PM di novembre 2011

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www.bandapm.it

ANNO 85 • n° 991 • € 3,00 • Poste Italiane s.p.a. • sped. in a.p. • D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 1, DCB VERONA

na r o i s s i lo m o c c i p il

Contiene I.P.

novembre 2011 - n. 11

Attualità Benin: piccoli in

vendita

Speciale Disarmo


Kataboom

Il consumo che consuma

CContro ontro lle e A.D.M. M. (Armi (A Armii di D Distrazione i trrazio is on di Massa) a)

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an mano che ci si avvicina alle feste natalizie, cresce in molte persone il bisogno di dare sfogo alla propria voglia di comperare. “Siate i benvenuti, signore e signori, alla campagna acquisti inverno 2011”, la festa dei consumatori che si “celebra” nei super, mega, iper mercati, negli outlet, nei village, nelle factory fashion, negli store e shopping center (non sarebbe più semplice usare l’italianissima espressione “centro commerciale”?) sparsi in tutta la penisola. Eh sì, nessuno sfugge al suo destino di consumatore! Se non comperi e non ascolti i “consigli per gli acquisti” e gli spot della pubblicità, rischi di sentirti uno sfi…, tagliato fuori ed emarginato da una delle poche, vere attività che ancora nobilitano l’uomo: comperare cose e consumarle nel minor tempo possibile! Vedo già qualcuno di voi storcere il naso e farmi questa osservazione: “Se tutti la pensassero come te, Kataboom, sarebbe la fine dell’economia, del mercato. Se la gente non compera, non girano i soldi e la crescita economica si ferma. Se non si consumano i prodotti, le fabbriche chiudono e lasciano a casa i lavoratori per mancanza di lavoro. E se non c’è lavoro non ci sono soldi per comprare e consumare”. E allora la giostra si ferma e i bambini piangono, dico io! Perché sono convinto che dobbiamo diventare sempre più persone e sempre meno “consumatori”. Che questo sistema che ci impone uno stile di vita basato, sette giorni su sette, sul desiderare, acquistare e possedere le cose, sta facendo “ammalare le persone e l’ambiente”. Alla fine gli oggetti si impadroniscono di noi e ci schiavizzano; il loro incantesimo è farci credere che la felicità dipenda dall’avere tante cose. Io invece penso il contrario: per guarire dalla “consumite” c’è bisogno di una dieta ferrea che riduca il sovrappeso e l’obesità da consumi di cui tutti siamo afflitti. Nov 20 2 2011 0


Diceildire

Buona ocattiva maestra

a televisione è oggi una delle forme più influenti dei mezzi di comunicazione di massa: è buona per tutte le età, le nazionalità e le situazioni sociali. Il 21 novembre si celebra la Giornata mondiale della televisione. Siamo tutti coscienti dell’enorme potenziale della TV come luogo dell’informazione e della scoperta del mondo e della sua diversità. Veicolo educativo e culturale, è giusto che essa sia accessibile a tutti, perché tutti abbiano accesso al sapere e all’educazione. Senza dimenticare che la TV esiste pure per farci divertire.

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Noi ragazzi e ragazze, però, No N abbiamo bisogno anche di diab a b fenderci dall’ossessiva introfe ffen en missione della TV nella nostra m is vvita. itta Dobbiamo imparare a proDagli spot pubblicitatteggerci. egg così rii c o aggressivi, che ci considerano...grandi consumatori. d era Dalla violenza, spesso presenDa nei programmi di attualità e te e ne nelle n elle fiction. Allora A llor diventa importante non chiuderci nella nostra camera c h iud con c on la sola compagnia del televisore: so ore: rrischiamo…l’obesità televissiva iva e il “sovrappeso” di pubblicità e vi violenza. Senza contare ciò che iolen dicono gli esperti: chi ha il televisore dico di cono g ottiene risultati inferiori nei in n camera c lettura e lingua! test di matematica, te matem Spegnere dunque il ttelevisore? C’è chi lo fa. Ma senza arrivare fino a quel punto, guardiamo i programmi con i nostri genitori e parliamo con loro di quanto abbiamo visto e imparato. Ma soprattutto il nostro tempo libero, passiamolo di più a giocare, leggere, esplorare la natura, imparare la musica, suonare uno strumento o praticare degli sport. Sicuramente poi staremo meglio al momento di sederci davanti al televisore per una pausa (breve, mi raccomando…) di apprendimento, relax e divertimento.

p. Elio Boscaini Nov 2011


Attualità

PICCOLI

IN egli ultimi anni il Benin, piccolo paese dell’Africa occidentale confinante con la Nigeria, e certamente uno dei più democratici del continente, è venuto alla ribalta della cronaca per il triste fenomeno del traffico internazionale di bambini. La tratta dei bambini vi è praticata su vasta scala. Tradizionalmente, in Benin, i bambini delle campagne venivano inviati in città presso parenti o amici per aiutare nei lavori domestici, ma anche per avere una vita e un futuro migliori.

