Desiderare Dio

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John Piper

Desiderare Dio

Meditazioni di un edonista cristiano nuova edizione



“A parte quel giorno del 1960 quando ho dato la mia fiducia a Gesù Cristo in qualità Salvatore e Signore, la cosa più importante che io abbia mai fatto nella vita, almeno per quanto concerne lo sviluppo spirituale, è stata leggere nel 1986 Desiderare Dio di John Piper.” – Sam Storms “...un manuale moderno di vera spiritualità.” – R. C. Sproul “La comunione tra un'anima desiderosa e Cristo che riesce a soddisfarla, sono il punto centrale del piano di Dio. Piper rende chiaro e convincente questo messaggio spesso trascurato, contraddetto, banalizzato e a volte esposto in maniera sdolcinata. Desiderare Dio è ormai un classico, adesso persino arricchito ulteriormente.” – Larry Crabb “Il sano realismo di questo studio nell'ambito della motivazione cristiana giunge al lettore come una ventata di aria fresca. Jonathan Edwards, il cui spirito si ritrova in molte delle pagine scritte da Piper, si sarebbe compiaciuto del suo discepolo.” – J. I. Packer “La prima edizione di questo libro ha influenzato profondamente la mia vita. Sono contentissimo di potervi raccomandare questo libro in occasione del decimo anniversario della nuova edizione.” – Jerry Bridges “Costruttivo per la mente, dà calore anche al cuore.” – Os Guinness “Leggere questo libro dovrebbe essere un must per ogni cristiano, si tratta di un banchetto per chi è spiritualmente affamato.” – John MacArthur



John Piper

Desiderare Dio

Meditazioni di un edonista cristiano n u ova e d i z i o n e


John Piper Desiderare Dio Meditazioni di un edonista cristiano Proprietà letteraria riservata: BE Edizioni di Monica Pires P.I. 06242080486 Via del Pignone 28 50142 Firenze Italia Desiring God. Revised Edition Copyright © 2011 by Desiring God Foundation Published by Multnomah Books, 12265 Oracle Boulevard, Suite 200 Colorado Springs, Colorado 80921, USA. This translation published by arrangement with Multnomah Books, an imprint of The Crown Publishing Group, a divion of Penguin Random House LLC. All rights reserved. International rights contracted through: Gospel Literature International P.O. Box 4060, Ontario, California, 91761-1003, USA. Coordinamento editoriale: Filippo Pini Traduzione: Maria Scardino Greaves Revisione: Irene Bitassi Progetto grafico: Samuele Ciardelli Prima edizione: Giugno 2016 Stampato in Italia Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Nuova Riveduta, Società Biblica di Ginevra. ISBN 978-88-97963-43-1 Per ordini: www.beedizioni.it È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, anche ad uso interno didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto verso l’autore e gli editori e mette a rischio la sopravvivenza di questo modo di trasmettere le idee.


A William Solomon Hottle Piper, mio padre in cui ho visto la santitĂ e la felicitĂ di Dio.



Indice Prefazione

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Introduzione. Come sono diventato un edonista cristiano

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1. La felicità di Dio. Il fondamento dell’edonismo cristiano

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2. La conversione. La nascita di un edonista cristiano

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3. L’adorazione. Il banchetto dell’edonismo cristiano

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4. L’amore. La fatica dell’edonismo cristiano

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5. La Scrittura. Il combustibile dell’edonismo cristiano

137

6. La preghiera. La potenza dell’edonismo cristiano

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7. Il denaro. La valuta dell’edonismo cristiano

177

8. Il matrimonio. Una fonte di edonismo cristiano

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9. Le missioni. Il grido di battaglia dell’edonismo cristiano

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10. La sofferenza. Il sacrificio dell’edonismo cristiano

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Epilogo. Perché ho scritto questo libro. Sette motivi

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Appendice 1. Lo scopo di Dio nella storia della redenzione

297

Appendice 2. La Bibbia è una guida sicura per una gioia duratura?

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Appendice 3. Dio è meno glorioso perché prestabilì che ci fosse il male? Jonathan Edwards sui decreti divini

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Appendice 4. Come dunque lotteremo per avere la gioia? Una traccia 341 Appendice 5. Perché chiamarlo edonismo cristiano?

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Prefazione C’è un tipo di felicità e di stupore che rende seri. C. S. Lewis, L’ultima battaglia

Questo è un libro serio sull’essere felici in Dio. Riguarda la felicità, perché è ciò che il nostro Creatore ci ordina: “Trova la tua gioia nel Signore!” (Sl. 37:4). È serio perché, come disse Jeremy Taylor: “Dio minaccia cose terribili, se non saremo felici”.1 Gli eroi di questo libro sono Gesù Cristo, il quale “per la gioia che gli era posta dinanzi […] sopportò la croce”;2 l’apostolo Paolo, che era “afflitt[o], eppure sempre allegr[o]”;3 Jonathan Edwards, il quale gustò profondamente la dolce sovranità di Dio; C. S. Lewis, il quale sapeva che il Signore trova “i nostri desideri non troppo forti, ma troppo deboli”4 e tutti i missionari che hanno lasciato tutto per amore di Cristo e alla fine dissero: “Non ho mai fatto un sacrificio”.5 Sono passati venticinque anni da quando Desiderare Dio uscì per la prima volta. L’importanza di una verità è giudicata in parte in base al potere trasformante, in circostanze molto diverse, che ha o meno nel tempo. Cosa dire del messaggio di questo libro? Oggi il suo contesto è cambiato moltissimo.

