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John P ip e r
Dio è il vangelo Riflessioni sull’amore di Dio quale dono di sé stesso
Jo hn Pi p er
Dio è il vangelo Riflessioni sull’amore di Dio quale dono di sé stesso John Piper Proprietà letteraria riservata: BE Edizioni di Monica Vieira Pires P.I. 06242080486 Via Costa dei Magnoli 19 50125 Firenze Italia God Is the Gospel Copyright © 2005 by Desiring God Foundation Published by Crossway a publishing ministry of Good News Publishers Wheaton, Illinois 60187, U.S.A. This edition published by arrangement with Crossway. All rights reserved. Coordinazione Editoriale: Filippo Pini Traduzione: Roberto Cappato Revisione: Stefania D’Ascenzo, Teresa Castaldo Impaginazione: Paola Lagomarsino Copertina: Elena Moretti Stampa a cura di Andersen S.p.a. Finito di stampare nel mese di Maggio 2013 Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Nuova Riveduta, Società Biblica di Ginevra. ISBN 978-88-97963-05-9 Per eventuali ordini: www.beedizioni.it È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, anche ad uso interno didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto verso l’autore e gli editori e mette a rischio la sopravvivenza di questo modo di trasmettere le idee.
Ad Abraham e Molly Piper che stanno improntando insieme il loro matrimonio e la loro musica sul supremo dono d’amore. Da te la vita nostra ci deriva e a te se ne va. E a viver cominciamo. La vita sei, di tutto ciò che vive e di ogni cuore il cuor. E il dono che tu ci fai sei tu stesso.
SOMMARIO RINGRAZIAMENTI
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INTRODUZIONE: Ciò di cui il mondo ha più bisogno – Il più grande dono del vangelo: Dio. 9 CAPITOLO 1 Il vangelo – Proclamazione e spiegazione.
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CAPITOLO 2 Il vangelo – Il significato in prospettiva biblica. CAPITOLO 3 Il vangelo – “Ecco il vostro Dio!”
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CAPITOLO 4 Il vangelo – La gloria di Cristo immagine di Dio.
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CAPITOLO 5 Il vangelo – Confermato dalla sua gloria. La testimonianza interna dello Spirito Santo. 89 CAPITOLO 6 Il vangelo – La gloria di Cristo nell’evangelizzazione nelle missioni e nella santificazione. 103 CAPITOLO 7 Il vangelo – La gloria della beatitudine di Dio.
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CAPITOLO 8 Il vangelo – La gloria di Cristo quale fondamento di una contrizione che dà gloria a Cristo. 127
CAPITOLO 9 Il vangelo – Il dono che Dio fa di sé stesso al di sopra e in tutti i suoi doni di salvezza e di sofferenza. 143 CAPITOLO 10 Il vangelo – Il dono che Dio fa di sé stesso al di sopra e in tutti i suoi doni di piacere. 161 CAPITOLO 11 Il vangelo – Cos’è che in definitiva lo fa buono: il contemplare la gloria o l’essere nella gloria?
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Epilogo: Dio è il vangelo – Ora offriamogli dei sacrifici di lode e cantiamo. 201
RINGRAZIAMENTI
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rima di tutto, dico a Gesù Cristo: “Ti celebrerò perché mi hai risposto e sei stato la mia salvezza... Così ti ho contemplato nel santuario, per veder la tua forza e la tua gloria. Poiché la tua bontà vale più della vita, le mie labbra ti loderanno” (Salmi 118:21; 63:2-3). Poi dico a Noël e a Talitha: grazie perché mi avete amato anche quando sparivo nel mio studio, nei lunghi giorni in cui sono stato impegnato a scrivere questo libro. Grazie per aver vissuto il vangelo con me. In terzo luogo, ringrazio il team di coloro che mi sostengono in preghiera. Grazie per la vostra quotidiana intercessione e perché combattete al mio fianco contro Satana, il peccato, l’aridità e la frustrazione. Nella sua misericordia, Dio ha risposto. In quarto luogo, un grazie ai collaboratori e agli anziani della chiesa battista Betlehem. Grazie per avermi lasciato la libertà di scrivere e per i sacrifici che avete fatto, spinti dalla visione di promuovere l’entusiasmo per la sovranità di Dio in ogni cosa, in particolare nel vangelo. In quinto luogo, un grazie a Justin Taylor e Carol Steinbach, del team di Desiring God. Grazie per la profondità teologica, gli accorgimenti editoriali e per il prezioso impegno nella compilazione degli indici, oltre che per la proficua collaborazione nella difesa della verità che, quanto più noi troviamo il nostro appagamento in Dio, tanto più egli è glorificato in noi. Infine, un ringraziamento a Jonathan Edwards e a John Owen, la cui visione delle manifestazioni della gloria di Cristo è stata per la mia anima un raggio di luce e di vita spirituale.
Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio. 1 PIETRO 3:18
INTRODUZIONE: CIÒ DI CUI IL MONDO HA PIÙ BISOGNO – IL PIÙ GRANDE DONO DEL VANGELO: DIO
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i rimane sgomenti, oggi – come a ogni generazione – nell’assistere alla facilità con cui ci si allontana dalla concezione che vede in Dio stesso il più entusiasmante dei doni dell’amore divino. È incredibile quanto sia raro che egli sia annunciato quale il dono supremo del vangelo. Eppure, la Bibbia insegna proprio che il dono più grande, il dono ultimo dell’amore di Dio è quello di godere della sua magnificenza. “Una cosa ho chiesto al Signore, e quella ricerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore, e meditare nel suo tempio” (Salmi 27:4). Il dono supremo e ultimo del vangelo è ciò che guadagniamo in Cristo: “Ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo” (Filippesi 3:8). Questo è l’onnicomprensivo dono che, nel suo amore, Dio ci fa per mezzo del vangelo: vedere e assaporare la gloria di Cristo, per sempre. Al posto di questa verità abbiamo trasformato l’amore di Dio e il vangelo di Cristo in un’approvazione divina del nostro compiacerci in molti aspetti minori, a cominciare dall’essere considerati importanti, che ci fa sentire tanto bene. L’impietoso banco di prova su cui valutare l’effettiva centralità di Dio – e dunque la tua fedeltà
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al vangelo – è questo: ti senti più amato perché Dio ti considera importante o perché, al costo del sacrificio di suo Figlio, ti ha donato la capacità di gustare il privilegio di considerare lui importante, per tutta l’eternità? La tua felicità dipende dal fatto che vedi la croce di Cristo come testimonianza del tuo valore o come mezzo grazie al quale potrai rallegrarti eternamente del valore di Dio? Dal primo peccato nel giardino dell’Eden, fino al giudizio finale del gran trono bianco, gli esseri umani continueranno ad abbracciare l’amore di Dio come dono di tutto, fuorché di lui stesso. Sì, una miriade di doni scaturisce dall’amore di Dio e il vangelo di Cristo annuncia la notizia che, con la sua morte, egli ha acquistato miriadi di benedizioni per la sua sposa. Ma nessuno di questi doni porterà alla gioia suprema se non avrà prima portato a Dio. E nessuna delle benedizioni del vangelo sarà goduta da nessuno che non riconosca nel Signore stesso il dono supremo del vangelo. L’AMORE DIVINO COME SOSTEGNO DELL’AUTOSTIMA? È davvero triste che la nostra cultura e le nostre chiese siano permeate da una concezione radicalmente antropocentrica dell’amore. Fin da quando muovono i loro primi passi, insegniamo ai nostri figli che sentirsi amati vuol dire essere considerati importanti dagli altri. Abbiamo costruito interi sistemi educativi intorno a questa filosofia, che si tratti di carriera scolastica, del ruolo genitoriale, di strategie motivazionali, di protocolli terapeutici o di tecniche di marketing: l’uomo moderno ha difficoltà a immaginare un modo alternativo di sentirsi amato, rispetto a quello di ricevere attenzione. Se non mi consideri, vuol dire che non mi ami. Ma se si applica questa definizione all’amore di Dio, essa ne sminuisce la grandezza, ne svaluta la bontà e ci deruba della nostra beatitudine finale. Se il godimento di Dio non è in sé stesso il dono d’amore ultimo e supremo, allora è Dio a non essere il tesoro su-
Introduzione: Ciò di cui il mondo ha più bisogno – Il più grande dono del vangelo: Dio
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premo, il dono che egli ci fa di sé stesso non è la suprema grazia, il vangelo non è il lieto annuncio che i peccatori possono rallegrarsi nel loro Creatore, Cristo non ha sofferto per portarci a Dio e le nostre anime devono cercare – per essere pienamente felici – qualcos’altro, oltre a lui. Questa distorsione dell’amore divino, che viene trasformato in un sostegno dell’autostima, è qualcosa di subdolo, che si insinua nei nostri atti più religiosi. Proclamiamo di lodare Dio a causa del suo amore per noi. Ma, se in fondo, il suo amore per noi coincide con la considerazione che egli ha di noi, chi è in realtà a essere lodato? A quanto sembra, vogliamo che Dio sia il nostro centro, almeno fino a che egli tiene noi come suo centro. Vogliamo gloriarci della croce, finché essa rende testimonianza al nostro valore. Ma, allora, chi è il nostro vanto e la nostra gioia?1 UN GRANDE EGO O UN BELLISSIMO PANORAMA? Il nostro errore fatale è quello di credere che il bisogno di essere felici coincida con il bisogno di essere al centro dell’attenzione. Sembra così bello avere successo. Ma, in ultima analisi, la radice del
