Raccoglitori di Residui

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Raccoglitori di residui

Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

a cura di: Cecilia Ruberto Lucia Fernรกndez


Traduzioni: Cecilia Ruberto Gráfica: Lorena Díaz Lucia Fernández Con il sostegno di: * Collaborative Working Group in Solid Waste Management * Reorient Onlus * Retos al Sur Finito di stampare: Roma Italia Novembre 2008


Dedicato ai riciclatori morti nella discarica di cittĂ del Guatemala il 20 Giugno 2008.


Raccoglitori di residui: una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

A cura di

Lucia Fernandez Cecilia Ruberto

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

I


Un sincero ringraziamento alle associazioni che hanno sostenuto l’iniziativa

Il CWG è una rete che mette insieme l’esperienza di partner diversi che collaborano per il miglioramento della gestione dei residui solidi urbani e le condizioni di vita dei poveri nelle città dei Paesi a medio basso-reddito Sin dal 1995 il CWG organizza workshops per lo scambio di conoscenze e per implementare e aggiornare le conoscenze sulla gestione dei residui solidi urbani. Il lavoro della rete sviluppa una serie di aspetti inerenti al tema inclusi quelli istituzionali, sociali, finanziari e tecnici. Contatti: Web: http://www.cwgnet.net Vadianstrasse 42 CH-9000 St.Gallen - Switzerland Tel: +41 71 228 54 54 Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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fax: +41 71 228 54 55 Email: cwg.secretariat@skat.ch

L’associazione proponente Reorient Onlus attiva da più di tredici anni nel campo della cooperazione internazionale solidale e dell’educazione alla pace e alla mondialità svolgendo attività di progettazione e attuazione di programmi di sensibilizzazione e formazione su questi temi; collabora inoltre con diverse Botteghe del Commercio Equo e Solidale e gestisce due sportelli di Turismo Responsabile. Partecipa attivamente al Tavolo dell’Altra Economia di Roma tra i soci fondatori del Consorzio della Città dell’Altra Economia, dove ha la sua sede operativa dal 2007. Contatti: Web: http://www.reorient.it Vicolo dello Scavolino, 61 00187 Roma tel/fax +39.06.6780622 Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Sede operativa: Città dell’Altraeconomia E-mail reorient@reorient.it

Retos al Sur è un’associazione senza fini di lucro che si è costituita all’inizio del 2006 presso la città di Montevideo, Uruguay. La Cooperazione è uno strumento d’azione trasversale per questa associazione, strumento concepito come un’attività partecipata, che tende all’interscambio orizzontale tra le diverse culture, esperienze, comunità stili di vita e sogni. Contatti: Web: http://www.retosalsur.org Perez Castellano 1424 Montevideo- Uruguay Tel. (+598 2) 916 52 87 Email: comunicacion@retosalsur.org

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Prologo Le discarica del mondo luogo di miseria e di speranza nel ventunesimo secolo. Riccardo Troisi , Reorient Onlus , Italia Adriana Goni Mazzitelli, Asociacion Retos al Sur ,Uruguay

Raccontare le storie di chi cerca tra i rifiuti delle discariche del mondo una speranza , non è cosa facile. Oggi per milioni di persone, uomini e donne che hanno abbandonato campagne inospitali o villaggi senza futuro, con il miraggio di trovar fortuna nelle sempre più grasse metropoli del mondo, questo lavoro da una possibilità per sopravvivere divenendo una condizione “normale” di vita. L’incremento della produzione e dei consumi ha creato enormi squilibri nella gestione dei rifiuti urbani: come ricorda Wolfgang Sachs, «la produzione genera sia ricchezza sia rifiuti e insieme alla globalizzazione della produzione di ricchezza cresce anche la produzione di rifiuti». Sono sorte così vere e proprie “città discariche”. Quelle africane della baraccopoli di Korogocho a Nairobi - più volte descritta da padre Zanotelli - e quelle meno note di Kigali in Rwanda; ma anche nello Zambia, dove il 90 per cento di spazzatura non viene raccolto e si accumula nelle strade, mentre la discarica di Olososua, in Nigeria, accoglie ogni giorno oltre mille camion di rifiuti. In Asia, a Manila, è tristemente famosa Payatas a Quezon City, una baraccopoli dove vivono oltre 25 mila persone: è sorta sul pendio di una collina di rifiuti, la “montagna fumante” dove adulti e bambini si contendono materiali da rivendere. Ma c’è anche Paradise Village che non è Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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un villaggio turistico, bensì una bidonville cresciuta sopra un acquitrino dove gli allagamenti sono puntuali come le piogge monsoniche. E poi “Dumpsite Catmon”, la discarica sulla quale si è sviluppata la baraccopoli che sovrasta Paradise Village. In Cina, a Pechino, le discariche sono abitate da migliaia di persone che riciclano rifiuti illeciti, mentre l’India con i suoi slums metropolitani è il paese più densamente popolato dai “sopravvissuti dei rifiuti”. Eppure qualcosa sta cambiando. In alcuni casi la spazzatura è diventata motivo di emancipazione sociale: al Cairo, in Egitto, i lavoratori del settore informale - noti come zabbaleen - raccolgono un terzo dei rifiuti domestici, quasi un milione di tonnellate all'anno, e riescono a riciclare e destinare al compostaggio più dell’80 percento del raccolto. Uno dei distretti, Mokattam, è diventato la sede di 700 piccole imprese per la raccolta dei rifiuti. In Brasile, dove le discariche a cielo aperto risparmiano le aree turistiche per concentrarsi nelle periferie metropolitane, c’è l’esperienza dei ‘Catadores do lixo’: un movimento sociale organizzato in cooperative che oggi impiegano migliaia di persone nella raccolta, nel riciclaggio e nello smaltimento dei rifiuti. La prima cooperativa, la Coopamare risale al 1989. L’esperienza di San Paolo si è trasferita nel Minas Gerais, a Belo Horizonte e nel Rio Grande do Sul. E a Buenos Aires, in Argentina, i “cartoneros” impegnati nella raccolta non ufficiale di rifiuti sono stati per diversi anni i pionieri del riciclaggio: le loro cooperative raccolgono più di 20 mila operatori e nelle scorse settimane sono state chiamate a partecipare a “rifiuti zero”, un ambizioso progetto governativo per riciclare entro il 2020 tutti i rifiuti solidi urbani. Esistono tante altre esperienze che solo in parte sono state raccontate in questo lavoro, a testimoniare un movimento che sta crescendo e che occorre sostenere con ogni sforzo e passione. La nostra associazione da qualche Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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anno

sta lavorando in Uruguay, per promuovere e rafforzare

piccole

cooperative di “clasficadores de residuos urbanos” a Montevideo, questo lavoro

ci ha confermato

l’importanza di avviare progettualità mirate

all’autopromozione sociale di queste realtà.

Vivere dipendendo da

quello che la società scarta, non è facile, ma questi volti chiedono di essere riconosciuti come lavoratori e lavoratrici ed ottenere gli stessi diritti di chi si dedica ad altri mestieri. Per molti di loro la dignità, pur vivendo tra i rifiuti, non è mai venuta meno: attende solo di essere riconosciuta.

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del VII riciclaggio


Indice Pag. BIOGRAFIE AUTORI Poornima Chikarmane e Laxmi Narayan

6

Pablo J. Schamber

7

Reka Soos e Noemi Stanev

7

Laila R. Iskandar

7

Lucia Fernandez Gabard

8

Cecilia Ruberto

9

Pietro Luppi

9

Presentazione

10

Introduzione

11

Associazioni che hanno sostenuto l’iniziativa

21

UNO SGUARDO GENERALE:

21

Chi sono i Riciclatori, come lavorano e prospettive future di Cecilia Ruberto

La gestione dei residui solidi urbani ed il ruolo dei waste pickers

22

Waste picking and waste pickers

24

Le caratteristiche del settore informale

27

Come vivono? Come lavorano?

29

Soluzioni piĂš comunemente adottate nella politica di gestione dei

31

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

1


residui solidi urbani nei paesi a basso medio-reddito e i loro limiti La formazione di cooperative

38

Ideologia del lavoro e diritti dei lavoratori

41

Bibliografia

46

Riferimenti pagine Web

48

RIORGANIZZANDO IL DISORGANIZZATO:

49

Il caso studio di Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat (l’unnione commerciale dei waste pickers) Di Poornima Chikarmane e Laxmi Narayan

La Nascita

49

Strategia, forma organizzativa, governance e membership

54

Le attività e il metodo

59

Meccanismi istituzionali per la sicurezza sociale dei waste pickers

62

Networking, Advocacy e Lobbying

64

Bibliografia

69

IL FENOMENO DEI CARTONEROS A BUENOS AIRES.

71

Rotture, Continuità e nuove opportunità tra il management dei rifiuti e l’industria di riciclaggio di Pablo J. Schamber

Presentazione: Definizioni (se possibile) degli ogiettivi

71

L’obiettivo del cartonero

74

Nascita delle attività dei cartoneros nella gestione dei residui solidi

76

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

2


urbani Collegando i circuiti

84

Conclusioni

94

Bibliografia

99

IL SETTORE INFORMALE DEI RIFIUTI SOLIDI IN

102

ROMANIA di Reka Soos e Noemi Stanev

Concetti fondamentali

102

Visione d’insieme

107

Quantitativi e tipi di attività del settore informale

110

Impatto socio-economico

114

Effetti ambientali

115

Interventi mirati al settore informale

117

Problemi/ sfide con il sistema informale

123

Fonti e riferimenti

126

Bibliografia

127

I RACCOGLITORI DI RIFIUTI DEL CAIRO

128

di Laila R. Iskandar

Background

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

128

3


Il settore tradizionale e informale – il più grande datore di lavoro in

129

Egitto per il trattamento dei rifiuti Crescita delle imprese di riciclaggio

131

Forza lavoro

134

Un sistema basato ed indirizzato dal mercato

135

La privatizzazione tramite le multinazionali al Cairo

136

Le preoccupazioni dei riciclatori dovute ai contratti internazionali

141

Proposte di riorganizzazione

143

RIUSO ED ECONOMIE POPOLARI IN EUROPA: IL CASO

147

STUDIO ROMA di Pietro Luppi

Aziendalismo ed economia popolare: due modelli a confronto

147

Il caso studio “Roma”

155

I rovistatori di cassonetto, Porta Portese e gli Antiquari

155

Un mercato in boom che lotta per sopravvivere

159

L’edilizia di fortuna

164

Gli orti urbani

171

Occupanti di case

176

VERSO UNA RETE GLOBALE DI RICICLATORI

182

di Lucia Fernandez Gabard

Introduzione Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

182

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La dispersione come punto di partenza

183

Convivenza di paradigmi

188

La sfida dell’articolazione a diversi livelli

193

La mappa Latinoamericana come processo

203

Il Congresso Mondiale

209

Conclusioni

212

Bibliografia

216

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Notizie sugli Autori RIORGANIZZANDO IL DISORGANIZZATO. India 2003 Il caso studio di Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat (l’unione commerciale dei waste pickers)

Poornima Chikarmane: Laureata nel Master per Lavoro Sociale presso l’Università di Bombay. Assistente alla direzione (Lettrice) al SNDT Women’s University. Fondatrice (con altri) del Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat KKPKP (Associalzione di Wastepickers della città di Pune) a dell’Alleanza Nazionale dei Wastepickers in India Mail: pchikarmane@gmail.com, Laxmi Narayan: Laureata nel Master per il Lavoro Sociale presso il Tata Institute of Social Sciences. Coordinatrice del Dipartimento per gli Adulti e l’Educazione Continua (nel centro-sud di Pune) presso la SNDT Women’s University. Segretaria del KKPKP Mail: wastematterspune@gmail.com

***** IL FENOMENO DEI CARTONEROS A BUENOS AIRES. Rotture, continuità e nuove opportunità tra il management dei rifiuti e l’industria di riciclaggio. Argentina 2007 Estratto dalla tesi di dottorato in Antropologia presso l’Università di Buenos Aires "De los desechos a las mercancias. Etnografía del circuito del reciclaje en el conurbano bonaerense" aprile 2007. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Pablo J. Schamber: Antropologo. Docente Ricercatore presso l’Università Nazionale di Lanùs. Consulente per la gestione dei residui e i circuiti informali di riciclaggio. Mail: pjschamber@hotmail.com / schamber@unla.edu.ar Contatti: (0054) 11-1541981069 / 11-47020696

***** SETTORE INFORMALE DEI RIFIUTI SOLIDI IN ROMANIA. Romania 2006 Tratto da uno studio finanziato da GTZ e CWG, "Economic Impact of Informal Sector Activities" (“L’impatto Economico delle Attività del Settore Informale”) Noemi Stanev e Reka Soos: Master in

Scienze Ambientali,

specializzazione in Analisi dei sistemi economici e ambientali. Consulenti nell’ambito Climatico, laureate nel Master per Lavoro Sociale presso l’“University change, Waste Management and Energy” di Bombay Mail: gp@greenpartners.ro Sito Web: www.greenpartners.ro Contatti: str. Fintinele 18, 400294 Cluj-Napoca, Romania. tel./fax +40 (0)264 589291. telefono mobile (RO) +40 (0)740 554430

***** I RACCOGLITORI DI RIFIUTI DEL CAIRO. Egitto Laila R. Iskandar: dell’associazione Chairman CID è specializzata in formazione e sviluppo, ha lavorato e lavora con organismi internazionali come l’UNESCO, USAID, UNDP e molti altri. Il suo backgound culturale è Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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costituito da studi di economia, di scienze politiche sia al Cairo che presso l’Università di Berkeley e presso la Columbia University. Ha lavorato per numerosi programmi di successo a favore delle comunità di waste pickers. Lavora con i riciclatori del Cairo sin dal 1982, implementando azioni di formazione teconologica, di networking, di sostegno nei confronti del governo. Mail: laila@cid.com.eg Sito web: www.cid.com.eg

***** VERSO UNA RETE GLOBALE DI RICICLATORI. Francia 2008 Articolo che verrà pubblicato in “Retroscopio” Volume 2, “una mirada sobre recuperadores urbanos de residuos de America Latina.”( “uno sguardo sui riciclatori urbani di residui dell’America Latina”) Lucia Fernandez Gabard: formazione in Archittettura e Urbanismo presso la Facoltà di Architettura dell’Uruguay. Attualmente studia presso la Scuola di Architettura di Grenoble (Francia): Master 1, città e territori. Specializzata nell’organizzazione dei riciclatori e costruzioni di reti. Fondatrice (insieme ad altri) della Rete Latinoamericana di Riciclatori e collaboratrice (2003-2007) dell’ UCRUS (Unione dei Clasificadores dell’Uruguay, sindacato) Mail: luciferviajando@gmail.com Sito Web: www.recicladores.net

***** Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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RACCOGLITORI DI RESIDUI. Italia 2008 Uno sguardo generale: chi sono, come lavorano e prospettive future. Estratto dalla Tesi di Laurea Specialistica in Innovazione e Sviluppo: “Gestione dei Residui Solidi Urbani: il caso dell’Uruguay” Cecilia Ruberto: formazione in Scienze Sociali per la Cooperazione e lo Sviluppo presso l’Interfacoltà di Scienze Umanistiche e Scienze della Comunicazione dell’Università di Roma La Sapienza. Collaboratrice dell’organizzazione senza fini di lucro Reorient, da circa 4 anni sostiene e collabora all’organizzarsi dei clasificadores dell’Uruguay attraverso progetti di cooperazione. Lavora per la sensibilizzazione alla tematica in Italia. Mail: CeciliaRuberto@gmail.com Blog: www.villadelchancho.splinder.com

***** RIUSO ED ECONOMIE POPOLARI IN EUROPA: IL CASO STUDIO ROMA. Italia 2008 L’articolo

è

stato

elaborato

appositamente

come

contributo

dell’associazione Occhio del Riciclone al progetto di diffusione e informazione del medesimo dossier Pietro Luppi: responsabile del Centro di Ricerca Occhio del Riciclone; Presidente di Occhio del Riciclone Italia. Esperto di economie popolari e gestione dei rifiuti. Giornalista e autore di libri su tematiche ambientali, politiche e sociali. Mail: riusare@yahoo.it Sito Web: www.occhiodelriciclone.com

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Presentazione Questo dossier è il risultato della collaborazione di diverse persone, è l’incontrarsi di realtà differenti e lontane che sentono fortemente un comune denominatore nel lavoro che svolgono. Gli autori che hanno contribuito alla creazione del dossier con i loro articoli, sono dei super esperti dei temi affrontati che, condividendo l’idea di fondo di sensibilizzazione e informazione, hanno creato dei brevi sunti sulle realtà di appartenenza, cercando di tracciare i contorni dei fenomeni affrontati, mantenendosi specifici, ma al tempo stesso semplici, tenendo presente che per la maggior parte dei lettori questo tema non è chiaro nelle sue sfaccettature, se non, addirittura, del tutto sconosciuto.

Un sincero ringraziamento va a tutti gli autori che con entusiasmo e prontezza hanno risposto alla nostra richiesta di materiale per il dossier. Nella speranza di aver posto un primo tassello nella costituzione di una coscienza e conoscenza sociale di una tematica responsabile e propositiva, auguriamo a tutti una buona lettura!

***** Per ricevere una copia del dossier: www.reorient.it CeciliaRuberto@gmail.com

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Introduzione Questa raccolta di scritti sul tema del waste picking, a cura di Cecilia Ruberto e Lucia Fernandez Gabard, si propone di dare un proprio contributo al dibattito, oggi sempre più intenso, del riciclaggio come valore complesso che vede intersecarsi le 3 sfere dello sviluppo sostenibile: quella sociale, quella ambientale e quella economica. Da subito l’idea di intitolare l’elaborato “Raccoglitori di Residui. Una panoramica globale sul primo anello della catena del riciclaggio” ci è sembrata assolutamente appropriata, infatti coglie il centro nevralgico, l’obiettivo principale di questo lavoro. La volontà di conoscere questo tipo di lavoratore, riconoscerne i “pregi e difetti”, il potenziale che oggi sta iniziando

ad

esprimere,

comporta

il

confrontarsi

con

tematiche

estremamente complesse, come i diritti umani, i diritti dei lavoratori, quelli delle donne e quelli dei bambini, le tutele sanitarie, la richiesta di politiche che appoggino e non che occultino o peggio ancora reprimano. Il riciclaggio come fonte di lavoro, fonte economica, è la risposta coerente con la necessità di sostenibilità ambientale ed ecologica, data la finitezza delle risorse, l’aggravarsi di condizioni precarie di povertà fino ai limiti della dignità umana, il peggiorare delle condizioni ambientali. Si presenteranno le soluzioni nate spontaneamente dalla società che maggiormente risente degli effetti dell’attuale modello di consumo. Si cercherà di analizzare come nascono queste propose e la loro validità, economica e ambientale, ma anche civile e sociale. Il dossier parte da una piattaforma condivisa da esperienze di paesi lontani e diversi che nonostante le differenze sono fortemente legate da valori Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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omogenei, fortemente sentiti e, oggi, sempre più strutturati, che si concretizzano in proposte rivolte ai politici, alle imprese, agli istituti internazionali come a quelli locali, e ancora più fortemente alla società in generale, al modo di pensare comune.

Il primo articolo da me elaborato: “Raccoglitori di Residui, uno sguardo generale, chi sono, come lavorano e prospettive future”, offre una panoramica informativa generale del fenomeno, si definiscono le caratteristiche che accomunano questo tipo di lavoratore, si introduce il concetto di settore informale, concetto complesso e non scevro di implicazioni e complicazioni, estremamente affascinante da studiare quanto difficile da considerare, soprattutto a livello di politiche da mettere in atto. A seguire si affrontano molto velocemente quali sono stati e tutt’oggi continuano ad essere gli atteggiamenti degli Stati o dei Comuni nei confronti di questi lavoratori. Si affronta anche un tema centrale, che deve far parte del background di chi vuole avvicinarsi al tema dei riciclatori: l’ideologia del lavoratore. Grazie a questa ideologia condivisa è possibile il confronto transnazionale che oggi sta avvenendo, grazie a questo sentire comune si stanno creando obbiettivi e attività condivise.

L’articolo successivo, “RIORGANIZZANDO IL DISORGANIZZATO: il caso studio di Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat” ci espone la peculiare esperienza di questo sindacato indiano che supporta i waste pickers, che nasce prestando un particolare sostegno alle donne contro gli abusi, le violazioni e le illegalità perpetrate nei loro confronti, da altri waste pickers, dalla popolazione, dalle forze di polizia, dagli intermediari, ecc.

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L’attività svolta dal KKPKP è stata sin dall’inizio fondamentale per la nascita di una forte e sentita identità condivisa, di un senso di dignità in quanto essere umano lavoratore, vulnerabile, ma che combatte per i propri diritti universalmente riconosciuti. Grazie a questo sindacato che oggi conta 80.000 iscritti, la popolazioni ha iniziato a sviluppare un “sympathy factor” cioè un sentimento di simpatia e comprensione della realtà del waste picking. Ciò non è assolutamente una questione da poco, infatti come vedremo negli altri scritti, l’ostilità della popolazione è uno dei temi di discussione più sentiti. Inoltre il KKPKP pratica delle azioni di critica e discussione non violente costantemente in alleanza con altre organizzazioni grazie alla rete che ha creato, rendendosi una parte integrante di un sistema di tutela molto diversificato, proprio abbracciando il principio, comune a tutti i waste pickers, che per migliorare e cambiare le condizioni è necessario agire a livello integrato in più ambiti, su più livelli, conoscendo bene le dinamiche e gli equilibri che esistono per poterli poi trasformare. Per concludere, un altro aspetto molto interessante, che forse il lettore potrebbe approfondire attraverso studi più ampi, è l’attività di concessione di credito che svolge questo sindacato, che, ad oggi, ha portato dei risultati estremamente positivi, e, nonostante le difficoltà evidenziate nell’articolo, può essere concretamente una modalità per permettere ai waste pickers di uscire dal circolo vizioso della carenza di credito, e quindi da tutte le dinamiche di sfruttamento che si creano con chi invece ha del credito (in sintesi: gli strozzini).

Attraverso l’articolo di Laila Iskandler possiamo chiarire molti interrogativi sul lavoro dei waste pickers, come effettivamente questi abbiano trovato nel tempo delle dinamiche perfettamente funzionanti che permettono di Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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sopravvivere e, come nel caso del Cairo, creare dei circoli di riuso e riciclo sostenibili e proficui. Il contributo dell’autrice è fondamentale anche perché ci da uno spaccato di cosa accade se dai piani politici si decide univocamente per politiche di gestione dei residui solidi urbani totalmente (o quasi) disinteressate al coinvolgimento dei waste pickers. Quando il governo decide di affidare il lavoro a delle società multinazionali (in questo caso, oltretutto, neanche industrie egiziane) che non conoscono la realtà locale, ebbene accade il caos: le multinazionali o si devono ritirate (vedi l’esperienza di AMA) oppure non lavorano efficientemente, la popolazione è scontenta e le condizioni dei waste pickers raggiungono livelli di criticità gravissimi, il numero dei waste pickers aumenta, il lavoro che svolgono si “deprofessionalizza” e perde di valore economico, la povertà e la marginalità si acuiscono, e con queste, tutti i fattori socio-culturali che ne conseguono. Le fitte trame funzionali create dai waste pickers in anni di esperienza si spezzano e i 2 sistemi, quello formalmente riconosciuto (le multinazionali) e quello informale, ma disconosciuto, si contrastano e chi ne fa le spese non dobbiamo nemmeno sottolinearlo. Così una volta in più abbiamo un caso concreto che dimostra quanto sia importante un discorso di pianificazione integrata e sostenibile per una politica di gestione dei residui che ponga al centro della questione i riciclatori.

A seguire lo studio di di Reka Soos che ci offre una panoramica sulla Romania, ci permette di capire quale sia un buon metodo di studio e approccio al tema dei waste pickers: in primo luogo è bene studiare approfonditamente questa fetta di popolazione, la sua composizione, il tipo di lavoro, come viene svolto e quanto frutta in termini economici. E’ bene Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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delineare quali siano le problematiche sociali di queste persone. In Romania per esempio quasi l’80% dei waste pickers è costituito da Rom, questa è una peculiarità non indifferente rispetto ad altri paesi. Questa popolazione è vista di mal occhio dalla popolazione e completamente invisibile agli occhi della politica, mentre dalle forze dell’ordine è combattuta con sfratti o misure di emergenza quasi ai limiti dell’illegalità. L’articolo si concentra così, oltre che sugli importanti effetti socioambientali ed economici delle attività dei waste pickers, anche sugli interventi che ultimamente sono stati attuati a vantaggio delle comunità di riciclatori, ma soprattutto sulle problematiche oggi ancora irrisolte. L’analisi SWOT effettuata è uno strumento utile nello schematizzare ed effettuare i collegamenti approfonditi più ampiamente nell’articolo.

E’ attraverso un’opportuna e molto chiara analisi dei cambiamenti storici delle condizioni dei cartoneros di Buenos Aires che Pablo Schamber ci spiega come la realtà attuale sia profondamente radicata nelle trasformazioni storiche e urbanistiche della città. Un tema di estremo interesse viene affrontato da questo autore: nel paragrafo “collegando i circuiti” si esemplificano i collegamenti molto importanti che esistono tra cartoneros e intermediari e tra intermediari e industrie, come queste 3 sfere si

influenzino

direttamente

in

tempi

velocissimi

e

come

contemporaneamente siano influenzate dalle scelte politiche ed economiche del paese. “Se l’industria dell’acciaio è in crisi, la stessa crisi si avverte tra i raccoglitori di metallo. Se la domanda di materiale cartaceo aumenta, il prezzo del materiale aumenterà e probabilmente aumenterà anche il numero di raccoglitori di carta (…) il business del riciclaggio è caratterizzato da una struttura verticalizzata che vincola le fabbriche ai Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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cartoneros” (Birkbeck, 1979: 386). Le industrie, a modo loro dipendono dagli intermediari, per questo spesso supportano economicamente questa fascia di “piccolissimi imprenditori”, i cartoneros migliorano o peggiorano il loro potere d’acquisto in base alla quantità di materiale immesso nel circuito: maggiore è il materiale che riescono a recuperare, minore è il suo valore, ma maggiore è la possibilità che venga acquistato dalle industrie, che nonostante le spese legate al trattamento di materiali non vergini, traggono il loro guadagno nell’usare materiale riciclato. Un altro aspetto molto importante è quello affrontato dall’autore con uno sguardo limpido sulle centinaia di cooperative nate negli ultimi decenni in Argentina (e come in questo paese, in moltissimi paesi di tutto il mondo). Schamber sottolinea come effettivamente la maggior parte delle cooperative di Buenos Aires, non rispettino le regole del proprio statuto di cooperativa, non siano auto-sostenibili, e fattore non di poca importanza, siano, la maggior parte delle volte, il risultato della volontà di individui o organizzazioni che per “aiutare” decidono di convincere i waste pickers a costituirsi in cooperativa, soprattutto per poter arrivare finanziamenti pubblici e più spesso privati in loro favore: insomma spesso le cooperative di waste pickers non sono costituite da questi ma da altri soggetti che non appartengono al loro mondo. Schamber individua in questo fattore una delle cause della debolezza delle cooperative, della loro disorganizzazione: la proliferazione di cooperative non significa, come molti vogliono farci credere semplificando fortemente questa complessa tematica, che effettivamente vi sia una presa di coscienza e un cambiamento nell’organizzazione lavorativa e quindi nelle logiche di lavoro dei cartoneros.

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Il caso studio italiano, a cura di Pietro Luppi, ci introduce a una realtà che presenta punti di forti somiglianze e caratteristiche singolari che è quella di Roma. L’importanza di questo contributo è centrale proprio perché aggiunge una tematica che va di pari passo a quella del riciclo, cioè quella del riuso. Queste differenti attività hanno moltissimo in comune ed è bene non trattare l’una dimenticandosi dell’altra. Riuso e riciclo sono due aspetti molto importanti della cosiddetta economia informale, come viene sottolineato anche nell’articolo de “una panoramica globale…” , questa economia a livello mondiale ma anche europeo ha un peso importante nonostante la sua invisibilità. Per le caratteristiche delle politiche europee che hanno blindato la raccolta nelle discariche e nei cassonetti, oggi i rovistatori in Europa si dedicano soprattutto al riuso. “Mentre la raccolta delle frazioni da riciclare industrialmente é stata monopolizzata dalle aziende di igiene urbana sotto pressione dell’industria affamata di materie prime seconde, la raccolta di merci usate é rimasta in mano all’economia popolare. Mentre il settore economico di riferimento della materia prima seconda é l’industria dei grandi capitali, lo sbocco del Riuso é la microimpresa dell’usato, dai rigattieri agli operatori dei mercati delle pulci: un arcipelago, quest’ultimo, che rimane prevalentemente informale dal suo primo anello (la raccolta) fino all’ultimo (la distribuzione).” (Pietro Luppi, ibid.) L’articolo ci offre un caso studio molto complesso e ricco di interconnessioni. La città di Roma è ricca di micro imprese che si occupano del reperimento di materiali per il riuso, fino ad arrivare alla creazione di un ricco mercato dell’usato e dell’antiquariato. Fino a pochi anni fa il suo epicentro si trovava nel mercato di Porta Portese, oggi a seguito di azioni di Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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ridimensionamento, moltissimi venditori sono stati allontanati, apportando a questo mercato un danno gravissimo, così come anche ai venditori che oggi si ritrovano sparpagliati in migliaia di piccoli mercati dell’usato. L’esperienza romana porta con sé lo studio di specifiche realtà a questa collegate: le abitazioni di fortuna, che oggi a Roma sono molte di più di quante si sia abituati a credere, sono espressione dell’economia informale e della cultura del riuso e oggi abbiamo degli esempi anche molto arditi, quasi famosi, di queste abitazioni. Un altro caso collegato è quello degli orti urbani e dell’agricoltura urbana: i “contadini urbani” coltivano appezzamenti non edificabili all’interno degli spazi verdi delle città, producendo cibo per la propria auto sussistenza, e, a volte, riuscendo anche a venderlo. Questo fenomeno, trascurato ampiamente, è stato valutato dalla FAO come molto importante: “la FAO, in una nota diffusa nel Giugno del 2005, afferma che l’agricoltura urbana contribuisce ad aumentare la sicurezza alimentare nelle città, poiché riduce il peso della spesa alimentare. La produzione di cibo all’interno dei perimetri urbani garantisce inoltre l’offerta di cibo anche in caso di conflitto o grave crisi. Nel

mondo il settore dell’agricoltura urbana

attualmente fornisce cibo a 700 milioni di cittadini: un quarto della popolazione urbana mondiale.” (P. Luppi ibid.)

Come articolo conclusivo è stato scelto, non a caso, quello dell’autrice, nonché curatrice del dossier qui presente (insieme con Cecilia Ruberto) Lucia Fernandez Garbard. Questo approfondimento affronta l’argomento intorno al quale tutto il dossier gira: la creazione di reti, di dialogo, di confronto tra waste pickers di tutto il mondo.

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La molteplicità delle potenze desiderate è pensata dal basso come una figura che faccia di sé un soggetto politico: la moltitudine. Questa stessa moltitudine però è molto meno omogenea poichè è il risultato di una somma di potenze individuali, totalmente frantumate da antagonismi. 1

(Lucia

Fernandez ibid.) Nonostante la grande frammentazione di questi lavoratori, ovunque si ritrovino, sia come lavoratori individuali che facenti parte di associazioni o associazioni raggruppate in federazioni, ecc., oggi si sta iniziando a sviluppare un dialogo, un confronto, e il valore aggiunto di questa novità è che il motore è proprio all’interno di questa fascia di lavoratori, che vogliono fortemente affermare i propri diritti/doveri difronte alla politica e alla coscienza pubblica mondiale. I movimenti a cui assistiamo sono su vari livelli e su tutte le scale di dimensioni. Oggi dialogano riciclatori singoli, cooperative o associazioni di riciclatori, sindacati di riciclatori, federazioni; oggi si stanno creando e rafforzando alleanze e reti regionali, interregionali e si punta alla creazione di una rete globale: il primo passo si è fatto con il primo convegno mondiale dei riciclatori avvenuto nello scorso marzo 2008 a a Bogotà in Colombia il cui titolo è stato: “Riciclatori senza frontiere”. L’autrice ci offre una concreta panoramica del tipo di fermento associazionistico che negli ultimi decenni si sta consolidando: cooperative, associazioni, federazioni, sindacati, movimenti nazionali, reti in tutto il mondo. E ci porta a scoprire l’importante processo che sottostà alla creazione della “mappa latinoamericana” di riciclatori. “A partire dal mese di settembre 2007, diversi rappresentanti riciclatori coinvolti nel processo 1

Ernesto Funes, “Il trattato politico di Baruch Spinoza, 1677: Potenza e passione della moltitudine” Spinoza, Trattato Politico, pag. 22, edizione 2004 Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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di articolazione delle organizzazioni negli anni precedenti, hanno iniziato a viaggiare per il continente, esplorando nuovi territori e creando i nuovi contatti con nuove organizzazioni e direttamente con riciclatori individuali” (Lucia Fernandez, ibid.). Questo ha portato a una conoscenza ben dettagliata della realtà, ben difficile da conoscere, dei recicladores delle regioni dell’America Latina e del Centro America, spesso ricca di particolari interessanti, grazie alle interviste fatte dagli stessi recicladores inviati. Inoltre ha continuato un’opera di sensibilizzazione nei confronti di riciclatori che lavorano indipendentemente, che hanno iniziato ad interessarsi a una metodologia di lavoro più organizzata, a credere nell’utilità di una rete che supporti i propri bisogni e diritti a livello nazionale e globale. Insomma, si è avviato un lavoro di diffusione di informazioni, di sostegno reciproco (dal basso), di condivisione che si pone degli obiettivi importantissimi, gli incontri sono e saranno per il futuro sempre più serrati e, come al solito, così come è la caratteristica principale dei riciclatori sia nel lavoro che nella loro ideologia in generale, si pongono obiettivi concreti, a medio-breve termine. Crediamo che questa sia una strada da percorrere che può condurre a buoni risultati, ma non priva di insidie e difficoltà. Ancora una volta è proprio la volontà, l’impegno dei recicladores, i loro sacrifici e la loro forte desiderio di cambiamento che spronano la società civile, le associazioni che sostengono questi movimenti e i politici che iniziano a comprendere queste dinamiche e a prevedere misure di appoggio. Speriamo che la lettura di questi articoli possa essere un primo passo per porsi delle domande, per iniziare percorsi di ricerca e di studio, per iniziare a confrontarsi su questo tema con qualche strumento in più.

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Raccoglitori di residui Uno sguardo generale: chi sono, come lavorano e prospettive future. di Cecilia Ruberto

Le città continuano a ingigantirsi, le periferie che crescono intorno al centro della città, cuore culturale ed economico, sono l’esempio vivente del luogo dove si manifestano squilibri sociali, ingiustizie di ogni tipo e assenza di rispetto ecologico. Troppo spesso l’uomo tende a dimenticare l’importanza del vivere in armonia con la natura, non tanto per una necessità spirituale, quanto piuttosto perché uomo e natura sono un binomio inseparabile, e le ripercussioni del maltrattamento di quest’ultima ricadono direttamente su chi lo effettua.. Oggi milioni di persone vivono sui rifiuti, vivono all’interno di discariche, vivono degli scarti della società del consumo, della società dello spreco, così definita da Guido Viale in un Mondo Usa e Getta. Il rifiuto è un qualcosa che noi cerchiamo disperatamente di eliminare, di allontanare da noi, ma che allo stesso tempo ci è familiare, ci perseguita, non vuole lasciarci. Il rifiuto è, ancora una volta, il substrato oscuro della nostra civiltà, quel "corpo del reato" (reato di inquinamento) che non riusciremo mai ad eliminare. La realtà dei cartoneros, dei waste pickers, dei basuriegos, degli hurgadores, dei magbabasurieros, dei catadores, dei wahis and zabbaleen (Egitto), dei waste pickers, degli scavengers, è una

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realtà nascosta, occultata sia culturalmente che politicamente; dunque è difficile estrapolare dati statistici, è una realtà di marginalità, è periferia, è luogo di intrighi umani, economici, è luogo di nascita di disastri ambientali che coinvolgono sia le persone che vi vivono all’interno e che chi, come noi, vivendo all’esterno, crede di poterne rimanere indenne.

“Costruivamo piramidi di rifiuti sopra e sotto la terra. Quanto più pericolosi i rifiuti, tanto più a fondo cercavamo di seppellirli. La parola plutonio viene da Plutone, dio dei morti e signore degli inferi” 2 .

Osservando una discarica riusciamo a capire fino in fondo qual è il prezzo che dobbiamo pagare per il nostro tenore di vita, per i nostri comforts e prodotti di consumo. La discarica è qualcosa che dobbiamo nascondere, il nostro lato meno piacevole; eppure è proprio per questa sua realtà brutale, senza infingimenti, che la discarica può rappresentare il luogo in cui noi tutti raggiungiamo una presa di coscienza, dove finalmente decidiamo di non accettare che milioni di esseri umani vivano nell’immondizia, dove decidiamo di cambiare il nostro tipo di vita consumistica, assumendoci veramente la responsabilità delle nostre azioni.

1. La gestione dei residui solidi urbani ed il ruolo dei waste pickers

La gestione dei rifiuti solidi è una questione che coinvolge sempre di più gli abitanti delle aree urbane nei paesi più sviluppati e ancor di più nei paesi in via di sviluppo. Infatti nei paesi poveri non viene data priorità a questo

2

Cfr. De Lillo Underworld, op. cit., pp. 111-12. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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problema nelle politiche governative e ciò influisce negativamente su una situazione che con il tempo tende ad aggravarsi, per le tonnellate di rifiuti abbandonati nelle strade, in continuo aumento, che producono un impatto ambientale negativo causando l’inquinamento di acqua, terra e aria, oltre alla produzione di gas serra. La questione dei rifiuti e della loro eliminazione è ormai un problema globale che causa una spesa sociale ed economica per i governi, ma soprattutto un costo ambientale notevole per le popolazioni locali. Nella gran parte dei casi la gestione dei rifiuti è lasciata in mano ai governi locali, ai comuni, che spesso la appaltano ai privati, ma in entrambi i casi la questione è “risolta” con l’uso di inceneritori i cui effetti sono dannosi per la salute della popolazione circostante e per l’ambiente. Secondo le fonti della Banca Mondiale, è pratica comune per le città spendere cifre tra il 20% e il 50% dei propri fondi per la gestione dei rifiuti solidi urbani. Inoltre tra il 30% e il 60 % dei rifiuti totali prodotti sono lasciati non raccolti, in alcuni casi quasi l’80 % della raccolta, e il necessario per il trasporto è fuori servizio in attesa di manutenzione, le discariche a cielo aperto, l’interramento e la pratica di bruciare i rifiuti attraverso l’uso di inceneritori sono ormai consuetudine nella gran parte dei paesi del globo terrestre.

I waste pickers informali sono presenti in tutti i paesi poveri del mondo, a partire da paesi molto vicini, come l’Albania, la Romania, la Bulgaria (solo per fare un esempio), per continuare con gli Stati Uniti, fino ai paesi dell’Africa, dell’America Latina, dell’India, dell’Indocina e via dicendo. Nei PVS oggi è stato valutato che il riciclo dei rifiuti è affidato soprattutto al lavoro informale dei waste pickers. E’ stato stimato che nelle città dei Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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PVS almeno il 2% della popolazione urbana sopravvive grazie al lavoro nelle discariche e alla raccolta dell’immondizia dai cassonetti delle città, separandola e rivendendola alle industrie. Per il contatto giornaliero e costante con i rifiuti, con i cassonetti, i waste pickers sono generalmente associati dalla società a sporcizia, disagio, miseria, sono percepiti come fastidiosi, come simbolo di sottosviluppo e arretratezza, e spesso come criminali. Cosicché l’ambiente che li circonda è loro ostile sia fisicamente che socialmente.

2. Waste picking and waste pickers

“I Waste Pickers sono delle entità semi-visibili e le operazioni di riciclo industriale sono attività invisibili in uno scenario urbano” 3 .

Il lavoratori informali che recuperano i residui dalle strade o direttamente dalle discariche sono stati spinti verso le periferie delle città sin da quando iniziò a diffondersi per la prima volta questo tipo di lavoro che, per le città Europee e per il Nord America, è stato individuato indicativamente nel periodo intorno al 1880 4 . Questi soggetti raccoglievano e vendevano il materiale in una seconda catena di raccolta di rifiuti, da New York a Bangkok, da Parigi a Tegucigalpa, da Melbourne a Harare, e da questa fonte si approvvigionavano le industrie di auto, computers, giornali, libri, materiali da costruzione, vestiario e molti altri prodotti.

