Azione 27 del 30 giugno 2023

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MONDO MIGROS

Pagine 4 – 5

SOCIETÀ

Un’esperienza forte all’estero aiuta i più giovani a crescere e ad allargare le vedute

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Si può prendere parte a eventi importanti anche assumendo il creativo sguardo del fotografo

TEMPO LIBERO Pagina 15

Il premier britannico Sunak lancia un summit per regolamentare il settore dell’intelligenza artificiale

ATTUALITÀ Pagina 25

La notte in cui tutto poteva cambiare

Bastardi senza gloria in Ucraina

Mai più di oggi ci dispiacciono gli eroi. Prigozhin, per dire (ne parliamo a pag. 21). Per noi l’uomo che ha guidato la rivolta contro Putin è un bieco criminale. Ma per i russi era la quintessenza dei valori patriottici che avrebbero dovuto far gonfiare il petto del popolino (fino a quando non è caduto in disgrazia con zar Vladimir). Perché questo, troppo spesso, è l’eroe: un fiero combattente dal punto di vista dei suoi, uno sporco macellaio dal punto di vista dei nemici.

E così, in uno dei tanti sovvertimenti logici e psicologici che accompagnano ogni conflitto, un collerico e facoltoso imprenditore ed ex cuoco di corte, per molti mesi è stato venduto dalla macchina della propaganda russa come il nobile strumento dell’ignobile arte guerresca. O viceversa: un male necessario. Hanno preso un signore che ha chiamato il proprio esercito di tagliagole «Gruppo Wagner» per «denazifi-

care» l’Ucraina. Fingendo di dimenticare che Wagner era il compositore preferito da Hitler, il simbolo stesso della megalomania nazista.

«Se ascolto Wagner mi vien voglia di invadere la Polonia», diceva l’inarrivabile Woody Allen.

Poi, siccome gli eroi sono pur sempre semplici esseri umani afflitti da passioni e debolezze, capita che ti voltino le spalle. In fondo anche Achille, personaggio letterario di ben altra statura morale rispetto a Prigozhin, era un eroe che vinceva contro tutti ma mai contro sé stesso, del tutto incapace com’era di tenere a bada l’impeto della propria ira. E «infiniti addusse lutti agli Achei». Eroe? Anche no. Poi, che tristezza!, ci sono gli eroi-vittime.

Tihran Ohannisian e Mykyta Khanhanov, due sedicenni amici di scuola si consideravano partigiani ucraini. Una decina di giorni fa sono stati uccisi dai nemici vicino a Zaporizhzhia con l’accusa di aver fatto fuori un po-

liziotto collaborazionista e un militare russo. Il video che mostra Ohannisian col mitra in mano mentre dice «Due di sicuro, questa è la morte, ragazzi. Addio! Gloria all’Ucraina!» è diventato virale. È eroismo, o manipolazione delle coscienze? Sicuro: in guerra ci vogliono anche persone che hanno più fegato delle altre e sanno sacrificarsi per un bene maggiore. Provo un enorme rispetto per i partigiani di ogni epoca e latitudine, costretti a infliggere violenza per difendersi. Facendolo col mal di pancia però, non col sorriso. Chi sono gli adulti che hanno consentito a due adolescenti di sentirsi al top per aver tolto la vita ad altri uomini e/o ragazzi come loro? Cosa ci sarebbe di onorevole in tutto questo? Dormire «sepolti in un campo di grano» (cit. De André)? Ringrazio l’arte, la letteratura e la cinematografia che da molti anni hanno smantellato senza remore il mito degli eroi di guerra. Penso

Intervista alla critica letteraria

Sara De Simone sull’attenzione editoriale per le biografie femminili

CULTURA Pagina 33

ai Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, il gruppo di soldati americani di origine ebraica paracadutato in Francia per uccidere il maggior numero possibile di tedeschi. Combattevano «dalla parte giusta della storia», ma non erano meno crudeli dei loro nemici, tant’è vero che ne collezionavano gli scalpi. O ad American Sniper di Clint Eastwood, in cui uno straordinario cecchino d’élite USA a un certo punto abbatte a sangue freddo un bambino che sta per lanciare una granata durante un’operazione antiterrorismo in Iraq. Bravo? Bravissimo. Un eroe, appunto. O ancora, ed è il mio preferito, a Vittorio Gassman catturato dai nemici ne La grande guerra di Monicelli, che dopo essersi schivato ogni missione minimamente pericolosa assieme al commilitone (Alberto Sordi), insulta a muso duro il capitano (che lo fa fucilare). Il più credibile degli eroi. Non per convinzione, ma per un sussulto d’orgoglio.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 Cooperativa Migros Ticino
◆ ● G.A.A. 6592 San t’Antonino
edizione 27
Keystone
Anna Zafesova Pagina 21 Carlo Silini pagina 2

Migros propone ortaggi e frutta coltivati nella regione (Giovanni Barberis); in basso, i pannelli solari sul tetto della sede di Migros Ticino a Sant’Antonino. (TiPress)

la merce ci viene fornita in Centrale a Sant’Antonino direttamente via ferrovia, il 20% tramite trasporto intermodale (ferrovia fino a Cadenazzo poi camion) e il 30% su strada (fornitori locali, frutta e verdura per questione di orari, ecc.). Per quello che riguarda lo smaltimento dei rifiuti effettuiamo un rilevamento mensile sui principali indicatori, quali il tasso di riciclaggio e la riduzione delle tonnellate di rifiuti urbani. Le ottimizzazioni dei processi della Cooperativa (tramite algoritmi che regolano le ordinazioni), unite alle formazioni dei collaboratori tenute nelle filiali e alle collaborazioni con i nostri partner, ci hanno permesso di portare il tasso di riciclaggio dal 76% (2018) all’81% (2022). Da notare che in questo settore collaboriamo anche con il Tavolino Magico e aderiamo all’iniziativa “Too Good to Go” con tutti i supermercati e ristoranti per ridurre al massimo gli sprechi alimentari».

La gestione dell’energia

Sostenibili con convinzione

Speciale

Alessandro Zanoli

Il tema è importante e, lo sappiamo tutti, si sta delineando come una tra le più importanti sfide del futuro. La sostenibilità ambientale è una necessità con cui il mondo economico, ma anche ognuno di noi, deve confrontarsi da oggi e per i prossimi anni, tutelando l’ecosistema in cui viviamo. Per ciò che riguarda Migros Ticino, l’impegno in questo settore parte da lontano. E cercando dei punti di riferimento lungo il corso della sua storia quasi centennale, potremmo indicare ad esempio la costruzione della sua centrale a Taverne, negli anni 50, che comprendeva un collegamento diretto alla linea ferroviaria.

La sostenibilità di Migros Ticino si realizza soprattutto in tre macrosettori: prodotti, logistica ed energia

Per venire un po’ più vicino ai nostri giorni, un momento certamente simbolico per Migros Ticino si è avuto nel 2012, quando sul tetto della centrale di Sant’Antonino si era inaugurato l’impianto di produzione elettrica da pannelli fotovoltaici più grande del Cantone. Per l’occasione era stata organizzata una cerimonia di inaugurazione particolarmente significativa, a cui aveva partecipato l’allora Consigliere di Stato Marco Borradori: a lui il compito di premere il pulsante simbolico che accendeva l’impianto, mentre i display luminosi iniziavano a indicare la quantità di energia prodotta.

In questo e in altri settori, Migros Ticino si è dimostrata particolarmente attenta agli aspetti di protezione dell’ambiente, e ha operato da pioniera nell’utilizzazione delle tecnologie all’avanguardia. Uno degli interventi più significativi in questo senso è stato

ad esempio l’ammodernamento del sistema dei frigoriferi nelle filiali. Con i nuovi modelli implementati negli ultimi anni si è potuto raggiungere un risparmio elettrico che tocca il 50%. Un risultato davvero importante.

Schematicamente, possiamo dire che l’impegno verso la sostenibilità della nostra Cooperativa tocca tre macrosettori dell’attività aziendale: la scelta dell’assortimento di prodotti, gli aspetti legati alla logistica e quelli che riguardano il fabbisogno energetico delle filiali. Migros Ticino ha definito in ognuno di questi una strategia per la riduzione del proprio impatto ambientale.

I prodotti

Come ci spiega Nicola Richina, Product Group Manager Agrario, «le linee guida che riguardano la scelta dei prodotti portano a privilegiare i luoghi di produzione regionali, (filosofia alla base anche della creazione della linea dei Nostrani del Ticino), a favorire i mezzi di trasporto con la minore produzione di CO2 e ricercando un approvvigionamento da regioni europee riducendo così il trasporto aereo di derrate allo stretto necessario. Si scelgono inoltre prodotti da coltivazioni che non utilizzano combustibili fossili ma privilegiano le fonti rinnovabili. La scelta degli imballaggi poi, dove possibile, privilegia le soluzioni con materiali riciclabili o riciclati.

Più in generale, si cerca di orientare l’offerta a prodotti rispettosi del ciclo stagionale e di non introdurre promozioni su prodotti di importazione fuori stagione. Infine, cerchiamo di evitare al massimo gli sprechi alimentari. Notiamo con piacere che il settore dei prodotti bio sta prendendo piede e il consumatore sempre più spesso si rivolge a quel tipo di offerta. Dalle

piccole percentuali (2-3% della cifra totale) di vent’anni fa, per quello che riguarda frutta e verdura attualmente ci avviciniamo rapidamente al 20% della cifra totale generata con prodotti biologici. Del resto, i produttori stessi sono interessati a rendere più efficienti e sostenibili le loro produzioni, a seguito di un’accresciuta sensibilità per le questioni ambientali e non da ultimo per mantenersi concorrenziali sul mercato. Questo comporta una migliore gestione delle risorse energetiche, idriche e un’attenzione all’economia dei trasporti. Occorre dire infine che i prodotti d’importazione devono sottostare agli stessi parametri legati alla sostenibilità del prodotto regionale: è una questione di sicurezza, di credibilità e serietà, e non da ultimo di coerenza, verso il cliente e il produttore regionale».

La logistica

Il nostro interlocutore sull’argomento è Romeo Gianinazzi del Diparti-

mento Logistica di Migros Ticino: «Rispetto al tema della sostenibilità, nel settore dei trasporti operiamo tenendo conto di indicatori classici, legati al consumo dei veicoli. Mensilmente rileviamo i chilometri e i litri di carburante utilizzati dai veicoli pesanti (camion e motrici) e li usiamo per aggiornare una statistica. Questa viene poi utilizzata per il riassunto annuale a livello nazionale. Una voce a parte è anche dedicata ai veicoli leggeri (furgoni e auto aziendali). Teniamo sotto controllo anche il tasso di carico dei camion e dei semirimorchi, per massimizzare il carico. Attualmente il tasso è del 75.5%. Nel 2022 è stato approvato un investimento milionario per aggiornare la flotta di veicoli pesanti, che comprende anche l’acquisto di due camion a idrogeno e di uno elettrico. Nel corso degli ultimi 2-3 anni abbiamo anche sostituito 18 auto aziendali a benzina con 13 auto ibride e 5 auto elettriche.

Il trasporto su rotaia rimane un punto forte per noi: circa il 50% del-

Ne abbiamo parlato con Silvio Vassalli, responsabile sostenibilità di Migros Ticino: «Migros Ticino ha definito con l’Agenzia dell’energia per l’economia (AEnEC) degli obiettivi per la riduzione dell’impatto ambientale delle sue attività. Obiettivo fissato per il 2030 è la riduzione del 15% di acquisto di energia rispetto al 2020. La riduzione dell’acquisto di energia si riflette automaticamente in una riduzione delle emissioni di CO2. I fattori di questi parametri sono rilevati dal calcolo dell’elettricità usata, dal calore generato per il riscaldamento e dalle eventuali perdite di gas refrigeranti e dalle emissioni generate dai trasporti. Per quanto riguarda l’elettricità, acquistiamo solamente energia da fonti rinnovabili certificata. Un altro indicatore è dato dagli acquisti di gasolio per il riscaldamento. Il Cantone poi ci richiede di tenere una statistica dei gas da raffreddamento: ogni gas usato ha un suo coefficiente sul tasso di emissioni di CO2 Da notare che dal 2010 i nostri frigo usano solo gas naturale: il primo impianto completo è stato realizzato a Giubiasco, nel 2011. La grande efficienza raggiunta grazie ai nuovi impianti di frigoriferi ci rende pionieri a livello cantonale. Per ciò che riguarda l’energia fotovoltaica, il primo impianto in collaborazione con l’AET è stato realizzato nel giugno 2012, sopra la centrale di Sant’Antonino. Era allora il più grande impianto in Ticino, da 380 kWp: all’inizio era in comproprietà, oggi è nostro. Poi è arrivato Taverne, con l’impianto da 115 kWp, di proprietà AIL. A Mendrisio Sud, l’impianto è da 114 kWp, il che rende la filiale autosufficiente circa al 40%. Ultima in ordine di tempo è Losone, con un impianto da 220 kWp. Entro fine anno si equipaggerà di un impianto fotovoltaico previsto da 134 kWp anche la filiale di Castione, mentre a Bellinzona Nord, il progetto della futura filiale comprende già pannelli solari sul tetto e sulle facciate. L’obiettivo è che lo stabile produca più energia di quella che utilizza. Già oggi, comunque, ogni lavoro di ristrutturazione va nella direzione di abbandonare l’energia di origine fossile. Va ricordato, infine, il collegamento al termovalorizzatore di Giubiasco, che produce calore in tutti gli stabili nell’area della Centrale di Sant’Antonino, nonché presso le filiali di Giubiasco e Bellinzona».

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 2
MIGROS ●
MONDO
misure positive
l’ambiente
90esimo ◆ La cooperativa Migros Ticino si sta impegnando con decisione nell’adozione di
per

Il malessere psicologico oggi

Considerare la fragilità della psiche come qualcosa che appartiene a tutti, riduce la vergogna di chiedere aiuto

Per una pesca in mare più sostenibile La tecnologia sta sviluppando sistemi innovativi per evitare il cosiddetto bycatch, ovvero le catture non desiderate

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Partire aiuta a crescere

Meritate corsie per le biciclette Nuovo spazio per la mobilità a due ruote, entro il 2042 prevista la realizzazione di ulteriori reti di piste ciclabili

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Giovani ◆ Vivere un’esperienza fuori del comune all’estero grazie al Servizio Volontario Europeo sostenuto da Movetia

Ho sempre pensato che viaggiare in un Paese straniero, osservare, mangiare, annusare, ascoltare fosse molto interessante, ma anche che vivere per davvero il suolo e le persone fosse ancora meglio. Partire per scoprire una cultura facendone parte per un po’, per davvero, vivere il tempo del Paese di destinazione, cavarsela da soli, ma anche, conoscere aiutando. Come? Contribuendo alla quotidianità, insomma lavorando. E come fare per trovarlo, un lavoro, come inserirsi in una società ancora sconosciuta, come imparare lingua usi e costumi? Che fare senza essere ancora professionisti?

E, oltretutto, da studenti, senza troppe risorse per poterselo permettere?

Una delle risposte la fornisce il Servizio Volontario Europeo, un’occasione eccezionale per trasferirsi per un periodo in un Paese d’Europa e non solo (anche Nord Africa), se si hanno tra i 18 e i 30 anni e si risiede in Svizzera. Movetia, l’agenzia nazionale per la promozione degli scambi e della mobilità all’interno del sistema educativo (www.movetia.ch), si occupa di controllare la qualità delle proposte e di finanziare, attraverso la Confederazione, viaggio, vitto, alloggio e una sorta di paghetta e poi di formare, linguisticamente e al volontariato, i viaggiatori.

Come postulare? Sulle pagine web di due associazioni ICYE Svizzera (icye.ch/) e SCI Svizzera (scich. org) si trovano innumerevoli proposte di volontariato che variano dai due ai dodici mesi.

«Dal 2014 la Svizzera è stata esclusa dal programma europeo Erasmus Plus, la Confederazione ha allora deciso di finanziare il Servizio Volontario attraverso Movetia. Questo permette ai giovani di partire in Europa o nei Paesi vicini come il Nord Africa o l’Azerbaijan», spiega Léa Kolzer, responsabile del programma.

«Si tratta di un programma aperto a tutti, è volontariato, quindi non bisogna necessariamente avere delle conoscenze pregresse». Questo allarga il campo di possibilità per un’esperienza che permette di «uscire dalla propria comfort zone e sviluppare nuove competenze. Vivere da soli all’estero, integrarsi in un’altra cultura. Un’esperienza così arricchente che poi, una volta tornati, permette ai volontari un’entrata più facile nel mondo del lavoro».

Un programma valido non solo per i ragazzi svizzeri che vogliono uscire dal loro Paese, ma anche per tutti quelli europei che ci vogliono venire.

«Tutte le organizzazioni svizzere che vogliono accogliere per periodi lunghi fino a un anno dei giovani volontari possono chiedere di farne parte così da avere aiuto supplementare o aprire nuove attività». Si parla di centri giovanili, per esempio. «Finora, in effet-

ti, sono di più i giovani che arrivano qui, di quelli che partono, questo accade anche perché il programma non è ancora molto conosciuto».

Per i giovani tra i 18 e i 30 anni, il Servizio Volontario Europeo offre un’occasione eccezionale per immergersi in una nuova cultura

Il periodo ideale per questa esperienza è quello tra le scuole superiori secondarie e gli studi universitari, «anche perché è quello giusto per poter fare altro senza interrompere gli studi, sovente infatti si parte per un anno intero. Secondo le nostre statistiche la maggior parte dei ragazzi ha tra i 20 e i 23 anni. Ma abbiamo avuto anche casi di giovani adulti vicino ai trenta». Contattando direttamente evs@ movetia.ch è possibile anche farsi assistere per un soggiorno volontario su misura. «È molto importante per noi sottolineare che si tratta di programmi che soddisfano i label di qualità».

Chi sicuramente è molto soddisfatta della propria esperienza è Giorgia Codiroli, ticinese di 19 anni che da settembre si trova in un villaggio

nella provincia di Granada al Sud della Spagna. «Sono volontaria per un’associazione spagnola che si occupa di rivitalizzazione del mondo rurale: Intercultural Live. Organizziamo, insieme ad altri ragazzi provenienti da tutta Europa, attività con i bambini del villaggio, ma anche con gli adulti e gli anziani. Diamo anche il nostro supporto nelle classi di inglese e francese in due scuole di Granada. Poi abbiamo diversi orti, e aiutiamo un’associazione che si occupa di progetti finanziati da Erasmus Plus». Non solo, quello che rende speciale l’esperienza di Giorgia è anche il fatto che ogni due mesi gruppi di giovani di diversi Paesi d’Europa si trovano lì per una settimana e mezzo per discutere di tematiche attuali come women empowerment e clima. «Finora abbiamo ospitato tre incontri con gruppi europei e nordafricani».

Perché partire per un’esperienza simile? «Ho finito a 18 anni la Scuola specializzata per le professioni sanitarie e sociali (Sspss), e prima di iniziare l’Università ho deciso di partire per un anno all’estero. Ho optato per la Spagna, anche per imparare la lingua. In Ticino questo Programma non è molto conosciuto, io l’ho trovato na-

vigando in internet e capitando sul sito Icye, che si occupa di fare da tramite con organizzazioni no profit che ospitano volontari in tutto il mondo». Dopo i primi mesi di assestamento, l’esperienza diventa indimenticabile: «All’inizio non è stato facile, ci ho messo un po’ ad abituarmi a una cultura diversa. Molte cose che qui sembrano normali, per me non lo erano, come gli improvvisi cambiamenti di piano e di orari! Io venivo da una rigida routine scolastica… Ma dopo il primo mese e mezzo ho iniziato a capire meglio come funzionava e le cose sono andate bene. Ora sono super contenta e molto soddisfatta».

Quello che rende speciale l’avventura, continua Giorgia, è che «venire qui mi ha permesso di scoprire il mondo e soprattutto guardare la nostra società da un altro punto di vista. Senza contare una nuova lingua, un’altra cultura e l’indipendenza». Come cambia il nostro modo di vivere, un’esperienza simile? «Sono diventata molto più flessibile rispetto a prima. Mi adatto ad altri contesti, diversi da quello in cui sono cresciuta. E poi, prendo le cose come vengono, senza rimuginarci più tanto». Insomma, un’esperienza da consigliare, an-

Lavorare per conoscere gente e culture nuove, integrandosi nella quotidianità. (movetia.ch)

che se gli amici di casa mancano un po’. Non ci si dimentica infatti degli anni passati, soprattutto delle esperienze scolastiche: «Mi è venuto utile l’aver lavorato nel settore sanitario, aver imparato a prendermi cura di altre persone. Il mio stage alla Casa per anziani di Claro, per esempio, mi ha aiutata a coltivare l’empatia, che certo, è innata, ma che va allenata. Ora mi accorgo quanto sia servito questo ascolto, mentre lavoro con i bambini». E dopo Granada? «Torno a studiare, a Ginevra, per diventare levatrice ostetrica». Tornare in Svizzera, ci sarà bisogno di abituarsi anche a questo, ma Giorgia andrà «dall’altra parte rispetto al Ticino, in un nuovo mondo, per una nuova avventura, quindi perfetto». E mentre si prepara per una riunione con la coordinatrice e poi a lavorare negli orti, Giorgia conclude: «Questa cosa di uscire dalla comfort zone, all’inizio è difficile ma porta anche maturità personale. Ti ritrovi ad affrontare da solo una quotidianità completamente nuova, dove nessuno ti può aiutare come avrebbero fatto a casa». E soprattutto, guardare il nostro Paese da fuori, e non sempre dall’interno, può aiutarci a conoscere meglio noi stessi e il mondo.

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 3
SOCIETÀ
Valentina Grignoli Pagina 7

Da un’isola all’altra, dalle nuvole

Il pollo svizzero di qualità

Attualità ◆ Il marchio Optigal della Migros è sinonimo di pollame gustoso e sostenibile. A farla da padrone al momento sono le succose specialità di pollo cotte alla griglia

Reportage ◆ Un viaggio tra le terre emerse al largo delle coste dell’Irlanda, dove le tradizioni gaeliche sono tenute vive dalle leggende

Azione

La carne di pollame è particolarmen- consumatori indigeni. Grazie a semti il più possibile il benessere animale

Accomodate il pollo sul petto e con un trinciapollo staccate la spi-

Reinventate ogni giorno da nuvole e maree, le isole dell’isola di Smeraldo, galleggiano sull’orizzonte di un mare umorale e spumeggiante. Ultime roccaforti di un’Irlanda altrove perduta, sono impregnate di leggende e tempeste, attrazioni fatali per anime inquiete.

Rose è arrivata a Clare Island dal Texas perché voleva visitare un posto

«dove non va nessuno»; Bridges invece si è trasferita una vita fa dall’Inghilterra per amore e, da allora, arranca sulle stradine con il suo scassatissimo taxi, unico trasporto pubblico di questo fazzoletto di brughiera e di roccia, per portare ogni mattina i bambini a scuola, poi, chissà, magari per accompagnare un funerale o un parente lontano che torna.

Freschezza e salute in tavola

Attualità ◆ In questo momento l’assortimento di meloni della Migros è particolarmente ricco.

Uno dei più apprezzati è il melone charentais

Gráinne Ní Mháille, la piratessa di Clare

Possono essere tante le ragioni per venire a Clare ma quello che attrae tutti è il mito di Gráinne Ní Mháille (in gaelico), o Granuaile O’Malley per i suoi arci-nemici inglesi, che, a capo di un clan di pirati, alla tosatura delle pecore preferiva quella delle navi dei mercanti diretti a Galway.