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Cfr. l’appendice 5 (ndr). Cfr. Eb. 12:2 (ndr). Cfr. 2 Co. 6:10 (ndr). Cfr. il paragrafo “Come sono diventato un edonista cristiano” nell’introduzione (ndr). 5 Cfr. il paragrafo “Non ho mai fatto un sacrificio” al capitolo 9 (ndr).

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Desiderare Dio

Dalla sua prima edizione, nel 1986 sono passati venticinque anni. Il mio corpo e la mia mente sono passati da quaranta a sessantacinque anni. Gli anni del mio matrimonio sono aumentati, da diciassette a trentaquattro. Il mio ministero pastorale alla Bethlehem Baptist Church è proseguito, passando da sei a quasi trentun anni. I miei figli sono cresciuti, passando dall’essere adolescenti celibi a essere adulti sposati, rendendomi dodici volte nonno. Nel 1986 non avevamo nessuna figlia. Ora c’è Talitha Ruth, il cui motto a quindici anni è: “Una ragazza dovrebbe essere così persa in Dio, che un ragazzo dovrebbe cercare lui per trovare lei”. Dal punto di vista culturale, il mondo è diverso. Consideriamo alcuni eventi: piazza Tienanmen, il crollo del muro di Berlino, il collasso dell’Unione Sovietica, il genocidio in Ruanda, il massacro alla Columbine High School, la pandemia globale di AIDS, il millenium bug, l’11 settembre, la nascita del terrorismo jihadista, le interminabili guerre in Medio Oriente, gli tsunami, la storica presidenza di Obama. Oppure consideriamo la trasformazione della cultura popolare con sviluppi che non erano evidenti prima del 1986: portatili, smartphone, carte di credito, DVD, iPad, stazioni di servizio self-service, videocamere digitali, PowerPoint, Viagra, televisori a schermo piatto, uso pubblico di internet, blog, e-commerce, YouTube, Twitter, Facebook e un incessante afflusso di innovazioni legate ai computer. In altre parole, le cose sono cambiate. Questo è il mondo in cui vivo con profonda riconoscenza e con serie preoccupazioni. Ma per quanto avveduto e culturalmente attento io tenti di essere, mi sembra chiaro che le cose veramente importanti, profonde e durature della vita non siano cambiate. Pertanto, il mio impegno rispetto al messaggio di questo libro non è cambiato. La verità che ho esposto qui è la mia vita. L’affermazione: “Dio è maggiormente glorificato in noi, quando noi siamo maggiormente soddisfatti in lui” continua a essere una verità straordinaria e preziosa nella mia mente e nel mio cuore. Mi ha sostenuto fino ai miei settant’anni di vita e non ho dubbi che, grazie a essa, Gesù mi porterà a casa. Nel tempo, ho aggiunto un capitolo intitolato: “La sofferenza. Il sacrificio dell’edonismo cristiano”.6 Il motivo è in parte biblico, in parte globale e in parte autobiografico. Biblicamente, è chiaro come Dio abbia stabilito che ci sia sofferenza per tutti i suoi figli: “Dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni” (At. 14:22). “Del resto, tutti quelli che vogliono vivere piamente 6 Cfr. capitolo 10 (ndr).

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Prefazione

in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Ti. 3:12). Globalmente, è sempre più evidente che prendere coraggiosamente posizione per l’unicità di Cristo crocifisso, per non menzionare il completamento del grande mandato di evangelizzare (Mt. 28:19-20) fra popoli ostili, costerà alla chiesa sofferenza e martiri. Il mondo dopo l’11 settembre è segnato dal terrore. Se l’edonismo cristiano deve avere qualche credibilità, deve rendere conto di sé in questo mondo di paura e sofferenza. Sono sempre più attirato dall’esperienza dell’apostolo descritta nelle parole: “Afflitti, eppure sempre allegri” (2 Co. 6:10). Autobiograficamente, gli anni successivi alla prima edizione di Desiderare Dio sono stati i più difficili. Al nostro venticinquesimo anniversario di matrimonio, una delle donne più anziane della nostra chiesa ci disse per scherzo: “I primi venticinque anni sono i più difficili”. Abbiamo scoperto che non è così. Siamo vicini alla fine dei secondi venticinque anni e indubbiamente sono stati i più difficili. Il corpo invecchia e le cose vanno male. Abbiamo scoperto che il matrimonio naviga in cattive acque, quando marito e moglie attraversano la mezza età. Ce l’abbiamo fatta. Tuttavia, non vogliamo sminuire l’inquietudine di quegli anni. Non ci siamo vergognati di chiedere aiuto. Dio è stato buono con noi, molto di più di quanto meritiamo. Quando abbiamo raggiunto i quarant’anni di matrimonio, ho pensato di poter essere abbastanza in là per scrivere un libro pieno di esperienza sul matrimonio. Si chiama This momentary marriage-A parable of permanence.7 Il paradosso di questo titolo è alla radice di quanto abbiamo imparato. Mentre ci troviamo nella settima decade della nostra vita e la quinta del nostro matrimonio, le radici sono profonde, il patto è solido e l’amore è dolce. La vita è difficile, ma Dio è buono. L’altro “matrimonio” della mia vita (con la Bethlehem Baptist Church) è stato un misto di avvilimento e felicità. Mentre siedo qui a riflettere su questi anni, la dolcezza conta tanto di più dei dispiaceri che non ho alcun desiderio di rimuginare sulla sofferenza. Era tutto nel buon piano di Dio per noi e per il suo popolo. L’apostolo Paolo espresse una profonda realtà pastorale quando disse: “Se siamo afflitti, è per la vostra consolazione e salvezza” (2 Co. 1:6). Esiste però una gioia senza la quale i pastori non possono giovare alla loro comunità (Eb. 13:17). Nella sua misericordia, Dio l’ha preservata per trentun anni e la verità di questo libro è stata lo strumento di Dio. 7 “Questo matrimonio passeggero. Una parabola della stabilità”. John Piper, This momentary marriage-A parable of permanence, Crossway, Wheaton, 2009.