3

Cfr. Rosario, 2004 Cfr. Melosi; Garbage in the City, Refuse, Reform and Enviroment, 1880-1980, Texas A&M Press, 1981

4

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La società ha sempre nutrito sentimenti simili e contrari nei confronti dei waste pickers, che egualmente li costringevano alla marginalizzazione: da una parte provava ribrezzo per la sporcizia e pietà per il tipo di lavoro che conducevano, dall’altra li riteneva “colpevoli”, rendendoli capro espiatorio per i problemi della città. Prima della modernizzazione del sistema di gestione dei rifiuti solidi urbani, i waste pickers o scavengers e i loro commercianti producevano la maggior parte dei materiali riutilizzati nelle industrie. Poiché per la maggior parte delle volte non sono stati riconosciuti come elemento chiave in questi processi, con la modernizzazione della gestione dei rifiuti solidi urbani hanno rischiato di perdere, e molto spesso hanno perso, la materia prima del loro lavoro. Con la modernizzazione, nel senso comunemente inteso di innovazione tecnologica, incenerimento e non riutilizzo del materiale di scarto, i problemi sono divenuti ancor più grandi e più profondi. Non sempre vengono percepite la stretta relazione che c’è tra il lavoro dei waste pickers informali e l’organizzazione della gestione dei rifiuti istituzionale. Oggi la situazione è cambiata molto rispetto al 1880. Prima gli straccivendoli e i waste pikers erano soprattutto immigrati che, nel migliore dei casi, sono poi entrati nell’economia formale, attualmente sono persone appartenenti a una fascia di popolazione marginalizzata, povera, invisibile alle statistiche ufficiali, fuori da qualsiasi processo di cambiamento globale. I waste pickers oggi sono soggetti estremamente poveri che provvedono alla propria sussistenza e a quella della propria famiglia raccogliendo residui dalle strade o dai depositi (discariche Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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sia abusive che non) e rivendendoli a intermediari che a loro volta provvedono a vendere il tutto alle industrie che utilizzano queste risorse per la propria produzione. Di seguito riportiamo una schematizzazione del processo che subisce il materiale recuperato. 5

3. Le caratteristiche del settore informale

Non è semplice dare una definizione operativa di “settore informale” proprio per l’incertezza dei suoi confini.

5

Cfr. A.Scheimberg, J.Anschultz,A. Van de Klindert, Waste Pickers – Poor victims or waste management professionals?, CWG Forum Kolkata, India, 2006. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Normalmente si superano queste difficoltà utilizzando, convenzionalmente, la definizione data dall’ILO 6 che individua le seguenti caratteristiche specifiche: x

Presenza di barriere all’entrata molto basse

x

Utilizzo di risorse domestiche (locali)

x

Prevalenza di conduzione familiare e lavoro minorile

x

Predominanza di piccolissime imprese

x

Utilizzo intenso della forza lavoro (labour-intensive)

x

Acquisizione delle competenze al di fuori del sistema scolastico

x

Utilizzo di mercati non soggetti a regolazione e controllo

A volte l’illegalità di alcune attività è considerata un criterio caratteristico del settore informale. Nonostante ciò la realtà vede costantemente l’intersecarsi del formale con l’informale, sia per le attività illegali che per quelle legali. Di questo bisogna sempre tener conto. “Il lavoro informale non si esaurisce in forme di lavoro autonomo, che comunque ne costituisce la porzione maggiore. Esso è altresì lavoro subordinato. Soprattutto nei paesi sviluppati, il cosiddetto lavoro nero, o clandestino o sotterraneo o sommerso, consiste in attività di lavoro subordinate occultate per eludere il fisco, i contributi previdenziali e le norme di legge e dei contratti collettivi di lavoro. Si registrano, in queste situazioni affinità e diversità rispetto a quella che propriamente viene chiamata economia informale. Sia l’area dell’informalità, caratteristica dei paesi in via di sviluppo, sia l’area del sommerso si contrappongono a quella del settore ufficiale, più o 6

International Labour Organization Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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meno fortemente regolato e protetto. Sussiste, però, una differenza basilare, che non va trascurata allorché si prevedono strategie di recupero all’ufficialità. Le attività dell’economia informale non obbediscono necessariamente a intenti elusivi, al deliberato proposito di non rispettare o distorcere le regole e le garanzie del lavoro. Quel che individua simili attività è soprattutto la circostanza di non risultare coperte da disposizioni formali, o perché difettano i presupposti economici per entrare nel campo di applicazione della legge o perché normative troppo restrittive ricacciano fuori coloro che non siano in grado, per carenze culturali e difetti di sostegno sociale, di districarsi al loro interno. Certamente, l’economia informale è anche frutto della volontà di sottrarsi agli obblighi di regole comuni e ai costi della tutela, ma non è dato ignorare il peso, preponderante, degli altri accennati fattori”. 7 Il settore informale, che comprende gli aspetti di lavoro ed economia informale ed insieme ad essi molti altri aspetti, non esiste mai isolatamente rispetto al settore formale. Infatti entrambi i settori sono strettamente interconnessi fra loro in vari modi attraverso il mercato dei beni e dei servizi. In genere le condizioni lavorative instabili creano instabili condizioni economiche e instabili relazioni sociali dando luogo a frequenti e continui cambiamenti di lavoro. Sebbene i waste pickers lavorino sempre con i rifiuti i loro accordi con le varie parti e le loro condizioni sono soggetti a cambiamenti quasi quotidiani.

7 Cfr. Giancarlo Perone (rappresentante governativo presso il Consiglio di amministrazione dell’OIL), Il Lavoro nell’Economia Informale, articolo alla pg. web: http://www.ilo.org/public/italian/region/eurpro/rome/newsletr/romenews_0306/06.htm

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Chi lavora nell’informalità è da un punto di vista lavorativo molto flessibile, sempre pronto a cambiamenti e riassestamenti da cui mai si tira indietro (non può). Dietro a ciò si trova un’impressionante potenziale di improvvisazione a cui si associa un potenziale di innovazione non indifferente. Negli anni ’50 e ’60, il settore informale non è stato preso specificatamente in considerazione dalla maggior parte dei governi nello sviluppo delle proprie politiche. Questo ha fatto sì che aumentasse la discriminazione nei confronti dei lavoratori del settore informale. Un risultato di questa discriminazione, che in alcune dimensioni è maggiore ai giorni nostri, è la possibilità che le entrate di queste attività siano così basse che spesso non garantiscono la possibilità di soddisfare i bisogni primari del lavoratore stesso e della sua famiglia. Per coloro che appartengono a questo settore la marginalizzazione fa sì che essi vengano totalmente isolati in esso, non potendo più aspirare a tornare nell’economia formale, per il potere praticamente inesistente delle proprie risorse economiche, e, poiché la marginalizzazione non è solo economica bensì soprattutto culturale e sociale, per non dimenticare quella fisica (l’economia informale si sviluppa ai margini fisici della società), l’impossibilità di dialogo e l’isolamento dal piano visibile della regolarità è una costante, sebbene l’economia formale come già accennato sopra, viva adagiandosi anche sopra a questo settore, spesso anche molto redditizio. E’ molto difficile rompere il circolo vizioso in cui sono costretti i lavoratori informali.

4. Come vivono? Come lavorano? La maggior parte dei waste pickers utilizza la propria abitazione come luogo per continuare la separazione dei rifiuti raccolti. Così nelle proprie abitazioni non solo si dorme e si vive, ma si svolge anche il proprio lavoro Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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di separazione e classificazione. Questa caratteristica è diretta conseguenza di una mancanza di luoghi appositi dove i waste pickers possano effettuare il proprio lavoro, dove possano lasciare i propri rifiuti separati in attesa della vendita, dove possano essere custoditi. Ha una valenza importante anche la presenza dei cosiddetti intermediari, il cui lavoro è quello di comprare i rifiuti separati dai waste pickers, ammucchiarli in aree di loro proprietà e venderli alle fabbriche. Gli intermediari hanno un potere molto forte e spesso comprano a prezzi più bassi del giusto e, essendo proprietari anche delle bilance, spesso approfittano della loro posizione di vantaggio. Laddove non sussistono forme di aggregazione tra i waste pickers più o meno stabili, gli intermediari rendono i classificatori sempre più dipendenti e legati a questo livello intermedio di commercio, che non prevede alcuna forma di tutela, anzi è molto vicino a delle forme di associazionismo al di fuori della legalità. La produzione si sintetizza attraverso la presenza di due beni fondamentali: un mezzo di trasporto (carretto nelle migliori delle ipotesi) trainato dall’uomo stesso oppure dall’aiuto di animali ed i materiali riciclabili (generalmente carta, vetro, plastica, ferro, legno e derivati), che poi verranno venduti. Lo stile di vita comporta quindi una sovrapposizione dell’abitare e del lavorare così come una sovrapposizione di attività rurali (convivenza e lavoro con animali) e attività con caratteristiche urbane. Così si parla di ambiente rurbano, a metà tra il rurale e l’urbano. Durante il lavoro quasi mai il classificatore utilizza guanti o attrezzature adatte alla raccolta di rifiuti, esponendosi a un contatto fisico con materiali sporchi, putrefatti e ammuffiti: l’incidente sul lavoro è normalità. Polveri e fumi nocivi, si aggiungono e aggravano le condizioni della salute in questi luoghi. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Il lavoro con i rifiuti mette a rischio la salute di questi soggetti, che hanno aspettative di vita piuttosto scarse rispetto alla popolazione generale; a Città del Messico i waste pickers hanno un’aspettativa di vita di 39 anni, mentre quella della popolazione in generale è di 67. Un altro studio 8 ha dimostrato come in Egitto, al Cairo, gli Zabeleen hanno una mortalità infantile di 1:3 (durante il primo anno di vita muore un bambino ogni tre), statistica più alta di quella generale del paese. A Manila sono state individuate 35 specie diverse di malattie concentrate nella comunità di magbabasuriegos, come per esempio colera, dissenteria, polmonite, malaria, infezioni cutanee, tubercolosi. Nonostante ciò i waste pickers non sono sempre i più poveri dei poveri, sebbene la loro occupazione sia considerata da tutti il gradino più basso dello status sociale. Molto probabilmente una delle cause del bassissimo reddito dei waste pickers è la presenza dei cosiddetti intermediari, cioè degli uomini a reddito più elevato attraverso cui i waste pickers devono passare per vendere i propri prodotti alle industrie. Spesso esistono due o tre fasce di intermediari a reddito sempre più elevato che acquistando il prodotto a prezzi bassissimi hanno la possibilità di venderlo alle industrie perché dispongono dei mezzi per il trasporto dei prodotti. In genere il gruppo degli intermediari decide quanto vuole pagare il prodotto raccolto e lavato dei clasificadores ed essendo totalmente al di fuori da un mercato liberamente concorrenziale, detta legge. Il prodotto comprato a prezzi irrisori viene

8 Cfr. G., Meyer, Waste Recycling as a Livehood in the Informal Sector – The Exemple of the Refuse collector in Cairo. Applied Geografy and Developement, 1987

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rivenduto al doppio, triplo o quadruplo ad altri intermediari più grandi o direttamente alle industrie.

Schema gerarchie compravendita:

Industria Intermediari Intermediario

Intermediari

Intermediario

Intermediari

Intermediario

clasificadores

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5. Soluzioni più comunemente adottate nella politica di gestione dei residui solidi urbani nei Paesi a basso-medio reddito e i loro limiti

Le soluzioni più comunemente apportate ai problemi di gestione dei rifiuti solidi urbani nelle città dei paesi più poveri hanno, in genere, le seguenti caratteristiche: x

Centralizzate e non diversificate: soluzioni che non distinguono la

eterogeneità e i bisogni diversi a seconda dei differenti luoghi di intervento. x

Burocratizzate: con un approccio top-down, in genere con una

scarsissima, se non nulla, partecipazione della popolazione.

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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x

Dotate di un approccio capital-intensive: che utilizza una

tecnologia

avanzata

spesso

importata

dai

paesi

maggiormente

industrializzati ed economicamente più agiati. x

Formali: soluzioni convenzionali che prendono in considerazione

l’esistenza solo del settore formale, che decidono di ignorare l’esistenza e il possibile contributo positivo del settore informale dei waste pickers. Sovente le soluzioni qui indicate come più comuni considerano i rifiuti come un problema e basta, non prendendo in considerazione la risorsa manageriale che potrebbe scaturire dai waste pickers. Gli approcci classici in genere falliscono quasi sempre in questi Paesi. Vi sono profonde differenze tra questi ultimi e i Paesi industrializzati in termini di entrate economiche, standard di vita, disoccupazione, costituzione di schemi di comportamento, capitale disponibile e capacità istituzionali. Queste differenze, che possiamo di seguito riassumere in maniera semplificata, fanno sì che per molte volte e in Paesi e città differenti, costantemente falliscano i tentativi di risolvere il problema della gestione dei rifiuti nei paesi più poveri. Le maggiori differenze tra i paesi economicamente avanzati e quelli più poveri possiamo identificarle brevemente (e senza effettuare una sintesi esaustiva): 1) I Paesi industrializzati possono utilizzare una quantità di capitale relativamente abbondante mantenendo i costi dei salari sempre relativamente elevati, tutto all’opposto i Paesi a reddito più basso hanno manodopera non specializzata in abbondanza e a bassissimo costo e una scarsità di capitale. 2) La morfologia fisica delle città nei paesi più poveri è spesso molto differente da quella dei paesi ad alto reddito. L’asperità delle strade, spesso

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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strettissime o non asfaltate rende quasi impossibile un sistema di raccolta classico, con i camion che raccolgono immondizia dai cassonetti. 3) Moltissime città dei paesi a basso reddito hanno un settore informale molto dinamico e ben consolidato che si occupa di raccogliere, selezionare e rivendere i rifiuti. Fanno parte di questo settore, disoccupati, immigrati, bambini, donne e individui con handicap. 4) Vi è inoltre una differenza sostanziale nelle caratteristiche dei rifiuti prodotti. La quantità dei rifiuti generati tende sempre ad aumentare. Le città dei Paesi industrializzati ha tendenzialmente una maggiore produzione di rifiuti, negli Stati Uniti si produce circa 1,5 kg di rifiuti a persona al giorno; in Benin la produzione è di 124 gr per persona al giorno. Questi ultimi rifiuti sono costituiti soprattutto da umido come frutta, verdura e resti di cibo non impacchettato e questo è molto diverso dai nostri tipi di scarti che sono densi di plastiche, metalli e materiali a maggior contenuto energetico. 5) Le soluzioni spesso adottate per eliminare i rifiuti come inceneritori, compattatori e piani di compostaggio automatizzato, falliscono sovente sia per il loro elevato costo di funzionamento (e revisione) sia perché spesso necessitano di competenze troppo elevate per il loro funzionamento. In conclusione si potrebbe argomentare che i paesi a basso medio reddito devono mettere in atto approcci molto vicini all’opposto delle convenzionali politiche di gestione: delle soluzioni sostenibili devono creare lavoro, proteggere l’ambiente e promuovere la partecipazione attiva, è necessario che venga preso in considerazione l’apporto positivo che in questo possono dare i waste pickers. In breve è giusto prendere in considerazione un sistema di gestione dei residui commisurato alle forze che effettivamente i Paesi hanno, perchè questo sia effettivamente sostenibile, il tutto in un’ottica di inclusione Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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sociale e sostenibilità ambientale che bisogna sempre e comunque perseguire. Analizzerò brevemente di seguito, i tipi di politiche finora adottate dai governi dei PVS, concentrandomi maggiormente sull’ultimo tipo di atteggiamento, quello più maturo e responsabile, quello che appoggia la realtà dei clasificadores. Cercherò di fornire

motivazioni ed esempi

concreti ove quest’ultimo tipo di atteggiamento ha avuto un ottimo impatto, ha comportato realmente un miglioramento delle condizioni di vita dei waste pickers e contemporaneamente un miglioramento ambientale, una diminuzione della conflittualità sociale e una serie di innovazioni su cui è importante soffermarsi a riflettere.

Repressione

La visione dominante del waste picker come simbolo di un concentrato di criminalità e povertà che vive degli scarti della società, fonte di disastri economici, sanitari e ambientali e simbolo della debolezza del paese, ha fatto sì che moltissimi governi abbiano adottato, e tutt’oggi adottino, politiche di repressione, molte volte di una violenza eclatante attuata direttamente sui waste pickers, come in Colombia con il paramilitari o nelle Filippine, altre volte meno violenta e diretta sul loro lavoro, con sequestro di carri, animali e con la proibizione di accedere nelle zone ricche di risorse.

Negazione

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In questo caso le autorità ignorano semplicemente l’esistenza ed il lavoro del raccoglitore di rifiuti, abbandonandolo a se stesso sotto ogni punto di vista. Solo per far un esempio, queste dinamiche sono ricorrenti nelle discariche di Dakar in Senegal, di Bamako in Mali e di Cotonou in Benin.

Collusione

I governi ufficiali a volte sviluppano con i waste pickers, o per meglio dire i loro sfruttatori, gli intermediari, che possono a loro piacimento manovrare i waste pickers, un rapporto di sfruttamento e reciproco profitto e mutua assistenza: queste relazioni sono tipiche del clientelismo. A Città del Messico questo tipo di relazioni sono estremamente evidenti, si sono costituite durante gli ultimi decenni strutture clientelari molto forti a metà tra la legalità e l’illegalità che legano waste pickers, intermediari, industrie e autorità locali con vincoli da cui è impossibile uscire. Gli intermediari, i caciques, pagano le autorità perché queste non considerino i loro abusi di potere sui waste pickers. Il governo ottiene così sostegno economico e politico dagli scavengers, e questi ultimi ottengono legittimità e stabilità nel loro operare da parte del governo. 9

Appoggio

I numerosi e ripetuti fallimenti della gestione dei rifiuti di tipo tecnologico proposti da Stati Uniti e Europa ai Paesi più poveri, ha portato a una cambiamento nelle politiche di questi ultimi nei confronti dei waste 9

Cfr. H., Castillo, La Sociedad de la Basura: Caciquismo Urbano en la Ciudad de Mexico. Second Edition. Mexico City: UNAM, 1990 Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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pickers. Riconoscendo i benefici economici, ambientali e sociali, i governi hanno iniziato a cambiare il loro atteggiamento di osteggiamento, indifferenza o tolleranza, passando a un ruolo di appoggio, sostegno attivo. Le politiche di sostegno tendono a legalizzare i waste pickers, che acquisiscono finalmente i propri diritti-doveri e le loro attività, a incoraggiare la formazione di cooperative o altre forme di associazionismo, firmando contratti per la raccolta differenziata e costituendo una partnership a metà tra il pubblico e il privato tra autorità locali e waste pickers. L’idea di fornire un lavoro alternativo ai waste pickers è spesso fallimentare, come gli stessi waste pickers tentano in continuazione di spiegarci, perché raramente è possibile trovare un lavoro che eguagli e superi i costi e i benefici dati dalla raccolta e vendita di rifiuti. Molti waste pickers sono soddisfatti del loro lavoro, per il denaro che riescono a guadagnare, perché possono lavorare senza sottostare a un “capo” e avere una grande flessibilità nel gestire il proprio lavoro. Inoltre una grande percentuale di questi lavoratori non riuscirebbe a trovare un altro lavoro nel settore informale a causa della scarsa istruzione, o per l’età (o troppo giovani o troppo vecchi). Se anche alcuni di questi lavoratori decidessero e potessero trovare un lavoro ufficialmente riconosciuto, vi sarebbero altri che entrerebbero a sostituirli. Questo lavoro è legato alla povertà cronica, alla disoccupazione, alla domanda delle industrie di materiale da riciclare e all’assenza totale di sicurezza e tutela per i poveri, e, poiché tutti questi fattori non accennano a diminuire, anzi continuano ad aumentare, è illogico sperare in una riduzione del numero di waste pickers. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Il puntare continuamente a voler far scomparire velocemente l’esistenza di questi lavoratori ha sempre dimostrato come, nel migliore dei casi, ciò comporti un effetto molto negativo sugli standard di vita dei clasificadores, aumentando le difficoltà e le emergenze economiche, sanitarie, ambientali e sociali di questa classe estremamente vulnerabile. Un esempio classico può essere la chiusura della discarica di Bogotà a seguito della costruzione di un nuovo deposito più controllato. Ciò ha costretto i basuriegos a tornare sulle strade per intercettare i rifiuti prima che venissero prelevati e portati alla discarica e questo ha impoverito ulteriormente questi lavoratori che in una giornata potevano raccogliere molto meno materiale, dovendo fare più di 8 km al giorno, spesso costretti a dormire direttamente in strada fino a quando non raggiungevano una quantità sufficiente di materiale. La loro produttività è crollata così come i loro guadagni, per non dire di come essi siano molto più a rischio per le strade ove vengono perseguitati sia da bande di delinquenti che dalla polizia. Esperienze simili sono innumerevoli in tutto il mondo. Una politica molto più responsabile e rispettosa dei diritti umani tende ad aiutare i waste pickers a condurre un’esistenza migliore. Un supporto importante è quello alla formazione di cooperative o associazionismo, per riacquisire potere decisionale.

6. La formazione di cooperative

Le industrie dei paesi a basso medio reddito che utilizzano materiali riciclabili nella propria produzione incoraggiano e supportano l’esistenza degli intermediari, o negozianti di residui: waste dealers, che si frappongano tra i singoli lavoratori e loro, per avere così meno Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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interlocutori, una maggiore quantità di prodotto in una volta sola e migliore qualità. La formazione di cooperative di waste pickers è una soluzione al monopolio degli intermediari e allo sfruttamento: non passare più attraverso gli intermediari significa poter dividere un guadagno netto maggiore, triplo, quadruplo e questo significa migliorare le proprie condizioni di vita e iniziare un ciclo positivo di investimento in questo lavoro che può divenire più efficiente, produttivo, più organizzato e certamente, potendo finalmente venire alla luce del giorno, più attento agli aspetti sanitari, ambientali, di sfruttamento minorile, ecc. Oggi questo sembra l’unico modo per rompere il circolo vizioso in cui sono costretti i waste pickers per riprendere il potere decisionale che spetta loro di diritto. I teorici parlano di un nuovo management dal basso: come potrete vedere non si parla solo di teorie ma di meccanismi che in molti paesi sono praticati da diversi anni e hanno portato con sé un grande successo sottolineato da una generale soddisfazione sociale, un miglioramento delle condizioni di vita ed un generale miglioramento economico e ambientale del paese. Le ONG hanno giocato, e a tutt’oggi giocano, un ruolo molto importante nell’assistere la formazione e l’avvio delle cooperative di waste pickers. Le cooperative appena nate sono molto vulnerabili proprio tenendo presente che contrastare l’enorme potere economico e di coercizione che hanno gli intermediari non è semplice. Le industrie, in genere, inizialmente sono sempre riluttanti a relazionarsi con un nuovo interlocutore, soprattutto se si tratta di una cooperativa nascente. Non dimentichiamo nemmeno le particolarmente difficili dinamiche che in molti paesi sussistono tra

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autorità locali e intermediari, anche in questo caso le cooperative devono riuscire a superare uno scoglio molto difficile. Il lasso di tempo in cui una cooperativa riesce a costituirsi può essere la chiave del suo successo. Per i waste pickers si possono creare delle finestre di opportunità durante il cambiamento di un’amministrazione, soprattutto a livello locale. Un nuovo sindaco, soprattutto se rappresentante di una fazione politica che prima era all’opposizione, sarà più disposto ad appoggiare la formazione o l’esistenza di cooperative di waste pickers per dimostrare la propria concreta lotta contro la povertà e la marginalità. Una campagna mediatica può puntare sull’impegno dei clasificadores a lavorare duro per migliori condizioni di vita mettendo a disposizione della comunità un lavoro socialmente utile.

Rischi e opportunità legate ai programmi di privatizzazione.

Sia l’America Latina che l’Asia hanno condotto ambiziosi sforzi per ridurre il ruolo dello Stato nell’economia del Paese (anche per poter ambire a una serie di fondi disposti dal WTO e dalla World Bank che ponevano questa come condizione come necessaria per potervi accedere). Molte città hanno privatizzato interamente o iniziato un processo di privatizzazione graduale del sistema di gestione dei residui solidi urbani. La privatizzazione presenta sia rischi che opportunità per i waste pickers. Per soffermarci su un’opportunità interessante che si può creare, possiamo notare le possiblità che si aprono per le nuove cooperative di clasificadores che possono offrire i propri servizi a pagamento ed entrare nel mercato ufficiale.

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La privatizzazione rimane un fattore ad alto rischio se non effettuata adottando contemporaneamente politiche di riconoscimento dei waste pickers e il loro inserimento nel mercato e nella produzione nel campo del riciclaggio. Così condotta la privatizzazione comporta un ulteriore esclusione di questa popolazione assai vulnerabile e un nuovo impoverimento, economico, culturale, sociale. 7. Ideologia del lavoro e diritti dei lavoratori 10 Caso studio: il ruolo dell’UCRUS (Sindacato dei Clasificadores) in Uruguay Si dice sempre che i settori marginali della società non considerano il “lavoro”- secondo la definizione dell’economia classica e/o marxista- come il centro della propria visione generale e della propria identità culturale. Questo punto di partenza non solo rende molto difficile il dialogo con la società dominante, ma portano ad una quasi impossibile integrazione lavorativa e sociale fino a far scomparire praticamente le cause reali della marginalità in cui vivono questi settori. Per rendere l’idea dell’ideologia del lavoro dei clasificadores di Montevideo è sufficiente citare ciò che disse una clasificadora del quartiere Felipe Cardoso, che davanti a una domanda sulla possibile offerta di un posto di lavoro per il Comune come spazzina, rispose: “Qui noialtri non vogliamo padroni, vogliamo essere padroni di noi stessi, se oggi decido di lavorare bene, se non voglio lavorare, non lavoro.” 11 Senza dubbio non si può isolare questo elemento di caratterizzazione dei clasificadores dal resto. Nemmeno 10 11

si può analizzare il punto senza

Lucia Fernandez, Aspectos Culturales de los Clasificadores, Ideologìa del Trabajo Cfr. intervista di gruppo, El Pais, 3/10/2003 Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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considerare l’evoluzione della pratica nel quotidiano e delle idee, così come l’ingresso continuo in questo tipo di attività di persone con antecedenti lavorativi nell’economia formale. Una prima differenziazione che l’UCRUS realizza nell’attività del clasificador come “strategia di sussistenza” è motivata sempre come reazione a forze esterne e dal desiderio di poter accedere a un lavoro come alternativa di libertà. 12 In questo modo i clasificadores vengono iscritti nell’analisi della realtà nella dicotomia “regno della necessità-regno della libertà”

inserendo la loro situazione nel primo dei due poli. La loro

posizione nella sfera della necessità permetterà il passaggio all’alternativa della libertà (in questo caso quasi letterale), perché sarebbe una strategia di sopravvivenza e anche la migliore possibilità per non convertirsi in delinquenti contro la proprietà privata, in ladroni. E’ così che si avvalora positivamente la strategia di sopravvivenza per il suo lato etico, significante, in sintonia con i valori della società dominante. Oltre agli effetti di rivalutazione morale, questo tipo di rappresentazione del lavoro è uno strumento strategico di negoziazione con i decisori e con la società formale. Naturalmente la moralizzazione della strategia di sussistenza non è sufficiente. Attualmente le condizioni lavorative dei clasificadores e le loro pratiche non sono ricollegabili a tecniche lavorative accettabili, per questo tutt’oggi i clasificadores sono lavoratori informali. In questo l’UCRUS è coerente con le autorità municipali, sebbene non coincidano gli strumenti per perseguire il cambiamento. I clasificadores organizzati nel sindacato

12

Barrera Sanitaria en Paso Carrasco. Vedi Anexo IV Documentales, N°2. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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vedono la necessità e la possibilità di convertire l’informalità della strategia di sopravvivenza in una categoria di lavoro riconosciuto formalmente. E’ importante, quindi, che da un punto di vista qualitativo, secondo la concezione di lavoro manifestata dall’UCRUS, il lavoro dei clasificadores non venga equiparato a un tipo di lavoro astratto. Qualche volta qualcuno ha chiesto: “I clasificadores continuerebbero a fare questo lavoro se avessero la possibilità di farne un altro?” Nel caso la risposta fosse affermativa, si dovrebbe specificare: “che caratteristiche dovrebbe avere questo altro lavoro?” Queste domande non sono cosa di poco conto e la risposta dei clasificadores dell’UCRUS sembra mostrare, secondo una prima analisi, che il lavoro dei clasificadores non è sostituibile con un altro lavoro che offra uguale retribuzione e stessa quantità di ore lavorative. In questo punto di vista è radicato uno dei motivi del fallimento delle proposte lavorative fatte nel tempo ai clasificadores. Però, per arrivare a questa conclusione, è necessario osservare il cambiamento che i clasificadores, oggi come oggi, hanno apportato al proprio lavoro. In altre parole la rappresentazione del lavoro deve essere interpretata in una chiave diacronica, che guarda al futuro. Una prima metamorfosi è avvenuta nel passaggio dal piano meramente di sussistenza al piano ambientale. Sebbene questo tipo di attività abbia origine da un bisogno primario, oggi è passato ad una caratteristica più generale di protezione ambientale: “la classificazione è una risposta vitale che le società devono rispettare”; “se l’attività del clasificadores fosse protetta e appoggiata questa potrebbe svolgere un ruolo ecologico e di riscatto delle risorse che sono spesso risorse finite (come la carta) e che la maggior parte delle volte costituiscono un risparmio non indifferente per la società tutta”. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Non solo, come si vede, si avvalora l’argomento ecologico o ambientale ma anche si incorpora in un discorso di produttività sociale, in questo caso per un discorso di risparmio generale. Per questo la società dovrebbe non solo accettare legalmente l’esistenza dei clasificadores, ma anche appoggiarli economicamente. Una seconda metamorfosi va dal piano di sussistenza informale al piano della produzione sociale. “Un’impresa di un paese con un’immagine realmente produttiva, non può in periodi moderni e tantomeno oggi come oggi, permettersi la perdita di valuta per re-importare qualcosa che già è stato importato, per questo deve recuperare, riciclare; per di più questo paese ha un bisogno disperato di creare nuove fonti di lavoro stabili. Questo è stato ed è ciò verso cui aspira e l’ideale più profondo dell’obiettivo che il gruppo dell’UCRUS ha deciso di perseguire”; e ancora: “ Vogliamo fortemente avere il nostro ruolo nella parte iniziale della catena produttiva. Non intendiamo esser assorbiti dai servizi pubblici o privati che già esistono. Inoltre reclamiamo che ci venga dato appoggio per cambiare le nostre condizioni di lavoro perché siano degne e più umane.” Qui il cambio di argomentazioni è centrale. Non si parla più della questione ambientale, intesa come ecologismo dei paesi economicamente più ricchi (è chiaro nel riferimento al riuso e al riciclo nella prima parte di citazione). Direttamente ci si appella a una relazione costo-beneficio economico a livello nazionale (“non si possono perdere valute comprando ciò che già abbiamo) e la priorità socio-economica di generare “fonti di lavoro stabile”. Tre sono le condizioni per far sì che il lavoro dei clasificadores smetta di essere solamente una strategia di sopravvivenza: Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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1) stabilità lavorativa; 2) vendibilità e utilità per la società contemporaneamente; 3) condizioni lavorative dignitose. Per concludere, le informazioni disponibili per tentare di delineare quali siano le caratteristiche dell’ideologia del lavoro nell’ambito dei clasificadores sembrano confermare il pregiudizio diffuso che vede la centralità del soggetto sopra la visione di gruppo. Contemporaneamente, è importante notare come, negli ultimi anni, vi sia un superamento della visione del concetto di lavoro individuale così come è inteso nel capitalismo, che dimostra una capacità di visione del lavoro in un quadro temporale più a lungo termine che vede compenetrare sia i fattori tipici delle funzioni economiche classiche: tempo, ore di lavoro, ecc., sia un riconoscimento nell’ambito della società e una necessità di condizioni di vita accettabili.

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Bibliografia Bauman, Zygmunt, Wasted Lives, Polity Press, Cambridge, 2004 Bernstein, J. Alternative Approaches to Pollution Control and Waste Management: Regulatory and Economic Instruments in Urban Management Discussion Paper No. 3 Washington, DC, The World Bank, 1993. Calvino I., Le Città Continue, in Le Città Invisibili, Mondadori, Milano, 1993 Castillo, H. La Sociedad de la Basura: Caciquismo Urbano en la Ciudad de México. UNAM, Mexico City, 1990 DeLillo D.R., Underworld, Torino, Einaudi, 1997 Guido Viale, Un Mondo Usa e Getta, Milano, Feltrinelli, 1994 Hordijk, Aad Project Manager, Environmental Resources Management Netherlands, personal communications and field notes, Gouda, 2002 Medina, M. Informal Recycling and Collection of Solid Wastes in Developing Countries: Issues and Opportunities. Tokyo: United Nations University / Institute of Advanced Studies Working Paper No.24, Tokyo, 1997 Medina, M. Scavenging on the Border: A Study of the Informal Recycling Sector in Laredo, Texas, and Nuevo Laredo, Mexico. Ph. D. Dissertation, Yale University, Connecticut, 1997 Medina, M. Waste picker Cooperatives in Developing Countries. BioCycle, Mexico City, 1998 Sención, G., Informe a partir de los datos del Censo de Clasificadores, IMM,OSV, Luglio 2002

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Atti tratti dal Rapporto del “CWG (Collaborative Working Group on Solid Waste Management in Low and Middle-income Countries) International Workshop: WASH Workshop 2006”, 1-5 Febbraio, Kolkata, India, 2006

Coad A., Private Sector Involvement in Solid Waste Management Avoiding Problems and Building on Successes, Paper No. 4 Drescher S., Zurbrügg C., Decentralized composting: lessons learned and future potentials for meeting the Millennium Development Goals, Paper No.72 Rodiü, Wiersma1, Capaciti building in solid waste management & engineering for achieving the Millennium Development Goals, Paper No. 67 Rouse J., Embracing not displacing: involving the informal sector in improved solid waste management, Paper No. 19 Scheinberg1 A., Anschütz J., van de Klundert A., Waste pickers: poor victims or waste management professionalsPaper No. 56 Spies S., Wehenpohl G., The informal sector in solid waste management – efficient part of a system or marginal and disturbing way of survival for the poor?, Paper No. 35 Wehenpohl G., Capacity building and networking in Municipal solid management – Experiences from Mexico, lessons for other Countries?, Paper No. 64

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Riferimenti di pagine Web Blog “Villa del Chancho�: http://www.villadelchancho.splinder.com CEMPRE: www.cempre.org.br Collaborative Working Gorup on Solid Waste Management in Low and Middle Income-countries: http://www.cwgnt.net Decrescita: http://www.decrescita.it Global Alliance for Incinerator Alternatives: http://www.no-burn.org Indymedia Uruguay: http://www.uruguay.indymedia.org International Network of Street Papers: http://www.street-papers.com Korogocho: http://www.korogocho.org Quotidiano, Brecha: http:// www.brecha.com.uy Quotidiano, El Pais: http://www.elpais.com.uy Rivista venduta dai Senza Tetto, Uruguay: http://factors.org.uy/inicio Swiss Resource Center and Consultancies for Developement: http://www.skat-foundation.org WASTE, advisers on urban environment and development: http://www.waste.nl Movimento Nacional dos Catadores: http://www.movimentodoscatadores.org.br

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Riorganizzando il disorganizzato: il caso studio di Kagad Kach Patra Kashtakare Panchayat (Il sindacato dei waste pickers) di Poornima Chikarmane e Laxmi Narayan

Questo caso studio documenta l’evoluzione avvenuta durante i 10 anni di vita del Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat (il sindacato dei waste pickers) che ha la sua base presso la città di Pune, in India, e fa emergere i suoi caratteri distintivi in termini di ideologia, struttura e attività, a supporto della nostra teoria per la quale le attività e la metodologia con cui si mettono in atto sono cruciali nell’empowerment dei poveri e nella realizzazione dell’auspicata trasformazione delle loro organizzazioni. Inoltre approfondiremo il significato di “proprietà collettiva” (collective ownership), partecipazione ed empowerment così come vengono intesi ed utilizzati dall’organizzazione.

1. La Nascita

Il processo di organizzazione dei waste pickers precede l’attuale formazione del sindacato. I waste pickers stessi e la loro percezione dei bisogni è stata centrale nel processo di organizzazione. I w.p. sono stati accompagnati nel loro confronto con la realtà del presente e nel progressivo percorso di riflessione e analisi così da divenir loro stessi capaci di cristallizzare i bisogni critici,

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tanto importanti nel processo di riorganizzazione. Questo ha offerto anche la possibilità di stabilire rapporti stretti e duraturi tra gli stessi waste pickers. Normalmente, i poveri individuano i loro bisogni nel lavoro e nell’aumento del credito. Questo similmente avviene con i waste pickers. Secondo la propria concezione i w.p. non svolgono un “lavoro” bensì un “kachra chivadne” (rovistare tra i rifiuti). Il lavoro è inteso come una “attività sicura svolta per lo stato o per una compagnia privata”. Il lavoro di riflessione e analisi svolto dai waste pickers insieme con i tecnici che li hanno accompagnati in questa rielaborazione è stato quello di focalizzarsi sulla comprensione del concetto di lavoro. Durante questo processo di elaborazione i w.p. hanno individuato il concetto di guadagno, divenuto centrale da quando in massa sono migrati nella città durante la siccità del 1972. Allora, ancor più che oggi, le caste hanno ostacolato il loro automatico accesso a lavori di tipo pubblico. Lavorare nella costruzione è stata un’opzione che hanno rifiutato dicendo: “Chi vuole lavorare come operaio? I supervisori ti trattano come se fossi la loro moglie”. Così hanno deciso che il

waste-picking

(la

raccolta

dei

rifiuti)

fosse

più

vantaggioso

economicamente del lavoro pubblico e più “libero” dalle molestie sessuali e dai rapporti lavorativi di tipo servil-feudali con un compenso lavorativo a cui erano soggetti nei villaggi da cui provenivano. Sono sempre stati convinti dell’estrema difficoltà del conseguire un lavoro sicuro e che nessuno sarebbe stato capace di aiutarli nella conquista della loro aspirazione. I waste pikers non erano nemmeno interessati a programmi che generassero entrata nel mondo del lavoro che avrebbero potuto apportare un cambiamento occupazionale ed anche implicare in lungo e lento processo di apprendimento per nuove competenze ed abilità per sopravvivere nel Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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mercato. I waste pikers erano interessati unicamente a un cambiamento nei termini e nelle condizioni del lavoro nel presente immediato. Questo punto di vista è stato tradotto nella prospettiva del KKPKP 13 nella raccota di rifiuti e nelle strategie organizzative che da esso sono derivate. Allora gli interessi e/o le preoccupazioni dei waste pickers non osavano pensare a quando non ci sarebbero più stati secchioni dell’immondizia per le strade. I cassonetti ci sono sempre stati e per generazioni si è vissuto di quello. Ciò che sapevano era che dovevano strappar via i rifiuti dai contenitori prima che arrivassero cani e gatti randagi, mucche e parassiti, sapevano che il cattivo odore di rifiuti putrefatti sarebbe divenuto parte indivisibile del loro organo olfattivo; che i metalli e il vetro li avrebbero potuti ferire anche gravemente se non fossero stati attenti; che i materiali che provenivano dai secchioni già svuotati dei lavoratori statali erano stati privati dei materiali di maggior valore; che la polizia li rastrellava in massa quando avvenivano dei furti nel quartiere; che i lavoratori impegnati nella manutenzione del municipio spesso chiedevano loro “chai pani” (una sorta di “tassa”); che i cittadini si lamentavano del disordine e della sporcizia che creavano mentre tiravano fuori i rifiuti dai cassonetti e li dividevano; che i cittadini li associavano a “sporcizia, delinquenza e feccia della terra”; che solo i “malawari” (strozzini) gli accordavano dei prestiti; che il commerciante di rifiuti fissava arbitrariamente il prezzo dei materiali differente a seconda del waste picker, che avrebbe tarato la bilancia a suo piacimento e che avrebbe pagato ancor meno dicendo che non erano stati perfettamente puliti o che erano troppo disordinati. Sanno anche che nessuno darà loro una pensione quando saranno troppo vecchi per lavorare;

13

Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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che i loro mariti mettono in dubbio la loro fedeltà e sovente le aspettano per picchiarle; che i loro figli si vergognano di far sapere quale sia l’occupazione delle proprie madri e per finire che se vogliono mangiare e sfamare i propri familiari non potranno mai pensare di smettere di lavorare per riposarsi. Questi sono i punti centrali dei bisogni individuati dai waste pickers. Questo bisogno, così composto, è alla base del processo di riorganizzazione che cerca di stabilire un’identità alternativa dei riciclatori come “lavoratori” riconosciuti ufficialmente come socialmente utili, economicamente produttivi e che apportano beneficio all’ambiente, e che cerca di cambiare le loro condizioni di vita e di lavoro. Le appartenenti a un gruppo di 30 donne che portavano avanti questa campagna, affiancate da tecnici, hanno iniziato a convincere i propri colleghi che era tempo di alzare la testa, levare la voce e chiedere i propri diritti. Dalla loro esperienza sapevano che solo agendo collettivamente avrebbero potuto raggiungere i traguardi sperati. E’ così che la formazione del KKPKP è stata una diretta conseguenza dell’evoluzione del processo di riorganizzazione. Fu organizzato un convegno di waste pickers sotto la guida del Dr. Adhav’s dagli attivisti del SNDT, da Mohan Nanavre, figlio di un w.p., dal leader del Dalit Swayamsevak Sangh (un’orgaizzazione di Dalit che tutela i diritti). L’importanza del Dr. Adhav tra la popolazione povera si è andata definendo nel corso di 30 anni di lavoro aumentando la credibilità degli sforzi compiuti. Il primo evento di questo genere, con la sua Convenzione firmata nel Maggio 1993, vide la partecipazione di 800 w.p. provenienti da tutta la città. La Convenzione ha portato alla luce una piattaforma in cui venivano esposte le rimostranze dei waste pickers. Così più tardi si iniziò a parlare Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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pubblicamente delle loro ingiuste e disumane condizioni di vita, delle continue incursioni della polizia divenute all’ordine del giorno. “Kachra amchya malkicha, nahi kunachya bapacha” (i rifiuti appartengono a noi non chiunque) è divenuto lo slogan unificante. Quando le veniva chiesto cosa pensava della Convenzione, Hirabai Shinde rispondeva alla stampa “Ata paryant amhi janavarat jama hoto, Baba Adhavanni amhala mansat anun basavlay” (Fino ad oggi eravamo considerati come animali , Baba Adhav ci ha portato qui per sedere tra gli esseri umani). Il documento della Convenzione asseriva che: x

il KKPKP (l’organizzazione di raccoglitori di rifiuti) sarebbe stata organizzata e registrata come un sindacato che rappresenta una identità collettiva e gli interessi dei raccoglitori di residui solidi urbani;

x

i soci devono pagare una quota associativa annuale a supporto dell’organizzazione;

x

sia uomini che donne che lavorano come raccoglitori possono esser eletti membri senza differenze di casta, religione o regione;

x

l’organizzazione si impegna a utilizzare il metodo della resistenza non-violenta e della “satyagraha” contro le sfide delle ingiustizie sistematiche;

Sebbene l’organizzazione non abbia offerto né promesso alcun beneficio tangibile o di servizi, ha dato la speranza che l’azione collettiva possa porre fine all’emarginazione e alle ingiustizie subite dai

waste pickers

individualmente, così la risposta è stata incredibile. La notizia della Convenzione si è diffusa come un incendio indomabile attraverso la rete di

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riciclatori riuniti presso i siti di vendita dei rifiuti, presso le discariche, presso i cassonetti e presso i luoghi di separazione, e fu così che nacque ufficialmente la Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat.