Il fatto ancora più straordinario è che fosse una donna che nella seconda metà del Cinquecento osava sfidare il nascente impero inglese, arrivando a risalire il Tamigi per presentarsi senza preavviso davanti a Elisabetta I, «una sua pari» come la definiva, e ottenere – Dio solo sa come – il rilascio dei suoi figli imprigionati da un governatore inglese.

Salvo poi continuare a dedicarsi alle sue attività abituali. Da allora, però, «in nome della regina», fino al 1603 quando Granuaile morì insieme al suo mondo gaelico di coloratissimi draghi che svolazzano ancora oggi sulla sua presunta tomba tra mura intrise di umidità e salsedine di un’abbazia poco più grande di una camera.

«Se ne raccontano tante di storie, persino che dentro la tomba ci fos -

sero due asini» ride Beth Moran, una tessitrice di tweed originaria del Massachusetts. E se è successo – fa capire l’eloquente silenzio del marito seduto vicino – non è il caso di spifferarlo a uno di fuori.

«Granuaile è come San Patrizio, troppo lontana» sospira Seamus all’imbarco del piccolo traghetto, «qui la gente va in crisi se non piove per una settimana e manca l’erba per le pecore». Sono oltre duemila per centoquaranta abitanti e se potessero votare sarebbero le padrone di un’isola protetta da tre miglia marine che nei giorni di tempesta possono trasformarsi in un’invalicabile muraglia liquida. Per domarle, quelle onde rabbiose che spumeggiano all’orizzonte, avevano costruito un faro talmente alto da venire regolarmente inghiottito da spesse coltri ovattate di nuvole, e così hanno dovuto rimpiazzarlo con un altro nella vicina Achill Island, la più grande delle piccole isole irlandesi dove la sicurezza psicologica di un piccolo ponte stradale toglie inesorabilmente quella sottile ebrezza di distacco dalla terraferma, che è l’essenza segreta di ogni isola.

In compenso Achill sfodera spiagge come Keel – un miraggio di sabbia e di mare dove la bassa marea riflette le grandi scogliere di Cathedral Rock e i surfisti volano al ritmo delle onde e del vento – o stupisce con i colori di Keem Strand alla fine di una strada che precipita in un mare smeraldo dove un tempo nuotavano i grandi squali elefante, innocui giganti decimati da una pesca feroce. Un passato di esistenze aspre che riaffiora tra le rovine di un villaggio di fantasmi, il Deserted Village abbandonato durante la Grande Carestia che, tra il 1845 e il 1848, provocò più di un milione di morti, e quasi altrettanti emigrati diretti verso l’America.

Più a nord, in Donegal, chi si imbarca sul piccolo traghetto diretto verso una gobba di pietra, lunga cinque chilometri e larga poco più di uno, sa quando arriva ma non quando riparte. Basta poco a scatenare un sabba di onde e di vento lungo il braccio di mare che divide la costa da Tory, Oileán Thoraigh in gaelico, isola mito dove molti parlano ancora l’antica lingua irlandese e se vanno sulla terraferma dicono «andiamo in Irlanda».

Saper sopravvivere fa parte del Dna di chi è nato nella più remota isola irlandese ancora abitata, «Che ci piaccia o no, siamo legati a Tory fino al midollo», lo dicono e lo pensano quasi tutte le duecento anime abbarbicate al loro microscopico e personale «continente» dove la luce del faro non si spegne neanche di giorno. «È successo solo nel 1884 quando gli isolani hanno ballato intorno alla Cloch na Mallacht, la Pietra dei Desideri per scongiurare l’arrivo della Wasp – una maledetta cannoniera inglese che veniva per cacciare via chi non pagava le tasse – ma la ve-

Non c’è limite alla fantasia quando si me. E in questo periodo di grigliate i

nibile un ampio assortimento di parti no moltissime possibilità culinarie e possono essere acquistate secondo i propri fabbisogni. La scelta annovera polli interi, cosce intere o inferiori, ali

Achill Island, la più grande delle piccole isole irlandesi. Costa occidentale; Sotto, Tory, piccolo villaggio occidentale, è il più importante dei 2 borghi dell’isola, dove la frequentazione non supera le 120 persone; in basso, Tory è ancora un centro della cultura gaelica; di fianco, villaggio e spiaggia di Dooniver sulla costa orientale, di Achill Island.

ls, burger o fettine croccanti. Per la no nemmeno prodotti già marinati o aromatizzati, pronti per la brace, tra cui spiedini, steak, scaloppine, cosce

con sale e pepe. Grigliate il pollo a calore moderato indiretto per ca. 45

al pezzo Fr. 2.60 invece di 3.30

un grande classico, ma non disdegna ta, formaggini, insalate e bresaola. Con il suo sapore delicato si presta

rità la sanno tutti, anche se nessuno la dice» ammicca divertito Sean Doherty con la sua faccia da folletto irlandese che per oltre quarant’anni è stato uno degli ultimi guardiani del faro.

«Qualcuno ha spento la lampada al

tais, dal galia al melone giallo miele, fino al melone biologico. Uno dei più gettonati per la sua delicatezza è sicuramente il charentais, che si caratterizza per la polpa arancione molto dolce e profumata. Il melone charentais si accosta molto bene a ingredienti salati come il prosciutto crudo,

momento buono per farla affondare, e dopo la morte di cinquantadue marinai nessun esattore si è più fatto vedere da queste parti. Allora la vita dipendeva totalmente dal tempo e dal mare, quando sono arrivato c’era solo un pic-

lati, smoothie e chutney. Come tutti i suoi parenti, tra cui l’anguria, anche tiene poche calorie; pertanto, risulta essere un ottimo alleato della nostra linea. I meloni in generale devono essere gustati quando sono ben maturi. Al momento dell’acquisto il frutto deve emanare un buon profumo e, battendo leggermente la buccia con le nocche, si sente un suono sordo.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 4
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 16
Enrico Martino, foto e testo

La grigliata alternativa

Attualità ◆ I prodotti vegetali della linea V-Love mettono tutti d’accordo

Chi segue un regime vegetariano o vegano, o semplicemente desidera cambiare di tanto in tanto le proprie abitudini alimentari, non deve certo rinunciare a una bella grigliata in compagnia. La marca V-Love della Migros offre infatti alcune gustose

alternative a base vegetale, ideali per essere arrostite sulla brace e pronte in tavola in pochi minuti. Tra le proposte attuali ideali per la griglia a firma V-Love, vi consigliamo per esempio di provare gli steak peppery marinati a base di proteine di frumento e soia;

oppure l’alternativa al formaggio da grigliare The grilled alle erbe. E che dire delle salsicce piccanti affumicate Grill mi chili sausage: davvero irresistibili! Infine, i più golosoni non potrebbero fare a meno degli hamburger vegetali, un prodotto a base di pro-

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Contro la vergogna di chiedere aiuto

Post pandemia ◆ A un anno dall’entrata in vigore del nuovo modello di procedura di prescrizione, gli studi di psicoterapia e psicologia possono confermare un accresciuto bisogno da parte della popolazione

«La psicoterapia si nutre di pazienza e di passi centellinati. Di traguardi, sogni e delusioni. A volte sembra non accadere nulla, poi d’un tratto si guarda e si pensa che così in là non si credeva di poter arrivare. Che un posto così bello non lo si sapeva esistere nel mondo. E scopriamo che quel posto non è troppo lontano: siamo noi». Le riflessioni sulle cure psicoterapiche della psicologa e psicoterapeuta milanese Margherita Passalacqua abbattono il tabù ancora socialmente molto presente secondo cui chi va dallo psicoterapeuta «non è del tutto normale». Tutti potremmo invece averne bisogno.

«Le persone che incontro nel mio lavoro mi chiedono aiuto perché, in un certo momento della loro vita, vogliono scoprire aspetti di loro stesse, o perché si sentono spaesate, magari stanno affrontando un periodo difficile o non sanno come reagire a un dolore». Passalacqua descrive il compito dello psicoterapeuta: «Con la persona, andiamo alla ricerca della stabilità, della forza interiore e dell’equilibrio, partendo da ciò che fa male, dalle fratture, dalla solitudine, da un malessere. Mi metto in ascolto della sua sofferenza e del suo desiderio di realizzazione che talvolta viene turbato da un periodo di sofferenza psicologica».

Tanti psicoterapeuti hanno visto cambiare l’immagine del proprio ruolo, perché ora riconosciuti come fornitori di prestazioni

Oggi si parla sempre più di malessere psicologico, e potremmo individuare nella recente pandemia la responsabile di un aumento significativo di questi disturbi. Pandemia che, allo stesso tempo, pare abbia pure facilitato un cambiamento culturale più propenso a pensare alla fragilità della psiche come qualcosa che appartenga a tutti, riducendo così la vergogna di chiedere aiuto.

«In generale, il malessere e qualche fragilità della salute mentale c’erano già prima della pandemia, a rispecchiare un po’ il funzionamento della nostra società che è quella “del fare” e non “dell’essere”: si corre, bisogna essere prestanti, ci si confonde e la persona stessa si identifica con la “prestazione”, quindi: il livello di ciò che faccio e produco mi dà un’idea distorta della persona che sono». È l’analisi della psichiatra e psicoterapeuta Francesca Domenghini Tettamanti (presidente della Società ticinese di psichiatria e psicoterapia Stpp) che, tutto sommato, attribuisce alla nostra popolazione una buona salute mentale, individuando comunque nella fascia dei giovani fra i 18 e i 24 anni quel maggiore disagio «già presente prima della pandemia

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Una serata in vetta con OTAF

Monte Generoso ◆

Il 15 luglio una cena da non perdere

Al Fiore di pietra in vetta al Monte Generoso sabato 15 luglio 2023 si cena in compagnia della solidarietà e dell’inclusione sociale grazie alla collaborazione tra la Fondazione OTAF di Sorengo e la Ferrovia Monte Generoso. Ai fornelli e in sala ci saranno i cuochi, gli aiuto-cuochi e i camerieri dei laboratori di gastronomia dell’OTAF insieme allo staff del Fiore di pietra. Spiega Monica Besomi, Head of Marketing & Communication e Vice-Director della FMG: «Ci auguriamo che saranno in molti a partecipare, apportando così alla Fondazione OTAF il proprio appoggio morale affinché possa continuare a realizzare una cultura attenta all’inclusione e ai bisogni delle persone con disabilità».

che potrebbe essere intervenuta come fattore scatenante di alcuni situazioni pregresse».

La psichiatra invita a riflettere sul fatto che «in fondo, tutti noi, così come i nostri giovani, siamo generalmente poco consapevoli e troppo poco attenti a ciò che facciamo, al qui e ora, e questo ci allontana dalla conoscenza di noi stessi: ci sfuggono parecchi elementi che potrebbero aiutarci a crescere come le emozioni, il nostro sentire, e ciò ci porta a una minore resilienza verso ciò che di negativo ci succede nella vita».

Aumenta la sensibilità delle necessità di fare capo all’accompagnamento di un professionista lungo un percorso psicologico in cui prendersi cura della propria storia. Bisogno accolto dal Consiglio federale con l’approvazione del modello di prescrizione in vigore dal 1° luglio 2022, che si propone di migliorare l’accesso alla psicoterapia da parte dei pazienti, e colmare le lacune esistenti nel servizio di assistenza (particolarmente evidenti nella psichiatria dell’età evolutiva).

Il nuovo modello implica che dal 1° luglio 2022 psicologi e psicoterapeuti in possesso delle qualifiche adeguate possono fatturare all’assicurazione di base, a condizione che la terapia sia stata prescritta da un medico con titolo di medicina interna generale, o da un medico con titolo in psicosomatica e psicosociale. Quest’ultimo può confermare il prosieguo dopo la trentesima seduta solo se ne è stato il prescrittore. Come in precedenza, rimane pure la prescrizione di psichiatri e psicoterapeuti.

«Oggi tanti psicoterapeuti liberi professionisti hanno visto cambiare la propria configurazione e l’immagine del proprio ruolo, perché ora riconosciuti a pieno titolo come fornitori

Redazione Carlo Silini (redattore responsabile)

Simona Sala

Barbara Manzoni

Manuela Mazzi

Romina Borla Natascha Fioretti

Ivan Leoni

di prestazioni». Così esordisce il presidente dell’Associazione psicologi ticinese (Apt) Nicholas Sacchi, che ne spiega la concreta applicazione: «Nel vecchio modello, lo psicologo era in delega con lo psichiatra, mentre oggi pratica sotto LaMal con prescrizione medica (ndr. vedi sopra) delle prime due serie di quindici sedute, dopo le quali necessita di un ulteriore certificato che attesti il bisogno di proseguire la cura».

Non è però un «liberi tutti» e «andiamo tutti dallo psicologo»: «È necessaria un’ipotesi diagnostica, un quadro sintomatologico che aderisca a una determinata categoria di diagnosi (disturbo di personalità, compulsivo o altro) che sarà vagliato dallo psicoterapeuta con obbligo di formulare una diagnosi. Ciò significa: verificare in terapia l’ipotesi diagnostica della prescrizione medica, e giungere a una diagnosi che legittimi l’intervento psicoterapico a carico della LaMal. Come dicevamo, per il prosieguo delle cure oltre la trentesima seduta questa diagnosi dovrà essere confermata da un’ulteriore figura professionale (psichiatra, pedopsichiatra o altro medico con formazione complementare in medicina psicosomatica)».

Un «nuovo ordine» per giungere al quale bisognava «fare disordine»: «Siamo una voce in più, ma servirà a fare ordine in futuro dal punto di vista del “rimbalzo” del paziente tra specialisti, con positive ripercussioni anche sul contenimento dei costi sanitari». Sull’interdisciplinarità e la complementarietà fra medici psichiatri e psicologi pone lo sguardo attento la dottoressa Domenghini Tettamanti: «Psichiatri e psicologi si eguagliano nella psicoterapia in quanto specialità praticata da entrambi. Lo psichiatra

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ha sostanzialmente un doppio ruolo di formazione: è laureato in medicina e specializzato in psichiatria e psicoterapia. Si muove su un modello bio-psico-sociale e ha “l’occhio biologico” che, dinanzi ad alcuni sintomi psichici, gli dà adeguati strumenti per andare alla ricerca di un eventuale disturbo organico, predisposizione genetica, risposte allo stress in generale ed effetto dei farmaci. Egli considera altresì gli aspetti sociali e psicologici, curando il paziente secondo questo modello inglobante i tre aspetti. In quanto medico, all’occorrenza prescrive farmaci specifici».

Una collaborazione preziosa, sullo stesso piano psicoterapico, conferma Sacchi: «Il terreno che accomuna psichiatra e psicologo è una teoria della mente che porti a un funzionamento fisiologico e patologico ben chiaro». Al netto della prescrizione farmacologica deputata al medico, egli sottolinea l’interdisciplinarità come valore e «collegamento diretto»: «Lo psicoterapeuta in formazione lavora fianco a fianco del medico assistente in psichiatria. Oltre alla psicoterapia, la figura dello psicologo comporta il tessere le reti a sostegno del paziente, andare nelle scuole, i contatti coi servizi sociali e via dicendo. Il senso del nostro lavoro non è l’accoglienza nell’urgenza (che già dispone dei suoi canali), bensì disporre di una “porta girevole”, aperta secondo il tempo di cui disponiamo per un ascolto attivo e un accompagnamento efficace».

Infine, le riflessioni di Passalacqua: «Per questo non è romantica la psicoterapia. È un incontro umano fatto di tutti gli ingredienti che questo può prevedere. Un po’ come la vita. È una palestra, con tanti attrezzi». Oggi più che mai utile per equilibrare e rafforzare il proprio cammino.

Oggi, grazie all’apertura dei laboratori protetti – 5 di gastronomia, 6 artigianali e 1 agricolo – la fondazione nata nel 1917 offre a 150 persone con disabilità l’opportunità di una formazione professionale che permetta loro di svolgere delle attività produttive in un contesto protetto, con la possibilità di valutare un loro inserimento in aziende esterne. La serata del 15 luglio al Fiore di pietra rappresenta, dunque, un’occasione per far conoscere la realtà dei laboratori e la qualità della loro offerta.

Programma

Partenza Capolago: 19.00; cena 3 portate; ritorno: 23.15

Prezzi: adulti: CHF 85; ragazzi 6-15 anni: CHF 55 Iscrizioni e informazioni www.montegeneroso.ch/it/eventi

Concorso

«Azione» mette in palio 2 biglietti andata e ritorno Capolago-Monte Generoso con cena inclusa per la serata OTAF del 15 luglio. Per partecipare al concorso inviate una mail a giochi@azione.ch (parola chiave OTAF) entro domenica 9 luglio 2023. Buona fortuna!

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 7 SOCIETÀ
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La forza delle nuove tecnologie contro i danni della pesca involontaria

Catture sostenibili ◆ Al servizio di un’industria ittica selettiva arrivano dispositivi come SharkGuard utili a contenere il bycatch

Non tutti gli animali marini sono uguali; è un dato di fatto, palese. Tutti però subiscono le pressioni di una pesca commerciale che, soprattutto negli ultimi decenni, è diventata insostenibile anche a medio e lungo termine, nonostante i tentativi di regolare le quote di pescato autorizzate a livello mondiale dalle nazioni più influenti. Gli stock ittici mondiali sono minacciati da intense attività di pesca legale e controllata, e sono anche a rischio di pesca illegale, non dichiarata, non regolamentata, di cui ben poco è noto, e pertanto non è valutata nella determinazione delle quote pescabili.

La ricerca scientifica e la tecnologia applicata stanno venendo in aiuto dell’industria ittica e della pianificazione, la prima individuando nelle specie animali quelle caratteristiche che permettono di essere selettivi, la seconda sviluppando sistemi innovativi per evitare le catture non desiderate.

Esistono centinaia di specie ittiche diverse. Alcune hanno uno sviluppo riproduttivo precoce, altre ritardato; alcune sono longeve e scarse, altre invece vivono brevemente e in gruppi numerosi. Queste diversità hanno effetti profondi sulle dinamiche delle diverse popolazioni e pertanto sulla gestione degli stock ittici. A queste variabili si aggiungono i danni derivanti dalla pesca illegale, svolta in totale spregio della sostenibilità ambientale.

La ragione principale per cui la pesca illegale è oggi ancora più critica è che molti stock ittici sono già stati sovra-sfruttati da attività di pesca legali

Gli elasmobranchi (squali e razze), ad esempio, rilevano deboli campi elettrici, tramite organi – le ampolle di Lorenzini – situati sulle loro teste. Percepiscono le frequenze elettriche emesse dai pesci ancora vivi e in frenesia perché catturati dalle lenze. I pesci allarmati sono prede facilmente cacciabili su cui i predatori si avventano, ignari delle trappole mortali (gli ami) che si celano nei loro corpi. Squali e razze vengono catturati non intenzionalmente (il cosiddetto bycatch) nell’ambito di una attività di pesca legale. Animali predatori diventano materiale di scarto e, come tali, sono rigettati in mare, come rifiuti di un sistema di pesca di specie target, che conserva solamente quelle maggiormente richieste dal mercato, dalle quali ricava profitti.

I ricercatori hanno sviluppato un dispositivo cilindrico, lo SharkGuard, che emette un campo elettrico a corto raggio, da attaccare ai palamiti o palangari, le lenze chilometriche alle quali sono attaccate altre lenze più corte, ognuna armata con ami ed esche, utilizzate sin dall’antichità per la pesca del pesce più pregiato. Lo SharkGuard sovra-stimola le Ampolle di Lorenzini degli elasmobranchi e ne riduce la frequenza di interazione con gli ami; non influisce in alcun modo con le specie target, come tonni e pesci spada, le quali sono prive dei recettori dello stimolo.

L’impiego su larga scala di un dispositivo come SharkGuard potrebbe ridurre significativamente il numero di squali catturati nella pesca con palangari, ma attualmente presenta alcune limitazioni, fra cui la frequenza di sostituzione delle batterie (ogni 65 ore). Altre ricerche sono in corso per trovare soluzioni di ricarica in mare (i dispositivi di ricarica a induzione) e sono essenziali per superare i proble-

mi e per favorire l’accettazione e l’utilizzo dei dispositivi da parte dei pescatori professionisti. Il problema del bycatch deve essere affrontato con soluzioni differenti, che agiscano in sinergia fra loro, per le diverse specie di animali marini, come sostiene la maggior parte dei biologi marini fra cui David Shiffman, ricercatore associato all’Università dell’Arizona. Solo alcuni animali marini (gli elasmobranchi) riescono a rilevare i deboli campi elettrici; per tutti gli altri sono necessari rimedi alternativi.

Una ricerca guidata dal professor Read, della Society for Conservation Biology, stima che non meno di 600mila mammiferi marini vengano catturati accidentalmente ogni anno, di cui il 98 per cento dalle reti da pesca. Esistono deterrenti acustici detti ADD (Acoustic Deterrent Device) o «pinger» che sono moderatamente economici e di comprovata utilità per mitigare le catture accessorie nella pesca commerciale con reti da traino, da circuizione, dai palangari, dal-

le reti da imbrocco, dalle nasse e nelle tonnare (Hamilton & Baker, Università della Tasmania). Tuttavia essi non agiscono per alcune specie, in particolare i pinnipedi e i piccoli cetacei, che rimangono impigliati nelle reti da imbrocco statiche. I piccoli cetacei devono risalire frequentemente in superficie per respirare e pertanto riescono talvolta (quando non sono totalmente avviluppati) a evadere da reti da pesca che consentono vie di fuga in superficie, come lembi di rete tenuti sollevati da boe e da aquiloni. Al contrario, le aperture poste sul fondo delle reti non sono efficaci.

Le catture accidentali di megafauna marina longeva hanno effetti ecologici diretti e indiretti molto rilevanti: direttamente perché ne riducono la popolazione (per alcune specie già molto scarsa e a rischio di estinzione), indirettamente perché mutano le dinamiche trofiche (delle risorse energetiche) dei sistemi oceanici. Per le specie già gravemente minacciate, come la vaquita (Phocoena sinus), gli albatros di Amsterdam (Diomedea amsterdamensis Roux), la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea Vandelli) e i dugonghi (Dugong), il bycatch r appresenta il maggiore contributo al rischio della loro estinzione (rif. Prof. Read e altri).

L’utilizzo di ami circolari ed esche alternate nella pesca con palangari si è dimostrato utile a ridurre le catture accidentali di tartarughe marine, squali e altre specie non target e per incrementarne la sopravvivenza post-rilascio. Le grandi balene e le tartarughe marine sono spesso vittime di aggrovigliamenti nelle cime delle boe galleggianti, per i quali non si è trovato un valido deterrente.

Sono allo studio sistemi di boe senza cima di ancoraggio che pro-

mettono una mitigazione del problema; così come cime che potrebbero sganciarsi in determinate condizioni di contatto con i grandi mammiferi. Le cime con ridotta resistenza alla rottura potrebbero ridurre notevolmente la mortalità delle balene e incrementarne la sopravvivenza post-rilascio, ma sono fragili, meno durature, più costose e pertanto meno utili all’industria ittica.

La consapevolezza che sono necessari approcci transdisciplinari è di grande aiuto per affrontare i problemi in modo sinergico, tuttavia per contrastare la pesca illegale e i danni irreparabili derivanti dalle attività fraudolente, la ricerca è di diversa natura.

È difficile stimare con precisione la cattura totale dalla pesca pirata. Per molti anni le quantità di pescato illegale non sono state considerate nelle stime degli stock ittici. Di conseguenza, i contingenti di cattura legali per una determinata regione marittima non sono stati determinati correttamente.

Partendo dal presupposto che si catturi meno pesce di quanto si faccia, gli esperti sopravvalutano le dimensioni degli stock e fissano quote di cattura troppo elevate per l’anno successivo, potenzialmente rafforzando e accelerando il sovrasfruttamento.

