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Il Mercato e la Piazza Aumenti dei salari in vista?
L’estate scorsa, quando l’evoluzione dell’inflazione ancora non era chiara, i nostri media avevano iniziato a parlare, in relazione alle trattative salariali, di un «autunno caldo». A dire il vero l’aumento dei prezzi, anche se modesto, rispetto ad altre realtà nazionali, fuori e dentro l’Europa, era tale da giustificare reazioni sindacali sostenute. Una fonte che non può essere considerata di parte, ossia l’Unione di Banche Svizzere, sosteneva infatti, nell’edizione dell’8 novembre 2022 del suo notiziario, che, per i lavoratori del nostro Paese, l’inflazione avrebbe determinato, in quell’anno, la maggiore perdita di salario reale degli ultimi 80 anni, vale a dire la peggiore dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi. La reazione sindacale all’erosione del potere di acquisto dei lavoratori si è manifestata in autunno e anche nelle prese di posizione di inizio anno dell’Unione sindacale
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svizzera e di Travail suisse, l’organizzazione mantello dei sindacati cristiano-sociali. Nel suo «Rapporto sulla distribuzione», per esempio, l’Unione sindacale svizzera metteva in evidenza, nel gennaio 2023, che, per le fasce medie e basse di salario, il salario reale di oggi era oramai inferiore a quello del 2016. A questa erosione del potere di acquisto dovuta all’aumento dei prezzi si aggiungeva lo shock dell’aumento dei premi delle casse malati. Questa evoluzione portava Daniel Lampart, l’economista dell’Unione sindacale, a rivendicare un salario mensile minimo di 5000 franchi per i lavoratori con tirocinio terminato e uno di 4500 franchi per i lavoratori senza apprendistato compiuto.
Sembra evidente che l’Unione sindacale, per il momento, intenda concentrare la sua azione nella preparazione della campagna sull’iniziativa per un salario minimo che andrà in vota- zione il prossimo 18 maggio. Da parte sua Travail suisse rivendicava per il 2023 un aumento dei salari tra il 3 e il 5%, motivandolo con l’aumento dei prezzi e con i guadagni in produttività conseguiti dalle aziende. Come dire che gli aumenti di salario sono non solo necessari ma, in forza dei guadagni in produttività, anche possibili. In ogni caso gli aumenti dei salari vengono respinti dal padronato. In una presa di posizione che risale all’autunno scorso l’associazione svizzera dei datori di lavoro non spendeva parole per valutare se le rivendicazioni salariali fossero o meno fondate. Insisteva invece nel ricordare come il futuro dell’economia nazionale fosse incerto e certamente non tale da consentire aumenti salariali della portata di quelli proposti dai sindacati. Per i datori di lavoro l’aumento dei salari reali dovrebbe seguire quello della produttività. Stando a loro, è quan-
Il Festival di Sanremo: lo specchio dell’Italia
In Italia si sostiene che il Festival di Sanremo sia lo specchio del Paese. È abbastanza vero. Sanremo nasce prima della Tv ed ebbe fin dall’inizio un ruolo importante nell’unificazione linguistica e culturale nazionale (qualcuno dice nell’omologazione). Le prime due edizioni sono dominate da Nilla Pizzi. Figlia di contadini bolognesi, cresciuta in una sartoria, durante la guerra ha cantato per le truppe. Ha lasciato il marito, che si chiama Pizzi come lei, per legarsi al maestro Cinico Angelini, il direttore dell’orchestra più acclamata. Nel
1951 Nilla vince Sanremo con Grazie dei fiori, che venderà 36 mila dischi – un record – e arriva pure seconda con La luna si veste d’argento, cantata con Achille Togliani. Nel 1952 è addirittura prima, seconda e terza, con Vola colomba, Papaveri e papere e Una donna prega «Inginocchiata a San Giusto, prega con animo mesto, fa che il mio amo- re torni, ma torni presto», canta Nilla Pizzi. San Giusto è il patrono di Trieste, allora ancora occupata dagli angloamericani e rivendicata dagli jugoslavi; e l’amore che doveva tornare presto era l’Italia. Ma l’anno dopo, nel 1953, la patriota Pizzi è battuta da Flo Sandon’s, in realtà Mammòla Sandon, che porta in coppia con Carla Boni un pezzo dallo stile più moderno, Viale d’autunno. Sandon è già una diva: sua la voce con cui Silvana Mangano canta «Non dimenticar» nel film Anna. Suo marito è il pioniere dello swing, Natalino Otto, che si chiama in realtà Codignotto e ha lanciato Mamma voglio anch’io la fidanzata, la canzone più popolare tra i militari di leva. In un locale di Cremona, il maestro Otto e Sandon scopriranno una voce unica, quella di Mina. E negli anni successivi, oltre appunto a Mina, andranno a Sanremo Milva, Vanoni, Orietta Berti (ma non l’hanno mai vinto) e poi Gigliola Cinquet-
Il presente come storia
È un classico da quando si vota: l’approssimarsi delle elezioni accelera il moto dello sciame partitico-politico. Congressi, assemblee, santini, aperitivi, nuove formazioni che si vogliono di protesta, partiti anti-partito né di destra né di sinistra. Il Ticino politico, pur non rappresentando un’eccezione, ha sempre dato prova di grande vitalità in questo campo: fondando, un tempo, giornali e fogli di battaglia (poi chiusi in tutta fretta all’indomani dei risultati), oggi cercando spazio e visibilità nei canali sociali, da Facebook a Twitter. Ma il Paese è piccolo e come spesso succede nei micro-ambienti, alla fine conteranno i fattori definibili come tradizionali: la conoscenza diretta del candidato, le campagne porta a porta, i suggerimenti di parenti e amici. A questa dinamica la lista senza intestazione offre una sponda perfetta.