2. Strategia, forma organizzativa, governance e membership

Strategia organizzativa 1) Il Sindacato raccoglie i riciclatori non legalmente riconosciuti e tutelati e i compratori itineranti, che sono i più poveri e i più marginalizzati tra la popolazione urbana più povera. I w.p. sono stati trascurati da qualsiasi tipo di organizzazione o tentativo di sviluppo. I sindacati continuano ad esser preoccupati unicamente dei lavoratori ad essi appartenenti; le ONG raramente hanno incontrato i waste pickers e in genere quando si aggirano nei pressi delle baraccopoli non li vedono visto che i riciclatori sono al lavoro; infine le organizzazioni di Dalit sono piuttosto scettiche rispetto a un impegno in un qualcosa che, secondo la loro percezione, potrebbe fortificare il legame che riconduce la casta a un tipo di occupazione. Un’altra ragione è stata che i waste pickers erano stati fino ad allora considerati parte del “settore informale urbano”. Per la prima volta, avevano l’opportunità di rappresentare se stessi e correre il rischio di rimanere “fuori” qualora non lo avessero fatto.

2) I waste pickers donne spesso lamentano il fatto che “ inizialmente potevamo accedere a molti rifiuti di buona qualità. A quei tempi non vi erano molti raccoglitori giovani. Oggi gli intermediari (compratori itineranti) comprano i rifiuti cosicché i venditori li immagazzinano e li rivendono. Spesso gli uomini (waste pickers) che raccolgono i rifiuti dai Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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cassonetti, escono la notte in bicicletta per la raccolta perciò quando arriviamo noi non rimane nemmeno un pezzo di carta!”. Nonostante ciò, le donne riconoscono che non ci deve essere né vi è alcun tipo di antagonismo con i waste pickers uomini. Riconoscono che anche gli uomini che lavorano in quest’ambito sono poveri come loro e della stessa casta e in genere come loro senza potere decisionale.

3) Un approccio olistico che racchiude tutte le forme di lotta contro l’ingiustizia, l’ineguaglianza e l’esclusione sociale, nella sfera politicoeconomica. Il presupposto è che la povertà non è legata solo ai bisogni economici ma anche alle sfere sociale, culturale e politica.

4) L’utilizzo congiunto della lotta collettiva (mobilitazione/manifestazioni) e della messa in atto di concrete attività (ricostruzione e sviluppo di alternative). La base teorica risiede nella convinzione che lo sviluppo di attività come il credito cooperativo e lo stoccaggio di rifiuti avvenga, non per sfidare le attività già consolidate e potenti, ma per supportare il coinvolgimento dei membri per cui i costi di un confronto diretto sono troppo elevati.

Forma organizzativa La decisione di registrare il KKPKP come sindacato è legata al fatto che il sindacato è l’associazione dei lavoratori per eccellenza, dunque è insito in questa scelta il primo passo per confermare lo status di “lavoratori” degli stessi waste pickers. Ma questo non è stato l’unico motivo per cui si è scelta questa forma organizzativa. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Come tutte le altre organizzazioni, il KKPK si deve relazionare con le istituzioni pubbliche (il Comune, il Dipartimento del Lavoro, il Dipartimento per l’Educazione, quello per il Welfare, la Polizia); con i venditori di rifiuti; con i cittadini e le associazioni di quartiere; con le ONG, sindacati, associazioni per le donne e altre associazioni che lavorano a sostegno dei più poveri. Il gruppo che ha reagito più fermamente a questo tipo di forma organizzativa è stato il gruppo di riciclatori che vendono al dettaglio che hanno cercato di resuscitare la defunta associazione Association of Scrap Traders mentre il KKPKP stava nascendo. Il tentativo non durò a lungo a causa della forte competizione interna. Differentemente dalla reazione dei waste pickers alle minacce perpetrate dai venditori perché non entrassero a far parte del KKPKP, minacce che spesso prevedevano incendi e intimidazioni fisiche, i venditori di rifiuti, cioè gli intermediari, sono sempre stati molto prudenti nei confronti del KKPKP. Questo era dovuto in parte al grande numero di waste pickers mobilitati e alla loro forza potenziale. Un’altra ragione era l’incapacità di misurare il proprio potenziale economico-politico dovuto all’ovvia differenza socioeconomica e culturale esistente tra i tecnici e i waste pickers. Dall’altra parte anche il KKPKP era diffidente nel relazionarsi con loro che avevano un rapporto evidentemente minaccioso e generalmente riconosciuto come molto vicino allo sfruttamento. I piccoli venditori di rifiuti però dimostravano un background culturale simile a quello dei waste pickers. Inoltre avevano il vantaggio di aver iniziato già da molti anni un rapporto giornaliero con i waste pickers, già da generazioni, nel corso delle quali avevano assistito i riciclatori in vari modi. Le condizioni assolutamente disumane in cui i waste pickers portano avanti il loro lavoro, la loro evidente vulnerabilità suscitano nel pensiero comune Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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della popolazione sia sentimenti di lieve simpatia, che preoccupazione che colpevolezza. I waste pickers sono chiamati con nomi differenti, discriminati, sono stati resi vittime e si è abusato di loro, ma la agghiacciante situazione lavorativa non può esser accettata da alcun cittadino. Sebbene le condizioni lavorative degli operatori ecologici del Comune siano molto simili, il fatto che essi vengano retribuiti dallo Stato costituisce una differenza essenziale per i cittadini. Il fattore “simpatia” come lo chiamiamo noi, è legato anche al fatto che i waste pickers hanno pochi rapporti con altre parti della società a differenza dei lavoratori domestici per esempio che continuamente vivono tensioni con i propri datori di lavoro. Sebbene il KKPK sia un sindacato, e come tale tipicamente additato in maniera stereotipata come “militante”, “distruttivo”, “irragionevole”, “violento” e “demagogico”, il fattore “simpatia” ha soppiantato le possibili occhiate critiche. Il suggerimento “fai parte del Sindacato quindi parteciperai alla marcia di domani” si ripete periodicamente. E così vengono riconosciute basi accettabili alla lotta dei waste pickers per i propri diritti. Il KKPKP ha, e tutt’oggi cerca di costruire consciamente e sistematicamente, una sensibilizzazione tra la popolazione. Nel tempo il KKPKP, attraverso il suo lavoro e il suo caratteristico approccio ha costruito una sua credibilità attraverso il suo tipo di organizzazione dimostratosi responsabile, che adotta un metodo efficace. Questa credibilità è stata costruita con metodi pacifici e disciplinati (marce, raduni, sit in, dimostrazioni). Diversamente dagli altri sindacati il KKPKP ha sviluppato attività di tipo sociale come prestiti, educazione e supporto ai bambini lavoratori.

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I membri del KKPKP Il Sindacato conta 5025 membri registrati. Tutti i membri prendono parte alla programmazione e alle attività (riunioni, dimostrazioni, convenzioni, proteste). Ogni raccoglitore di rifiuti è a conoscenza dell’esistenza di questo sindacato. Tutti i membri sono stati registrati formalmente (registrati i singoli partecipanti, i profili delle famiglie, il tipo di abitazione, i dettagli lavorativi), dal 2000 esiste un database informatico che contiene tutte queste informazioni. Vi sono registri che tengono conto anche di chi cambia lavoro o muore. Inoltre i membri sono “censiti” anche in base a con quale frequenza seguono le attività del Sindacato secondo la tabella che segue:

Tipo di Membro

Numero di w.p.

Attivi: coinvolti attivamente in tutte

1700

le attività del Sindacato. Hanno pagato la quota associativa. Regolari: Partecipano alla maggior

800

parte delle attività. Hanno pagato la quota associativa. Poco

costanti:

Partecipano

ad

1000

alcune attività, hanno pagato parte della quota. Non costanti:

Partecipano ad

1000

alcune attività, non hanno pagato la quota. Riluttanti: Partecipano ad alcune

525

attività, non sono convinti del

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Sindacato; nessuna propensione a pagare la quota associative. Numero totale dei registrati

5025

3. Le attività e il metodo

Il processo di empowerment che il KKPKP mette in atto si propone di far riflettere i waste pickers sulle problematiche delle loro attuali condizioni, analizzarle e, attraverso la propria esperienza e sensibilità, creare una identità collettiva, la cui forza influenzi le decisioni del proprio vivere. La metodologia adottata deriva da questo sentire comune e l’organizzazione crea le opportunità che riflettano e analizzino se talune azioni sono più o meno vantaggiose. Talvolta sono portate avanti dai membri attività che rendono pubbliche lamentele, critiche e preoccupazioni.

Altre volte la

metodologia è di tipo più formale ed è portata avanti da personalità con una formazione adeguata. Meno spesso si utilizzano i dati generati dal Sindacato. Le riflessioni si concentrano sul coinvolgimento dei membri nel processo, il Sindacato è alla ricerca continua di nuove strade creative. Le attività sono in continua evoluzione e mosse dalla desiderio di cambiamento sia negli obbiettivi prefissati che nelle attività da realizzare.

Mobilitazione collettiva per i bisogni fondamentali Il KKPKP ritiene che il riconoscimento dei diritti è un traguardo necessario ma non è per se stesso sufficiente a cambiare le condizioni di vita. Il cambiamento non è fornito automaticamente a coloro i cui diritti sono stati costantemente violati, grazie alla forza di combattere le ingiustizie. Questo avviene necessariamente attraverso un processo di dialogo individuale con Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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coloro che perpetrano le ingiustizie, forti del fatto che non si è da soli, ma si ha alle spalle un’organizzazione di massa. Questa mobilitazione non vuole essere una generica dimostrazione di forza. Nel caso di

altri tipi di

lavoratori formali ed informali, queste proteste sono a danno dei propri datori di lavoro, mentre nell’ambito dei waste pickers quelli che pagano il prezzo più elevato, per queste proteste sono proprio loro stessi.

Mobilitazione per gli obiettivi economici: la prospettiva del KKPKP della raccolta di rifiuti Differentemente da altri paesi ad alto reddito, in India non vi è un’educazione alla raccolta differenziata, non vi è distinzione tra rifiuti organici (e biodegradabili) e quelli riciclabili. La responsabilità dello Stato si limita al fornire i cassonetti e a trasportare e scaricare i rifiuti in un sito (discarica) non dannoso alla salute pubblica. Né il Comune né lo Stato si occupano della raccolta differenziata. Così sono proprio i waste pickers che si occupano di questo compito, vendendo i rifiuti agli intermediari e guadagnando così l’essenziale per vivere. Legalmente i waste pickers non sono autorizzati a raccogliere i rifiuti. Quando i rifiuti vengono depositati nei cassonetti, questi divengono di “proprietà pubblica”.

La mobilitazione per gli obiettivi sociali La violenza contro le donne, il lavoro infantile, la scolarizzazione, il matrimonio infantile e le violenze domestiche sono tutti temi intorno ai quali il sindacato ha preso delle forti posizioni sin dall’inizio. Da un dichiarazione contro le violenze sessuali:

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Changuna Ankush Gaikwad, una waste picker di 53 anni di Pammala, è stata una tra le tante waste pickers che hanno sfatato l’illusione che solo le donne “giovani ed attraenti” vengono violentate. Ha raccontato di quanto un uomo di 28 anni ha forzato la porta della sua casa e l’ha violentata: fu sconvolta da quanto accadde e così decise di iscriversi immediatamente al Sindacato. Una veloce marcia di protesta fino alla Polizia di Duttawadi per dimostrare la gravità dell’accaduto spinse la Polizia ad agire. L’uomo venne arrestato, trascinato fuori dallo slum e accusato di violenza sessuale. Sebbene Changuna abbia dovuto affrontare il trauma, non è stata da sola, visto che la collettività del Sindacato si è stretta intorno a lei con forte senso di solidarietà. (Fonte: documento non pubblicato del KKPKP)

La mobilitazione per gli obiettivi politici Il KKPKP non si mobilita indipendentemente, fa parte del Angamehnati Kashtakari Sangharsh Samiti (Comitato d’Azione dei Sindaco dei Lavoratori Informali) rappresentato dal Dr. Adhav in Maharashtra. Le mobilitazioni, che avvengono attraverso manifestazioni, marce di protesta e altre forme di eventi pubblici, soprattutto nei periodi precedenti le elezioni, sono contro la disgregazione (dei politici e dei partiti) e per la legittimazione della richiesta proveniente dal settore informale dei propri diritti di portare avanti le proprie attività per vivere, della richiesta di una protezione legislativa e di una sicurezza sociale; contro il genocidio di Gujarat e contro il disprezzo della polizia nei loro confronti. Lo slogan più comune è: "tumchi nivadnuk, amchi fasavnuk" (le vostre elezioni, il nostro inganno). Si sono anche svolte forme di educazione al voto in cui i

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candidati sono stati invitati a partecipare a un “domanda-risposta” con i lavoratori nelle piazze pubbliche e negli slums.

Attività del KKPKP Le attività del Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat sono determinate dagli obiettivi individuati dai membri e gli stessi membri sono coloro che le mettono in atto, in proporzione con i costi (sia in termini di tempo che di ordine economico). E’ piuttosto difficile e sono riluttanti a intraprendere qualsiasi azione a lungo termine i cui benefici ricadano su un numero relativamente ristretto di membri, queste attività richiedono un grande dispiego di forze e una spesa economica non sostenibile. Le attività più numerose comprendono problematiche individuali; lo sviluppo di meccanismi istituzionali per la sicurezza sociale, la creazione di piattaforme di rinnovamento socio-culturale; interventi nel mercato del commercio di rifiuti; advocacy e lobbying per la protezione legislativa.

4. Meccanismi istituzionali per la sicurezza sociale dei waste pickers

Kagad Kach Patra Kashtakari Nagri Sahakari Pat Sanstha (Sostegno attraverso il credito cooperativo) L’importanza dei programmi che forniscono credito cooperativo ai poveri è ben definita e ampiamente documentata. Così come il buon funzionamento delle clausole di rientro dei prestiti. Il KKPKP è formalmente riconosciuto sin dal 1997 come una istituzione finanziaria (prestiti legati al credito-cooperativo) esclusivamente per i propri iscritti. Diversamente dal Presidente e dal Segretario, tutti gli altri Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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membri del tavolo decisionale, incluso il tesoriere, sono costituiti da waste pickers. Il Credito Cooperativo ha 2040 membri. Mentre le operazioni finanziarie sono gestite centralmente, per minimizzare i costi amministrativi le operazioni avvengono con il supporto di gruppi di “auto-aiuto”. I rientri sono raccolti da un gruppo di responsabili e depositati tramite l’ufficio della cooperativa. Anche i prestiti, approvati dal tavolo decisionale, vengono distribuiti centralmente. Il prestito è estendibile al massimo per 3 volte il totale concesso e 2 membri della cooperativa devono essere garanti. Il limite massimo dei prestiti è di 25000 Rs. Il tasso di interesse è 12% annuo con un’aggiunta di 12% di garanzia per la sicurezza sociale dei membri. Il Credito Cooperativo non ha ricevuto alcun tipo di assistenza economica esterna per i primi 15 mesi di operazioni, fino al 31 Marzo 1999. L’intero capitale da prestare è stato costituito dai risparmi. Dal Maggio del 1999 una somma di 300.000 (ottenuta da benefattori) è stata aggiunta al deposito. Sebbene la concessione di questo tipo di credito abbia diminuito la percentuale di waste pickers che si affidano agli usurai attraverso canali informali, i malwaris (detentori di denaro) che sono estremamente vicini (anche fisicamente) continuano ad esser utilizzati, poiché sono più immediati. Attualmente i costi di transazione per chiedere un prestito al credito cooperativo sono percepiti come costi troppo elevati. Negli anni iniziali la maggior parte degli interessi sui prestiti concessi venivano riutilizzati per altri prestiti. La maggior parte dei prestiti richiesti erano per pagare la scuola secondaria ai propri figli o l’educazione presso un college o per comprare cucine a gas o per comprare o riparare le proprie case. Per non dilungarmi troppo è sufficiente dire che attualmente sono entrati a far parte di questo tipo di credito 2040 membri; che si è potuto spartire un Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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dividendo (tra i membri) grazie al rientro dei prestiti pari al 10% all’anno sin dal primo anno di attività; il tasso di restituzione è molto positivo; tutti i costi di amministrazione e gestione sono coperti.

5. Networking, Advocacy e Lobbying

Networking I media hanno giocato un ruolo molto importante nel sottolineare il contributo del lavoro dei waste pickers all’ambiente e sono stati fondamentali nel cambiare l’immagine stereotipata nel comune sentire. Sia la stampa inglese che quella locale (regionale) sia i media elettronici sono sensibilizzati e sostenitori degli obiettivi rivendicati dai waste pickers e dal Sindacato. Così il rapporto è stato piuttosto semplice. I mass media hanno prontamente dato spazio ad eventi come marce di protesta, manifestazioni pubbliche e dimostrazioni, così come alle attività che il Sindacato svolge.

Alleanze strategiche Sebbene il Sindacato sia piuttosto focalizzato sulle esigenze dei waste pickers, riconosce che la realtà sociale e i suoi cambiamenti sono dati da una interazione di fattori sociali, economici, politici e culturali. Per questo ritiene di voler mantenere dei forti rapporti con altri tipi di movimenti e gruppo sociali. Il KKPKP fa parte di una serie di alleanze quali il Angamehnti Kashtakari Kruti Samiti (Comitato per l’Azione del Lavoro Informale), Stree Mukti Andolan Sampark Samiti (Comitato per l’organizzazione delle Donne), l’ Action for the Rights of the Child,

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partecipa alla Campagna contro lo sfruttamento lavorativo infantile, partecipa ad azioni per diritti civili dei cittadini e dei gruppi ambientalisti.

Protezione Legislativa (Advocacy) I waste pickers sono lavoratori informali indipendenti senza relazioni del tipo datore di lavoro-impiegato né con il Comune, né con gli Intermediari. Non sono pagati dal Comune e il loro guadagno è dato dalla compravendita con l’intermediario, questo rapporto può deteriorare in “padrone-cliente” qualora diventi duraturo e l’intermediario sia ampiamente più forte del waste picker. Perciò i waste pickers non sono tutelati dal diritto del lavoro e tanto meno beneficiano delle formule di sicurezza sociale dalla legge definite.

Vi

sono

diverse

possibilità

che

sono

state

esplorate

simultaneamente e il KKPKP ha deciso di non sceglierne una sola proprio per la caratteristica complessa dei bisogni dei riciclatori e il continuo cambiamento di essi e delle condizioni circostanti. E’ auspicabile per il futuro, l’integrazione di questi lavoratori nel settore della raccolta differenziata dei residui solidi urbani attraverso un sistema di licenze pubbliche e private, iniziative e joint ventures (uno degli obiettivi del Sindacato), che questa integrazione possa esser negoziata tenendo presente i bisogni e le tutele sociali.

Descrizione del cambiamento sociale In questo paragrafo conclusivo cercherò di delineare una mappa dei cambiamenti avvenuti nel processo organizzativo del KKPKP. Già abbiamo spiegato uno degli obiettivi più importanti che si è posto il Sindacato, cioè quello dell’emporwerment. Questo obiettivo, non è visto come un punto di arrivo, bensì come un processo che porta un cambiamento dello stato di Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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totale deprivazione di peso sociale, culturale ed economico. Non è un punto d’arrivo bensì un processo di capacitazione. Il cambiamento sociale nel contesto precedentemente descritto ha una molteplicità di dimensioni, si sviluppa a diversi livelli. Il cambiamento in una sfera influenza il cambiamento in altre sfere. Il cambiamento si è verificato a differenti livelli: direttamente nelle condizioni dei lavoratori, nelle loro relazioni sociali, nelle condizioni materiali di vita ma anche nella politica dello Stato. Sebbene sia molto difficile schematizzare e soprattutto dimostrare numericamente lo stato del cambiamento avvenuto nel tempo, tenteremo di seguito di fornire dati realistici di alcuni aspetti precedentemente identificati.

Indicatori numerici del gruppo 1.

Passaggio da un lavoro individualista a una identità collettiva condivisa;

2.

Aumento degli iscritti al Sindacato da 800 persone del 1993 a 5025 nel 2004;

3.

Aumento dei fruitori del credito cooperativo: nel 1998 erano 200, nel 2004 sono divenuti 2050.

Cambiamento nel livello di partecipazione Passaggio da una partecipazione passiva a una propositiva e attiva nella pianificazione, programmazione e implementazione.

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Cambiamento nella coscienza 1.

Cambiamento della percezione del proprio essere: abbandono dell’idea di essere un “non-lavoratore”, rivendicazione in quanto “lavoratore produttivo”.

2.

Cambiamento nella percezione della propria debolezza, forti della forza del gruppo.

3.

Cambiamento della propria immagine come colui che subisce delle attività, richiesta volontaria di interventi e di leadership.

4.

Cambiamento

nella

percezione

dell’istruzione

come

inutile,

rivendicazione di questa come fondamentale per il futuro dei propri figli. 5.

Aumento della speranza di perseguire interessi culturali.

6.

Aumento della volontà di resistere alle violenze, alle umiliazioni e alle ingiustizie.

7.

Aumento della volontà di eliminare il matrimonio adolescenziale.

Cambiamento nella percezione pubblica 1.

Aumento delle richieste di carta d’identità.

2.

Diminuzione delle incursioni delle Autorità pubbliche.

3.

Cambiamento della percezione pubblica del waste picker, non più come inutile, bensì come lavoratore che svolge una funzione di fornitore di servizi e protettore ambientale.

4.

Cambiamento della rappresentazione da parte dei media, offerta di un’immagine positiva.

5.

Riconoscimento da parte dello Stato dell’esistenza di questi lavoratori.

Cambiamenti materiali Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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1.

Aumento del risparmio e del credito concesso. Maggiore accesso al credito.

2.

Aumento della contrattazione con lo Stato e con gli intermediari.

3.

Fruizione dei benefici dell’assicurazione sanitaria.

4.

Aumento delle iscrizioni scolastiche dei figli dei riciclatori.

5.

Aumento della raccolta di materiale preventivamente differenziato.

6.

Programma del Governo per i giovani waste pickers.

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*****

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Il fenomeno dei cartoneros a Buenos Aires. Rotture, continuità e nuove opportunità tra il management dei rifiuti e l’industria di riciclaggio di Pablo J. Schamber

Presentazione

Definizioni (se possibile) degli obiettivi

La revisione dei concetti usati per menzionare i soggetti di intervento e di studio mostra come questi siano diversificati nelle argomentazioni su cui si basa la definizione del problema. Partendo da ciò, dobbiamo sottolineare che i cartoneros non vogliono esser chiamati cirujas, infatti considerano questa epiteto un modo veloce per etichettarli come vagabondi e senza casa. Al contrario preferiscono esser chiamati recicladores, carreros (coloro che guidano i carri), botelleros (raccoglitori di bottiglie) o cartoneros (raccoglitori di cartoni) 14 . L’associazione dei waste pickers ai vagabondi ha causato il rifiuto di ricondurre questi lavoratori a dei semplici senza dimora. Il libro: “L’attesa del ciruja (rovistatore) a Piazza di Francia,” del giornalista Jorge Göittling 15

14

Anche in altri paesi i raccoglitori informali di residui solidi urbani vengono etichettati con nomi che non apprezzano. Per esempio in Uruguay i clasificadores (classificatori) rifiutano la formula comunemente adottata di hurgadores (coloro che rovistano) e in Colombia preferiscono recicladores (riciclatori) e non gallinazos o buitres (avvoltoi). 15 Questo articolo è stato pubblicato dal giornale Clarin il 27/06/2004, nella sezione “Occhiate”, e ha vinto il premio per i giornalisti Don Quijote, consegnato dal Re di Spagna. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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ci offre una chiara panoramica su la differenza che sussiste tra queste due definizioni. E’ un breve racconto dove il personaggio principale rappresenta l’umana decadenza urbana. Il protagonista indossa vestiti logori e dorme su un materasso di stracci fetidi nella piazza della città. In questa storia, Göittling spiega come le condizioni di questa persona non fossero tali dalla nascita, bensì acquisite, spiega infatti come in passato avesse una famiglia e fosse benestante. A causa di circostanze sconosciute, il personaggio è caduto in depressione, fino alla follia e, preso da un senso di abbandono, la strada è divenuta la sua unica casa. Göittling usa il termine “ciruja” per identificare le persone che vivono sulla strada. In questo caso, la strada è un parco, più precisamente “Piazza di Francia” nel quartiere di Recolecta di Buenos Aires. Precisamente il significato di ciruja in argentino è equiparabile alla parola spagnola “senza radici”: sin techo cioè senza tetto, homeless. Sebbene questo termine sia spesso avvicinato ad altre espressioni argentine usate per vagabondo (linyera, aborrante, croto), in questo caso lo sviluppo di attività specializzate particolari hanno creato una differenza fondamentale. Suarez Danero enumera così queste differenze: “Il ciruja smette di essere un vagabondo per diventare un cercatore di ossi”. Clemente Cimorra descrive i cirujas come persone che vanno cercando utili pezzi di acciaio e metallo, e asserisce: “Essere un ciruja è un lavoro che devi conoscere e praticare. Se pensi che un ciruja e un vagabondo siano la stessa cosa, ti sbagli di grosso” (Cimorra: 1943, 84 e 86). Riconoscere queste caratteristiche porta a differenziare profondamente un waste picker da un vagabondo. Da questo punto di vista, possiamo dire che il primo è una persona che raccoglie nelle discariche (Gobello 1999). Ma è Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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anche colui che percorre le strade alla ricerca di pezzi gettati via, da rivendere in un secondo momento (Conde 1998); o è anche una persona indigente che rovista nei cassonetti alla ricerca di qualcosa da rivendere (Teruggi 1998); o, infine, è una persona il cui lavoro consiste nel raccogliere stracci, cartoni, bottiglie, pezzi di vetro e qualsiasi altro pezzo di materiale rivendibile o riutilizzabile dai sacchetti di rifiuti solidi urbani nei secchioni e nelle discariche (Espíndola 2002). Al contrario dei significati sopra elencati, questo modo di intendere ciruja non enfatizza il vagabondare o l’indigenza, piuttosto si sofferma sul tipo di attività che queste persone praticano per guadagnarsi da vivere: la raccolta di residui riciclabili o ri-utilizzabili per le strade o nelle discariche con l’obiettivo del diretto utilizzo o della vendita. Entrambi i significati sono profondamente differenti. Da una parte, viene utilizzato come sinonimo di vagabondo, senza tetto, dall’altra si parla di uno scavenger (rovistatore). Nonostante ciò essi vengono comunemente associati. E’ anche vero che i raccoglitori informali di rifiuti non sono homeless. Soffermarsi su queste differenze non è importante per una questione semantica, ma lo è soprattutto per una questione pragmatica: è necessario per definire le sfere di influenza dell’amministrazione locale. Quale delle due si ritiene più consona quella dei servizi sociali o quella di un ufficio di management dei rifiuti?

L’obiettivo del cartonero

Rispondere

a

problematica

avrà

questa delle

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conseguenze sulla qualità delle misure messe in atto dalle politiche pubbliche. Gli studiosi e coloro che decidono le politiche generalmente percepiscono come particolarmente problematica per ragioni sanitarie e per motivi di dignità umana gli ambienti di estrema emarginazione, ad alto rischio di incidenti e insalubri associati alla raccolta di materiali riciclabili. Al contrario, chi percepisce la raccolta dei materiali riciclabili come un contributo importante per riportare questi materiali in un circuito positivo di produttività,

ritiene

necessario

legittimare

questa

attività

e

pur

sottolineandone gli aspetti critici, suggerendo maggiori attività e interventi pubblici. Inoltre, mentre gli uffici del governo considerano questo un problema impermeabile, altre concezioni del waste picking illustrano come vi siano, al contrario, molti punti di accesso e spazi di influenza. Per sviluppare delle responsabilità adeguate, una panoramica olistica deve prevedere questa diversa visione. La conoscenza delle circostanze e del contesto di questo fenomeno che studiamo permette di trarre delle considerazioni sociologiche. Ad oggi è praticamente impossibile immaginare la rete interna di una metropoli senza la presenza dei cartoneros, sebbene 10 anni fa questi fossero socialmente invisibili. Non venivano percepiti come un problema sociale, i giornali non si preoccupavano della loro esistenza, i vicini di quartiere non reclamavano per politiche ad hoc e certo non comparivano in alcun punto delle agende politiche durante le elezioni dei candidati al governo, e coloro che si occupavano delle politiche pubbliche per la gestione dei rifiuti solidi urbani semplicemente li ignoravano. All’inizio del XXI secolo i waste pickers sono divenuti involontariamente protagonisti dello scenario sociale:

si è

cominciato a considerarli come l’esempio eclatante e l’espressione diretta

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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della marginalizzazione, dell’esclusione sociale, della disoccupazione, come il segno della più grave crisi nella storia del Paese. Così, il fenomeno dei cartoneros è stato percepito come una nuova strategia di risposta dei settori più sfavoriti per guadagnarsi da vivere. Nonostante ciò, l’attività dei cartoneros e il circuito produttivo a cui hanno dato vita non è l’unica strategia messa in atto per combattere la disoccupazione urbana. La prospettiva storica e strutturale di questo tema è stata analizzata in pubblicazioni di lingua spagnola (Schamber e Suarez 2002 e 2007) e queste indagini sono praticamente assenti nella letteratura inglese (Chronopoulos, 2006, García, 2007). Dopo i drammatici eventi del secolo passato, in cui sono state messe in atto politiche di repressione del fenomeno dei raccoglitori informali di residui, si è passati a studiare politiche di integrazione e spesso politiche di impiego di questi lavoratori nella raccolta e nell’eliminazione dei rifiuti non venduti alle industrie del riciclaggio venivano messe in atto contemporaneamente alla continua repressione del fenomeno di raccolta “informale”. Per questa ragione, in questo articolo, cercherò di disegnare il corso storico che inizia con i cirujas e gli atorrantes del mitico quartiere di La Rana di Buenos Aires, passa per i cartnoneros e i bolleteros di Ouema e arriva ai riciclatori (attualmente quelli più numerosi). Cercherò di evidenziare i collegamenti esistenti tra le attività dei cartoneros e i cambiamenti nella gestione dei residui solidi urbani, e i suoi antecedenti nell’industria del riciclaggio. Con questo proposito descriverò le caratteristiche generali delle attività, delle logiche e delle strategie usate dai waste pickers, dai proprietari dei luoghi di rivendita e dalle industrie, i tre

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attori fondamentali che prendono parte al fenomeno di merchandise dei rifiuti. 16

Nascita delle attività dei cartoneros nella gestione dei residui solidi urbani

Nel passato, liberarsi dei rifiuti era compito e responsabilità di ciascun abitante. Successivamente è divenuta questione pubblica, un problema ad alta priorità per i governi locali. Quando Buenos Aires era una città coloniale, gli abitanti gettavano i rifiuti in fossi scavati appositamente nelle vicinanze, davanti o dietro alle proprie abitazioni o altre fosse sparse per la città. Queste fosse hanno continuate ad esistere anche dopo l’inizio di un’attività pubblica di raccolta dei rifiuti da parte dei carri del Comune. Questi carri portavano ciò che raccoglievano fino al luogo di raccolta, e riempivano con i rifiuti tutto il terreno. Alcuni anni dopo, dopo l’epidemia di colera (1867) e di febbre gialla (1871) che colpirono gravemente la città, i secchioni dell’immondizia furono portati fuori dalla città in zone disabitate o che non avessero un rilevante peso economico. Questo luogo fu chiamato “La Quema”. Verso alla seconda metà del XIX secolo si iniziò a sperimentare diversi metodi di raccolta ed eliminazione dei rifiuti. Da un punto di vista sanitario, i secchioni dell’immondizia venivano percepiti

16 La maggior parte di questo articolo si basa sugli studi etnografici svolti a Buenos Aires tra il 1999 e il 2005 per la tesi di dottorato “De los desechos a las mercancías. Antropología del reciclaje informal de los residuos en el Gran Buenos Aires” (Da rifiuti a merce, Antropologia dei processi di riciclaggio informale a Gran Buenos Aires) de la Università di Buenos Aires. La parte storica si basa su abstracts di vario genere, rapporti ufficiali, rapporti effettuati da commissioni interdisciplinari e da commissioni di esperti, cronache giornalistiche ed infine il mio personale lavoro sul campo. I testi dello storico Angel Frignano (1998) e dell’antropologo Francisco Suarez (1998) sono stati delle guide indispensabili.

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come agenti inquinanti, ma veniva percepito anche il potenziale che avevano grazie alla quantità di materiale che poteva esser rivenduto. Dalla metà del XIX sec. il Municipal Record di Buenos Aires non solo sottolineava che il management privato dei residui solidi urbani poteva essere una buona risposta per le entrate pubbliche, ma anche che ciò che era ufficialmente riconosciuto come “management dei rifiuti” o “i rovistatori dei rifiuti” apparivano come un tentativo di raccolta dei materiali prima che i carri del comune li prelevasse per portarli al deposito finale. La seguente citazione illustra come il governo comunale nel 1877 giustificò la riduzione della tassa di estrazione e ci offre alcuni parallelismi con gli eventi recenti. 17

“L’estrazione dei rifiuti è stata offerta dal 20 Aprile al 31 Dicembre dal Sig. Vicente Micheley per un prezzo di 15.000 $ al mese. L’attività era più proficua, ma ora, a causa dell’elevato numero di raccoglitori che vanno per le strade e prelevano i residui riciclabili dagli scatoloni dei vicini sotto le scale delle loro case, quando gli autocarri arrivano, la maggior parte de rifiuti non è più presente” (Municipal Record, 1877). Come asseriscono alcune fonti, alla fine del XIX secolo circa tremila persone potevano esser contate presso La Quema mentre rovistavano, scavavano tra i rifiuti alla ricerca di carta, pezzi di vetro, bottiglie, materiali e ossa (Rivista Carad y Caretas 1899). Le ossa avevano un valore speciale perché potevano esser utilizzare per una molteplicità di beni diversi. Forse 17 Questa citazione dimostra come alcune circostanze abbiano una continuità lungo la storia: le attività dei cartoneros sono state denunciate come illecite da svariate compagnie incaricate della raccolta dei rifiuti tra il 2001 e il 2002. Queste compagnie hanno ricercato l’intervento pubblico per ridurre la quantità dei rifiuti prelevati dai cartoneros. Un cartonero che ho intervistato mi ha detto che la polizia l’ha costretta a lasciare il suo carro per passare all’autocarro ufficiale.