La pesca illegale esercita pertanto una pressione supplementare su una situazione già grave, condizionata dal riscaldamento globale, dall’inquinamento, dalle attività antropiche sulle coste, dalle attività turistiche e ricreative, dalla limitata capacità di adattamento a variabili ambientali che accadono troppo repentinamente.

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ampia galleria fotografica. Barca di pescatori che estraggono le reti da pesca e i gabbiani, Vestfjord, Ofotfjord e Tysfjord, Isole Lofoten in Norvegia, Oceano Atlantico; in basso a sinistra, un pesce luna, in inglese sunfish, (Mola mola Linnaeus), catturato in una rete da tonno, Carloforte, Isola di San Pietro, Sardegna, Italia, Mar Tirreno; a destra, Gabbia di mare con migliaia di orate (Sparus aurata), Isola di Ponza, Italia, Mar Tirreno, Mediterranea. (Franco Banfi)

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Prepararsi alla mobilità del futuro

Istantanee sui trasporti ◆ Dal 1. gennaio è in vigore la nuova Legge federale per promuovere i percorsi ciclabili

Secondo gli ultimi dati del Microcensimento 2015 sulla mobilità elaborato dall’Ufficio federale di statistica, in Ticino il 55,3% degli spostamenti per lavoro è inferiore ai cinque chilometri; per la formazione e per gli acquisti tale percentuale sale al 73,7% rispettivamente al 72,6%. Su questa distanza i potenziali utenti della bicicletta sarebbero molti, perché è un mezzo pratico ed economico nell’uso e si rivela pure un salutare esercizio fisico.

Con un unico presupposto imprescindibile, che gli si riservi uno spazio adeguato e attribuisca una chiara priorità.

Dal 1. gennaio 2023 è entrata in vigore la nuova Legge federale sulle vie ciclabili. Essa concretizza il mandato costituzionale approvato nel 2018 nella votazione popolare sul controprogetto all’iniziativa «Per la promozione delle vie ciclabili e dei sentieri e percorsi pedonali». La Confederazione sarà quindi più attiva pur avendo confermato le primarie competenze operative dei Cantoni. La nuova normativa enuncia alcuni principi fondamentali per lo sviluppo dei percorsi. In particolare promuove la loro continuità e le interconnessioni con i servizi di trasporto pubblico e rafforza il ruolo delle vie a carattere utilitario. Come? La Confederazione offre consulenza, ma soprattutto prescrive che i Cantoni entro il 2027 iscrivano le reti delle vie ciclabili esistenti e previste

in piani vincolanti per tutte le autorità e che entro il 2042 realizzino le relative opere.

In passato, con la crescita della motorizzazione nel secondo dopoguerra, tanti ciclisti optarono per l’automobile e sempre meno furono quelli pronti ad affrontare i rischiosi percorsi che si intrecciavano con il traffico motorizzato. L’uso della bicicletta conobbe così un progressivo declino, perdendo pure attenzione e sostegno da parte di politici e associazioni. Perfino dal profilo tecnico le esigenze del traffico ciclistico vennero relegate in poche lezioni nei percorsi di formazione di ingegneri e tecnici del traffico. Nei Piani regionali dei trasporti promossi dal Cantone ed elaborati dalle Commissioni regionali dei trasporti negli anni ’90 i progetti ciclabili ebbero uno scarso seguito. Con il progressivo manifestarsi degli effetti negativi del traffico motorizzato l’umore lentamente cambiò e piano piano si riscoprirono anche le virtù della bicicletta.

In Ticino il ritorno delle due ruote è stato più faticoso che altrove in Svizzera, la morfologia del territorio non ne facilita la causa e la diffusa motorizzazione ha contribuito a radicare altre abitudini. Sul piano cantonale i vagiti di un nuovo paradigma si concretizzarono nel 1998, quando il Gran Consiglio stanziò un credito di 3 milioni di franchi per la realizza-

zione degli itinerari ciclabili svizzeri promossi dalla Fondazione «Svizzera paese ciclabile». Si trattava dei percorsi dal San Gottardo a Chiasso, da Bellinzona ad Ascona e da Bellinzona a Lumino, per poi sconfinare verso il San Bernardino. Nel 2001 seguì il primo credito-quadro di 14 milioni di franchi per l’attuazione a tappe degli itinerari d’importanza cantonale. Rientravano in questa categoria i percorsi da Locarno a Cavergno, da Biasca al passo del Lucomagno, da Tesserete a Lugano e a Ponte Tresa e da Chiasso a Stabio.

I percorsi di importanza regionale invece non decollavano, inghiottiti da interessi e priorità locali divergenti, che ne frammentavano la continuità. Inoltre i percorsi locali nei centri trovavano scarso sostegno. Uno scossone si registrò a partire dal 2008, quando la Confederazione avviò una politica attiva a favore degli agglomerati prospettando un sostegno finanziario per le infrastrutture della mobilità. Presupposto era, e tale è rimasto negli anni a seguire, che si elaborassero programmi di investimento comprendenti misure coordinate estese a tutti i mezzi di trasporto. La mobilità ciclabile e pedonale rientrava a pieno titolo in questa ottica. In Ticino ciò ha contribuito a mobilitare diversi politici e a convertire qualche tecnico. Si entrò così anche nell’ottica di una mobilità ciclabile non solo per lo sva-

go ma pure per chi si recava quotidianamente al lavoro o a scuola. Strategie e progetti per le biciclette trovarono così maggiore accoglienza nei Programmi d’agglomerato allestiti con successo per l’intero Cantone.

Per facilitare la realizzazione delle opere, nel 2012 il Parlamento cantonale prese due importanti decisioni.

Da un lato approvò una modifica della Legge sulle strade che ha trasferito la competenza per la realizzazione dei percorsi di importanza regionale dai Comuni al Cantone e, dall’altro, diede luce verde a un corposo credito-quadro di 31 milioni di franchi per attuare una prima tappa di una strategia complessiva a favore della mo-

bilità ciclabile. In questo sforzo rientrò pure un contributo allo sviluppo dei progetti di bike sharing. La rapida diffusione della bicicletta elettrica ha in seguito rafforzato l’attenzione sul settore.

Un bilancio sommario allestito dal Cantone indica che dal 2012 al 2021 si è passati da 280 a 370 chilometri di percorsi segnalati ed entro il 2030 si prevede di arrivare a 570. Ai circa 39 milioni di franchi stanziati nel periodo 1995-2012 se ne sono aggiunti circa 130 dal 2013 al 2022. Confidiamo che la nuova Legge possa aiutare a compiere nuovi passi avanti anche in Ticino in modo che possa raggiungere il plotone dei migliori.

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Una corona di isolette dalla spiccata personalità circonda l’Irlanda, tra queste: la spettacolare Care Island; la più grande delle piccole, Achill Island, e la mitica Tory Island

Bricolage per le sere estive

Aspettate l’arrivo del buio e godetevi lo spettacolo della luminescenza che si crea dentro ai barattoli decorati in punta di pennello con la pittura acrilica

Tra cerimonie ed eventi speciali da immortalare

Fotografia ◆ Consigli utili su come vivere certi momenti insinuandoci con l’occhio della camera e con quello della mente negli innumerevoli e imprevedibili anfratti offerti dalle situazioni più diverse

Vi sarà di certo successo più volte di prendere parte a momenti particolari – quali, ad esempio, una cerimonia, un ricevimento, un’inaugurazione – non per forza da protagonista, più spesso forse soltanto come comprimari o spettatori. Specialmente in quest’ultimo caso, avrete vissuto quei momenti lasciandovi influenzare dal tipo di energia sprigionata dall’evento: partecipandovi attivamente, qualora in sintonia con quella; oppure, se annoiati, staccandovi, e subendo nel limite del sopportabile le circostanze che la vita sociale talvolta ci può imporre.

La mia proposta è di partecipare a simili momenti con lo sguardo del fotografo. Stimolando, cioè, il vostro spirito d’osservazione e di analisi. A prescindere dall’umore che vi anima – mal o bendisposto che sia alla situazione che affrontate –, insinuatevi con l’occhio della camera e con quello della mente negli innumerevoli e imprevedibili anfratti che la situazione vi offre.

Non limitiamoci a considerare come buoni solo quei punti di vista che produrranno risultati standard

Il ragionamento va fatto pensando a quegli eventi codificati, a quelle ritualità che scandiscono il nostro stare in società, poiché sono situazioni per le quali più spesso viene richiesta la presenza di un fotografo, ma anche perché – in quanto momenti speciali –sono intrisi di simbologia e significati reconditi che richiedono da parte del fotografo grande attenzione, sensibilità, reattività e capacità di anticipare gli eventi. Infine, siccome particolarmente codificati, il rischio che si corre è di concentrarsi soprattutto sugli aspetti più forti del rituale, tralasciando ingiustamente il contorno, spesso altrettanto interessante, soprattutto dal punto di vista umano. Ma in realtà, quanto segue lo potete applicare a innumerevoli altri contesti, più spontanei, come eventi di strada, situazioni di vita quotidiana, in famiglia, sul lavoro, a una festa tra amici… E perché no, potreste pure applicarlo, per gioco o puro esercizio, anche quando vi trovate sprovvisti di macchina fotografica.

Le diverse sensibilità e abilità serviranno all’inizio per comprendere quali siano i momenti salienti dell’evento che andranno registrati, specialmente se il servizio fotografico ci è stato richiesto. In tal caso, buona cosa sarebbe disporre di una scaletta che ci indichi cosa succederà, in che ordine,

con quale approssimativa tempistica. Sarà poi buona cosa esplorare lo spazio in cui ha luogo l’evento per capire quali sono gli angoli migliori di ripresa per realizzare delle buone inquadrature di questi momenti chiave. A quel punto si potrà anche scegliere le ottiche più adatte da utilizzare da quei dati punti di vista.

In situazioni come queste, l’uso di uno zoom (che vada dal grandangolo al medio tele) è più che consigliato, proprio per evitare di trovarci impreparati, senza la focale adeguata al momento giusto. Una breve riflessione: non limitiamoci per il nostro quieto vivere a considerare come buoni i punti di vista che produrranno risultati standard. Cerchiamo anche posizioni più eccentriche, dove possibile, per effettuare delle riprese dall’alto, o da dietro la scena, oppure molto di sbieco. Valutate se questi tagli aggiungeranno effettivamente del valore alla rappresentazione della scena rispetto alla ripresa da una posizione più scontata.

Naturalmente, se oltre a noi stessi non vi è altro committente, oppure ci è stata data carta bianca, possia-

mo sempre decidere di tralasciare di fotografare quei momenti considerati come importanti, o comunque di riprenderli in modo del tutto diverso da come per convenzione si sarebbe usi fare, sperimentando soluzioni formali più insolite.

Fotografando un evento, anche quando animato prevalentemente dalla presenza umana, non dimenticate di prendere in considerazione gli aspetti scenografici e architettonici dello spazio in cui si svolge. State dunque pure larghi con le inquadrature, potrete sempre tagliarle in un secondo tempo. E quando interessanti, perché no, scattate pure fotografie di dettagli dell’ambiente, con o senza persone al loro interno. Sculture, oggetti particolari, particolari giochi di luce o di colori, riflessi – e così via, fino a inoltrarvi nell’astratto – diventeranno i segni d’interpunzione nel racconto per immagini che state facendo dell’evento. Dei partecipanti, provate a fermare – à la sauvette, seguendo il pensiero di Henry Cartier-Bresson – espressioni, sguardi, gesti, modi di essere tra loro in relazione, cogliendone il momento decisivo. Concentratevi su piccoli

gruppi o singole persone. Degli sguardi assonnati, oppure assorti, un parlottarsi all’orecchio, due persone che si abbracciano, un accenno di danza, un brindisi, uno scoppio di risa, saranno altrettanti elementi che, nel mosaico finale delle nostre immagini, parteciperanno a suggerire il calore e i vari colori della situazione, a costruirne la storia.

Per questo tipo di immagini, onde evitare di dare fastidio o troppo nell’occhio, suggerirei l’uso di un tele, ma soprattutto di lavorare solo con la luce ambiente, evitando l’impiego del flash. In tale tipo di situazione non troveremo spesso condizioni di luce ottimali. Studiatele con attenzione, saranno sovente luci miste, con forti contrasti, tendenzialmente soffuse al di fuori del centro della scena. Ci dovremo ingegnare nel trovare il modo per ottenere comunque delle buone immagini: si tratta di un ottimo esercizio con cui impratichire le competenze finora acquisite, sia relative allo scatto ma anche alla fase di lavorazione dei files, dove cercheremo di appianare quei problemi che non è stato possibile risolvere sul momento.

Usate creativamente gli strumenti che la macchina fotografica vi concede. Scattate in controluce, non limitatevi al tutto a fuoco – che nella realtà del nostro guardare proprio non esiste! Aprite il diaframma e usate pure qualche volta, senza timore, i tempi lunghi, anche se questo potrà produrre delle immagini un po’ sfuocate. La realtà è sì, talvolta, statica, ma perlopiù è movimento, nel suo continuo e anche caotico divenire. Stando attenti alla composizione, che insieme alla luce è un elemento assolutamente determinante nella riuscita di un’immagine, curiosate nelle pieghe di quel che avviene, fotografando non solo il centro della scena ma anche lungo i suoi margini, nelle zone meno esposte. Muovetevi con discrezione, con leggerezza. Entrerete così, poco a poco, a tal punto a far parte dell’evento, da non esserne neanche più distinguibili agli occhi degli altri. Cosa che vi faciliterà assai il compito di cogliere quel che avviene nella sua più spontanea naturalezza. Che, in buona sostanza, in queste situazioni dovrebbe essere quanto di meglio potremmo ottenere.

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Pexels.com Stefano Spinelli Pagina 18 Pagina 16-17

Da un’isola all’altra, dalle nuvole

Reportage ◆ Un viaggio tra le terre emerse al largo delle coste dell’Irlanda, dove le tradizioni gaeliche sono tenute vive dalle leggende

Enrico Martino, foto e testo

Reinventate ogni giorno da nuvole e maree, le isole dell’isola di Smeraldo, galleggiano sull’orizzonte di un mare umorale e spumeggiante. Ultime roccaforti di un’Irlanda altrove perduta, sono impregnate di leggende e tempeste, attrazioni fatali per anime inquiete.

Rose è arrivata a Clare Island dal Texas perché voleva visitare un posto

«dove non va nessuno»; Bridges invece si è trasferita una vita fa dall’Inghilterra per amore e, da allora, arranca sulle stradine con il suo scassatissimo taxi, unico trasporto pubblico di questo fazzoletto di brughiera e di roccia, per portare ogni mattina i bambini a scuola, poi, chissà, magari per accompagnare un funerale o un parente lontano che torna.

Gráinne Ní Mháille, la piratessa di Clare

Possono essere tante le ragioni per venire a Clare ma quello che attrae tutti è il mito di Gráinne Ní Mháille (in gaelico), o Granuaile O’Malley per i suoi arci-nemici inglesi, che, a capo di un clan di pirati, alla tosatura delle pecore preferiva quella delle navi dei mercanti diretti a Galway.

Il fatto ancora più straordinario è che fosse una donna che nella seconda metà del Cinquecento osava sfidare il nascente impero inglese, arrivando a risalire il Tamigi per presentarsi senza preavviso davanti a Elisabetta I, «una sua pari» come la definiva, e ottenere – Dio solo sa come – il rilascio dei suoi figli imprigionati da un governatore inglese.

Salvo poi continuare a dedicarsi alle sue attività abituali. Da allora, però, «in nome della regina», fino al 1603 quando Granuaile morì insieme al suo mondo gaelico di coloratissimi draghi che svolazzano ancora oggi sulla sua presunta tomba tra mura intrise di umidità e salsedine di un’abbazia poco più grande di una camera.

«Se ne raccontano tante di storie, persino che dentro la tomba ci fos -

sero due asini» ride Beth Moran, una tessitrice di tweed originaria del Massachusetts. E se è successo – fa capire l’eloquente silenzio del marito seduto vicino – non è il caso di spifferarlo a uno di fuori.

«Granuaile è come San Patrizio, troppo lontana» sospira Seamus all’imbarco del piccolo traghetto, «qui la gente va in crisi se non piove per una settimana e manca l’erba per le pecore». Sono oltre duemila per centoquaranta abitanti e se potessero votare sarebbero le padrone di un’isola protetta da tre miglia marine che nei giorni di tempesta possono trasformarsi in un’invalicabile muraglia liquida. Per domarle, quelle onde rabbiose che spumeggiano all’orizzonte, avevano costruito un faro talmente alto da venire regolarmente inghiottito da spesse coltri ovattate di nuvole, e così hanno dovuto rimpiazzarlo con un altro nella vicina Achill Island, la più grande delle piccole isole irlandesi dove la sicurezza psicologica di un piccolo ponte stradale toglie inesorabilmente quella sottile ebrezza di distacco dalla terraferma, che è l’essenza segreta di ogni isola.

In compenso Achill sfodera spiagge come Keel – un miraggio di sabbia e di mare dove la bassa marea riflette le grandi scogliere di Cathedral Rock e i surfisti volano al ritmo delle onde e del vento – o stupisce con i colori di Keem Strand alla fine di una strada che precipita in un mare smeraldo dove un tempo nuotavano i grandi squali elefante, innocui giganti decimati da una pesca feroce. Un passato di esistenze aspre che riaffiora tra le rovine di un villaggio di fantasmi, il Deserted Village abbandonato durante la Grande Carestia che, tra il 1845 e il 1848, provocò più di un milione di morti, e quasi altrettanti emigrati diretti verso l’America.

Più a nord, in Donegal, chi si imbarca sul piccolo traghetto diretto verso una gobba di pietra, lunga cinque chilometri e larga poco più di uno, sa quando arriva ma non quando riparte. Basta poco a scatenare un sabba di onde e di vento lungo il braccio di mare che divide la costa da Tory, Oileán Thoraigh in gaelico, isola mito dove molti parlano ancora l’antica lingua irlandese e se vanno sulla terraferma dicono «andiamo in Irlanda».

Saper sopravvivere fa parte del Dna di chi è nato nella più remota isola irlandese ancora abitata, «Che ci piaccia o no, siamo legati a Tory fino al midollo», lo dicono e lo pensano quasi tutte le duecento anime abbarbicate al loro microscopico e personale «continente» dove la luce del faro non si spegne neanche di giorno. «È successo solo nel 1884 quando gli isolani hanno ballato intorno alla Cloch na Mallacht, la Pietra dei Desideri per scongiurare l’arrivo della Wasp – una maledetta cannoniera inglese che veniva per cacciare via chi non pagava le tasse – ma la ve-

rità la sanno tutti, anche se nessuno la dice» ammicca divertito Sean Doherty con la sua faccia da folletto irlandese che per oltre quarant’anni è stato uno degli ultimi guardiani del faro.

«Qualcuno ha spento la lampada al

Achill Island, la più grande delle piccole isole irlandesi. Costa occidentale; Sotto, Tory, piccolo villaggio occidentale, è il più importante dei 2 borghi dell’isola, dove la frequentazione non supera le 120 persone; in basso, Tory è ancora un centro della cultura gaelica; di fianco, villaggio e spiaggia di Dooniver sulla costa orientale, di Achill Island.

momento buono per farla affondare, e dopo la morte di cinquantadue marinai nessun esattore si è più fatto vedere da queste parti. Allora la vita dipendeva totalmente dal tempo e dal mare, quando sono arrivato c’era solo un pic-

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 16

alle maree

ancor prima che dalle genti

colo generatore, niente elettricità, e un altoparlante che chiamava tutti a raccolta se c’erano novità o per ballare, l’unica cosa che non mancava mai era la Guinness. Se una tempesta durava troppo tempo e restavano solo un pane e una bottiglia di latte, qualche piccolo battello si avventurava verso terra in cerca di cibo, però nel 1974, quando il Governo, dopo una tempesta che isolò Tory per otto settimane, propose agli abitanti di spostarsi sulla terraferma, oltre un centinaio rifiutò».

Keel: un miraggio di sabbia e di mare dove la bassa marea riflette le grandi scogliere di Cathedral Rock e i surfisti volano nel vento

Sono rimasti con una durezza più tosta del granito grazie a un prete testardo, padre Diarmuid O’Peicin che guidò una sua personale battaglia contro il «Governo genocida», e a un gruppo di pittori naif che contribuirono con la loro fama alla sopravvivenza dell’isola. Ogni sera in un silenzio spezzato solo dal rombo del mare ormai nero e dallo stridio degli uccelli marini, le luci del villaggio sembrano un porto fantasma, ma dietro le finestre dell’unico pub qualche scatenata fisarmonica accompagna gli

immancabili brindisi in onore di Patsy Dan Rogers morto qualche anno fa, l’ultimo rispettato «Re di Tory», erede degli antichi capiclan gaelici che risolvevano micragnose dispute su pascoli e miserevoli eredità, «perché qui la monarchia è una cosa seria, mica come la fottuta monarchia inglese» precisa chi è un po’ su di giri.

Forse anche per esorcizzare isolamento e mancanza di lavoro, molti giovani se ne vanno e la grande paura è che alla fine rimangano solo il fantasma del ciclope Balor, che con un solo occhio annientava un esercito, e la croce a forma di Tau piantata da San Columba, sbarcato a Tory con la solita compulsiva ossessione di convertire i pagani.

Solo allora, quando se ne saranno andati tutti, ma proprio tutti, usciranno dai loro nascondigli le ultime sirene che secondo la tradizione si possono catturare quando escono dal mare per pettinarsi nelle notti illuminate dalla luce del faro che scivola sul bog, la distesa di torba cupa come le nuvole gonfie di pioggia, dove un tempo nessuno si faceva sorprendere al calare della notte perché un incanto ti confondeva la mente.

Informazioni Su www.azione.ch si trova una più ampia galleria fotografica.

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Giochi di luce in barattolo

Crea con noi ◆ Per ammirare le vostre creazioni fluorescenti basterà attendere l’arrivo del buio

Materiale

Ora create con i pulisci pipa gli stessi elementi ma che risultino un po’ più piccoli rispetto a quelli in legno.

Dapprima tagliate i pulisci pipa in pezzetti, quindi unitene 4 semplicemente avvolgendoli al centro tra di loro.

• Pittura acrilica fluorescente rosa e gialla

• Barattoli in vetro vuoti con coperchio

• Bastoncini per le orecchie e pennelli

• Bastoncini di legno piccoli

• Pulisci pipa bianchi

Il tutorial di questa settimana è un invito a sperimentare con i vostri bambini la magia della luce ultravioletta.

Vi basteranno dei colori fluorescenti dell’assortimento Migros e Do-it & Garden e dei barattoli di vetro vuoti per ottenere dei vasetti che irradiati con la luce UV creeranno un meraviglioso effetto visivo. Un’attività speciale e un po’ magica per giocare al buio che stupirà grandi e piccini.

Procedimento

Con la pittura acrilica, dipingete a piccoli pois l’interno del barattolo.

Potete farlo utilizzando invece del pennello un bastoncino per le orecchie. Non diluite la pittura perché potrebbe colare sul vetro e lasciate asciugare bene.

Se i bambini sono molto piccoli, invece che applicare la pittura all’interno, decorare la parte esterna in modo che sia più semplice per loro accedere alla superficie.

Realizzate, unendo con un po’ di colla a caldo (o in alternativa colla vinilica) i 4 bastoncini di legno delle stelle o dei fiocchi.

Dipingeteli da entrambi i lati con i colori fluorescenti utilizzando un pennello piatto.

Giochi e passatempi

Cruciverba

Ci hanno sempre insegnato che Cristoforo Colombo raggiunse l’America con tre caravelle ma in realtà…

Trova il resto della frase risolvendo il cruciverba e leggendo le lettere evidenziate.