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Desiderare Dio

Durante questi venticinque anni, da quando è stato pubblicato per la prima volta Desiderare Dio, l’ho messo alla prova e ho applicato la sua visione, collegandola sempre più alla vita, al ministero e a Dio. Più lo faccio e più mi convinco che essa porterà tutto il peso che posso metterci sopra.8 Più rifletto, più servo, più vivo e più la visione di Dio e della vita in questo libro diventa una visione che abbraccia tutto. Più invecchio e più sono persuaso che Neemia 8:10 è fondamentale per vivere e morire bene: “La gioia del Signore è la vostra forza”. Mentre invecchiamo e i nostri corpi s’indeboliscono, dobbiamo imparare dal pastore puritano Richard Baxter (che morì nel 1691) a raddoppiare i nostri sforzi per trarre forza dalla gioia spirituale e non da mezzi naturali. Egli pregava: “Possa il Dio vivente, il quale è la sorte e il riposo dei santi, rendere queste nostre menti carnali così spirituali e i nostri cuori terreni così celestiali che amarlo e dilettarci in lui possano essere il compito delle nostre vite”.9 Quando dilettarci in Dio è il compito della nostra vita (e chiamo questo “edonismo cristiano”), ci sarà, fino alla fine, una 8 Se lo desiderate, potete mettere alla prova questo fatto per conto vostro, consultando le opere in cui ho cercato di applicare la visione di questo libro alla natura di Dio (John Piper, The pleasures of God, Multnomah, Sister, 2000; in italiano: I piaceri di Dio-Meditazioni sul diletto di Dio nell’essere Dio, Passaggio, Mantova, 2003), alla serietà e alla gioia della predicazione (id., The supremacy of God in preaching, Baker, Grand Rapids, 2004; in italiano: La supremazia di Dio nella predicazione, Alfa e Omega, Caltanissetta, 2008), alla potenza e al prezzo dell’evangelizzazione mondiale (id., Let the nations be glad, Baker, Grand Rapids, 2010; in italiano: Le nazioni gioiscano-La supremazia di Dio nelle missioni, Passaggio, Mantova, 2006), al significato del matrimonio (John Piper, What’s the difference?, Crossway, Wheaton, 1990; in italiano: Quali sono le differenze-Mascolinità e femminilità definiti seconda la Bibbia, BE Edizioni, Firenze, 2014), alla battaglia quotidiana contro l’incredulità e il peccato (id., The purifying power of living by faith in future grace, Multnomah, Sisters, 1995), alle discipline spirituali del digiuno e della preghiera (id., A hunger for God, Crossway, Wheaton, 1997), a cento questioni pratiche della vita e della cultura (id., A Godward life, Multnomah, Sisters, 1997 e id., Taste and see, Multnomah, Sisters, 2005), al ministero pastorale (id., Brothers, we are not professionals-A plea to pastors for radical ministry, Broadman and Holman, Nashville, 2002), allo scopo della vita quotidiana (id., Don’t waste your life, Crossway, Wheaton, 2003; in italiano: Non sprecare la tua vita, Coram Deo, Porto Mantovano, 2010), al sommo bene del vangelo (id., God is the gospel, Crossway, Wheaton, 2005; in italiano: Dio è il vangelo-Riflessioni sull’amore di Dio quale dono di sé stesso, BE Edizioni, Firenze, 2013), alla realtà della nuova nascita (id., Finally alive, Christian Focus, Ross-shire, 2009; in italiano: Finalmente vivi! Cosa accade nella nuova nascita, Coram Deo, Porto Mantovano, 2014) e alla vita intellettuale (id., Think, Crossway, Wheaton, 2010; in italiano: Rifletti-L’attività intellettuale e l’amore per Dio, BE Edizioni, Firenze, 2013). 9 Richard Baxter, The saints’ everlasting rest, Baker, Grand Rapids, 1978, p. 17, corsivo aggiunto.

