Il sapere urbano dei clasificadores
Michele Carpani & Lucia Fernandez
In termini generali il pensiero architettonico che attraversa tutte le linee d’azione degli interventi statali dagli anni Sessanta ad oggi è simile in un punto: i territori spontanei, gli insediamenti irregolari o informali, sono visti come un problema da risolvere, eliminare, sradicare, ma in nessun caso vengono analizzati o studiati i contributi portati dai suoi abitanti alla città in termini di coesione economica, sociale e ambientale1. Non esistono, a tutt’oggi, analisi statistiche realizzate sull’incidenza delle attività economiche che sorgono nei territori spontanei sull’economia formale e sul funzionamento della città. Si conoscono le statistiche sulla violenza e la paura generate dalla presenza degli insediamenti informali, ma per quanto riguarda il loro apporto positivo, non esiste una conoscenza certa. Michael Foucault in Des espaces autres2 descriveva come “eterotopie di crisi” quei luoghi privilegiati, sacri o proibiti, riservati a quegli individui che si trovano, in relazione alla società e all’ambiente umano in cui vivono, in uno stato di crisi: per esempio gli adolescenti, le partorienti, gli anziani. Foucault sosteneva che le eterotopie di crisi proprie delle società del passato stessero scomparendo, sostituite da eterotopie di deviazione, vale a dire, spazi dove vengono collocati coloro il cui comportamento appare deviante in rapporto alla media e alle norme imposte, come le cliniche psichiatriche, le carceri e i ricoveri per gli anziani. A questi esempi bisognerebbe aggiungere i territori cresciuti e abitati spontaneamente, gli insediamenti irregolari, le favelas, gli slums come eterotopie di deviazione del XXI secolo, dove gli abitanti vivono con i resti della città. Foucault connette inoltre le eterotopie alla dimensione temporale: nelle “eterocronie” infatti gli uomini si incontrano in una sorta di rottura assoluta con il loro tempo tradizionale. Ad esempio, nella Montevideo del XXI secolo, i carri a cavallo, utilizzati come mezzo di trasporto tradizionale nell’era pre-fordista, sono una sorta di eterocronia, una chiara constatazione dell’illusione del progresso tecnico ed economico. La rimozione dei carri da parte delle autorità municipali è peraltro piuttosto frequente e viene contestata da parte dell’unione sindacale dei clasificadores de residuos urbanos poiché non esiste una legislazione specifica in questo senso, ma è frutto di valutazioni soggettive sul disagio procurato al traffico e sugli odori sgradevoli nelle zone centrali3. 1 Il presente articolo utilizza alcuni estratti dalla tesi di Master in Architettura della Ecole nationale supérieure d’architecture de Grenoble di Lucia Fernandez. 2 Michel Foucault, Spazi altri. I luoghi delle eterotropie, Mimesis, Milano 2002. 3 I clasificadores o classificatori sono lavoratori informali che raccolgono dai domicili materiale da riciclare e/o
Michele Carpani (Genova, 1982), laureando in Progettazione Urbana alla Facoltà di Architettura di Roma Tre. Da qualche anno impegnato in ricerche sull’abitare informale e in lavori insieme a diverse comunità rom, tra cui la partecipazione alla costruzione di Savorengo Ker, la casa di tutti con il gruppo Stalker/ ON e la collaborazione con la trasmissione radiofonica Interferenze Rom su Radio Popolare Roma. michelecarpani@gmail.com Lucia Fernandez ha studiato architettura presso la Facoltà di Architettura di Montevideo, in Uruguay, dove ha insegnato nei laboratori di progettazione di Sprechamann e Danza fino al 2004. Dal 2008 si trova in Francia per completare la sua formazione tra la Facoltà di Architettura di Grenoble e la Facoltà di Filosofia di Lione. Il suo lavoro permanente con i riciclatori di Montevideo, dell’America Latina e dell’India, l’ha portata a lavorare come coordinatrice per il progetto WIEGO.
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