendo sempre più convincente e coinvolgente, con una canzone il cui titolo è, forse non a caso, Obsessed. Di sicuro dalla vita che questa creatura gentile invoca nell’incantesimo del suo ultimo verso «We need more magic everywhere»
Nella seconda parte della serata, a proporre una robusta e non scontata variazione sul tema, ci pensa la Colère. La rabbia, o la collera, traducendo alla lettera dal francese.
Del 2018 è il debutto con il suo primo EP, Surface, al quale seguirà due anni dopo La Vague. In mezzo tanti concerti e il Demotape clinic Award vinto nella categoria elettronica proprio al festival m4music di Zurigo. Cantautrice, musicista e produttrice, anche lei sale da sola sul palco della Tour Vagabonde con il suo elmo, una berretta di lana della nonna. A farle da scudo l’armamentario di tastiere, sintetizzatori, manopole e altre diavolerie in grado di cristallizzare il suono nel ghiaccio di un elettropop crepuscolare. Così vicino eppure così lontano dagli spiriti inquieti evocati da chi l’ha preceduta. La Colère, nel suo incedere ipnotico, tra melodie tanto care a certa dance anni Ottanta, ritmi esotici che invitano al viaggio e una voce che cambia sia di genere sia di colore, quando meno te lo aspetti, dedica alla memoria del fratello gemello uno dei suoi sortilegi più belli e potenti. «Tu es mort. Mais qui est vivant?» «Tu sei morto. Ma chi è vivo?» Risposta. «Tu, noi». E sicuramente chiunque si ritrovi a sfidare il presente convinto che non sia ancora il momento del grande silenzio. Mel D e la Colère. Due facce della stessa rumorosa solitudine. Un rumore necessario, perché senza musica, la vita sarebbe un errore.