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Prefazione

forza interiore per i ministeri d’amore. J. I. Packer descrisse nel modo seguente questa dinamica nella vita di Baxter: “La speranza del cielo gli dava gioia e la gioia gli dava forza; così, come Giovanni Calvino prima di lui e George Whitefield dopo di lui (due esempi verificabili) e come lo stesso apostolo Paolo […], fu reso capace di faticare con costanza, in un modo sorprendente, compiendo molto più di quanto potesse mai sembrare possibile nella durata di una singola vita”.10 Ma la ricerca della gioia in Dio non solo dona davvero la forza di tener duro; è la chiave per spezzare la potenza del peccato lungo il nostro cammino verso il cielo. Matthew Henry, un altro pastore puritano, si espresse così: “La gioia del Signore ci equipaggerà contro gli assalti dei nostri nemici spirituali e ci farà provare disgusto per quei piaceri con i quali il tentatore ci fa abboccare all’amo”.11 Questo è il tremendo compito della vita: “Provare disgusto per quei piaceri coi quali il tentatore ci fa abboccare all’amo”. Non conosco nessun altro modo per trionfare sul peccato a lungo termine che sviluppare avversione verso di esso, grazie a una soddisfazione più grande in Dio. Uno dei motivi per cui questo libro è ancora “efficace” dopo venticinque anni è che questa verità semplicemente non cambia e non cambierà: Dio rimane colui che soddisfa pienamente e magnificamente. Il cuore umano rimane una fabbrica incessante di desideri. Il peccato rimane potentemente e funestamente attraente. La battaglia continua: dove ci abbevereremo? Dove troveremo appagamento? Perciò Desiderare Dio è sempre un messaggio avvincente e urgente: trova appagamento in Dio. Non mi stanco mai di proclamare e assaporare la verità che la passione che Dio ha di essere glorificato e la nostra passione di essere soddisfatti sono un’unica esperienza nell’atto di adorazione che esalta Cristo: cantare nel santuario e soffrire nelle strade. Baxter lo spiegò con le parole seguenti: Glorificare sé stesso e la salvezza del suo popolo non sono due decreti, ma un solo decreto per Dio: magnificare la sua misericordia nella loro salvezza. È possibile dire che l’uno è il fine dell’altro: nello stesso modo, ritengo che anche per noi dovrebbero andare insieme.12 10 J. I. Packer, “Richard Baxter on heaven, hope and holiness”, in J. I. Packer e Loren Wilkinson, Alive to God-Studies in spirituality, InterVarsity, Downers Grove, 1992, p. 165. 11 Matthew Henry, Commentary on the whole Bible, Fleming H. Revell, Old Tappan, originale 1708, volume 2, p. 1096. 12 Richard Baxter, The saints’ everlasting rest, cit., p. 31.

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Noi otteniamo misericordia; lui riceve la gloria. Noi diventiamo felici in Dio; lui riceve l’onore da parte nostra. Se Dio si compiacesse di usare questo volume per portare un uomo o una donna in questa schiera dei santi seri e felici che l’hanno ispirato, allora quelli tra noi che si sono rallegrati nella stesura di questo libro avrebbero una gioia ancora maggiore nella manifestazione della grazia di Dio. È stato veramente un lavoro felice e il mio cuore trabocca di gioia verso molti. Steve Halliday ha creduto nel libro fin dall’inizio. Se non avesse chiesto di leggere i sermoni nel 1983, Desiderare Dio non ci sarebbe. Sono estremamente debitore a Daniel Fuller in tutto ciò che faccio. Fu nel suo corso del 1968 che vennero fuori delle scoperte fondamentali. Fu da lui che imparai come scavare per trovare pepite d’oro, invece di rastrellare foglie, quando prendo in mano le Scritture. Rimane un amico e un maestro prezioso. La chiesa che amo e servo ha sentito i capitoli sotto forma di sermoni nel lontano 1983. Naturalmente da allora la loro lunghezza si è quadruplicata ed essi non hanno invidiato il mio lavoro! La collaborazione che ho il piacere di avere con gli anziani e lo staff non ha prezzo. C’è ancora un capitolo da scrivere. È intitolato: “Il cameratismo dell’edonismo cristiano”. Che lo Spirito stesso possa scriverlo sulle tavole dei nostri cuori! Le edizioni successive di questo testo negli anni sono state rese possibili dalle capacità, dalle intuizione e dal lavoro di Justin Taylor, seguito da David Mathis. Edizioni nuove e migliorate non sarebbero state possibili senza il loro aiuto. Infine, una parola per mio padre. È andato in cielo, dopo che gli dedicai il libro. Ma le parole di dedica che scrissi nel 1986 sono ancora vere venticinque anni dopo. Quando pubblicai la prima edizione di Desiderare Dio, ne regalai una copia a mio padre con scritte queste parole come pagina di dedica: Quando abbonda la grazia, il giogo della legge è comodo e i comandamenti sono leggeri. Sei stato per me grazia su grazia in questi quarantun anni e quindi, non trovo niente, nella legge santa, di più facile o leggero a cui ubbidire: onora tuo padre. Rispettosamente con tutto il cuore, Johnny

Torno indietro e vedo mia madre a tavola ridere così tanto che lacrime le

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Prefazione

rigavano il viso. Era una donna molto allegra. Ma soprattutto quando mio padre tornava a casa il lunedì. Eri stato via due settimane (o a volte tre, oppure quattro) per l’opera di evangelizzazione. Lei era raggiante il lunedì mattina, quando lui tornava a casa. A tavola, la sera – questi erano i momenti più felici che ricordo – sentivamo parlare delle vittorie del vangelo. È sicuramente più entusiasmante essere il figlio di un evangelista che stare con cavalieri e guerrieri. Quando diventai più grande, mi resi maggiormente conto delle ferite. Ma me ne risparmiò la maggior parte, finché fui abbastanza maturo da “considerarle una gioia”. Santi e felici furono quei pasti del lunedì. Oh, com’era bello avere papà a casa! John Piper 2011 Minneapolis, Minnesota

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“È stato bello da parte tua cercare Quintino” “Bello!”, esclamò lei. “Bello! Oh Antonio!” “Beh, sì”, rispose lui. “Oppure bello per te. Quanto si deve stare attenti con le proprie preposizioni! Forse fu una preposizione errata che mandò il mondo intero in malora”. Charles Williams Il posto del leone


Introduzione

Come sono diventato un edonista cristiano Potresti capovolgere il mondo cambiando anche una sola parola del tuo credo. Il credo tradizionale del passato dichiara: Lo scopo primario dell’uomo è glorificare Dio e gioire in lui per sempre.13 E? Come prosciutto e uova? A volte glorifichi Dio e a volte gioisci in lui? A volte lui riceve la gloria e a volte tu provi gioia? La parola e può essere molto ambigua! In che modo queste due cose si collegano l’una all’altra? Evidentemente nel passato i teologi non ritenevano di parlare di due cose diverse. Scrissero: “Lo scopo principale”; non: “Gli scopi principali”. A loro modo di vedere, glorificare Dio e gioire in lui rappresentavano un unico fine, non due. Com’è possibile? È di questo che tratta il presente libro. Non che io mi preoccupi troppo del significato inteso dai teologi del XVII secolo. Ma mi preoccupo moltissimo del significato inteso da Dio nella Scrit 13 Catechismo “minore” di Westminster-Una versione battista, Alfa e Omega, Caltanissetta, 2001, p. 15. (ndr).