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un osservatore inesperto ha notato delle somiglianze tra le procedure di manipolazione delle ossa e le attività dei alcuni chirurghi (in spagnolo cirujanos) e così ha inventato la parola ciruja per riferirsi ai waste picjkers. Presto si utilizzò questo termine per indicare un più vasto gruppo di persone, che includeva anche i vagabondi. Anche il vetro era molto prezioso. I riciclatori lo vendevano alle industrie e le bottiglie e i flaconi erano richiesti dalle vinerie e alle industrie farmaceutiche. All’inizio del XX secolo, è emersa una nuova prospettiva del problema. Si è evidenziato che il metodo di bruciare i rifiuti non era sostenibile, il commercio dei prodotti riciclabili non era proficuo e i siti dei depositi erano sfruttati dai waste pickers. Così, si decise di bruciare tutti i rifiuti in grandi fornaci chiamati “inceneritori” (usinas). La combustione dei rifiuti era incompatibile con la raccolta di materiali riutilizzabili anche per motivazioni fisiche (questi materiali aiutavano la combustione) ed economiche (per limitare il contatto dei lavoratori con i rifiuti). Nonostante ciò la raccolta di ogni genere di rifiuto è continuata, per le strade, nelle discariche o addirittura dagli inceneritori. Mentre aumentava la quantità dei rifiuti, aumentava la popolazione e la capienza degli inceneritori non era sufficiente. Così i rifiuti venivano spostati in nuove discariche tutt’intorno alla città dove crescevano nuove abitazioni precarie (“villas de emergencias”). Dopo il 1960 il governo di Buenos Aires ha sviluppato una serie di programmi per sradicare queste baraccopoli, includendo in progetti di sviluppo sanitario e sociale le discariche, poiché la marginalizzazione sociale era associata ai rifiuti. Questo metodo di incenerimento non fu utilizzato a Buenos Aires Grande. Qui nacquero grandi discariche in proporzione alla crescita del numero della popolazione e della nascita di nuove industrie. Alcune di queste Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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discariche municipali erano nelle pianure o nelle zone in pendenza vicino ai bacini dei fiumi Matanza, Luján e Reconquista (Chiozza 1983). Altre discariche apparirono nelle cave precedentemente usate per cuocere i mattoni. Per un lungo periodo, grazie al processo di importazione dei beni riciclati (di sostituzione), i materiali riciclabili hanno mantenuto un buon prezzo conferendo dinamicità a queste attività di riciclaggio. Infatti, in quegli anni, si sono affermati due diversi tipi di riciclatori: da una parte i botelleros (raccoglitori di bottiglie) che andavano lungo le strade di Buenos Aires e Buenos Aires Grande con i carretti comprando bottiglie e cartecartoni dagli abitanti dei quartieri, e dall’altra parte i chatarreros o depositeros (possessori di rimesse) che grazie ai loro depositi si sono affermati come collegamento fondamentale tra i raccoglitori di materiali e le industrie. Nel 1977 durante la dittatura è stato creato il CEAMSE (Coordinación Ecológica Area Mertropolitana Sociedad del Estado). Questo organismo era preposto alla gestione dei residui solidi urbani. La nuova gestione vietò qualsiasi tipo di raccolta e dispose che la discarica fosse l’unico luogo dove potessero esser depositati i rifiuti. Il luogo scelto fu presso AMBA (Area metropolitana di Buenos Aires) 18 . Questa politica comportò una crescita delle spese di raccolta dei rifiuti sostenuta dalle Municipalità e dai cittadini e provocò l’esclusione sociale del numeroso settore dei riciclatori che non potevano più continuare con il proprio lavoro. Questa politica derivava dalla volontà di trasformare la città

18

L’ordinanza n°3356177 del Comune di Buenos Aires vietò la selezione, la divisione e la vendita o la manipolazione dei rifiuti domiciliari per le strade, e la legge 8782/77 del governo della Provincia di Buenos Aires propose di “sradicare il problema del wase picking che era la diretta conseguenza dell’esistenza all’aria aperta e del metodo dell’incenerimento” La legge 9111 regolò i luoghi di raccolta dei rifiuti e vietò la raccolta di questi anche in luoghi privati. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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in una città residenziale, e a tal fine alcuni municipi di Buenos Aires Grande dovettero lasciare parte delle loro terre e sopportare espropri (Oszlak, 1985). Nello stesso modo in cui i rifiuti furono spediti fuori dai confini della città, furono spostati molti abitanti che vi si erano precariamente stabiliti accanto presso le municipalità di Buenos Aires Grande. Il dipartimento comunale per il Comune (Comisión Municipal de la Vivienda) giustificò questa espulsione di massa, sostenendo che questa gente era carente delle condizioni igieniche e sanitarie necessarie per la vita urbana. (Hermite and Boivin 1985:125) L’eccessivo liberismo economico e la conseguente de-industrializzazione del nostro paese ha indebolito i circuiti di welfare locali mentre le discariche riempivano le terre con i rifiuti. Verso la metà degli anni ’90, al primo segnale di crisi dell’occupazione e ricomparvero gradualmente i raccoglitori informali di materiali riciclabili. Lentamente e inesorabilmente divennero un fenomeno evidente di una società che, fino ad allora, non li aveva mai presi seriamente in considerazione. Nel 2000, le attività di raccolta del settore informale per le strade di Buenos Aires sono divenute molto più intense, molti giornali hanno iniziato a prestarvi attenzione. Per molte famiglie impoverite, la raccolte di materiali riciclabili lungo le strade o direttamente dalle case, da piccoli negozi o da edifici divenne l’entrata economica più importante. Una lunga ricerca di lavoro con esito negativo precedeva, normalmente, la scelta di dedicarsi a questa attività. Si iniziava girando intorno alle industrie e agli edifici in costruzione non per trovare lavori temporanei bensì cercando resti abbandonati da rivendere nel circuito del riciclaggio. In questo modo, il bisogno di riciclo è stato percepito come un problema Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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sociale e si è iniziato discuterne negli incontri pubblici e nei forum tenuti dalle università e dalle ONG. Quell’anno il vagoni del treno che passava tra León Suarez (Buenos Aires Grande) e la Stazione di Retiro (Buenos Aires) iniziavano ad esser pieni di pacchi con i materiali dei raccoglitori informali. La compagnia ferroviaria di Buenos Aires non ricevette ordine di fermarsi e, in accordo con la richiesta portata avanti da una delle associazioni di soccorso, fu assegnato un treno esclusivamente per il trasporto dei materiali raccolti. Questo treno, chiamato il treno bianco, carica più di 400 persone ogni giorno. (García, 2007) I raccoglitori iniziarono a associarsi in cooperative ed altri tipi di organizzazione, soprattutto in alcuni quartieri di Buenos Aires Grande e i vecchi cirujas iniziarono a incontrare i nuovi cartoneros. I cartoneros avevano un passato di lavoro nelle industrie o nei negozi e alcune esperienze nei sindacati dei lavoratori, alcuni erano stati rappresentanti di quartiere. Questo capitale sociale e culturale ha incoraggiato il processo di auto-organizzazione e alcune ONG, organizzazione governative e entità internazionali, le supportarono e dettero un appoggio economico-finanzario. Il progressivo aumento numerico dei cartoneros per le strade, fu, in gran parte, causa diretta della recessione economica e della disoccupazione. La classe meno abbiente si trovava spesso senza lavoro anche temporaneo (come per esempio nell’edilizia o in posti di lavoro a tempo determinato per persone di classe media, ecc.) normalmente conseguibili nel periodo di stabilità economica. Un altro importante catalizzatore fu il dibattito finanziario, politico ed economico alla fine del 2001, che comportò una svalutazione del peso e una grande riduzione delle importazioni. Così il prezzo dei materiali riciclabili aumentò, incoraggiando molte persone a divenire cartonero. Questo Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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lavoratore tipicamente urbano è andato via via acquisendo maggiore considerazione sociale e attenzione politica. Dal 1998 in avanti sui giornali di Buenos Aires iniziarono ad apparire un numero crescente di articoli che si riferivano ai cartoneros. Quantità di rifermenti sui giornali

Cantidad de notas

25 20 15

Clarín

10

La Nación

5 0 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Período (años)

Fonte: l’autore, Pablo Shamber

Nel 2001, e specialmente nel 2002, i cartoneros hanno partecipato a molti dibattiti e riunioni tenuti da vari gruppi, sia con politici del governo coinvolti nella gestione dei rifiuti solidi urbani che con membri di compagnie private, giornalisti, ricercatori sociali, cosicché i waste pickers hanno potuto esprimere le loro idee e prospettive future. Una pietra miliare fondamentale è stata posta nel 2002 quando il Governo ha riconosciuto i raccoglitori informali come parte integrante del sistema di gestione dei rifiuti solidi urbani (Legge n°992), abolendo le ordinanze stabilite nel passato dalla dittatura che aveva criminalizzato il loro lavoro.

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In accordo con la nuova legge, nel maggio del 2003 il governo locale ha dato vita a un ufficio per regolarizzare l’attività: il Programma dei Raccoglitori Urbani (PRU). Nel 2005 la Legislazione della città di Buenos Aires ha emanato la Legge Integrata sulla gestione dei Rifiuti Solidi Urbani che è stata specificata e regolamentata dal Decreto 639 del maggio 2007. Questa Legge (conosciuta come “Basura Cero”) pianificava l’inserimento del settore informale di raccoglitori nel processo di raccolta e trasporto dei rifiuti e nelle attività di selezione nei centri (conosciuti come Centri Verdi). Tuttavia, questi propositi sono lontani dall’essersi realizzati a causa di molte e diverse difficoltà legate a qualsiasi processo di formalizzazione in mancanza di un buon piano urbanistico con il rispetto dell’esistenza dei centri verdi. 19

Collegando i Circuiti

Cartoneros Come sottolineato precedentemente, i riciclatori cercano, individuano e raccolgono i materiali riciclabili lasciati nelle discariche o per le strade. Alcuni di questi li ricevono direttamente da cosiddetti clienti. 20

19

Mauricio Marci, in prossimo capo del Governo della città di Buenos Aires che assumerà la carica il prossimo 10 Dicembre ha manifestato il suo disappunto nei confronti delle attività dei cartnoeros riferendosi a loro come trasgressori di leggi: “dovrebbero esser messi in galera…rubare i rifiuti per la strada è come aggredire qualcuno in un angolo..” (La Nación 27/08/02). 20 I cartoneros hanno come clienti abitanti del quartiere, portinai, commessi che tengono da una parte alcuni materiali per darli direttamente a loro. Oltre a dare loro questi materiali preselezionati, a volte vengono dati anche abiti vecchi (o per esempio a Natale e Capodanno una bottiglia di vino). Spesso i clienti richiedono alcuni servizi ai cartoneros, come per esempio giardinaggio o riparazioni. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Grazie a questo primo anello della catena, alcuni prodotti buttati via riacquistano un certo valore. E’ importante sottolineare che queste pratiche comportano un processo di precisa classificazione che il cartonero generalmente svolge nel proprio domicilio, e il materiale non viene rivenduto immediatamente dopo la fine della raccolta giornaliera. Questi lavoratori ritornano a casa con i loro materiali e poi iniziano il lavoro di classificazione e selezione. Generalmente tutta la famiglia partecipa a quest’attività e dopo 2 o 3 giorni (più spesso un periodo più lungo), i materiali accumulati e selezionati vengono rivenduti. Esistono anche alcuni cartoneros che non separano e classificano il materiale a casa propria, ma finiscono il loro lavoro vendendo agli autocarri che prendono la merce in serata, sebbene questo sia un sistema abbastanza nuovo che si verifica soprattutto a Buenos Aires. In questo caso la classificazione avviene immediatamente o nell’attesa di vendere i materiali. La popolazione di riciclatori ha una composizione piuttosto eterogenea. E’ un lavoro svolto da uomini e donne di età diverse, con differenti esperienze lavorative. Più di recente, tuttavia, vi è stato un aumento tra cartoneros di giovani e di donne, proprio per la caratteristica di questa attività di fornire un’entrata economica immediata. Tenendo di conto della particolare storia di questo lavoro, possiamo far distinzione tra due tipi di riciclatori, anche durante i differenti periodi. Il primo tipo può esser chiamato “gruppo strutturale”, costituito da individui che identificano la loro identità nell’essere cartonero. Questo gruppo è costituito da chi, a causa dello spostamento dei rifiuti direttamente nelle discariche, è stato relegato a lavorare per le strade. E dai bambini che sin dagli anni ’80 hanno iniziato ad accompagnare i propri genitori, hanno ereditato questo lavoro e quindi fanno parte del gruppo strutturale. Così Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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questo gruppo è composto sia da generazioni di cartoneros giovani che da anziani. Il secondo gruppo di riciclatori ha una natura più transitoria. E’costituito da persone che hanno iniziato a fare questo lavoro negli anni ’90 come conseguenza della perdita permanente di lavori stabili e migliori condizioni di vita. Il loro inserimento nell’ambiente del waste picking è strettamente correlato con la crisi economica e lavorativa. Oggi è possibile distinguere tra coloro che sono entrati più recentemente e coloro che ne fanno parte da più tempo e che preferiscono questo lavoro ad altri per tutta una serie di vantaggi. I soggetti più giovani 21 sono entrati a far parte del secondo gruppo dopo il 2002 quando la svalutazione del peso argentino e la diminuzione delle importazioni ha fatto aumentare il prezzo a cui i cartoneros potevano rivendere i loro materiali. In questo gruppo l’entrata di questi nuovi giovani ha comportato una relativa stabilità delle entrate. Così come uomini e donne adulti, che preferiscono questo lavoro, lo giudicano attraente per i suoi potenziali vantaggi.

Cooperative

Secondo i dati del PRU, il 98,1% dei cartoneros non appartiene ad alcuna cooperativa o associazione. Ma la fiducia in questo tipo di organizzazione è predominante nella opinione pubblica. E lo sono ugualmente molti pubblici 21

La distribuzione per età è piuttosto varia. Le cifre registrate dal PRU indicano un numero maggiore di giovani. Per esser legalmente riconosciuti l’età minima richiesta è di 14 anni. Il governo di Buenos Aires denuncia formalmente il non rispetto della Convenzione dei Diritti del Fanciullo (vedi Schamber 2207). Circa il 17% dei cartoneros è sotto i 18 anni. Il gruppo seguente, compreso tra i 19 e i 29 anni è circa il 33% del totale. Partendo da qui le percentuali diminuiscono man mano che si alza l’età. Come stabiliscono le ricerche condotte da UNICEF/OIM nel 2004 il tasso di cartoneros sotto i 18 anni era del 48%. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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ufficiali che sono responsabili per le politiche di gestione dei rifiuti solidi urbani. Infatti, la Legge 992 nella sua sezione V ha creato il Censimento Permanente delle Cooperative e delle Piccole e Medie Imprese che lavorano nell’ambito dei residui solidi urbani (non è ancora stato implementato). Uno dei primi punti della legge indicava che i cartoneros associati in cooperative si sarebbero occupati della raccolta differenziata per un terzo di ognuna delle 6 zone della città. Così un piccolo numero di capi di cooperative ha iniziato a raccontare delle proprie esperienze e questo ha rinforzato l’idea pubblica che il modello seguito maggiormente sia quello delle cooperative di cartoneros. E’ importante riconoscere, tuttavia che, sebbene la raccolta informale di materiali riciclabili è portata avanti da individui o famiglie autonome ed indipendenti, già negli anni ’90 erano state presentate più di 30 domande per costituirsi in cooperative all’Istituto Nazionale per l’Associazionismo e le Imprese Sociali (INAES), l’istituto responsabile del riconoscimento formale delle imprese 22 . Sebbene la maggior parte delle cooperative sono state immatricolate o stanno provando a conseguire il loro accreditamento, è necessario precisare che questi gruppi non hanno ancora realmente iniziato ad operare in un circuito produttivo o con modalità proprie delle cooperative – e spesso non sono state costituite dagli stessi cartoneros. Come

ho

spiegato

precedentemente

l’immagazzinamanento

e

la

classificazione sono due delle principali attività dei cartoneros. La maggior 22

Veronica Paiva (2004) ha fatto notare che tra il 1999 e il 2000 erano già state fondate le cooperative El Ceibo (nel quartiere Palermo), Reconquista (nel quartiere Tres de Febrero), El Orejano (San Martín) e Renacer (La Matanza) e tra il 2000 e il 2002 sono state fondate: Nuevo Rumbo (Lomas de Zamora) Mujeres para la dignidad (Lavallol), Reciclado (Lanús) Villa Ballester y La Perla (San Pedro). Tutte queste cooperative sono state sostenute dall’Istituto di Fondi per Cooperative (IFC), uno spazio comune che mette a disposizione l’esperienza organizzativa e un supporto finanziario per un potenziale sviluppo futuro. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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parte di loro classificano il materiale direttamente per le strade o a casa e lo vendono immediatamente per minimizzare le quantità da tenere nel proprio magazzino. Tenendo presente questi due importanti passaggi del processo, i leaders e i promotori delle cooperative si sono resi conto che per migliorare la funzionalità delle cooperative, è necessario: 1) possedere un magazzino 2) possedere un capitale da investire per iniziare l’attività Possedere un magazzino faciliterebbe i cartoneros nel loro lavoro perché così potrebbero mettere insieme grandi quantità di materiali e potrebbero bypassare l’intermediario, vendendo direttamente alle industrie i materiali prodotti. Un capitale iniziale permetterebbe loro di aspettare il momento giusto per venderli in gran quantità, ottenendo così un prezzo più alto. Sebbene più di 50 cooperative si siano formate in un tempo relativamente breve, la maggior parte di queste stanno ancora al loro primo step. La maggior parte delle energie di queste cooperative viene spesa nella ricerca di sussidi e donazioni da parte del governo o di fondazioni private per ottenere sufficienti risorse iniziali. Per questa ragione, la mera esistenza di cooperative riconosciute ufficialmente non può esser ricondotta a un nuovo modello organizzativo di questi lavoratori. Mentre l’INAES offre un riconoscimento formale, ciò non si traduce direttamente in un veloce o effettivo inizio delle attività in tal senso. Inoltre non dimentichiamo che talvolta alcuni membri di queste cooperative non sono dei riciclatori. Infatti per ottenere un riconoscimento ufficiale di cooperativa di cartoneros non è obbligatorio essere effettivamente un cartonero.

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Depositi

L’anello successivo nella catena di raccolta e riciclo dei waste pickers è costituita dai depositeros, cioè dai possessori dei depositi per i materiali selezionati pronti per la vendita. Questi soggetti rifiutano il nome con cui vengono chiamati usualmente, che è associato negativamente a un tipo di intermediario che sfrutta il lavoro dei cartoneros. Al contrario, oltre all’ulteriore classificazione (secondo diversi criteri) e alla preparazione definitiva dei materiali riciclati, questi effettuano un lavoro molto importante nella catena di produzione. Il raccoglitore di residui spesso vende i propri materiali a un unico compratore o deposito, per questo generalmente i depositeros non sono specializzati su un singolo materiale in particolare. L’immagazzinamento di materiali diversi è dovuto alla necessità di attrarre quanti più venditori possibili. Dall’altra parte, da quando i cartoneros sono divenuti i loro unici fornitori, non sono in grado di raccogliere una quantità sufficiente di un singolo materiale. Inoltre se un depositero non accetta i materiali che un cartonero gli porta, quest’ultimo sceglierà un’altra volta di portare i propri materiali a un altro deposito (dove può vendere tutti i suoi materiali) anche se i prezzi che gli vengono fatti possono esser lievemente inferiori. La seconda fase consiste nel vendere i prodotti a negozi specializzati. I soggetti che comprano vengono chiamati con nomi differenti a seconda del materiale che comprano e vendono. Sono “chatarreros” (venditori di ciarpame), “metaleros” (venditori di metallo), “plastiqueros” (venditori di plastica), “botelleros” (venditori di bottiglie), “vidrieros” (venditori di vetro) e “recorteros” (venditori di carta e cartone). I rivenditori Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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specializzati completano la preparazione del materiale pronto per l’uso delle industrie. Essi hanno accordi con le grandi industrie perché possono rivendere grandi quantità di materiali e possono soddisfare la grande richiesta delle industrie. La carta ed il cartone vengono imballati, la plastica compressa e le bottiglie lavate. Vi sono alcuni depositi che saltano questo passaggio e vendono direttamente alle industrie nelle condizioni richieste perché possiedono ampi spazi per immagazzinare, hanno le macchine per imballare e i camion per portare la merce. Generalmente non vi sono sufficienti dati ufficiali per sapere quanti sono i magazzini presenti nei vari quartieri. Molti depositi, soprattutto se non lavorano su larga scala, non hanno i permessi del comune e non risultano negli elenchi ufficiali. Inoltre, coloro che hanno il permesso per fare quest’attività, anche quando svolgono le stesse attività, spesso sono classificati in modi differenti 23 Per questo, pur nella sua diversità, questa attività di immagazzinamento e vendita ha una continuità storica importante. Alcuni ricercatori del PRU nell’Agosto del 2001 hanno trovato 73 negozi (venditori multipli o specializzati) nella città di Buenos Aires, nei distretti di Pompeya, Soldati, Lugano, Chacarita e Paternal (Carlino, Jagüer and Schamber; Schamber y Suárez 2006).

Questi siti non sono casuali, bensì sono le aree dove

venivano storicamente venduti i rifiuti per poi esser bruciati 24 . 23

Nei distretti nei dintorni di Bs. Ar., vi sono altre difficoltà per il riconoscimento dei magazzini. La Legge 911/78 ha stabilito che il trattamento dei rifiuti è di competenza distrettuale. La legge vieta l’immagazzinamento dei rifiuti all’aria aperta o in spazi chiusi (sezione 10). Nessuno ha il permesso di prendere i materiali dai cassonetti, nemmeno coloro che ufficialmente hanno il compito di pulire le strade (sezione 11). 24 Una rassegna ha sottolineato come si 35 proprietari e venditori rappresentativi 24 di loro commerciano con i cartoneros. In 17 casi questi ultimi forniscono fino all’80% dei materiali che ricevono. I restanti 6 prendono il materiale direttamente dove viene prodotto (per esempio, la carta dalle copisterie) o da piccoli negozi. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Ventidue dei ventinove magazzini che sono stati comprati dai cartoneros hanno aperto nel 2002, mentre quelli che sono stati aperti in altri posti si sono costituiti più recentemente. Quattro sono stati creati negli anni ’90, uno negli anni ’70 e gli altri negli anni ’60. Questa informazione, insieme con altri dati, ci fa comprendere come la crescita della raccolta di materiali riciclabili durante gli anni ’90 e soprattutto a partire dal 2002 ha comportato contemporaneamente l’apertura di nuovi magazzini multi-vendita, come conseguenza di una forte domanda dalle industrie e la caduta delle importazioni dopo la svalutazione. Le industrie

Finalmente, i materiali giungono alle industrie e alle fabbriche dove vengono concretamente riciclati e diventano materiale utilizzabile per nuovi prodotti. Così la carta e il cartone diventano carta igienica, scatoloni, carta da imballaggio; il vetro diventa bottiglie o articoli in vetro come, per esempio, piatti, tazze, vasi per i fiori; la plastica diventa giocattoli per bambini, secchi, catinelle e i metalli vengono usati per fare oggetti necessari alle industrie, per le costruzioni, per l’elettricità o gli elettrodomestici, ecc. La grandezza e l’impatto di queste fabbriche sono diversificati. Alcune lavorano in reti locali, altre in gruppi transnazionali. Mentre portavo avanti questo lavoro sul campo, ho notato una piccola fabbrica che produceva galleggianti per la pesca, filo per macchine da cucire e angoli per tubature per l’acqua usate nelle cucine e nei bagni. Questa fabbrica aveva sede nel garage della casa del proprietario, nel quartiere Lomas de Zamora. Vi lavoravano il proprietario più altri 5 uomini. I materiali che usavano per produrre li acquistavano da un deposito multi-prodotto. Ho anche visitato Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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una fabbrica di carta igienica che molti consideravano piccola. Occupava uno spazio di 100 mq presso Tigre e consumava più o meno una balla di carta all’ora (comprata da un rivenditore multi-prodotto presso General Pacheco) per circa 24 ore al giorno. Infine vi era la “Scrap Services”, una compagnia che sviluppa progetti in larga scala. La Scrap Services usa metalli provenienti da venditori specializzati (venditori di ciarpame). Nel circuito del riciclaggio informale, dai primi anelli di raccolta fino agli ultimi anelli della produzione delle fabbriche, ogni passaggio menzionato è autonomo e indipendente da tutto il resto. Le industrie non hanno magazzini; i depositi non assumono cartoneros. Tuttavia, le diverse attività sono fortemente interconnesse, così che ogni cambiamento che avviene in una di esse si ripercuote su tutte le altre. In uno studio pionieristico dove si analizzavano le interconnessioni economiche dei diversi passaggi del riciclaggio della carta nel circuito di Cali (Colombia), Chris Birkbeck ha stabilito che anche quando sembra che i cartoneros lavorino con molta indipendenza, in realtà sono parte integrante di un sistema organizzativo industriale.

“Se l’industria dell’acciaio è in crisi, la stessa crisi si avverte tra i raccoglitori di metallo. Se la domanda di materiale cartaceo aumenta, il prezzo del materiale aumenterà e probabilmente aumenterà anche il numero di raccoglitori di carta (…) il business del riciclaggio è caratterizzato da una struttura verticalizzata che vincola le fabbriche ai cartoneros” (Birkbeck, 1979: 386). Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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E’ chiaro che i cartoneros sono parte del sistema, che non è un sistema statico e cresce progressivamente in grandezza e in complessità man mano che i materiali risalgono i vari passaggi di lavorazione. In questo circuito esistono diverse connessioni tra uomini d’affari e riciclatori. Un magazzino multi-raccolta (diversi tipi di materiali) può offrire un prestito ai cartoneros per la raccolta di rifiuti, o un deposito specializzato può finanziare l’acquisto degli acquirenti multi-prodotto. Non è inusuale trovare casi in cui i livelli più alti supportano economicamente il circuito dei depositos offrendo macchinari e soldi per coprire le spese di avvio. Questi piccoli business fanno sì che il prodotto verrà infine venduto alle fabbriche con uno scarsissimo margine di profitto. Dobbiamo sottolineare che vi sono dei casi in cui degli ex-datori di lavoro hanno usato la propria esperienza lavorativa per sviluppare piccoli affari con l’aiuto dei loro ex-dipendenti 25 .

Schematicamente, il circuito produttivo del riciclaggio può esser illustrato nel modello che segue:

25

Chris Birkbeck ha scoperto che il proprietario del negozio centrale che ha studiato era sostenuto da altri 6 negozi di sua proprietà e da altri 12 negozi, i cui proprietari avevano con lui un accordo verbale. E’ interessante sapere che per il negozio centrale, i negozi dislocati sembra producessero di più di quello principale, che non era minimamente preoccupato delle proprie entrate (Birkbeck 1979 – Versione spagnola di Klein e Tokman).

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INDUSTRIAS

Lavado

Molienda DE PO SIT OS E SPECIALIZ ADO S

DEP ÓS ITO S PO LIRUB RO

CART O NEROS

Conclusioni

Recentemente si è verificata una generale crescita di consenso sulla necessità di alcuni bisogni ambientali, come la promozione di un minore spreco e di una minore produzione di residui solidi e rifiuti o la richiesta di una maggior pratica di riuso e riciclo di materiali – non solo in quanto pratiche eticamente giuste, ma anche come strategie per migliorare le condizioni dei terreni usati come discariche. Questo tipo di interpretazioni sono giustificate dai benefici economici apportati dal riciclaggio. In questo contesto, la percezione collettiva della presenza dei cartoneros nell’attività di raccolta e riciclo, offre una possibilità di inserirli come attori fondamentali in questo dibattito. Mentre non vi è ancora un’idea precisa su come raggiungere questo risultato, dobbiamo notare che il fenomeno cartonero ha una lunga tradizione storica e ha resistito a tutte i tentativi più o meno duri compiuti dai politici per eliminarli.

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Bisogna notare che, sin dall’inizio, la politica di gestione dei residui solidi urbani di Buenos Aires ha mostrato alcune logiche di fondo che nel tempo si sono andate rinforzando: -

spostare i rifiuti fuori dalle aree urbane

-

emarginare i raccoglitori informali per ragioni di igiene e per nasconderne la presenza e per motivi economici

-

effettuare alcuni cambiamenti nella gestione dei siti di deposito dei rifiuti durante il periodo di crisi economico-sociale.

La Legge del 1854 apparentemente faceva pensare che fossero possibili dei cambiamenti; tuttavia i raccoglitori informali non furono integrati e inclusi nelle attività di raccolta e nelle attività dei centri verdi. Come detto precedentemente, sono 3 i protagonisti fondamentali di questo circuito: i cartoneros, i depositeros

e le fabbriche. Sebbene formalmente questi

protagonisti siano autonomi, in realtà sono così interconnessi che ogni cambiamento che avviene su uno di loro ha una ricaduta specifica sugli altri. Ogni politica pubblica che cerca di produrre dei cambiamenti significativi a beneficio dei cartoneros deve esser coordinata con politiche dirette anche agli altri due componenti del circuito. Per esempio, immagazzinare i materiali non può esser considerata un’attività “passiva” o prescindibile in questo circuito, infatti gioca un ruolo molto importante. Le industrie sono attori attivi, che generano un’integrazione verticale attraverso il possedimento e i prestiti ai depositeros – mentre i cartoneros e le cooperative cercano di evitare queste dipendenze. Oltre ai benefici potenziali che le politiche pubbliche sul riciclaggio possono

produrre

sulla

protezione

ambientale,

il

riciclaggio

è

prevalentemente un’attività economica.

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L’importanza del riciclaggio da un punto di vista economico è giustificata solo se alle industrie conviene comprare questo materiale piuttosto che comprarne di “vergine”. Il materiale riciclabile inoltre si trova in maggiore quantità rispetto a quello vergine e questo è il motivo per cui il suo prezzo non è altrettanto alto. Questa è la ragione per cui il suo prezzo non dovrebbe mai superare quello del materiale che rimpiazza. Inoltre, il costo della trasformazione industriale è più alto di quello necessario se si usassero materiali vergini. Di conseguenza, se il materiale riciclabile diventa costoso e scarso, il riciclaggio industriale non è conveniente. Mentre, al contrario, se è economico e abbondante, ve ne sarà molta domanda. Questa logica e questo modo con cui si forma il prezzo agiscono verticalmente lungo tutti gli anelli della catena. I promotori delle associazioni di cooperative di cartoneros, hanno avanzato alcune proposte per 1) ottenere guadagno dall’immagazzinamento dei materiali 2) ottenere del capitale iniziale Per questo motivo generalmente non introducono una logica organizzativa cooperativa. Dietro il loro riconoscimento formale e l’informazione diffusa dai media, la maggior parte delle cooperative mantengono la loro classica gestione ed impiegano tutte le energie nel cercare di ottenere un supporto economico dallo Stato o da gruppi privati. Perciò, la mera esistenza di cooperative ufficialmente riconosciute non può esser interpretata come un reale cambiamento nell’organizzazione dei cartoneros. Non sembra esistere alcun esempio di cooperativa costituita prevalentemente da riciclatori, che venda i materiali con metodologie da cooperativa e che, come risultato, generi delle migliori condizioni economiche e opportunità per i singoli individui. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Il lavoro del cartonero si basa soprattutto su strategie individuali di raccolta e vendita – che in molti casi vanno a contraddire direttamente gli obiettivi tipici dei principi di una cooperativa. Infatti, molti lavorano in modo discontinuo, tentando di sopravvivere poiché non possono sperare di trovare altro tipo di lavoro. Nella memoria e nel vissuto di molte persone, vi è una mancanza di esperienza associativa – per questo molti non credono possibili alcune proposte. Sebbene sia il Governo che le organizzazioni non governative cerchino di incoraggiare la nascita di cooperative, in primo luogo è necessario conoscere e comprendere le circostanze reali ed evitare supposizioni astratte. Piuttosto spesso, queste organizzazioni offrono credito affinché nascano nuove cooperative. Un risultato significativo è quello che queste cooperative sopravvivono fintanto che coloro che le finanziano ottengono un profitto da loro investimenti. Poche cooperative (se non nessuna) riescono a raggiungere l’autosufficienza o la sostenibilità. Inoltre, ogni forma organizzativa che prova a ottenere introiti nell’ambito della raccolta informale di residui solidi urbani non deve dimenticare le caratteristiche attuali della struttura e le caratteristiche delle diverse attività. I cartoneros non riciclano, non immagazzinano e non comprano – loro raccolgono. Se la diversificata popolazione di cartoneros ha qualcosa in comune è l’attività di raccolta di materiali riciclabili. Ogni politica pubblica che si pone come obiettivo l’inclusione dei cartoneros nella gestione delle industrie di riciclaggio dovrebbe iniziare a riconoscere che l’attività di raccolta è un’attività indipendente. Se esiste un interesse politico o ideologico nello sviluppo vero delle cooperative, l’effetto di quest’interesse si dovrebbe ritrovare nella creazione di condizioni adeguate per queste.

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Pensando che la chiusura delle discariche a cielo aperto potesse essere una soluzione al problema della raccolta informale di residui, i governi e le organizzazioni finanziarie internazionali hanno cercato di promuovere la trasformazione dei cartoneros in lavoratori nei piani di separazione e riciclaggio. Mentre questi piani vengono messi in atto e costruiti nell’ambito di politiche che cercano di prevenire l’incenerimento indiscriminato di rifiuti, è importante rendersi conto che questa alternativa può esser valida solo in politiche di re-inserimento lavorativo dei cartoneros presso città molto piccole. Nei centri urbani più grandi dove la quantità di cartoneros è superiore a qualche centinaia, questo tipo di proposta non è facilmente perseguibile, considerando il fatto che la domanda di massa di lavoratori è inversamente proporzionale alla massima efficienza del piano di gestione proposto. A mio avviso le politiche rivolte ai cartoneros devono partire da un concetto olistico ed integrato della gestione dei residui – inclusi i vari passaggi del processo che inizia con la generazione dei rifiuti, fino al suo deposito finale nei siti preposti, minimizzando sia la quantità di rifiuti non riciclabili che quelli riciclabili così che nel deposito finale ne arrivi una quantità molto ridotta. Il Comune di Buenos Aires (e altre regioni) ha iniziato a sviluppare una politica interessante – passi importanti devono esser fatti con l’intento di inserire i cartoneros nel mercato del lavoro. Forse, in questo modo, si possono dare realmente delle alternative alla collettività dei riciclatori.

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Settore informale dei rifiuti solidi in Romania di Reka Soos e Noemi Stanev

Concetti fondamentali A ClujNapoca esistono tre tipi fondamentali di raccoglitori di rifiuti: raccoglitori di strada (street pickers), raccoglitori porta a porta (door-todoor collector) e raccoglitori della discarica (dump pickers). Ognuno di questi gruppi presenta delle caratteristiche distintive:

Raccoglitore di strada: raccoglie rifiuti riutilizzabili dai cassonetti delle famiglie o delle imprese per uso personale e/o per venderli. Raccoglitore porta a porta: raccoglie materiali di scarto riutilizzabili direttamente dalle famiglie per uso personale e/o per poter vendere questi materiali Raccoglitore di discarica: raccoglie rifiuti riutilizzabili direttamente nella discarica pubblica per uso personale e/o per rivenderli.

I raccoglitori di strada sono il tipo di raccoglitori piĂš eterogeneo, sono i piĂš numerosi (2366), e possono essere raggiunti con grandissima difficoltĂ . Sembrano essere un gruppo molto disomogeneo. Tuttavia, vi sono alcune caratteristiche che l differenziano rispetto agli altri raccoglitori:

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- La maggior parte di loro ha altri modi per guadagnare oltre a quello ottenuto attraverso la vendita dei rifiuti riutilizzabili. - La maggior parte di loro appartiene ad una delle 3 seguenti categorie: x

Persone di etnia Rom con livelli scarsi di educazione e basse prospettive di impiego verso i quali vi è un pregiudizio piuttosto diffuso nella società. Sono di ogni età e sesso, svolgono questa attività più o meno costantemente, sia che vivano in città che nei villaggi limitrofi (e in questo caso viaggiano con i mezzi pubblici).

x

Persone anziane pensionate da lungo tempo con pensioni talmente misere da non permettere di poter garantire nemmeno le necessità primarie di sopravvivenza. Sono di tutti i sessi e svolgono questa attività costantemente soprattutto per guadagnare qualche extra, raramente raccolgono per uso personale.

x

Disoccupati o persone con salari molto bassi o assistenza sociale. Sono di ogni età e sesso e svolgono questa attività temporaneamente a seconta di quanto tempo ci voglia per essere inclusi in programmi di assistenza sociale o per avere nuovamente un impiego.

- La maggior parte di loro non ha altro equipaggiamento se non un bastone, carretti da portare a mano, talvolta una bicicletta e ancora più raramente con carri (traninati da bestiame). - Alcuni di loro effettuano la raccoltaa per le strade solo per uso personale e non per vendere i materiali raccolti. - Lavorano per lo più soli o con membri della propria famiglia.

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I raccoglitori porta a porta sono in numero minore (400) sono per lo più persone con qualche mezzo di trasporto (per lo più carri) che raccolgono dalle abitazioni (piuttosto che dagli appartamenti) e per lo più dai quartieri alla periferia della città. La maggior parte torna regolarmente a raccogliere dalle stesse famiglie già conoscendo quali persone, di una certa zona, donano ai raccoglitori. Svolgono questa attività temporaneamente e molto probabilmente non è la loro maggior fonte di guadagno.

I raccoglitori di discarica si differenziano dagli altri per il fatto che raccolgono i residui solidi urbani da un solo sito, la discarica e molti di loro ci vivono dentro o molto vicino. E’ più facile avere informazioni su di loro perchè sono concentrati in una sola area e quindi più facilmente raggiungibili. E’ per questo motivo che sono il solo gruppo verso il quale sono diretti tentativi selettivi di aiuto (in termini di educazione, aiuti alimentari, condizioni di vita, ecc...). Si concentrano a 5 chilometri dalla città nella discarica municipale di “Pata Rat”. Durante i dieci anni passati ai margini della discarica si è formata una comunità di circa 400 persone che utilizza come mezzo di sussistenza la raccolta dei rifiuti. Attualmente vi sono 127 famiglie che vivono nelle immediate vicinanze della discarica. In questa comunità ci sono circa 100 bambini. La maggior parte delle persone della comunità ha perso il proprio lavoro nel 1989 e, avendo un’istruzione limitata, non riesce a trovare un nuovo impiego. Allo stesso tempo, la maggior parte delle persone della comunità ha una carta d’identità che dimostra una residenza in altre parti del paese. L’area dove vivono appartiene a persone private o a compagnie perciò non hanno uno status legale li dove si trovano. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Una delle caratteristiche più rilevanti dei raccoglitori, specialmente di coloro che vivono vicino alle discariche, è che la maggior parte proviene da diverse regioni e non posseggono carte d’identità che provino una residenza nel paese dove si trova la discarica. Anche se le aree vicino alle discariche sono per lo più proprietà appartenenti a privati, nelle regioni delle rispettive discariche, i raccoglitori costruiscono le proprie capanne su queste proprietà o direttamente sulla discarica in modo di essere più vicini possibile alla propria fonte di attività che li sostenta.

Nonostante il fatto che la polizia si presenti piuttosto raramente nelle zone dove vivono i raccoglitori, e tenti di spaventare le persone in modo da farle andar via dall’area della discarica, l’attitudine generale delle autorità è per lo più quella di ignorarli. La giustificazione al loro atteggiamento di indifferenza è che le persone che fanno questo lavoro dovrebbero andare a casa nei propri rispettivi paesi e cercare di trovare lavoro o chedere un’assistenza sociale nei paesi a cui appartengono. Dunque le autorità chiudono un occhio nei confronti delle persone che risiedono illegalmente sulle discariche in cambio di non dover pesare sul proprio bilancio locale fornendo una qualsiasi forma di assistenza sociale o impiego alternativo agli individui che esercitano queste attività.

Secondo la compagnia di servizi igenico-sanitari che opera nella discarica, altre 393 persone dalle comunità circostanti raccolgono rifiuti dalla discarica. Delle 793 persone circa che raccolgono rifiuti nella discarica, da 150 a 200 sono bambini.

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L'80% dei raccoglitori di discarica sono di etnia Rom. La popolazione Rom in Romania, d'altra parte, è considerata la più economicamente e socialmente emarginata nel paese e metà di essa vive sotto la soglia di povertà. Secondo le statistiche ufficiali, in Romania vi sono 536.000 Rom. I capi dei Rom tuttavia stimano che il loro numero è molto più grande e approssima i 1.500.000. Secondo le statistiche ufficiali, solo un terzo della popolazione Rom ha un lavoro stabile e solo il 50 per cento dei bambini va a scuola. Nella fascia di età superiore ai 45 anni, il 30 per cento dei Rom non sà leggere o scrivere. Vi è anche un numero molto numeroso di Rom che non hanno carte d'identità o certificati di nascita. Questo, d'altra parte, gli impedisce di avere qualsiasi forma di assistenza da parte dello Stato, come l'assistenza sociale o il sostegno ai figli, e gli impedisce di votare o di poter acquistare o vendere proprietà. Perciò, sono "destinati" a lavorare nel settore del lavoro nero, poichè la mancanza di documenti e di mezzi finanziari gli impedisce di ottenere un’occupazione nel settore formale, nell’area della gestione dei rifiuti o in qualsiasi altra area.

Oltre le 793 persone che raccolgono rifiuti nella discarica, vi sono pochi altri gruppi di persone che raccolgono rifiuti temporaneamente. Pertanto, c’è un gruppo costituito da 20 a 50 famiglie di etnia Rom provenienti da una certa parte del paese (paese di Hargita) che raccoglie metalli durante l’inverno per circa 5 mesi ogni anno. Questi ultimi vanno e vengono sempre e lavorano in gruppi. Oltre a loro, ci sono circa 10 famiglie Rom chiamate i "Corturarii" (tradotto: quelli che vivono in tende), che sono gruppi di persone nomadi che soggiornano nella discarica 5 settimane ogni anno raccogliendo rifiuti. Si collocano separatamente dalle altre persone che

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raccolgono e dai lavoratori dei servizi igienico-sanitari poichè considerati pericolosi.

2. Visione d’insieme Bilancio di massa

Bilancio di massa del settore informale

Materiali

Totale di rifiuti deviati al settore informale

4943

Totale di rifiuti persi attraverso il settore informale

0

Totale di materiali recuperati dal settore informale

14575

Totale di materiali disposti dal settore informale

0

Porta a porta

197

Rifiuti scaricati illegalmente

3095

3095 *

Raccoglitori di strada

4746

4456 *

Rifiuti raccolti nella discarica

6742

4880 *

Rifiuti raccolti nella discarica e processati

2890

2210 *

Rifiuti raccolti nella discarica e messi nelle carrozze

2600

2600 *

Riutilizzati come cibo o vestiario

247

Il bilancio di massa mostra valori più elevati per i rifiuti recuperati dal settore informale rispetto ai rifiuti deviati al settore informale. La ragione di ciò è che i materiali sono recuperati dallo smaltimento finale e ciò provoca un cicolo nel processo di flusso, il che significa che alcuni rifiuti sono trattati due volte. Al fine di evitare il doppio conteggio dei rifiuti li abbiamo

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esclusi dal quantitativo deviato al settore informale, perchĂŠ li abbiamo giĂ contati come deviate verso il settore formale.

Tabella che mostra le relazioni, il numero di persone ad ogni livello

Prezzi per i rifiuti riciclabili a diversi livelli della catena

I prezzi non sono molto differenziati nel settore informale soprattutto a causa del fatto che vengono svolti pochi o nessun trattamento o trasformazione dei rifiuti. L'unica differenza di prezzi che abbiamo potuto notare è stata quella delle bottiglie PET a seconda che fossero vendute miste o processate in modo ordinato a seconda del colre e avento tolto i tappi. Dunque i prezzi seguenti sono offerti per tonnellata di rifiuti in base ai nostri questionari e osservazioni:

Rifiuti

Euro

Carta

16.81

Metalli ferrosi

92.49

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Bottiglie PET cosĂŹ come sono

112.1

Bottiglie PET divise per colore,

140.13

senza tappo Bottiglie PET processate portate dalle

donne

Rom

vicino

196.19

alla

discarica/Compagnia Falla

Istituzioni chiave

Non vi sono istituzioni informali nel settore informale, dato che i raccoglitori di rifiuti non sono riuniti in alcun tipo di gruppo d’interesse o cooperativa. Vi sono tuttavia alcune istituzioni che soddisfano alcune delle loro specifiche esigenze ad esempio in termini di istruzione (Scuola no. 12 nel quartiere vicino alla discarica che ha creato classi speciali per i bambini Rom con necessità didattiche speciali).