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VENDITA

Visita del Papa in Benin, per incontrare i bambini schiavi del lavoro e della povertà Da alcuni decenni, quella pratica è degenerata in occasione per guadagnare soldi. Troppo poveri per pagare la scuola, i genitori, vittime delle false promesse dei trafficanti, pensano di affidarli (in realtà si tratta di “vendita”, per guadagnare dai 15 ai 30 dollari a bambino…) a questi criminali, illudendosi che i figli possano avere una buona educazione. Quei bambini vengono, invece, rivenduti


COMBONI PRESS

a cura di p. Elio Boscaini

VIDOMEGON

Costruendo giocattoli con bastoncini di miglio

Quanti sono? C’è chi arriva a calcolare centinaia di migliaia di vittime l’anno! Traffico o tratta, siamo di fronte a una forma moderna di schiavitù. All’interno del paese sono soprattutto le bambine ad essere sfruttate per i lavori di casa e per il mercato. Vengono chiamate vidomegon che in lingua fon, la più parlata nel sud, significa “bambina piazzata presso qualcuno”. La causa principale di questa forma di schiavitù è l’estrema povertà delle famiglie di campagna, generalmente ricche di figli che non possono nutrire. Un proverbio tradizionale beninese dice che “il bambino è una ricchezza”, ma oggi non è più vero. Sono molti gli organismi che lottano contro questo traffico, anche perché

come manodopera per i lavori più pesanti, come quelli nelle piantagioni della Costa d’Avorio o della Nigeria o per lavori domestici o altro. L’orario di lavoro è dalle prime ore del mattino a sera tardi, in cambio di un po’ di cibo e “generosi” colpi di bastone, se si lamentano o si ribellano.

km2 BENIN: Superficie: 112.622 ti tan abi 000 00. Popolazione: 9.2 , mina, adja Lingue: francese, fon, yoruba i ann 62 : Speranza di vita i): 59,5% Analfabetismo (sopra i 15 ann 14 anni a 500mila i minori tra i 6 e i TRAFFICO: In Benin sono circ ne. Il traffico di bambini interno zio che lavorano senza interru “affido”; mentre quello esterno un e com ato ttur stru è se ni, mial pae di schiavitù nelle piantagio a form to sot ori inesi consiste in lav ben i col pic ta d’Avorio e Gabon. I niere o case di Nigeria, Cos 50mila schiavi all’estero sono circa più di no nel mercato di Dantopka MERCATO: Ogni giorno lavora loro le suore salesiane hanno i. Per 5mila tra bambini e giovan egon e altri punti di ascolto om vid S SO a aperto la Baracc Nov 2011


COMBONI PRESS

Danze tradizionali

la società beninese non ha dimenticato le conseguenze della tratta degli schiavi di cui furono vittime, per alcuni secoli, centinaia di migliaia di loro antenati. Quando le Suore salesiane presenti nel paese hanno scoperto la vastità del fenomeno, hanno aperto una scuola che si chiama SOS vidomegon nel bel mezzo del grande mercato di Cotonou, la capitale economica del paese. È infatti a Dantokpa, mercato grandioso aperto in continuazione giorno e notte, che si trova il maggior numero di ragazze schiave.

LA SCUOLA DELLA SPERANZA Suor Maria Antonietta, un’italiana di 66 anni che da 8 anni opera in Benin, ci racconta del suo lavoro, di come è riuscita a convincere le proprietarie di quelle ragazze (sono soprattutto le donne a gestire il mercato) a dare loro il permesso di frequentare la scuola per qualche ora alla settimana. Ci spiega anche che nella società tradizionale, la pratica della vidomegon era con-