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tura! Che cos’ha detto Dio riguardo allo scopo principale della vita umana? In che modo Dio c’insegna a glorificarlo? C’ingiunge di prendere piacere in lui? Se così fosse, in che modo questo ricercare la nostra gioia in Dio è connesso con tutto il resto? Sì, tutto il resto! “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio” (1 Co. 10:31). La preoccupazione prioritaria di questo libro è che, in tutta la vita, Dio sia glorificato nel modo in cui ha stabilito lui stesso. A tal fine, questo libro mira a convincervi che: Lo scopo primario dell’uomo è glorificare Dio e gioire in lui per sempre.

Come sono diventato un edonista cristiano

Quando ero all’università, avevo un pensiero che permeava ogni sfera della mia vita, secondo cui, se avessi fatto qualcosa di buono perché ciò mi avrebbe reso felice, avrei rovinato la bontà di quell’azione. Immaginavo che la bontà della mia azione morale fosse sminuita nella misura in cui ero motivato dal desiderio di soddisfare il mio piacere. All’epoca, comprare un gelato al centro studentesco per puro piacere non mi turbava, perché le conseguenze morali di quell’azione mi sembravano insignificanti. Ma essere motivati da un desiderio di felicità o piacere, quando mi offrivo volontario per il servizio cristiano o andavo in chiesa, mi sembrava egoistico, utilitaristico, venale. Era un problema per me perché non potevo formulare una motivazione alternativa che funzionasse. Scoprivo in me un irresistibile desiderio di essere felice, una forte spinta a ricercare il piacere, anche se in ogni momento in cui prendevo una decisione morale mi dicevo che questa spinta non avrebbe dovuto avere nessuna influenza. Una delle aree più frustranti era quella dell’adorazione e della lode. Il mio pensiero, secondo cui più un’attività è “elevata”, meno deve esserci in essa un interesse personale, mi portava a considerare l’adorazione quasi unicamente in termini di dovere. Non c’era il cuore. Poi mi convertii all’edonismo cristiano. Nel giro di qualche settimana, mi resi conto che è non biblico e arrogante cercare di adorare Dio per qualsiasi altro motivo diverso dal provare piacere in lui. (Non dimenticate queste ultime due parole: in lui. Non i suoi doni, ma lui. Non noi stessi, ma lui). Lasciatemi descrivere la serie di intuizioni che mi resero un edonista cristiano. Strada facendo,

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Come sono diventato un edonista cristiano

spero che diventi chiaro quanto intendo dire con questa strana espressione. 1. Durante il mio primo trimestre in seminario, mi fu presentato l’argomento dell’edonismo cristiano in uno dei suoi importanti esponenti, Blaise Pascal. Egli scrisse: Tutti gli uomini, nessuno eccettuato, cercano di esser felici: per quanto impieghino mezzi diversi, tutti tendono a questo fine. Quel che spinge alcuni ad andare alla guerra e altri a non andarci è sempre questo desiderio, presente negli uni come negli altri, sebbene accompagnato da opinioni diverse. La volontà non fa mai il minimo passo se non verso quest’oggetto. È il movente di tutte le azioni di tutti gli uomini, anche di quelli che s’impiccano.14

Questa dichiarazione corrispondeva così tanto ai miei desideri più profondi e a tutto ciò che avevo sempre visto negli altri, che l’accettai e non ho mai trovato alcun motivo per metterla in dubbio. Mi colpì particolarmente che Pascal non stava emettendo alcun giudizio morale su questa realtà. Per lui, ricercare la propria felicità non è un peccato: è un semplice dato di fatto nella natura umana. È una legge del cuore umano, come la gravità è una legge della natura. Questo pensiero fu molto importante per me e aprì la via alla seconda scoperta. 2. All’università avevo sviluppato un amore per gli scritti di C.S. Lewis. Tuttavia, fu solo in seguito che lessi il sermone intitolato L’onere della gloria. La prima pagina di quel sermone è una delle pagine più autorevoli che io abbia mai letto. Dice: Se chiedeste a venti uomini perbene di oggi quale sia secondo loro la più nobile delle virtù, diciannove vi rispondererebbero: l’Assenza di Egoismo. Ma se lo aveste chiesto ai grandi cristiani di un tempo, quasi tutti vi avrebbero risposto: l’Amore. Capite cosa è successo? Un termine positivo è stato sostituito da uno negativo, e questo è importante non solo dal punto di vista filologico. L’idea negativa dell’Assenza di Egoismo comporta l’invito non ad assicurare innanzitutto qualcosa di bello agli altri, ma a rinunciarvi noi stessi, come se l’aspetto importante fosse la nostra astinenza e non la loro felicità. Non credo sia questa la virtù cristiana dell’Amore. Il Nuovo Testamento non fa che parlare di 14 Blaise Pascal, Pensieri, Mondadori, Milano, 1976, pensiero n. 447, p. 149.