Le parti interessate

Raccoglitori di strada Raccoglitori di discarica Raccoglitori porta a porta Punti di raccolta Imprese di riciclaggio formali Operatore di discarica

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3. Quantitativi e tipi di attività del settore informale

Attività basate sul servizio o

Non abbiamo potuto identificare alcuna attività basata sul servizio in città. Queste potrebbero essere svolte in scala molto ridotta attorno ai piccoli negozi dove potrebbe essere spazzata la strada, o smaltiti rifiuti in cambio di qualche pasto occasionale o di generi alimentari ma vi sono solo elementi aneddotici a riprova di ciò.

o

Vicino alla zona della discarica, tuttavia,abbiamo prove fondate di attività basate sul servizio. Vicino alla discarica una donna Roma ha una compagnia specializzata nel vendere rifiuti riciclabili. Compra rifiuti raccolti dalle persone della discarica e paga i prezzi più alti per le bottiglie PET processate (196 euro a tonnellata). Nello stesso tempo, occasionalmente fa credito alle persone della discarica per permettergli di comprarsi carrozze e cavalli e questi ultimi possono saldarle il debito raccogliendo rifiuti.. 26

Il recupero e il riciclaggio

26

Information from one of the oldest employees of the sanitation company that operates the landfill. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Raccoglitori di strada Totale di materiali immessi

4,622

tonnellate

Totale dei materiali persi

166

tonnellate

Totale di materiali immessi

12,232

tonnellate

Totale dei materiali persi

34

tonnellate

Raccoglitori di discarica

Attività alla fonte (combustione, compostaggio, nutrire gli animali, ecc) Nel settore informale vi è una certa parte di rifiuti che viene raccolta per uso personale come abbigliamento, generi alimentari, e cibo per bestiame. Le quantità sono le seguenti:

Raccoglitori di strada

135 tonnellate

Raccoglitori di discarica

34 tonnellate

Raccoglitori porta a porta

78 tonnellate

Raccolta primaria

Recupero e riciclaggio

Come sopra menzionato, nel caso della raccolta per strada, avviene solo la raccolta primaria. I raccoglitori di strada mettono insieme 4622 tonnellate di rifiuti l’anno di cui 135 tonnellate vengono usate per necessità personali (alimentazione, vestiario ecc.) e il restante di 4555 tonnellate viene venduto ai punti di raccolta.

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I raccoglitori di discarica, d’altro canto, sono più diversificati. Alcuni di essi raccolgono e vendono rifiuti, altri raccolgono, processano e vendono, altri ancora raccolgono, processano e trasportano ai punti di raccolta. Dunque li descriveremo separatamente.

Raccoglitori di discarica che raccolgono e vendono La larga maggioranza di raccoglitori di discarica raccolgono rifiuti (532), li vendono direttamente a rappresentanti di compagnie di riciclaggio che comprano questi materiali direttamente alla discarica.

Raccoglitori di discarica che raccolgono processano e vendono C’è un altro gruppo di raccoglitori di discarica che raccolgono rifiuti, li trasportano in un’altra zona della discarica, li processano e quindi li vendono a rappresentanti delle compagnie di riciclaggio che vengono alla discarica.

Raccoglitori di discarica che raccolgono trasportano e vendono Ci sono 25 raccoglitori nella discarica che posseggono carri trainati da cavalli. Un giorno a settimana trasportano i materiali raccolti e li vendono ai punti di raccolta che si trovano nelle vicinanze della discarica. Dunque questi ultimi non trasportano soltanto materiali raccolti di persona ma anche quelli raccolti da altri che pagano per questo servizio di trasporto. Una corsa al più vicino centro di raccolta costa 4,2 Euro per una carrozza piena. D’altra parte, un carro può trasportare 12 balle di bottiglie PET ciè 12x40= 480 chili di rifiuti.

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Valorizzazione dei materiali Nel settore informale ha luogo solo la raccolta e una quantità davvero limitata di processo base di riciclo. Quindi i raccoglitori informali vendono rifiuti ai punti di raccolta formali e alle compagnie di riciclaggio formali, altre attività non vengono svolte in questo settore. Smaltimento e perdite Vi sono perdite minime nel settore informale poiché la raccolta è piuttosto efficiente e poiché non vi è virtualmente nessun processo dei rifiuti raccolti, possiamo affermare che quasi il 100% dei rifiuti raccolti è venduto o utilizzato per esigenze personali.

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4. Impatto socio-economico

Sono tre gli effetti socio-economico collegati alla raccolta informale di rifiuti:

Effetti positivi -

Persone socialmente ed economicamente emarginate, trovano un modo per mantenersi o per ottenere un entrata extra che agevola la loro sopravvivenza.

-

Nel caso dei raccoglitori di discarica, siccome vivono in gruppo in un’area concentrata, possono essere inclusi in alcuni programmi sociali educativi diretti alle loro peculiari esigenze.

Effetti negativi -

I raccoglitori di discarica vivono e lavorano in un’area dove vi sono gravi pericoli legati alla salute e al lavoro

-

Il lavoro dei raccoglitori informali non è regolamentato in alcun modo per quanto concerne la sicurezza e altre misure di precauzione

-

Una stragrande maggioranza di persone che vivono nella discarica hanno gravi problemi di salute

-

I bambini che crescono nella discarica non conoscono altro ambiente che quello in cui stanno crescendo e questo non si può considerare salutare sotto alcun punto di vista né appropriato a loro in termini di educazione e interazioni sociali. Ciò potrebbe significare un grave ostacolo ai loro futuri possibili tentativi di uscire da questo ambiente. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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-

Per uscire dall’area della discarica sarebbero necessari sacrifici estremamente alti, sia finanziari sia di formazione da poter iniziare a guadagnare con mezzi così diversi da quelli utilizzati abitualmente dalla maggior parte delle persone che lavora nella raccolta di materiali riciclabili nelle discariche, che a ben vedere, non hanno proprio delle alternative

5. Effetti ambientali

Effetti dell’estrazione e sostituzione di materie prime

Vi è sostanzialmente una maggior quantità di rifiuti riutilizzabili raccolti e riciclati grazie al lavoro dei raccoglitori di rifiuti informali. In realtà, i raccoglitori informali accumulano il doppio dei rifiuti rispetto al quelli recuperati dal settore formale.

Effetti del carico d’inquinamento e del carbonio atmosferico

Alcune delle attività di trattamento e trasporto che il settore informale svolge determinano inquinamento. Il trasporto avviene con camion aperti e con carri, questo determina uno spargimento di letame ed è un fattore di disturbo a causa dell’odore. I raccoglitori di discarica nella loro attività di trattamento base, talvolta bruciano via la plastica attorno ai fili di rame e questo si traduce in inquinamento dell’aria.

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I raccoglitori di strada quando frugano tra i rifiuti nei cassonetti spesso aprono buste di plastica di immondizia delle famigli che viene gettata via e sparsa attorno ai cassonetti sui marciapiedi.

6. Interventi mirati al settore informale Studi A Cluj-Napoca come detto precedentemente, vi è una consistente differenza tra i raccoglitori di strada e quelli di discarica. Per quanto ne sappiamo, ad oggi non sono stati condotti studi rivolti ai raccoglitori di strada. D’altra parte i raccoglitori di discarica probabilmente grazie al fatto di essere concentrati in gruppi e quindi più facilmente raggiungibili e visibili sono stati oggetto di alcuni studi. Eppure nessuno di questi studi ha offerto una seppur remota soluzione ai loro problemi d’uscita . Possiamo dunque individuare i seguenti studi: 1.

Poichè la maggior parte delle persone che frugano tra i rifiuti nella

discarica di Pata Rat sono di etnia Rom, sono state menzionate più volte in studi che hanno trattato il tema dell’educazione dei bambini Rom e il come affrontare in certe situazioni le circostanze peculiari dei bambini che vivono attraverso la ricerca dei rifiuti al fine di migliorare e facilitare le loro opportunità di avere una più appropriata e adeguata educazione. Gli studi più importanti che si sono occupati dell’educazione dei bambini del Pata Rat sono i seguenti: - Cace, Sorin, Aba Bleahu Dana Costin Sima, Alina Manole, Mihai Surdu. “Roma Children in Romania”. Rapporto di Ricerca. 1999

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- Chelcea Adina editore. The Social Assistance Magazine. “Edizione Speciale sulla Situazione della Popolazione Rom in Romania.” N°. 45 2002 -

“Roma

Children

and

Their

Families.

Socio-cultural

Characteristics and Living Conditions”. Ro Media Publishing House: Bucharest, Romania, 2002. 2.

A nome dell’ILO e con la partecipazione della WASTE, la nostra

azienda Green Partner ha scritto una relazione sul lavoro minorile di raccolta dei rifiuti e si è avvicinato a trattare questo problema a ClujNapoca, in Romania. I risultati di questa ricerca assieme a cinque simili resoconti effettuati in Cairo, Egitto; a Bangalore, in India; Bangkok, Tailandia, e nella città di Quezon, Filippine, e una revisione del piano di condotta nei quartieri generali di WASTE sono state usate per fornire una valutazione strategica e consigli all’ILO sul modo migliore di affrontare il problema dello sfruttamento dei bambini in questo settore. 3.

Studio antropologico: Tienke Stolk-Noordhof. Recommendation

Report Pata Rat -In connessione con una ricerca per la laurea in Antropologia culturale. Agosto 2001. Interventi finanziati da donatori:

Educazione:

Open Society Foundation, WASDAS, Medicine Sans

Frontiere, Phare ha finanziato il centro diurno La scuola elementare Someseni No. 12 Nel 1996, un’organizzazione non governativa francese Medecins san Frontieres (M.S.F.) ha proposto l’iscrizione dei bambini di Pata Rat in classi speciali. La proposta dell’organizzazione incontrò, a quel tempo, una Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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grande resistenza da parte delle autorità, della comunità locale, dai genitori Rom, e della stessa scuola. Alla fine nel 1996 circa 40 studenti (di età tra i 9 e i 15) vennero iscritti alla scuola. Ad oggi 63 dei 475 studenti vengono dalla comunità di “Pata Rat”. Questi studenti vengono iscritti in un sistema di supporto scolastico, hanno un corso di studi adattato simile a quello elaborato per gli studenti con difficoltà di apprensione. Dato che la maggior parte dei bambini ha superato l’età scolastica quando vengono iscritti e datele loro terribili condizioni a casa il giusto approccio è sembrato essere un programma speciale che li aiutasse a mettersi in pari con gli altri studenti. Un modo attraverso il quale gli studenti e soprattutto le loro famiglie vengono invogliati a frequentare la scuola è rendere subordinato alla frequenza scolastica il sostegno economico ai bambini. Tuttavia, come descritto in precedenza, la cifra per il sostegno ai bambini offerta dallo stato è piuttosto esigua (5 euro) ogni mese. Un altro modo attraverso il quale la scuola “minaccia” i genitori a mandare i figli a scuola è inviare a casa dei mediatori, la polizia che minaccia di multarli (anche se, per quanto ne sappiamo, non esistono ammende che possano essere imposte a chi non manda i figli a scuola). Alcuni di coloro che raccolgono rifiuti nella discarica, tuttavia, affermano che questo è il motivo per cui mandano i propri figli a scuola. Dopo dei negoziati tra la Open Society Foundation, la riluttante autorità municipale e la scuola, è stata istituita una mezza pensione per gli studenti provenienti dalla comunità di Pata Rat. Quindi dopo le lezioni, gli studenti ricevono un pasto caldo e sono aiutati da un insegnante qualificato a fare i propri compiti. Passano la mattina a scuola dalle 8 alle 12 tutti i giorni, quindi alla pensione fino alle 5 del pomeriggio. Si pensa che studiando in Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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queste condizioni, i bambini possano passare ai programmi normali in tempo. Oltre ai pasti e all’aiuto nei compiti, hanno delle lezioni di igiene personale anche grazie agli sforzi della fondazione Rom Wassdas che ha ottenuto che la USAID finanziasse 4,500 USD specificatamente a questo proposito coprendo i costi del sapone, degli spazzolini da denti e del dentifricio. Inoltre, attraverso l’assistenza di diverse organizzazioni internazionali, la scuola copre le spese dei libri e fornisce ciò di cui hanno bisogno i bambini e talvolta essi ricevono aiuti come vestiti e cibo attraverso la scuola. Fondazioni come la Wassdas e talvolta la Open Society Foundation hanno pagato un adulto della comunità per accompagnare i bambini all’andata e al ritorno da scuola. Quest’uomo di fiducia e legato ai bambini è deceduto questa primavera e finora non è stata trovata nessun’ altra persona che fosse in grado di svolgere questo compito nella comunità.

Centro diurno“Wonderland”

Una più recente iniziativa comune della County Commission for the Protection of Children’s Rights in collaborazione con il Cluj County School Inspectorate, la Polizia de Cluj-Napoca, il Ministero per la Salute Pubblica, le autorità locali, e alcune ONG è il progetto PHARE che ha finanziato un 179,000 Euro con cui è stato costruito un centro di assistenza diurno per bambini dai 3 ai 6 anni della comunità di Pata Rat nell’area industriale di Someseni. Il centro di assistenza diurno ha iniziato a funzionare dal settembre 2003. Anche se il centro ha una capacità di 30 bambini e nella comunità di Pata Rat vi sono 45 bambini di età tra i 3 e i 6 anni, i capi del progetto hanno Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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deciso di iscrivere al centro solo 14 bambini di 6 anni durante il primo anno. Hanno deciso ciò per essere in grado di concentrarsi su questi bambini al fine che questi ultimi fossero, per l’autunno 2004, in grado di frequentare classi regolari con un programma normale. In realtà “Wonderland” funziona come un asilo con un orario esteso. Così i bambini passano le loro giornate lì ogni giorno dalle 9 alle 5. La loro giornata inizia con una lezione di igiene personale seguita dalla colazione e poi dalle attività educative. Prima di andare a casa fanno anche il pranzo. Psicologi specializzati in formazione, 4 educatori, 2 assistenti sociali e 2 assistenti sono impegnati nel lavoro con i bambini nel centro. Una volta finiti i fondi PHARE, la County Commission for the Protection of Children’s Rights coprirà le spese del funzionamento del centro.

Fondazione di aiuto alle famiglie La fondazione che sta avendo finanziamenti dai Paesi Bassi e dagli Stati Uniti ha iniziato a lavorare con la comunità di Pata Rat dal lontano 1997. Allora, le loro iniziative erano limitate ad insegnare alle persone principi fondamentali d’igiene, ad offrire una guida spirituale, razioni alimentari, medicinali e vestiti. Dal 2000, la fondazione ha acquistato una casa nelle vicinanze della comunità dove ha iniziato a tenere le masse e sono state avviate classi di lettura e scrittura anche per gli adulti. Più tardi, la fondazione per l’aiuto alle famiglie ha comprato una proprietà proprio vicino alla comunità Rom che è più vicina alla discarica, e dall’aprile 2003 ha costruito un edificio multi-funzione chiamato the “New Life Education Center” dove tengono le masse, hanno un ambulatorio medico e una classe. Oltre a continuare classi di scrittura e lettura per gli Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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adulti, organizzano due volte a settimana attività ricreative per i bambini (leggono e raccontano storie), una volta a settimana ognuno può avere un pasto gratuito al centro, e una volta a settimana un dottore visita chiunque abbia bisogno di cure mediche. Un progetto importante della fondazione è stato quello di costruire un edificio con delle docce a cui i raccoglitori di rifiuti potessero accedere in maniera gratuita.

Attualmente la fondazione sta aiutando le famiglie nel costruire baracche di legno in cui vivere al posto delle tende rattoppate che si sono costruiti da soli con pezzi di legno, cartone e altri materiali.

Attività dell’ ILO La Romania ha ratificato le seguenti convenzioni in materia di lavoro minorile: x ILO Minimum Age Convention (no. 138) (convenzione per l’età minima), 1973 nel 1975 x ILO Convention on the Worst Forms of Child Labor (convenzione sulle forme peggiori di lavoro minorile), 1999 nel 2000

Inoltre, nel 2001 la Romania ha ratificato i protocolli opzionali della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini in materia di vendita dei bambini, prostituzione e pornografia infantile. Nel giugno 2000 la Romania ha firmato un memorandum d’intesa con l’ILO sulla base del quale è stata istituita una commissione direttiva nazionale per l’eliminazione del lavoro minorile con la partecipazione dell’autorità nazionale per la protezione e adozione dei bambini, il Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Ministero del lavoro e solidarietà sociale, il Ministero della salute e della famiglia e il Ministero dell’educazione. Sono stati istituiti dipartimenti speciali per il lavoro minorile nell’ambito dell’autorità nazionale per la protezione e l’adozione dei bambini, il Ministero del lavoro e della solidarietà sociale, l’ispettorato del lavoro ed è stato costituito un gruppo consultivo nazionale sul lavoro minorile. Dunque le seguenti istituzioni statali in Romania sono responsabili dell’attuazione di politiche di protezione dei bambini nell’area del lavoro minorile: l’Autorità Nazionale per la Protezione e Adozione dei Bambini, il Ministero del Lavoro e Solidarietà Sociale, il Ministero della Salute e della Famiglia e il Ministero dell’Educazione. Secondo le leggi rumene, ad ogni bambino al di sotto dell’età di 15 anni è proibito lavorare, mentre i bambini tra i 16 e i 18 anni possono lavorare qualora abbiano il consenso dei propri genitori. I programmi speciali volti all’eradicazione del lavoro minorile portati avanti fino ad ora includono: accrescere la capacità delle comunità Rom di ritirare I bambini Rom dalle strade e/o da lavori pericolosi in determinati settori; addestrare gli ufficiali di polizia all’Ispettorato Generale ad agire contro le forme peggiori di lavoro minorile; un programma integrato volto all’eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile in tre aree metropolitane selezionate. Per quanto riguarda il lavoro minorile di raccolta di rifiuti, non sono stati sviluppati specifici programmi fino ad oggi. Tuttavia, poiché la maggior parte dei bambini impegnati nella raccolta di rifiuti sono di etnia Rom, possono essere stati inclusi in programmi rivolti alle comunità Rom che indirettamente portano ad un loro minore coinvolgimento nelle attività di raccolta di rifiuti. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Auto-aiuto e organizzazioni politiche Non possiamo individuare iniziative di tipo auto-aiuto o organizzazioni politiche rivolte ai raccoglitori di strada o di discarica a Cluj-Napoca.

7. Problemi/ sfide con il sistema informale Dal punto di vista delle autorità formali - Problema maggiore: non riconoscono il sistema informale come un settore che porta dei benefici all’economia della città e di conseguenza non li vedono come partecipanti nel settore della gestione dei rifiuti. - Le autorità formali non considerano i raccoglitori di rifiuti come lavoratori affidabili e partner. Secondo il loro punto di vista la vera ragione per cui queste persone si occupano di raccogliere rifiuti è che amino la propria libertà di scegliere le ore e i tempi di lavoro. Quindi anche se a volte lavorano per 10-12 ore al giorno per lunghi periodi, quando hanno qualche soldo, smettono di lavorare e si bevono tutto. Dal punto di vista del settore informale ed i loro rappresentanti - I raccoglitori di rifiuti vedono il proprio lavoro come molto difficoltoso e ritengono che le autorità formali dovrebbero aiutarli ma non in termini di equipaggiamento e condizioni di lavoro, piuttosto con aiuti. - Loro stessi non vedono il proprio lavoro come un qualcosa che giovi all’economia e come attività che possa essere svolta legalmente.

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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analisi SWOT Conclusioni: problemi chiave e opportunità Il settore informale si trova ad affrontare numerosi problemi e ostacoli ma forse il problema chiave emerso è l’emarginazione sociale. La maggior parte di queste persone appartiene all’etnia Rom. I Rom sono fortemente discriminati, soprattutto quelli che raccolgono i rifiuti. Il peggior lavoro possibile è: rovistare nell’immondizia per soldi. Le attività del settore informale sono redditizie. Se ci sarà modo di attrarre Punti di forza

Punti di debolezza -

Rischi per la salute

-

bassi tassi di ingresso

-

nessuna sicurezza sul lavoro

-

alta

della

-

nessuna sicurezza

raccolta (come visto

-

I

efficienza

dai fogli costo-ricavo)

raccoglitori

si

guardano

reiprocamente come competitori

-

piuttosto che come colleghi di lavoro e cooperatori -

Opportunità -

Minacce

Formare cooperative in

- la chiusura della discarica e la dispersione

modo

delle comunità che vivono di raccolta di

da

aumentare

l’influenza -

-

Nessuna organizzazione

Migliorare

rifiuti le

- l’aumento della raccolta differenziata in

condizioni di lavoro

tutta la città in un sistema chiuso per

Iniziare un processo di

eliminare il frugare nei rifiuti

ammodernamento Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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l’attenzione e mobilitare le parti interessate al problema e se ci sarà un futuro per il settore informale soprattutto in vista della modernizzazione, la situazione di questo gruppo di persone o almeno di parte di esso, potrà essere migliorata. La città è sul punto di scegliere soluzioni per la gestione dei rifiuti. Fin d’ora questi lavoratori formali del riciclaggio sono lasciati fuori dall’equazione, la programmazione avviene come se non ci fossero. Tuttavia, poiché non sono ancora state scelte delle soluzioni, ora vi è una maggiore flessibilità nel sistema delle leggi da concepire un possibile scenario positivo rispetto a quando sarà stata scelta una soluzione per la gestione dei rifiuti e arruolati gli operatori.

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Fonti e riferimenti Individui e organizzazioni consultati o intervistati

Mr. Rufus Whynot, director, Family Aid Foundtion Ms. Mirabella Popa Barna, field worker, social assistant, Family Aid Foundation Mr. Sorin Apostu, head of technical department, Cluj-Napoca City Hall Mr. Stefan Lucaciu, chief of technical services, technical department, ClujNapoca City Hall Mr. Abrudan, vice-head of City Hall Police, Cluj-Napoca City Hall Mr. Septimiu Sanmarghitan, director Environmental Protection Agency Adriana Caprar, expert, waste management department Environmental Protection Agency Mr. Ioan Veres, director and associate of Brantner Veres SA, Sanitation Company Mr. Christian Lampl, manager of Brantner Veres SA, Sanitation Company Ms. Andrea Gyorgy, marketing director of Brantner Veres SA, Sanitation Company Head of transport, Brantner Veres SA, Sanitation Company Truck loaders and other workers of Brantner Veres SA, Sanitation Company Valean Vasile, director, VALMAX, Sanitation Company Aurel Pop, general director, REMAT Recycling Company Director of FALA Recycling Company

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BIBLIOGRAFIA

Piani di gestione dei rifiuti National Waste Management Plan, NWMP, (2004) Ministry of Environment and Waster, www.mmediu.ro Draft Regional Waste Management Plan, RWMP (2006), Regional Environmental Protection Agency, Cluj, www.arpmnv.ro Implementation Plan for Directive 1999/31/EC on the Landfill of Waste http://www.mmediu.ro/integrare/comp2/2_1_etapa2_eng.htm

Relazioni ufficiali Annual Report on the State of the Environment in the County of Cluj, 2005 (2006), Environmental Protection Agency Cluj, www.apmcluj.ro Environmental Indicators – Report for 2005, Cluj-Napoca Agency for Environmental protection, http://www.apmcluj.ro/rapoarte_factori_mediu/raport_2005.doc Annual Statistic Report for the County of Cluj 2005, (2006), Statistical Office Cluj Napoca

Studi Stanev, Noemi et. al. Thematic Evaluation Report on Child Labor in Scavanging (2004), Green Partners, study financed by the ILO Tinneke Stolk Noordhof Uitsluiting bij de Roma van Dallas, august 2002, thesis, Utrecht University

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I Raccoglitori di Rfiuti del Cairo di Laila R. Iskandar, CID Consulting, Cairo, Egitto

1. Background Il Cairo, con una popolazione stimata di 17 milioni, è una delle megacittà del mondo. Produce giornalmente circa 14.000 tonnellate di rifiuti urbani. Un terzo di questi – 4.500 tonnellate – è quotidianamente gestita dai tradizionali raccoglitori di rifiuti/riciclatori che hanno organizzato già da una cinquantina d’anni una raccolta porta a porta, regolare e quotidiana dei rifiuti delle famiglie. Li trasportano nelle loro case nei sobborghi dei rifiuti (intorno al Cairo ve ne sono cinque) e li dividono in materiali riciclabili separati: carta, cartone, plastica, stoffa, vetro, latta, alluminio e cibo, ossa di animali, ecc. Un totale di 40.000 persone sono impegnate – direttamente o indirettamente – nella raccolta, trasporto, recupero, commercio e riciclaggio dei rifiuti di un terzo delle famiglie della città.

I tradizionali raccoglitori e riciclatori di rifiuti del Cairo sono migrati da circa 400 km a sud della città alla fine degli anni ’40 e all’inizio degli anni ’50 e ora vivono in comunità informali. Hanno fatto un accordo con i waahis (delle oasi dell’Egitto) per rilevare l’attività di raccolta e di trasporto dei rifiuti delle famiglie. I waahis si erano organizzati nella raccolta della carta dalle case dei abitanti del Cairo dato che esisteva un mercato per questa carta nei bagni pubblici della città e tra i tradizionali mercanti di foul medammes (fave egiziane). L’accordo prevedeva che i raccoglitori continuassero a consegnare la carta ai waahis, mentre potevano tenere a Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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proprio beneficio il cibo e ogni altro materiale. Essendo contadini, vedevano un profitto nel poter usare gli scarti alimentari per allevare gli animali, mentre vendevano i metalli e la plastica che aveva cominciato ad apparire nei rifiuti delle case negli anni ’50.

Fino al 1990, per raggiungere le case delle famiglie del Cairo si servivano di carretti trainati da asini. Dal 1990 hanno cominciato a passare a mezzi meccanici. Sebbene la decisione di passare ai camion sia stata imposta dalle autorità, non fu data loro alcuna assistenza nel passaggio al nuovo sistema. Non fu garantito alcun credito per assisterli nell’acquisto dei loro camion. Non furono offerte né lezioni di guida né lezioni per comprendere i segnali stradali o un minimo di arabo di base. Ciononostante, essi presero la decisione strategica di aderire al nuovo sistema e inventarono strategie per adattarvisi e continuare a operare.

2. Il settore tradizionale e informale – il più grande datore di lavoro in Egitto per il trattamento dei rifiuti

Per capire questa gente e il loro lavoro, è essenziale una comprensione approfondita dei differenti ruoli e funzioni dei raccoglitori tradizionali, dell’evoluzione del loro lavoro da persone che volevano nutrire i propri animali e che dei rifiuti vedevano soltanto la parte organica, all’attuale complessa rete di relazioni e interazioni che si è consolidata. Hanno messo in piedi collegamenti estremamente importanti con le industrie di riciclaggio vere e proprie e sono diventati protagonisti nel trattamento dei rifiuti della città del Cairo, anche se non viene riconosciuta ufficialmente la loro importanza. Qui di seguito descriviamo questi ruoli: Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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I raccoglitori tradizionali di rifiuti (zabbaleen)

I lavoratori tradizionali dei rifiuti raccolgono e riciclano l’85% di un terzo dei rifiuti generati dagli abitanti del Cairo. Forniscono ai quartieri più ricchi del Cairo un servizio porta a porta ad una tariffa minima pagata da famiglie e istituzioni e senza costi per il Governo. Le industrie di riciclaggio nei loro stabilimenti hanno sviluppato estesi legami in diverse direzioni in tutto il paese con gli altri mercati sia informali che formali. Oltre a raccogliere i rifiuti indifferenziati delle famiglie, acquistano anche quelli differenziati da produttori sia commerciali che istituzionali, così come da piccoli depositi e da intermediari. Questi materiali vengono venduti sia come prodotti finali che come base per altre attività industriali su larga scala.

Intermediari e mediatori di compravendita

Questi vivono sia all’interno che all’esterno dei sobborghi ove si trovano le discariche. Alcuni sono a loro volta stati raccoglitori di rifiuti e sono riusciti a acquisire sufficienti capitali da comprare lo spazio per stoccare grandi quantità di materiali da recupero.

Commercianti all’ingrosso di materiali da recupero

Questi comprano all’ingrosso dai piccoli commercianti che setacciano le strade del Cairo e dagli intermediari che vivono nei sobborghi poveri delle discariche. Sono venditori su larga scala, possiedono magazzini e spesso sono specializzati in un unico tipo di materiale non organico. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Botteghe e imprese di riciclaggio

Questi sono i luoghi dove i rifiuti riciclabili vengono trasformati in prodotti finali riciclati o in materiali intermedi per ulteriori attività di riciclaggio. La maggior parte sono prive di licenza, piccole, a conduzione familiare all’interno dell’economia popolare. Sono quelle che acquistano i rifiuti separati all’origine. La loro attività dipendono soprattutto dalle quantità di rifiuti differenziati che riescono a comprare e quindi dalle dimensioni del loro giro d’affari, che a loro volta, dipendono dai loro clienti nella catena delle forniture alle grandi industrie.

3. Crescita delle imprese di riciclaggio

Le industrie di riciclaggio in Egitto sono cresciute, si sono diversificate e sono aumentate di numero nel corso degli ultimi 20 anni. Gli anni ’80 hanno portato a una spinta verso gli investimenti nelle piccole botteghe di riciclaggio in tutti i sobborghi del Cairo dove i raccoglitori tradizionali vivono. Le iniziative per portare avanti questi sforzi sono state sostenute da donatori e agenzie di sviluppo che operavano attraverso le ONG locali. Dopo quella prima fase, ha preso il via la creazione di industrie di riciclaggio ed è cresciuta fino a diventare per grandezza la seconda fonte di occupazione di questi quartieri 27 . Mentre nell’economia globale tra il 1996

27

“Community and Institutional Development, The Informal Solid Waste Sector in Egypt: Prospects for Formalization.” Studio condotto dal C.I.D. per la Fondazione Ford e supportata dall’ Istituto per l’Educazione Internazionale (IIE). Ottobre 2000. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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e il 2000 la crescita economica era stagnante, l’economia informale del riciclaggio è cresciuta enormemente. Portiamo qui sotto come esempio il caso del sobborgo di riciclaggio di Mokattam.

Growth of Recycling Enterprises in Mokattam Recycling Settlement Cairo 1996-2000

140

Percentage Growth

100 228

Number of Enterprises

163 0

50

100 1996

150

200

250

2000

La crescita delle industrie di riciclaggio nel settore informale è volata alle stelle negli ultimi due decenni (Community and Institutional Development, 2000). Dal 1996 al 2000, il numero di botteghe nel sobborgo dei raccoglitori di rifiuti di Mokattam è cresciuto del 40%. La media dei lavoratori impiegati in ciascuna di queste botteghe era di 6 persone, il numero massimo di 20 persone.

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©Norbert Schiller

Queste botteghe di riciclaggio si fondano sulla materia prima selezionata dai raccoglitori di rifiuti e venduta dagli intermediari e hanno attirato giovani disoccupati, non specializzati, da ogni parte della città e del paese. La misura, lo scopo e le attività delle botteghe di riciclaggio varia. Alcune si specializzano in un particolare momento del processo di riciclaggio, avendo investito in un’unica macchina. Altre hanno investimenti maggiori e svolgono un procedimento diversificato nel riciclaggio di alcuni tipi di materie prime. Producono sia prodotti finali che prodotti semilavorati. I loro clienti si trovano sia nel paese, che nella città, che nei mercati esteri (il PET è esportato in Cina). I semilavorati vengono venduti a fabbriche più grandi e spesso a grandi industrie sia all’interno che nei dintorni del Cairo, così

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come a quelle sparse per il paese, come la 6th of October, la 10th di Ramadam, l’Alexandria e la Suez. Un notevole numero di commercianti del settore formale è sempre più attratto da questo mercato in espansione. Gli intermediari comprano su base settimanale i materiali raccolti da raccoglitori di rifiuti. I commercianti di Mokattam in genere sono specializzati in un unico tipo di materia, come il vetro, i metalli o la plastica. In alcuni casi, sono ancor più specializzati e puntano su alcune sotto-categorie di questi materiali, come le bottiglie di plastica dell’acqua da riutilizzare o i contenitori di plastica compressa da riciclare. Depositano questi materiali in magazzini sparsi nel quartiere. In media, serve circa una settimana per accumulare quantitativi abbastanza grandi da venderli ai commercianti provenienti da altri mercati del paese e alle grande fabbriche. Hanno sviluppato una grande rete di clienti che si fidano della loro provata abilità nel consegnare i materiali richiesti con puntualità.

4. Forza lavoro

La maggior parte dei lavoratori del settore operano in situazioni non registrate. La media dei lavoratori che operano in un’impresa di raccolta dei rifiuti, cioè il raccoglitore di rifiuti, più i membri della sua famiglia che lavorano senza essere pagati, più altri lavoratori che invece lo sono, che tutti insieme lavorano nella raccolta nelle strade e nella selezione delle materie prime, è di 7,4 persone. Il numero medio di lavoratori nelle imprese commerciali è di 4.6 lavoratori per impresa e di 6.7 in ciascuna delle botteghe di riciclaggio.

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La capacità di questo settore di creare lavoro non è raggiunta fino ad oggi da nessun altro schema noto di creazione di posti lavoro.

Labor in the Informal Solid Waste Sector in Mokattam Settlement, Cairo 2000

20%

31%

13% 36% Garbage Collectors' Enterprises Trading Enterprises

Recovery Process Recycling Enterprises

5. Un sistema basato e indirizzato dal mercato

In Egitto la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti è diretta dal mercato. La crescita di imprese formali nel settore negli ultimi 10 anni evidenzia le potenziali opportunità di investimento formale nel riciclaggio. La documentazione sui mercati dove vengono commerciati i rifiuti non organici indica gli aspetti concreti del settore del riciclaggio informale per quel che riguarda i tassi di riutilizzo (80%), la creazione di posti di lavoro (7.4 per tonnellata di rifiuti raccolti), i salari (i più alti nella città del Cairo per forza lavoro non specializzata – 25 L.E. al giorno nel 2004), la risposta al mercato, la differenziazione nella produzione, la crescita economica

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(40% in 4 anni), i meccanismi di finanziamento ed l’espansione di industrie di sevizi secondari e di mercati che coprono l’intero paese.

6. La privatizzazione tramite le multinazionali al Cairo

Nel 2000 il Cairo ha messo sotto contratto delle compagnie internazionali con l’incarico di gestire interamente il sistema integrato dei rifiuti. La città è stata divisa in quattro zone: Est, Ovest, Nord e Sud e ciascuna è stata messa a gara separatamente. Compagnie spagnole e italiane hanno vinto il contratto in tre zone: Est, Ovest e Nord, mentre l’autorità comunale ha creato una compagnia locale – la

Cairo Cleansing and Beautification

Authority (CCBA) – per occuparsi della zona Sud. La CCBA, era stata fondata agli inizi degli anni ’80 per riconoscere i raccoglitori tradizionali di rifiuti (zabbaleen) e servire segmenti della città da loro ancora non coperti. Questa agenzia produce ulteriori servizi come la manutenzione dei parchi, la pulizia delle strade e l’illuminazione. L’intento della privatizzazione tramite multinazionali era quello di migliorare i servizi relativi ai rifiuti, introdurre tecnologie avanzate nel settore, ricorrere a un meccanismo in cui al pubblico non fosse lasciata la scelta di pagare per il servizio e proteggere la salute dei cittadini. E’ ora chiaro che lo schema ha trascurato di una serie di importanti questioni attinenti a quest’intento, e principalmente: x

Il livello di vita di un gran numero di raccoglitori/riciclatori di rifiuti attualmente impegnati nel servizio (40.000) – un elemento critico per un’economia che soffre di alti tassi di disoccupazione, che cerca

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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strategie di riduzione della povertà e schemi per la creazione di posti di lavoro; x

L’esperienza che i raccoglitori tradizionali di rifiuti avevano costruito in mezzo secolo di commercio;

x

La natura basata e indirizzata dal mercato del sistema indigeno;

x

Il contesto di povertà della città del Cairo;

x

Le preferenze e le abitudini dei residenti/produttori di rifiuti;

x

La capacità di supervisione da parte dell’autorità di governo responsabile del controllo e della gestione del contratto.

Sono emerse molte lezioni specifiche per il contesto del Cairo, ma molte possono anche essere generalizzate alla gestione dei rifiuti nel più ampio contesto dei paesi a basso reddito. Ad esempio: Assenza di rispetto del contratto – una realtà di problemi per il lavoro e una minaccia al livello di vita Alle multinazionali viene richiesto di portare i rifiuti nei luoghi di raccolta finali. Per far ciò hanno bisogno di avere una squadra di raccolta che non ha un diritto acquisito nel riciclaggio dei rifiuti. Ciononostante, hanno incontrato difficoltà nell’attrarre nuovi partecipanti a questo commercio a causa dello stigma che lo qualifica. Non sono state capaci di assumere il gran numero di raccoglitori che serviva per una grande città e perciò sono state costrette a continuare ad affidarsi al servizio dei raccoglitori tradizionali di rifiuti.

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I raccoglitori tradizionali di rifiuti nelle case restano la fonte principale della forza lavoro per questo commercio. Tuttavia, ciò che li fa lavorare a bassi salari, per lunghe ore e in difficili condizioni è il potenziale profitto ottenibile attraverso i materiali riciclabili. L’Unità di Controllo del Contratto della CCBA non multa le multinazionali per il persistere del riciclaggio al livello delle abitazioni dei raccoglitori i tradizionali. Se lo facesse, i raccoglitori tradizionali potrebbero smettere di lavorare o ritrovare strade di raccolta informale al di fuori delle multinazionali, ricorrendo al loro consolidato rapporto con gli abitanti. Se accadesse la prima cosa, ne conseguirebbe una diminuzione nella forza lavoro che porterebbe a una città notevolmente più sporca di prima che ci fossero i contratti con le multinazionali. Mentre, se si realizzasse la seconda ipotesi, il caos e il non rispetto del contratto sarebbero accompagnati da ulteriori privazioni per i raccoglitori tradizionali e da multe per le compagnie internazionali. I raccoglitori tradizionali portano ancora i rifiuti nelle proprie abitazioni e li dividono manualmente. Nutrono i propri animali con la porzione organica e vendono/processano/rielaborano la porzione di secco. Nell’invitare le imprese internazionali, non sono stati proposti sistemi alternativi più evoluti per permettere ai raccoglitori tradizionali di continuare a riciclare e alle compagnie internazionali di collocare adeguate risorse umane per portar avanti il lavoro. La concorrenza per i rifiuti da parte degli rovistatori Gli abitanti del Cairo erano abituati da oltre cinquant’anni a ricevere quotidianamente un servizio porta a porta da parte dei tradizionali raccoglitori di immondizia. Le compagnie internazionali, cercando sistemi Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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di riduzione dei costi, hanno disegnato e creato dei punti di raccolta dei rifiuti. La disponibilità di rifiuti in luoghi pubblici ha portato all’emergenza di una nuova classe di operatori informali nel settore, che frugano nei cassonetti cercando oggetti particolari da riciclare. Costoro vendono i rifiuti non organici recuperati (cartone, plastica, metalli) agli intermediari che possiedono i depositi. Questi a loro volta vendono a commercianti più grandi e questi ultimi alle industrie del settore formale. Questo fenomeno deriva dal contesto di povertà dei grandi agglomerati urbani ed è comune a tutte le megacittà. Ciò ha portato alla comparsa in città di centinaia di carretti trainati da asini e a una situazione di mancanza di igiene intorno ai punti di raccolta dei rifiuti dovuta all’immondizia sparsa dagli rovistatori. Nel 1990, in risposta al crescente problema del traffico al Cairo e alla sua interferenza col turismo, il governatorato del Cairo ha proibito ai raccoglitori tradizionali (zabbaleen) di entrare in città con i carretti trainati dagli asini e li ha obbligati a comprare dei camion. Nel 2004 la nuova schiera di rovistatori emergenti ha cominciato a creare gli stessi problemi di prima del 1990 e l’idea dei moderni servizi stranieri meccanizzati è stata sconfitta. La risposta degli abitanti al nuovo sistema Gli abitanti della città sono scontenti del servizio di punti di raccolta dei rifiuti dato che risulta in una riduzione del precedente servizio quotidiano di raccolta porta a porta. Inoltre, i contenitori e la raccolta sono non per ogni palazzo, ma piuttosto ogni 3-4 palazzi. I cassonetti vengono buttati in giro per l’isolato, rubati e gli accattoni spargono intorno l’immondizia. Contemporaneamente, insieme alla riduzione nel livello del servizio, è stato chiesto agli abitanti di pagare di più e i servizi di nettezza urbana sono stati Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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caricati sulla bolletta elettrica. Molti hanno deciso di conservare il loro raccoglitore tradizionale con un rapporto informale pagandolo come prima della privatizzazione delle multinazionali, per evitare di portare giù fino a i cassonetti i propri rifiuti da palazzi molto alti e di molti piani. Inutile a dirsi, ciò ha portato a una scontentezza anche maggiore di questo sistema, dato che adesso pagano due volte: una volta con la bolletta elettrica e la seconda volta, anche se informalmente e volontariamente, al raccoglitore tradizionale. Il sistema dei luoghi fissi di raccolta dei rifiuti non ha avuto successo anche perché spesso non sono sufficienti per la quantità di rifiuti prodotti. Gli abitanti sono scontenti di avere i cassonetti vicino alle loro abitazioni per gli odori che emanano e per le malattie che possono portare. Spesso mandano i bambini a buttare l’immondizia e questo comporta che la depositino accanto, piuttosto che dentro ai cassonetti. E quando i cassonetti non sono abbastanza vicini alle abitazioni, gli abitanti lasciano i rifiuti dappertutto nelle strade o nel primo spazio libero. La capacità delle Autorità Locali nel controllare e far rispettare i contratti Con l’avvento dei contratti internazionali nei servizi di nettezza urbana, Alessandria e il Cairo hanno creato delle nuove Unità di Controllo per monitorare e assicurare il rispetto del contratto. Queste unità sono nuove, inesperte e prive di autorità. Attualmente, i ruoli dell’Unità del Cairo e di quella della CCBA non sono chiari e spesso si sovrappongono. Le compagnie internazionali si lamentano di venire multate per violazioni che rientrano nei loro contratti e ritengono che l’Unità per il controllo del Contratto non abbia sufficiente conoscenza dei contratti che esse hanno firmato. Inoltre, la CCBA si arroga il ruolo dell’Unità di Controllo del Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Contratto mettendo in dubbio la sua capacità di crescere in competenza e autorevolezza. Alcune Unità di Controllo non hanno neppure visto i contratti o i piani di lavoro che si suppone debbano controllare. Di conseguenza l’attività è frammentata, inefficiente e lascia le imprese internazionali in balia di multe arbitrarie per atti che non sono in violazione dei contratti.

