Bella Addormentata di Ermanno Di Sandro

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PARTE I Dal sogno americano a un naufragio famoso

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Capitolo I Ritorno al passato È un caldo pomeriggio di pieno agosto. Sono un po’ frastornato dalla canicola che mette a dura prova la mia resistenza, ma mi accingo ugualmente a scrivere qualcosa di importante, di molto importante. È il 2011, e cinquantacinque anni fa avvenne qualcosa di estremamente angosciante, di indicibile e incommensurabile gravità, che sconvolse completamente la vita di chi mi ha messo al mondo. Posso dire che ne presi coscienza otto anni fa, quando, quasi casualmente, ed un po’ per curiosità, mi imbattei in quelle terribili immagini sulla sciagura di una nave, sulla quale viaggiavano, in cerca di un nuovo mondo, due passeggeri con la loro meravigliosa bambina. La nave era la “grandiosa e gloriosa” Andrea Doria, ed i due sfortunati passeggeri erano i miei adorati genitori, Tullio e Filomena, detta affettuosamente “Filina”. La bambina era la mia sorellina, Norma, mai conosciuta, perché sarei nato solo poco più di due anni dopo quella tragedia, e la sua prematura scomparsa. Le immagini appartenevano ad un sito Internet americano, ed erano di una crudeltà inaudita, il cui impatto fu per me ancora maggiore trattandosi di foto che coinvolgevano i miei più intimi affetti, il passato dei miei, di una bambina che nulla aveva commesso per non dover più vivere, che chissà quale vita “migliore”, quale destino diverso avrebbe avuto se quelle due navi, l’Andrea Doria per l’appunto e la Stockholm, non si fossero mai incrociate, in quella notte maledetta. Quelle immagini cambiarono completamente la mia coscienza ed il ritmo tranquillo dei miei giorni, riempiendomi di angoscia e di orrore, e per la prima volta capii quanto sarebbe stato impossibile per i miei raccontare quei terribili fatti, perché io e le mie due sorelle non avremmo potuto mai immedesimarci, capire, ripercorrere il terrore, le angosce, le paure, i vuoti che conobbero 17


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mamma e papà. Non avremmo capito appieno il trapasso dalla vita e dalla felicità alla morte e al nulla, dalla gioia di un futuro radioso e pieno di speranze alla devastazione totale e all’annientamento di sogni e promesse, e della speranza di una vita migliore. I miei genitori ci avevano sempre tenuto all’oscuro di tutto, anche perché non era loro intenzione rivivere quei momenti di puro smarrimento, di affanno, di depressione per aver perso tutto, ma soprattutto per la perdita del loro gioiello più caro, la bellissima figlia. E noi figli niente chiedevamo in merito, perché era come imbattersi in un passato invisibile, cancellato definitivamente dalla memoria, familiare e collettiva. C’era una zona d’ombra che neanche lontanamente immaginavamo, a noi mai illustrata o spiegata da nessuno, né tanto meno dai genitori, per cui vivevamo sereni, felici, totalmente ignari di quanto fosse successo appena pochi anni prima... Per i miei quel limite non andava varcato, perché non era giusto, per noi, per loro, per il futuro di tutti. Ma a volte si percepiva ugualmente qualcosa, o si ascoltava qualche discorso in proposito, e notavamo il loro imbarazzo e turbamento. La nostra casa americana recava qualche sua fotografia, quella di Norma, e mamma e papà si limitavano a dire che si trattava di un angioletto, di una lontana sorellina che stava in Paradiso, nulla più. E per noi la vita continuava a scorrere tranquilla... Certo, è davvero incredibile come in un solo istante – è oggi la mia triste riflessione – si possa mettere fine a tutto, possa terminare una vita, come possa cambiare il corso degli eventi, della nostra stessa esistenza. Basta un attimo, e poi più nulla, come disciolto nell’acqua, come dissolto nell’aria. Basta un alito di vento, quello della cattiva sorte e della sfortuna, per farci deporre i sogni in una cassa, quella dell’oblio e dell’ingiustizia umana. Le riflessioni che riporto furono anche in parte quelle, seppur rare, di mia madre, che pure mi colpirono poco tempo fa. Certo, se mia sorella Norma non fosse tragicamente deceduta a seguito di quegli eventi, io e le altre due mie sorelle non saremmo nati, o sicuramente non così. Portandoci addosso forse inconsapevolmente quei lontani traumi, trasmessi indirettamente – sicuramente senza volerlo – dai genitori. Io, in particolare, penso che avrei avuto qualche fobia in meno, essendo oggi costantemente soggiogato dall’ansia e da mille paure, seppure abbia una volontà di ferro. Se fosse vissuta, e se la tragedia non si fosse mai consumata, gli eventi, la vita stessa dei miei genitori, e di mia 18


