…UNA MISSIONE PER TE! - PM ottobre 2018

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ME LO HAI DETTO TU...

NOSSIGNORE! IO TI HO DETTO CHE C’È CHI IL CAMMINO LO FA A CAVALLO O IN BICICLETTA...

ANNO 92 - N. 1065 - € 3,00 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE DECRETO LEGGE 353/2003, (CONVERTITO IN LEGGE IL 27/02/2004 N. 46) ARTICOLO 1, COMMA 1, DCB VERONA

numero 10 ottobre 2018

MA TU A SANTIAGO COL TRICICLO NON CI PUOI VENIRE!!!

SANTIAGO

IL MIO NOME È MUHAMMAD ALI

Vado

in missione!


Ciao!

UNA E N O I S S MI ! E T R PE

prima ancora di immergerti tra le pagine di questo nuovo e imperdibile numero del PM, abbiamo una cosa da dirti! Una cosa importante, che devi condividere con i tuoi genitori o con chi ti ha abbonato a Il Piccolo Missionario. Ti proponiamo, per questo mese missionario, di impegnarti a far conoscere la tua/nostra rivista, come si faceva un tempo, in passato… quando ancora non c’eri, non eri nata o nato insomma (e forse, a pensarci bene, non c’ero neanch’io che ti scrivo, ehm… ehm…). Tanti anni fa, chi leggeva la rivista era investito, come i cavalieri della tavola rotonda, di un compito. Forse, visto il nostro mondo, oggi potremmo dire di una “missione”. Far conoscere il più possibile il PM! Come? Regalando la rivista a un amico o amica per il suo compleanno o per qualsiasi altra ricorrenza (o anche senza ricorrenza); portando il giornalino a scuola e prestandolo in classe; indicando alla redazione chi poteva essere interessato a questa lettura o a ricevere a casa una copia omaggio del PM, in modo da fargli avere una copia tutta sua. Certo oggi, rispetto a ieri, quest’ultima cosa è più facile, basta una mail o un whatsapp per segnalare il nome e l’indirizzo di chi si conosce… Insomma il succo è: chi leggeva Il Piccolo Missionario condivideva il proprio entusiasmo con chi aveva vicino o lontano, amico, parente, compagno o compagna di scuola, sport, parco o catechismo. Questo è ciò che chiediamo anche a te, per aiutarci a far conoscere il tuo/nostro giornalino! Ci stai? Può essere il tuo impegno per il mese missionario (…e non solo). Grazie comunque per quel che farai.

BUONA LETTURAAA!!!

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scritto da padre ELIO BOSCAINI

O

ttobre, mese che ha visto nascere l’idea del giornalino che hai tra le mani. Un mese tutto missionario. Sì, perché Gesù ha affidato a ciascuno e ciascuna di noi una missione. «Ogni uomo e donna è una missione – ci ricorda papa Francesco – e questa è la ragione per cui si trova a vivere sulla terra». Ogni anno l’intero mese di ottobre è dedicato al problema delle missioni e ha il suo punto di convergenza nella Giornata missionaria mondiale, che ci ricorda che la Chiesa nasce missionaria e lo è sempre. «Anche voi ragazzi siete capaci di far conoscere Gesù – ci ricordano i nostri vescovi –. Non dovete aspettare di diventare adulti per essere suoi testimoni. Voi desiderate un mondo nuovo, dove tutti siano più buoni, più giusti e più onesti». Rivolgendosi alle famiglie durante il suo viaggio in Irlanda, a fine agosto, papa Francesco ha raccontato di aver cono-

parola di direttore sciuto una mamma e un papà che insegnavano ai loro figli, di sette, cinque e tre anni, ad aiutare i poveri. Un giorno, mentre papà è al lavoro, mamma e i tre piccoli sono a tavola quando qualcuno bussa alla porta. Il più grande corre ad aprire: «Mamma, c’è un povero che chiede da mangiare». Stavano mangiando cotolette alla milanese, buonissime. La mamma chiede: «Che facciamo?». E tutti e tre: «Sì, mamma, dagli qualcosa». La mamma prende un coltello e comincia a tagliare a metà la cotoletta di ogni figlio. Ma i bambini le intimano: «No, mamma, dagli di quelle avanzate, non della nostra!». «No, ai poveri dai del tuo, non di quello che avanza», la replica della mamma. Buon mese missionario!

o r e v o Al p dai

o u t del

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scritto, disegnato e colorato da MARCO FRANCESCATO