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abnegazione, ma non di abnegazione fine a se stessa. Ci viene chiesto di negare noi stessi e di portare la nostra croce per poter seguire Cristo; e quasi ogni descrizione di ciò che alla fine troveremo, se così faremo, contiene un appello a desiderarlo. Se nella maggior parte delle menti moderne si annida l’idea che desiderare il nostro bene e sperare sinceramente di goderne sia una cosa negativa, suppongo che quest’idea si sia insinuata a causa di Kant e degli stoici e che non appartenga alla fede cristiana. In realtà, se consideriamo le audaci promesse di ricompensa e la sconcertante natura delle ricompense promesse dai Vangeli, sembrerebbe che Nostro Signore reputi i nostri desideri non troppo forti, ma troppo deboli. Siamo creature superficiali che giocano con l’alcol, il sesso e l’ambizione quando ci viene offerta una gioia infinita, come un bambino ignorante che vuole continuare a fare formine di sabbia in un vicolo perché non immagina nemmeno cosa sia la prospettiva di una vacanza la mare. Ci accontentiamo troppo facilmente.15

In quella pagina era messo nero su bianco e per la mia mente era del tutto convincente: non è una cosa malvagia desiderare il nostro bene personale. Infatti, il grande problema degli esseri umani è che si accontentano troppo facilmente. Non ricercano il piacere con la determinazione e la passione con cui dovrebbero farlo. Così, si accontentano di desideri racchiusi in formine di terra al posto di una gioia infinita. In tutta la mia vita non avevo mai sentito nessun cristiano (e tanto meno un cristiano della statura di Lewis) affermare che noi tutti non solo ricerchiamo la nostra felicità (come diceva Pascal), ma che dobbiamo ricercarla. Il nostro errore non sta nell’intensità del nostro desiderio di felicità, ma nella sua debolezza. 3. La terza intuizione si trovava nel sermone di Lewis, ma Pascal la rese più chiara. Egli continua dicendo: Un tempo ci fu nell’uomo una vera felicità, di cui gli restano ora soltanto il segno e l’impronta affatto vuota, che esso cerca invano di colmare con tutto quanto lo circonda, chiedendo alle cose assenti l’aiuto che non ottiene dalle presenti, e che non può essergli dato da nessuna, perché quell’abisso infinito può esser colmato soltanto da un oggetto infinito e immutabile: ossia da Dio stesso?16 15 Clive S. Lewis, The weight of glory and other addresses, Eerdmans, Grand Rapids, 1965, pp. 1-2; in italiano: L’onere della gloria, Lindau, Torino, 2011, pp. 25-26. 16 Blaise Pascal, Pensieri, cit., pensiero 447, p. 150.

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Ora che ci ripenso, mi sembra talmente ovvio che non so come abbia fatto a non capirlo prima. Per così tanti anni avevo provato a sopprimere il mio fortissimo desiderio di felicità, per potere onestamente lodare Dio per motivi “più elevati” e meno egoistici. Però, ora iniziava a venirmi in mente che questa persistente e innegabile brama di felicità non andava soppressa, bensì saziata in Dio! La crescente convinzione che la lode dovrebbe essere motivata esclusivamente dalla felicità che troviamo in Dio sembrava sempre meno strana. 4. L’intuizione successiva mi venne di nuovo da C.S. Lewis, ma questa volta dal suo I Salmi. Al capitolo 9, Lewis aveva dato un titolo modesto: “Qualche parola sul lodare”. Nella mia esperienza, è stata la parola sulla lode per antonomasia, la migliore parola che abbia mai letto sulla natura della lode. Lewis spiega che quando cominciò a credere in Dio, trovò un grande ostacolo proprio nel richiamo, presente in tutto il libro dei Salmi, a lodare Dio. Lewis non ne capiva lo scopo; inoltre, gli sembrava rappresentare Dio come bramoso della “nostra adorazione come una donna vanitosa in cerca di complimenti”. Ma continuò spiegando perché si sbagliava: Tuttavia il fatto più ovvio a proposito del lodare – Dio o qualcos’altro – curiosamente mi sfuggiva. Lo pensavo in termini di complimento, approvazione, o tributo d’onore. Non avevo mai notato che ogni appagamento trabocca spontaneamente nella lode […] Il mondo risuona di lodi – amanti che lodano le loro donne, lettori che lodano il loro poeta preferito, camminatori che lodano la campagna, giocatori che lodano il loro sport favorito [...] Tutte le mie difficoltà più in generale sul lodare Dio si basano sul fatto assurdo di negarci, per quanto riguarda Colui che è apprezzabile più di tutto il resto, quello che ci piace fare, e che in effetti non possiamo trattenerci dal fare, per quello che concerne qualsiasi altra cosa che apprezziamo. Penso che amiamo lodare ciò che apprezziamo perché la lode non solo esprime, ma completa il godimento: si tratta della sua conclusione adeguata.17

Questo pensiero fu la chiave di svolta del mio nascente edonismo. Lodare Dio – lo scopo più alto dell’umanità e la nostra vocazione eterna – non implicava la rinuncia, ma piuttosto il coronamento della gioia che così tanto desideravo. I miei sforzi passati di praticare l’adorazione senza che ci fosse in me 17 Clive S. Lewis, Reflections on the Psalms, Brace and World, New York, 1958, pp. 9495; in italiano: I Salmi, Lindau, Torino, 2014, pp. 126-128.

