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OTT 2016 n. 10
Un salto nella vita
Kataboom
Contro le armi di distrAzione di massa
I Veri S N A M U H R SUPE C
he forza! Il video inizia con un s i g n o re p e l a t o c h e suona la batteria con i piedi perché non ha le braccia. Si chiama Alvin Law, è canadese e ha 45 anni. Dice che ha cominciato a battere pentole e tegami da quando aveva appena 3 anni. C’è poi Philips, 15 anni, nato con il braccio destro amputato proprio sotto il gomito. Una disabilità che tuttavia non gli ha impedito di dedicarsi al Para-Alpinismo e di far parte della squadra inglese di questa specialità.
Ai comandi di un piccolo aereo da turismo c’è Jessica Cox, ragazza dell’Arizona, diventata famosa per essere la prima donna al mondo a pilotare un aereo utilizzando solo i piedi. Nonostante non abbia entrambi gli arti superiori, Alessia, oltre a essere laureata in psicologia, è anche un’ottima ballerina e cintura nera di taekwondo. E intanto il cantante sulla sedia a rotelle, accompagnato magistralmente dai musicisti disabili della The Superhuman Band, continua a ripetere: «Yes, I can». Mentre passa-
no le immagini degli atleti che hanno partecipato alle Paralimpiadi di Rio 2016, la canzone lancia al mondo il suo messaggio: «Sì posso, improvvisamente, sì posso. Qualcosa che canta nel mio sangue mi sta dicendo “sì, posso!”». Grazie, cari superhumans, perché la vostra testimonianza di coraggio e grinta con la quale affrontate la vita ci fa capire che spesso i “disabili” in umanità siamo soprattutto noi “normali”, e voi gli unici “supereroi”. Yes, I can su
www.bit.ly/29VbhQE
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...tanto per cominciare
a cura di p. Elio Boscaini
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LA MIA MISSIONE SONO GLI ALTRI
ttobre, mese missionario. Ha a che fare anche con noi del PM, visto che ne portiamo il nome. L’invito è ad allargare l’orizzonte, non per andare in Africa o in Amazzonia, ma per aprirci agli altri, a tutti gli altri, a cominciare dal compagno vicino di casa. Perché siamo fatti per incontrare gli altri. All’altro non ci costa niente offrirgli un sorriso e dargli un abbraccio che lo faccia sentire accolto. Perché l’amicizia è anche volersi rendere utile agli altri, conoscere meglio sé stessi e donare qualcosa di noi stessi: il nostro tempo, la nostra amicizia, le nostre capacità. L’amore per gli altri si nutre di fiducia, di rispetto, di perdono e di cammino fatto insieme. Perché non camminiamo mica tutti con la stessa andatura. Ma camminare insieme è importante, così da scoprire che ci sosteniamo mutuamente e che diventa normale e bello donarsi agli altri, a chi spesso ha più bisogno di me, sempre e ovunque. L’altro è a volte anche “il lontano”, da conoscere per considerarlo fratello e solidarizzare con lui. Può succedere che sia anche povero. È allora che la nostra amicizia con lui ci fa capire che la vita non è bella solo se si hanno molte cose ma che la felicità sta soprattutto negli affetti e nelle relazioni con gli altri. Così “missionario” finisce per voler dire farsi carico degli altri che ci stanno vicini, in linea con ciò che papa Francesco ribadisce continuamente. Buon ottobre missionario! PM OTTOBRE 2016
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testi Danilo GROSSI e Pablo SARTORI disegni e colori Danilo GROSSI
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Attualità a cura di p. Stefano Fazion
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iao. Siamo due bambini di Grimari, una cittadina della Repubblica Centrafricana (RCA). Siamo fratello e sorella, e quest’anno potremo finalmente andare a scuola. Ci chiamiamo Antoine e Merveille Mbetisinga e abbiamo rispettivamente 9 e 11 anni. Vorremmo raccontarvi un po’ della nostra vita e rendervi partecipi di come viviamo qui. Sono finite le vacanze e si ritorna a scuola. Siamo ormai alla fine della stagione delle piogge. Durante questi mesi abbiamo aiutato mamma e papà nel lavoro dei campi raccogliendo il mais e le arachidi. Abbiamo venduto una parte del raccolto
Una “normale” giornata di scuola in un Paese dove l’istruzione è una conquista che richiede tanto sacrificio
