PM 2018 01 anteprima

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ANNO 92 - N. 1057 - € 3,00 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE DECRETO LEGGE 353/2003, (CONVERTITO IN LEGGE IL 27/02/2004 N. 46) ARTICOLO 1, COMMA 1, DCB VERONA

numero 1 gennaio 2018

mese Questo ove u n e t n a T ! rubriche

o n n a n U ! R E P U S

LA SECONDA PUNTATA DI

BANDA PM “E NON... FINISCE QUI”


scritto da PADRE ELIO BOSCAINI

C

aro amico e cara amica, togliendo il cellofan a questo primo numero del 2018, hai capito che tra le mani hai qualcosa di nuovo. Sì, le celebrazioni per il 90° del nostro mensile, vissute lo scorso anno, non sono state un guardare al cammino percorso insieme, ma la voglia di guardare avanti per permettere a questa nostra bella storia di continuare. Eccoti allora tra le mani un Piccolo Missionario ricco di novità, quasi un rinnovo completo: una grafica tutta aggiornata, inediti fumetti di qualità, nuove rubriche che, ne siamo sicuri, si affacciano alla vita certe di essere apprezzate, racconti e storie per stimolare la tua fantasia. Perché voi, care lettrici e cari lettori, siete curiosi, amate leggere, e papà e mamma vogliono coltivare in voi il gusto

parola di direttore della scoperta, aprendovi la via a una lettura autonoma. E tutto questo per educarvi, divertendovi e facendovi felici. Essere felici è un diritto ma è per noi anche un dovere. Il mondo che sogniamo, infatti, è quello in cui è piacevole vivere per tutti. Un grazie di cuore lo dobbiamo agli amici che ci salutano. In particolare a padre Giancarlo Ramanzini, un missionario che per anni ha scritto la rubrica A tu per tu e poi Parabole. Allora, ti piace il nuovo PM? Faccelo sapere. E… buona lettura!

, o n n a o v o Nu vo PM nuo

Con dicembre, Pa blo ha lasciato la redazione per un meritato riposo una trentina d’an dopo ni trascorsi a co mporre mese dopo mes e il nostro giorna lino. Lo ricorderemo co me il profession ista che amava il suo lavo ro, allargando il nostro orizzonte a una giovane Americ a Latina. Mentre di cuor e lo ringraziam o del servizio offert o, non dimentic hiamo le cose belle del M ondiario, cui ha dedicato il meglio di sé e le belle risate ch e ne accompagnavan o la le tt ur a. Y accepte, Pabl o, nuestros mej ores deseos de salud y felicidad. GEN NAIO 2018

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Uff! sei di fretta? Bello lo skateboard, però guarda dove vai!

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Quante classi... dove sarà la mia?

certo! è la nostra classe! vieni con noi, non è lontana da qui!

Piacere io sono alice, devi sapere che akhila è la nostra esperta di moda farà la stilista

sarò fissata con la moda... ma è carino

buongiorno ragazzi, che belli che siete! Quest'anno abbiamo rinforzato la "squadra" di questa classe! Benvenute a tutte e a tutti e soprattutto a jasmine e liang!

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IN missione

con padre Teresino Serra

E

rano trascorsi quasi quindici anni da quando lasciai Gaichanjiru, la mia prima missione in Kenya. Un posto incantevole. La terra era sempre verde e molto fertile. La gente vivace, attiva e allegra. Per la etnia Kikuyu la terra è sacra come la vita. Gli anziani Kikuyu insegnavano ai loro bambini che “la terra è il piatto col quale Dio offre il cibo a tutti: ai piccoli e anziani, ai giovani e adulti e a tutti gli animali del cielo e della terra”. Sentivo un’emozione profonda mentre mi avvicinavo alla missione. Volevo fare una visita silenziosa, ma la voce del mio arrivo si era sparsa; Kamau, l’anziano catechista, aveva suonato la campana e la chiesa si era riempita. Sorridevo felice e contemplavo la gente, la mia gente. Riconoscevo solamente adulti e anziani. Cercavo di riconoscere qualcuno tra i giovani. Ma come riconoscere le bambine e i bambini di una volta? Nella cerimonia del saluto si avvicinò una giovane dal volto sereno, con occhioni vivaci e limpidi. Continuava a sorridere. «Mi riconosci?», mi chiese. Feci finta di

u r i j n a W la bambinhai

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g n a dei m


CLAUDIO BIGHIGNOLI

riconoscerla e ricordai il saluto kikuyu: «Dio ti ha fatto grande in questi anni». «Sono Wanjiru, la bambina dei manghi!». Come dimenticarla? L’avevo “battezzata” io così! Cominciammo a ridere e ricordare. Avrà avuto circa 8 anni quan-