(Frase: 2, 5, 5, 3, 3, 7)

ORIZZONTALI

1. Emette una luce intensissima

5. Una moglie di Garibaldi

10. Lo dice il prete

11. Noto monte biblico

12. Affollano i reclusori

13. Possedere

14. Viene senza vocali

15. Cani da guardia

16. Pronome personale

17. Facilitare, agevolare

18. Un fallo del tennista

19. Le iniziali del cantante Antonacci

20. Vicini al cuore

Foderate con del cartoncino nero il coperchio, praticate 2/3 fori con un ago grosso, quindi fateci passare attraverso del filo di nylon. Nella parte superiore del filo infilate una perlina prima di annodare saldamente, nella parte inferiore, a differenti altezze legate i vari elementi. Se quelli in legno risultando più pesanti non restano diritti, potrete fissarli nella posizione voluta con un punto di colla sul bastoncino. Ora non vi resta che avvitare i vostri coperchi e portare i vostri barattoli in un angolo buio o attendere che arrivi la notte.

Accendete la vostra luce UV e lascia-

• Filo di nylon, forbice e qualche perlina

• Cartoncino nero

• Colla a caldo

• L ampadina UV

(I materiali li potete trovare presso la vostra filiale Migros con reparto Bricolage o Migros do-it)

tevi sorprendere dall’effetto brillante che avete ottenuto. Buon divertimento!

Tutorial completo azione.ch/tempo-libero/passatempi

Vinci una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba e una carta regalo da 50 franchi con il sudoku

21. Tane

22. Avariato

25. Può essere pungente

26. Come finisce comincia...

VERTICALI

1. Il cacchione lo è dell’ape

2. Gai, festosi

3. Prima del sette

4. La pena... nel cuore

5. Anfiteatri

6. Sotto il naso di tutti

7. Sono causa di sfuriate

8. Un pizzico di tabacco

9. Sono sportivi

11. Tirchia

13. Stato sud-orientale degli Stati

Uniti

15. Le iniziali della Tatangelo

16. Rendono degni di stima

18. Non stanno né in cielo né in

terra

20. Abbreviazione di sostanza

stupefacente

21. Croce Rossa Italiana

23. Le iniziali dell’attrice Rohrwacher

24. Nella poesia e nel romanzo

Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch

Soluzione della settimana precedente

TRA AMICI – «Sandro, ho comprato una macchina che può portare sei persone senza problemi!» risposta risultante dell’amico:

DOVE LE TROVI SEI PERSONE SENZA

I premi, tre carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco. Partecipazione online: inserire la soluzione del cruciverba o del sudoku nell ’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la soluzione, corredata da nome, cognome, indirizzo del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 1055, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino TEMPO LIBERO 18
P ER D ONO V E L E R TO R O V I SIR ER NM L I P AR T E R ALI SE O E I N ES AVORIO E SORDI ESCA N ARARAT ERG E Z CRI A P AL RADI O B LOG I ER MO OPERA IO 5249 763 81 7985 134 62 1362 485 97 2 6 3 1 8 7 9 4 5 4713 956 28 9854 621 73 6 1 2 8 5 4 7 3 9 3576 298 14 8497 312 56
«E
PROBLEMI?»
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Viaggiatori d’Occidente

Quando i sogni fanno naufragio

Sappiamo come finirà. In poco tempo ci dimenticheremo di quel piccolo sommergibile bianco imploso negli abissi intorno alla tomba del leggendario Titanic. Del resto l’intensità delle impressioni, così come il loro rapido oblio, sono due aspetti complementari di questo nostro tempo. Quantomeno, svanita l’emozione, forse distingueremo meglio i contorni della vicenda.

Per cominciare non è successo nulla di così strano. Anche nelle imprese meglio organizzate – e questa forse non lo era – l’imprevisto è sempre in agguato. Pensate per esempio all’ultimo Concorde F-BTSC/203. Il 25 luglio 2000 esplose nel cielo di Parigi dopo una concatenazione di eventi improbabili, avviata da una striscia di titanio larga tre centimetri appena, perduta sulla pista da un altro volo pochi minuti prima. Un caso isolato? No, davvero. L’esplosione dello

Space Shuttle Challenger, la mattina del 28 gennaio 1986, fu dovuta al cedimento di una banale guarnizione di un razzo.

Se passiamo dal cielo al mare, soltanto poche settimane dopo, il 12 agosto 2000, il K-141 Kursk, un sottomarino russo a propulsione nucleare della Flotta del Nord, affondò nel Mare di Barents durante un’esercitazione navale, a causa dell’esplosione di un siluro difettoso. La maggior parte dei 118 marinai morì immediatamente, solo 23 si rifugiarono in un locale di poppa. I tentativi di salvarli furono però inutili, nonostante il relitto fosse adagiato ad appena 108 metri di profondità e a soli 135 km dalla base navale più vicina. Ci volle un anno per recuperare il relitto.

Questi numeri da soli quasi irridono l’ottimismo di chi ha sperato di soccorrere in tempo un sottomarino ta-

Passeggiate svizzere

scabile a 3810 metri di profondità e a 780 km da Terranova. La vicenda del Titan di OceanGate segnerà una temporanea battuta d’arresto di queste imprese, ma credo che poi tutto riprenderà come prima, dopo l’introduzione di nuove regole di sicurezza. Del resto il turismo degli abissi, insieme al turismo spaziale, è la nuova frontiera dei viaggi e ha colonizzato il nostro immaginario. È curioso tuttavia come entrambi nascano dall’idea di un mondo finito, dove tutto sarebbe già visto (ad eccezione appunto di questi spazi estremi). Naturalmente non è così. Anche in questa estate dove si combinano il nuovo turismo di massa (Overtourism) e il ritorno su larga scala ai viaggi dopo la pandemia (Revenge Tourism), milioni di turisti affollano poche centinaia di destinazioni, sempre le stesse. Il resto del mondo è aperto, oggi come un

Il tempietto dell’amore di Aubonne

Dalla stazione di Rolle m’incammino, di buon passo, verso i vigneti di Chasselas a denominazione Féchy. Attraverso questi vigneti pettinati, in mezzo ai quali spuntano alcuni pavillon da vigna più spontanei, arrivo a Bougy-Villars. Finito dentro una spirale di studio ossessivo attorno alle folies architettoniche da giardino, a salvarmi è saltato fuori, l’altro giorno, uno strambo tempietto costruito da queste parti, nel 1826, per Benjamin Delessert (17731847). Banchiere fondatore delle casse di risparmio francesi, filantropo, industriale, naturalista il cui erbario – donato al giardino botanico di Ginevra per via della sua amicizia con Augustin-Pyramus de Candolle –era ai tempi forse il più ricco al mondo e non da meno la sua collezione di conchiglie. Il suo nome, spesso associato al metodo di estrazione dello zucchero dalle barbabietole, riaf-

fiora in una lumaca di mare scoperta in Madagascar (Lyria delessertiana) e abbraccia perfino tutta una famiglia di alghe rosse marine: le Delesseriacee. Da Bougy-Villars, una via ripida sale fino alle ultime case dopo le quali, in un prato, appare l’azzurro sottile della cicoria selvatica (Cichorium intybus). Entro nel bosco, il sentiero s’impenna. E così, dopo un’oretta abbondante da Rolle, sbuco su in cima al Signal de Bougy dove in un attimo trovo il tempietto dell’amore (707 m). Chiamato così perché ispirato un po’ dal Temple de l’Amour nel giardino all’inglese del Petit-Trianon a Versailles. Va da sé, tra quel capriccio architettonico del 1778 – tutto in marmo bianco, scultura di Eros (Dio dell’amore) al centro, interno cupola scolpito con centoventi rosoni eccetera – per la regina Maria Antonietta e questo tempietto monoptero quasi folclorico, ce ne corre. Dodici

Sport in Azione

tempo, alla scoperta e all’esplorazione, ma nella maggior parte dei casi mancano curiosità, spirito di adattamento, capacità di andare oltre la realtà filtrata dei luoghi più popolari su Instagram. Per restare al campo dei sottomarini, da qualche anno sommergibili leggeri a due posti (oltre al pilota), con cupole trasparenti, esplorano luoghi di struggente bellezza come la Grande barriera corallina australiana, estesa per 2300 km (un’area grande quanto il Giappone) al largo della costa nord-orientale dell’Australia.

Questi sommergibili possono spingersi sino a 150 metri di profondità, in forme sostenibili e sicure; la nuova generazione di macchine già in cantiere arriverà invece fino a 300 metri, addentrandosi nella zona crepuscolare dell’oceano, dove la luce del giorno fatica a farsi strada. Ma già a 15 metri di profondità soltanto si è circondati

da coralli ondeggianti nella corrente marina, migliaia di pesci dai colori vivaci, tartarughe.

E in un pianeta coperto dall’acqua per il 70 per cento, le occasioni non mancano, dalle Hawaii alle Mauritius. I costi sono già decisamente abbordabili, anche solo 1500 dollari a coppia per un’immersione di un’ora. In diverse parti del mondo, sotto la superficie dell’acqua aprono hotel (Ithaa alle Maldive), ristoranti (Under in Norvegia), musei d’arte (Cancun Underwater). Tutti questi progetti educano il pubblico alla tutela degli oceani, minacciati dal riscaldamento globale, dalla pesca eccessiva e dall’inquinamento.

Elencando questi luoghi ho pensato, con sollievo, che per fortuna le inquietudini esistenziali degli abissi estremi e dei tragici relitti non attirano chi coltiva semplicemente un’onesta curiosità e una sana meraviglia.

colonne doriche di un bianco sporcato, tetto in zinco con pennacolo sferico e banderuola, scritta gotica rosso ketchup sull’architrave: Dieu que tes Oeuvres sont belles. Iscrizione credo posteriore a Delessert, riferita forse al panorama. Il pavimento è in sampietrini. C’è una panchina rusticale in legno laccato, sulla quale, un bel pomeriggio di tempo incerto e mutevole a inizio estate all’ora di merenda, mi abbandono. Tracce del tempietto di Delessert, la cui famiglia è originaria del Vaud e qui nei dintorni aveva acquistato un maniero poi regalato al fratello, le ho trovate in una nota in fondo a un articolo uscito nel 1985 sulla «Zeitschrift für Schweizerische Archäologie und Kunstgeschichte» nel numero dedicato al panorama. «Aussichtspavillon» viene definito lì, vale a dire un belvedere. Del resto, da qui, la vista sul Lemano con tanto di Monte Bianco e così via,

non scherza mica. Una scritta interna, sempre sull’architrave, conferma la data, 1826, e il nome di Benjamin Delessert. La cui mamma, tra l’altro, era la destinataria delle Lettres élémentaires sur la botanique (1789) di Rousseau. Mentre il suo giardino parigino a Passy è stato uno dei primi, nel 1824, a ornarsi di uno chalet bernese d’ispirazione roussoiana, innescandone così, la moda. Questo tempietto-gazebo, dove adesso, per merenda, divoro un’anguria, lo si rintraccia, più delicato, in un acquarello del 1844 di Jakob Samuel Weibel. I due restauri, soggetto di una terza iscrizione, del 1935 e del 1973, devono essergli stati fatali. Già un miracolo però, per come va il mondo, che sia sopravvissuto. Fortissimo l’odore del tiglio ai margini del boschetto che è forse la parte più lieta del belvedere, diventato, di colpo, riparo per la pioggia che ora viene giù

Moderni gladiatori o uomini bisognosi di protezione?

«I ciclisti sono eroi moderni. Quando muore un corridore, è come se morisse un soldato. Rendiamo loro i massimi onori. Sempre e ovunque».

È una delle innumerevoli frasi catturate in rete dopo la morte del giovane professionista sangallese Gino Mäder, caduto in un burrone durante una tappa del recente Giro della Svizzera. Il rispetto è doveroso. Va al di là della scontata e beffarda retorica guerresca. Poche settimane prima, al Giro d’Italia, il gruppo aveva rivendicato il taglio di una tappa poiché le condizioni meteo avrebbero potenzialmente messo a repentaglio la loro salute, a causa della pioggia gelida, e la loro incolumità, per le discese rese insidiose dal mix di sabbia, acqua e ghiaietta. Apriti cielo, si era scatenato il finimondo. «Nessuno vi ha imposto di correre in bicicletta. Siete delle mammolette. Una volta sì che i corridori erano veri uomini. Vergognatevi».

È una selezione che non rappresenta neppure l’uno per mille della bile vomitata sui corridori professionisti dai cosiddetti pedalatori della domenica. Non mi stupisco quindi se nell’ambiente questi ultimi vengono definiti ciclo-suonati invece che ciclo-amatori. L’amore è fatto di ben altro. Statisticamente il ciclismo non è in testa alla classifica degli sport più rischiosi. Lo è potenzialmente. Cadere è all’ordine del giorno, e quando si impatta sul duro e ruvido asfalto, si fa in fretta a lasciare questo mondo. Avviene raramente. Non per fortuna, ma perché i ciclisti sono degli autentici funamboli. A volte ricordano i personaggi dei videogame o dei cartoni animati, che non si fanno mai male. Volano a terra a 90 all’ora, si rialzano, si guardano attorno, cercano la bici per poter ripartire. Come Willy il Coyote, che dopo un volo libero di cento metri si spiaccica al suolo fino a diventare

bidimensionale, si risolleva, riacquista la terza dimensione e riprende la caccia a Beep Beep. La morte di Gino Mäder, come quella dell’italiano Fabio Casartelli al Tour de France del 1995 o quella del belga Wouter Weylandt al Giro d’Italia del 2011, sono archiviate sotto la voce «tragica fatalità». È un fenomeno insito nel ciclismo. Inevitabile. Si potrebbero intensificare le misure di protezione. Come? Facendo correre gli atleti con delle tute da motociclista con tanto di airbag dorsale? Stravolgendo il concetto stesso di corsa ciclistica, abolendo quindi le discese e le volate? Non necessariamente si salverebbero delle vite.

Si può cadere e morire anche in pianura, pedalando a 30 all’ora. In compenso morirebbe il ciclismo, spogliato dell’epos e del pathos che da sempre lo rende mitico agli occhi di chi lo segue. Non si dovrebbe morire di sport. Mai,

per nessuna ragione. Ma il rischio-zero non esiste. Per limitare il pur esiguo numero di episodi tragici, basterebbe assecondare i corridori quando si coalizzano, come è capitato al Giro d’Italia. Quel giorno le previsioni meteo topparono in pieno e la corsa rosa espatriò per giungere a Crans-Montana in condizioni più che accettabili. Nel dubbio, meglio un giorno di spettacolo in meno e un tasso di rischio più basso. Senza insulti e senza offese. Tanto loro lo sanno che, per vocazione e per contratto, sono chiamati a dare spettacolo. E per farlo si allenano quotidianamente. Con costanza, metodo, spirito di abnegazione. In condizioni molto più rischiose rispetto a quelle che trovano in corsa. Non sempre si possono rifugiare in altura, a fare il pieno di globuli rossi, su strade in cui passano due auto all’ora. Il più delle volte, chi si allena è confrontato con la frenesia e la follia del traffico.

che Dio la manda. Una quarta scritta ricorda che è proprieté de la ville de Aubonne. Paesino non lontano di tremila anime circa dove nel suo castello viveva l’avventuriero Tavernier, noto per alcuni leggendari diamanti di Golconda. Stranianti, per la côte lemanica, i pini ultracentenari piantati all’epoca da Delessert. Alpinizzano un po’ quest’angolo di mondo dove si vedono diversi dinosauri deleteri del parco-avventura. Ritorno al tiglio in fiore, incorniciato dalle due colonne del tempietto-belvedere neoclassico-folk: rifugio di fortuna perfetto per temporali estivi. Mezzora dopo, tra le colonne, l’arcobaleno. Ma adesso, muovendomi verso il lago e guardando giù il paesaggio, l’incanto maggiore è al limitare dei campi di grano: un po’ come in certi quadri di Vallotton, avviene il risaltare netto e misterioso del verde quercia o cos’altro.

Lo ripeto, sembrano acrobati usciti da un’accademia circense, ma contro un camion, un furgone, un’auto pilotati da un irresponsabile che smanetta sul cellulare, c’è poco da fare. I grandi nomi, come Michele Scarponi e Davide Rebellin, rientrano nelle statistiche. Tutti gli altri finiscono nel grande calderone degli incidenti della circolazione. Se lo sci alpino è a rischio per mancanza di neve, il ciclismo sarà chiamato a pagare un conto salato al traffico. O il numero dei veicoli in circolazione cesserà di crescere, oppure si correrà il pericolo di vedere presto delle sfide online, con i corridori sistemati sui rulli, come durante il lockdown. E il pubblico? Beatamente sdraiato sul divano, con birra e patatine, a tifare senza la gioia di poterle condividere. Senza la possibilità di tornarsene a casa con un selfie accanto a Pogacar, o con il cappellino di Van der Poel.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 19 TEMPO LIBERO / RUBRICHE ◆ ●
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ATTUALITÀ

Quel sogno irrealizzato

L’Ucraina Verde, lo Stato secessionista fondato dai migranti ucraini in Siberia fu riconquistato dai bolscevichi nel 1922

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Intelligenza artificiale in chiaroscuro

Il premier britannico Rishi Sunak intende fare del suo Paese un centro per la regolamentazione del settore su scala mondiale

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Tra tassi di interesse e inflazione

Uno sguardo alle misure prese dalle varie banche centrali europee per contrastare i rincari o favorire la ripresa economica

Pagina 27

La fragilità dello zar e del suo impero

Russia ◆ L’ex protetto di Vladimir Putin, Evgeny Prigozhin, ha di fatto aperto i giochi per la successione del capo del Cremlino

La stabilità e la verticalità: le due colonne portanti del regime politico che Vladimir Putin ha impiegato quasi 25 anni a costruire sono stati fatti saltare entrambi nella notte del 23 giugno scorso, quando Evgeny Prigozhin, il comandante dell’armata di mercenari Wagner, ha lanciato un ammutinamento, una rivolta armata, un golpe, una marcia su Mosca che si è fermata soltanto a 200 chilometri dal Cremlino. Per tutto il giorno di sabato 24 giugno il mondo ha assistito sconcertato a un capitano di ventura che alla guida di un mini-esercito di mercenari e galeotti ha abbandonato il fronte ucraino, è tornato in territorio russo, ha occupato senza incontrare la minima resistenza il centro di Rostov sul Don, la maggiore città del sud russo, e ha iniziato la sua marcia verso la capitale. Nelle ore successive la colonna di Wagner ha attraversato senza problemi altre due regioni russe, è uscita indenne da un raid aereo dell’esercito regolare, ha abbattuto dalle sue batterie della contraerea sei elicotteri, un caccia e un aereo da trasporto, in un episodio breve ma feroce di una micro guerra civile nel cuore della Russia, e poi ha fatto marcia indietro. «Per non spargere altro sangue russo», ha spiegato Prigozhin. Putin, che dopo diverse ore di assenza è apparso alla televisione russa promettendo di punire i «traditori», verso sera ha concesso il perdono agli ammutinati, piegandosi per la prima volta nella sua carriera a una trattativa, nella quale per giunta è stato costretto a cedere.

Suona come una sceneggiatura di un film di fantapolitica, ma è stato invece un (sur)reale terremoto, il cui sismogramma deve essere ancora decifrato e le scosse di assestamento si faranno sentire a lungo. Per la prima volta in quasi un quarto di secolo la gerarchia russa si è ribaltata, e Putin – nonostante almeno formalmente non sia stato contestato nella «marcia della giustizia» dei Wagner – si è trovato surclassato nella sua posizione di unico «uomo forte» della Russia. Prigozhin – che nelle ultime settimane era già emerso non solo come il critico più violento del ministro della Difesa Sergey Shoigu e dei risultati della guerra che conduce, ma come la voce di denuncia più esplicita che si fosse levata in Russia dopo l’arresto di Alexey Navalny – si è ritirato da Rostov con quasi mezzo milione di russi che avevano lasciato dei pollici versi e dei faccini da clown sotto il suo post su Telegram che annunciava la fine del golpe. L’avanzata dei Wagner per mezza Russia era stata accompagnata dal silenzio assordante delle autorità, degli esponenti del Governo e dei propagandisti solitamente molto aggressivi del regime putiniano, e anche da-

gli applausi di parte dell’opposizione in esilio che, nonostante le sue aspirazioni di democrazia, ha sperato di trovare un improvviso alleato in un capo dei mercenari ultranazionalista, diventato famoso perché terrorizzava i dissidenti e girava video in cui ammazzava i «traditori» del suo esercito a martellate in testa.

Il problema di Putin è che il suo «cuoco» è probabilmente a conoscenza di troppi segreti per essere eliminato

Non si è trattato soltanto della sortita fortunata di un signore della guerra. Prigozhin ha messo in luce la crisi profonda in cui versava il regime putiniano e ora entrambi, il presidente e il suo «cuoco», si dedicheranno a valutare i propri nuovi potenziali. Il primo a racimolare quel che resta del suo consenso e il secondo a misurare e organizzare la sua base improvvisamente aumentata. Probabilmente il capo del Cremlino procederà a stilare l’elenco di oligarchi e ministri che nelle ore della marcia su Mosca hanno preso aerei privati verso destinazioni estere, in primo luogo la Turchia. Probabilmente procederà a

purghe dei reparti militari che si sono rifiutati di scendere contro i Wagner, o che addirittura sarebbero passati dalla loro parte, facendo proprie le accuse di mortale inefficienza contro i generali russi lanciate da Prigozhin. Probabilmente si apriranno regolamenti dei conti nei servizi segreti, che non sono stati in grado, a quanto pare, di avvertire il pericolo. Probabilmente la paranoia dello zar troverà ora un nuovo obiettivo: la Guardia nazionale, creata dai reparti di polizia per disperdere le proteste in piazza dei liberali, considerate per anni da Putin la vera minaccia al suo regime, ora verrà dotata di carri armati e altri mezzi pesanti, nel tentativo di controbilanciare quell’esercito che Shoigu ha mostrato di non poter controllare (e che è stato ulteriormente umiliato dal perdono concesso ai Wagner nonostante la morte di almeno 12 militari nei velivoli abbattuti).

Qualunque giro di vite non riuscirà però a far dimenticare, ai russi e al resto del mondo, lo spettacolo del drammatico vuoto di potere creatosi al posto di quella che sembrava una dittatura solida. Le frettolose, brevi e confuse apparizioni di Putin nei giorni successivi alla rivolta, con il presidente che insisteva che il golpe «sarebbe stato represso comunque»,

hanno solo aumentato l’impressione di fragilità offerta da un leader che al primo segno di pericolo si era rifugiato nel bunker della sua dacia vicino a Pietroburgo, e ha dovuto farsi aiutare nel negoziato da Aleksandr Lukashenko, il dittatore bielorusso che sembrava ormai avviato a venire commissariato definitivamente dalla Russia. Qualche propagandista russo ha già tentato di accusare del golpe l’Occidente, sostenendo che Prigozhin avesse agito per conto dei soliti nemici britannici o americani. Tesi che non spiega come mai Prigozhin sia rimasto in libertà, con garanzie pubbliche di incolumità fornite da Putin e un patto che lo vede «esiliato» in Bielorussia insieme ai suoi uomini.

Il problema di Putin è che il suo «cuoco» – artefice di numerose operazioni per conto del Cremlino: dagli interventi in Africa per sostenere dei dittatori (e cercare i diamanti), alle guerre in Siria e nel Donbass, alla diffusione dei troll russi nella Rete americana alla vigilia delle elezioni di Donald Trump, nel Russiagate del 2016 – è probabilmente a conoscenza di troppi segreti per essere eliminato. Prigozhin è il frutto del sistema della gestione di potere putiniano: la privatizzazione dello Stato in una commistione di interessi economi-

ci e politici che ha appaltato a diversi clan di amici del presidente settori interi dell’economia, della società e perfino della sicurezza della Federazione Russa.