siderata come un privilegio dalle famiglie d’origine. Ma la società è cambiata, diventando più materialista. Di qui lo sfruttamento. Con la complicità, a volte, della bambina stessa che considera normale sacrificarsi per il bene della propria famiglia. Ogni anno le salesiane accolgono centinaia di ragazze che hanno così accesso all’educazione. Imparano a leggere e scrivere, ma anche il mestiere di sarta o di parrucchiera o altro ancora. Suor Maria Antonietta continua: «Non si può cambiare questa società dall’oggi al domani. Ci vuole molta pazienza. Cerchiamo di dialogare. Si è dato vita a un’iniziativa di microcredito per le donne del mercato. Da parte nostra abbiamo creato un laboratorio di cucito. Cerchiamo di sviluppare l’agricoltura. Non basta combattere i trafficanti, bisogna ridurre la povertà. E poi cerchiamo di spiegare ai contadini che non è necessariamente una buona idea avere dieci figli se non si hanno i mezzi per nutrirli». E sorridendo aggiunge: «Poco a poco mostreremo che queste bambine non sono macchine per fare dei soldi. Pensiamo di aprire una scuola della… speranza. Le ragazze più dotate potranno avere un insegnamento di grande qualità e avere il diritto di realizzare i loro sogni. Perché una ex videmegon non può diventare avvocato o magistrato?».

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COMBONI PRESS

A pesca nel villaggio lacustre di Ganvié


a cura di Chiara Milano

ONU

DISARMIAMOCI! Dedicato a chi crede nella forza della non-violenza e del dialogo 27 MILIARDI D DII EURO...

... il denaro spesso o in Italia per armi di difesa ne n l 201 10, oltre 50mila euro all mi nutto, 3 milioni all’ora e 7 76 m milioni al giorno.

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Bambini soldato

e er essere sempr di l su i at rm info pa m sarmo, sulle ca e le e gne da sostener veuo om attività da pr lla de o sit re guarda il Di il r pe na Rete Italia o. rm sa di w. w w sarmo nato org, un percorso olte m dall’incontro di vola e associazioni ch to et og pr rano per il I. RM ControllA

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ARCHIVIO NIGRIZIA

ivere sicuri non è solo un desiderio. È un diritto”. Recita così lo slogan di un importante gruppo di aziende italiane impegnate nel settore della difesa e della sicurezza. Ci si sente sicuri, quindi, grazie a sistemi missilistici, siluri, carri armati, fucili e pistole. Distruzione di fucili I libri di storia sono pieni di resoconti di guerre e battaglie. Da sempre il mondo si divide tra chi è d’accordo con i combattimenti e chi lotta (in senso positivo) per il disarmo (la limitazione o meglio l’abolizione degli armamenti). È arrivato il momento di prendere una posizione e di far sentire la nostra voce sui temi della non-violenza e del dialogo. E su quanto costano le guerre in termini di perdita di vite umane e di soldi spesi inutilmente, soldi di tutti che invece potrebbero essere impiegati per il benessere comune.

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FINMECCANICA

Elicottero made in Italy. È in continuo aumento la produzione mondiale di armi convenzionali...

LE BANCHE ARMATE

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UN MONDO IN FIAMME Il bilancio delle guerre in corso è davvero pesante, soprattutto se pensiamo che i mezzi di comunicazione non ci mettono al corrente della situazione in maniera completa. E così “la guerra” è sempre là, in un punto molto lontano da casa mia, non mi tocca e prima o poi finirà. Ecco i dati aggiornati sui conflitti attualmente in corso nel nostro pianeta: AFRICA: Algeria, Angola, Ciad, Costa d’Avorio, Gibuti, Egitto, Eritrea, Etiopia, Libia, Mauritania, Nigeria, Rep. Centrafricana, Rep. Democratica del Congo, Ruanda, Sahara Occidentale, Senegal, Somalia, Somaliland – Puntland, Sudan, Uganda. Punti caldi: Algeria, Libia, Nigeria, Puntland, Somalia, Somaliland, Sudan. ASIA: Afghanistan, Birmania-Myanmar, Cina, Coree, Filippine, India, Indonesia, Nepal, Pakistan, Sri Lanka, Tajikistan, Thailandia, Kyrgyz-