do un pomeriggio, con la sua sorellina, entrò nell’orto della missione, dove p. Oscar coltivava frutta e verdura. Dalla finestra seguii i passi delle due bambine. Si muovevano silenziosamente. Ogni tanto lanciavano uno sguardo verso la casa dei missionari. La frutta era troppo in alto e Wanjiru si caricò sulle spalle la sorellina, invitandola a cogliere i manghi. Pensai che era il momento giusto per farmi vedere. Quando si accorsero di me rimasero immobili, quasi paralizzate, l’una sulle spalle dell’altra. Wanjiru mi guardava con i suoi occhioni senza battere ciglio. La scena era troppo comica. Povere bambine! In fondo volevano solo assaggiare la frutta della missione! La salutai con la mano. Rispose con un sorriso di sollievo. «Prendete altri manghi e anche dei limoni», dissi. Se ne andarono contente, col sacchettino di plastica pieno. Mezz’ora più tardi qualcuno bussò alla porta. Era Wanjiru. Sicuramente la mamma l’aveva rimproverata e l’aveva mandata per restituire la roba. Wanjiru mi spiazzò col suo sorriso. «Mia mamma ti chiede il favore di darci delle uova al posto della frutta… per la cena!». I bambini ci sorprendono sempre. Trattenni la risata. «Adesso guardo», erano le uniche due parole che riuscii a pronunciare. Wanjiru tornò a casa felice. I bambini non rubano mai. Loro si prestano le cose quando ne hanno bisogno. Un canto tradizionale dei Kikuyu dice: “La terra è di tutte le creature e degli uccelli del cielo. La terra sazia lo stomaco di tutti”. Wanjiru, la ragazza dei manghi, sicuramente, conosceva quel canto. GEN NAIO 2018

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Ma madou racconta

e r d a p l I o i l g il fi * o n i s e l’ a

scritto da MAMADOU MBENGAS

T

anto tempo fa, in un villaggio del Senegal, viveva un uomo che aveva un figlio sempre preoccupato di agire, per via delle critiche che poteva ricevere. Ogni volta si lamentava di non avere il consenso della gente. Un giorno, mentre l’uomo era seduto all’ombra del grande baobab al centro del villaggio, vide il figlio che, rientrando dalla campagna, tirava l’asino. Il padre lo osservò e gli disse: «Figlio, sai com’è fatto il mondo e come bisogna comportarsi quando la gente parla?». Il giovane si fermò, guardò il padre pensieroso e non rispose. Allora l’uomo rifece la domanda, l’altro abbassò lo sguardo e rispose: «No, padre». Il padre scosse la testa, sorrise e disse: «Figlio, tira l’asino che lo andiamo a scoprire»...

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I tre lasciarono il villaggio e si avviarono. Dopo due giorni di cammino giunsero a un villaggio. Le prime persone che li incontrarono, guardandoli si misero le mani davanti la bocca dicendo: «Ma come? Hanno camminato senza mai salire in groppa all’asino?». Il padre, guardando il figlio, disse: «Salgo io e tu tiri la cavezza?». Il ragazzo annuì e i due ripresero il cammino. Arrivarono in un secondo villaggio dove incontrarono un gruppo di ragazzi che si stava recando ai campi. Il più curioso, rivolgendosi all’uomo disse: «Signore, lei è senza pietà! Perché non scende dall’asino e fa salire questo povero ragazzo?». I due, sentite quelle parole, si guardarono e il padre disse: «Dai! Sali e siediti con me!». Ripartirono. Dopo qualche ora, entrarono in un terzo villaggio. Come li

*Fiaba popolare dal Senegal tra le più conosciute e cantata anche dal grande cantante Youssou N’Dour con il titolo Wommat.


«Chi ha mai visto un giovane seduto sulla schiena di un asino trainato da un anziano? È senza pietà». Queste parole rimbombarono nelle orecchie dei due. Poi l’uomo scoppiò a ridere e a seguire anche il figlio. «Hai visto e sentito? Così va il mondo! Qualunque cosa tu faccia ci sarà sempre qualcuno che avrà da ridire. Ci hanno tutti giudicato senza sapere come stavano le cose. Perciò, fai sempre ciò che ritieni giusto nella vita».