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Mi occuperò della questione di come godere correttamente dei doni di Dio – comprese le persone – nel capitolo 10. Per ora ci si limiti a considerare, a titolo di esempio, quanto dice Paolo in 1 Tessalonicesi 2:19: “Qual è infatti la nostra speranza, o la nostra gioia, o la corona di cui siamo fieri? Non siete forse voi, davanti al nostro Signore Gesù quand’egli verrà?” Rimane però la domanda: qual è la fonte, o la base, o il fondamento o l’obiettivo della sua gioia? È fuori questione che le persone ci arrechino gioia. È fuori questione che la nostra buona coscienza sia essa pure fonte di gioia (Romani 14:22). La domanda è: questa gioia in che rapporto si pone con Dio? Queste cose sono causa di gioia perché ci offrono una più alta visione di lui, ovvero perché ci portano verso di lui? Oppure lui è una gioia in quanto ci porta a queste cose?
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benessere sta nell’alta considerazione di sé e non nella grandezza di Dio. Una tale via verso la felicità è illusoria e ci sono degli indizi al riguardo. Ce ne sono in ogni cuore umano, anche prima della conversione a Cristo. Uno di questi indizi è che nessuno si reca nel Grand Canyon o sulle Alpi per accrescere la sua autostima. Difatti non è questo quel che ci accade, quando ci troviamo di fronte a profondissimi dirupi o a vette che si elevano fino al cielo. Eppure vi andiamo e lo facciamo perché ci piace. Com’è possibile questo, se l’essere noi al centro dell’attenzione è davvero il fulcro del nostro benessere e della nostra felicità? La risposta è che il fulcro non è questo. In quei fantastici spettacoli di luce, qualcosa testimonia nel nostro cuore che il benessere dell’anima e la vera felicità non derivano dall’ammirazione di un grande ego, ma dalla contemplazione di un bellissimo panorama. IL BENE SUPREMO MIGLIORE ULTIMO E DECISIVO NEL VANGELO Il vangelo di Gesù Cristo rivela l’essenza di quel panorama. Paolo lo chiama “la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio” (2 Corinzi 4:4). Due versetti dopo lo definisce “la gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo”. Quando affermo che Dio è il vangelo intendo che il bene supremo, migliore, ultimo e decisivo del vangelo, senza il quale nessun altro dono avrebbe valore, è la gloria di Dio che rifulge nel volto di Cristo, rivelata per la nostra eterna beatitudine. L’amore salvifico di Dio coincide con il suo stesso impegno a fare tutto ciò che è necessario per farci innamorare di ciò che ci procurerà il piacere più profondo e più durevole, vale a dire di lui stesso. Dal momento che siamo peccatori e non abbiamo nessun diritto e nessun desiderio di innamorarci di Dio, l’amore di Dio ha messo in atto un piano di redenzione che mette a nostra disposizione questo diritto e questo
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desiderio. La suprema manifestazione dell’amore di Dio consistette nel mandare il proprio Figlio a morire per i nostri peccati e a risorgere perché i peccatori potessero avere il diritto di accostarsi a Dio e sperimentare per sempre il piacere della sua presenza. Perché il vangelo cristiano sia davvero una buona notizia, esso deve offrire un dono capace di produrre un piacere totale ed eterno, un dono del quale dei peccatori immeritevoli possano appropriarsi e godere. Perché ciò avvenga, un tale dono deve rispondere a tre caratteristiche. In primo luogo, il dono deve essere acquistato per il sangue e la giustizia di Gesù Cristo, Figlio di Dio. I nostri peccati devono essere coperti, l’ira di Dio contro di noi deve essere rimossa e deve esserci imputata la giustizia di Cristo. In secondo luogo, il dono deve essere gratuito e non deve essere guadagnato. Non ci sarebbe nessuna buona notizia se dovessimo meritarci il dono del vangelo. In terzo luogo, il dono deve essere Dio stesso, al di sopra di tutti gli altri suoi doni. Costituirebbe un fraintendimento, per questo libro, se esso fosse visto quale svalutazione delle battaglie condotte per una concezione biblica dei modi e dei mezzi di cui Dio si è servito per realizzare e applicare la redenzione.2 Il fatto che questo libro si concentri
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Un altro modo per dire questo è che tutta la classica dichiarazione di John Murray in Redemption. Accomplished and applied (Grand Rapids, Mich., Eerdmans, 1955) è cruciale e non solo la parte conclusiva sulla “glorificazione”. Le nostre idee sulla necessità, la natura, la perfezione e la portata della redenzione, nonché quelle sull’efficacia della chiamata, sulla rigenerazione, sulla fede, sul ravvedimento, sulla giustificazione, sull’adozione, sulla santificazione, sulla perseveranza e sull’unione con Cristo, sono cruciali. Nulla di quanto vado affermando in questo libro dovrebbe essere utilizzato per minimizzare queste fondamentali dottrine bibliche. Al contrario, spero che il valore del fine (contemplare Dio stesso e assaporarlo in una beatitudine senza fine) ci renderà più attenti a preservare la verità dei mezzi.