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stan. Punti caldi: Afghanistan, Birmania-Myanmar, Pakistan. EUROPA: Francia, Georgia, Grecia, Irlanda del Nord, Nagorno-Karabakh, Russia, Spagna. Punti Caldi: Russia. MEDIO ORIENTE: Arabia Saudita, Iran, Iraq, Israele, Libano, Siria, Turchia, Yemen. Punti caldi: Iraq, Israele, Siria, Turchia, Yemen. AMERICHE: Colombia, Messico, Guatemala. Punti caldi: Colombia, Messico. Facendo due calcoli vediamo che i conflitti sono più di 50 e i motivi sono vari: conquista, repressione, liberazione e addirittura ricerca della pace… con le armi? Gli effetti, purtroppo, sono uguali per tutti: morte, distruzione, odio, perdita di diritti, sofferenza, povertà. I governanti parlano di pace, ma i guadagni delle industrie belliche continuano ad aumentare, senza contare che sono ancora in circolazione armi dagli effetti devastanti e inimmaginabili, quali quelle nucleari, batteriologiche e chimiche. ONU

elengni anno viene pubblicato un o zian nan fi che co di banche italiane ri igna li deg i sold industrie di armi con i sti isticittadini, che presso uno di que che ban Le te. ren cor to tuti hanno un con e mat chia o gon ven a” ner ta di questa “lis banche armate.


MAGGIORI ESPORTATORI DI ARMI

L’

... e non convenzionali!

IL MERCATO DELLA GUERRA Il mercato dell’industria bellica è in continua evoluzione, le grandi potenze mondiali del settore si contendono a suon di nuove alleanze il primato per i guadagni più alti dalla vendita di armi. Nell’elenco dei Paesi produttori di armi, l’Italia si aggiudica l’ottavo posto con il Gruppo Finmeccanica. Apre la classifica il Regno Unito con la Bae Systems, seguita da 6 diverse azien-

Unione Europea, nel suo insieme, è oggi il principale esportatore mondiale di armamenti. Secondo dati forn iti da Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) e ripo rtati dal sito www.unimondo.org, non ostante i guadagni degli Stati Uniti si aggirino intorno ai 37 mil iardi di dollari tra 2006 e 2010, la somma dei guadagni ottenuti da Germania, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Spagna, Italia e Sve zia supera i 39,6 miliardi di dol lari e ricopre più del 32,3% del com mercio mondiale di armament i.

de americane, dove trovano impiego migliaia di persone. Questo fatto viene usato per giustificare la situazione attuale affermando che, con il disarmo e la chiusura delle aziende di armamenti, crescerebbe il numero dei disoccupati. Si tratta di una scusa infantile in quanto, come afferma un documento della Chiesa: “… non è ammissibile che non si possa trovare un lavoro per centinaia di migliaia di lavoratori se non adoperandoli per costruire strumenti di morte”. Allora c’è una via d’uscita se cambia la nostra prospettiva. Non ci sarà più un mondo in guerra nella misura in cui sapremo risolvere i conflitti quotidiani con il dialogo, imparando ad accettarci con le nostre differenze che ci rendono unici. Sostituendo la paura con la fiducia scopriremo che, prima di fare grandi propositi, il primo disarmo da ricercare è quello dentro di noi. Questo cartello su una strada della Giamaica dice: “Non portare armi in città!” Contrariamente a quanto si pensa, il possesso e l’uso di armi leggere non fanno aumentare la “sicurezza” delle nostre società, anzi…

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Testo: L. Ravecca - Disegni e colore: P. Camoriano


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Miss Italia

per una sana e robusta costituzione A cura di Marco Braggion e Claudio Bighignoli

L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni (Art. 10) sstabilite tabilite dalla legge. (A A rt.. 10 0 SAPETE CHE COSA SOGNO? CHE QUESTO STIVALE NON PRENDA A CALCI I SUOI OSPITI...

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li articoli 10 e 11 aprono la finestra sul mondo fuori dall’Italia. Nel primo capoverso (comma) del numero 10, si dice che l’Italia riconosce le principali regole del diritto internazionale (pensate ad esempio ai principi contenuti nella “Dichiarazione dei diritti dell’Uomo” – PM, Marzo 2011) e si adegua al loro contenuto. Questa parte è importante perché, riconoscendo il diritto internazionale, è come se L’Italia chiedesse scusa alle comunità di uomini liberi, per essersi alleata, almeno fino al 1943, con i nazisti e quindi contro i valori di libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani. Il secondo e il terzo comma parlano di come trattare lo straniero. Nel secondo comma, ancora una volta il nostro paese riconosce che il trattamento dello stra-

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robusta costituzione • Numerose associazioni si occupano di trovare alloggio e lavoro agli stranieri. • Molte associazioni difendono i diritti degli stranieri. • Nelle scuole italiane la presenza di stranieri ormai sta diventando una ricchezza

PER QUESTI DEVO SOLO RIVOLGERMI A ME STESSO...

