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Enrico Parola

«Sono nata negli Urali, a Ekaterinberg; entrambi i miei genitori erano musicisti, mamma pianista e papà compositore; in casa si suonava, ma l’amore per il violoncello sbocciò quando mi portarono a un recital di Natalia Gutman: avevo tre anni e mezzo, rimasi incantata e annunciai ai miei: voglio quello! Mi comprarono un “baby cello”, a casa abbiamo un video di me, piccolissima, che mi presento con una corona di carta, agghindata con tutti i gioielli (di plastica ovviamente…) che avevo tra i giocattoli, la voce di papà che annuncia “Ed ecco a voi la vincitrice di tutti i concorsi mondiali… Anastasia Kobekina” e io che mi profondo in un lungo inchino, almeno mezzo minuto, beandomi di scroscianti applausi immaginari».

Non ha trionfato nei più importanti concorsi internazionali; alla ventottenne violoncellista russa è bastato un terzo posto al concorso Ciajkovskij nel 2019 per calamitare le attenzioni di pubblico, critica e impresari; il resto l’hanno fatto il talento e una personalità vivace e schietta, esibita non solo sul palco, mentre abbraccia l’amato strumento («Avevo quindici anni, poco prima di Natale mi chiamò Spivakov e mi disse che aveva un regalo per me: un violoncello meraviglioso, che ha cambiato tanto il mio modo di suonare. Ce l’ho ancora: è la relazione più stabile e duratura nel- la mia vita…»), ma anche quando comunica la bellezza della musica, soprattutto ai giovani e ai giovanissimi.

«Penso che suonare per i bambini sia una vera e propria missione: a cinque, otto, dieci anni sono già pronti per vivere l’esperienza di un ascolto; sono sicura che rimanga e attecchisca nella loro memoria, e da grandi andranno ai concerti. Se venissero mossi anche solo tre-quattro bambini sui trenta-quaranta presenti in una stanza, beh, sarebbe valsa la pena suonare per loro».

Una prospettiva che ritrova esplicitata nella tradizione classica: «Studiando i trattati degli studiosi e i metodi dei musicisti di metà Settecento, si trova spesso indicato che l’aspetto principale da curare è il “muovere il pubblico”: devi ispirare sentimenti; credo sia l’unico modo perché la musica sopravviva attraverso i secoli». A quei decenni risalgono i due Concerto per violoncello di Haydn, gli unici dedicati a questo strumento da una delle glorie del classicismo; né Mozart né Beethoven scrissero un concerto solistico per lo strumento di Kobekina, ma le due perle di Haydn hanno attraversato gloriosamente e gioiosamente i secoli proprio perché capaci di «muovere il pubblico» e «ispirare sentimenti». Due capolavori, il primo dei quali viene interpretato da Kobekina questa settimana al LAC, accompagnata dall’Orchestra della Svizzera

Italiana e da Charles Dutoit, che dirigerà i professori dell’Osi anche nella suite de Il borghese gentiluomo di Richard Strauss e nella seconda sinfonia per archi e tromba di Honegger. Come tanti suoi colleghi, l’artista russa rimarca come «non sia facile la vita del concertista: quando si porta in tournée un progetto cameristico si condividono treni e aerei, hotel e ristoranti, ma quando si suona con un’orchestra ci si ritrova a viaggiare, mangiare, passeggiare nelle città completamente da soli. Cambia la percezione del tempo e delle cose attorno a me, e questo non è un fattore negativo». La solitudine è stata sua compagna già quando era una studentessa: «Frequentai una masterclass tanto selettiva quanto formativa a Kronberg: eravamo stati ammessi in diciotto, ma quasi nessuno risiedeva in città, così mi ritrovavo spesso sola; fu dura, ma i progressi più significativi non avvengono mai rimanendo in una comfort zone». Comfort zone è un concetto che lei non riesce neppure a concepire nel suo percorso artistico: «Nonostante ormai abbia tenuto tanti concerti, la tensione non passa mai perché per me salire sul palco è sempre una sfida: ogni volta bisogna ricercare, creare una connessione col pubblico, e questa connessione non è mai scontata, dovuta, ovvia: può esserci in programma un brano meraviglioso, ma tocca all’interprete farne vibrare la bellezza nell’animo di chi ascolta. Per come vivo io il momento del concerto, è necessario sentire una sorta di scintilla che scatta, quasi una

© Julia Altukhova

«Azione» mette in palio alcuni biglietti per il concerto diretto da Charles Dutoit con la violoncellista Anastasia Kobekina questo giovedì 16 febbraio alle 20.30 al LAC. Per partecipare al concorso inviate una mail a giochi@azione.ch, oggetto «Anastasia» con i vostri dati (nome, cognome, indirizzo, no. di telefono) entro martedì 14 febbraio ore 24.00.

tensione che crea energia in sala; la gente, più ancora che capire la musica, deve rendersi conto che sta sentendo la musica. Attenzione: questo non è un livello più superficiale, anche se lo può sembrare: spesso l’emozione, il sentimento, è più radicale e intimo di un pensiero analitico, storico, intellettualmente chiaro e strutturato». Quando accade, il concerto rientra per Kobekina nella categoria «Momenti magici»: «Nella vita è semplice riconoscerli, perché se tieni gli occhi bene aperti capisci che stai vivendo un’esperienza che ti corrisponde totalmente; momenti in cui non sei distratta dai pensieri sul passato o sul futuro – sono i pensieri che occupano con maggior frequenza la nostra mente – ma vivi totalmente il presente e lo godi, perché la realtà è bella».

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