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set 2013 - n.9
forza di Malala
...tanto per cominciare
Ma che
I ripresa. N
o, non stiamo parlando di auto o di moto scattanti, dallo spunto del motore saettante. La ripresa di cui ti parlo è quella – forse meno entusiasmante ma sempre indispensabile – propria del mese di settembre, quando milioni di giovanissime e giovanissimi italiani riprendono gli impegni del loro lavoro scolastico. Dopo le “fatiche” e le noie delle vacanze, non ti sembrerà vero tornare a scuola e riprendere i contatti con amici, compagni, maestre e prof, lasciati in sospeso a giugno scorso. Dopo tre mesi di “meritata” pausa, tornare in aula ti costerà qualche sforzo ma ne varrà la pena. La stessa parola “ripresa” la usiamo per il PM di questo mese. Lo troverai un po’ cambiato e con alcune grosse novità. Il cambio più evidente è la nuova grafica: più moderna, agile, colorata ed efficace. Almeno così pensiamo noi che l’abbiamo realizzata. E poi le novità, riassunte in tre nuove rubriche: Foto di famiglia; Sulle strade di Gesù; Girogiromondo. La prima (pagina 22), dal titolo si capisce, ti porterà a conoscere le esperienze di famiglie
di oggi, che vogliono condividere con noi la loro realtà quotidiana. Nella seconda (pagina 26) camminerai sulle stesse strade percorse da Gesù e dove lui ha incontrato tante persone che da quell’incontro hanno avuto la vita profondamente trasformata. Nella terza (le pagine centrali della rivista) partirai per un “viaggio nel mondo dell’immigrazione di ieri e di oggi”, per approfondire un tema di grande attualità.
E allora, dai una bella accelerata di vita e mettiti al posto di partenza in questo mese di inizio anno scolastico. Parti con lo scatto “giusto”, in compagnia della rivista PM che non mancherà di stupirti anche quest’anno. Buona ripresa! PM settembre 2013
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Attualità
O' Scia' Il primo viaggio di papa Francesco all’ultima frontiera d’Europa
A cura di Elio Boscaini e Pablo Sartori
S
ul mare blu scuro galleggia una corona di splendidi fiori gialli e bianchi. È l’omaggio del vescovo di Roma, il papa vestito di bianco di nome Francesco, alle migliaia di persone che negli ultimi vent’anni hanno per-
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so la vita nel tentativo di aver accesso ad un futuro migliore. Il ricordo e la preghiera per i migranti sepolti in mare; per i naufraghi che si sono salvati aggrappandosi alle reti per la pesca dei tonni; per i superstiti recuperati sulle loro “carrette del mare” alla deriva; per
i disperati rinchiusi nei centri di “detenzione” (non di accoglienza) oramai al collasso per le troppe presenze. Tutto questo è accaduto l’8 luglio scorso sull’isola siciliana e nel tratto di mare di Lampedusa, piccolo scoglio di terra divenuto “porta d’Europa”.
“Benvenuto tra gli ultimi” «Ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta» ha affermato il papa appena arrivato sulla minuscola isola.
Sul molo Favarolo, simbolo della storia di accoglienza di cui si è resa protagonista da sempre la gente di Lampedusa, uno striscione lo ha accolto così: “Benvenuto tra gli ultimi”. Lì Francesco ha incontrato e salutato a lungo alcune decine di immigrati eritrei, tra loro anche alcuni bambini: «Sono qui per pregare insieme a voi per voi e per quelli che non ce l’hanno fatta». Ha ascoltato le loro drammatiche storie e le pressanti richieste d’aiuto. Così ben sintetizzate da John, in lingua eritrea: «Siamo fuggiti per due motivi, uno economico e uno politico. Dopo essere stati rapiti dai trafficanti e aver molto sofferto in Libia, siamo qui e abbiamo bisogno di essere aiutati». Un messaggio che il papa farà suo e che più tardi ricorde-
rà nella omelia: «Ho ascoltato uno di questi fratelli. Prima di arrivare qui sono passati per le mani dei trafficanti che fanno della povertà degli altri una fonte di guadagno». Ciò accade per la responsabilità di tutti perché – come ha ricordato Francesco «non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri». Il contrario di quanto hanno fatto, invece, gli abitanti di Lampedusa, che hanno dato prova di grande solidarietà, salutati dal papa con un vigoroso: «A voi: o’scià!». Che nel dialetto locale significa ”fiato mio” o “mio respiro”, ed esprime il modo in cui gli isolani si salutano con amicizia.