È stato Putin a rendere il capo della Wagner ricco, potente e intoccabile, con la Duma che ha perfino approvato, su sua richiesta, una legge che proibisce di «screditare» lui e i suoi mercenari. È stato Putin a permettere a Prigozhin, pur di sconfiggere gli ucraini, di reclutare nelle carceri russe 40 mila detenuti, con il presidente che firmava – in violazione di qualunque legge – decreti di grazia a rapinatori, assassini e banditi sopravvissuti alla carneficina di Bakhmut. È stato Putin a finanziare i Wagner: nel suo risentimento, ha reso pubblico lui stesso le somme astronomiche, due miliardi di euro in un anno tra armi e salari, con un altro miliardo guadagnato nel frattempo dalle società di Prigozhin negli appalti per le mense del ministero della Difesa. Infine è stato Putin a considerarsi abbastanza forte da governare i vari clan di fedelissimi, scagliandoli uno contro l’altro in faide che li indebolivano. Ora che il debole è lui, in una guerra contro tutto il mondo che non riesce a vincere, è proprio un suo cortigiano ad aprire i giochi per il trono, e fermarli sarà molto difficile.

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 21
Prigozhin in posa per un selfie in una strada di Rostov sul Don, Russia, il 24 giugno scorso. (Keystone) Anna Zafesova

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L’utopia dell’Ucraina Verde

Storia ◆ Lo Stato fondato dai migranti in Siberia fu invaso dai bolscevichi

La guerra attualmente in corso fra Ucraina e Russia ha un lontano precedente, sia pure su una scala molto più ridotta rispetto al sanguinosissimo conflitto che occupa le cronache dei nostri giorni. Per rivisitarlo occorre spostare lo sguardo dall’altra parte del globo, distogliendolo dal Mar Nero e focalizzandolo sull’Oceano Pacifico. Quel confronto si realizzò infatti in un contesto geografico del tutto diverso, in una frazione della gigantesca Siberia al suo estremo limite orientale.

La chiamavano Ucraina Verde, si trovava su quei territori solcati dal fiume Amur e bagnati dall’Oceano Pacifico che erano stati area di occupazione giapponese e i cinesi chiamavano e chiamano Manciuria esterna.

La storia camminava lungo una strada grondante sangue, per esempio sarà particolarmente dura la vita nell’Ucraina sovietica

La popolazione comprendeva diverse centinaia di migliaia di ucraini e cosacchi, discendenti degli emigranti affluiti in Siberia fin dall’Ottocento, quando il Governo zarista desideroso di sbarazzarsene incoraggiava il trasferimento offrendo il trasporto a chi volesse rifarsi una vita laggiù. Fu così che un giorno di maggio del 1920, mentre l’ex impero era squassato dagli ultimi

sussulti della guerra civile seguita alla rivoluzione d’ottobre del 1917, l’Ucraina Verde divenne una Repubblica indipendente con capitale Nikolaevsk, una piccola città sull’Amur poco a monte del grande estuario nel mare di Ochotsk. La nuova creatura politica confinava a sud con i territori che attualmente appartengono alla Repubblica popolare cinese e alla Corea del Nord.

Era uno Stato dichiaratamente secessionista, non a caso si opponeva decisamente alla Repubblica bolscevica dell’Estremo Oriente, e immediatamente fu qualificato come controrivoluzionario dai nuovi detentori del potere a San Pietroburgo. Nessun compromesso fu considerato praticabile, il neonato regime comunista doveva garantire la continuità dell’immenso Paese che dall’Europa arrivava al Pacifico. Una continuità e una dimensione perfettamente rappresentate dalla ferrovia transiberiana che con il suo percorso di oltre novemila chilometri aveva stupito i visitatori dell’Expo parigina dove fu presentata nel 1900. Inoltre, il trionfo proletario imponeva che quel pezzo di «Russia bianca» andasse eliminato. Fatto sta che nell’ottobre del 1922, cinque anni dopo la grande rivoluzione, le truppe bolsceviche ebbero la meglio e l’Ucraina Verde tornò a essere nient’altro che un sogno irrealizzato.

Fu lo stesso destino toccato negli

anni della rivoluzione alla Repubblica popolare ucraina con capitale Kiev, che per qualche tempo si contrappose all’Ucraina sovietica con capitale Kharkov. O infine alla Repubblica nazionale dell’Ucraina occidentale, provvisoriamente fondata sui territori che erano appartenuti all’impero austro-ungarico e che presto saranno spartiti fra gli Stati confinanti. La storia in quegli anni camminava in fretta lungo una strada grondante sangue, per esempio sarà particolarmente dura la vita nell’Ucraina sovietica. Sarà dura in particolare all’inizio degli anni Trenta, quando la collettivizzazione delle produzioni agricole imposta dal regime staliniano produsse la tragedia passata alla storia con il nome di Holodomor : una carestia che uccise quattro milioni di persone nella sola Ucraina.

A parte il caso dello Stato fondato dai migranti all’estremità sudorientale della Siberia, sono la storia e la geografia a spiegare la volatilità dei confini ucraini. Infatti, l’identità di questi popoli si disperde fra una quantità di etnie e gruppi linguistici. Non soltanto ucraini e russi ma anche cosacchi, ruteni, lituani, polacchi, ebrei. Per un lungo periodo quella che oggi chiamiamo Ucraina fu uno Stato cosacco governato dagli Etmani, i capi tradizionali. Fu Caterina la Grande a eliminare la superstite autonomia del cosiddetto Etmanato. Da allora cominciarono i guai: il regime zarista

REFRESH AND RESET

temeva che la cultura ucraina potesse insidiare la compattezza dell’impero, e dunque si accanì contro la lingua vietando le pubblicazioni in ucraino. Al tempo stesso favorì l’esodo di tutti coloro che fossero disposti ad andarsene. All’inizio dell’era rivoluzionaria il malumore tendenzialmente secessionista degli ucraini fu in qualche misura temperato dalla larga autonomia attribuita alle Repubbliche sovietiche. Ma lo spirito federalista di Lenin fu contraddetto da Stalin, portatore di una visione egemonica dettata da una nuova formula: «Il socialismo in un solo Paese». La diffusione rivoluzionaria del verbo comunista propugnata da Lenin aveva ceduto il passo alla necessità di costruire un’entità statale forte e compatta, capace di garantire con la sua solidità ogni possibile proiezione ideologica oltre le frontiere. Inoltre l’ortodossia collettivista e il furore ideologico con cui fu realizzata degenerarono presto in sanguino-

se repressioni, di cui la grande carestia ucraina non fu che un esempio. Era il tempo delle purghe, come furono battezzate ai tempi di Stalin. Anche l’esperienza siberiana dell ’Ucraina Verde fu prevalentemente un fenomeno di contrapposizione ideologica. Da una parte i rigidi assertori della verità bolscevica che non ammetteva compromessi nella sua «marcia verso il futuro», dall’altra i discendenti dei migranti di cui si era premurosamente liberata la Russia zarista, portatori di istanze del tutto diverse e soprattutto desiderosi di vivere la loro avventura liberi dai condizionamenti di lontani e ostili centri di potere. Ma c’era di mezzo la compattezza territoriale del nuovo immenso Stato uscito dalla rivoluzione. I paralizzanti rapporti di forza fecero il resto, e dunque le aspirazioni dell’Ucraina Verde rimasero una delle tante gestazioni abortite di cui è disseminata la storia.

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Intelligenza artificiale, tra rischi e opportunità

Regno Unito ◆ Il premier Rishi Sunak intende fare del suo Paese un centro per la regolamentazione del settore su scala mondiale

L’impossibile è diventato possibile: dopo oltre 50 anni dal loro scioglimento e la scomparsa di metà dei componenti, i Beatles pubblicheranno una nuova canzone. L’ultima. A coronamento di un’ineguagliabile carriera. Lo ha annunciato Paul McCartney, rivelando di avere realizzato il brano grazie all’intelligenza artificiale (IA), che gli ha consentito di «liberare» la voce di John Lennon da un vecchio demo, riportando così in vita la band più famosa mai esistita. L’ex Fab Four ha rivelato che «il disco finale» del gruppo uscirà quest’anno, ma senza rivelarne il titolo, anche se secondo indiscrezioni della stampa britannica dovrebbe trattarsi di Now And Then, un pezzo scritto da Lennon nel 1978, quando si era ritirato a vita privata a New York con la moglie Yoko Ono e il loro figlio Sean, senza neanche un contratto discografico.

Sarebbe stata proprio Ono ad inviare a Sir Paul il demo del defunto marito, dal quale è stata estratta con l’IA la voce dell’ex Beatle, separandola dal sottofondo musicale e dal brusio dell’obsoleto nastro. Per mettere a punto l’impresa è bastato dire alla macchina: «Quella è la voce. Questa è la chitarra. Leva la chitarra». Lo ha spiegato McCartney alla BBC Radio 4, senza nascondere una certa eccitazione, mista a preoccupazione. Una sensazione diffusa di questi tempi, d’altronde. In Gran Bretagna, come nel resto del mondo.

Rishi Sunak negli ultimi tempi ha cambiato decisamente tono a proposito della tecnologia: dopo un iniziale entusiasmo e ottimismo riguardo alle opportunità che può creare, il premier britannico ha iniziato a parlare dei «rischi esistenziali» che pone, sottolineando come il suo rapido avanzamento possa portare a conseguenze al di fuori di ogni controllo. È così ha annunciato che il primo summit globale sul-

la sicurezza dell’intelligenza artificiale avrà luogo proprio nel Regno Unito quest’autunno. Lo scopo? Fare del Regno una sorta di hub per la regolamentazione del settore su scala mondiale, gettando un ponte fra Stati Uniti e Cina e posizionando così il Paese come valida alternativa all’approccio più forzoso dell’Unione Europea.

Il premier britannico ha annunciato che il primo Summit globale sulla sicurezza dell’IA avrà luogo nel Regno Unito quest’autunno

Bruxelles e Strasburgo, infatti, stanno lavorando a colpi di emendamenti su una legge – la prima al mondo – per

regolare la IA (il cosiddetto AI Act), che tuttavia con la fresca approvazione del Parlamento europeo ha appena iniziato un lungo iter legislativo destinato a concludersi al più presto alla fine dell’anno. Il Regno Unito, invece, con il summit si propone di discutere i rischi della tecnologia e delle modalità per mitigarli attraverso «un’azione internazionalmente coordinata» che potrebbe essere realizzata grazie a un accordo quadro: una sorta di trattato come quello Onu di non proliferazione nucleare entrato in vigore nel 1970 per arginare potenziali minacce esistenziali, applicato tuttavia all’intelligenza artificiale.

Spingono per un ruolo leader del Regno Unito nella IA anche due vecchi mattatori della politica britannica come l’ex premier laburista Tony Blair

e l’ex segretario Tory, William Hague, che hanno contribuito a compilare una relazione bipartisan su come il Paese dovrebbe creare un «laboratorio nazionale» per testare l’intelligenza artificiale e divenire così il faro guida dell’industria e «il cervello» di un ente regolatore non solo britannico, ma internazionale. A questo scopo il Regno dovrebbe collaborare con l’Ue per sviluppare un modello di regolamentazione in linea con gli standard Usa. «Gli esistenti approcci istituzionali verso la IA non funzionano e la Gran Bretagna non può perdere le occasioni che l’ondata di una sicura e democratica intelligenza artificiale può portare», hanno scritto Blair e Hague nel documento, intitolato A New National Purpose: AI Promises a World-Leading Future of Britain

La «guerra del silenzio» di Pio XII

Di recente uno dei padri della IA, Geoffrey Hinton, ha rassegnato le sue dimissioni da Google dicendo di essere pentito del suo lavoro sulla tecnologia e lanciando un monito sui pericoli del suo rapidissimo avanzamento. «Per il momento, i chatbots non sono ancora più intelligenti di noi, ma penso che potrebbero presto diventarlo», ha dichiarato lo studioso anglo-canadese alla Bbc, sottolineando come siano sistemi digitali in contrapposizione agli esseri umani, che sono sistemi biologici. La grossa differenza è che i sistemi digitali apprendono le informazioni separatamente, ma poi le condividono fra loro istantaneamente. «È come se ci fossero 10mila persone e non appena una di loro impara qualcosa, tutte le altre imparano automaticamente la stessa cosa. Ed è per questo che i chatbots possono accumulare un sapere di gran lunga superiore rispetto a qualsiasi essere umano», ha precisato Hinton.

Lo scorso marzo dozzine di operatori del settore, incluso Elon Musk, avevano firmato un appello per chiedere uno stop di almeno 6 mesi allo sviluppo di forme più avanzate dell’attuale ChatGTP fintantoché vengano messe a punto delle misure di sicurezza robuste. «Dobbiamo lasciare che le macchine inondino i nostri canali di informazione con propaganda e falsità? Dovremmo automatizzare tutti i lavori, compresi quelli più soddisfacenti? Dovremmo sviluppare menti non umane che alla fine potrebbero superarci di numero, essere più intelligenti e sostituirci? Dobbiamo rischiare di perdere il controllo della nostra civiltà? Queste decisioni non devono essere delegate a leader tecnologici non eletti», recitava la lettera aperta. L’IA è più un’opportunità o un pericolo? Ai posteri l’ardua sentenza.

Il saggio ◆ Andrea Riccardi approfondisce il tema dell’atteggiamento del Papa e del Vaticano durante la Seconda guerra mondiale

Enrico Morresi

La questione è uscita dall’attualità, ma il dibattito storiografico è stato importante, soprattutto sul giudizio da dare su Papa Pio XII e il Vaticano durante la Seconda guerra mondiale. Va però riconosciuto importante il volume con cui Andrea Riccardi opera una sintesi praticamente esaustiva del periodo e della questione. Lo storico torna sul tema principale dei suoi studi, citando gli avvisi concomitanti, in assenso o dissenso, con note puntuali e una bibliografia estesissima.

Chi è dell’età di Riccardi, nato nel 1950, ricorda lo scandalo sollevato dall’opera teatrale Il vicario del tedesco Rolf Hochhut, lanciata nel 1963. Erano gli anni del Concilio (1962-65) e la memoria di Pio XII (Eugenio Pacelli, 1876-1958) era ancora viva. Di lui oggi si ricordano soprattutto le aperture (e qualche chiusura) in tema di teologia e di liturgia, o la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria (1946). Con la forza della denuncia, Hochhut rimetteva in gioco la responsabilità del capo della Chiesa negli anni della Seconda guerra mondiale e dell’occupazione di Roma da parte dei tedeschi (autunno 1943-estate 1944), dell’eccidio delle Fosse Ar-

deatine (marzo 1944) e nella deportazione sistematica della comunità ebraica. La critica colpiva nel segno, perché Pio XII si era fermato alla soglia della denuncia, limitandosi a una nota diplomatica di protesta che Hitler respinse senza neppure leggerla, e che perciò rimase inefficace. Il mancato giudizio era riportato alla latente avversione anti-ebraica nutrita dai cattolici e non solo degli ambienti ecclesiastici vaticano. A Hochhut, nella polemica seguita alle sue denunce, si oppose il rifugio offerto da conventi, scuole e istituti extra-territoriali che la Santa Sede e molte comunità religiose possedevano in Roma, il che assicurò salvezza e protezione fino alla Liberazione a migliaia di perseguitati d’ogni razza e orientamento politico. Materia incandescente, che molto probabilmente ha influenzato il (finora) mancato riconoscimento della santità di Pio XII.

Anche da parte dell’ebraismo contemporaneo l’accusa di antisemitismo lanciata contro Pio XII è venuta meno. Rimane aperto il giudizio storico sugli atti e le omissioni con cui Pacelli e i suoi collaboratori reagirono agli avvenimenti di cui erano te-

stimoni, soprattutto dopo la Conferenza del Wannsee, d’inizio 1942, che diede l’impulso decisivo allo sterminio pianificato degli ebrei. A Pio XII mancò il coraggio che ebbero i vescovi olandesi, di denunciare le deportazioni verso i campi di sterminio. Ma – attenti! – quella denuncia aveva provocato l’estensione delle deportazioni ai cattolici d’Olanda – vittima illustre la filosofa Edith Stein, nata ebrea, ma deportata e uccisa ad Auschwitz da monaca cattolica. Vi erano dunque

ragioni obiettive per indurre il papa sia alla denuncia sia all’omissione? Nell’emozionante radiomessaggio natalizio del 1942, Pio XII giunse vicino alla condanna esplicita, citando «la stirpe» tra i motivi della persecuzione. Il termine fatale «la razza» rimase non citato! E di silenzio si può ben parlare per la mancata denuncia della repressione brutale degli anti-nazisti (e specialmente degli ebrei) nella Roma occupata durante l’inverno 1943-44…

Il giudizio di Riccardi, se si man-

tiene prudente sulla rinuncia di Pio XII a una condanna esplicita del nazismo, dimostra invece meno comprensione per la mancata reazione alla repressione della Resistenza in Roma e la deportazione sistematica degli ebrei romani, di cui il papa era pur testimone nella propria città. Fatti che Riccardi descrive con totale franchezza. Il volume va dunque considerato un regesto autorevole e (forse) definitivo sulla «guerra del silenzio», come viene definita in copertina, su cui la storiografia può comunque continuare a esercitarsi. Si sa che non tutti i documenti che riguardano Papa Pacelli sono stati messi a disposizione degli studiosi, l’impressione è tuttavia che l’essenziale sia conosciuto.

In storiografia niente è mai definitivamente assodato. Ma, a tanti anni da quei tragici avvenimenti, abbiamo una guida utilissima alla conoscenza dei fatti e dei giudizi che li hanno accompagnati. Non al pregiudizio! Ma questo agli onesti non serve.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 25
Gerd Altmann/Pixabay Bibliografia Andrea Riccardi, La guerra del silenzio. Pio XII, il nazismo, gli ebrei, Laterza 2022. La proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria da parte di Pio XII. (Wikimedia)
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Le politiche monetarie per la ripresa economica

L’analisi ◆ La Banca Nazionale Svizzera annuncia un nuovo aumento del suo tasso di sconto, portandolo a 1,75%

Il segnale è chiaro: l'inflazione rallenta ma non scompare e i tassi di interesse restano di parecchio inferiori a quelli di altri Paesi

Le banche nazionali dei principali Paesi industrializzati continuano a praticare la politica di aumento dei tassi d’interesse di riferimento. Questo perché, in sostanza, l’obiettivo di un tasso di inflazione attorno al 2% è ancora lontano. Negli Stati Uniti siamo ancora all’8,6%, mentre in Europa la media UE è ancora all’8,1%, con Paesi come l’Italia che sono a livelli inferiori (7,3%). Anche nella Confederazione la Banca Nazionale Svizzera (BNS) mantiene la politica di tassi d’interesse in aumento, nonostante il tasso di inflazione sia ormai molto vicino al 2%: per la precisione 2,2% a fine maggio, cioè allo stesso livello del 2022, prima dello scoppio della guerra in Ucraina. In Svizzera, però, l’obiettivo è di scendere sotto il 2% e di avvicinarsi allo zero. Il confronto su base annuale nasconde, però, il fatto che rispetto al mese d’aprile, in maggio il tasso di inflazione mostra una ripresa dello 0,3%. Le banche nazionali dei principali Paesi industrializzati continuano a praticare la politica di aumento dei tassi d’interesse di riferimento

L’Ufficio federale di statistica spiega questa risalita, tra l’altro, con un aumento degli affitti delle abitazioni e dei prezzi dei viaggi all’estero. Tuttavia, anche i prezzi dei generi alimentari, in particolare frutta e verdura, continuano ad aumentare. Per contro, la riduzione su base annuale è dovuta a un effetto base, soprattutto nei fattori energetici. Allo scoppio delle ostilità in Ucraina i prezzi del petrolio e derivati sono fortemente saliti, mentre a fine maggio sono scesi di circa il 17%, rispetto al maggio 2022. Se invece si tiene conto dell’inflazione di base, escludendo i prezzi dell’energia, il tasso d’inflazione in Svizzera sarebbe sceso all’1,9%, quindi per la prima volta quest’anno sotto il 2%.

La BNS mantiene, però, la sua politica di rialzo dei tassi di riferimento. Questo perché non solo l’inflazione resta elevata nei Paesi vicini, ma anche perché buona parte della nostra inflazione viene prodotta in casa: in-

fatti i prezzi dei prodotti svizzeri sono aumentati in un anno del 2,4%, mentre quelli dei prodotti importati sono aumentati solo dell’1,4%, in particolare grazie alla forza del franco svizzero, dovuta in parte anche alla tendenza dei tassi di interesse in aumento. Situazioni, non solo in Svizzera, che pongono le banche centrali di fronte al dilemma di frenare l’inflazione, oppure praticare una politica di sostegno alla ripresa dell’economia. Per il momento tutte le autorità monetarie mantengono l’obiettivo principale di ridurre l’inflazione, facendo aumentare i tassi di interesse e, quindi, riducendo la domanda aggregata di beni di consumo e di beni di produzione. Cosa che, però, non è avvenuta totalmente e ha favorito una leggera ripresa di alcune economie. Di conseguenza la Banca Centrale Europea, il 15 giugno, ha decretato un nuovo aumento del tasso di sconto dello 0,25%, portandolo al 4%.

Mentre la Federal Reserve americana ha deciso una pausa prima di altri aumenti, la Banca Nazionale Svizzera ha annunciato un nuovo aumento del suo tasso di sconto, però solo dello 0,25%, invece che dello 0,5% come finora, portandolo a 1,75%. Il segnale è chiaro: l'inflazione rallenta, ma non scompare e i tassi di interesse restano di parecchio inferiori a quelli di altri Paesi. Per cui si può anche rimunerare meglio l'investimento in franchi, mantenendone la forza sui mercati internazionali e quindi contrastando almeno l'inflazione importata.

In Svizzera il problema si complica, poiché a una tendenza già in atto di un sensibile aumento dei prezzi delle case, si aggiunge l’applicazione possibile di un automatismo voluto a suo tempo, proprio con lo scopo contrario. Si tratta del tasso di riferimento per i tassi ipotecari. Attualmente all’1,25%, dal prossimo ottobre salirà all’1,5%. Questo aumento permette-

Conviene frazionare l’ipoteca?

rebbe, a determinate condizioni, un aumento delle pigioni del 3%. A sua volta, questo aumento potrebbe incidere nella misura del 40% sul tasso di inflazione. Creato nel settembre del 2008 ed entrato in vigore in ottobre, questo tasso di riferimento si basa sul tasso medio d’interesse applicato per tutti i contratti ipotecari allestiti in Svizzera. Lo scopo era quello di creare un indice al quale riferirsi nei contratti d’affitto, in modo da evitare pigioni abusive rispetto al debito ipotecario del proprietario dell’immobile locato. Da allora, questo tasso è costantemente diminuito, per cui l’aumento comunicato dall’Ufficio federale dell’abitazione è una sorta di novità.

Di per sé i sintomi di questo cambiamento si sentivano già da alcuni mesi, data la tendenza in atto all’aumento dei tassi ipotecari. Quali effetti concreti potrebbe avere questo aumento è difficile dire. Intanto so-

lo circa la metà di contratti d’affitto si basa su questo indice. Questi contratti sono poi soggetti ad alcune condizioni. Per esempio, l’aumento è applicabile a contratti conclusi dopo il marzo 2020 con riferimento al tasso dell’1,25%. Per contratti precedenti l’aumento può essere fatto se il locatore ha applicato anche le diminuzioni indotte dal calo dell’indice di riferimento. L’aumento è possibile solo entro i termini di disdetta indicati dal contratto, più dieci giorni di riflessione. L’aumento non è automatico e il ricorso è possibile presso gli Uffici di conciliazione. Tutto questo permette di dedurre che l’applicazione dell’aumento avrà un effetto limitato su meno della metà dei contratti d’affitto. Non è però da escludere che ci possano essere ulteriori aumenti, a dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse e di quelli ipotecari, sempre a seguito della politica monetaria della BNS.