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alcun interesse personale si rivelarono essere una contraddizione in termini. Dio non è adorato quando non è considerato prezioso e non si ha gioia in lui. La lode non è alternativa alla gioia, ma l’espressione della gioia. Non gioire in lui significa disonorarlo. Dirgli che qualcos’altro vi soddisfa di più è il contrario dell’adorazione. È un sacrilegio! Lo capii non solo leggendo C. S. Lewis, ma anche il pastore e teologo Jonathan Edwards (1703-1758). Nessuno mi aveva mai insegnato che Dio viene glorificato dalla gioia che troviamo in lui. Questa gioia in Dio è proprio ciò che fa della lode qualcosa che onora Dio e non un’ipocrisia. Edwards però lo disse in un modo così chiaro e potente: Dio glorifica sé stesso nei confronti delle creature in due modi: (1) manifestandosi alla […] loro comprensione; (2) rivelando sé stesso ai loro cuori e nella loro felicità, nella loro delizia e nel loro piacere per le manifestazioni che egli dà di sé […] Dio è glorificato non solo quando la sua gloria viene vista, ma anche quando troviamo piacere in essa. Quando coloro che la vedono gioiscono in essa, allora Dio è più glorificato rispetto a quando la vedono soltanto […] Colui che afferma di credere nella gloria di Dio [non] glorifica Dio tanto quanto colui che ammira e gioisce in quella gloria.18

Questa fu per me una scoperta stupefacente! Io devo perseguire e trovare in Dio la mia gioia se voglio glorificarlo come la realtà più preziosa e incomparabile nell’universo. La gioia non è una semplice opzione accanto all’adorazione. È una componente essenziale dell’adorazione.19 Abbiamo un termine per coloro che cercano di lodare, quando non provano alcun piacere nell’oggetto delle loro lodi. Li chiamiamo ipocriti. Questo fatto – che lodare significa trovare piacere completo e che lo scopo più alto dell’uomo è di abbeverarsi ampiamente a questo piacere – fu forse la scoperta più liberatoria che io abbia mai fatto. 18 Jonathan Edwards, “Miscellanies”, in id., The works of Jonathan Edwards, Yale University Press, New Haven, 1994, vol. 13, miscellanea n. 448, p. 495, corsivo aggiunto. Si veda anche n. 87, pp. 251-252; n. 332, p. 410; n. 679, non presente nel volume della Yale University Press. 19 Nel capitolo 10 affronterò la questione del posto che occupa la tristezza nella vita cristiana e come questa possa far parte dell’adorazione, che non è mai perfetta in questa vita. Il vero spirito evangelico contrito per il peccato è una tristezza sperimentata solo da coloro che assaporano il piacere della bontà di Dio e si rammaricano di non assaporarla pienamente quanto dovrebbero.

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5. Poi, per conto mio, rivolsi la mia attenzione ai Salmi e trovai ovunque il linguaggio dell’edonismo. La ricerca del piacere non era nemmeno facoltativa, ma comandata: “Trova la tua gioia nel Signore ed egli appagherà i desideri del tuo cuore” (Sl. 37:4). Il salmista cercava di fare proprio questo: “Come la cerva desidera i corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente” (Sl. 42:1-2a). “Di te è assetata l’anima mia, a te anela il mio corpo languente in arida terra, senz’acqua” (Sl. 63:1b). Incontriamo una piacevole analogia con il tema della sete quando il salmista afferma che gli uomini “si saziano dell’abbondanza della tua casa e tu li disseti al torrente delle tue delizie” (Sl. 36:8). Scoprii che la bontà di Dio, il vero fondamento dell’adorazione, non è una cosa alla quale porgere i nostri rispetti per una sorta di riguardo disinteressato. No, è qualcosa di cui gioire: “Provate e vedrete quanto il Signore è buono!” (Sl. 34:8a). “Oh, come sono dolci le tue parole al mio palato! Sono più dolci del miele alla mia bocca” (Sl. 119:103). Come dichiara C.S. Lewis, Dio nei Salmi è “l’Oggetto che soddisfa pienamente”. Il suo popolo l’adora senza vergogna per l’esultanza che trovano in lui (cfr. Sl. 43:4). Egli è la fonte di un piacere completo e inesauribile: “Ci sono gioie a sazietà in tua presenza; alla tua destra vi sono delizie in eterno” (Sl. 16:11b). Questa, in breve, è la storia di come sono diventato un edonista cristiano. Sono circa quarant’anni che rifletto su queste cose e n’è emersa una filosofia che pervade praticamente tutti gli aspetti della mia vita. Credo che sia biblica, che soddisfi i desideri più profondi del mio cuore e che onori Dio, il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Ho scritto questo libro per condividere queste cose con tutti quelli che vorranno ascoltarle. Molte obiezioni sorgono nella mente delle persone quando mi sentono parlare in questo modo. Spero che questo libro risponderà alle problematiche più serie. Ma forse posso smorzare in anticipo alcune resistenze con alcuni brevi commenti chiarificatori. Per prima cosa, l’edonismo cristiano, così come lo intendo, non concepisce Dio come uno strumento per ottenere piaceri mondani. Il piacere che l’edonismo cristiano ricerca è il piacere che si trova in Dio stesso. Egli è il fine della nostra ricerca, non un mezzo per qualche altro scopo. La nostra gioia più grande è lui, il Signore; non è il paradiso, i cari che lì ritroveremo o alcuna altra benedizione celeste. L’edonismo cristiano non riduce Dio a una chiave che apre uno scrigno pieno di oro e argento. Piuttosto, cerca di trasformare il cuore, af-