LAMPEDUSA: Isola appartenente all’arcipelago delle Pelagie, in Sicilia. Per la sua posizione strategica, a soli 113 chilometri dalle coste della Tunisia, è considerata un ponte naturale tra Europa e Nord Africa. Sono 6mila i suoi abitanti, su appena 20 km2, e decine di migliaia i migranti “disperati” che ogni anno si rifugiano sulle sue coste IMMIGRATI: Il rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) per l’Italia e il sud Europa Laurent Jolles ha definito il gesto del papa “di grande valore umano e simbolico, che contribuirà a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla causa di 45 milioni di persone che in tutto il mondo sono state costrette a lasciare le loro abitazioni” PM settembre 2013 5
I segni della solidarietà Ma a Lampedusa, più che da parole e discorsi, il significato più profondo della visita papale è stato espresso dai gesti e dai segni. L’altare dell’eucarestia è stato costruito con i resti dei barconi dei naufraghi, ancora oggi arenati nel porto dell’isola. L’ambone della Parola, ricavato da due timoni di imbarcazione e una ruota da timoniere. Sempre di legno e non di oro, il calice della messa, presentato all’offertorio assieme a pani, pesci e a due libri della Bibbia, uno in inglese e l’altro in francese, recuperati dal parroco di Lampedusa, don Stefano Nastasi, da una delle barche naufragate. Ricavato da assi di mare anche il bastone pastorale che il papa teneva in mano. Due
pezzi di legno a formare una croce, rottami di morte dipinti di bianco e azzurro, sui quali mani di artista avevano disegnato il simbolo cristiano del pesce. Due pesci disegnati sui bracci della croce al posto dei chiodi e un piccolo cuore al centro. Il cuore di Lampedusa, un lembo di terra nel mare, dove uomini accolgono, soffren-
ICQUS: parola greca (pronuncia “ichthys”) che traduce il termine “pesce”. È formata dalle iniziali della frase Iesous Christos Theou Yios Soter (Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore). Per i cristiani dei primi secoli, il simbolo del pesce rappresentava la fede in Gesù Cristo
L'opera “Porta di Lampedusa, Porta d'Europa” dell'artista Mimmo Paladino, monumento dedicato ai migranti morti e dispersi in mare
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do, altri uomini, sconosciuti sbucati all’orizzonte e provenienti dalle terre del sud. Il cuore dell’Europa e del mondo intero, sollecitato da un invito di papa Francesco via Twitter: “Preghiamo per avere un cuore che abbracci gli immigrati. Dio ci giudicherà in base a come abbiamo trattato i più bisognosi”.
Foto di famiglia
Casa,
dolce casa Famiglie allo specchio: a tu per tu in casa dei lettori con interviste e approfondimenti
a cura di Chiara Milano
“R
agazzi, vi andrebbe di apparecchiare la tavola?”. Quante volte avrete sentito questa domanda, diciamo tutti i giorni? C’è chi sbuffa, chi fa finta di dormicchiare sul divano, chi continua a leggere o a guarda-
credo che ne vedremo delle belle... le mura di casa? Come vivono in famiglia il rapporto con la televisione e internet, con lo sport, con la fede? Dietro al PM c’è un mondo da scoprire, storie e persone che vale la pena di raccontare.