Ancora una volta, il sistema dei partiti, così come l’abbiamo conosciuto nel XX secolo, dovrà rincorrere la cittadinanza con il piatto in mano; dovrà, in altre parole, guadagnarsi la fiducia nella cittadinanza attraverso una convincente offerta politica. L’epoca della fedeltà incondizionata alle segreterie è infatti definitivamente tramontata. Ma non è detto che la nuova era, popolata di movimenti e gruppi d’incerta identità, sia in grado di apparecchiare un futuro migliore. E questo perché i programmi proposti non scaturiscono da un’analisi solida dello stato in cui versa il Paese. E lo stato, com’è emerso dagli ultimi dati sulla situazione finanziaria (un disavanzo che veleggia verso i 220 milioni), non è affatto roseo; esigerà anzi lacrime e sangue. È molto probabile che prima del 2 aprile nessuno oserà avvicinarsi alla voragine che si è aperta dopo che
di Angelo Rossi
to è successo dal 2009 al 2021. Anzi, secondo il grafico riportato nella loro presa di posizione, il salario reale durante questo periodo sarebbe addirittura aumentato leggermente di più della produttività. Ma l’argomento forte dei datori di lavoro per opporsi alle rivendicazioni dei sindacati non è formulato a livello macroeconomico: è formulato a livello dei conti della singola azienda. È vero – ammette l’associazione dei datori di lavoro – che un aumento dei salari potrebbe indurre un aumento dei consumi e quindi favorire l’espansione del fatturato delle aziende che offrono i loro prodotti sul mercato nazionale. Tuttavia, a livello della singola azienda, per decidere se un aumento dei salari sia o meno possibile non è tanto l’evoluzione del fatturato che conta quanto quella del suo margine di guadagno. Ora lo stesso sembra essere sempre di più stretto nel-
di Aldo Cazzullo
ti, Nada, Claudia Mori, Alice, fino a Giorgia, Anna Oxa, Elisa: la storia della musica italiana.
Nel 1958 gli anni duri del dopoguerra e della ricostruzione sono finiti. Comincia il miracolo economico, il boom, che trova a Sanremo la sua colonna sonora: Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno, più noto come Volare. Nel 1964 vince Gigliola Cinquetti con una canzone rassicurante fin dal titolo, Non ho l’età. Molti scrivono alla «candida Gigliola» sovrapponendo «di sovente l’esile figura della cantante bambina alla Madonna», ma anche a Lucia dei Promessi sposi. Una ragazza di Novara spiega di identificarsi in lei e di essere «un tipo un po’ all’antica, che non indosserebbe mai una minigonna e non si innamorerebbe mai di un capellone». Una tredicenne di Nuoro si raccomanda di «non fare come Rita Paone (sic!) e Mina». Un anziano signore di Roma celebra la sua vittoria «contro la dege- nerazione dell’arte musicale e canora imperante in questo avvilente dopoguerra» e contro le «molteplici aberrazioni dell’odierna squinternata gioventù». Ma ancora più significativa la lettera di Lena da Boves, provincia di Cuneo, che apprezza la grazia di Gigliola e la sua «buona educazione», «cose molto rare in questi tempi di dinamismo».
