Pm 2017 06 anteprima

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ANNO 91 - n° 1051 - € 3,00 Poste Italiane S.p.a. spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB VERONA

giu 2017 n. 6


Kataboom

Contro le armi di distrAzione di massa

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hiariamo subito una cosa: secondo me, loro non sono alunni “stranieri” che frequentano le scuole statali italiane. Anche se così sono chiamati – lo dicono i dati forniti dal ministero dell’Istruzione del vostro Paese – i minori nati in Italia da genitori non italiani, io credo che quei bambini e ragazzi siano invece semplicemente “alunni italiani” come i loro compagni e compagne di scuola. Basta dare un’occhiata alla popolazione scolastica che frequenta le aule delle scuole primarie e seconda-

rie italiane per scoprire che 1 studente su 10 è figlio di genitori stranieri. Altro dato interessante. L’anno scolastico 2016-2017 ha registrato un aumento del 2% (+ 13mila studenti) degli alunni figli di genitori stranieri. Il contrario di quanto è accaduto, sempre nello stesso periodo, con gli studenti nati da genitori italiani i quali hanno registrato un calo di 20mila presenze. In conclusione, quelli che il ministero, erroneamente, chiama “alunni stranieri” sono in aumento – soprattutto nelle regioni del

Nord Italia – mentre gli “alunni italiani doc” sono in netta diminuzione. E allora, alla luce di questi dati chiari e semplici, faccio questa proposta: perché non chiamiamo semplicemente “alunni” (senza l’aggettivo “stranieri”) tutte le bambine e bambini nati nel territorio del vostro Bel Paese? Sarebbe un loro diritto, oltre a un segno di gratitudine nei loro confronti, perché è proprio grazie a loro che le aule della scuola italiana non presentano, per ora, il cartello “chiuso per mancanza di alunni”. PM GIUGNO 2017

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...tanto per cominciare a cura di p. Elio Boscaini

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e uno ha imparato a imparare – e questo è il segreto, imparare a imparare! – questo gli rimane p e r s e m p re, r i m a n e u n a persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano, che era un prete: don Lorenzo Milani». Con queste parole di papa Francesco, dette in occasione del suo incontro con il mondo della scuola in piazza san Pietro a Roma, il 1° maggio 2014, anche noi del PM voglia-

mo ricordare don Lorenzo a 50 anni dalla sua morte (Firenze, 26 giugno 1967). Un amore sconfinato per i poveri animava questo uomo, prete e maestro, che lui vedeva nei ragazzi che frequentavano la sua scuola, lassù a Barbiana, nel Mugello (Firenze), dove era stato confinato perché divenuto scomodo a tanti. La sua era una scuola senza primo della classe e soprattutto senza somari né bocciati. Perché lassù c’è tutto il tempo che serve per aspettare gli ultimi. Il suo insegnare mirava a

LA SCUOLA

sviluppare il senso critico e ad affrancare i ragazzi dalla loro condizione di inferiorità sociale e culturale tramite la parola. Scuola per lui significava insegnare a vivere, offrendo così ai giovani la possibilità di entrare da protagonisti nella società e cambiarla. «Cari ragazzi – si legge nel suo testamento – ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto». Oggi i ragazzi di Barbiana cambiano volto, nome e nazionalità. I “ragazzi difficili” di don Lorenzo non sono più quelli del Mugello ma i figli di migranti che bussano alla porta della nostra scuola e della nostra invecchiata società.

di Don Lorenzo

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OLIVO & BROCCO IN

Il grande raduno

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Profeti d'Africa a cura di Marco Braggion

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ari ragazzi, siamo arrivati all’ultima tappa di questa rubrica di approfondimento su alcuni personaggi che hanno segnato la storia dell’Africa. La nostra bussola è stata Danie-

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le Comboni: anche lui, sicuramente, rientra tra questi personaggi, anche se africano non lo è mai stato. Lo sfondo dei nostri approfondimenti è stato il piano di Daniele di “salvare l’Africa con l’Africa” che abbiamo scoperto avere diverse sfaccettatu-

re se confrontate con le storie delle donne e degli uomini che abbiamo conosciuto. Una delle cose più importanti che abbiamo capito è che l’Africa potrà liberarsi solo quando gli africani torneranno ad appartenere alla loro storia. Abbiamo capito, infatti, che il colonialismo ha creato negli africani un profondo senso d’inferiorità mentale che li ha portati a credere che solo l’uomo bianco potrà salvarsi perché loro non ne hanno le capacità. Gli africani non avevano nessun problema prima dell’arrivo dell’uo-