Qual è la novità? Allegri, ragazzi! Non vi faremo attendere ancora molto! Dal prossimo numero abbiamo in serbo una nuova rubrica, dedicata a voi che ci seguite fedelmente e alle vostre famiglie. Per sentire ancora più vicina la rivista abbiamo pensato di incontrare ogni volta una famiglia diversa, coinvolgendo mamme, papà, figli, nonni, gatti e pesci rossi in una chiacchierata, parlando di argomenti di attualità, dai più seri come il loro rapporto con la fede a quelli più leggeri come i loro gusti in cucina. re la televisione come niente fosse accaduto, chi dice il più banale “sto arrivando!”, ma non si capisce mai perché la strada fino alla tavola sia sempre così lunga e piena di tentazioni, visto che nessuno si fa vedere con forchette e coltelli in mano!
Se i muri delle nostre case potessero parlare ne sentiremmo davvero delle belle! Vi suonano forse familiari questi racconti? Allora queste pagine fanno per voi! BandaPM si è infatti chiesta: chi sono i followers del PM? Quali sono i loro passatempi quotidiani tra
Racconta la tua famiglia! C’è qualche famiglia di scouts? Qualche famiglia straniera che vive in Italia da un po’ e vuole PM settembre 2013
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raccontare la sua esperienza? Se pensate che la vostra famiglia abbia qualche caratteristica curiosa da presentare, volete rispondere alle nostre domande e vedere le vostre foto pubblicate su PM, scrivete a:
milano_chiara@libero.it
Occhio Ai segni! Potrete riconoscere in ogni numero il punto di vista delle persone della famiglia intervistate, osservando l’icona che li rappresenta, perché sarà sempre uguale: una per i papà, una per le mamme, e così via.
Perché proprio le famiglie? La classe non andava bene? Oppure la squadra di calcio? No, abbiamo scelto la famiglia perché è la prima cellula della nostra società, il nostro punto di partenza. Avete presente il tabellone del Monopoli o del Gioco dell’Oca? Quando si inizia una partita non si può sapere a priori ciò che accadrà strada facendo, ma sono le prime mosse che spesso condizionano l’andamento del gioco. È così anche per la famiglia che ci mette al mondo, perché in parte condiziona le scelte del futuro. Il luogo in cui si cresce è diverso per ogni persona, le famiglie si formano e si dividono per formarne di nuove.
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Penso positivo… sono positivo! Non possiamo negare che a volte accadano episodi più o meno belli, episodi che lasciano un segno nelle nostre famiglie e che cambiano le abitudini quotidiane. Sono proprio quegli episodi che ci rendono più sensibili e capaci di capire meglio gli altri, tanto da accorgersi che la nostra famiglia, guardandosi allo specchio, è simile a tante altre, per le esperienze vissute, per le passioni, gli affetti, i passatempi.
“Voi siete il sale della terra” …o il lievito? La famiglia non deve chiudersi su sé stessa, altrimenti i rapporti non hanno l’opportunità di crescere e arricchirsi di ciò che essa vive all’esterno. La famiglia è un ingrediente che, unendosi alle altre, va a completare una torta, a più gusti, composta da una ciambella marmorizzata visto la miriade di culture che si mescolano nelle strade delle nostre città. Le nostre differenze sono proprio quel lievito che è necessario alla torta per crescere ed essere gustata da tutti!
C
on questo numero partiamo per un lungo viaggio alla scoperta della realtà dell’immigrazione. Come negli antichi villaggi, quando chi partiva cercava il consiglio dal vecchio saggio del paese che conosceva le difficoltà del cammino, così iniziamo noi questo viaggio con le parole di un vecchio saggio,
un grande “nonno” che ci insegna la via: papa Francesco. L’8 luglio scorso il nostro nonno è andato a trovare gli immigrati che vivono a Lampedusa. Come sapete, Lampedusa è un’isola non molto grande a sud della Sicilia e molto vicino alle coste africane. Per la sua vicinanza è diventata la meta di molti africani o asiatici che
Viaggio nel mondo dell’immigrazione di ieri e di oggi a cura di Marco Braggion e Claudio Bighignoli
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Immigratitudine, cancelliamo l'indifferenza cominciamo da questa terra di confine...