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sull’incommensurabile valore del fine ultimo del vangelo dovrebbe aumentare e non sminuire il nostro impegno a non compromettere i grandi mezzi del vangelo, di cui Dio si è servito per condurci a lui. Il vangelo è la buona notizia della nostra beatitudine eterna e definitiva, quella che proviamo nella contemplazione della gloria di Dio che rifulge sul volto di Cristo. Il fatto che tale beatitudine abbia dovuto essere acquistata per i peccatori, al prezzo della vita di Cristo, irradia di uno splendore ancor più luminoso la sua gloria. Il fatto che essa sia un dono gratuito e immeritato la fa rifulgere ancora più brillante. Ma né il prezzo che Gesù pagò per quel dono né la sua immeritata gratuità sono il dono. Cristo stesso è il dono, in quanto gloriosa immagine di Dio, contemplato e assaporato in una beatitudine senza fine. SARESTI FELICE NEL CIELO SE NON CI FOSSE CRISTO? La domanda cruciale per la nostra generazione – e per ogni generazione – è questa: “Se potessi ottenere il cielo, libero da ogni infermità e attorniato da tutti gli amici che hai avuto sulla terra, con a tua disposizione i cibi che più ti piacevano, con la possibilità di dedicarti ai tuoi svaghi preferiti, di goderti gli spettacoli naturali più belli che tu abbia mai visto e le gioie fisiche più piacevoli che abbia mai provato, al riparo tanto dai conflitti umani quanto dai disastri naturali, potresti essere soddisfatto del cielo, se Cristo non ci fosse?” Per i leader cristiani la domanda è: “Predichiamo, insegniamo ed esercitiamo la nostra leadership in modo tale che le persone siano preparate a sentirsi fare questa domanda e a rispondere con un sonoro no?” Che cosa sono, per noi, il vangelo e l’amore di Dio? Ci siamo accodati al mondo in questa deriva dall’amore di Dio quale dono di sé stesso verso l’amore di Dio come dono di uno specchio, in cui ci piace ciò che vediamo riflesso? Abbiamo presentato il vangelo in modo tale che il dono della gloria di Dio che rifulge nel
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volto di Cristo occupa un posto marginale e non quello centrale e supremo? Se così è, la mia preghiera è che Dio possa servirsi di questo libro per risvegliarci dal nostro torpore e portarci a realizzare il valore supremo e l’importanza della “luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio”. Prego che le nostre opere ruotino sullo stesso punto attorno a cui ruotava il ministero di John Owen, il grande scrittore puritano del diciassettesimo secolo. Richard Daniels disse di lui: C’è un tema così importante per John Owen, da lui così spesso e così largamente citato, che chi scrive sarebbe portato a definirlo il punto focale della teologia di Owen... vale a dire la dottrina secondo cui nel vangelo contempliamo, per mezzo dello Spirito Santo donatoci da Cristo, la gloria di Dio che rifulge “nel volto di Cristo” e siamo pertanto trasformati secondo la sua immagine.3 STIAMO PREPARANDO LE PERSONE PER IL CIELO? Siamo realmente in condizione di poter dire che la nostra gente viene preparata per il cielo, dove Cristo stesso e non i suoi doni costituirà il sommo piacere? Se le persone affidate alle nostre cure non sono preparate a questo, ci entreranno mai? Quella fede che ci conduce in cielo, non è forse un’anticipazione del banchetto di Cristo? J. C. Ryle una volta predicò un sermone dal titolo “Cristo è tutto” dove, sulla base di Colossesi 3:11, disse: Ma, ahimè, quanto poco adatti sono al cielo quegli uomini che parlano di “andare in cielo” quando muoiono, senza minimamente manifestare una fede capace davvero di salvare, né alcuna 3
Richard Daniels: The christology of John Owen (Grand Rapids, Mich., Reformation Heritage Books, 2004); pg. 92.