7. Le preoccupazioni dei riciclatori informali dovute ai contratti internazionali.

Perdita del lavoro La preoccupazione principale dei raccoglitori tradizionali di rifiuti è la perdita del lavoro e l’esclusione dall’industria del riciclaggio – l’unica fonte per il sostentamento. Non sono interessati ad essere semplicemente una squadra di raccoglitori, dato che ciò distruggerebbe la loro principale fonte di guadagno – il riciclaggio – e l’esperienza acquisita nei decenni passati nel corso di due generazioni. Il momento della separazione è quello più efficiente nel riciclaggio dei rifiuti solidi. Se l’immondizia è distrutta tramite la compattazione nel punto di raccolta, questo influisce negativamente su tutta la catena.

Lo sfruttamento dei raccoglitori da parte degli intermediari La base contrattuale su cui le multinazionali assumono i raccoglitori tradizionali è nelle mani di pochi grandi intermediari che sono Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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essenzialmente imprese di collocamento. Gli intermediari assumono molte persone per raccogliere e trasportare i rifiuti nelle loro case dove continuano a separare manualmente e a riciclare. Usano i propri camion, con o senza il logo della compagnia, indossano le proprie uniformi, non usano equipaggiamento protettivo e raccolgono i rifiuti casalinghi alla porta degli appartamenti degli abitanti. La situazione attuale ha influito sulla condizione dei tradizionali raccoglitori di rifiuti nella seguente maniera: ¾

Ha aumentato la loro oppressione, dato che il prezzo per il servizio va ora all’attività legale dei pochi più forti che pagano ai raccoglitori una piccola parte di esso.

¾

Pochi raccoglitori hanno perso i loro tradizionali percorsi, ma la maggior parte continua a servire gli stessi clienti da molti anni e offre un servizio regolare. Dove hanno perso il lavoro ciò è dovuto ai portieri dei palazzi che ora offrono ai residenti il servizio di portare l’immondizia dagli appartamenti ai cassonetti.

¾

Per continuare a sopravvivere con i rifiuti, dato che i salari pagati dalle multinazionali agli intermediari che procurano i lavoratori e che li sfruttano non è sicuro che raggiungano i raccoglitori, i raccoglitori tradizionali fanno concorrenza alle compagnie multinazionali programmando i loro giri di raccolta prima di quelli delle multinazionali.

¾

Per integrare le diminuite quantità di rifiuti che raccolgono, entrano in concorrenza con i nuovi accattoni frugando anche loro nei cassonetti, finendo così per essere ridotti a diventare un

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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disorganizzato gruppo di accattoni invece di una squadra altamente organizzata di raccoglitori/riciclatori. ¾

Mentre tradizionalmente avevano integrato il loro regolare giro per le

case

con

un

analogo

giro

di

raccolta

di

rifiuti

commerciali/istituzionali, hanno dovuto ora ingrandire di molto quest’ultimo per raccogliere rifiuti separati all’origine da piccoli negozi di alimentari, di materiali per stampanti, scuole, piccoli laboratori di metalli, fabbrichette di abbigliamento, macellai, ecc.

8. Proposte di riorganizzazione Dagli anni ’50 ai ’70, mentre il Cairo cresceva, i raccoglitori tradizionali di rifiuti furono ripetutamente fatti traslocare dalle autorità in aree lontane della periferia della città. Le politiche di allontanamento forzato sono un vivo ricordo delle loro vite. Dalla metà degli anni ’70, si sono stabiliti nei loro sobborghi e formano un anello di 5 insediamenti dei rifiuti intorno al Cairo. L’esperienza di Mokattam testimonia la fattibilità di investimenti finanziari da parte della SME nel riciclaggio in Egitto, ma con un occhio alla salute dei lavoratori e alla protezione dei consumatori. Interventi programmati nel 1983 hanno portato alla creazione di piccole industrie di riciclaggio grazie ai fondi di un prestito rinnovabile amministrati da una ONG - Association of Garbage Collectors for Community Development. Altri interventi pianificati tramite un’altra ONG – la Association for the Protection of the Environment – hanno dimostrato che si possono istituire imprese “pulite” di riciclaggio fondate su rifiuti separati Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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all’origine (stracci e carta). La separazione all’origine dei rifiuti casalinghi è stata sperimentata in due quartieri del Cairo nel 1994 e si è dimostrata realizzabile

28

. I risultati della ricerca sono stati utilizzati in un nuovo

modello dimostrativo attivato nel 1998, nella città di Nuweiba, Sud Sinai e ancora oggi proseguono sotto gli auspici di una terza ONG - Hemaya (EU/ Social Fund for Development of Egypt). Attualmente, i raccoglitori tradizionali del Cairo stanno cercando di realizzare la raccolta differenziata dei rifiuti casalinghi divisi tra umido e secco. L’esperienza egiziana dimostra che questo è il modo più efficace di effettuare quest’intervento. Ma si sono dovuti fermare perché aspettano la garanzia di ottenere la porzione non organica dei rifiuti e mantenere il loro sostentamento tramite riciclaggio. Ciò non è garantito perché i contratti internazionali stabiliscano che i rifiuti appartengono alle compagnie multinazionali. Finché questo problema non avrà trovato una soluzione, la situazione attuale resterà irrisolta. x

Perché l’impresa produttiva del riciclaggio possa esistere è

necessario che l’intervento pubblico supporti il lavoro dei riciclatori, che debbono poter accedere alle risorse riciclabili. x

Fare contratti di gestione dei servizi di nettezza urbana con

multinazionali o compagnie nazionali del settore, richiede di stilare contratti che abbiano una visione precisa di ciò che è giusto. I contratti devono garantire che il valore aggiunto del lavoro dei poveri verrà 28

Assaad, Marie and Moharram, Ayman. Final Report on the Separation-at-Source Scheme As Implemented by the Association for the Protection of the Environment. Submitted to the Ford Foundation, January 1995

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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protetto, dato che è la loro unica fonte di ricchezza, i poveri non hanno altro che il loro lavoro per costruire un commercio e una qualità della vita. Quando i contratti vengono scritti in modo da avere come obiettivo soltanto l’eliminazione dei rifiuti dai paesi e dalle città, danno un colpo tremendo a persone che vivono un’esistenza marginale fatta del proprio lavoro. x

La creazione di posti di lavoro nel settore dei rifiuti deriva

dall’appropriata tecnologia usata dai poveri nella raccolta e nel riciclaggio. La separazione manuale e le macchine semplici rendono il settore una fonte dinamica di lavoro e guadagno. Il compattamento dei rifiuti e la separazione meccanizzata distruggono il valore della risorsa di base e la qualità della vita dei lavoratori. x

L’intero settore è indirizzato dai mercati sviluppati dagli operatori

informali di rifiuti. Le politiche devono avere l’obiettivo di proteggere gli aspetti di mercato del commercio, piuttosto che burocratizzarsi in modo da avere un minor numero di operatori e un maggior numero di mercati privi di reattività. x

Un lavoro decente è un diritto di ogni individuo, inclusi i poveri,

gli analfabeti e i non specializzati. I riciclatori dei rifiuti debbono essere protetti dal pericolo per la salute derivante dalla separazione dei rifiuti misti. Ciò si può ottenere con misure politiche che portino a una separazione all’origine dei rifiuti in due componenti soltanto – umido e secco – da parte delle famiglie e dei produttori di rifiuti commerciali e istituzionali.

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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x

Sfratti e traslochi forzati di lavoratori dei rifiuti comportano serie

implicazioni negative sulla popolazione, il livello di vita e l’ambiente. Piuttosto che cercare di cacciare i lavoratori dei rifiuti dagli attuali quartieri, si dovrebbe cercare di migliorare le loro condizioni di vita, i loro metodi e il loro commercio. Il settore offre abbondanti opportunità per l’educazione degli adulti e il lifelong learning nelle aree della salute, del credito, del diritto, delle capacità professionali e tecniche, dell’organizzazione comunitaria, degli affari e così via. Se non vengono deliberatamente disegnate e osservate le misure sopradescritte, allora diventerà sempre più difficile superare il gap tra chi ha e chi non ha e la rapida urbanizzazione farà crescere un numero sempre maggiore di persone marginalizzate che saranno costrette a vivere ai margini della società come accattoni operanti in condizioni subumane. La questione impone una revisione delle politiche sulla gestione dei rifiuti nei paesi non industrializzati, un più stretto dialogo con i gruppi locali collegati ai riciclatori tradizionali e una riforma dei sistemi della gestione dei rifiuti nel Sud del mondo basata su un sistema centrato sulle persone, costruito socialmente e socialmente responsabile per la pulizia dei paesi e delle città.

*****

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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“Riuso ed Economie Popolari in Europa: il caso studio di Roma” di Pietro Luppi – Responsabile Centro di Ricerca Occhio del Riciclone

Aziendalismo ed economia popolare: due modelli a confronto

Fino a qualche decennio fa in Europa (come oggi in America Latina, Africa e Asia), la differenziazione degli scarti funzionava solo grazie alle economie informali e popolari. I materiali faticosamente raccolti venivano venduti al peso per essere riciclati nelle industrie di allora, oppure, nel caso delle merci riusabili, distribuiti direttamente nei mercatini delle pulci o nelle botteghe rigattiere. Ieri in Europa come oggi in altri continenti, questo sistema era caratterizzato da una difficoltà tecnica fondamentale: la separazione “a valle” dei materiali. Ovvero la divisione degli stessi in un momento successivo al conferimento, che avviene in maniera indistinta. Frugare in un mucchio di scarti indifferenziati é un’operazione lunga e faticosa: che lo si faccia su un marciapiede o presso una discarica non controllata, presso una cantina o in occasione di uno sgombero locali. Quando poi gli operatori sono specializzati solo in un singolo materiale, il lavoro di selezione é solo parzialmente efficace e per essere esteso all’intera gamma dei materiali riutilizzabili, deve essere ripetuto da più operatori sullo stesso stock indifferenziato. La differenziata a valle, in ultima analisi, é poco efficiente e per arrivare a livelli soddisfacenti (in alcune zone di Cairo Nord gli “Zabbaleen” differenziano l’80% degli scarti) richiede livelli

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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complessi di organizzazione e articolazione, con costi di transazione (sopratutto di energia umana impiegata) troppo elevati rispetto ai benefici. Oltre alle difficoltà propriamente tecniche, il sistema della separazione a valle presenta inconvenienti dal punto di vista igienico: pelle e vie respiratorie di chi rovista sono esposti a patologie di ogni tipo; questo accade in seguito alla presenza nell’indifferenziato di organico marcito ma anche per le polveri accumulate su beni stoccati in luoghi sudici. Ci sono poi difficoltà legate allo status: il microimprenditore che si dedica a raccogliere scarti é quasi sempre informale e pertanto non gode di nessun diritto. Questo lo colloca in fondo alla scala sociale e spesso il suo lavoro non viene percepito come tale da coloro che sono invece “ben integrati”.

L’Europa ha vissuto un forte ridimensionamento delle economie popolari del riutilizzo da quando le aziende d’igiene urbana (presenti in varie forme fin dall’antica Grecia) hanno iniziato a occuparsi anche della differenziata oltre che della raccolta indistinta e dello spazzamento. Da quel momento l’istituzione di campane antirovistamento o della raccolta domiciliare ha reso impraticabile i sistemi tradizionali di raccolta popolare, lasciando ai settori informali solo cantine e cassonetti stradali, ricchi di merci riusabili ma poveri di frazioni riciclabili da rivendere al peso. Ma un duro colpo alle economie popolari del riutilizzo veniva già prodotto da altri elementi; uno di questi é stata la crescente messa in sicurezza delle discariche, che fino a qualche decennio fa erano popolate di operosi rovistatori in grado di selezionare ampie gamme di materiali. I rovistatori sono stati gradualmente espulsi. Fino al 1964 nello scarico di Rottole, vicino a Milano, 500 famiglie di spazzini vivevano facendo la “prima cernita”di ben 36 tipologie merceologiche differenti. Negli stessi anni la Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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discarica di Roma ospitava allevamenti di porci che si nutrivano dello scarto organico; la retribuzione dei guardiani degli animali consisteva nel permesso di rovistare minuziosamente nella montagna indifferenziata di scarti.

Nel caso italiano la raccolta differenziata ufficiale e “a monte” inizia in seguito al Decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, ma riesce ad avere un forte impulso solo a partire dal 1997, quando il Dlgs 22/97 (Decreto Ronchi) stabilisce soglie minime di differenziata 29 e, sopratutto, istituisce consorzi obbligatori di filiera 30 incaricati di avviare le frazioni differenziate alle filiere industriali del riciclo. A oggi in Italia si separa circa il 20% dei materiali; dell’ 80% dei rifiuti rimanenti, la maggior parte continua a finire in discarica. In altri paesi, grazie a politiche più efficienti (attuate grazie a una maggiore volontà politica e a una minore presenza di ecomafie) si é potuti arrivare a ben altri livelli. Il capofila della differenziata in Europa é la Germania, che sfiora il 60% di rifiuti differenziati. Trascinata dalle direttive europee, presto o tardi anche l’Italia potrebbe avvicinarsi a questi risultati: le discariche messe in sicurezza secondo i parametri comunitari diventeranno troppo costose, e l’anomalia dei contributi per le energie rinnovabili dirottati agli inceneritori é difficile da difendere.

29

Ancora non raggiunte nonostante nella Finanziaria 2007 gli obiettivi siano stati alzati ulteriormente 30 I sei consorzi di filiera (Comieco, Rilegno, Corepla, Coreve, Cial e CNA) sono coordinati dal Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI), il quale smista i soldi dell’Ecotassa imposta a tutti i produttori e distributori di imballaggi. I consorzi di filiera sono obbligati ad acquistare dai Comuni le frazioni differenziate di Rifiuti Solidi Urbani e a corrispondere l’extracosto tra raccolta indifferenziata e raccolta differenziata. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Ma torniamo all’economia popolare. In che misura il nuovo modello di gestione dei rifiuti può garantire il medesimo livello di impiego di quello precedente? Su questo argomento non esistono stime puntuali, ma di certo il “blindamento” del ciclo dei rifiuti, nei paesi dove é avvenuto, ha prodotto l’espulsione di milioni di lavoratori da questo settore. Laddove il modello blindato ha implementato politiche serie di differenziata come il porta a porta spinto si sono potuti introdurre sistemi “labour intensive”; ma l’alto livello di meccanizzazione delle fasi successive alla raccolta non consente comunque il pareggio con il sistema precedente, dove l’intero lavoro di selezione veniva fatto “ a mano”.

Senza dubbio ci troviamo di fronte a due modelli opposti che sono in rapporto tra loro secondo una dinamica che non appartiene solo al settore della raccolta e del riutilizzo dei materiali, bensì all’economia in generale in base a un processo generalizzato. Tale processo, secondo una diffusa visione determinista, rappresenta la transizione verso la modernità.

Agricoltura

di

autosussistenza

che

diventa

agricoltura

aziendale;

ottimizzazione del lavoro che provoca eccedenza di manodopera, indotta così a migrare nei centri urbani per essere impiegata nelle manifatture e nelle industrie. Un fenomeno che inizia nell’ Inghilterra del XVIII secolo e che prosegue tuttora con forza nei paesi del Sud del mondo, continuando a produrre una tendenza finora ininterrotta che nel 2007 ha portato la popolazione mondiale urbana a superare quella residente nelle aree rurali.

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Spesso l’economia popolare del riutilizzo nasce sull’onda di questo processo, e sembra a volte esserne un sottoprodotto: i migranti dalla campagna non trovando impiego nelle attività produttive delle città danno vita ad attività microimprenditoriali che non necessitano né di capitali né di investimenti iniziali. Un’eccedenza dell’eccedenza. Questa dinamica, ben viva nel Sud del mondo, non é più la stessa nei paesi del Nord, i quali da qualche decennio vedono una nuova impennata dei raccoglitori informali, questa volta dovuta non alla migrazione interna dalle campagne, ma ai flussi migratori provenienti dai Balcani, dall’Europa dell’Est, dal Nordafrica e dall’America Latina. Le eccedenze di manodopera dei paesi del Sud migrano in paesi più ricchi per diventare manodopera per l’agricoltura, per l’edilizia, per la manifattura, o per svolgere servizi precedentemente garantiti dalle fasce deboli locali (ad esempio il lavoro di colf). L’eccedenza di questa eccedenza diventa spesso economia informale, e una parte di essa si dedica alla raccolta e al riutilizzo degli scarti.

Spesso si può osservare con chiarezza (sia nei paesi del Sud che nei paesi del Nord)

che quando l’eccedenza dell’eccedenza non trova spazio in

economie informali ma oneste, allora l’unico sbocco rimane la microcriminalità. Nel corso delle manifestazioni dei rovistatori di cassonetto tenutesi a Roma nell’Ottobre e nel Novembre del 2007, molti operatori rom dichiaravano esplicitamente che essendo stati chiusi tutti i mercatini delle pulci informali sarebbero stati costretti a praticare il furto; scelta obbligata almeno nel medio termine non essendo agevole l’accesso al mercato del lavoro. L’esempio preso non é che uno tra gli innumerevoli

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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indici che mostrano come la microcriminalità si sviluppi laddove sono assenti altre alternative per la sopravvivenza.

In Europa siamo abituati a considerare l’economia informale un fenomeno marginale per quanto molto visibile; ad accentuare una percezione di “lontananza” contribuisce il fatto che questi settori impiegano sopratutto i migranti e fasce alle quali non viene riconosciuta pienamente la cittadinanza, né a livello giuridico né a livello sociale. Secondo una proiezione compiuta da Ares nel 2007 i lavoratori informali italiani sarebbero 800.000 (l’1,5 % della popolazione). Nei paesi del Sud del mondo il settore informale assorbe invece in molti casi più del 50% degli occupati, e a essere priva di vera cittadinanza (anche se questa é giuridicamente riconosciuta) é spesso la maggioranza della popolazione. In questi paesi non sono infrequenti quote di raccoglitori informali di scarti che arrivano fino al 2-3% della popolazione totale. In Europa le percentuali di raccoglitori sono molto più esigue, ma il numero dei raccoglitori sta nuovamente crescendo, e a un ritmo molto rapido. Ogni grande città europea ospita oggi diverse migliaia di rovistatori.

La grande maggioranza di essi non é più impiegata nella raccolta di materiali per il riciclo, come avveniva in passato in Europa e come continua ad avvenire nei paesi del Sud: oggi in Europa si raccoglie sopratutto per il Riuso, ovvero per il riutilizzo non industriale dei materiali. Il Riuso, che popolarmente viene spesso confuso con il Riciclo, é il recupero delle cose che possono essere ancora usate così come sono: un comodino rimane un Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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comodino e viene commercializzato come tale, un libro viene raccolto e rivenduto in quanto libro, eccetera. Mentre la raccolta delle frazioni da riciclare industrialmente é stata monopolizzata dalle aziende di igiene urbana sotto pressione dell’industria affamata di materie prime seconde, la raccolta di merci usate é rimasta in mano all’economia popolare. Mentre il settore economico di riferimento della materia prima seconda é l’industria dei grandi capitali, lo sbocco del Riuso é la microimpresa dell’usato, dai rigattieri agli operatori dei mercati delle pulci: un arcipelago, quest’ultimo, che rimane prevalentemente informale dal suo primo anello (la raccolta) fino all’ultimo (la distribuzione). Per la filiera del Riuso la logica determinista della ”transizione alla modernità” non sembra funzionare molto: la domanda finale dell’usato é lontana dalla saturazione e il settore sembra in grado di autotrasformarsi e di espandersi tanto indefinitamente quanto caoticamente. Si rifiuta di decadere e sembra anzi ben proiettato verso un proprio futuro. A minacciarlo non é la dinamica del mercato bensì ostacoli esterni a quest’ultimo, come la repressione e l’impossibilità di accedere allo spazio pubblico.

Sia nel Nord che nel Sud del mondo convivono quindi due modelli di gestione ambientale, anche se con proporzioni differenti. Il primo modello é caratterizzato da disarticolazione, precarietà e inadeguatezza igienicosanitaria, ma garantisce un fondamentale ruolo di assorbimento sociale ed economico.

Il secondo modello é articolato ed efficiente ma non può

Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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sostituire il ruolo sociale ed economico del primo; mentre offre materie prime seconde all’industria, nega le merci riusabili al settore dell’usato. Il primo modello é in auge nel Sud del mondo e viene minacciato dalle tendenze “modernizzatrici”; il secondo modello é in auge nel Nord ma non riesce a scalzare alcuni settori che nonostante tutto godono di ottima salute.

La necessità di una sintesi sembra ovvia; ancor prima che frutto di considerazioni tecniche, questa sintesi potrebbe essere il frutto di dinamiche obbligate. A Città del Messico gli eredi del Rey de la Basura Rafael Gutierrez Moreno gestiscono un esercito di decine di migliaia di pepenadores, che sommati al resto dei raccoglitori informali rappresentano un blocco sociale ed economico molto difficile da scalzare con politiche modernizzatrici classiche. In Sudafrica e in India, ugualmente, chi vuole introdurre il modello occidentale di raccolta differenziata deve fare i conti con sindacati molto potenti. Anche quando la rappresentanza sindacale non é articolata al punto da fare pressione cosciente, spazzare via i settori informali del riutilizzo rischia di incrementare la “guerra sociale” prodotta dal proliferare della microcriminalità. D’altronde uno Stato che voglia definirsi moderno é ormai obbligato a dotarsi di una gestione organizzata dei rifiuti, e in presenza di uno sviluppo industriale rendere trasparente ed emerso il meccanismo di raccolta della materia prima seconda diviene un imperativo. Per queste ragioni molte amministrazioni locali iniziano a cercare una via di mezzo tra i due modelli, e la legislazione colombiana si é posta all’avanguardia con un decreto (il 1501 del 2003) che stabilisce che gli amministratori locali colombiani devono introdurre la raccolta differenziata a partire dai recicladores de calle. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

153


In Europa e Stati Uniti invece il fenomeno non viene riconosciuto dalle istituzioni, e le uniche politiche attuate sono repressive e mirano a distruggere tutti coloro che mettono in discussione il regime di monopolio assoluto delle aziende di igiene urbana. Dalle azioni contro chi rovista nei cassonetti fino al rifiuto di cedere spazio pubblico, che costringe gli operatori dell’usato a permanere in condizioni di precarietà assoluta. Ma l’emergenza sociale dovuta alla naturale pressione dei flussi migratori sui paesi del Nord sta generando un’estensione del fenomeno di tali proporzioni che renderà ineludibile la salvaguardia di queste sacche di assorbimento sociale. Sperando che il passaggio intermedio prima di cercare soluzioni di sintesi non sia, come avvenuto in America Latina, la politica della “Limpieza social” e degli squadroni della morte...

IL CASO STUDIO DI ROMA

I rovistatori di cassonetto, Porta Portese e gli Antiquari

Roma

ospita

almeno

2300

microimprese

dell’usato

fondate

31

sull’approvvigionamento di “rifiuti” o “rifiuti in potenza” . Per “rifiuti in potenza” intendiamo tutti quegli scarti che vengono acquisiti dalla microimpresa prima di entrare ufficialmente a far parte del flusso dei Rifiuti Solidi Urbani; di questa categoria fanno parte le merci riusabili raccolte dagli svuotacantine e in generale da chi offre il servizio di sgombero locali. Gli individui conivolti nel lavoro delle microimprese secondo un stima 31

Vedere “Impatti occupazionali di un Riuso sistemico nella città di Roma”, Occhio del Riciclone 2008; pag.59 Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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prudenziale sono almeno 4000 32 . La cifra salirebbe di qualche centinaio di unità se oltre agli ambulanti includessimo anche tutte le botteghe di rigattiere e i negozi in conto terzi. Tra rifiuti e rifiuti in potenza si possono individuare, in maniera consistente, materiali classificabili in macrocategorie merceologiche quali l’oggettistica, l’arredamento e gli articoli per la casa, gli elettrodomestici e gli accessori d’ufficio, l’elettronica (con una netta prevalenza di tv e computer), il cartaceo (libri, fumetti e riviste), musica e video (cd, audiocassette e videocassette, dvd), i materiali e gli accessori per l’edilizia, la falegnameria e gli interni. All’interno di queste categorie é presente una quota significativa di pezzi di antiquariato, modernariato e collezionismo.

Il settore che assorbe queste tipologie di beni usati é variegato e composito, e per questo motivo é utile dividerlo in almeno 4 macrocategorie scelte in funzione dei beni trattati: 1) Operatori che trattano beni indifferenziati a basso costo (I) 2) Operatori che trattano beni specifici a basso costo (SB) 3) Operatori che trattano beni specifici ad alto costo (SA) Gli operatori I sono quelli che maggiormente hanno contatto con il flusso dei rifiuti e con i rifiuti in potenza, e sempre più spesso sono la fonte di approvvigionamento per le altre due categorie di operatori, gli SB e gli SA. Gli operatori I si distinguono dagli altri due gruppi perché non sono monomerce. Nella categoria I rientrano tutti gli operatori che trattano oggetti non d’epoca ma anche merci specifiche (abbigliamento, libri usati,

32

Idem Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

155


antiquariato, modernariato, collezionismo, ecc...), che però vengono esposte e vendute assieme ad altre merci. Gli operatori I si approvvigionano dai cassonetti, dalle cantine e in generale selezionando merci dallo sgombero di locali. Sono prevalentemente abusivi e oltre il 70% di loro lavora a lato dei mercati rionali (1639 microimprese). Il rimanente 30% lavora presso i mercatini “low cost” (come lo storico mercato di Porta Portese, i mercatini dell’usato spontanei, i mercatini dell’usato Rom e i cosiddetti“mercatini del baratto”) e in misura minore presso i mercatini “high cost.

Gli SB e i SA sono monomerce e si distinguono tra loro fondamentalmente per i prezzi offerti al pubblico. Il maggiore prezzo della merce venduta dagli operatori SA non necessariamente comporta una maggiore qualità rispetto a quella trattata dagli SB. Anzi, come abbiamo accennato sopra, spesso le merci hanno origine nei cassonetti e nelle cantine frequentati dagli operatori I. Gli ambulanti del gruppo SB sono presenti solo nei mercatini “low cost”, e la grandissima maggioranza di essi lavora in stato di abusività presso il mercato di Porta Portese. Anche se in misura nettamente inferiore agli operatori I, si approvvigionano anch’essi direttamente da cassonetti e cantine. Ma l’accesso a queste fonti di approvvigionamento avviene più di frequente attraverso intermediari del gruppo I. Gli ambulanti SA lavorano quasi solo nei “mercatini high cost”, manifestazioni che a Roma come nel resto d’Italia sono in forte proliferazione. Solo raramente gli operatori SA attingono in maniera diretta ai flussi di rifiuti o ai “rifiuti in potenza” ma spesso acquistano beni provenienti da tali fonti avvalendosi dell’intermediazione di altri operatori. Gli ambulanti SA si distinguono dai negozianti della stessa categoria Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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prevalentemente per le dimensioni delle merci che espongono. Mentre l’ambulante SA espone fondamentalmente oggettistica di piccole e medie dimensioni, il negoziante SA (l’antiquario classico) espone anche mobili e oggetti di grandi dimensioni.

I tre grandi gruppi di operatori che abbiamo elencato sono a loro volta suddivisi in gruppi che hanno dinamiche spesso molto differenti tra loro. Non solo: l’estrema disomogeneità delle filiere dell’usato consentirebbe, all’interno dei vari gruppi che compongono ognuno dei tre grandi gruppi che abbiamo identificato, l’individuazione di ulteriori sottogruppi caratterizzati da un ingente numero di sottodinamiche. Il seguente schema indica le principali categorie di operatori che compongono ciascuno dei tre gruppi.

Gruppo I •

Ambulanti

Ambulanti abusivi

Negozianti

Negozianti in conto terzi

Gruppo SB •

Ambulanti

Ambulanti abusivi

Negozianti

Gruppo SA •

Ambulanti Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Negozianti

Il fatturato del settore dell’usato romano é di quasi 50 milioni di euro annui 33 : la soglia di fatturato che i parametri europei indicano per definire una Grande Impresa. Di certo si tratta di una Grande Impresa “labour intensive”, dato che secondo gli stessi parametri europei la soglia minima di persone impiegate associata a questo livello di fatturato é di 250 a fronte delle almeno 4000 persone impiegate dal settore dell’usato romano. L’abusivismo contribuisce al fatturato di questa Grande Impresa con quasi 30 milioni di euro.

Un mercato in boom che lotta per sopravvivere

Strano a dirsi, ma il settore dell’usato romano, nonostante viva un vero e proprio boom, a causa dell’abusivismo forzato deve lottare per la sua sopravvivenza. I mercatini delle pulci rom, quelli più riconducibili alle attività del rovistare nei cassonetti, sono potenzialmente in fortissima espansione, ma i blitz dei vigili urbani e l’assenza di disponibilità nella cessione dello spazio pubblico toglie a questo settore gli spazi vitali di sopravvivenza. L’incidenza dell’abusivismo tra gli ambulanti é dell’83%: quasi la totalità del settore. Ma in realtà la sommersione rasenta il 100% se si considera sommerso il settore di coloro che fingono di essere amatori mentre in realtà sono professionisti. Gli ambulanti dell’usato vivono l’abusivismo come un impedimento e un’ossessione. L’incubo delle multe (sempre più salate), degli sgomberi e 33

Vedere “Impatti occupazionali di un Riuso sistemico nella città di Roma”, Occhio del Riciclone 2008; pag.62 Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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del sequestro delle merci inculca negli operatori un senso di clandestinità che per molti di essi, in assenza di alternative e spazi di legalità, si è tramutato ormai da tempo in frustrazione, disperazione e totale sfiducia nelle istituzioni. L’Associazione Porta Portese, che rappresentando oltre la metà degli operatori dell’usato dello storico mercato di Roma è la principale associazione di categoria degli ambulanti dell’usato della città, in una lettera aperta del 2004 all’allora Assessore al Commercio del Comune di Roma Daniela Valentini descrive efficacemente il problema. Riportiamo alcuni stralci della lettera:

“L’obiettivo delle nostre battaglie è il riconoscimento pieno della nostra attività di operatori da parte della pubblica amministrazione, e l’uscita dallo stato di precarietà che la condizione di abusivismo oggi, nostro malgrado, c’impone”. “ i problemi che scaturiscono dal mancato riconoscimento del mercato di Porta Portese da parte dell’amministrazione vanno da quello immediato e concreto di una sanzione da 5000 euro che riguarda i due terzi abbondanti del mercato, a quello del quotidiano domenicale il cui tessuto connettivo del mercato è costretto ad una salvaguardia continua da comportamenti criminali e sociopatici diffusi, a quello più generale che sta nell’impossibilità oggettiva di poter fare del proprio lavoro un progetto di vita”. “l’esigenza e l’urgenza di riconoscimento e riqualificazione del mercato, dovuta a una serie di concause che stanno erodendo proprio quei settori più vivaci del mercato, caratterizzati dalla vendita di merci usate, che

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conferiscono al mercato il suo tratto storico distintivo. Elenchiamo le principali. A fronte dell’ormai stabilizzata esplosione dei mercatini dell’usato, manca una disciplina del settore che prenda atto e conferisca legalità e dignità ad una pratica commerciale ormai diffusa e strutturale nella formazione del reddito di migliaia di operatori, che sono costretti ad operare nell’ombra o a fingersi venditori saltuari, per obbedire alla normativa che riconosce solo il carattere hobbistico e amatoriale di questi lavori. Questa mancanza di regole finisce per deprofessionalizzare un’attività sempre più diffusa e sempre meno amatoriale, viste le attuali condizioni del mercato del lavoro e data la continua perdita d’acquisto dei salari, e fornisce occasioni di speculazione sul bisogno di reddito altrui da parte degli organizzatori dei mercatini domenicali. In particolare, questo vuoto legislativo aggrava la condizione di precarietà sopratutto di quegli operatori che operano con maggior grado di continuità:è la situazione degli operatori di Porta Portese, che pagano lo scotto ele sanzioni dell’essere maggiormente esposti alla più larga dimensione pubblica del fenomeno. Il meccanismo concorrenziale tra mercatini domenicali contribuisce altresì alla fuga di una discreta parte di operatori verso luoghi dove l’escamotage dell’essere venditori per hobby fornisce un sistema di copertura paralegale della propria attività: questo processo, lungi dall’essere una pratica di massa, è preoccupante nella misura in cui erode lo zoccolo duro di operatori che tiene viva la tradizione più carateristica del mercato, e a lungo termine, se si insiste con una politica di laissez-faire nel settore, può di fatto stravolgere e snaturare il delicato assetto del mercato”.

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Anche gli ambulanti rom hanno protestato contro il loro abusivismo forzato. Il 28 Ottobre 2007 i rovistatori di cassonetto del mercatino di Lungotevere Dante, in occasione di una manifestazione che ebbe grande risalto mediatico, nel loro comunicato stampa scrissero le seguenti frasi:

“Siamo Rom Khorakhané. Spesso ci si accusa di essere tutti ladri. Ma noi non abbiamo intenzione di rubare. Frugando nei cassonetti togliamo merci ancora riutilizzabili dal flusso che poi raggiunge la discarica, e così facendo offriamo un servizio alla città.

-

Chiediamo di essere regolarizzati perché il nostro lavoro onesto venga garantito.

Siamo disponibili a individuare assieme all’amministrazione e ai suoi rappresentanti regole efficaci a far sparire del tutto il marginale fenomeno della ricettazione all’interno del mercatino

-

Chiediamo di poter accedere alle merci riusabili che si trovano nel flusso dei rifiuti senza dover frugare nei cassonetti.

In presenza di un sistema di raccolta porta a porta gestito da AMA che comprenda anche la selezione del riusabile, siamo disponibili ad acquistare all’ingrosso ciò che oggi con tanta fatica prendiamo nei cassonetti.”

A differenza dei cittadini italiani di etnia autoctona, i rom, anche quando hanno la cittadinanza, non riescono ad aprire spazi di trattativa e a far valere Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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i loro diritti. Per questo motivo subiscono ogni genere di abuso. Non é infrequente, in situazioni miste tra etnia autoctona ed etnia rom, assistere a odiose selezioni razziali che portano a una repressione mirata; nella primavera del 2005 il Presidente dell’Associazione Porta Portese, Antonio Conti, ha denunciato l’espulsione dei nomadi dal mercato di Porta Portese come un “grave atto repressivo condotto sulla base della selezione etnica”. Nell’Ottobre del 2007 durante un blitz illegale ordinato dal Sindaco Veltroni, un corpo speciale di Vigili Urbani ha distrusse le merci di circa 150 operatori del mercato di Porta Portese senza procedere a regolare sequestro e senza rilasciare verbali. Mentre gli operatori di etnia autoctona furono lasciati a piede libero, un centinaio di rom che faceva esattamente lo stesso mestiere ed esponeva frazioni merceologiche analoghe, fu invece fermato e portato in questura con le accuse di ricettazione e furto. I rom espulsi da Porta Portese iniziarono così a cercare il loro spazio di sopravvivenza a margine degli altri mercatini delle pulci, creando un sovraccarico in alcuni casi ingestibile. La minore gestibilità, sommata a un violento clima di razzismo istituzionale, portò nel giro di un paio di mesi alla chiusura di quasi tutti i mercatini rom della città (con l’eccezione di Via Lombroso e Piazzale Flaiano, quest’ultimo chiuso qualche mese dopo). Le giustificazioni addotte per i blitz della Polizia Municipale o per il ritiro delle autorizzazioni erano sempre le stesse: sporcizia e presenza di ricettatori. Motivazioni presentate in maniera meccanica anche nei contesti dove non era evidente né la sporcizia né la presenza di ricettatori.

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L’edilizia di fortuna Il riuso non é solo commercio ma anche abitudine quotidiana di un numero crescente di romani. Il fenomeno dell’edilizia di fortuna é infatti in forte crescita e include il massiccio recupero di materiali edili o impropriamente edili nonché di accessori per interni.

Le baraccopoli di un tempo

Roma un tempo non era poi così diversa da Lagos, San Paolo del Brasile o qualsiasi altra città del Sud del mondo: fino ai primi decenni del ‘900 una parte considerevole dello spazio urbano della “città eterna” era infatti costituito da baraccopoli che arrivavano a costeggiare i quartieri più centrali della città. Nel corso degli anni, e sopratutto durante il fascismo, gli agglomerati di abitazioni di fortuna più centrali sono stati gradualmente rasi al suolo per costruirci nuovi quartieri, spesso deportando gli abitanti originari in zone più periferiche. Ma se nel dopoguerra la bidonville che si trovava nelle prossimità di Piazza del Popolo non esisteva più, le baracche di Monte del Gallo continuavano comunque a lambire il Vaticano rimanendo ben visibili fino a Piazza Gregorio VII, e una parte consistente delle aree limitrofe a quartieri oggi reputati centrali o semicentrali erano caratterizzate dalla presenza di grandi insediamenti di fortuna: il Mandrione, Bravetta, Valle Aurelia e il Quarticciolo, sono solo alcune delle zone che fino a quarant’anni fa erano caratterizzate da un caotico estendersi di costruzioni di fortuna e dalla quasi totale assenza di servizi e infrastrutture.

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A Roma, come ovunque, la materia prima per costruire le baracche veniva pescata nell’”immondizia”e tra i materiali di risulta dell’edilizia: fino a un’epoca relativamente recente, quindi, una parte importante degli abitanti di Roma viveva in abitazioni create parzialmente o totalmente riusando scarti; e non di rado si trattava di scarti che anche se privi di un mercato di riferimento, potrebbero essere dignitosamente utilizzati non solo nella costruzione di baracche ma anche per arredare dignitosamente abitazioni popolari. Un esempio significativo di riuso a fini di edilizia praticato nel dopoguerra può essere osservato ancora oggi presso la foce del Tevere: nella parte Nord del fiume c’è un villaggio di palafitte chiamato Passo della Sentinella, che si trova sotto la giurisdizione di Fiumicino; nella parte Sud, invece, c’è un agglomerato di abitazioni di fortuna denominato Idroscalo, che fa parte di Ostia ed è noto per essere il luogo dove Pierpaolo Pasolini è stato ucciso. In entrambi gli insediamenti sono presenti forme di riuso immediatamente visibili, come ad esempio molte pareti esterne o staccionate che sono il frutto evidente del collage di pezzi di legno delle più variegate provenienze, e forme di riuso meno visibili, come i muri delle case tirati su con mattoni ricavati da macerie di altre costruzioni. Le macerie possono essere una vera e propria miniera. Sergio Leoni, attuale proprietario del ristorante dove Pasolini consumò la sua ultima cena, vive all’Idroscalo fin da quando era bambino, negli anni’50, e ricorda con chiarezza l’opera di spolpamento delle macerie del vecchio idroporto, che era stato fatto esplodere dai tedeschi nel 1945 per non lasciarlo nelle mani degli alleati che avanzavano. I mattoni, i tralicci di cemento armato e i tondini dell’idroscalo servirono non solo a edificare l’insediamento di fortuna tuttora presente nell’area, ma anche una Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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baraccopoli molto più grande, che si snodava per parecchie centinaia di metri lungo la strada che porta verso il centro di Ostia e attorno alla quale ora sorge un quartiere di moderne palazzine. Negli anni ’60 a Roma i materiali di risulta erano abbondanti: chi voleva costruire abitazioni improvvisate spesso si recava in uno dei capannoni dove venivano distribuiti i resti della demolizione delle fabbriche che prima si trovavano dentro Roma e che venivano ricostruite fuori dalla città. In quel periodo le bidonvilles erano ancora estesissime: secondo una stima del 1969, in quell’anno le famiglie romane che vivevano nelle baracche erano 16.000: un numero destinato a diminuire drasticamente negli anni seguenti con l’occupazione di migliaia di appartamenti sfitti e al successivo incremento della costruzione di case popolari, sopratutto in zone ultraperiferiche. Ma la diminuzione delle bidonville è frutto anche di un’altra dinamica: in alcune aree le abitazioni di fortuna vengono ristrutturate in maniera così efficace da non poter più essere considerate baracche ma piuttosto villini abusivi; che naturalmente, a causa della loro storia e della posizione nella quale sono ubicati, non devono essere assimilati in nessun modo al fenomeno dell’edilizia abusiva promosso da benestanti evasori fiscali nei dintorni della città o nel litorale. Prima degli anni ’70 quindi, a causa di un estremo disagio abitativo, decine di migliaia di romani vivevano in “case” frutto del riuso di materiali; privi di particolare coscienza ambientale, essi vivevano spontaneamente e quotidianamente nella cultura del riuso. Una cultura che le stesse persone e i loro figli praticano tuttora nei quartieri popolari e all’interno delle case occupate, anche se in maniera meno integrale.