...LAMPEDUSA
un'altra carretta del mare è approdata sulle nostre coste... poveracci...
fuggono dai loro paesi per cercare una vita migliore in Europa. Come sappiamo, purtroppo, sono però migliaia gli immigrati che non riescono ad arrivare e che sono inghiottiti dal mare trasformando quelle barche da mezzo di speranza a strumento di morte. Il primo viaggio che papa Francesco ha voluto fare è stato non solo per ricordare le tragedie
di questi fratelli e sorelle ma per risvegliarci da una terribile malattia che ci sta prendendo tutti: l’indifferenza che secondo il papa è diffusa in tutto il mondo, attraverso “la globalizzazione dell’indifferenza”. L’indifferenza è non provare sentimenti rispetto alla sofferenza delle persone, in questo caso dei disperati che attraversano il deserto e il mare per
Chi accoglie deve togliere dalla propria vita: Indifferenza menefreghismo Egoismo
...cara, cosa c'è di buono stasera?
cercare una vita migliore. Il papa ci ricorda che il suo viaggio a Lampedusa è per scuoterci da questo sonno per fare in modo che queste cose non succedano mai più. “Quando l’altro è uno che disturba il mio benessere” o qualcuno da sfruttare, ecco che non siamo più capaci, come dice il papa, di “custodirci tra fratelli”! Continua poi papa Francesco: “Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non trovano accoglienza, non trovano soli-
darietà! E le loro voci salgono fino a Dio!”. Ma di chi è la colpa, si chiede il papa? Di tutti noi quando siamo indifferenti, quando di fronte alla sofferenza ce la caviamo con un “poverino” e poi andiamo avanti per la nostra strada. Il papa ci dice che l’egoismo ci rende talmente concentrati sui noi stessi che la sofferenza degli altri non ci riguarda, non ci interessa. Afferma, inoltre, che la globalizzazione dell’indifferenza è arrivata a toglierci anche la capacità di piangere per le sofferenze degli altri. Nella conclusione del suo discorso papa Francesco chiede perdono per tutte queste cose che ci “anestetizzano” il cuore!
ehi, avete l'ultimo modello di paraocchi?
come no, vanno via come il pane...
Ecco allora uno dei motivi che ci ha portati ad iniziare questo viaggio: svegliarci dal sonno dell’indifferenza che ci allontana dalla realtà di un mondo dove milioni di persone si muovono alla ricerca di un futuro migliore. Persone che facendo appello ad un diritto sacrosanto di ogni uomo, si mescolano con i popoli di altre nazioni e spesso diventano cittadini di
Chi parte deve mettere in valigia: Coraggio Diritto ad un futuro Speranza
quei paesi ma purtroppo non sempre sono accolti, compresi e rispettati. Come in ogni viaggio che si rispetti cercheremo di riempire la valigia di tutte quelle conoscenze e di quelle domande che riguardano la vita degli immigrati e di quelle informazioni indispensabili che ci permetteranno di conoscere la vita di tanti nostri fratelli e sorelle!