NON CAPISCO UN’OCA DI QUELLO CHE DICE...

... MA MI PIACE LO STESSO GIOCARCI ASSIEME!

... PER QUESTI, INVECE, A CHI MI DEVO RIVOLGERE?

“MUSI GIALLI”, “PELLEROSSA”, “VISI PALLIDI”: LA SCUOLA È SEMPRE MULTIETNICA

... UNA TAVOLOZZA RICCA DI COLORI!


debole costituzione ALMENO QUI BARCONI COME IL MIO NON LI RESPINGONO...

MI SAREBBE UTILE UNA LAUREA IN BUROCRAZIA...

ANCH’IO PRENDERÒ LA VOSTRA CITTADINANZA...

... FRA QUALCHE GENERAZIONE...

• Il Governo ha respinto diversi barconi di immigrati senza accertare se qualcuno potesse avere diritto di asilo. • Le leggi sull’immigrazione sono così complicate che sembra vogliano ostacolare la regolarizzazione. • Alcuni partiti (Lega Nord) affrontano il problema dell’immigrazione creando la paura che tutti gli immigrati siano delinquenti. • Chi nasce in Italia da genitori stranieri non è cittadino italiano diversamente da quello che succede in quasi tutti i paesi democratici.


SE IL MONDO FOSSE PIÙ GIUSTO CI SAREBBERO MENO MIGRANTI...

IL DIFFICILE NON È CAPIRLO,MA AMMETTERLO

CI DEFINIAMO LIBERI, DEMOCRATICI, RISPETTOSI DEI DIRITTI UMANI... ECCO CHE ABBIAMO L’OCCASIONE DI DIMOSTRARLO

niero deve rispettare i diritti dell’uomo che sono riconosciuti a livello internazionale. L’ultimo comma dell’articolo ci parla del cosiddetto “diritto d’asilo” cioè la possibilità che una persona straniera, perseguitata nel proprio paese, possa essere protetta in un altro stato. Durante le discussioni, all’assemblea costituente su come trattare lo straniero, l’Onorevole Giorgio La Pira disse: “(…) è la tradizione di ogni paese libero di dare ospitalità a coloro i quali, nel proprio paese, sono condannati solo perché combattono per un grande ideale (…)”. L’Onorevole Giovanni Leone disse che nel diritto d’asilo si fondano il senso di carità e fraternità (cioè considerarsi tutti fratelli) della religione cristiana e il sentimento di difesa del cittadino. Parole molto importanti che ci fanno capire come questo tema stesse molto a cuore ai nostri padri costituenti. Infatti molti di loro dovettero scappare in un paese straniero perché in Italia, il loro paese, erano perseguitati dal regime

fascista in quanto di idee politiche diverse dal regime stesso. Quindi qualsiasi straniero che nel proprio paese non può esprimere liberamente le proprie idee o che vive in condizioni di schiavitù o di mancanza di libertà e quindi in contrasto con la nostra costituzione, può chiedere asilo politico cioè di essere protetto, vivendo nel territorio italiano come un cittadino. Oggi si discute molto su accogliere o no gli stranieri che vengono nel nostro territorio da paesi poveri in cerca di un futuro migliore. Il grande problema che anche il PM ha affrontato è che nel mondo si vive una profonda ingiustizia: il 20% della popolazione vive con l’80% delle risorse disponibili, per questo l’80% più povero si sposta verso i paesi ricchi. Dovremmo imparare a condividere di più le risorse del pianeta, cominciando noi a rinunciare a qualche comodità. Vorrei terminare con un proverbio hawaiano che dice: “Il forestiero è straniero solo per un giorno”.


Chasqui

I martiri della uca C

aro Ellacu, ventidue anni dopo il vostro martirio continuiamo ad aver bisogno di luci che ci diano “una ragione per vivere”, come dice il motto della vostra amata Uca (Università Centroamericana). Questa lettera è, perciò, una specie di preghiera di intercessione. Ognuno saprà cosa chiedervi, ma secondo me di tre cose, tra le altre, abbiamo bisogno oggi per orientare il mondo e la Chiesa: impegno, speranza e serietà di fronte a Dio. Non ce n’è in abbondanza, e, quel che è peggio, non sembriamo preoccuparcene. Voi, sì, le avete vissute, e per questo ve le chiediamo. L’impegno serio con la gente che soffre. Nell’ambiente di oggi non si respira quell’impegno di alcuni anni fa, di quanti volevano sradicare l’ingiustizia, la repressione e la menzogna. Voi, sì, vi siete impegnati. Ci avete ricordato che bisognava “farsi carico della realtà” e non vivere fuori dal mondo. Nell’impegno per “cambiare la storia” avete impegnato la vostra vita e l’avete “perduta”. All’impegno univi la speranza. La speranza che non vive di calcoli, ma della forza dell’amore. Ed è questo che quasi non si vede ai nostri giorni. Oggi molti si lamentano dicendo: “non c’è soluzione”, “è inutile”. Per questo abbiamo bisogno di uomini e donne che veramente amino gli oppressi, si mettano dalla