GUGLIELMO SIGNORA

videro, alcune donne che si recavano al pozzo esclamarono: «Guardate! Questo sì che vuol dire condividere». Ma una di loro affermò: «Questo signore è tirchio! Perché non compra due asini?». E l’altra: «E se non ha ricchezze?». «Allora deve scendere e proseguire a piedi». I due si guardarono e il padre disse: «Scendo e tiro la cavezza», e proseguirono. Arrivarono a un altro villaggio, quando gli anziani li videro esclamarono:

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Museo no africa

o a i C ici am iche e am ! M P l e d

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scritto dallo STAFF DEL MUSEO

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a quest’anno troverete una rubrica del Museo africano di Verona, in cui saremo felici di suggerirvi alcune idee e proposte di attività per la vostra famiglia, per divertirci stando insieme. Al Museo abbiamo la fortuna di incontrare ogni giorno tante persone: non solo bambini e curiosi che lo vengono a visitare, ma anche artisti, musicisti, attori, burattinai, raccontastorie, scienziati… che vengono a far divertire le famiglie e a far scoprire tanti modi di stare bene insieme. Per questo ogni mese vi presenteremo alcuni di questi amici, perché anche voi possiate conoscerli e magari andarli a

trovare nei luoghi speciali dove lavorano! L’Africa ci insegna quanto sia importante condividere con le famiglie momenti in cui ci si dedica alle proprie passioni o si sperimenta qualcosa di nuovo, o si mettono insieme le qualità di ognuno per creare piccoli capolavori. Pensate che in alcune lingue africane le parole condividere, aiutarsi reciprocamente, stare assieme, dividere e partecipare, sono tutte racchiuse in un unico concetto, che per esempio in lingua xhosa si dice Ubuntu, in lingua swahili Ujamaa… Intanto, per conoscerci meglio, vi aspettiamo al Museo africano, per farvi scoprire le bellezze delle culture di questo grande continente. Visitando il percorso che parla del Ciclo della vita, potrete osservare tanti oggetti che vengono dall’Africa e vi spiegano come i diversi popoli festeggiano, ciascuno a suo modo, ogni momento della vita, ogni tappa della crescita, da quando si nasce a quando si diventa anziani. Da attenti osservatori, noterete che su tanti degli oggetti sono disegnati dei simboli speciali che aiutano a ricordare gli spiriti degli antenati, dei nonni e delle persone che non ci sono più, ma che rimangono sempre presenti sulla Terra per proteggere le persone a cui sono legati. Disegnare cerchi e spirali sugli oggetti ha lo scopo di ricordare che la vita è un cerchio, un ciclo, che a ogni tappa ne segue un’altra, e che non siamo soli, perché siamo tanti puntini che fanno parte di un anello, come una famiglia che si abbraccia. Venite quindi a scovare tutti i cerchi nascosti nella collezione del Museo, tra le bambole degli Ashanti, le collane a raggiera, le maschere del Mali… Arrivederci a febbraio, con un’intervista ai primi amici che vogliamo farvi conoscere, per stare bene assieme in tanti modi diversi! GEN NAIO 2018

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scritto dalla REDAZIONE

...CHE SE VI DICO "SCUGNIZZERIA"... ...magari non vi viene in mente niente. Ma “scugnizzi” a Napoli sono quei bambini che hanno come caratteristica una particolare vivacità, che a volte viene scambiata con “monelleria”. Con “scugnizzo” s’intende il ragazzino di strada, quello che (per capirci) il maestro spesso deve andare a prendere a casa, per poterlo vedere a scuola… È quello che magari non ha una famiglia che lo segue ed è costretto un po’ ad arrangiarsi. E l’arrangiarsi spesso porta a fare qualcosa che non di deve fare, come rubare ad esempio o, ancora peggio, spacciare (vendere) droga. Quella che raccontiamo oggi è una storia che ha a che fare proprio con quei bambini lì! Tuoi coetanei che vivono a Scampia, un quartiere dell’estrema periferia di Napoli. È lì (e dove se no?) che è nata la “scugnizzeria”, la Casa degli scugnizzi! Una libreria diversa da quelle che frequen-

tiamo di solito. Lì, oltre a spacciare libri, si possono fare laboratori e corsi di teatro con maestri del teatro italiano (Napoli ne ha sfornati tanti!). L’idea futura è di dare vita al “Tg delle buone notizie”… un Tg che racconti le cose belle che succedono lì attorno. Una ve la diciamo noi: il ministro della Cultura, quando ha saputo della scugnizzeria, è voluto andarci di persona! E ha partecipato a un’iniziativa made casa degli scugnizzi: il libro sospeso. Chi può, paga un libro per chi non può. Anche questo fa parte della tradizione napoletana, fatevi raccontare del “caffè sospeso”…

MARCO FRA NCESCATO

IL FATTO È...

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