Primi del ’900. Emigranti italiani al loro arrivo negli Stati Uniti d’America. “Per tutti l’impatto con il nuovo mondo si rivelava difficile fin dai primi istanti: ammassati negli edifici di Ellis Island, o di qualche altro porto come Boston, Baltimora o New Orleans, gli immigrati, dopo settimane di viaggio, affrontavano l’esame, a carattere medico e amministrativo, dal cui esito dipendeva la possibilità di mettere piede sul suolo americano. La severità dei controlli fece ribattezzare l’isola della baia di New York come l’«Isola delle lacrime».” (Maddalena Tirabassi)
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(continua)
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Spazzascienza Ernest Lawrence
Il cannone di
lettron eelettron
a cura di Beniamino Danese
S
un ripara-tutto, uno smanettone. Non ancora trentenne è professore di fisica all’Università della California, e costruisce il primo acceleratore di particelle. È un aggeggio che sembra una pentola con attaccati diversi tubi. All’interno, un fascio di protoni descrive cerchi sempre più larghi, accelerato da un campo elettrico e deviato in circolo dal campo magnetico di calamite, fino a colpire un bersaglio. Questo apparecchio, e altri più
outh Dakota, 1901 – Da una decina d’anni questo stato nelle grandi pianure fa parte degli Stati Uniti d’America. Su questa terra, che prende il nome dalle tribù dei nativi Sioux o “Dakota”, sono arrivati nell’800 molti immigrati, soprattutto dalla Norve-
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gia, mossi dalla povertà e dalle persecuzioni religiose. Nel 1901, nella comunità degli immigrati norvegesi, nasce un bambino, Ernest Lawrence, figlio di Gunda e Carlo Gustavo, due giovani insegnanti nella locale scuola superiore. Da ragazzo Ernest è molto abile nella manualità, è un tinkerer come dicono gli americani,
grandi costruiti in seguito, servono per studiare come sono fatti i nuclei degli atomi. Le parti principali sono: 1) un “cannone” che spara elettroni o protoni o altre particelle 2) un tubo in cui è fatto il vuoto (il tubo può essere anche a forma di ciambella) dove i fasci di particelle vengono accelerati e deviati.
3) un bersaglio su cui arrivano le particelle. Ernest è molto bravo a promuovere la costruzione di apparecchi sempre più grandi, coinvolgendo e organizzando centinaia di scienziati. È la “big science”. Oggi un grandissimo laboratorio negli USA, uno dei più grandi del mondo, è a lui intitolato.
All’opera!!! S arete forse stupiti se vi dico che avet
e un “cannone elettronico” in casa o forse, add irittura, a prendere polvere in cantina o in soffitta! Ogni vecchio schermo di compute r o di televisore infatti, di quelli pesanti e ingombranti, contiene un cannone di elettroni! È la parte pesante che si chiama “tubo catodico” e serve per formare l’immagine. Ci serve: un vecchio schermo di com puter o TV, delle calamite. Eventualmente, un computer da colle gare allo schermo.
Deviare i fasci di elettroni
Il tubo catodico C om’è fatto il tubo catodico?
È un cono di vetro sigillato. La “base” del cono è lo schermo, con il vetro protettivo; nella “punta” c’è il catodo, il cannone elettronico vero e proprio. Lo schermo è una grande parete di migliaia di piccole finestrelle rotonde colorate, rosse, verdi e blu (RGB). Si possono guardare con una lente (v. PM ott 2012). L’immagine viene disegnata dal fascio di elettroni “sparati” con grandissima precisione dal “catodo”, colpendo ora questa ora quella finestrella. Quando questi elettroni colpiscono una finestrella verde, essa si accende di verde. Se rossa, di rosso.
S e riusciamo a far diseg nare, collegando il compute r, l’immagine di un puntino ver de su fondo nero, vuol dire ch e il nostro cannone spara un fascio di elettroni che vanno a colpire alcune finestrelle verdi. Noi possiamo deviare questo fascio di elettroni, mu ovendogli vicino una calamita. Se disegniamo lo scherm o tutto verde, stiamo spara ndo un fascio di elettroni su og ni finestrella verde. Se avvicin iamo la ca lamita , l’im magine diventa rossa o blu a seconda di come il campo magnetico fa deviare gli elettroni.
Il cannone di elettroni Lo schermo L'effetto della deviazione
Attenzione! D opo gli esperimenti possono rimanere
degli aloni colorati sulle immagini. È possibile farli svanire o con un’apposita funzione dello schermo detta “de-gauss” (de-magnetizzare) o con pazienza muovendo le calamite vicino allo schermo allontanandole gradualmente.
La calamita
su Ernest Lawrence
www.education.llnl.gov/ archives/ernest-lawrence sul tubo catodico
www.mi.infn.it/~phys2000/tv PM settembre 2013
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