Agostinho Neto:

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mo bianco. L’avidità dell’uomo bianco che ha voluto e vuole ancora oggi possedere l’Africa senza rispettarla ha fatto il resto. Quando gli africani alzeranno la testa sarà il primo mattone per la liberazione. Finiamo il nostro percorso raccontando la storia di Agostinho, poeta e primo presidente dell’Angola liberata dai colonizzatori portoghesi. Con le sue poesie, vere e proprie dediche d’amore all’Africa, alimentò nel suo popolo il desiderio di credere nella liberazione dell’Angola e delle altre nazioni africane.

Biografia 1922: nasce il 17 settembre nella provincia di Bengo, nel nordovest dell’Angola. Suo padre è un pastore metodista e la madre una maestra elementare 1940-1950: lavora come volontario nel servizio sanitario e impara a conoscere le misere condizioni degli abitanti di Luanda, la capitale. Questa esperienza lo spinge in tre direzioni: la politica, la poesia e l’iscrizione all’università di medicina, prima a Coimbra poi a Lisbona, in Portogallo 1952: a Lisbona conosce molti studenti angolani che portano avanti iniziative a sostegno della liberazione dell’Angola. Per questo viene incarcerato

1956: dopo il secondo arresto, nel 1955, fonda assieme ad altri il Movimento popolare di liberazione dell’Angola (MPLA)

1958: si laurea in medicina, probabilmente il primo angolano a farlo

1960: viene arrestato nuovamente e detenuto a Capo Verde, da dove fugge recandosi in Marocco

1962: diventa leader del MPLA e vola negli Stati Uniti per cercare l’appoggio dell’allora presidente J.F. Kennedy 1965: conosce Che Guevara

1975: 11 novembre, diventa il primo presidente dell’Angola

1977: si salva da un attentato 1979: muore in circostanze misteriose nel corso di una operazione chirurgica in Russia

poeta militante

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Good News & Fine People a cura di Jessica Cugini

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er raccontare la storia di don Lorenzo Milani si potrebbe iniziare con il classico “C’era una volta…”,

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sapendo però che quella volta c’è stata davvero, cinquant’anni fa, e ancora c’è, perché tutte le belle storie lasciano qualcosa e questa ha lasciato dietro di sé un grande insegnamen-

to, che tutt’oggi trova seguaci nella scuola italiana e non solo. E, a proposito di insegnamento, protagonista di questa nostra storia è, non a caso, un maestro. Un maestro particolare però, che nasce borghese ed ebreo, per poi decidere di lasciare la propria famiglia e farsi prete, diventando un sacerdote scomodo, che vorrebbe un mondo e una Chiesa diversi. Vorrebbe, ad esempio, una scuola senza voti, senza primi e ultimi banchi, senza competizione e umiliazione di chi ha un tempo diverso dagli altri per imparare. Una scuolacomunità, dove ci si aiuta e s’impara insieme, dove ci si aspetta e si collabora, perché il motto della classe è I care, mi prendo cura… e tutti devono rispettarlo, sentirsi responsabili di quel che accade al proprio vicino di banco. Don Milani diventa maestro di una scuola che sorge accanto a una piccola chiesa di un paesello di poche anime, Barbiana, composto per lo più da braccianti, pastori e operai, la maggior parte analfabeti. Gente che ha iniziato a lavorare nei campi da bambina, senza avere avuto il tempo


La lezione di don Lorenzo Mila il prete-educato ni, re che si è preso cura degli ultimi

di studiare e di cui la Chiesa (così pensa don Lorenzo) deve sapersi prendere cura, a partire dall’istruzione. Perché se non sai, ci sarà sempre qualcuno che si approfitterà di te, della tua ignoranza, del tuo non saper ragionare. E allora, questo prete-maestro, che ama i propri scolari ancora più di Dio, impegna la propria vita non a impartire lezioni, ma a insegnare a pensare, a essere critici, a far confronti, a diffidare delle strade troppo semplici, delle scorciatoie. Per questo adopera in classe uno strano “libro”: il quotidiano. Perché crede, don Milani, che prima di ogni cosa occorre sapere quel che accade per poi