Bella addormentata (Andrea Doria 1956)

sorella, sarebbero andati diversamente. Forse Norma si sarebbe ambientata definitivamente proprio lì, negli Stati Uniti d’America, e non sarebbe più tornata in Italia, premessa iniziale ed un po’ ingenua dei miei: “Andremo in America solo per pochi anni, per poter mettere da parte i soldi necessari per acquistarci una casa tutta nostra, ma in Italia, e per assicurare un avvenire più roseo e fiorente alla nostra piccola...” Queste erano le condizioni, dettate da mamma a mio padre, il cui entusiasmo era certamente superiore al suo. Le donne generalmente tendono a “tirare i remi in barca” in modo più utilitaristico, mentre gli uomini sognano grandi scenari, ricchezze, eldoradi, successi... Penso che tutto ciò dipenda da una diversa struttura mentale e del cervello tra i due sessi, ed i miei non facevano eccezione a questa semplice quanto elementare regola. Forse oggi mia sorella sarebbe una manager, laureata, sposata con dei figli americani, chi può dirlo?, e starebbe ancora nel Nuovo Mondo, mentre i miei comunque sarebbero tornati, per vivere la loro seconda o terza età nuovamente qui, nella loro bella Italia. O forse si sarebbero integrati anche loro, come tanti altri Italiani, e sarebbero venuti in Italia ogni due anni solo per le vacanze estive. Quando osservo mia moglie Caterina, detta Katia, spesso rivedo il volto di quella mia “lontana”, ma anche così vicina, sorellina, perché le date di nascita sono così vicine: 1° settembre 1952 per Norma, 7 gennaio 1953 per Katia. Perché spezzare la vita ad una così nobile creatura, perché così prematuramente? Che senso ha?, chiedo a Dio così come glielo domandarono anche i miei, sicuramente. Ma gli eventi della vita, un senso, lo hanno già dato, facendomelo capire in due occasioni. La prima volta mi fu spiegato da una mia ex “fiamma”, che mi disse anche che l’avrei incontrata ancora una volta in una seconda vita, a distanza di duecento anni, e che i nostri incontri, già avvenuti in passato, si sarebbero sempre rinnovati scandendo quel lunghissimo intervallo di tempo. In quell’occasione mi rivelò cose sconvolgenti quanto meravigliose e cariche di speranza, come la certezza che Norma mi avrebbe sempre guidato, essendo il mio angelo custode e quello della mia famiglia, aiutandomi e “correggendo” i miei errori, lungo gli irti sentieri della vita. Mia sorella era stata chiamata in cielo per ricoprire il grado più elevato nella gerarchia degli angeli, destino generalmente riservato 19