La consulenza della Banca Migros ◆ Ci sono due opzioni per ottimizzare il rischio legato al tasso d’interesse: l’ipoteca mista e quella suddivisa in più tranche

Il mio partner e io vorremmo acquistare un immobile. Qual è il vantaggio di suddividere in più tranche l’importo dell’ipoteca e a cosa bisogna prestare attenzione?

Il frazionamento le consente di ottimizzare il rischio di tasso d’interesse della sua ipoteca. Può scegliere tra due opzioni: suddividere il finanziamento in più tipi di ipoteche oppure scaglionarlo in tranche con diverse durate. Nel primo caso si tratta di un’ipoteca mista. Ecco un esempio: mettiamo che lei abbini un’ipoteca fissa a un’ipoteca del mercato monetario, la quale si orienta al tasso d’interesse medio dei

prestiti in denaro a breve termine sul mercato finanziario (Saron). Se scende il tasso d’interesse in questione, beneficia di costi inferiori per l’ipoteca Saron. In caso di aumento dei tassi, grazie all’ipoteca fissa può attutire in una certa misura tale incremento. Un altro vantaggio: una tranche Saron le consente di gestire flessibilmente l’ipoteca nel caso decida di estinguerla anticipatamente. Quando invece l’ipoteca è suddivisa in più tranche con durate diverse, si tratta di un’ipoteca a scaglioni. In questo caso non deve rinnovare in una volta sola l’intera ipoteca,

ma lo fa per tappe. Il vantaggio: se il rifinanziamento di una tranche coincide con un periodo di tassi di interesse elevati, non dovrà rinnovare l’intera ipoteca a un tasso elevato, ma soltanto la tranche in questione. Se un’altra tranche scade in una data successiva, per allora probabilmente la situazione dei tassi si presenterà diversa. L’importante è che l’intervallo tra le scadenze delle singole tranche sia sufficientemente lungo, di alcuni anni almeno.

Il frazionamento ha anche degli svantaggi, poiché nel corso degli anni grava sul budget in misura variabile. Un’ipoteca fissa, per contro, le offre maggiore sicurezza in termini di

budget. Il frazionamento, inoltre, la vincola maggiormente all’istituto finanziario e questo rende più difficile trasferire l’ipoteca a un’altra banca, perché in tal caso potrebbe dover frazionare la cartella ipotecaria.

Un consiglio Per stabilire se il frazionamento è l’opzione giusta bisogna considerare anche l’età, la situazione familiare, i flussi di capitali e altri fattori. Chieda l’aiuto di un consulente o una consulente per decidere al meglio. Prenoti un colloquio di consulenza su: bancamigros.ch/consulenza-video

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Marcel Müller, consulente alla clientela della Banca Migros, esperto per i temi d’investimento. Keystone

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Il Mercato e la Piazza

Meglio le code oppure i pedaggi?

Il traffico stradale attraverso le Alpi è al centro delle nostre preoccupazioni almeno da 40 anni. Le capacità stradali a disposizione non bastano per accogliere un traffico di automezzi pesanti e di auto che non accenna a diminuire. Sulla A2, attraverso il San Gottardo, al momento della sua apertura, le code si formavano solo a Pasqua come pure all’inizio e alla fine del periodo delle vacanze estive. Oggi invece la coda è un fenomeno giornaliero almeno per 10 mesi dell’anno. A prima vista le soluzioni per eliminare le code sono semplici: o aumentare la capacità dell’autostrada o ridurre il volume dei flussi di traffico. Alla fine del ventesimo secolo la Svizzera aveva scelto la seconda possibilità, cioè quella di ridurre i flussi del traffico veicolare spostando il traffico pesante dalla strada alla ferrovia. Nonostante l’aumento del trasporto per ferrovia, però, la lunghezza delle code agli ingressi

In&Outlet

La rotta del Mediterraneo va chiusa. Non è possibile affidare la vita dei migranti agli scafisti, ai mercanti di esseri umani. Nello stesso tempo, chi rischia di annegare in mare va salvato. Sempre e comunque. Purtroppo nel Mediterraneo non accadono né una cosa, né l’altra. E le generazioni oggi attive, quelle che hanno oggi tra i 20 e i 70 anni (quindi compreso chi scrive), passeranno temo alla storia come coloro che hanno girato la testa dall’altra parte di fronte a un crimine – la tratta dei migranti – e a tragedie. Come quella di Cutro, al largo della Calabria, e quella successiva, avvenuta al largo della Grecia. Ed è sconfortante che nelle acque europee un naufragio da centinaia di vittime sia passato quasi sotto silenzio. Da anni la politica italiana usa il problema per prendere voti, senza riuscire a risolverlo. Qualche passo in avanti nella giusta direzione è stato fatto nel 2017 e nel

della galleria autostradale non ha fatto, sin qui, che aumentare. Che fare?

Può darsi che, nel lungo termine, ossia fra 20 anni e forse più, la prima soluzione, ossia quella di aumentare la capacità di trasporto autostradale, possa trovare una possibilità politica di realizzazione. È quanto sogna il ministro ticinese del territorio e dell’ambiente. Nel frattempo, però, non c’è che una via da seguire: quella del contenimento dei flussi di traffico veicolare.

In questa direzione sembrano orientarsi, per fare un altro esempio, i Governi regionali di Baviera, Tirolo e Alto Adige, ossia delle regioni che devono sopportare i costi sociali del traffico del Brennero. Sono loro che, nel mese di dicembre 2022, hanno lanciato l’idea di gestire il traffico veicolare con degli slots. Con questo sistema, già applicato con successo nei grandi terminal di container, come pure negli aeroporti, si potrebbero fissa-

re degli intervalli di tempo per i quali i trasportatori di merci come pure gli automobilisti potrebbero riservare, online, il diritto di passare la galleria autostradale con il proprio mezzo. Poiché i problemi sollevati dal traffico stradale transalpino sono importanti e poiché le nuove idee intorno a una loro possibile soluzione si spargono rapidamente, ecco che un paio di mesi dopo la presa di posizione delle tre regioni interessate al passaggio del Brennero, il sistema slots ha trovato sostenitori anche da noi. Nel Canton Uri è stato infatti suggerito di introdurre la prenotazione, obbligatoria, possibilmente a pagamento, per regolare i passaggi nella galleria autostradale. Negli scorsi mesi, sempre in relazione all’invocata riduzione del traffico, nel nostro Parlamento federale è stata presentata una mozione che auspica l’introduzione di un pedaggio per la galleria autostradale. Un recente sondaggio ha

messo in evidenza che, a livello nazionale, esisterebbe una larga maggioranza favorevole. Dal profilo tecnico sembrerebbe che sia all’introduzione del sistema slots, sia all’imposizione di un pedaggio non si frapporrebbero difficoltà importanti. Politicamente parlando invece si tratta di «patate bollenti». Non sorprende perciò che siano subito nate delle opposizioni. A nord del San Gottardo, come mette in evidenza il sondaggio sulla possibile introduzione di un pedaggio, sembra prevalere un’opinione prudentemente favorevole a misure di questo tipo. A sud, invece, si è già in stato di guerra. Qualunque misura finanziaria che si proponga di ridurre il volume del traffico autostradale viene combattuta, come sempre, con due tipi di argomento. Il primo è economico: se si deve pagare un pedaggio o una prenotazione il costo del viaggio aumenta sia per le persone che viaggiano, sia

per le merci che vengono trasportate nei due sensi. A farne le spese sarebbe in particolare l’economia ticinese con perdita di attrattiva, di capacità competitiva e di posti di lavoro. Intendiamoci: nessuno finora ha cercato di stimare la portata di queste possibili conseguenze negative per confrontarla con le eventuali riduzioni di costi sociali di una simile gestione del traffico. Ma tant’è, i pericoli esistono e per molti interessati enumerarli basta per chiudere la discussione. Il secondo argomento è di natura politica: si parla di discriminazione nei confronti dei ticinesi (automobilisti) perché, per il momento, le misure di contenimento del traffico sarebbero previste solo per la galleria del San Gottardo. Sono pochi, invece, quelli che parlano di discriminazione nei confronti degli urani della valle della Reuss e dei Leventinesi che, da decenni, sopportano i costi sociali delle code.

2018, grazie anche a Marco Minniti, il miglior ministro dell’Interno dai tempi di Giuseppe Pisanu. Ma neppure la soluzione degli accordi con la Libia si è rivelata giusta. Perché all’orrore degli scafisti si è aggiunto quello dei carcerieri libici. Viaggio spesso in Africa. Lì ho parlato con migliaia di persone. Non ne ho trovata una che volesse salire su un barcone per venire in Europa. Ne ho trovate moltissime che volevano sfuggire al destino che sentono scritto per loro. Finora a un africano con il desiderio di andarsene è arrivato questo messaggio: la porta dell’Europa e di una vita migliore è Lampedusa, sono le coste siciliane, calabresi, pugliesi; oppure quelle greche. È evidente che occorre smontare questo meccanismo insostenibile, che per anni ha avuto quattro fasi: il viaggio nel deserto, la traversata del Mediterraneo, l’accoglienza in Italia, il passaggio nel Nord Europa. L’ultimo

Il presente come storia

Discutendo di razza ed etnia

Le parole non stanno mai ferme. Entrano nei dizionari o escono a dipendenza delle contingenze storiche. Lo sanno bene i lessicografi e chi scrive per mestiere o per passione. Anche il loro significato non è mai fissato una volta per tutte in uno stampo: evolve e cambia, assumendo sfumature a volte minime ma capaci di generare grandi equivoci. Prendiamo il caso di «razza», un tipico prodotto dell’illuminismo e del positivismo, transitato dalla zoologia all’antropologia, per poi alimentare tra l’Otto e il Novecento le teorie razziste dei regimi totalitari. Oggi il termine sopravvive perlopiù sottotraccia, ma per secoli è servito a classificare e gerarchizzare persone e popoli sulla base del colore della pelle, dei tratti somatici, delle abitudini alimentari, dell’abbigliamento, dei culti religiosi. Per il conte de Gobineau, uno dei massimi studiosi di questa pseudo-scienza, in cima alla pirami-

de stava ovviamente la razza bianca, seguita dagli orientali gialli e dai neri africani. Ma prima che questa parola diventasse un criterio discriminatorio e al culmine della sua parabola un’arma di sterminio, mancava una coscienza precisa delle sue implicazioni politiche e sociali. Era «normale» usarla per evidenziare le differenze tra una popolazione e l’altra. Così come era corrente nell’editoria – anche in quella impegnata, di «sinistra», come l’Einaudi – usare «negro» quando ci si riferiva agli afroamericani. Fin dentro gli anni Settanta del secolo scorso non suscitava sorpresa né disapprovazione ragionare intorno al «problema negro negli Stati Uniti». Solo in seguito tutta l’incastellatura eretta dai teorici della razza è stata smontata dalle ricerche dei genetisti e dagli antropologi culturali. Già Claude Lévi-Strauss, in un testo redatto nel 1952 su incarico dell’U-

anello è saltato da tempo, con la sospensione di fatto di Schengen e la caccia all’uomo con i cani sul versante francese. Il terzo anello non può e non deve saltare: non possiamo lasciar morire la gente in mare o di fame. Sul futuro dell’Africa sono ottimista. Ci siamo fatti l’idea di un Continente miserrimo e disperato. Non è così: sta crescendo una generazione fiera, che andrebbe aiutata non con donazioni ai dittatori ma con progetti concreti. Ad esempio eradicare la malaria, un grave freno allo sviluppo. Aiutarli a casa loro, però, non basta. Occorre costruire corridoi umanitari per i profughi. Capire di quanti lavoratori l’Europa ha bisogno e andare a prenderli. Su questo punto finora il Governo Meloni ha detto tante parole ma fatto poco. Su Cutro ha girato la testa dall’altra parte e gli sbarchi sono aumentati. Anche per questo sarà un’estate difficile. Il ministro Piantedosi fa la faccia fero-

ce, ma non mi pare che abbia trovato soluzioni, né può farcela da solo. Eppure i leader europei non dovrebbero parlare d’altro. Le risposte non possono che essere due, solo in apparenza in contrasto tra loro. In primo luogo non si può lasciare affogare nessuno in mare. In secondo luogo: i trafficanti di uomini vanno fermati. L’Occidente ha sconfitto, o comunque inferto duri colpi, all’ISIS; può bloccare anche gli scafisti. Le ONG fanno quello che possono, ma si è visto che non sono lo strumento giusto, perché la malafede e la mancanza di scrupoli degli scafisti approfittano delle buone intenzioni dei volontari, abbandonando nelle loro mani le vite dei migranti, dopo averne tratto profitto. Non funziona neppure delegare a libici, tunisini o ai turchi il compito che dovrebbe essere degli europei. Ci sarebbe il Papa, che giustamente parla in difesa dei migranti. Ma ha anche

ricordato che ogni società può accogliere gli stranieri che riesce a integrare. Ricorderò sempre la prima visita ad Assisi di Bergoglio, il primo Papa a scegliere il nome di Francesco. Era il 4 ottobre 2013. Il Pontefice scese sulla tomba del santo, si raccolse in preghiera, poi si rivolse ai fedeli. E parlò quasi soltanto di Lampedusa, dove la sera prima c’era stato un terribile naufragio con 368 morti. In tanti restammo stupiti. In realtà aveva ragione. E noi, che avremmo preferito sentirlo parlare d’altro, avevamo torto. Certo, a insistere sui migranti, il Papa ha perso un po’ la sintonia con la società italiana, compresi i fedeli, che l’avevano accolto come la speranza di una rinascita della Chiesa. Ma se ancora l’argomento divide, è perché non siamo ancora stati in grado di trovare soluzioni. L’osmosi tra l’Africa e l’Europa ci sarà. Ma deve essere la legge, non il crimine, a organizzarla.

NESCO, aveva contribuito a diradare la nebbia che si era addensata su quella parola maledetta e che aveva avvelenato i rapporti tra le comunità religiose d’Europa, con in prima fila gli ebrei. Nel suo intervento intitolato Race et histoire, l’antropologo franco-belga negava che alla base delle differenze riscontrabili negli abitanti nel vecchio e nuovo Continente vi fossero «attitudini distinte connesse alla costituzione anatomica dei negri, dei gialli o dei bianchi». E aggiungeva che tale diversità dipendeva dalle circostanze geografiche, storiche e sociologiche e non da concezioni puramente biologiche di razza («dato e non concesso – precisava – che anche su questo terreno circoscritto, tale concetto possa ambire all’oggettività, cosa che la genetica moderna contesta»).

Nel nostro Paese il razzismo ha attecchito solo nelle frange dell’estrema destra antisemitica (in Ticino nel-

la Lega Nazionale nella seconda metà degli anni Trenta). E si capisce, giacché parlare di «razze» in un Paese eterogeneo come la Svizzera (per lingue, confessioni, storie, culture) significava intaccare le fondamenta stesse della convivenza confederale. Ha invece preso piede, ed è rimasto a lungo nella pubblicistica e nell’oratoria politica, il concetto di «etnia» (o anche di «stirpe») a designare soprattutto le peculiarità di minoranze come quella romancia e ticinese. Negli stessi anni in cui Lévi-Strauss pubblicava le sue riflessioni, la Nuova Società Elvetica (sede della Svizzera italiana) promosse un concorso di idee sotto il motto:

«Ciò che il Ticino ha di più notevole è il suo carattere etnico». Due i lavori presentati in quella occasione: Guido Locarnini (primo premio) ed Edoardo Barchi, entrambi autori di saggi intitolati Il problema etnico ticinese Allora la grande preoccupazione ri-

guardava il calo demografico della compagine autoctona (quindi la graduale perdita del volto italico del Cantone) e il pericolo rappresentato dalla crescente «infiltrazione» di elementi allogeni, in particolare di confederati provenienti da oltre San Gottardo. Oggi le coordinate sono cambiate, così come le direzioni e la qualità dei flussi migratori, sebbene la demografia rimanga una osservata speciale, sismografo di movimenti di lungo termine nel sottosuolo della società. Nel quadro di queste trasformazioni, anche l’«etnia», intesa come sostantivo, è uscita di scena, cedendo il posto all’aggettivo «etnico» (cucina etnica, costumi etnici ecc.). Ma non è detto: si sa infatti che le parole, anche quelle più scabrose e famigerate, o forse proprio per questo loro carattere, non abbandonano mai definitivamente il campo, come la cronaca si incarica di ricordarci quotidianamente.

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CULTURA

Nessuna come lei

Un’opera d’ingegno che ricostruisce, racconta e tratteggia l’amicizia umana e letteraria tra Virginia Woolf e la Katherine Mansfield

Ri-orientamenti

Al Kunsthaus di Zurigo una mostra indaga lo sguardo dell’Occidente sul mondo orientale e sull’arte islamica

Festival dei Due Mondi

In programma a Spoleto fino al 9 luglio, il Festival ha ospitato la storia di Clara Kaskil interpretata da Laetitia Casta

Da cinque anni a questa parte il mondo editoriale e non solo sta avendo una grande attenzione per le biografie al femminile. Sia le biografie di scrittrici dimenticate e poi riscoperte, sia quelle di figure femminili che hanno avuto un ruolo determinante per la società e il costume del loro tempo e sono state sistematicamente ignorate dai libri di storia e di letteratura. A questo proposito mi viene in mente il racconto di Dirk Kurbjuweit – scrittore e oggi direttore dello «Spiegel» Era partito alla ricerca del politico e poeta romantico Georg Herwegh pensando che sarebbe stato il protagonista del suo romanzo storico. Poi però indagando sulla sua vita scoprì che la vera eroina, la figura coraggiosa che giocò un ruolo determinante nelle rivolte del 1848 e fu un’abile amazzone – tanto da far invidia agli uomini – era sua moglie Emma (da qui il romanzo La libertà di Emma Herwegh, Bollati Boringhieri).

«È un dato di realtà che negli ultimi anni c’è stato un rifiorire dell’attenzione nei confronti non solo delle autrici che erano state dimenticate ma anche autrici che erano sempre state lette in un certo modo, secondo una lettura più comune che le femminilizzava troppo e ne minimizzava gli aspetti di originalità. Adesso c’è un recupero» racconta

Sara De Simone, critica letteraria, presidente della Italian Virginia Woolf Society e autrice della biografia Nessuna come lei. Katherine Mansfield e Virginia Woolf, storia di un’amicizia (di cui Laura Marzi ci parla a pag. 35 di questo numero di «Azione») Parte da qui la nostra chiacchierata sottolineando come nella storia - in particolare negli anni Venti e Settanta – ci sia già stata un’attenzione e una riscoperta delle biografie femminili. Oggi però a fare la differenza sono i social che da un lato ne aiutano la diffusione, dall’altro portano ad una semplificazione delle loro vite.

Possiamo dire che oggi viviamo un femminismo mainstream?

Moltissime giovani si stanno avvicinando al femminismo declinandolo a modo loro come lo declinano i loro idoli su Tiktok o Instagram. Stiamo però andando incontro a pericolose semplificazioni o equivoci. Oggi si promuovono modelli di empowerment femminile - quindi il recupero di vecchi modelli dimenticati o la proposta di nuovi modelli che hanno a che fare con nuove categorie, per esempio LGBTQ, o nuove identità di genere che attraverso la comunicazione diretta sui social si fanno conoscere. Spesso, oltre a far

conoscere sé stesse, le giovani fanno opera di divulgazione su figure che ritengono particolarmente iconiche.

Tra queste ci sono moltissime figure della letteratura femminile. Recuperano i nomi, li fanno circolare insieme ad alcune opere e citazioni ma d’altro canto non contestualizzano e questo succede un po’ a tutti i livelli, nei social come nell’editoria.

In che senso?

Al momento vengono ripubblicate molte scrittrici che per un certo periodo erano sparite dalle nostre librerie, penso a Gianna Manzini, Alba de Céspedes, Fabrizia Ramondino, scrittrici che sono state al centro della vita e della letteratura italiana e che però poi sono state dimenticate. Ora piccoli editori in-

dipendenti ma anche pubblicazioni illustri e case editrici importanti le rilanciano.

Dunque una cosa positiva?

Sì, ma una cosa che sto notando spesso è che vengono introdotte da altre scrittrici italiane. Da un certo punto di vista è un’operazione interessante, al contempo però è anche un po’ miope se pensiamo che abbiamo delle figure che si occupano di questo che sono le figure delle critiche letterarie. Probabilmente sono di parte, ma sono dell’idea che si dovrebbe trovare sempre una mediazione tra l’aspetto di comunicazione e l’aspetto di sostanza. Certo ci interessa sapere come una scrittrice di oggi legga una scrittrice di ieri e come la possa portare verso il pub-

blico, ma non dobbiamo dimenticare che per fare un vero servizio ai lettori e alle lettrici quella scrittrice va contestualizzata, serve qualcuno che l'abbia studiata, ne conosca le opere. Dunque l’interesse per le autrici del passato è un fenomeno fondamentale perché ci permette di fare quello che la Woolf evocava in Una stanza tutta per sé: ricostruire genealogie, tracciare chi sono le proprie antentate e guardando alle proprie antenate affrontare il presente e il futuro. Ma proprio perché bisogna conoscerle bene bisogna fare uno sforzo di approfondimento in più che va al di là dell'attualizzazione.

Cosa significa?

L’attualizzazione è un procedimento sempre un po' scivoloso perché da un

lato ci consente di ragionare su come un’autrice di 60, 70 anni fa avesse già detto delle cose fondamentali per oggi e di come parlasse al nostro presente. Non dobbiamo però neanche dimenticare che i grandi scrittori e le grandi scrittrici sono sempre contemporanei. Non dobbiamo cadere nel tranello di volerli attualizzare troppo usando categorie che sono assolutamente dei nostri giorni dimenticando di fare una riflessione sul momento. Viviamo in un mondo più femminista?

Non credo. Certo sarebbe miope non riconoscere i cambiamenti che sono stati fatti grazie alle lotte delle donne - però oggi c’è qualcosa di molto pericoloso. Mentre da un lato c’è una comunicazione molto palese di grandi libertà e di grandi conquiste, della possibilità di fare tutto, dall’altra persistono stereotipi, pregiudizi, violenze, e allora c'è qualcosa di schizofrenico. Pensiamo al grande recupero delle donne che viene cavalcato a livello commerciale dalle case editrici, dalle TV, dal cinema che però si prendono la licenza artistica di inventare molte cose. Come la serie americana Dickinson che ha avuto un grande successo. Poi però i teenager pensano che Emily fosse come la protagonista della serie che mette l’accento sulla sua relazione con la cognata con interpretazioni chiaramente faziose: in verità noi non sappiamo che tipo di rapporto avesse, sappiamo che nella sua vita era importante. C’è un forzare, premere il pedale su certe questioni banalizzando però le esistenze di queste donne, la complessità della loro vita che era più sfumata, più piena di tinte, fatta di luci e ombre.

Poi ci sono i social che spesso diffondono inesattezze. Sul palco del primo Maggio trasmesso in diretta sulla RAI, una cantante pop italiana ha letto una poesia attribuendola a Virginia Woolf. Ma è una poesia che la Woolf non ha mai scritto, anche se in rete le viene attribuita. Con l’Italian Virginia Woolf Society abbiamo dovuto fare un comunicato per chiarire. Quindi da un lato si dice: «cChe bello, finalmente Virginia viene letta su un grande palco davanti a tanti giovani». Dall’altro passa un’immagine di lei completamente fasulla. Tornando al discorso di prima e al mondo editoriale, bisognerebbe coniugare la riscoperta di un’autrice contestualizzandone la vita e l’opera e introducendola con lo sguardo e la competenza di una critica letteraria. E poi dovremmo interrogarci più profondamente sul perché adesso le donne vadano di nuovo di moda.