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amici

per la pelle

scritto e illustrato da CREAZIONI DI GARAGE

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khila, la ragazza di origini indiane, in questa puntata ci condurrà nell’universo spirituale dello yoga, che oggi va molto di moda in Occidente. È consigliato per gli innumerevoli benefici che una pratica regolare comporta. Purtroppo però questa pratica viene spesso considerata una specie di “ginnastica”! Sembra che praticare yoga significhi solo essere bravi nel tenere posizioni difficili, da contorsionista, oppure essere capaci di toccarsi le punte dei piedi con le dita della mano. Niente di più sbagliato! Lo yoga è un’antica disciplina spirituale. Viene citato nelle scritture più antiche dell’umanità: è presente ad esempio nei Veda, scritti in sanscrito dell’antica India, datati circa 2000 anni prima di Cristo, dove è tradotto come conoscenza o saggezza. Ma è una disciplina perché, come tutto ciò che ha un valore, deve essere praticato con costanza per poter arrivare a ottenere dei reali benefici e una completa padronanza, sia fisica che mentale. Spirituale perché si rivolge alla parte più profonda e “sottile” dell’uomo: l’anima. Yoga significa letteralmente unione, perché porta a un’armonia interiore tra le diverse sfere che costituiscono l’essere umano: il Corpo, la Mente e l’Anima. Questo è il vero significato dello yoga: portare armonia e pace in sé stessi e nel mondo che ci circonda.

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Óm

Akhila ci guiderà all’interno di questo mistico e affascinante mondo orientale, spiegandoci come rilassare il corpo attraverso la pratica delle Asana (le posizioni yoga); come calmare la mente con la pratica del Pranayama (respirazioni guidate) e, infine, come entrare in contatto con la nostra parte più intima, l’Anima. Sempre presente ma spesso offuscata dai nostri innumerevoli impegni, pensieri ed emozioni che ci portano lontano dal nostro “centro”, creando disarmonia nel nostro intimo e nelle relazioni con gli altri. Quest’ultima fase avviene con la pratica più importante dello yoga: la meditazione, che consiste semplicemente nel sedersi, calmi e rilassati, con la spina dorsale eretta e gli occhi socchiusi, facendo attenzione al nostro respiro e cercando di... non pensare! Sembra semplice ma, se provi, scoprirai com’è difficile smettere di... pensare e focalizzarti con calma sul tuo respiro.


Ti accorgerai che lentamente il corpo inizierà a protestare, a volersi muovere, e la mente non smetterà un attimo di disturbarti con pensieri insistenti, nonostante il tuo sforzo di rimanere concentrato! Forse questo ti accade anche quando sei a scuola o quando devi fare i compiti. Ogni occasione è buona per distrarsi o per pensare ad altro, con la conseguenza di ottenere scarsi risultati.

Lo yoga può aiutarti anche in questo: ad avere maggiore capacità di concentrazione e controllo dei tuoi pensieri, aiutandoti a ottenere maggior successo a scuola e diminuendo il tempo dedicato allo studio, con la possibilità di avere più tempo per giocare, stare con gli amici, fare sport. Non ti piacerebbe riuscirci? Allora leggi con attenzione i consigli di Akhila e… buona pratica!

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IN missione

con padre Teresino Serra

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on è una bella sensazione tornare in Italia e vedere certe realtà delle nostre scuole. Qualche tempo fa, leggevo che molti insegnanti non vedono l’ora di andare in pensione, perché insegnare è diventato un inferno. Ci sono alunni che deridono o minacciano gli insegnanti e genitori che ascoltano solo i loro figli e figlie, mettendosi contro i docenti o, addirittura, minacciandoli. La mia domanda è: ma la scuola è diventata un parcheggio per la pigrizia e l’irresponsabilità? Il mio pensiero vola inevitabilmente alle nostre scuole di missione, in Africa, dove frequentare una classe è una festa, e insegnare una gioia.

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c e k A

e t n e d lo stu appa z a l n o c È così che ricordo Akec, un ragazzo della nostra scuola di Lomin, in Sud Sudan. Akec era un ragazzo di 15 anni, dagli occhi vivi e intelligenti. Uno dei suoi primi ricordi è la morte tragica del papà durante la guerra, e il suo camminare giorno e notte con la mamma per raggiungere l’Uganda come profugo.