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delle arachidi per comprare i quaderni e le penne, un vestito e un paio di ciabatte per iniziare il nuovo anno. Ormai le patate sono quasi pronte e ne possiamo raccogliere alcune ogni giorno per prepararle bollite o fritte e fare colazione prima di andare a scuola. Alle 6.30 usciamo da casa e a piedi percorriamo i 3 km che ci separano dalla scuola. In mano abbiamo il nostro quaderno e la penna per scrivere; con le pagine di un vecchio giornale abbiamo fatto la copertina ai nostri quaderni perché non si sporchino con la polvere o il fango della strada. Per strada incontr iamo i nostri compagni e compagne e con loro chiacchieriamo e ci raccontiamo cosa abbiamo fatto nel fine settimana. Jean Michel dice che ha segnato il primo goal della sua squadra nel torneo di calcio organizzato dalla parrocchia. Incontriamo anche Alice, che canta nel coro insieme a Merveille, così iniziamo a cantare a continuiamo il nostro cammino. Vicino a scuola incontriamo Urbin e Madeleine. Abitano in un villaggio a 6 km di distanza dalla scuola e quindi devono partire presto al mattino per non arrivare in ritardo. Il loro papà sta preparando i mattoni per poter costruire una piccola casa (2 m x 4 m) per loro nel quartiere vicino al nostro, così non dovranno più percorrere tutta quella strada a piedi ogni giorno per andare a scuola.
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Wow!
A M TA È qui la festa! Arrivano gli “acrobati della vita” del progetto Nafsi Africa di Nairobi a cura di Antonio Romero
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he bravi! Ma questi da che scuola di circo vengono?», mi chiede un gruppo di ragazzini italiani che hanno assistito sbalorditi alle acrobazie di questi scatenati e giovani artisti. Rispondo che alle
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loro spalle esiste un’organizzazione chiamata Koinonia Community, formata da tante persone, soprattutto giovani e giovanissimi, che hanno deciso di dare una mano alle centinaia di “street children” che popolano le strade e le baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenya.
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L’anima La scuola “acrobati” è un progetto nato nel 1999 e coordinato dai Nafsi (parola in lingua swahili per “anima”) Africa Acrobats, un gruppo di giovani artisti africani che usano le arti (acrobazie, acro-yoga, danza, musica, percussioni, pittura) per dare spazi e opportunità per un futuro migliore a bambine e bambini destinati altrimenti a finire nelle reti
della povertà, le attività illegali, la prostituzione e la droga. Molti di questi ragazzi vivono con la propria famiglia (spesso monoparentale) ma frequentano solo saltuariamente la scuola perché occupati a raccogliere materiali nelle discariche per poi rivenderli e comprare cibo. Altri ancora vivono per strada, riuniti in bande minorili, completamente abbandonati dagli adulti e ai margini della società. L’obiettivo del progetto è di aumentare l’autostima delle bambine e dei bambini, la loro capacità di prendere decisioni, la loro fiducia nell’altro. I ragazzi sono attratti dalle attività che svolgono gli artisti perché possono identificarsi in loro e vedere in loro dei modelli positivi, grazie ai quali arrivare a valorizzare le proprie capacità e a metterle a disposizione degli altri. Non è raro che dopo un periodo di formazione e di “recupero” in tutti i sensi, molti di questi minori ritornino a vivere in famiglia e a riprendere il percorso scolastico abbandonato tanto tempo prima. Da qui, poi, il passaggio a entrare a far parte di un gruppo di formazione e di lavoro per guadagnarsi da vivere, è molto breve. L’importante è che ogni ragazzo o ragazza che diventa un “acrobata” Nafsi capisca l’importanza di cambiare lo stile di vita, di valorizzare i propri talenti umani e di formare parte di un gruppo in cui ci si senta rispettati e amati. Quando ci si mette l’”anima” in ciò che si fa e si crede, anche le difficili “acrobazie” che i poveri devono affrontare nella loro vita diventano una festa (tamasha) coinvolgente e straripante di gioia. PM OTTOBRE 2016
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testi e disegni di Taner
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