capire. Ma per capire bisogna farsi un’idea, un’idea propria, costruita su un pensiero critico cui dare poi parola. Perché è la parola «la chiave fatata che apre ogni porta». Perché a rendere liberi è l’uso che fai della parola, il saper dire come la si pensa, il saper difendere quel che si ritiene giusto, davanti a tutti, di fronte, soprattutto, alle ingiustizie. Saper usare bene le parole è ciò che restituisce dignità. Parte da qui don Lorenzo Milani, per il quale gli alunni erano una sfida quotidiana: perderne uno voleva dire fallire; non capire quale fosse il problema

di uno dei suoi ragazzi significava non essere in grado di farsi prossimo. La soluzione poi doveva essere collettiva. «Ho insegnato – diceva don Lorenzo – che il problema degli altri è uguale al mio», per questo devo farmi parte di quel problema, perché risolverlo tutti insieme sarà quello che ci renderà davvero una comunità in cui ciascuno si fa carico dell’altro o dell’altra. Sono passati cinquant’anni dalla morte di don Lorenzo, ma il suo insegnamento vale ancora, come spesso accade per i grandi e intramontabili maestri di vita. PM GIUGNO 2017

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Io pedal a cura di Paolo Pigozzi

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ono partiti a fine maggio e fino a metà luglio li potrete incontrare in varie piazze e prati di città e paesi tra Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Toscana e Sardegna. Questo è Altrimondibiketour, una compagnia teatrale composta da tre attori e tre biciclette che girano le strade d’Italia a raccontare storie di pianeti, animali e ambiente. Una delle biciclette, una bici cargo a tre

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ruote, servirà anche a trasportare i materiali di scena da una città all’altra. Ma non solo. «Su questa bicicletta – dice Valerio Gatto Bonanni, uno degli attori ciclisti – ci sarà il nostro generatore necessario per le luci e il suono durante gli spettacoli. Sulla bici monteremo anche 2 o 3 ventoline eoliche, mentre dal mozzo delle ruote recupereremo l’energia».

I nostri eroi pedaleranno per cinque giorni alla settimana toccando ogni sera una località diversa dove all’imbrunire ci sarà lo spettacolo. Insomma, il rispetto dell’ambiente sarà il filo conduttore di questa esperienza e anche il tema attorno al quale si snoderà lo spettacolo. Anche per questo, per ricordarci che l’ambiente che


ci circonda e che ci ospita ha bisogno di rispetto, di cura e tutela, gli attori ciclisti preferiscono esibirsi non in teatro, ma all’aperto, su piazze, prati o campi sportivi, sotto le stelle. Seguili su FB (Altri Mondi Bike Tour).

CON LE MIE MANI Il tofu del Capitano (per 2 porzioni) 300 g di tofu 2 cucchiai di farina di ceci 2 cucchiai di farina di mais un cucchiaio di lievito alimentare in scaglie aromi graditi tritati finemente (rosmarino, salvia, origano, ecc.) sale olio extra vergine d’oliva un limone un cipollotto fresco

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ogliamo fare concorrenza alle proposte del famoso “Capitano” e ai suoi “bastoncini”? Dai, proviamoci. Sono sicuro che faremo un figurone! Il tofu è una specie di “formaggio” ricavato dalla soia e consumato ogni giorno da milioni di cinesi e giapponesi (lo puoi acquistare in tutti i supermercati e nei negozi di prodotti biologici). Sciacqualo sotto l’acqua corrente. Asciugalo e taglialo in pezzi allungati di circa un centimetro di spessore (proprio come i “bastoncini”). Mescola in una scodella la farina di ceci con la quantità d’acqua necessaria per ottenere una pastella abbastanza densa. In un piatto miscela la farina di mais e il lievito. Insaporisci con un pizzico di sale e con gli aromi graditi. Passa i bastoncini di tofu nella pastella di ceci e poi nella farina di mais saporita. Premi con cura in modo che i bastoncini ne siano completamente ricoperti. A questo punto, fatti aiutare da un adulto. Falli dorare da entrambi i lati nell’olio caldo. Appoggiali per un po’ su carta assorbente da cucina e spruzzali con succo di limone. Sono gustosissimi, specialmente se accompagnati con pane integrale, qualche fettina di cipollotto e una insalatina fresca di stagione. Alla faccia del “Capitano”… PM GIUGNO 2017

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