Negli anni Settanta, quelli della politica di strada e di piazza, Sanremo si eclissa, si riduce a una sola serata, il sabato, quasi sempre condotta da Mike Bongiorno, che la Rai trasmette malvolentieri, quasi di soppiatto. Il grande ritorno è del 1978, che nel mondo è l’anno di Grease con John Travolta e Olivia Newton John, e in Italia è l’anno dei Matia Bazar, che vincono davanti a una strepitosa Anna Oxa sedicenne che canta vestita da uomo Un’emozione da poco, e davanti a Rino Gaetano. Gli Anni Ottanta sono quelli di Vasco Rossi e Zuc- la morsa costituita, da un lato, dalla concorrenza che diventa sempre più pressante anche sul mercato interno e, dall’altro, dal forte rincaro delle materie prime e dei prodotti semi-finiti importati. La pressione delle due ganasce di questa morsa non permette alle aziende del nostro Paese di recuperare la perdita di margine, dovuta all’eventuale aumento dei salari, con un aumento dei prezzi. Certo la situazione varia da un settore all’altro, da un ramo di produzione all’altro e addirittura da un’azienda all’altra. Ma, stando all’associazione svizzera dei datori di lavoro, lo spazio di manovra per aumenti dei salari è in generale molto limitato. Insomma, sembra che, al di là dei risultati già raggiunti nelle rinegoziazioni salariali condotte sin qui, occorrerà aspettare la primavera avanzata per vedere se la spirale prezzi-salari, dopo tanto discuterne, si metterà in movimento. chero, che magari arrivano ultimi ma poi diventano miti internazionali. Nel 2011 l’arrivo di Roberto Benigni a cavallo e il suo monologo cambiarono la percezione dei 150 anni dell’unità d’Italia, e la vittoria di un cantautore di sinistra come Roberto Vecchioni, con una canzone antiberlusconiana, segnalò che l’era del Cavaliere stava per terminare (la caduta giunse nel novembre dello stesso anno). Anche l’edizione del 2023 è stata a suo modo un’edizione «politica». Sergio Mattarella è stato il primo presidente della Repubblica ad apparire in platea nella Città dei fiori, per applaudire il monologo ancora di Benigni in difesa della Costituzione repubblicana. Il modo meno ideologico possibile per ricordare che l’Italia ripudia la guerra e quindi in questo momento è al fianco dell’Ucraina aggredita contro l’aggressore russo; e che la libertà d’espressione, conculcata dal fascismo, è sacra. il convento della Banca nazionale ha comunicato di avere la scarsella vuota. L’augurio è, ovviamente, che il mancato versamento (–137 milioni) rimanga un incidente di percorso dovuto alla precaria congiuntura internazionale (prima la pandemia e poi la guerra in Ucraina) e non il sintomo di un’instabilità di lungo periodo. Fatto sta che da qualche parte bisognerà intervenire. Quali tagli e dove, a scapito di chi? Dopo le elezioni, Governo e Parlamento dovranno farsi coraggio e metter mano alle forbici (in gergo, manovra di rientro).
Tutte le formazioni politiche presenti nell’Esecutivo si riconoscono nella formula dell’«economia sociale di mercato»: una formula coniata nel secondo dopoguerra mirante a mitigare gli eccessi e gli effetti indesiderati del capitalismo dominato dagli «spiriti animali». Di qui l’esigenza di introdurre nella legislazione limiti e provvedimenti che impediscano al sistema di creare disuguaglianze talmente profonde da mettere in pericolo la pace sociale e la coesione nazionale. Questa dottrina d’ispirazione socialdemocratica e cristiano-sociale è presente sia nella Costituzione federale (1999), sia nella Costituzione cantonale, di poco precedente (1997). Dice la prima «che libero è soltanto chi usa della sua libertà e che la forza di un popolo si commisura al benessere dei più deboli dei suoi membri».
E la seconda statuisce nel preambolo che il popolo ticinese si dà la sua carta «allo scopo di garantire la convivenza pacifica nel rispetto della dignità umana, delle libertà fondamentali e della giustizia sociale», nella convinzione «che questi ideali si realizzano in una comunità democratica di cittadini che ricercano il bene comu- ne». Sembrano, queste premesse, la trascrizione del secondo principio di giustizia enunciato dal filosofo americano John Rawls (1921-2002) nei suoi innovativi lavori sulla giustizia come equità: «Le disuguaglianze sociali ed economiche devono soddisfare due criteri: primo, devono essere associate a cariche e posizioni aperte a tutti in condizioni di equa uguaglianza delle opportunità; secondo, devono dare il massimo beneficio ai membri meno avvantaggiati della società». Detto altrimenti, la disuguaglianza è ammessa e giustificata soltanto se migliora, non peggiora, le condizioni socio-economiche di chi sta ai piedi della piramide sociale. Il Parlamento, impegnato dopo il 2 aprile a spulciare le singole voci del bilancio statale, non potrà non tener conto di questi capisaldi fissati nelle due Costituzioni, federale e cantonale.
Domenico Fontana
L’architetto ticinese di Papa Sisto
V che rifece Roma è il protagonista della mostra alla Pinacoteca Züst
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Il Maestro e Margherita
L’amore di Bulgakov raccontato da tre figure d’eccezione: Ezio Mauro, Julie Curtis e Rita Giuliani
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Il violoncello magico
L’incontro con Anastasia Kobekina che giovedì suonerà al LAC con la guida di Charles Dutoit
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