Akec lavora con tenacia, perché ama studiare e vuole conoscere tante cose. Per lui non esistono vacanze o ricreazione: deve lavorare sempre, pulire il cortile, portare l’acqua per la casa, e poi zappare e zappare e zappare ancora quel campo che è anche la vita della sua padrona». Padre Luciano si interrompe e mi chiede: «Sai cosa significa il nome Akec? Significa amaro, qualcosa che brucia in bocca. La mamma lo ha chiamato così per qualche buona ragione! La sua vita è stata molto amara. E non sa nemmeno se ci sono parenti suoi al villaggio, di cui ricorda solo il nome. Ho visto Akec solo qualche volta giocare con gli altri ragazzi. Deve purtroppo zappare o portare l’acqua alla sua padrona per poter continuare gli studi. Lui non chiede mai niente, ma non lo lasciamo senza aiuto. Gli abbiamo comprato alcuni libri, perché leggere e imparare lo fanno felice. Il suo sogno è conseguire un diploma, diventare maestro e insegnare alla sua gente». Ma lui è già un maestro: insegna con la sua vita di sacrificio e i sogni che intende realizzare. Suo desiderio è dare una mano a chi ha sofferto come lui, a chi come lui sta lottando, così da avere una vita un po’ meno akec della sua.

MARCO PACI

Qualche anno dopo, Akec rimane solo in terra straniera, lontano dai parenti, che mai aveva conosciuto. Padre Luciano, il direttore della scuola, mi racconta la sua storia: «Akec è uno dei migliori studenti che ho. Ha iniziato le elementari da grande ma, con impegno e sacrificio, ha recuperato. All’età di circa 10 anni, avendo sentito che a Lomin, ai confini con l’Uganda, c’era una scuola della missione, si è messo in strada, con la speranza di poter essere ammesso e così poter studiare. Ha camminato per tre giorni. Giunto qui, ha trovato però la scuola chiusa per le vacanze. Ha cercato allora un lavoro: un’anziana signora lo ha preso a zappare il suo campo, in cambio di un pasto al giorno e un angolino in cui dormire. Alla ripresa della scuola, l’anziana gli ha permesso di iscriversi in prima elementare. E lui le ha chiesto di lavorare di più così da potercela fare a comperarsi libri e quaderni.

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scritto dalla REDAZIONE

MAYDAY PIANETA TERRA

e r a l c i c i a t i R v a l a v l sa e h c ò ci

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hissà quante volte li avrete visti quei giubbotti arancione con cui spesso arrivano uomini, donne, bambini e bambine migranti. Sono gli stessi giubbotti che magari vi sarà capitato di utilizzare in barca, in canoa o in gommone durante le vostre gite con la famiglia o gli amici. Certo, l’uso che voi ne fate è lo stesso, ma di certo il rischio che correte rispetto ai migranti che viaggiano sui barconi è ben diverso. Tre anni fa, sulle coste della Grecia arrivarono via mare oltre 850mila persone. Circa 500mila di loro sbarcarono

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sull’isola di Lesbo, munite di giubbotti di salvataggio che poi rimasero abbandonati sulle spiagge. Cosa fare di questa montagna di gomma arancione che al sole continuava a deteriorarsi e con gli sbarchi a crescere di volume?


LUNGAVITA AI BAOBAB Pian piano i Baob ab, quelli più antic hi e gran di dell’Africa , stann o more ndo. A dare l’allarme è stata la rivista scientifica Nature Plants. Il giornale ha pubblicato la notizia che, negli ultimi 12 anni, sono mort i nove dei tredi ci baob ab più antichi al mondo e cinque dei sei più giganti. Non sembra sia un’epidemia la ragione di quanto è accaduto, ma di certo ancora non si è capit o esatt amente perc hé questo sia successo. Un’ipotesi però c’è, ed è sempre, purtroppo, la solita: potrebbe esse re a caus a del camb iame nto climatico che la parte più a sud del continente africano soffre in particolar modo.

Difficile pensare a una soluzione per smaltirli tutti quei salvagenti. Almeno fino a quando la Markers Unite, un’impresa olandese che gestisce rifiuti riutilizzandoli per creare lavoro e dare occupazione sia a olandesi in difficoltà economiche sia a migranti, ha pensato di riciclarli. Così, i 500mila salvagenti sono stati portati ad Amsterdam, dove 70 sarti e operai della Markers Unite li hanno trasformati in bellissime borse e porta computer arancio e nere. Acquistare su internet questi prodotti (al costo di 50 euro ciascuno) fa raggiungere

due obiettivi. Non solo quello di creare lavoro per queste persone ai margini e migranti, che hanno così oltre che un’occupazione anche la possibilità di conoscere persone del paese in cui si trovano a vivere. Ma anche aumentare la consapevolezza del dramma che vive chi arriva via mare rischiando la propria vita sui barconi. Vuol dire avere con sé un pezzetto di una vita di qualcun’altro o altra, che chissà dove si troverà in questo momento, ma il cui viaggio difficile non è stato dimenticato.