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Roma: baracche e baraccopoli di oggi

Negli ultimi anni, con il massiccio avvento di migranti, a Roma le baracche stanno tornando ad aumentare e le famiglie che vivono in abitazioni realizzate con materiali di scarto possono essere nuovamente quantificate in migliaia. Rom di recente immigrazione, gruppi di albanesi, moldavi, polacchi, rumeni ,nordafricani, senegalesi, indiani, bengalesi e a volte anche italiani indigenti, si annidano disperati negli interstizi dell’intera città trovando riparo in rifugi di fortuna. I materiali più usati per costruire le nuove baracche sono reti di materasso, lamiere, teli plastici abbandonati dai cantieri, cartone, porte e altri scarti legnosi, che vengono scelti per forma e dimensione a seconda della contingenza. A volte questi materiali vengono utilizzati per realizzare strutture messe in piedi attorno a vecchie roulotte, che in questo modo divengono le camere da letto di spazi più ampi, comprensivi di cucina, sala da pranzo e soggiorno. Era il caso di Carlo Taradel, che fino al 2003 viveva in una baracca a Testaccio: attorno a una roulotte utilizzata per dormire e per riporre indumenti e altri effetti personali, aveva costruito una struttura retta su reti da materasso fissate su pali della segnaletica stradale che erano stati abbandonati in quanto leggermente piegati; a coprire la struttura c’era un tetto composto da vari materiali, tra i quali il principale era un grosso e spesso telo di plastica recuperato al termine di uno dei festival dell’Estate Romana. Sulla riva del Tevere, all’altezza di Piazzale della Radio, c’è un piccolo assembramento di abitazioni di fortuna abitate da un gruppo di ragazzi Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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nordafricani: qui, oltre alle onnipresenti reti da materasso, a fare da parete sono i materassi stessi, che sono rivestiti di cartoni sul lato esterno come su quello interno; il cartone è utilizzato anche per i tetti, ed è alternato a strati di incerate e teli di plastica di diversa provenienza; a fornire una sommaria protezione dall’umidità della nuda terra ci sono vecchie pedane di legno che qualche tempo fa ingombravano la strada nei pressi di un cassonetto. E come ovunque, anche a Roma non mancano i casi fuori dalla norma: in un’appartata area verde tra l’Aniene e la ferrovia una famiglia di slovacchi viveva, fino al Marzo del 2007, tra quattro pareti di bottiglie di vetro. Uno strato di bottiglie e uno di cemento, fino a due metri di altezza. Il can can La scoperta della loro casa da parte di un fotografo dell’ANSA ha prodotto per qualche giorno un vero e proprio can can mediatico. A differenza di qualche decennio fa, oggi baraccati e baraccopoli sono molto difficili da censire: gli insediamenti di fortuna vengono continuamente rasi al suolo e ricostruiti spontaneamente in altri luoghi. Fino agli anni ’70 i residenti delle bidonvilles erano prevalentemente italiani e quindi godevano, anche se in maniera limitata, dei diritti di cittadinanza; oggi invece la maggior parte degli abitanti delle baracche non ha alcun diritto, in quanto straniera e priva di documenti. Mentre un tempo, smantellare una baraccopoli significava anche doversi porre il problema di un’alternativa (anche se inadeguata) per i residenti, oggi nella maggior parte dei casi questo problema non si pone più. La mappa degli insediamenti di fortuna romani oggi è in continuo mutamento. Quando uno spazio occupato da baracche è necessario per sviluppare un progetto di qualsiasi natura, con poche eccezioni, si procede con molta leggerezza allo sgombero, con il risultato che le baraccopoli si ricostituiscono rapidamente nello spazio vuoto più prossimo. Nell’area dell’ex-Snia Viscosa ,nel Dicembre del 2004, Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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sono state rase al suolo le abitazioni di circa 700 migranti irregolari, che a partire dal giorno dopo hanno dovuto costruire rifugi in altre zone. Pochi giorni prima, nell’area dell’ex mattatoio di Testaccio era successo qualcosa di analogo: la Polizia Municipale, dopo un blitz dei Carabinieri, ha distrutto le baracche dove vivevano cento persone, tra i quali molti bambini. Ora i profughi del mattatoio vivono in baracche sparse tra le prossimità del mattatoio all’intero quartiere Ostiense. Destino analogo hanno avuto gli 800 abitanti dell’insediamento di Villa Spada a Nuovo Salario, sgomberati nel Febbraio 2006 su pressione del comitato locale di Alleanza Nazionale. Le demolizioni improvvise, per le centinaia di persone che vivono sulle rive del Tevere, sono ormai un’abitudine: prima di ogni piena del fiume i vigili urbani distruggono per precauzione tutte le costruzioni di fortuna che potrebbero essere raggiunte dall’acqua, e i loro abitanti sono costretti a ricostruirle ogni volta senza che mai nessuno si ponga il problema di risolvere la loro emergenza abitativa. Ma questi sono solo pochi esempi in mezzo a un’infinità di episodi. Fino al 2006 esistevano due enormi campi Rom abusivi che ospitavano circa mille persone ciascuno, il primo denominato Casilino 900, un tempo abitato da emigrati calabresi, e il secondo a Vicolo Savini, presso Viale Marconi. Gli abitanti delle due aree sono stati spostati in campi ubicati fuori dal Grande Raccordo Anulare e attrezzati dal Comune. Ma gli insediamenti di fortuna Rom, anche se in dimensioni più piccole, continuano a sopravvivere in tutta la città; menzioniamo quelli di Monachina (Aurelia), della Foce dell’Aniene e di Tor di Quinto. Nonostante gli sgomberi siano all’ordine del giorno, a Roma gli insediamenti di fortuna di una certa grandezza continuano comunque a essere numerosi: alcuni di essi sono presenti in zone apparentemente Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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insospettabili come ad esempio i Fori romani (presso il Teatro Marcelllo) o le vicinanze di S.Gregorio al Celio

e della

Basilica di S.Francesca

Romana; non sono esentati neanche i Parioli, che ospitano un insediamento presso la salita di S.Sebastiano. Ma la baraccopoli più grande della città non si trova né al centro né nei quartieri “bene”, bensì, come riferisce uno studio della Caritas, a Tor Bella Monaca, dove vivono millecinquecento migranti delle più disparate provenienze. Altre baraccopoli a popolazione mista continuano a spuntare come funghi ovunque ci sia spazio, citiamo come esempi Prato Maddaloni a Largo Preneste, i terreni dell’Università di Tor Vergata ai Giardinetti, ma anche gli insediamenti di Ponte Mammolo e della Pineta di Castelfusano.

Ma una delle difficoltà principali per chi tenta di censire con precisione gli abitanti delle baracche (oltre al fatto che gli insediamenti vengono smantellati di continuo per poi rinascere in altri luoghi), è la frammentazione che nella maggior parte dei casi ormai caratterizza il fenomeno. Oggi la maggior parte dei baraccati anziché vivere in grandi insediamenti vive isolatamente, in nuclei di due o tre abitazioni e a volte addirittura di una sola abitazione. Le casette arrangiate con gli scarti sono sparse ovunque e, nascoste nei fazzoletti di verde rimasti un pò dappertutto tra un isolato e l’altro, sorgono in ogni quartiere della città. Spesso sono gli stessi abitanti delle baracche a evitare l’allargamento: Selim, unico a parlare italiano in una famiglia di Rom accampata in un prato di Tor Bella Monaca, ci ha spiegato di aver cacciato tutti coloro che provavano ad accamparsi nella medesima area. “Se diventiamo troppi” ci ha detto “diamo più nell’occhio e ci cacciano prima. In sei anni la Polizia Municipale ha distrutto le nostre baracche cinque volte. L’ultima volta ci hanno dato giusto Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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il tempo di uscire con i bambini e senza nulla in mano, e poi hanno bruciato tutto: siamo rimasti senza niente”.

Gli orti urbani

Tra coloro che hanno sviluppato la capacità di riusare materiali a fini edili non vi sono solo gli abitanti di baracche ma anche coloro che potremmo definire “contadini urbani”. Chi coltiva terreni non edificati all’interno della città, infatti, utilizza quasi sempre infrastrutture realizzate a costo zero grazie al reimpiego di scarti.

Prima del sopravvento del modernismo, che a Roma prende definitivamente piede negli anni del fascismo, l’agricoltura urbana era diffusissima. D’altronde fin dal medioevo gli orti urbani erano parte integrante dell’urbanistica della maggior parte delle città europee. Non a caso sono numerosi gli studiosi che definiscono i centri urbani di quel periodo “città giardino”. Una delle città italiane che meglio conserva, da questo punto di vista, il suo paesaggio originario è Siena, dove è ancora possibile da numerosi siti del centro storico osservare vaste distese di terreno coltivato all’interno dell’area urbana; in maniera meno visibile rispetto agli occhi di un turista, anche Roma conserva i suoi orti urbani: essi sono numerosissimi e probabilmente quantificabili in migliaia; in prevalenza abusivi, si trovano nascosti in fazzoletti di terreno ancora non edificati in mezzo al mare di cemento dei quartieri più popolosi, oppure sorgono nella campagna cittadina, che in quella che qualcuno ha definito la “città a stella” penetra nell’area metropolitana a partire da tutti i punti cardinali fino quasi a lambire il centro. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Gli agricoltori urbani sono in parte gli ormai anziani ex-abitanti delle baraccopoli di Roma, in parte sono i loro figli. Aumentano poi, esponenzialmente, i migranti che creano un orto attorno alla propria baracca oppure curano orti urbani già esistenti, in qualità di assistenti o avendo rilevato l’attività.

Ogni orto urbano, generalmente, è dotato di una piccola costruzione dove il contadino si riposa, si ripara dal sole e dalla pioggia e, sopratutto, tiene i suoi attrezzi di lavoro. Queste capanne, che spesso si distinguono per la precisione svizzera con la quale sono costruite, sono quasi esclusivamente realizzate riusando scarti di vario genere. Armando Morzilli, che da qualche anno ha superato i settanta, è nato e cresciuto nella baracche che si estendevano tra S.Giovanni e il Quarticciolo; nei primi anni ’80 ha ottenuto l’assegnazione di una casa popolare all’undicesimo piano di una delle “torri” di Laurentino 38, ma abituato per oltre cinquant’anni a vivere al piano terra ora soffre di vertigini, e quando c’è un temporale ha paura che le raffiche di vento facciano cadere il palazzo che lui, terrorizzato, sente oscillare pericolosamente. Per non vivere l’ultima parte della sua vita nella paura, Armando si è costruito una baracca in un terreno demaniale che si trova proprio sotto casa sua, e lì passa il tempo, cucinando carne alla griglia in un forno realizzato dentro al vecchio cesto di una lavatrice e giocando a carte con gli amici nel suo giardinetto circondato da un recinto di reti da materasso. Le pareti della sua baracca/soggiorno sono schiene e ante di armadi rovinati che sostituisce ogni volta che la costante tensione del vento e l’esposizione alla pioggia finiscono per sbriciolare il legno attorno ai chiodi che uniscono Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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tra loro i pannelli improvvisati. La baracca di Armando si trova all’inizio di un sentiero che prosegue per qualche centinaio di metri scomparendo a un certo punto tra le piante per poi sbucare in un paesaggio a tutti gli effetti rurale: a un lato del sentiero c’è una folta fila di capanne ottenute recuperando scarti, alle spalle delle quali scorre un ruscello la cui acqua viene utilizzata per l’irrigazione; dall’altro lato del sentiero c’è invece qualche ettaro di terreno coltivato abusivamente. A curare la terra è un gruppo di anziani che, ci ha raccontato Armando, fanno i contadini per passare il tempo. Ma la perla di questo villaggio del riuso è il parco giochi, dove i nonni, come in qualsiasi altro giardino attrezzato, fanno giocare i loro nipotini e riposano prendendo il fresco. Vecchi tubi innocenti e pneumatici sono le componenti con le quali è costruita l’altalena , mentre le panchine non sono altro che comode reti da materasso del tipo più flessibile. Frammenti di mattonelle accuratamente selezionati vanno invece a delimitare le aiuole con i fiori, che conferiscono al giardino quel tocco estetico sufficiente ad affrancarlo definitivamente da ogni connotato di fatiscenza.

Se l’agricoltura urbana, per gli anziani che la praticano in parte è un passatempo, in misura significativa risponde alla necessità di accedere a una vasta gamma di alimenti (prevalentemente ortaggi e uova), a prescindere dalle entrate monetarie, che spesso sono discontinue e insufficienti. Ma non tutti gli alimenti prodotti negli orti urbani sono destinati all’autoconsumo: una quota importante degli stessi viene venduta ai fruttivendoli di Roma e costituisce così una fonte di guadagno per chi li produce.

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Quando l’agricoltura urbana è orientata a ottenere entrate economiche, spesso non sono solo gli anziani a praticarla ma anche i loro figli e le famiglie di questi ultimi. Per i contadini di nuova generazione, salvo eccezioni, l’agricoltura non è che un secondo lavoro: un’attività complementare che serve a sbarcare il lunario garantendo qualche entrata aggiuntiva e un significativo risparmio sulle spese alimentari. I loro mestieri sono analoghi a quelli dei loro padri: manovali, facchini, scaricatori, ferraioli, operai edili, elettricisti, idraulici, venditori ambulanti e stracciaroli. A differenza dei loro padri e delle loro madri, non hanno vissuto la maggior parte della loro vita in baracca bensì nelle case popolari della periferia e dell’estrema periferia. Alcuni di essi hanno preso parte ai movimenti di lotta per la casa assieme alle loro famiglie quando erano bambini, e hanno ottenuto un’abitazione regolare solo dopo molti anni di occupazione. Questi nuovi contadini vivono, sostanzialmente, un’esperienza di continuità con quanto vissuto dai loro padri.

Negli ultimi anni però sta prendendo piede un ulteriore fenomeno: l’agricoltura urbana praticata dai migranti, i quali rilevano fazzoletti di terreno precedentemente coltivati da italiani, o ne occupano di nuovi. Citiamo il caso di un trentacinquenne kosovaro e della sua compagna lituana, i quali, conosciutisi e innamoratisi in Italia, hanno coronato il loro sogno di convivenza pur senza avere il denaro necessario a pagare l’affitto di un appartamento: dopo aver ripulito a fondo mezzo ettaro di terra che ormai da anni era adibito a discarica abusiva, hanno tagliato tutte le erbacce e vi hanno costruito la loro casetta di scarti, comprensiva di camera da letto, soggiorno, doccia e gabinetto artigianali e, naturalmente, un magazzino; Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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attorno a questo piccolo “casale riciclato” un grande orto e due lunghe aiuole piene di fiori incorniciate da una composizione di cocci scelti e da una fantasia di oggetti recuperati. Quello che era un angolo di degrado tra le case popolari di Primavalle ora è un parchetto del riuso il quale, se gli occhi che osservano non sono annebbiati dal pregiudizio, offre un immagine di pulizia ed è un piacevole esempio di industriosità e creatività.

Gli orti urbani di Roma, essendo in buona parte abusivi, non sono facili da quantificare. Si tratta, comunque con certezza di un fenomeno quantificabile nell’ordine di qualche migliaio di microattività. Dimensioni che rendono l’agricoltura cittadina un settore produttivo di tutto rispetto. Se la produzione di cibo all’interno della città può non avere, nel caso di Roma, particolare rilevanza finanziaria, ha una certa importanza strategica. La FAO, in una nota diffusa nel Giugno del 2005, afferma che l’agricoltura urbana contribuisce ad aumentare la sicurezza alimentare nelle città, poiché riduce il peso della spesa alimentare. La produzione di cibo all’interno dei perimetri urbani garantisce inoltre l’offerta di cibo anche in caso di conflitto o grave crisi. Nel mondo il settore dell’agricoltura urbana attualmente fornisce cibo a 700 milioni di cittadini: un quarto della popolazione urbana mondiale. Se nel contesto romano e italiano l’eventualità di emergenze alimentari non è considerata prevedibile a breve termine (anche se molti analisti reputano probabile e relativamente prossima l’esplosione di un terzo conflitto mondiale), sviluppare l’agricoltura urbana sarebbe un buon modo per proteggersi da pericoli che potrebbero presentarsi nel medio e lungo termine. D’altronde anche se nessuno prevede un imminente attacco militare a Roma, l’Esercito Italiano protegge comunque la città mantenendo numerose basi in tutti i punti strategici dell’area metropolitana. Secondo lo Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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stesso principio di precauzione, Roma dovrebbe tutelarsi rafforzando l’agricoltura urbana per garantire la sicurezza alimentare in caso di conflitto o anche solo di gravi instabilità del mercato. Occupanti di case Dinamiche comunitarie e riuso

L’Assessore regionale ai lavori pubblici e alle politiche della casa, Bruno Astorre, in un rapporto presentato nel Giugno del 2005 afferma che a Roma le persone che vivono in case occupate sono 4000. Ma probabilmente questa stima descrive solo una parte del fenomeno: nella città esistono infatti miriadi di occupazioni spontanee, compiute sopratutto da migranti senza documenti, che nascono e muoiono senza che venga aperta nessuna vertenza e che nessuna istituzione ne prenda atto. Va inoltre detto, ai fini del nostro studio, che a Roma esistono numerosi edifici i quali, legalmente assegnati al termine di a un percorso di occupazione, mantengono alcune caratteristiche della gestione comunitaria che, come vedremo, favoriscono la pratica del riuso. Le occupazioni organizzate nascono in seguito a percorsi assembleari che possono durare anche dei mesi. I partecipanti alle riunioni vengono contattati mediante sportelli di assistenza all’emergenza abitativa, con il volantinaggio oppure con il passaparola. Nel periodo preparatorio la disponibilità dei futuri occupanti viene messa in qualche modo alla prova, nel tentativo di compiere una selezione preventiva. Per essere ammesso nella nuova “comunità” occorre infatti non solo essere presenti alle riunioni preparatorie, ma anche partecipare a tutte le iniziative previste dall’agenda Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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del movimento di lotta per la casa al quale si aderisce: volantinaggi, manifestazioni, sit-in e, non di rado, anche picchetti antisfratto, picchetti antisgombero e blocchi stradali. A Roma le principali organizzazioni che occupano case sono tre: in ordine di grandezza il Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa, ACTION e il Comitato Popolare di Lotta per la Casa 1 . A parte poche sfumature, questi gruppi adottano sistemi organizzativi e di gestione interna molto simili fra di loro. Un elemento comune a tutte le occupazioni è la presenza di un’assemblea che si riunisce di frequente e che, a seconda della composizione e dell’impostazione culturale degli occupanti, ha il ruolo di prendere decisioni o semplicemente di recepire le direttive che arrivano dai “responsabili”, che spesso formano un comitato separato incaricato di governare la comunità. Vivere in occupazione, sopratutto all’inizio, è ben diverso che vivere in un condominio: l’esigenza di difendere il luogo da eventuali interventi delle forze dell’ordine o di gruppi neofascisti rende necessaria un’organizzazione ferrea, quasi militare, che comprende inizialmente turni di tre, quattro o anche cinque persone che controllano il portone d’ingresso ventiquattro ore su ventiquattro e che, in caso di problemi, sono pronte a dare l’allarme. Nei primi mesi di occupazione all’obbligo di partecipare ai “picchetti” si somma l’obbligo di “presenza”, indispensabile a garantire un’adeguata difesa del luogo e che prevede la possibilità di assentarsi dall’immobile occupato solo per lavorare o per questioni di emergenza. Centinaia di ore passate davanti 1 Sono apparse negli ultimi anni anche alcune occupazioni di destra rigorosamente riservate a individui di nazionalità italiana, ma il loro numero esiguo e il loro carattere prevalentemente politico e simbolico non le rendono una realtà rilevante del movimento cittadino di lotta per la casa.

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al portone, tra bottiglie di birra e partite di carte, soffermandosi a chiacchierare con chi entra e chi esce, producono tra gli occupanti una socialità molto sviluppata; il senso di comunità è incrementato dalla particolarità della situazione: chi si trova in occupazione spesso vince, grazie alla combattività e alla solidarietà del gruppo, il senso di umiliazione e frustrazione legato alla propria condizione di indigenza. Una dinamica di gruppo che favorisce, a tutti i livelli, la cooperazione spontanea. Quando si condivide un interesse o un bisogno, collaborare è utilissimo, se non indispensabile. E per chi, disperato e dopo lunghi periodi di improbabili coabitazioni, trova finalmente uno spazio proprio dove trasferirsi, il più immediato bisogno è trovare, anche senza disponibilità di denaro, tutto l’occorrente per arredare la nuova abitazione: letti, materassi, mobili, utensili da cucina, elettrodomestici e quant’altro. La necessità generalizzata di ottenere beni a nessun costo genera meccanismi interessanti, il primo dei quali è la ricerca collettiva di oggetti riusabili. Racconta Fidel: “Fin dal primo momento nel quale abbiamo occupato la scuola di Torre Maura abbiamo scoperto che c’erano varie fonti da cui attingere per ottenere le cose che servivano per la nostra nuova casa. Le prime le abbiamo prese in una specie di discarica nella quale abbiamo trovato una marea di separè in ottime condizioni che ci sono serviti per dividere i letti uno dall’altro”. Pochi giorni dopo aver occupato una scuola abbandonata a Laurentina, nell’estate del 2000, Gianluca, Paola, Alessandro e Rossella raccontano invece di aver scavalcato le recinzioni di una palazzina vuota che qualche anno prima ospitava uffici e di avervi trovato un gran numero di tavoli e Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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sedie, di averle caricate a più riprese in due macchine e poi di averle distribuite tra gli occupanti. Furto o riuso? Giuridicamente un furto, ma concretamente un servizio all’ambiente, dato che l’arredamento residuo della palazzina abbandonata, come è prassi, sarebbe stato gettato tra i rifiuti non appena i locali dello stabile fossero stati ceduti a un nuovo inquilino. In quegli stessi giorni, altri occupanti della stessa scuola, bisognosi di letti e materassi, si organizzarono con il camion di un amico per raccogliere 25 letti comprensivi di materasso che una cooperativa che sgombera locali avrebbe dovuto buttare. Il palazzo di Via Masurio Sabino, occupato nel 2001, prima di ospitare le famiglie che tuttora vi abitano era una caserma dell’Areonautica Militare e quindi, al momento dell’occupazione non disponeva di cucine domestiche ma solo di grossi gabinetti con due o tre lavabi ciascuno. Giovanni, uno degli occupanti, racconta: “Ciascuno di noi doveva rimediare il lavandino della cucina, con il rubinetto sopra. Allo stesso tempo, però, ogni nucleo familiare aveva due o tre lavandini da bagno in più. Ho chiesto al ferraiolo di Via dei Gordiani se si poteva fare uno scambio: vendendogli l’ottone dei rubinetti al peso, sono riuscito ad avere i soldi per comprare i lavandini per la cucina, sempre al peso. Un lavello di acciaio nuovo costa tra gli 80 e i 100 euro, io li ho pagati 5 euro l’uno!” Ogni anno a Roma si verificano innumerevoli episodi analoghi a quelli descritti, non solo nelle occupazioni organizzate ma anche in quelle spontanee, che possiedono un tipo di socialità meno “strutturale”, ma sicuramente presente. Dopo il primo periodo di occupazione, nel quale serve tutto e subito, gli occupanti, al pari di ogni altro cittadino, continuano comunque ad avere la necessità di soddisfare bisogni: si può voler cambiare un letto perché il proprio, ormai troppo vecchio, si è spaccato; oppure ci si può trovare Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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improvvisamente in carenza di magliette, golf, pantaloni o altri abiti; se il frigorifero funziona male va cambiato, e così via. E al pari di ogni altro cittadino, anche un occupante può avere la necessità di disfarsi, per qualsiasi ragione, di oggetti, di vestiti o di elettrodomestici. Ma chi occupa case, a differenza della maggioranza dei cittadini, quando dispone di un bene in eccesso molto difficilmente lo butta. Negli androni delle occupazioni sono comuni messaggi come: “Chi vuole un frigo passi da me la sera all’ora di cena. Mario, IV piano scala C”. Oppure: “I vestiti dietro al portone sono di chi gli servono”. A volte in un’occupazione si rendono disponibili beni che non sono necessari a nessun abitante dello stabile: in questi casi è frequente che, prima di arrivare all’estrema soluzione del cassonetto, scatti un passaparola tra le altre occupazioni del medesimo network; e a recepire sono sopratutto quelle appena nate che, come abbiamo visto, hanno bisogno di tutto. Un’altra abitudine molto diffusa tra gli occupanti è quella della “caccia nel cassonetto” che, nella vita quotidiana, si traduce nell’attitudine costante, mentre si cammina per la strada, a gettare un occhio a ciò che si trova accanto ai cassonetti o che spunta visibilmente dal loro interno. Comodini, vestiti, televisori ed elettrodomestici, giocattoli, astucci pieni di penne e quaderni utilizzati solo nella prima pagina...per ottenere questa quantità di cose utili è sufficiente avere un pò di pazienza e contrarre l’abitudine di lanciare uno sguardo laddove la maggior parte dei cittadini si aspetterebbero di trovare solo immondizia. Poi è solo una questione di tempo. Fidel, quando viveva nella scuola occupata di Viale di Torre Maura, quasi tutte le notti passeggiava con Khaled alla ricerca di oggetti: “perlustravamo tutti i secchi, i vicoli, gli angoli. Trovavamo molte cose: frigoriferi, soprammobili, tazze di gabinetto e computer vecchi. Una volta abbiamo rivenduto un frigo Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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a una piotta e mezza 1 . Era praticamente nuovo e non faceva rumore. Non ho mai sentito in vita mia un frigo così silenzioso. Lo abbiamo trovato al secchio della spazzatura. Un’altra volta c’era uno scatolone con un televisore della Sony. Un bel televisore grande, con il telecomando e tutto quanto. L’abbiamo portato a casa, abbiamo attaccato la spina, e funzionava”.

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150.000 lire Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Verso una rete globale di riciclatori 34 di Lucia Fernandez Gabard

Introduzione Nell’articolo che segue, per prima cosa analizzeremo due assi teorici principali della tematica dei raccoglitori informali di residui (intesi come il primo anello della catena del recupero di materiali riciclabili) che individuano la percezione della società generale di questo fenomeno: da un lato visto come un problema da risolvere e dall’altro, al contrario, come un fenomeno da potenziare. Nella prima parte dell’articolo, partiremo dal termine dispersione, lo analizzeremo nel suo contesto storico recente, passeremo quindi a un breve sguardo sullo stato attuale degli attori coinvolti nella tematica dei residui,attori sia locali che istituzionali. Il secondo asse di analisi insisterà sull’esistenza di una serie di paradigmi dicotomici concernenti il lavoro dei riciclatori, da un lato il recente paradigma dello sviluppo sostenibile e le sue implicazioni, e dall’altro le tracce ancora presenti dell’ideologia igienista del XIX secolo. Quindi si passerà ad analizzare alcuni casi in America Latina e in India relativamente all’articolazione sui diversi livelli di riciclatori, cioè come si articolano questi singoli individui, quindi analizzeremo le loro origini e i vincoli esistenti tra i vari soggetti, con le rispettive connessioni stabilite fra loro. Le tematiche che affronteremo partono da un orizzonte di studio delle 34

Articolo che verrà pubblicato anche nel volume 2 di Recicloscopio: Miradas sobre recuperadores Urbanos de Residuos de America Latina. Argentina, 2008.

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tematiche che si concentreranno sulle modalità di articolazione dei membri di studio, piuttosto che concentrarsi sulla localizzazione spaziale di questi. Si darà particolare importanza nell’analisi alle organizzazioni di seconda grandezza, sia per dimensioni organizzative che per produttività. Infine si presenteranno alcuni dati essenziali della Mappa Latinoamericana delle Organizzazioni di Riciclatori recentemente pubblicata, come risultato di un processo partecipato avvenuto prima del Congresso Mondiale dei Recicladores, tenutosi nel mese di Marzo del 2008 a Bogotà, in Colombia, evento di importanza cruciale per la sua grandezza che si è posto l’obiettivo di avvicinare al riciclatore una serie di attori diversi, dando una visibilità senza precedenti al tema partendo dal paradigma precedentemente illustrato: come presentare effettivamente questi lavoratori-reciclatori in quanto professionisti della salvaguardia dell’ambiente nell’era dello sviluppo sostenibile.

2. La dispersione come punto di partenza

Fig.1: Costellazioni di Tolomeo Fonte: Dürer. Per poter riconoscere nel cielo notturno alcune delle 88 costellazioni riconosciute dall’Unione astronomica Internazionale, è necessario saper identificare le Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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stelle che compongono le varie figure. Più della metà di queste, però provengono dall’immaginazione dell’astronomo greco Tolomeo, che nel II secolo d. C. presentò un catalogo di 1022 stelle, tutte unite tramite linee immaginarie totalmente arbitratie, che le raggruppavano in 48 costellazioni, tutt’oggi riconosciute dal mondo Occidentale. Le persone che vivono nelle città possono vedere un numero molto ridotto di queste stelle a causa dell’eccessiva luce che riduce la visibilità degli astri meno lucenti.

Come i greci migliaia di anni fa si dedicarono a dare una logica alle stelle sparpagliate nella volta celeste, attraverso le costellazioni, chissà se oggi la nostra civiltà non stia cercando di fare lo stesso attraverso la sue molteplici attività

caotiche

e

disperse

fino

ai

confini

dell’oceano

(LEWKOWICZ:2006; 208) soprattutto in questo nuovo XXI secolo in cui l’indebolimento dello storico potere degli Stati Nazione, ha lasciato spazio a una dispersione di materia umana(Ibid. 224). Mentre il modello di produzione moderno-fordista 35 a cui ci si è adeguati in maggior parte durante il XX secolo, stava predisponendo uno schema organizzativo di vita strutturato in 8+8+8 (8 ore lavorative, 8 di sonno e 8 di riposo); oggi la logica di libero mercato (dove possiamo collocare i materiali riciclabili) così come la logica di dislocazione spaziale del lavoro, sommate allo sfaldamento del potere statale (Ibid. 220), ci hanno sommerso, soprattutto hanno sommerso i paesi del Sud, a una deregolamentazione delle nostre vite, ci hanno portato alla perdita delle

35

Questo modello di organizzazione del lavoro si fondava su una divisione del processo produttivo attraverso compiti e responsabilità, dove il lavoratore era controllato sia da un punto di vista spaziale che giuridico (capo-fabbrica) Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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nostre zone di lavoro, di vita e di consumo (e non esiste più il riposo fordista). Il primo anello della catena di recupero, costituita da coloro che chiameremo riciclatori 36 , esemplifica perfettamente la realtà che ho descritto precedentemente, non solo perché è costituito soprattutto da nuovi disoccupati nell’Era della società del consumo, ma anche per le sue attività quotidiane: percorrere le strade per trovare materia prima per il proprio lavoro, l’utilizzo delle proprie abitazioni (per la maggior parte di coloro che non lavorano in gruppo) per effettuare la classificazione dei materiali, e la successiva vendita di questi. La strada diviene un mero spazio “casalavoro” da percorrere, come si prevedeva nella Modernità, la casa smette di essere un luogo di riposo e quiete familiare, e generalmente il piacere ed il consumo si presentano durante la lunghe ore in cui si percorrono le strade della città. Non è così possibile identificare in maniera scientifica quante ore il riciclatore dedica al suo lavoro di raccolta e classificazione, tantomeno è possibile controllare quali siano i clienti 37 da cui i riciclatori prendono i materiali, i percorsi che effettuano, a chi vendono i materiali classificati, dove vengono gettati i quelli inutilizzabili, ecc., soprattutto nelle grandi metropoli dei nostri giorni che sono più simili a megalopoli, dove vivono

36

Vengono chiamati cartoneros in Argentina, clasificadores in Uruguay, catadores in Brasile, recicladores in Colombia, recolectores in Cile, buceadores a Cuba, pepenadores in Messiico, kachra chunne wali in India, Zabaleens in Egitto, wastepickers nel mondo anglosannone, ecc. 37 Il termine cliente viene usato normalmente per indicare quelle persone, commercianti, istituzioni ecc, che regolarmente cedono i propri materiali (preselezionati o no) a determinati riciclatori precedentemente individuati. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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decine di migliaia di persone che si dedicano a questa attività: più del 1% della popolazione mondiale che vive in ambiente urbano.38 E’ così che alcune delle maggiori sfide nell’affrontare il tema del riciclaggio dei rifiuti nelle grandi metropoli, si deve confrontare con la dispersione territoriale, ma anche con gli attori istituzionali coinvolti, e studiare nella sua completa trasversalità degli approcci e delle analisi. Dovremo pensare a partire dalle aree di residenza e di raccolta dei riciclatori, passando per la serie di depositi intermediari e i rispettivi sottodepositi (lavanderie di nailon, magazzinieri periferici, lavoratori di pelli, ecc.) così come le industrie che lavorano il materiale ed infine coloro che generano i residui: comunità di quartiere, grandi superfici, commercianti, industrie, alberghi, navi da crociera, centri di studio, ecc, ognuno dei quali ha un interesse particolare e un legame diverso rispetto a quello lascia: alcuni con intenti di guadagno (vendendo i propri scarti a chi li raccoglie), altri con intenti ecologico-formativi (dando luogo a campagne di sensibilizzazione per la separazione all’origine) e altri semplicemente senza alcuno di questi interessi (lasciando quotidianamente sacchetti di rifiuti mescolati). Tutti questi attori, in continuo dialogo commerciale e in continuo scambio di denaro su media scala, generano una trama molto complessa e disorganica, con cui i riciclatori si confrontano quotidianamente creando dei legami diversi ai differenti anelli della catena, attraverso questo movimento 38 Secondo le stime di diversi studi (OIL, GTZ, Banca Mondiale, ecc.) nel 2004, il numero di riciclatori era intorno all’1% nelle grandi metropoli (Bombay che contava 18 milioni di abitanti contava circa 170 mila wasste pickers, o Buenos Aires con 12 milioni e mezzo di abitanti contava 80 mila cartoneros secondo un documento prsentato alla Banca Mondiale da F.Grajales y R. Aiello “Social Aspects of Solid Waste Management: The experience in Argentina, del 7 Marzo 2005. Disponibile in Inglese: http://www.worldbank.org/urban/urbanforum2005/ulwpresentations/sw/aiello.pdf. Accesso 3/06/2008)

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di raccolta e vendita di materiali, operando così come agenti di collegamento, come punti di passaggio tra questi mondi differenti 39 , che altrimenti forse neanche riuscirebbero ad entrare in contatto. Dall’altra parte il tema dei residui viene affrontato dalle Istituzioni e dalle sotto strutture amministrative, soprattutto dai Comuni per la loro evidente responsabilità negli aspetti di raccolta e deposito finale dei residui domiciliari, e dai Ministeri dell’Ambiente, della Tecnologia e dell’Industria, dello Sviluppo Sociale per le competenze che vanno dagli aspetti ambientali del riciclaggio, fino agli aspetti che includono il comportamento sociale. In questa quadro frammentato vi sono anche quelle entità che oggi chiamiamo imprese di responsabilità sociale, impegnate in questi ultimi anni a sviluppare attività di inclusione anche nei settori più emarginati incaricati della raccolta e della classificazione dei residui, inoltre vi sono le più conosciute Organizzazioni Non Governative, che si impegnano nel primo anello della catena soprattutto nel supportare il rafforzamento di nuovi aspetti organizzativo-produttivi. Un’altra questione concerne il peso della disciplina del riciclo, studiata non sono da diversi esperti scienziati ma anche da diversi punti di vista: Ingegneri e Chimici, per quanto riguarda come trattare i rifiuti e le loro componenti-derivati, Urbanisti e Architetti, per quanto riguarda gli aspetti di organizzazione e pianificazione territoriale, fino a tutto il ramo delle Scienze Sociali ( Antropologia, Sociologia, Filosofia, Assistenza Sociale, ecc.) per quanto riguarda il ruolo degli attori coinvolti nella catena.