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 33
Pagina 37 Pagina 39 Pagina 35 Sogni, Olio su Tela, 1896, Vittorio Matteo Corcos, Galleria Nazionale di Roma. (Keystone)
«È importante conoscere le nostre antenate»
Intervista ◆ Sara De Simone, anglista e critica letteraria, ci dice perché le biografie femminili vanno di moda e con quali rischi Natascha Fioretti

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Woolf e Mansfield amiche della verità

Pubblicazione ◆ Tra le due scrittrici non c’era nessun sentimento d’invidia, ma una grande e profonda stima letteraria

Nessuna come lei. Katherine Mansfield e Virginia Woolf. Storia di un’amicizia di Sara De Simone è un testo che può essere definito unico. Si tratta infatti di un libro che riesce a combinare aspetti manualistici di storia culturale e della letteratura e una voce narrante forte, a partire non da una, bensì da due biografie.

De Simone scrive con l’intento di raccontare la storia di un’amicizia, spinta da un amore schietto per l’opera di Katherine Mansfield e di Virginia Woolf, da una conoscenza strabiliante delle loro vite e del contesto in cui si sono svolte, nonché da un intento critico: sfatare la vulgata secondo la quale le due grandi scrittrici anglosassoni erano unite solo dal sentimento dell’invidia tra donne.

Il libro ha un’impronta scientifica, sia per la precisione e la ricchezza dei particolari e dei dati che De Simone è riuscita a scovare sulle esistenze di Woolf e Mansfield, sia perché nelle pagine si percepisce un’intenzione chiara di rivelare la verità, di liberarla dalla stratificazione del tempo e dal pregiudizio del tutto maschilista che tra due donne possano intercorrere solo relazioni semplificate: di sorellanza assoluta o di invidia cieca.

Nessuna come lei è anche un’opera di ingegno: per la difficoltà di fronteggiare la vastissima bibliografia esistente sulle due e per la capacità di De Simone di ricomporre tale massa di informazioni in un insieme organico

De Simone dimostra, attraverso una struttura annalistica che segue le vicende delle due autrici dal 1916 al 1924, che l’amicizia tra donne ha la stessa complessità che connota tutte le relazioni umane: è contraddittoria, esaltante, si nutre di distacchi e incomprensioni esattamente come di conversazioni «impagabili» e affinità uniche. La ricerca di tale verità viene condotta a partire dalla relazione fra Virginia Woolf, consi-

derata la più importante scrittrice occidentale di tutti i tempi, e Katherine Mansfield (nella foto), autrice di fama mondiale, già riconosciuta in vita. Per questo Nessuna come lei è anche un’opera di ingegno: per la difficoltà di fronteggiare la vastissima bibliografia esistente sulle due e per la capacità di De Simone di ricomporre tale massa di informazioni in un insieme organico.

Inoltre, interrogare l’umanità di Woolf, attraverso il racconto di una relazione con un’altra scrittrice, con un’amica, è un passaggio innovativo negli studi sull’autrice, che fu visionaria nel porre questioni che in Occidente sarebbero riemerse solo dalla fine degli anni ’60 del ’900. Per esempio: «In tutte le biblioteche del mondo è possibile sentire l’uomo che parla a sé stesso e il più delle volte di sé stesso». Woolf fa qui riferimento al fatto che nei secoli quasi solo gli uomini hanno avuto accesso alla scrittura, creando dei personaggi femminili del tutto distorti dai loro pregiudizi e dagli stereotipi che loro stessi hanno contribuito a diffondere. Raccontare allora l’inarrivabile Virginia Woolf alle prese con la rabbia, l’invidia e poi la nostalgia, la stima, l’affetto che le suscitano Katherine Mansfield e il suo talento, in un’alternanza che non trova soluzione, è una scelta significativa. È come se De Simone, attraverso una ricostruzione scientifica e devota al contempo, assecondasse la paura di Woolf di non essere l’unica brava scrittrice del suo tempo, o la più brava, perché c’era KM.

Katherine Mansfield si staglia nel testo per la progressiva elevazione che raggiunge attraverso la dedizione assoluta prima alla scrittura e poi alla ricerca della vita e della verità. Malata di tubercolosi la seguiamo mentre percorre l’Europa alla ricerca di un posto caldo, assolato, lontano dall’umidità, alla ricerca di una salvezza che Mansfield desidera non per timore della morte, ma per una sacrosanta e indefessa voglia di vivere. L’autrice neozelandese attraversa in questo testo momenti profondamente trasformativi: dall’arrivo in Inghilterra,

Le nuove povertà

l’esuberanza della giovinezza, la malattia e poi la teosofia. In questi passaggi della sua esistenza che lei stessa definisce con genialità «un campeggio», Mansfield si dedica sempre alle stesse cose: legge e scrive. Ama anche: suo marito, Ida, ma con progressivo distacco, mentre detesta fieramente l’ambiente letterario e intellettuale. In questo contesto la scelta di trasferirsi nell’Istituto di Gurdjieff non risulta affatto il colpo di testa di una persona disperata di fronte all’immi-

nenza della morte, è al contrario l’ultimo momento in vita di una ricerca della verità, di un’attitudine spirituale che emerge dai testi di Mansfield ben prima di conoscere il filosofo e maestro armeno.

Virginia Woolf e Katherine Mansfield desideravano prima di tutto entrambe essere amiche della verità, che come scrive Flannery O’ Connor molti anni dopo, è l’unico tesoro alla cui scoperta un’autrice dedica la sua vita. E quella con la verità è una relazione

che De Simone stessa intraprende con quest’opera, seguendo la fiera convinzione che la scrittura è anche e innegabilmente relazione: «Non è sempre per l’altra che si scrive? Per assomigliarle e non assomigliarle, perché ci ascolti sempre mentre diciamo “io”?».

Bibliografia Sara De Simone, Nessuna come lei. Katherine Mansfield e Virginia Woolf. Storia di un’amicizia, Neri Pozza, Milano, 2023.

Feuilleton ◆ Il romanzo a puntate di Lidia Ravera per «Azione». Sul nostro sito www.azione.ch sono disponibili quelle precedenti

Von Arnim valutò l’ipotesi di ritirarsi, non aveva voglia di ingaggiare uno di quei duelli ormai esangui che in altri tempi erano riusciti a farlo sentire impegnato a vivere, come se vivere fosse un’occupazione, la sua occupazione, che diventava un hobby quando ne parlava con Fanny

Gli pareva, allora, di muovere le pedine su una scacchiera immaginaria e commentare con lei le ricadute dei suoi atti lo aiutava a prendersi sul serio.

Dava corpo ai suoi fantasmi e per questo l’aveva sposata e per questo, poi, l’aveva lasciata.

«Non battere in ritirata, pusillanime, non abbiamo ancora incominciato a confessare le tue colpe».

«Incominciamo dalle tue. È stata tua l’idea di darle quei maledetti 500 euro».

«E tu sei stato così stupido da dirglielo, che era stata un’idea mia. Non riesci a pensarmi morta nean-

che per gioco». Von Arnim annuì.

Non aveva voglia di parlare.

La luce bassa, il bagliore del fuoco, il rantolo che graffiava il respiro corto della donna grassa seduta accanto a lui, davanti al camino.

Il sibilo del vento fuori dalla baita. Gli ululati lontani.

La tosse, che partiva in crescendo, diminuiva, poi come un tema musicale, ritornava.

Tutto gli pareva precario, temporaneo, vulnerabile.

E giustificava quel silenzio che, fra loro, non avevano mai sperimentato. Avevano vissuto aggrappati alle battute di un dialogo saccente e onnipotente.

Avevano sommerso o salvato, sminuito o incensato tutte le donne che avevano nutrito il loro appetito: le giovani amanti di Von Arnim, le amanti belle di Fanny.

Su quella complicità di peccatori, su un senso di superiorità che non si erano mai abbassati a verificare, si era edificato il loro lungo matrimonio.

E sui soldi, naturalmente, anche se nessuno dei due era disposto a dar peso a un dato tanto ovvio.

E in fondo volgare.

Quando si erano conosciuti Fanny posava nuda, a Venezia, davanti agli studenti di una scuola d’arte per mille lire al giorno. Aveva sempre freddo, aveva sempre fame. Ma non aveva nessuna intenzione di tornare a casa, la casa da cui era scappata di notte, dopo aver confessato a sua madre e a suo padre che non avrebbe sposato nessuno, né il ragazzo che piaceva a loro né il ragazzo che fingeva di preferire al ragazzo che piaceva a loro, perché a lei non piacevano gli uomini.

Lei amava le donne.

La frase, migliaia di volte ripetuta in quel delicato delirio di autoassolu-

zione che è il racconto del proprio passato, era «Sono una troia lesbica, mamma. Lesbica e troia».

Aveva 19 anni.

Lasciava una famiglia benestante da generazioni, una dinastia di notai e avvocati, educatamente fascisti, gretti e intolleranti, che l’avevano cancellata con l’estremismo ideologico che connotava l’epoca.

Era il 1960, Fanny non era ancora maggiorenne, perché la maggiore età si raggiungeva a ventun anni, ma nessuno, nella famiglia abbandonata, aveva mosso la legge per recuperare la pecora nera.

Von Arnim l’aveva salvata dall’arresto in un gelido martedì di febbraio, mentre usciva da un ristorante costoso senza aver pagato il conto.

Non era la prima volta.

L’aveva già fatto in altri ristoranti, la voce si era diffusa in tutta la città.

La mano guantata del maître le

aveva afferrato la spalla, a pochi metri dall’uscita.

Von Arnim aveva seguito la scena dalla vetrata e si era precipitato fuori per dichiarare, con un certo divertito sussiego: «La signorina è con me».

Erano rientrati insieme, si erano seduti al tavolo da cui lui si era alzato per correre a proteggerla. Von Arnim aveva fatto aggiungere un coperto. Avevano ordinato il dessert. E un cognac per finire.

Avevano criticato il cognac e ne avevano voluto provare un altro. Avevano ordinato al maître di scaldare il calice con la mano.

Quello che l’aveva incantato di Fanny, e che adesso affiorava con la dolorosa tenerezza che affligge i vecchi, era la spietata naturalezza.

L’assenza assoluta di vergogna, di spiegazioni, di disagio.

Non l’aveva neppure ringraziato. (38 – Continua)

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino CULTURA 35
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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 36
PUBBLIREDAZIONALE

Lo sguardo dell’Occidente sul mondo orientale

Mostra ◆ Il Kunsthaus di Zurigo racconta un capitolo importante della storia culturale europea

Re-orientations, «ri-orientamenti», il titolo della mostra curata da Sandra Gianfreda, visitabile al Kunsthaus di Zurigo ancora fino al 16 luglio, dichiara in maniera inequivocabile il suo obiettivo: quello di indagare – con un approccio critico che tenga conto dei recenti sviluppi emersi nell’ambito degli studi postcoloniali – lo sguardo che l’Occidente ha rivolto al mondo orientale a partire dalla metà dell’Ottocento.

L’islamofilia ottocentesca si differenzia nettamente e in molti casi si contrappone all’approccio «superficiale» di un Orientalismo in cui prevale la dimensione del sogno

Negli intenti della curatrice non si tratta quindi di proporre l’ennesima mostra sull’Orientalismo, con tutto il suo carico seducente e al contempo ambiguo di esotismo, ma, piuttosto di mettere in evidenza il fenomeno di quella vera e propria «islamofilia» emersa nel corso dell’Ottocento in alcuni circoli ristretti di persone, partendo dalle decisive riflessioni elaborate negli ultimi decenni dal professor Remi Labrusse, che non a caso figura tra i consiglieri scientifici che l’hanno affiancato nell’elaborazione del progetto. Pur non essendo completamente immune dai consueti vizi orientalistici, l’islamofilia ottocentesca, la definizione è dello stesso Labrusse, si differenzia nettamente e in molti casi si contrappone all’approccio «superficiale» di un Orientalismo in cui prevale la dimensione del sogno, della fantasticheria, della passionalità e dell’esotismo.

Quello dell’islamofilia è un fenomeno che caratterizza in modo particolare collezionisti e artisti, categoria, quest’ultima, che in questo caso non include unicamente pittori e scultori, ma in cui sono ampiamente rappresentati gli esponenti delle arti applicate, ed è direttamente legata al ruolo centrale che occupa l’ornamento nella cultura Ottocentesca. Come scrive giustamente Ariane Varela Braga nel suo saggio in catalogo, l’Ottocento è stato il secolo per eccellenza dell’ornamento, considerato la forma artistica in cui si riassume stilisticamente l’essenza di un periodo storico. Nella logica eclettista e storicista che pervade il XIX secolo, attorno all’ornamento si sviluppano così riflessioni teoriche e aspirazioni enciclopediche che sfociano in innumerevoli tentativi di sistematizzazione storica e linguistica il cui apice è indubbiamente costituito da Grammatica dell’ornamento pubblicato nel 1856 da Owen Jones. In questa vera e propria bibbia della decorazione ornamentale, l’arte islamica non può che avere un ruolo di primo piano anche perché rinunciando, per ragioni religiose, alla figurazione essa ha da sempre dovuto cercare altre forme di espressione che non fossero il calco mimetico del reale. Il complesso e pervasivo intreccio di elementi floreali, geometrici e calligrafici tipici della decorazione islamica, a partire da questo momento è considerato elemento linguistico essenziale da inglobare nell’elaborazione di una stilizzazione ornamentale che corrisponda a un’epoca che sulla base

della propria espansione coloniale in ogni angolo del pianeta (ed è questa una contraddizione che la mostra continuamente sottolinea) aspira all’universalismo.

Se un appunto può essere fatto a questa mostra che riesce ottimamente a raccontare un capitolo importante della storia culturale europea riguarda gli inserti di artisti contemporanei che punteggiano il percorso espositivo

Le varie tappe della scoperta ottocentesca dell’arabesco prendono corpo in un allestimento curato indubbiamente con grande attenzione che inanella episodi ben noti di questa vicenda ad altri praticamente sconosciuti: dal collezionismo di Albert Goupils e Karl Ernst Osthaus, alle ceramiche di Théodore Deck, William De Morgen e J. & L. Lobmeyr, dai mobili di Carlo Bugatti agli splendidi e modernissimi abiti disegnati da Mariano Fortuny. Ampiamente noti sono invece i capitoli pittorici di inizio Novecento di questa vicenda, dagli oggetti orientali (tappeti, mobili e ceramiche) che popolano i quadri di Matisse già molti anni prima del suo soggiorno in Marocco nel 1912, al viaggio di Kandinsky e Gabriele Munter in Tunisia nel 1904, cui farà seguito quello di Klee, Macke e Moillet nel 1912. È grazie a queste esperienze che il culto ottocentesco per l’ornamento si salda con l’aspirazione modernista a un linguaggio non figurativo. Un linguaggio puro, non compromesso con le contingenze della quotidianità, quello ricercato dagli artisti delle avanguardie, che aspirava a tradurre nelle forme e nei colori la dimensione spirituale dell’esperienza umana. Attraverso l’opera di questi artisti, l’islamofilia ha finito per convergere e contribuire in maniera decisiva all’elaborazione di alcune delle esperienze più significative della modernità occidentale.

Capitolo piuttosto dimenticato è invece quello di uno dei primi lungometraggi di animazione, L’avventura del principe Achmed di Lotte Reiniger. Film del 1926 ispirato

alle vicende delle Mille e una notte, che visto oggi, in un’epoca di sempre più sofisticati virtuosismi grafici in 3D, appare ancora come un capolavoro assoluto che non ha nulla da

invidiare alle mode del nostro tempo, grazie all’essenzialità delle sue silhouette nere che si rifanno al modello delle ombre cinesi e in cui possiamo trovare un preciso antecedente alle opere dell’artista americana Kara Walker.

Se un appunto può essere fatto a questa mostra che riesce ottimamente a raccontare un capitolo importante della storia culturale europea riguarda piuttosto gli inserti di artisti contemporanei che punteggiano il percorso espositivo. Non sempre, infatti, questi interventi riescono a sfuggire all’impressione di una posticcia volontà di attualizzazione di un discorso storico ben altrimenti fondato. Una volontà che sembra tendere unicamente a mettere in evidenza la dimensione transculturale e l’approccio postcoloniale. Purtroppo, però, al di là delle intenzioni, gran parte di questi interventi non risultano all’altezza degli altri capitoli che la mostra racconta.

Dove e quando

Re-Orientations. Europa und die islamischen Künste, 1851 bis heute, Zurigo, Kunsthaus (Heimplatz); fino al 16 luglio 2023.

Orari: ma, ve e sa 10.0018.00; me e gio 10.00-20.00. www.kunsthaus.ch

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Uno scorcio della mostra Re-Orientations al Kunsthaus di Zurigo. (Foto Franca Candrian, © Kunsthaus Zürich)
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Laetitia Casta a Spoleto

Teatro ◆ Al Festival dei Due Mondi l’attrice interpreta Clara Haskil Giovanni

Il silenzio verde

Saggio ◆ Indagine sulla vita segreta dei colori

Chi è Clara Haskil, la bambina che a 3 anni suona d’istinto tutto quello che ascolta e ripete i brani a memoria; che sviluppa una crescente fobia dei rumori e rimane serrata in silenzi interminabili; che parla poco con la voce roca e incredibilmente grave di un ventriloquo; che ha mani magiche, rimaste bianche e lisce come porcellana fino in tarda età?

Risponde il drammaturgo belga Serge Kribus che nel 2017 ha scritto Clara Haskil, Prélude et fugue: «È una donna sincera, intelligente, sensibile, risoluta, umile, esigente, una donna dal talento eccezionale che ha sfidato il dolore, la malattia, l’isolamento, la guerra, la solitudine, la precarietà, l’umiliazione, una donna che trema sotto la febbre del dubbio e lotta per non rinunciare mai e sorride e guarda e ascolta e condivide e vive per la musica.»

Uno spettacolo che parte dalla fine, la caduta mortale di Clara sui gradini della Gare du Midi di Bruxelles.

Il suo testo è stato riproposto nel cuore del Festival dei Due Mondi di Spoleto in scena fino al 9 luglio con la regia di Safy Nebbou in partenariato fra il Théâtre Coeur de Lattes, L’Espace Carpeaux, Curbevoie et Chateauvallon-Liberté. Protagonista è stata l’attrice francese Leatitia Casta che condivideva la scena «con una musicista, Isil Bengi». «Avevo in mente il film di Elia Kazan Il compromesso (1969), dove Kirk Douglas si rivede bambino», specifica il regista. «Sono partito da questa scrittura, cercando un vai-e-vieni permanente fra l’attrice e la musica.»

Uno spettacolo che parte dalla fine, la caduta mortale di Clara sui gradini della Gare du Midi di Bruxelles e come un carnet intimo di ricordi ed emozioni scritto in prima persona, mescolato a lettere e discorsi diretti, racconta i tanti nomi di Clara:

«Clorico» per le adorate sorelle Jeanne e Lili e la madre Berthe Moscuna (è nata nel 1895 a Bucarest da Isaac Haskil – nome forse che viene dall’ebraico «saggio» – di famiglia ebraica proveniente dalla Bessarabia sotto giogo russo-zarista e da Berthe Moscuna, di famiglia ebraica sefardita fuggita nella Bulgaria ottomana e poi in Romania); «Clara» per le angeliche amiche

che l’assistono nei momenti più tragici della sua vita – Mesdames Gélis madre e figlia, Madame Paul Desmarais, la contessa Pastré dalla quale si rifugia dopo un rocambolesco viaggio con i musicisti dell’Orchestre National nella Francia «libera»; «Clarissima» o «Clarinette» per il leggendario pianista romeno Dinu «Gregorio», «Dottore», «Fratellotto» Lipatti, amico unico per il cui riconoscimento spenderà ogni energia (la moglie Madeleine li definirà «due esseri fatti di luce che potevano in un istante trasformarsi in fanciulli scherzosi»);

«Signorina Haskil» per la munifica mecenate Wynnaretta Singer principessa di Polignac che la ospita nella casa parigina della avenue Henri-Martin dove suona fra l’ammirazione dei musicisti (Poulenc e Henri Sauguet, Jean Françaix, Jaques Février, Jeanne-Marie Darré, Magda Tagliaferro) e l’incredibile noncuranza degli impresari francesi, è la, che durante i ricevimenti si nasconde e finisce in cucina a prendere i pasti con il personale («Allora, voi impedite al mio personale di lavorare?»);

«Musica» («La Musica è venuta a visitarci» scrisse Gustave Doret il critico del «Journal de Génève») per E. W. e Michel Rossier e gli amici svizzeri che portano fino a Marsiglia i soldi per la disperata operazione di rimozione di un tumore alla cavità oculare, effettuata in anestesia parziale, durante la quale Clara muove le mani per vedere se le dita funzionano sempre, digitando il «suo» Concerto in mi bemolle maggiore di Mozart;

«Artista sconvolgente» per la famiglia Gétaz e il mecenate Werner Reinhardt che ottengono dal Governo federale il miracolo di un salvacondotto per Ginevra che la sottrae alle retate dei nazisti e dei collaborazionisti di Vichy, è un’artista sconvolgente («Ignoro da dove venga la vostra musica, signorina», le scrive il generoso Reinhardt. «Scusate la mia emozione e la mia inopportunità. Mi avete sconvolto. Sconvolto, signorina. E vi ringrazio»). Il doganiere che esamina il suo passaporto all’ingresso alla stazione di Ginevra le domanda: «Allora siete voi, signorina Haskil, quella che fa della musica così bella?»; «Enigma» per alcuni dei suoi ma-

estri («la maturità in un cervello di bambina è veramente angosciante») e un «fiore unico» per mostri sacri come George Enescu e Eugène Ysaye, Wilhelm Backhaus e Edwin Fischer, Pablo Casals ed Arthur Grumiaux. L’incanto è riassunto dalle parole dell’amico-pianista Nikita Magaloff: «Non credo di aver subito mai più profondamente il fascino di un suono, quella maniera indefinibile fluida e aerea mi perseguita, come certi profumi che danno alla testa e il cui ricordo non ci lasciano più.»

L’invidia degli Dei non si fece attendere: prima dell’operazione al cervello, viene colpita da una scogliosi sempre più grave che la costringe a passare gli anni della prima guerra mondiale chiusa in un corsetto carapace a Berck-sur-Mer, su al Nord della Francia, nel Pas-de-Calais, allora rinomata stazione di cure elioterapiche e ortopediche. Alle sofferenze fisiche e morali (non può mai suonare) fecero da contrappunto continue bronchiti.

Appena sta per riprendere il volo della carriera, la guerra e le persecuzioni interrompono tutto: come cittadina romena non può più essere ingaggiata in Francia; come ebrea deve fuggire con un viaggio rocambolesco da Parigi a Meudon, via Marsiglia, dalla Pastré. Nessuno però riuscirà a convincere gli impresari francesi a scritturarla (solo in Svizzera riceve ingaggi e concerti con Ansermet, Schuricht, Paul Kletzki a Ginevra, Scherchen a Winterthur).

Ancora oggi un prestigioso concorso pianistico internazionale ricorda il suo legame con il Lemano (dal 25 agosto al 1. settembre 2023 il Clara Haskil di Vevey).

Per colmo di ironia la sua fama mondiale scocca dopo la morte devastante e prematura di Lipatti, l’artista che più ammirava, l’amico perfetto («Ci vuole un bel coraggio a suonare in pubblico dopo di lui»).

Gli Dei avevano deposto l’invidia? No, in pochi anni divenne celebrità mondiale, fino alla caduta, quel maledetto 7 dicembre 1960.