loro parte e li difendano, poiché a questo è quello che continua i. ogg he generare speranza anc ranspe di e Voi siete stati person ta za e avete dato speranza a mol altra gente. Per ultimo, Dio. “Si intravede il Dio liberatore”, dicevi. Il Dio liberatore è il Dio della Scrittura, il Dio dei poveri. Il Dio davanti al quale possiamo implorare il “mostraci il tuo volto” affinché Egli riempia di gioia e di pace il cuore degli uomini. Contemplare il volto di Dio nell’azione per la giustizia, chiedendogli di difendere i poveri e gli oppressi.

grara civiltà è Questa nost u vitare n alata. Per e m te n e m e v cercare di necessario è le ta fa to esi o dal di dentr e avere cambiarla uò credere p si za n ra spe poveri e Solo con la me a tutti i e si in , re ta la storia e di ten rovesciare i il coraggio d , o d n o i del m gli oppress one altra direzi enin a rl egno di dif di lancia no dell’imp g sa o n is e b m o la m ire Oggi abbia , per costru ana re p m u m a se li i d ig m ri ere fa ss e d dere i pove a novità di re ll a e l di là d e per arriv A , . a o is questo d iv n d o n m o c io. Facendo questo D i re d za tà iz n n a lo o ci renre la v e così um nel Figlio e sta è semp e e li u g q fi , a e c o li p g ogni e iamo fi esù, ci facc seguiamo G preso che i a Lui l’aver com to diamo simil a st è le o mondo. damenta eri di quest v o La cosa fon p i e n e Gesù di a realtà ssere come e Dio sta nell i d o lt e ha sc o destiLa Chiesa portato il su p so a h e h li ultimi Nazaret, c quello deg no, simile a o d on di tutto il m


Ma chi è il signor Ellacu a cui è indirizzata la lettera? Il nome è l’abbreviazione del padre gesuita spagnolo Ignacio Ellacuría, rettore dell’Università Centroamericana di El Salvador. L’autore della lettera, invece, è Jon Sobrino, amico e confratello di Ignacio. Il 16 novembre 1989 uno squadrone della morte del battaglione Atlacatl dell’esercito salvadoregno, guidato dal colonnello Benavides, irrompe nella Universidad Centroamericana retta dai gesuiti e ammazza a sangue freddo otto persone: oltre a padre Ignacio, i gesuiti Segundo Montes, Ignacio Martín-Baró, Armando López, Juan Ramón Moreno y Joaquín López, e due donne che lavoravano presso di loro, Elba Ramos y sua figlia Celina di soli 15 anni. Salvo per miracolo padre Sobrino, vero obiettivo della strage, che quel giorno si trovava fuori sede per un convegno di teologia. Perché tanto odio nei confronti di questi uomini di Dio? Perché le loro idee, i loro insegnamenti e soprattutto la loro vita, le avevano messe a completo servizio della Parola di Dio e dei poveri della nazione salvadoregna, quegli stessi ideali per i quali aveva data la vita il vescovo Oscar Romero nel 1980. Veri cristiani, non curanti della falsa accusa di essere dei “comunisti”, avevano denunciato le ingiustizie e le sofferenze che la maggioranza della popolazione del paese pativa da anni. Grandi studiosi e professori di università, avevano saputo offrire con semplicità e modestia la loro scienza ai figli dei contadini e ai giovani poveri che pur avendone le capacità non potevano continuare gli studi per mancanza di mezzi. Per questo la vita di Ignacio e compagni divenne una chiara denuncia della condotta della minoranza di ricchi proprietari terrieri, politici e militari che dominava in Salvador. Per questo sono stati uccisi: per la loro fedeltà a Gesù Cristo, e per aver dato risposta alle grida di aiuto dei loro fratelli più poveri.

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