39 Jáuregui J. 2005, “Sobre la ciudad que es necesario incluir en el mapa: el arquitecto como mapeador de conflictos” http://tantoville.blogspot.com/2005/08/sobre-la-ciudad-que-esnecesario.html ultimo accesso 12/05/08

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3. Convivenza di paradigmi

Sin da quando si è iniziato a pianificare lo sviluppo urbano delle città, si decise che i residui solidi urbani dovessero esser trasportati verso le periferie, il più lontano possibile dalla vista dei cittadini, così come spiega l’editto di Francesco, re di Francia, dell’anno 1539: Art.15. Proibiamo a chiunque di svuotare o gettare per la strada paglia, immondizia, acqua di scarico, fanghiglia o altri materiali sporchi, bruciare questi per le strade, uccidere maiali e altro bestiame e richiediamo che, al contrario, questi materiali lerci vengano insacchettati e messi in ceste presso le proprie case e trattenuti fino a che non vengano ritirati per esser successivamente gettati lontano dalle cinta della città e dei sui dintorni. 40

La mentalità moderna, nonostante sia posteriore di qualche secolo alla proibizione citata, è nata, secondo Zygmunt Bauman, con l’idea che il mondo possa esser trasformato: la modernità è la non accettazione del mondo tale e quale a come è nel momento stesso e da qui la decisione di cambiarlo. La moderna forma di essere consiste in un cambiamento compulsivo-ossessivo: respingere ciò che semplicemente”è”, in nome di quello che si potrebbe (che si percepisce come “si dovrebbe”) “esssere” al suo posto. Questa generazione che ha iniziato a “spostare” il problema a cui prima ci si riferiva come un problema sanitario,ma questo perdura tutt’oggi come paradigma delle nostre società: si occulta invece che risolverlo, ce se ne disfa invece che recuperarlo. Soprattutto per quanto riguarda azioni

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Laporte Dominique “Storia della Merda”, seconda ed. Edizioni Pre-texto 1989. pag.140 Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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centralizzate, statali, dove la raccolta e la disposizione finale dei rifiuti hanno assunto, storicamente, quasi nella totalità, il controllo della gestione dei rifiuti delle città, lasciando gli aspetti concernenti il riuso e il riciclo al libero mercato, dove era possibile rivendere questi materiali o lasciarli agli attori auto poietici 41 messi in gioco. E così essendo fuori dal dominio specifico dell’amministrazione istituzionale dei rifiuti, i riciclatori possono trovarsi ovunque, e soprattutto nei luoghi dove la produzione di ricchezza comporta anche maggiori sprechi. Transitando in questi spazi per la raccolta di materiale da riciclare, riescono a uscire da una vita che in altro modo sarebbe invisibile, invisibile al resto della società. Sicuramente, il sopra citato paradigma di igiene urbana, denominato nel XIX secolo Igienismo, e resuscitato alla fine del XX come ristrutturazione (gentrification) 42 , persiste oggi, nella nostra nascente era dello Sviluppo Sostenibile, dove si allontanano dal centro urbano non tanto i rifiuti, bensì i soggetti che si relazionano quotidianamente con questi,che si occupano della loro raccolta e il loro successivo recupero. Le attività di raccolta in queste località ben distaccate dalle città, sembra che non sia stata ben accolta dalla maggior parte della popolazione, come

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Il termine auopoietico deriva dai biologi cileni Maturana e Varela e si è continuato ad usare nella letteratura del sociologo tedesco Luhmann, che lo considerò come un processo per il quale un sistema definisce il suo stato futuro a partire dalle limitazioni di quello precedente. Luhmann mette così in relazione l’autopoiesi con l’auto-organizzazione e la auto-prodzione delle società della contingente e del rischio. 42 La parola gentrificazion è stata molto usata nel decennio degli anni ’90, quando i processi di rinnovazione e ristrutturazione delle aree centrali degradate vennero riportate in auge, a cui iniziarono ad accedere cittadini di classe economica medio-alta, prendendo il posto di quelli poveri. Generalmente questi processi furono portati avanti da agenti imprenditoriali e istituzioni in alleanza con investitori privati. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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dalle autorità competenti nel tema che ha cercato di trovare soluzioni alternative: L’inversione della crescita urbana, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture è l’assunto prioritario dei governi nazionali e dei comuni. Sicuramente, quando questo coinvolge i cittadini più poveri, come coloro che vivono grazie ad economie informali, ci si rivolge a loro come sudici, che ostacolano lo sviluppo, antisociali ed indesiderabili. Mi riferisco ai venditori ambulanti, i raccoglitori di residui, i guidatori di bici-taxi, gli abitanti delle favelas, che vengono letteralmente tolti dai loro mercati, dalle strade e dalle case. Dall’altra parte, sono considerati come unici beneficiari della crescita delle infrastruttura macro-economica, quando gli studi mostrano che sono proprio loro che contribuiscono alla crescita economica dei propri paesi allo stesso modo delle grandi unioni commerciali. (BATH:2006). 43 La problematica è molto complessa, le decisioni politiche vengono prese in funzione di ciò che viene richiesto dalla popolazione: vivere in città pulite, belle ed ordinate e una serie di altri aggettivi che partono dal menzionato presupposto di progresso moderno come obiettivo. In questo modello i riciclatori sembra non possano esistere, essendo loro la personificazione dello sporco, del caotico 44 vengono così spinti verso le periferie urbane, lì dove nessuno li può vedere. 43

“Cities are People”, discorso pronunciato da Ela Bhatt durante il 'World Class Cities and the Urban Informal Economy: Inclusive Planning for the Working Poor (Durban, South Africa, 2425 Aprile 2006) Disponibile in ingl: http://www.wiego.org/news/events/UPC/Bhatt%20Cities%20are%20People.pdf Ultimo accesso 23/04/08. 44 “…non vedo ne ispettori comunali ne polizia quando passo per i cassonetti (..) questi maledetti che spargono l’immondizia all’inizio della strada e che lasciano come segnale che Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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La definizione di ordine secondo il Dizionario di Inglese di Oxford è: la condizione in cui tutto si trova nel suo spazio giusto e agisce nelle funzioni appropriate 45 . Forse questo ci può aiutare a comprendere il perché del continuo e massiccio tentativo dello Stato, affinchè i riciclatori smettano di lavorare in strada e diventino impiegati nelle piante di riciclaggio, pensando così di porre una soluzione al problema “estetico” e soprattutto “dispersivo”: come controllare queste persone di strano aspetto che si incontrano per le strade tutti i giorni, che portano sacchi pieni di materiale recuperabile e che generano una mimesi simbolica per il loro aspetto e per il loro lavoro. Andando ancora avanti con l’analisi di Bauman, la base su cui si producono progetti (nella sua più ampia accezione) parte dal presupposto che niente nel mondo esistente è come dovrebbe essere. Così l’obiettivo nell’ideazione di progetti è aprire nuovi spazi per il “bene” e chiuderne per il “male”. Il male opera quindi come deterrente del progresso, e quando si tratta di progettare nuove forme di convivenza umana, ciò che ferma il progresso sono proprio gli esseri umani. In questo modo, il riciclatore

viene visto come “un informale da

formalizzare”, una conseguenza della povertà, che molesta sia esteticamente che concretamente (creando traffico per esempio) i centri cittadini. Le politiche così facendo riducono il problema ai suoi aspetti fisico-visibili,

sono passati per quel posto oggetti. La polizia e la municipale hanno orari di ufficio; questi malfattori lavorano nelle ore notturne o all’alba; in questo modo è impossibile controllarli e arrestarli. E noi ne paghiamo le conseguenze la mattina seguente, dovendo lavorare ore extra per pulire la sporcizia”. Opinione di un iscritto al forum di discussione vistuale del portale di notizie di Montevideocome a proposito del lavoro dei clasificadores. Disponibile in: http://www.montevideo.com.uy/notnoticias_59617_1.html ultimo accesso 06/07/2008 45 Bauman Zygmunt, Vidas Desperdicadas, Brasile 2005, Jorge Zahar Editore, pag. 42. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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con conseguentemente attenzione nell’abbellire la città, la maggior parte delle volte reprimendo questo settore, come si osserva nei recenti: x

Sfratto violento dei cartoneros nel quartiere di Belgrano, Buenos Aires (febbraio 2008)

x

Confisca dei carri a trazione animale, a Porto Alegre e a Montevideo (nel 2007 e nel 2008)

x

Soppressione delle linee dei treni di trasporto per i cartoneros verso la capitale federale dell’Argentina (2007)

x

Espulsione dei catadores attraverso le forze politiche nel centro di San Paolo (2006)

x

Cambio delle licenze di raccolta dei reciclatori associati in imprese di raccolta meccanicizzata a Bogotà (2007) e a Nuova Deli (2008)

Adesso possiamo finalmente interessarci ai reciclatori per il loro contributo ambientale e economico e per le loro capacità di autogestione lavorativa nell’epoca della disoccupazione, dove probabilmente possiamo potenziare il loro lavoro e comprendere un po’ meglio quale è il contributo che apportano silenziosamente e non senza fatica al riciclo delle materie prime scartate, così come la creazione di nuove modalità di auto impiego in tempi di assenza assoluta di stabilità lavorativa. Questo dev’esser inserito nel quadro dello sviluppo sostenibile. Questa sostenibilità si sviluppa all’interno del suo corpo teorico attraverso l’accettazione delle differenze come condizione necessaria per reinserire nel corpo sociale ciò che prima abbandonava a se stesso.

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Questo altro modo di vedere la stessa realtà si può associare a ciò che Spinoza chiamava singolarità della potenza: la potenza intesa come un grado di intensità che ci caratterizza ognuno singolarmente. Ciò che mi preme sottolineare, in questo nuovo concetto di Spinoza, della situazione pianificata, è che per quest’autore non esistono i concetti di bene o male, a cui Bauman si riferiva precedentemente (secondo cui si strutturano i processi di organizzazione attuale delle nostre città),per Spinoza, il buono è tutto ciò che aumenta la potenza dell’essere e il male ciò che lo riduce. Ci troviamo difronte a una tensione tra due parti dicotomiche: un primo paradigma che opera nel campo dell’ordine e della mancanza e l’altro nella sicurezza e nella potenza. Tenteremo in queste pagine di pensare a come sarebbe potuto essere e come potremmo cambiare le situazioni a partire a delle soluzioni ma anche (come fecero i greci con le stelle migliaia di anni fa) come riordinare dal caos potenziando certe identità singolari.

4. La sfida dell’articolazione a diversi livelli

La molteplicità delle potenze desiderate è pensata dal basso come una figura che faccia di sé un soggetto politico: la moltitudine. Questa stessa moltitudine però è molto meno omogenea poichè è il risultato di una somma di potenze individuali, totalmente frantumate da antagonismi. 46 Esistono sin dagli ultimi decenni del passato XX secolo, diverse imprese tipo associativo, che fecero ciò che per molti era praticamente impossibile:

46 Ernesto Funes, “Il trattato politico di Baruch Spinoza, 1677: Potenza e passione della moltitudine” Spinoza, Trattato Politico, pag. 22, edizione 2004

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riunire soggetti che erano abituati a lavorare individualisticamene in imprese con obiettivi produttivi e sociali condivisi. La prima cooperativa in America Latina fu fondata nel 1962 nella città di Medellìn, in Colomba: la Cooperativa Antioqueña de Recolectores de Sub. Però a partire dagli anni ‘80 si sono cominciate a sviluppare il maggior numero di associazioni in questo paese, che è stato il pioniere, seguito poi dall’Equador dove nel 1980 è nata la Asociación de Recicladores de Cochabamba e 3 anni più tardi la Corporazione ARUC della città di Cuenca; fu poi il momento del Brasile che a partire dal 1989 con la Cooperativa COOPAMARE a Pan Paolo e l’anno seguente l’Associazione ASMARE a Belho Horizonte , così come altre 2 associazioni nel Botadero 47 di Assunzione del Paraguay: Asotravermu e Cocigapa create nel 1991. Nel resto del continente (Argentina, Uruguay, Cile e Perù) si poteva osservare una crescita esponenziale a partire dall’anno 2000: in Argentina, le prime cooperative si formalizzarono tra il 1999 ed il 2000 48 (Paiva 2004), così come vi furono diverse formazioni di cooperative a partire da questa data sia in Perù che in Uruguay. I primi dati che risultano dalla Mappa Latinoamericana delle Organizzazioni di Riciclatori 49 , mostrano che nell’anno 2007 in Perù ancora si stanno costituendo nuove associazioni come la “Asociación Los Tigres de Tablada”, nella parte metropolitana del Perù, così come in Uruguay nel solo biennio 2006 -2007 si sono formate 5 delle 8 cooperative esistenti nella capitale del paese. Le più recenti sono state Viejo Jorge (attualmente Felipe Cardozo); Coop. Independencia de la 47

Come in questo paese viene chiamato il luogo di deposito finale dei rifiuti, ovvero la discarica. 48 Cooperative El Ceibo, Reconquista, El Orejano, e RENASER. 49 Vedi capitolo seguente: “Mappa Latinoamericana come Processo” Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Mujer, Coop. La Lucha, Coop. Bañados e Coop. Nuestro Sueño (actualmente desactivada), oltre alla cooperativa Juan Cacharpa, la prima cooperativa autonoma di clasificadores fondata nel 2005, e le due cooperative antecedenti dell’orbita della ONG San Vincente: CRECOEL e COCLAM (FERNANDEZ-PEREZ:2007). L’origine della maggior parte di tutte queste cooperative, sono generalmente legate alla volontà di agenti esterni al mondo del riciclaggio, sono legate all’appoggio che i riciclatori hanno ricevuto proprio a causa delle loro condizioni di estrema vulnerabilità ambientale e sociale a causa dello scarso peso economico e politico che riceve la loro attività. Questo avvolora, almeno in parte, una discussione che parte dalla considerazione degli aspetti sociali e dei supporti tecnologici che sono stati fondamentali per queste imprese, molti dei quali grazie a questo hanno avuto una crescita di indole simbolica (migliore autostima, migliore immagine di sè, appartenenza a un gruppo dove vi è ugalianza) politica (maggiore peso negli ambiti di discussione per ciò che concerne il loro lavoro) però le condizioni economico-produttive non hanno effettuato un salto qualitativo importante, forse perchè il riciclatore non è stato compreso come un ingranagio di un sistema economico

(Schamber, 2007) ma

piuttosto come un attore a cui prestare attenzione per la sua vulnerabilità sociale.

D’altra parte, le organizzazioni chiamate da alcuni “di secondo ordine” ovvero “di media e grande scala” sono nate dal basso con diverse modalità negli ultimi anni, e trattandosi di un processo estremamente dinamico, è giusto nominare anche altri tipi:

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a.

Federazioni:

Federación

Ecológica

de

Cartoneros

y

Recicladores, FECyR (Federazione Ecologica di Cartoneros e Recicladores), in Argentina dell’anno 2006 costituitasi così dopo la scomparsa dell’ “Unión de Trabajadores Cartoneros de Argentina” U.TRA.CA,

il Movimiento de Trabajadores

Excluidos, M.T.E, la Cooperativa Ecológica de Recicladores del Bajo Flores, la Cooperativa “el Álamo”, Cooperativa la Nueva Esperanza, e l’ Asociación Amanecer de los Cartoneros, tutte della città di Buenos Aires e provincia. b. Sindacati 50 : Unión de Clasificadores de Residuos Urbanos Sólidos, UCRUS in Uruguay fondato nel 2002. Fino al 2005 questo sindacato non contava organizzazioni di prima grandezza, fino a quando dopo il secondo Congresso Latinoaamericano di Catadores a San Leopoldo del Brasile si formò la prima cooperativa di clasificadores, oggi sono 6 le cooperative che fanno parte di questo Sindacato c.

Associazioni: Asociación de Recicladores de Bogota, ARB, costituita nel 1990 e composta da 23 associazioni esistenti nella stessa città che a sua volta fa parte dell’Associazione Nazionale dei Riciclatori della Colombia, ANR, formalizzata nel 1993 che è costituita da 11 organizzazioni regionali.

d. Reti: la Red Catasampa, a San Paolo nata nel 2006, la Red Cataunidos presso Minas Gerais, Catabahia a Bahía, e la 50

Nonostante in Cile esistano 3 organizzazioni sindacali registrate: il Sindicato de recuperadores de residuos sólidos de Talca, il Sindicato Independiente de Recolectores de Materiales Reciclables de Maipú, e il Sindicato Cartoneros Renacer, queste funzionano come strutture di primo ordine poiché costituite da riciclatori individuali e non da organizzazioni e imprese associative. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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CENTCOOP a Brasilia, ed infine la , Red de Santa Cruz di Sierra, in Bolivia, recentemente costituitasi nel maggio del 2008. e.

Movimenti Nazionali: il Movimento Nazionale dei Catadores di Materiali Riciclabili del Brasile, è stato il primo a nascere nel il secondo è stato il Movimiento Nacional de

2001;

Trabajadores

Cartoneros

Recicladores

y

Organizaciones

Sociales, MNT CryOS dell’Argentina, formalizzato all’inizio del 2006, ed il più recente Movimiento de Recicladores del Perù, MRP, della seconda metà del 2007 ed il Movimiento de Recolectores del Chile, MNRC, del novembre 2007.

Partendo dalla premessa che nessuna delle organizzazioni mensionate precedentemente

è

realmente

rappresentative

numericamente 51

interamente omogenea nelle composizione e ubicazione, tuttavia tutte queste, hanno iniziato a intraprendere una strada di negoziazioni e articolazioni su larga scala, emergendo come interlocutori fondamentali del mondo del riciclaggio, e hanno iniziato a costituirsi e articolarsi nel mezzo dell’informalità lavorativa e della disorganicità, generando discussioni e riconoscimenti concreti sul tema del riciclaggio e difendendo a ogni costo il lavoro dei propri membri riciclatori, da tutte le azioni repressive condotte contro questo settore. Alcune presentano dei tratti più marcati di solidarietà organizzativa e di una ampia rappresentazione dei riciclatori come base: il MNCR-MNRC-MRP si è costituito in Movimento con un grande sforzo a seguito della volontà di molti. 51 Le organizzazioni di wastepickers costituiscono una piccola percentuale che va dall’1 al 20% a seconda del paese e e sono rappresentative degli esempi apportati in questo articolo

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Nei casi più recenti del Cile e del Perù, grazie alla presenza e all’impulso della ONG Ciudad Saludable si sono unite 15 associazioni di raccoglitori nell’area metropolitana ed hanno come sfida principale l’ampliamento dell’area geografica e il rafforzamento organizzativo del Movimento. Nel caso cileno, con le iniziativ dell’ Asociación de Recolectores de la Serena (AREILS, la più antica del paese) e la ONG Casa de la Paz, che insieme con la Fondazione Avina hanno effettuato nel 2007 l’unificazione di 16 associazioni più piccole coprendo un territorio che va da Copiapò (Nord) a Temuco (Sud), mantenendo come con il Movimento del Perù l’importante sfida di consolidamento e ristrutturazione organizzativa. Nel suo specifico, il caso Argentino, si presta a complesse modalità di analisi, per le sue peculiari differenze con gli altri paesi del continente, conta almeno 3 Movimenti di Cartoneros distinti: il Movimiento Nacional de trabajadores Cartoneros MOCAR, il sopra citato MNT CryOS, ed il Movimiento de Trabajadores Excluidos MTE, fortemente legato alle organizzazioni di riciclatori. E’ difficile ritrovare alle origini di questi chiarità e consistenza così come presentare gli attuali processi di accrescimento con ampia partecipazione di base dei riciclatori, al contrario, sembra esser, come dimostrerà il brano che segue, un prodotto generato da una sovra-struttura, a partire dalle intenzioni di un piccolo gruppo di individui, che non fanno per forza il lavoro di riciclatori.

L’8 Ottobre 2005, presso la città di Salta si sono riuniti i compagni dell’Associazione Luis Alberto Núñez de la ADS" (Associazione di Disoccupati di Salta), Héctor Balbastro della "Asociación de Obreros Desocupados de Santa Fe", e René Alberto Cruz della "Cooperativa Padilla Ltda.", con il fine di stabilire il “MNT CRyOS” Movimiento Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Nacional de Trabajadores Cartoneros, Recicladores y Organizaciones Sociales de Argentina (Movimento Nazionale di Lavoraori Cartoneros, Reciclatori e Organizzazioni Sociali dell’Argentina) 52

E’ importante rimarcare il fatto che sebbene le finalità possano esser condivise da molte organizzazioni di secondo ordine presenti in in questo paese, i cammini attraverso cui si è costituito risultano ben poco articolati nel loro avvio, voluto piu che altro da una vasta gamma di attori a cui sta a cuore la tematica dei cartoneros e in minor parte gli stessi cartoneros.

Al contrario in Brasile, gli attori che provenivano dalla Caritas, dalla OAF 53 , dal Forum Lixto&Cidadania, UNICEF, dalla Fondazione Luterana, ecc.unirono 1700 catadores durante il Primo Congresso Nazionale dei Cadadores del 2001, hanno reso possibile la creazione di un Movimento Nazionale così consistente nel suo processo che tutt’oggi continua il suo lavoro e cresce, con l’appoggio di varie entità sia istituzionali che private (nel 2006 l’appoggiavano 44 cooperative, per un valore totale di 36 milioni di reali attraverso la Banca Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale, 10 milioni sono andate all’appoggio delle reti di cooperative e il commercio per la compagnia Petrobras durante l’anno 2007, e 31 milioni sono previsti per il biennio 2008-2010).

52

Estratto da “Breve Historia del Movimiento de Cartoneros y Recicladores” (“Breve Storia del Movimento dei Cartoneros e Riciclatori”) http://ar.geocities.com/movimientonacionalcartoneros/1_BreveHistoria.html ultimo accesso 29/04/08 53 L’Organizzazione dell’Aiuto Fraterno, è stata per anni il supporto di riferimento del Movimento Nazionale di Catadores del Brasiele, prima che questo si costituisse giuridicamente .e potesse dialogare direttamente con le istituuzioni Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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A livello istituzionale, l’importanza raggiunta dal MNCR a partir dal Forum Lixo&Cidadania del 2004 è dimostrata dalla formazione del Comitato Interministeriale di Inclusione dei Catadores di Materiali Riciclabili, che vede presenti al suo interno: il Ministero della Scienza e della Teconologia, il Ministero dello Sviluppo e dell’Industria e del Commercio, il Fondo Nazionale per l’Ambiente, il Ministero delle Città e delllo Sviluppo Sociale. Un anno dopo la creazione di questo Comitato, si è deciso da parte del MNCR di effettuare uno studio per analizzare il costo generali dai siti di lavoro dei catadores; in questo studio è il presupposto per un progetto milionario voluto dal governo del Presidente Lula attraverso il Ministero dello Sviluppo Sociale, MDS, per lo sviluppo delle capacità professionali del MNCR e il rafforzamento delle sue basi organiche (cooperative, associazioni e raccoglitori individuali) secondo il seguente schema:

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SCHEMA ORGANIZZATIVO MNCR

Fig. 2 – Schema di funzionamento del MNCR, Lucia Fernandez – fonte di consultazione Debora Loli – MNCR

Nonostante il modello brasiliano risulti molto incoraggiante per la sua strutturazione interna e per ciò che si è raggiunto, tuttavia sono in corso valutazioni di questi processi di articolazione di attori ed organizzazioni, sull’impatto rale a livello produttivo ed economico dei propri membri, con l’obiettivo di cercare la frattura esistente tra le organizzazioni di secondo Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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ordine di tipo meramente politico-dialettico, passando attraverso una composizione di associazioni che sono legate tra loro da vincoli relazionali di commercio e produzione, così come la difesa del lavoro e i piani sindacali. E’ così che i menzionati casi della RedCatasampa 54 a San Paolo e la Cooperativa Cataunidos 55 a Minas Gerais, e CENTCOOP a Brasilia operano come reti di commercializzazione, generando centri di valore aggregato del materiale a partire dalle cooperative di base e a loro volta sono membri del MNCR, dando dimostrazione di come le dimensioni economico-produttive siano effettivamente integrate nei movimenti politico-organizzativi. Entrambe le dimensioni si ritrovano in India, nel: SEWA che ha sviluppato la prima organizzazione sindacale, migliorando notevolmente le terribili condizioni legate a abusi continui sui da parte delle autorità creando la casta più svantaggiata dei waste pickers, così il SEWA, attraverso l’utilizzo di uniformi, carte di identificazione, partendo da tratti di identità comune ha fatto sì che questi lavoratori iniziassero a vedersi e sentirsi parte di un collettivo.

54

Questa rete è di tipo intermedio, e a differenza del Movimento di Raccoglitori del Cile, può esser visto a sua volta come una Rete di Associazioni di Scala Nazionale, la Red Catasampa opera principalmente nella regione di San Paolo, e conta 13 Cooperative Associate. 55 Costituita da 9 associazioni, all’inizio era una grande cooperativa federata, e oggi è maggiormente conosciuta come una Rete di Economia Solidaria e che si trova nelle regioni di Belo Horizonte, Betim, Brumadinho, Contagem, Ibirité, Igarapé, Itaúna, Nova Lima e Pará de Minas, articolandosi tra i suoi soci ha iniziato a inviare del materiale classificato all’Unità di Lavorazione della Plastica, saltando così le catene di intermediari, realizzando così processi di industrializzazione collettiva. Fonte: http://siteresources.worldbank.org/INTUSWM/Resources/463617-1190232794490/Dias.pdf Ultimo accesso 20/04/08

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Legandosi successivamente a imprese cooperative di base, dove l’obiettivo di migliorare la vendita e i prezzi dei materiali era centrale, supporta la diminuzione dello sfruttamento da parte degli intermediari e di conseguenza il miglioramento delle entrate economiche dei waste pickers. Questa intersezione di dimensioni fa si che, tra le altre cose, questo movimento non rimanga un processo sommerso e isolato di base, generalmente con scopi economici, che vede come unico obiettivo l’aumento di guadagni tramite l’associarsi, allo stesso vi sono movimenti di riciclatori che creano marce di protesta o conflitti politico-statali o alleanza meramente economiche (secondo gli indici di di spartizione che troviamo in questo tipo di associazioni nate esclusivamente per il “guadagno”, si creano alleanze con determinati partiti o entità per migliorare il livello di ingresso economico oppure si dedicano allo scontro costante con le autorità governative).

5. La mappa Latinoamericana come processo

All’inizio del 2005 nella città di San Leopoldo, in Brasile, è avvenuto il secondo Congresso Latinoamericano di Catadores di Materiali Riciclabili, dove parteciparono Argentina, Colombia, Uruguay e Cile, raddoppiando la presenza avuta durante il primo congresso avvenuto in Brasile nella città di Caxias do Sul nel 2003 (erano presenti solo Argentina e Uruguay). A partire da questo momento è iniziato a formarsi una prima articolazione rappresentanti di organizzazioni di riclatori di questi 5 paesi, che miravano alla costituzione di una Rete Latinoamericana di Organizzazioni di Riciclatori.

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Dopo due anni di comunicazioni a distanza e alcune riunioni rappresentative (Buenos Aires 2005 e Bogotà 2006) sono arrivate offerte di solidarietà e appoggio internazionale nei confronti di problemi concreti (confisca dei carri, sfratti violenti, negoziazioni istituzionali) quindi si sono stabilite delle piattaformi di richiesta comuni venute dalle discussioni dei riciclatori, da investigazioni e delle richieste di soluzioni concrete. E’ stato nel 2006 che la Fondazione Avina per lo Sviluppo Sostenibile in America Latina, una delle prime a lavorare su questo tema in Brasile e in Cile, chiese di partecipare attivamente nel processo di rafforzamento locale e articolazione interna delle organizzazioni dei riciclatoi attraverso due distinti uffici nel resto del continente e con i diversi rappresentanti-soci coinvolti in questo processo. Nel novembre del 2006 si è svolto a Bogotà, Colombia, un Congresso organizzato da questa stessa Fondazione Avina e dall’Associazione di Riciclatori di Bogotà, sull’articolazione fin’allora stabilita 56 e in quest’occasione si è deciso per un terzo congresso Latinoamericano. Si deve attendere il 2007 per vedere una nuova riunione rappresentativa nella città di Santiago del Cile con i rappresentanti di organizzazioni di diversi paesi membri e tecnici della Fondazione Avina (parteciparono Colombia, Brasile e Cile) dove si definirono aspetti operativi interni della Rete 57 e si è stabilita una alleanza di lavoro con la Rete di Donne dell’Economia Informale (WIEGO – India) e il Gruppo di Collaborazione nei Residui Solidi nei Paesi a Basso-Medio Reddito (CWG) attraverso i

56

Presentazione di Lucía Fernández “Algunas cuestiones en la articulación de los recicladores” 57 Per esempio: Segreteria itinerante annuale con base presso La Serena del Cile, il riciclatore Exquiel Estay responsabile e Lucia Fernandez con figura di tecnica di sostegno. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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membri che si occupano del Settore Informale (settore informale del riciclaggio) Sicuramente queste reti hanno un imprinting globale, la prima con una forte incidenza in Asia e in Africa fondamentalmente attraverso le organizzazioni di lavoratori dell’economia informale e i tecnici e la seconda con base in Svizzera e con membri di diversi continenti, con un profilo di sostegno tecnico e alleanzadi consultazione sul tema della gestione integrata dei residui. Questa alleanza può esser vista principalemente come la realizzazione di una presa di coscienza delle organizzazioni di riciclatori che esistono, che tende a fornire una serie di dati per la costituzione di mappe che riassumano le informazioni strategiche capaci di descrivere il potenziale (JAUREGUI 2005) per lo sviluppo del terzo Congresso Latinoamericano, con l’obiettivo del Primo Congresso Mondiale di Ricicladores.

E così che di è iniziato a sentire la necessità di una mappa globale delle organizzazioni di ririclatori che segnalino esaustivamente ciò su cui prima non esisteva alcuna informazione chiara. A partire dal mese di settembre 2007, diversi rappresentanti ricilatori coinvolti nel processo di articolazione delle organizzazioni negli anni precedenti, hanno iniziato a viaggiare per il continente, esplorando nuovi territori e creando i nuovi contatti con nuove organizzazioni con direttamente con riciclatori individuali.

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Fig. 3 Immagine originale de Mapeo de Organizaciones de RecicladoresCWG-fonte:Lucia Fernandez

Nella figura 3 si possono notare gli accordi con le diverse organizzazioni di riciclatori coinvolti, dove ognuno ha definito i propri rappresentanti per la

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realizzazione della raccolta dei dati nei differenti paesi 58 . E’ stata elaborata, congiuntamente con la mappa realizzata per l’Asia nello stesso periodo, una piantina di rilevamento di informazioni di base per diffondere informazioni e per dare il via agli inviti del primo Congresso Mondiale e al terzo Congresso Latinoamericano e l’elaborazione di informazioni corrette attraverso le informazioni e le percezioni ottenute tramite i viaggi dei riciclatori. Questo progetto-esercizio è sato un processo 59 molto importante per la sua caratteristica di inversione dei classici ruoli, solitamente il “tecnicoconsulente” ricerca e coordina, insieme con altri di altri paesi per la realizzazione di un campione, in questo caso organizzativo, che diventi poi il prodotto della presentazione di un “Informe sulle Organizazioni di Riciclatori dell’America Latina. Al contrario, in questo caso, i tecnici 60 coinvolti in questo processo sono stati al servizio e a disposizione delle decisioni prese dai riciclatori, generando una dinamica di rafforzamento e partecipazione di questi ultimi, che ha permesso tra l’altro il sentirsi parte di un progetto comune e l’esser protagonista di una sfida importante: identificare e sensibilizzare la popolazione con cui si entra in contatto alla tematica del processi di organizzazione dei riciclatori e la socializzazione

58

Exequiel Estay per AREILS Chile, Severino Lima per il MNCR Brasil, Silvio Ruiz Grisales, Maria Eugenia Duque, Myriam Herrera per l’ARB Colombia e Darío Castro per ANR Colombia. 59 Nel maggio 2008 si devono realizzare i viaggi nella zona del Centroamerica (Messico, Cuba, isaranno i primi, El Salvador, Nicaragua e Panama a seguito del Congresso Mondiale) si vuole estendere il processo anche a Guatemala, Porto Rico e Costa Rica. 60 La costituzione della mappa ha contato sull’appoggio degli uffici decentralizzati della Fondazione Avina, che permisero per esempio l’assegnazione di un ammontare economico per le diverse organizzazioni per la realizzazione dei vari viaggi, così come una segreteria tecnica che ha coordinato l’entrata delle informazioni, la sintesi delle informazioni, l’elaborazione della pianta di rilevamento dei dati coordinata con l’Asia e una diffusione virtuale iniziale dei dati dei paesi da mappare. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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al processo organizzativo a livello Latinoamericano e l’invito alla partecipazione al Congresso dei riciclatori nel mese di marzo 2008. (Darío Castro, Presidente della Asociación de Recicladores de Colombia A.N.RVisita Informale in Venezuela, novembre 2007). D’altra parte, i risultati principalmente ottenuti evidenziano da una parte interessanti analisi e/o attività non previste originariamente come l’identificazione dei organizzazioni di intermediari o l’ostacolo da parte delle autorità comunali all’organizzazione dei riciclatori: Si sono identificati intermediari e riciclatori e riciclatrici non organizzati. Nella discariche vi è grave povertà, un elevato numero di reciclatori che però non hanno nessuna intenzione di organizzarsi e le organizzazioni che si incontrano sono solo quelle degli intermediari. (Darío Castro, visita alla discarica della città di Sancristobal, Venezuela e Identificazione della popolazione che lavora come - 9 novembre 2007). Nel momento in cui siè avvertita la necessità di una organizzazione formalmente e legalmente riconosciuta gli amministratori del Comune immediatamente hanno detto che non era assolutamente necessario che avrebero portato avanti accordi in maniera verbale e in nessun momento sarebbe stato necessario che i “guajeros” (i riciclatori) si organizzassero. (Maria Eugenia Duque, visita al Discarica di Guatemala, 8 gennaio 2008.) Sicuramente, il rilevamento dei dati attraverso la piantina proposta 61 non permette di apportare una quantità di informazioni sufficienti per una analisi completa del fenomeno nel continente.

61

La suddeetta cartina o piantina di rilevamento presentava una quantità di informazioni così raggruppate: Dati del Contatto, della organizzazione, attività ralizzate dall’organizzazione rilevata, alleanze storiche dell’organizzazioni e possibili alleanze future. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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L’eterogeneità nella composizione di queste relazioni, ha fato sì che nel rilevamento dei dati realizzato su Perù, Cile, Equador o Guatemala informazioni approfondite che vanno dalle quantità di residui raccolti per associazioni alle alleanze storiche di queste, mentre in Bolivia, in Argentina e in Paraguay non si è sicuri se sia stata utilizzata la cartina di rilevamento come strumento, poichè ha comportato mesi di discussioni tra gli attori individuati, visite alle officine ai terreni ecc.

6. Il Congresso Mondiale

Dal l’incontro,dall’afflusso di nomi, di categorie, di parole, di affermazioni qualcosa è nato. A partire da una idea precisa di provenienza indistinta, idee differenti che circolavano liberamente, qualcosa si sta componendo. Entriamo nel campo dell’immanenza, della concretezza, noi creiamo le nostre (la nostra) attività che ci danno forma; esistiamo. 62

“Recicladores Sin Fronteras”(Riciclatori Senza Frontiera) è stato il nome proposto nel workshop di preparazione del Congresso Mondiale dei Riciclatori, nella città di Giradot, Colombia nel mese di novembre 2007 evento che si è svolto nel passato marzo 2008 nella città di Bogotà, Colombia. A questo evento hanno partecipato 35 paesi 63 di tutti i continenti e la sua convocazione si è stata divulgata attraverso i contatti creati durante i lavori 62

Lewkowicz Ignacio,2006 Pensar Sin Estado, La subjetividad en la era de la fluidez (“Pensare Senza lo Stato: La soggettività nell’era della fluidità”). pag 233. 1ª, Edizione. 2ª ristampap. Buenos Aires: Paidós 63 Paesi dell’Ameica Latina: Argentina, Cile, Perú, Haití, Brasile, Bolivia, Messico, Porto Rico, Nicaragua, Costa Rica, Guatemala, Equador, Paraguay, Uruguay, Venezuela e Colombia. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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per la costituzione della Mappa Globale delle Organizzazioni di Riciclatori ed anche attraverso i canali più imprevedibili di contatti “virtuali” che il mondo di Internet oggi permette. Nella società attuale, attraversata da conflitti di non-conoscenza tra le diverse parti che la compongono, il primo compito di un evento consiste nel riunire le differenti parti intorno a un tavolo di discussione per espimere le proprie posizioni già questo in se stesso costituisce un grande contributo nella ricerca di soluzioni (JAUREGUI:2005)

Non hanno partecipato unicamente organizzazioni di riciclatori, durante questi giorni a partire dal 1 al 4 marzo, hanno preso parte anche organismi del Governo, Agenzie Internazionali per la Cooperazione, ONG, Fondazioni e Istituti di Ricerca hanno preso parte per dibattere intorno alle aree tematiche di discussione proposte dal Congresso. 64 Lo stesso si è ritrovato in un progetto più ampio di costituzione di una Rete Mondiale di Riciclatori, proposto dalla prima menzionata Rete WIEGO, con l’appoggio e l’alleanza delle altre entità per la sua organizzazione tra cui per esempio la Fondazione Avina, il CWG e l’Associazione di Riciclatori di Bogotà che ha oprato come Segreteria e Organizzazione Locale. La prima difficoltà incontrata per perseguire questo obiettivo è stata la differenza di avanzamento, dei tempi e di maturità dei processi di organizzazioni avviati nei diversi continenti. Per esempio in Asia, l’India è molto avanti in quanto a organizzazione dei riciclatori, non solo sul piano

Paesi dell’Afica: Sudafrica, Egitto, Kenya. Paesi dell’Asia: India, Filipine, Nepal, Cambogia, Indonesia, Hong Kong, Paesi del Nord America: EEUU, Canada. Pesi dell’Europa: Olanda, Svizzera, Germania, Spagna, Italia, Turchia, Inghilterra e Albania. 64 Tutte le informazioni della convocazione così come sono state presentate all’evento si possono tovare qui: www.recicladores.net Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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locale bensì sull’intera aticolazione di tutto il paese intorno al tema, mentre gli altri paesi sono piuttosto deboli per quanto riguarda questo processo, risulta così difficile pensare ad un’articolarsi di riciclatori individuali come rappresentanti di un paese, all’interno di una grande alleanza globale. Il caso dell’Africa è abbastanza simile, qui i riciclatori non hanno una stabile organizzazione di

base, così

un articolazione

modiale

solo

tra

rappresentanti, non forti di una stabile base organizzata, può diventare rischiosa e difficile. Proseguendo con il discorso originario di Lewkowicz, parlare di un “noi collettivo”, fa mancare consistenza ai componenti precedentemente determinati. Il “noi collettivo” in momento ed epoca di fluidità come è l’attuale, non si può non appoggiare su degli assi strutturali che non siano la creazione di situazioni, si può chiamare “noi collettivo” ciò che si compone a partire dagli incontri, e non a partire da elementi semplici. E’ così che la sfida che sembra si sia instaurata a partire da questo grande evento è lontana dal volersi porre come una cornice strutturante, bensì come ha detto in un’intervista Gustavo Plata Velasquez, un reciclatore colombiano: a partire da questo momento comincia una nuova fase per la comunità riciclatrice perchè sappiamo che seguiranno importanti processi.... 65 Sebbene non sapiamo con certezza a quale tipo di processo Gustavo facesse riferimento, per certo ancora una volta, un evento dove partecipa un soggetto che si incontra con altri, va a creare un “noi collettivo” che è senza 65

Intervista realizzata per la Fundación Ecourbano di Entre Ríos, Argentina durante il Congresso Gustavo Plata Velásquez, membro della Cooperativa Asidero, appartenente alla Asociación de Recicladores de Colombia. Disponibile http://www.ecourbano.org.ar/ (ultimo accesso 26/05/2008)

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dubbio estremamente concreto: non è semplicemente una struttura (vuota). E questo “noi” continuando con Lewkowicz, ha la stessa difficolta di qualsiasi coesione in un sistema fluido: il continuo alterarsi delle condizioni in cui ci si incontra. Per questo l’incontro non può esser un momento di incontro in se stesso, bensì un processo dell’incontrarsi permanentemente. Un chiaro esempio che tutti abbiamo vissuto in un momento della nostra vita sono le quantità di idee e progetti che vengon dall’incontrarsi, dal semplice fatto di conoscersi e scambiarsi idee, anche per brevi momenti, senza dubbio la quotidianità è il più forte impulso di cambiamento. E così forse la cosa più importante è il valore simbolico della situazione senza aspettarsi troppo di più. “Mi sembra che esista un “prima” e un “dopo” evento. Prima, eravamo un gruppo di stolti in questo mondo, che aveva un sogno a livello nazionale, locale e regionale. Oggi siamo un gruppo a livello mondiale che cerca di rivendicare i diritti umani. Questa storia ci permette di entrare negli scenari, questo evento ci apre una strada che mai prima abbiamo percorso...Passiamo dall’esser invisibili al proporre un modello di sviluppo dove si tenga conto la partecipazione, l’organizzazione e prima di tutto i diritti e la passione sociale che abbiamo in Colombia, passione che i governi per cento anni hanno disconosciuto.” (Gustavo Plata Velásquez)

7. Conclusioni

1) Logiche di concentrazione spazio-lavorative intorno alla tematica dell’informalità e dei residui sono le soluzioni presentate per il tema “problema dei riciclatori di residui”. Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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Dobbiamo ripensare le modalità di articolazione politica ed economica tra i riciclatori ( e non necessariamente con modalità accentrate) come alternative valide per migliorare le condizioni di vita, che prevede l’unione di un maggiorn numero di riciclatori (sia di gruppi che di individui). Questi possono così operare come organismi di dialogo con le autorità che si incontrano quando si devono cercare delle soluzioni a problematiche che preoccupano in gran parte la societò, trovando così dei punti di incontro favorevoli a più soggetti grazie alla ricerca congiunta di soluzioni. 2) Le soluzioni che hanno portato alla creazione di “piante del riciclo” (con capannoni per il riciclo) sono viste la maggior parte delle volte con molto interesse da alcuni gruppi di riciclatori, generalmente coloro che sono più propensi ad organizzarsi lavorativamente, però si devono studiare i reali impatti e i risultati economici di questi imprendimenti, se si considera che le iniziative nate a partire da richieste del settore o ottenute attraverso gli organismi governativi, non sempre sono auto-sostenibili, se non addirittura, al contrario totalmente in balia dei sussidi esterni, e ciè è un rischio potenziale per l’autonomia e lo sviluppo del lavoro del riciclatore. 3) I vincoli relazionali tra i membri delle organizzazioni di secondo ordine devono tendere ad esser complementari in entrambe le dimensioni; sindacale ed economica e perciò è fondamentale la solidarietà tra i membri e l’autonomia da fonti economiche o/o politiche esterne. Le alleanze desiderabili vanno da quelle possibili all’interno delle relazioni tra imprese di base del piccolissimo quartiere all’ articolarsi più complesso su scala Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio

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nazionale è importante che si congiungano attraverso una rete di commercio e alleanze politche. 4) Le differenze di risultati nella Mappa Latinoamericana di Organizzazioni

ci

fanno

riflettere

sulle

volontà-razionali

scientifiche in cui siamo coinvolti in questo compito di accompagnamento e sostegno tecnico, così come devono riflettere le entità donatrici, a cui chiediamo di perseguire obiettivi “visibili” a breve termine, piuttosto che pianificare risultati a largo respiro. (IFAD:2000) senza prendere in considerazione le particolari dinamiche e i processi lavorativi e organizzativi dei riciclatori coinvolti. 5) La creazione di reti e/o articolazioni globali devono partire dalla premessa di una forte concretezza e responsabilità dei divrsi nodimembri di base, questo permetterà di passare a processi relazionali tendenti all’elaborazione di piani lavorativi importanti, con impatti di medio e lungo termine e utilizzeranno gli eventi come momento di riferimento di un processo più ampio e consensuale.

Se l’arbitrarietà dei greci nell’unire i punti più luminosi in costellazioni, ci ha fatto riconoscere e dopo 2006 anni, tutt’oggi ci fa riconoscere le costellazioni come “Orione”, il “Sagittario” e molte altre ancora, nello stesso modo dobbiamo comprendere che le articolazioni di riciclatori a livello locale, regionale o globale non sono composizioni arbitrarie e poco rappresentative numericamente di questo settore, quando queste dimostrano trasparenza e concretezza nei loro processi di costituzione e stabilità, possiamo vedere in loro alternative valide.

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Lucia Fernandez ha accompagnato e sostenuto dal 2003 al 2008 i processi di Organizzazione Sindacale e Cooperativa dei clasificadores dell’Uruguay, è stata una delle prime responsabili della nascita e dello sviluppo della Rete Latinoamericana di Riciclatori negli ultimi tre anni e ha coordinato il Congresso Mondiale dei Riciclatori.

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autori: Poornima Chikarmane Lucia Fernandez Laila Iskander Pietro Luppi Lakshmi Narayan Cecilia Ruberto Pablo Schamber Reka Soos Noemi Stanev


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