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vera intimità con Cristo! In questo, non dai alcun onore a Cristo! Non hai comunione con lui, e non lo ami. Ahimè! Che cosa ci staresti a fare in cielo? Non sarebbe un posto adatto per te! Le sue gioie non sarebbero gioie, per te! La sua felicità sarebbe una felicità nella quale tu non potresti avere parte alcuna! Le cose che vi si fanno porterebbero stanchezza e peso al tuo cuore. Oh, pentiti e cambia, prima che sia troppo tardi!4 Non c’è nulla che renda una persona più adatta a essere utile sulla terra che l’essere ben preparata per il cielo. Ciò è dovuto al fatto che essere preparati per il cielo significa provare piacere nella contemplazione del Signore Gesù e contemplare la gloria del Signore significa essere trasformati a sua immagine (2 Corinzi 3:18). Nulla potrebbe essere di maggior benedizione per il mondo di un aumento del numero delle persone più simili a Cristo. Perché nella conformità a Cristo il mondo potrà vedere Cristo. CIÒ DI CUI IL MONDO HA PIÙ BISOGNO Quando celebriamo il vangelo di Cristo e l’amore di Dio e quando esaltiamo il dono della salvezza, facciamolo in modo tale che le persone possano scorgervi dentro Dio stesso! Possano, quanti ascoltano il vangelo dalle nostre labbra, sapere che la salvezza è il dono – acquistato con il sangue – di vedere e assaporare la gloria di Cristo. Che possano credere e dire: “Cristo è tutto!” O, per usare le parole del salmista: “Quelli che amano la tua salvezza dicano sempre: «Sia glorificato Dio!»” (Salmi 70:4). La grande proclamazione non è: “Sia glorificata la salvezza”, ma bensì: “Sia glorificato Dio!” 4
J. C. Ryle in un sermone dal titolo “Christ is all”, basato su Colossesi 3:11, in Holiness: its nature, hindrances, difficulties and roots (1877; ristampa, Moscow, Ida.; Ed. Charles Nolan, 2001), pg. 384.
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Possa la chiesa di Gesù Cristo proclamare, con crescente intensità: “Il Signore è la mia parte di eredità e il mio calice” (Salmi 16:5). “Come la cerva desidera i corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio” (Salmi 42:1). “Preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore” (2 Corinzi 5:8). “Ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio” (Filippesi 1:23). Non c’è nulla di cui il mondo abbia più bisogno che di vedere la maestà di Cristo nelle parole e nelle opere del suo popolo in trepida adorazione. Questo non succederà fino a quando la chiesa non si scuoterà dal suo torpore e non farà propria la verità che l’amore salvifico di Dio è Dio stesso e che Dio stesso è il vangelo.
La gloria di Dio che rifulge nel volto di Cristo Questo libro ci sprona a contemplare Dio stesso, la cui più fulgida e compiuta rivelazione si trova nella morte e nella resurrezione di Gesù e a trovare in lui, ultimo e supremo dono del vangelo, la nostra gioia. Il vangelo di Gesù e le molte e preziose benedizioni che lo contraddistinguono non sono in ultima analisi a rendere la buona notizia del vangelo veramente buona: essi sono solo i mezzi grazie ai quali possiamo gustare e vedere il Salvatore stesso. Il perdono è buono perché ci apre la strada per poter godere di Dio stesso. La giustificazione è buona in quanto ci offre l’accesso alla presenza e alla gioia di Dio stesso. La vita eterna è buona perché viene a coincidere con un eterno godimento di Gesù. Tutti i buoni doni di Dio sono amabili nella misura in cui ci conducono a Dio stesso. Questo è l’amore di Dio: egli ha fatto tutto ciò che era necessario, arrivando fino al dolore supremo della morte del proprio Figlio, per conquistarci con quanto di più intensamente e durevolmente appagante ci possa essere, vale a dire con lui stesso.
JOHN PIPER è pastore alla Bethlehem Baptist Church di Minneapolis dal 1980. È autore di oltre 60 libri tra cui tradotti in italiano Non sprecare la tua vita, Vedete e Gustate Gesù Cristo e Desiderare Dio. È sposato con Noël e ha cinque figli.
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