CERVELLO IN TILT ggia il L ’ i n q u i n a m e nt o d a n n e sibilità pos la o and cervello, aument tanze sos Le li. ma am che questo si tro nos l ne o ran ent inquinanti che o iro sp co rp o att ra ve rso il re o iam ng attraverso il cibo che ma il e mit tra raggiungono il cervello pires tto tra flusso sanguigno o il gano. Da ratorio, danneggiando l’or ia cattiva influisse zialmente si pensava che l’ar Ini . oni azi respirare aria qui tante complic che ni, adesso invece sappiamo solo per la salute dei polmo alla mente! pulita giova a tutto, anche OTTOBRE 2018

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Museo no africa

r e i l e t a Un creativo o s u i r di

scritto dallo STAFF DEL MUSEO

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asseggiando per Veronetta, quartiere di Verona pieno di sorprese e curiosità, vi potrebbe capitare di essere catturati dalla vetrina di un negozio in particolare, pieno di borse, vestiti su misura, accessori di carta, gioielli e molto altro… In un primo momento forse vi colpirebbero i colori e la varietà degli oggetti, ma osservando bene notereste che tutto è stato ricavato rilavorando materiali di riciclo tra i più diversi. Si tratta della vetrina di D-Hub Atelier di Riuso Creativo, ideato da Maria Antonietta Bergamasco, una grande amica e collaboratri-

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ce del Museo. Le abbiamo posto alcune domande, per farvi capire bene perché è così interessante la sua attività. Meri, raccontaci bene di D-Hub… di cosa si tratta? D-Hub è una rete di laboratori, che permette alle persone di imparare a costruire oggetti di artigianato, mettendo in moto le mani e recuperando forme di lavoro tradizionale, come cucire e fare la carta. Si tratta di luoghi dove chi sa insegna e chi non sa o è curioso, impara. Lavorare con le mani – e farlo insieme – per noi significa costruire spazi dove stare bene. Scegliamo di usare materiale di riciclo perché dare valore a qualcosa che di solito si butta via è un modo per imparare che ogni cosa conta e va rispettata. Tutto


questo per diventare cittadini e cittadine che sanno fare del rispetto una lente con cui guardare tutto il mondo, incluse le persone. Che cosa significa il nome D-Hub? Hub è il centro della ruota della bicicletta. La bicicletta ci rimanda a un movimento lento: quando si costruisce qualcosa e si dà spazio alla creatività non bisogna avere fretta! Il centro della ruota, poi, è quello da cui parte la forza che muove la bicicletta. La ruota però ha bisogno di tutti i raggi per far funzionare la bici! Così noi abbiamo bisogno di tutti e tutte: dei bambini e delle bambine, dei maestri e delle maestre, della scuola, dei musei, delle persone che sono in difficoltà, di chi è italiano e di chi non lo è, delle donne e degli uomini, dei giovani e dei nonni… se qualcuno manca, le cose non vanno allo stesso modo. Il nostro intento in queste pagine di PM è suggerire delle attività a cui i bambini possono partecipare con le

loro famiglie. Organizzate anche voi dei momenti di incontro per famiglie? D-Hub, oltre alle attività per le scuole e ai laboratori al Museo africano, propone dei momenti rivolti alla cittadinanza. Uno dei nostri laboratori è un parco a Verona (il Giardino Ex Nani, in via Venti Settembre 57/A), pensato perché le persone residenti in quartiere abbiano un luogo dove incontrarsi. Organizziamo laboratori per famiglie il giovedì pomeriggio, e degli eventi straordinari una domenica al mese. Aspettiamo anche voi, come raggi di questa grande bicicletta!

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MA MA MA SCUSA... ME LO HAI DETTO TU...

NOSSIGNORE! IO TI HO DETTO CHE C’È CHI IL CAMMINO LO FA A CAVALLO O IN BICICLETTA...

MA TU A SANTIAGO COL TRICICLO NON CI PUOI VENIRE!!!

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