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ai bambini, soprattutto a quelli dalle sembianze quasi angeliche, come nel suo caso, che muoiono prematuramente, spesso tragicamente. Ebbi l’impressione che quella donna fosse comparsa nella mia vita proprio grazie a Norma ed alla sua potenza divina, per potermi riferire quelle cose. La seconda volta mi è stato spiegato indirettamente dal contenuto di una lettera ricevuta dai miei in America qualche mese dopo il naufragio, e spedita da una suora italiana, che prestava la sua assistenza in un orfanotrofio in Calabria. La lettera, che ho letto solo ieri, recitava così: Pax Christi! 30 novembre 1956 Afflittissimi Genitori Di Sandro, Con molto ritardo rispondo alla Loro con le accluse dell’Angioletto che hanno perduto! Hanno ragione di sentire una ferita al cuore, che non si potrà mai rimarginare!!! Era molto bella la Loro creatura, e dalle sue fattezze belle, affascinanti e attrattive, si vede, ch’era un fiore, non per profumare la terra arida e spinosa, ma era bella, per profumare le aiuole del Paradiso! La Loro Norma era un Angioletto destinato a cantare le Glorie di Dio, come sanno cantare gli Angeli, e dall’immensa vastità del mare è volata agl’immensi spazi del Cielo! Non è poesia la mia, ma è una realtà, realtà dettaci da Gesù, confermata dalla Chiesa, che noi un giorno ci uniremo per sempre, per sempre con i nostri cari morti!!! Sicché la Loro Norma non è morta, ma vive tra gli Angeli, tra le braccia di Gesù, sotto il manto della Regina del Cielo! La Loro Norma è accanto a Voi, Vi segue, Vi ama, prega continuamente per Voi, che non fate che lacrimare, per la Sua perdita! Vi conforti il pensiero della mamma di S. Agnese che non faceva che lacrimare sulla morte atroce della sua unica figlia. E piangeva, piangeva, povera madre. Quand’ecco all’8° giorno del martirio subìto, le apparve la figlia Agnese, circonfusa di luce, di gloria e di bellezza, con uno stuolo di altre Vergini e, dolcemente, rimproverò la madre, per le sue lacrime, dicendole: ‘Madre mia, cessate dal lacrimare, perché il vostro amore eterno, mai mi avrebbe potuto dare, la gloria, la felicità, la ricchezza che godo qui, e che per sempre godrò! Gioite invece della mia dipartita, ché presto, presto venite a raggiungermi, e staremo uniti per tutta l’eternità!’ La madre di S. Agnese non pianse più, ma gioiva nel sapere la felicità che godeva sua figlia. Lo stesso vorrei dire a Voi: “Non piangete più, che il 20


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Vostro Angioletto gode la visione beatifica di Dio, e un giorno Vi riunirete per sempre!” Lo so ch’è una cosa consolare, e un’altra il soffrire, ma con la fede e la rassegnazione, a tutto si arriva, aiutati con la grazia del Signore. Al lettino abbiamo già messo la foto del Loro Angioletto dove facciamo dormire una nuova bambina ricoverata di cui le accludo la foto, e sebbene si chiami Ida, noi la chiamiamo Norma. Lo so, non è bella come la Loro Norma, ma pel momento chiamiamo così questa, fino a quando non si presenterà qualche altra bambina che più le somiglierà. Questa bambina ha quattro anni, ed è orfana di madre. Adesso noi la chiamiamo Norma e la bambina n’è tanto contenta. Comprendo benissimo il Loro martirio, il Loro vuoto e lo strazio del Loro cuore al pensiero di quella notte tragica e più della perdita del Loro caro tesoro! Sì, hanno ragione, con essa hanno tutto perduto e nessuna cosa più li allieta! Hanno ragione... la Loro piccola era il Loro Tutto! Ma è necessario che adesso Loro comincino a calmarsi e cercheranno di far del bene a delle bambine bisognose, che pregheranno per il Loro cristiano e rassegnato conforto! Nelle nostre preghiere Li raccomandiamo caldamente, e con i nostri cari saluti, gradiscano quelli delle nostre orfanelle, che tanto affetto sentono per la Loro Norma e tanta compassione hanno per il Loro dolore! Li ricorderemo sempre e nello scambiarci notizie e saluti alimenteremo la santa amicizia nel Signore. Con religiosi saluti ed ossequi, mi creda Dev.ma in Corde Iesu Sr. Eufrasia di Gesù Leggendo questa missiva, questi cinquantacinque anni non sembrano mai trascorsi, tanto sono vicini ad oggi per la crudezza degli eventi, e per le rievocazioni che, continuamente, vengono fatte sui mass-media. Sembra che ieri sia ancora oggi, e che l’oggi sia ancora il passato, tanto vivo è il ricordo di quei tragici e luttuosi eventi! Esattamente come feci otto anni fa, dopo aver vissuto anch’io quella tragedia, sia pure indirettamente, scrutando e leggendo la drammaticità di quelle immagini telematiche raccapriccianti, adesso mi sposto mentalmente da dove mi trovo e scrivo, nel mio studio di Teano, e faccio tappa al cimitero di S. Bernardino a Marzano Appio, distante non più di quindici chilometri in linea d’aria, dove fu costruito nel 1966, dieci anni dopo l’affondamento, il sepolcro di quella sfortunata bambina, da una ditta artigiana del posto, quella del maestro marmista Benedetto La Motta. 21