Dove e quando Festival dei Due Mondi di Spoleto, fino al 9 luglio. www.festivaldispoleto.com

Per sedurre un uomo è necessario, fra l’altro, saper accordare il colore degli abiti che si indossano con quello della propria pelle. Lo dice Ovidio nel terzo libro dell’Ars amatoria, proponendosi alle lettrici come scanzonato praeceptor amoris. Non avesse avuto di meglio da fare (in primo luogo, scrivere i quindici libri delle meravigliose Metamorfosi), il grande poeta avrebbe potuto esercitare con profitto la professione di armocromista: vocabolo ignorato dalla maggior parte degli italiani (me compreso) fino allo scorso 25 aprile, giorno in cui si è commemorato il 78esimo anniversario della liberazione del Paese dal nazifascismo, e in cui «Vogue Italia» ha pubblicato un’intervista con la longilinea Elly Schlein, neosegretaria del Partito Democratico e antagonista della brevilinea Giorgia Meloni (che a quanto mi dicono veste Armani). Della lunga intervista, i commenti e i litigiosi dibattiti giornalistici che ne sono scaturiti hanno dato quasi esclusivamente risalto al brevissimo passaggio in cui Schlein dichiarava di essersi avvalsa, a scopo comunicativo, dei ben remunerati consigli di un armocromista: una figura di vecchia data, come si arguisce dai versi di Ovidio citati nel libro di Lauretta Colonnelli che s’intitola La vita segreta dei colori

Tutti i colori e le mezze tinte, con le loro innumerevoli sfumature, sono associabili a un numero non meno grande di «storie di passione, arte e desiderio»

Scrive l’autrice nell’introduzione: «Ho voluto raccontare, in questo libro, la vita segreta e avventurosa dei colori». Perché «segreta»? Perché sono moltissime le nozioni, riguardanti la natura, la percezione e l’uso dei colori, che la più parte di noi ignora completamente o conosce solo in piccola parte. E perché «avventurosa»?

Perché tutti i colori e le mezze tinte, con le loro innumerevoli sfumature, sono associabili a un numero non meno grande di «storie di passione, arte e desiderio», come recita il sottotitolo del libro. Di queste storie (che spesso sono più propriamente degli aneddoti), Lauretta Colonnelli ce ne racconta molte, e tutte risultano assai godibili, sia per la varietà dei personaggi (abbondano i pittori) e per

la diversità dei tempi e dei luoghi in cui si svolgono, sia per la concisione e la nitidezza della scrittura. Di non minore nitidezza sono le pagine più «scientifiche», che con andamento quasi narrativo ci ragguagliano su argomenti quali la formazione naturale o artificiale, le vicende storico-culturali, il valore simbolico e l’uso estetico dei colori, o sulla rara incapacità di percepirli chiamata «acromatopsia» (particolarmente diffusa tra i nativi di una piccola isola del Pacifico, Pingelap), o sul fenomeno percettivo che in ambito psicologico si designa col temine «sinestesia» (associazione sincronica di sensazioni diverse dovuta alla stimolazione di un solo organo di senso. Si vedano ad esempio, in ambito letterario, il «silenzio verde» di un noto sonetto di Carducci, o il ben più famoso sonetto di Rimbaud, in cui le vocali A, E, I, U, O, vengono associate, nell’ordine, al nero, al bianco, al rosso, al verde, al blu).

È un libro che si può leggere «saltando disordinatamente» da un capitolo o da un sottocapitolo all’altro

Ne La vita segreta dei colori, chi fa la parte del leone è il rosso, a cui sono specificamente dedicati tre capitoli intitolati La superbia della porpora, La vanità del cremisi, Guerre scarlatte Ma del rosso, e delle sue sfumature, si parla anche in vari passaggi di alcuni degli altri trentasei capitoli che compongono il libro. Senza volere in alcun modo confrontarsi coi saggi fondamentali di Michel Pastoureau, il libro di Lauretta Colonnelli sa essere particolarmente interessante per la ricchezza dei dati che fornisce, e di piacevolissima lettura per l’esattezza e il tono affabile dell’elocuzione. È un libro che si può leggere, come suggerisce la stessa Colonnelli, «saltando disordinatamente» da un capitolo o da un sottocapitolo all’altro (magari incuriositi da titoli come L’infelice destino del marrone, Scarpe gialle e stivaletti azzurri, Passioni tossiche, L’audacia delle strisce bicolori, Quando i colori presero a cantare), oppure ordinatamente «come un unico, lungo racconto».

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 3 luglio 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino CULTURA 39
Laetitia Casta. (© Nicolas Valois ) Bibliografia Lauretta Colonnelli, La vita segreta dei colori, Marsilio, Venezia, 2023. Una tavolozza di colori. (Pixabay)

Hit della settimana

4. 7 – 10. 7. 2023

33%

Lattuga e cuori di lattuga (prodotti bio e Demeter esclusi), per es. lattuga cappuccio, Svizzera, il pezzo, 1.– invece di 1.50

50%

9.70 invece di 19.40

40%

Chicken Crispy Don Pollo prodotto surgelato, in conf. speciale, 1,4 kg

20%

Tutto l'assortimento Citterio Italia, per es. salame Riserva, 90 g, 4.75 invece di 5.95, in self-service

a partire da 2 pezzi 30%

Avocado Migros Bio Perù, al pezzo, 1.35 invece di 1.95, offerta valida dal 6.7 al 9.7.2023

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti.

conf. da 3 32%

9.95 invece di 14.85

Bratwurst di vitello, IP-SUISSE 3 x 2 pezzi, 840 g, offerta valida dal 6.7 al 9.7.2023

Carta igienica o salviettine igieniche umide Hakle in confezioni multiple o speciali, per es. pulizia seducente, FSC®, 24 rotoli, 17.90 invece di 29.85

Validi gio. – dom.

conf. da 6 50%

Acqua minerale Aproz disponibile in diverse varietà, 6 x 1,5 l, 6 x 1 l e 6 x 500 ml, per es. Classic, 6 x 1,5 l, 3.10 invece di 6.20, offerta valida dal 6.7 al 9.7.2023

imbattibili weekend del Prezzi

4. 7 – 10. 7. 2023

Il nostro consigliosettimana:della

Settimana Migros Approfittane e gusta

30%

Ali di pollo Optigal Summer Edition BBQ e al naturale, Svizzera, per es. Summer Edition BBQ, al kg, 8.75 invece di 12.50, in self-service

37%

1.80 invece di 2.90

33%

Bistecche di scamone di maiale marinate Grill mi, IP-SUISSE in conf. speciale, 4 pezzi, per 100 g

40%

Tutto l'assortimento

Migros Topline, Fresh, Sistema, Glasslock e Cuitisan Candl (prodotti Hit e borracce esclusi), per es. contenitori per congelatore

Migros Topline, 5 x 0,75 l, 2.95 invece di 4.90

30%

Tutte le noci e le noci miste Party per es. Honey Nuts, 200 g, 2.15 invece di 3.10

Lattuga e cuori di lattuga (prodotti bio e Demeter esclusi), per es. lattuga cappuccio, Svizzera, il pezzo, 1.– invece di 1.50

30%

le capsule Delizio, 48 pezzi per es. Fortissimo, 13.90 invece di 19.80

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti.

Offerte valide dal 4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock.

Migros Ticino
Tutte a partire da 3 pezzi a partire da 2 pezzi

Per rinfrescarsi di gusto

a partire da 2 pezzi

20%

Halloumi Taverna classic, con basilico e biologico, per es. classic, 250 g, 3.90 invece di 4.85

40%

2.95

invece di 4.95

IDEALE CON

Pesche piatte Spagna/Italia, al kg

25%

Cetrioli Migros Bio e Demeter Svizzera, per es. Migros Bio, il pezzo, 2.20 invece di 2.95

Frutta e verdura 2
Migros Ticino

4.40

CONSIGLIO FRESCHEZZA

Benché le fragole siano composte per il 90% di acqua, contengono molti sali minerali e più vitamina C delle arance. Asciutte e in un colino, si conservano per 2 o 3 giorni in frigorifero. Consiglio: gli amanti degli smoothie possono frullarle e versarle negli stampini per il ghiaccio. In congelatore si conservano così per un anno.

3 Offerte
4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock.
valide dal
Migros Ticino
invece
21%
di 5.60 Fragole Svizzera/Paesi Bassi,
vaschetta, 500 g
invece
20% 2.60 invece
3.30 Melone
21% 1.95 invece di 2.60 Peperoni
25% 4.40 invece di 5.95
26%
Tutta la frutta con nocciolo Migros Bio e Demeter per es. nettarine Migros Bio, Spagna/Italia/Francia, al kg, 5.20
di 6.50
di
Charentais Spagna/Francia, al pezzo
misti Paesi Bassi, 500 g, confezionati
Uva Vittoria Italia, al kg

C’è aria di estate

di lombata di maiale BBQ Grill mi, IP-SUISSE per 100 g, in self-service, in vendita nelle

e salumi 4 Migros Ticino Succosa bontà, con marinata barbecue agrodolce e speziata Ora con carne di maiale 9.70 invece di 19.40 Chicken Crispy
prodotto surgelato, in conf. speciale, 1,4 kg 50%
Spiedini di
mi Svizzera, per
g,
in vendita nelle maggiori filiali 20x CUMULUS Novità Fettine di pollo Optigal marinate o al naturale, Svizzera, per es. marinate, per 100 g, 2.85 invece di 3.40, in self-service 15%
Bistecche
filiali 20x CUMULUS Novità 5.95 invece di 8.40 Prosciutto
2 x 120 g conf. da 2 29%
invece di 5.90 Entrecôte
20%
invece di 4.15 Pancetta
3.95 invece di 4.95 Cappello del prete (Picanha), IP-SUISSE per 100 g, in self-service 20%
Carne
Don Pollo
2.90
maiale alla ussara Grill
100
in self-service,
2.50
maggiori
cotto in crosta Tradition, affettato finemente, IP-SUISSE
4.70
di manzo Black Angus M-Classic Uruguay, in conf. speciale, 2 pezzi, per 100 g
2.65
arrotolata prodotta in Ticino, per 100 g, in self-service 35%
5 Offerte valide dal 4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock. Migros Ticino Solo da riscaldare e pronti per essere gustati Tutto l'assortimento Citterio Italia, per es. salame Riserva, 90 g, 4.75 invece di 5.95, in self-service 20% 5.95 invece di 7.90 Prosciutto crudo dei Grigioni affettato sottilmente, IP-SUISSE in conf. speciale, 160 g 24% 1.90 invece di 2.75 Costine di maiale marinate Grill mi Svizzera, per 100 g, in self-service 30% Tutti i prodotti Anna's Best Grill mi per es. Spare Ribs, già cotte, Svizzera, per 100 g, 2.80 invece di 3.50, in vendita nelle maggiori filiali 20% 3.–invece di 4.15 Salametti di cervo prodotti in Ticino, 2 pezzi, per 100 g, in self-service 25% 1.95 invece di 2.30 Costine di maiale Svizzera, per 100 g, in self-service 15% 4.20 Hamburger di manzo Black Angus, IP-SUISSE Svizzera, prodotti e imballati in filiale, per 100 g, al banco a servizio Hit

Protagonisti nel piatto

Grande tenerezza e pochissimi grassi

7.95

10.50

In vendita ora al bancone

20%

Pesce svizzero al bancone per es. filetti di coregone, d'allevamento, per 100 g, 4.70 invece di 5.90

Pesce e frutti di mare
invece
Filetti
di 10.20
di platessa M-Classic, MSC pesca, Atlantico nordorientale, in conf. speciale, 300 g
invece di 20.50 Salmone
Migros Bio d'allevamento,
in conf. speciale,
g 31%
invece di
Gamberetti
d'allevamento,
conf. speciale,
21%
22% 14.–
affumicato
Norvegia,
260
13.–
16.55
tail-off cotti Migros Bio
Indonesia, in
240 g
invece di
Bastoncini
conf. da 2 30%
15.–
di merluzzo Pelican, MSC prodotto surgelato, 2 x 720 g

E ottimi comprimari

Il nostro pane della settimana: la crosta croccante emana un intenso profumo di tostatura, la mollica chiara e soffice ha un piacevole sapore acidulo.

conf. da 3

19%

Pain Sarment Bake me!, IP-SUISSE chiaro o rustico, per es. chiaro, 3 x 2 pezzi, 900 g, 7.95 invece di 9.90

3.20 Twister chiaro cotto su pietra Migros Bio 360 g, prodotto confezionato

Diverse varietà di biscotti in offerta

conf. da 3

33%

5.90 Madeleine al cioccolato 20 pezzi, 550 g, prodotto confezionato

5.–

Berliner con ripieno di crema in conf. speciale, 4 pezzi, 400 g

Biscotti freschi

discoletti, nidi alle nocciole o biscotti al cocco, per es. discoletti, 3 x 207 g, 6.40 invece di 9.60

7 Offerte valide dal 4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock.
Pane e prodotti da forno
Hit
Hit

Voilà: la crème de la crème

LO SAPEVI?

Gli yogurt Excellence sono prodotti in Svizzera e arricchiti con panna che li rende particolarmente cremosi. Sono disponibili in diversi gusti, tra cui truffes, caramello, fragola o anche come articoli stagionali come per es. banana split.

8 Migros Ticino
conf. da 2
Formaggi e latticini
Cottage Cheese M-Classic all'erba cipollina o al naturale, per es. all'erba cipollina, 2 x 200 g, 3.40 invece di
4.–
15%
6.–
invece di 7.50
conf.
3 20% 5.95 invece di 7.–Panna intera UHT Valflora, IP-SUISSE 2 x 500 ml conf. da 2 15%
Caffè Lattesso Fit, Zero o Cappuccino, per es. Fit, senza lattosio, 3 x 250 ml
da
Tutti gli yogurt Excellence per es. ai truffes, 150 g, –.85 invece di 1.05 a partire da 4 pezzi 20% 4.70
Hit
Tomino
al cartoccio 200 g

Senza

Consiglio: farcire una fetta di pane con il formaggio e dei fichi e cuocere in forno

9 Offerte valide dal 4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock. Migros Ticino
lattosio
Intero assortimento Chavroux per es. Chavroux,, 150 g,, 3.35 invece di 4.20
Emmentaler piccante Migros Bio 250 g, prodotto confezionato 20x CUMULUS Novità 4.30 invece di 5.40 Le Gruyère grattugiato, AOP 2 x 120 g conf. da 2 20% 1.85 invece di 2.30 Le Gruyère surchoix, AOP per 100 g, prodotto confezionato 19% 7.–invece di 8.90 Formaggio di pecora al naturale Salakis 2 x 200 g conf. da 2 21% 2.50 Fette dolci Mini Babybel 5 fette, 100 g 20x CUMULUS Novità 2.15 invece di 2.55 Quadratini per 100 g 15% 2.35 invece di 2.95 Canaria Caseificio per 100 g, confezionato 20%
e conservanti
20% 2.70

Ottime occasioni per far scorta

Tutto l'assortimento di müesli Farmer per es. Croc mela e cannella, 500 g, 3.60 invece di 4.50

Dalla tostatura dolce, media o robusta

20%

Fette croccanti Le Pain des Fleurs disponibili in diverse varietà, per es. fette alle castagne, 150 g, 3.95 invece di 4.95

33%

Caffè istantaneo, in chicchi e capsule Dolce Gusto® Starbucks per es. Pike Place Roast in chicchi, 450 g, 7.– invece di 9.95

5.60

Scorta 10
partire
2 pezzi
a
da
20%
invece di 8.40
conf. da 4
Farina bianca M-Classic, IP-SUISSE
4 x 1 kg
a partire da 2 pezzi
30%

20%

Tutto l'assortimento di sottaceti e di antipasti Condy per es. cipolline sottaceto, 125 g, 1.35 invece di 1.70

conf. da 6 28%

Conserve di frutta Sun Queen disponibili in diverse varietà e in confezioni multiple, per es. fette di ananas, Fairtrade, 6 x 140 g, 5.40 invece di 7.60

30%

Tutte le salse Salsa all'Italiana per es. basilico, 250 ml, –.90 invece di 1.30

a partire da 2 pezzi 30%

Tutti i condimenti Anna's Best e Frifrench per es. French Dressing Anna's Best, 1 l, 5.60 invece di 7.95

11 Offerte valide dal 4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock.
Grande scelta di dressing, per quando si va di fretta

Ancor più delizie a prezzi deliziosi

Pasta fresca Garofalo ravioli ricotta e spinaci o tortellini prosciutto crudo, in conf. speciale, per es. ravioli, 500 g

20%

4.40 invece di 5.90

Rigatoni o spaghetti Garofalo 2 x 500 g

Tutto l'assortimento Mister Rice bio per es. carnaroli, 1 kg, 4.40 invece di 5.50

Un gusto ricco di sentori di noci

20x CUMULUS Novità

Involtini primavera J. Bank's prodotto surgelato, con pollo o verdure, per es. con pollo, 2 x 6 pezzi, 740 g, 9.80 invece di 14.–

4.50 Rice Bowl plant-based V-Love prodotto surgelato, 400 g

20x CUMULUS Novità

3.70

Quinoa bio multicolore Alnatura 500 g

Scorta 12
30%
conf. da 2 30% La Pizza 4 stagioni o Margherita, per es. 4 stagioni, 2 x 420 g, 11.90 invece di 17.–conf. da 2
Conf. da 2 25%
9.75 invece di 13.–25%

LO SAPEVI?

Dalla prima colazione con pane fresco e frutta all'aperitivo con birra e vino: su Migros Online puoi scegliere tra oltre 12 000 prodotti. Ordina in tutta semplicità su migros.ch e fatti consegnare la spesa. All’insegna della comodità, non pensi?

Bevande 13 Offerte valide dal 4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock. servireConsiglio: con ghiaccio e fette di arancia Tutto l'assortimento Tuca per es. Grapefruit, 6 x 1,5 l, 7.50 invece di 12.50 conf. da 6 40% Sciroppi in bottiglie di PET 750 ml o 1,5 l, per es. ai lamponi, 750 ml, 2.75 invece di 3.70 25% Bottiglia in PET riciclato al 100%
Puro refrigerio, per gli aperitivi o i compleanni dei bambini
8.50 invece di 10.95 Crodino 6 x 175 ml conf. da 6 22%

Sfizi che rinfrescano e altri che riscaldano

Dolce e salato 14 Il dessert perfetto dopo i gavettoni Con una piccola sorpresa Snack Zweifel o Joujoux Zweifel in confezioni speciali, per es. Joujoux alla paprica, 3 x 42 g, 3.70 invece di 4.65 conf. da 3 20% Tutto l’assortimento di cioccolato Frey per es. mini Risoletto Classic, 210 g, 3.40 invece di 4.20 a partire da 2 pezzi 20% 4.–invece di 5.–Magdalenas M-Classic marmorizzate o al limone, 2 x 225 g conf. da 2 20% 5.40 invece di 8.10 Petit Beurre con cioccolato al latte o fondente, 3 x 150 g conf. da 3 33% Tutti i
aperitivo Party per es.
invece di
a partire da 2 pezzi –.30 di riduzione 6.55 invece di 13.10 Ghiaccioli Ice Party surgelati, assortiti, in conf. speciale, 16 pezzi, 1008 ml 50% 8.50 invece di 15.50 Fruit Mix Sugus in conf. speciale, 1 kg 45%
salatini da
cracker salati, 210 g, 1.65
1.95

Freschezza e protezione, giorno e notte

Bellezza e cura del corpo 15 Offerte valide dal 4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock. Profumi irresistibili La protezione solare giusta per ogni tipo di pelle Tutto l'assortimento Sun Look (confezioni multiple escluse), per es. Basic Milk IP 30, 200 ml, 6.80 invece di 8.50 a partire da 2 pezzi 20% Tutto l'assortimento Ceylor e Cosano (confezioni da viaggio escluse), per es. Cosano Regular, 10 pezzi, 3.75 invece di 4.95 a partire da 2 pezzi 25% 3.90 invece di 5.85 Prodotti per la doccia I am Men per es. 3 in 1 Energy, 3 x 250 ml conf. da 3 33% Deodoranti Nivea Men per es. roll-on Dry Impact, 2 x 50 ml, 4.80 invece di 6.40 conf. da 2 25% 7.40 invece di 9.90 Deodoranti Axe per es. Africa, in spray, 2 x 150 ml conf. da 2 25%

Pratico e conveniente

LO SAPEVI?

Grazie alle proprietà dei gusci di noci, per un periodo fino a 12 settimane l'aria emessa dall'aspirapolvere sa davvero di fresco.

E questo senza plastica!

Il prodotto sostituisce il deodorante per aspirapolvere profumato, che conteneva anche microplastiche. Basta aspirare il contenuto di una bustina quando si inizia a passare l'aspirapolvere ed ecco che già si diffonde una fresca fragranza.

Carta igienica o salviettine igieniche umide Hakle in confezioni multiple o speciali, per es. pulizia seducente, FSC®, 24 rotoli, 17.90 invece di 29.85

10.95 Detersivo Perwoll per es. Wool & Delicates, 1,375 l

Casalinghi 16
Deodorante
sacchetti
CUMULUS Novità
3.95
per aspirapolvere Migros Fresh 3
20x
40%
CUMULUS Novità
20x

2.50 Carta per uso domestico M-Budget 2 rotoli

a partire da 2 pezzi 50%

Tutti gli ammorbidenti e i profumi per il bucato Exelia (confezioni multiple e speciali escluse), per es. profumo per il bucato Purple Dream, 210 g, 3.95 invece di 7.90

Benvenuti nella famiglia

di detersivi Migros

2.65 Panni detergenti in microfibra M-Budget 4 pezzi

20x CUMULUS Novità

12.95 Persil per es. Color Kraft-Gel, 900 ml

2.80 Spazzole per stoviglie M-Budget 4 pezzi

17 Offerte valide dal 4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock.
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Per chi ha buon fiuto per le offerte

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Tutte le scarpe per adulti (prodotti Hit esclusi), per es. Sneaker unisex Court bianche, il paio, 20.95 invece di 29.95

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Tutti i pannolini Rascal + Friends (confezioni multiple escluse), per es. Newborn 1, 23 pezzi, 5.35 invece di 7.95

E il bagnetto sarà un vero spasso!

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6.90 Bomba da bagno Craze Paw Patrol o Peppa Pig, il pezzo

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Exelcat Natüürli

Top mix, mix di pollame o di carne, 4 x 85 g, per es. Top mix, 3.95

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79.95 invece di 119.–

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8.95 invece di 9.95

Tagliare per la lunghezza e in obliquo

Altoparlante Bluetooth Sound Joy Huawei spruce green, al pezzo

Girasoli M-Classic mazzo da 5, il mazzo

9.95 Phalaenopsis in vaso di ceramica disponibile in diversi colori, in vaso da 9 cm, per es. fucsia, per vaso

Varie 18 Offerte valide dal 4.7 al 10.7.2023, fino a esaurimento dello stock.
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Hit

Prezzi imbattibili del weekend

Solo da questo giovedì a domenica

conf. da 3 32%

9.95 invece di 14.85

Bratwurst di vitello, IP-SUISSE

3 x 2 pezzi, 840 g, offerta valida dal 6.7 al 9.7.2023

a partire da 2 pezzi

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Avocado Migros Bio

Perù, al pezzo, 1.35 invece di 1.95, offerta valida dal 6.7 al 9.7.2023

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Acqua minerale Aproz disponibile in diverse varietà, 6 x 1,5 l, 6 x 1 l e 6 x 500 ml, per es. Classic, 6 x 1,5 l, 3.10 invece di 6.20, offerta valida dal 6.7 al 9.7.2023

19

20% su tutto l’assortimento V-Love

In vendita nelle maggiori filiali Migros. Da questa offerta sono esclusi gli articoli già ridotti. Offerte valide dal 4.7 al 17.7.2023, fino a esaurimento dello stock.

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