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La tomba, in pietra di marmo bianca, dalle linee eleganti e sobrie, ha vagamente la forma allungata di una nave, e porta all’altezza di una delle due testate la statua di un angelo che, inginocchiato, prega rivolto verso una sorta di tabernacolo, delimitato da quattro pilastrini, una lastra di chiusura, e tutt’intorno da vetri di protezione. All’interno, in alto, la fotografia della bambina sorridente in tutto il suo splendore, di forma ovoidale, ed un bassorilievo scolpito nella lastra raffigurante un angelo che tira su dalle onde una piccina, mentre la nave affonda. Una finta lucerna con una lampadina è perennemente accesa. Più in basso, al di fuori della vetrinetta, si legge una breve composizione, toccante quanto bellissima, in lettere metalliche luccicanti che risplendono al di sopra di un’altra lastra di marmo bianco, la quale fu tratta da un’immaginetta stampata dopo il trapasso: Il mare ed una nave circonfusi di trepide speranze furono il sogno tuo Norma splendida come un fiore fragile come un’onda bella come una principessa nelle fiabe. E il mare ti rapì geloso del tuo fascino soave nella notte tremenda. Ora come una vela libera ed azzurra navighi sola verso i lidi eterni. Noi sbigottiti nel buio della vita atterriti dal male t’imploriamo: Norma nostr’angelo di luce guidaci in questo abisso di dolore. La desolazione che vi si percepisce in tutta la sua drammaticità non può essere attutita da una pianta di rose rosse che, da oltre quarant’anni, vive giusto davanti al sepolcro, in posizione 22


Bella addormentata (Andrea Doria 1956)

simmetrica, né tanto meno dai fiori contenuti negli eleganti vasi di marmo bianco, ai margini dell’altra testata. Sei basse colonnine, tre per ogni lato, sollevano cinque catene di bronzo, quasi a delimitare il corpo principale sottostante che conserva la cassa di zinco con le povere spoglie della bambina. Non posso pensare che quella tomba ha già sopportato quarantacinque anni di intemperie, di gelo, di sole accecante e caldissimo, di vento e neve, e che sia l’unica protezione per quegli ossicini, per i quali provo una pietà ed un amore estremi. Non fu facile il trasporto di quell’immacolato corpicino, dall’America all’Italia, dieci anni dopo la tragedia, ma la forza di Dio, che ispirò mia madre, le diede tutto il sostegno e la fortuna possibili. Ironia della sorte, la cassa fu trasportata, appunto nel 1966, sulla splendida nave gemella dell’Andrea Doria, la Cristoforo Colombo, in uno dei suoi ultimi viaggi, se non l’ultimo, su quella rotta. Nel 1981, venticinque anni dopo il naufragio, la tomba, improvvisamente, s’inclinò verso destra, per cause mai chiarite, proprio come era accaduto alla nave che, speronata, s’inclinò di oltre 20° sul lato di dritta. Si disse che fosse stato il terremoto ma, chissà perché, nessun’altra tomba o cappella subì la stessa sorte. L’osservazione è stata fatta da me solo qualche anno fa, come fossi “ispirato”, esattamente a distanza di 50 anni dall’affondamento, il 26 luglio 2006: non credo alla stranezza delle coincidenze, perché ce ne sarebbero troppe da raccontare per essere delle semplici coincidenze, come certamente farò al termine del libro. Otto anni fa ero sconcertato, confuso e addolorato, e sotto un cielo assolato pregai, per Norma, per me, per tutti i miei cari, ma oggi sono più sollevato. Sempre otto anni or sono, dopo quella visita, ricordo che volli percorrere materialmente una stradina secondaria, che mi portò in alto, in località Macini, da dove si godeva uno splendido panorama, e da cui oggi parte, sia pure immaginandola solamente, la mia avventura nel tempo e nello spazio, spostando le lancette dell’orologio della vita indietro proprio di cinquantacinque anni, perché voglio, devo rivivere anch’io il dramma che, penso, tutti dovranno finalmente conoscere, per poter apprezzare maggiormente la meravigliosa semplicità della vita, che quotidianamente ci sfugge a causa solo ed esclusivamente delle nostre disattenzioni e stupide distrazioni. Ce ne dovremmo vergognare, davvero.

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