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finché “l’Onnipotente sarà il tuo oro, egli ti sarà come l’argento acquistato con fatica” (Gb. 22:25). Secondo, l’edonismo cristiano non fa del piacere un dio. Afferma che ogni persona si è già fatta un dio: ciò in cui trova il maggior piacere. Lo scopo dell’edonismo cristiano è di trovare il maggior piacere nel solo e unico Dio, evitando così il peccato della bramosia, cioè dell’idolatria (cfr. Cl. 3:5). Terzo, l’edonismo cristiano non ci mette al di sopra di Dio, quando lo cerchiamo per interesse personale. Un paziente non è più grande del suo medico. Affronterò maggiormente questo punto nel capitolo 3. Quarto, l’edonismo cristiano non è una “teoria generale della giustificazione morale”.20 In altre parole, da nessuna parte affermo che un’azione è giusta perché dà piacere. Il mio scopo non è decidere che cosa sia giusto usando la gioia come criterio morale: è piuttosto quello di riconoscere il fatto sorprendente (e in gran parte trascurato) che la gioia è un dovere morale in ogni vera adorazione di Dio e in ogni atto realmente virtuoso. Non dico che amare Dio sia buono perché reca gioia. Dichiaro che Dio ci ordina di trovare gioia nell’amarlo: “Trova la tua gioia nel Signore” (Sl. 37:4a). Non dico che amare le persone sia buono perché procura gioia, ma che Dio ci ordina di trovare gioia nell’amare le persone: “Chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia” (Ro. 12:8b).21 Non mi accosto alla Scrittura con una teoria edonistica della giustificazione morale. Al contrario, scopro nella Bibbia l’ordine divino di essere un ricercatore del piacere – ossia, di abbandonare i piaceri del mondo – insignificanti, scadenti, insoddisfacenti, effimeri, distruttivi per la persona che li ricerca e disprezzanti di Dio – e vendere tutto “per la gioia” che si ha (cfr. Mt. 13:44), al fine di ottenere il regno dei cieli e quindi entrare “nella gioia del […] Signore” (Mt. 25:21,23). In breve, sono un edonista cristiano non per ragioni filosofiche o teoriche, ma perché Dio lo comanda (sebbene egli non vi comandi di usare queste etichette!) Quinto, non dico che la relazione tra l’amore e la felicità sia la seguente: “La vera felicità necessita di amore”. Questa è un’eccessiva semplificazione che per 20 Una delle critiche più serie e ripetute rivolte all’edonismo cristiano, da quando Desiderare Dio fu pubblicato, si trova nell’opera di Richard Mouw, The God who commands, Notre Dame Press, Notre Dame, 1990. La citazione è tratta dalla p. 33 (corsivo aggiunto). 21 Ulteriori passi biblici che rivelano il dovere, ordinato da Dio, di gioire in lui si trovano in: De. 28:47; 1 Cr. 16:31,33; Ne. 8:10; Sl. 32:11; 33:1; 35:9; 40:8,16; 42:1-2; 63:1,11; 64:10; 95:1; 97:1,12; 98:4; 104:34; 105:3; Is. 41:16; Gl. 2:23; Za. 2:10; 10:7; Fl. 3:1; 4:4. Altri passi che menzionano l’ordine divino di provare gioia nell’amare gli altri sono: 2 Co. 9:7 (cfr. At. 20:35); Eb. 10:34; 13:17; 1 P. 5:2.

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de di vista il punto fondamentale e distintivo. L’edonismo cristiano non afferma che la ricerca del piacere richieda la virtù, ma che la virtù consista essenzialmente (anche se non soltanto) nella ricerca del piacere. La ragione per cui giungo a questa conclusione è che qui il mio intervento non è quello di un edonista dal punto di vista filosofico, ma di un teologo biblico e pastore, che deve riconoscere gli ordini divini di: • amare la misericordia e non solo praticarla (cfr. Mi. 6:8); • fare opere di misericordia con gioia (cfr. Ro. 12:8); • accettare con gioia di perdere i propri beni per servire i carcerati (cfr. Eb. 10:34); • essere un donatore gioioso (cfr. 2 Co. 9:7); • rendere la nostra gioia la gioia degli altri (cfr. 2 Co. 2:3); • prendersi cura del gregge di Dio volenterosamente e di buon animo (cfr. 1 P. 5:2); • vegliare sulle anime con gioia (cfr. Eb. 13:17). Quando si riflette a lungo e con attenzione su comandamenti così meravigliosi, le implicazioni morali sono sbalorditive. L’edonismo cristiano tenta di prendere questi ordini divini con estrema serietà. Il risultato è potente e cambia radicalmente la vita: il perseguimento della vera virtù comprende la ricerca della gioia, perché la gioia è una componente essenziale della vera virtù. Questo è molto diverso dal dire: “Cerchiamo di essere buoni perché questo ci renderà felici”. Sesto, l’edonismo cristiano non è una distorsione della fede riformata. Questa è stata una delle critiche di Richard Mouw, nel suo libro, The God who commands: Piper può riuscire ad alterare la prima risposta del Catechismo di Westminster – cosicché “glorificare Dio e gioire in lui” diventi “glorificare Dio nel gioire in lui” – per soddisfare i suoi fini edonistici; ma è un po’ più difficile alterare le righe introduttive del Catechismo di Heidelberg: “Nel fatto che col corpo e con l’anima, in vita e in morte, non sono più mio, ma appartengo ai mio fedele Salvatore Gesù Cristo”.22

Il fatto degno di nota riguardo all’inizio del Catechismo di Heidelberg 23 non è che non posso cambiarlo per fini edonistici, ma che non è necessario. Quest’inizio pone già l’intero catechismo sotto l’insegna del desiderio umano 22 Richard Mouw, The God who commands, cit., p. 36. 23 Il Catechismo di Heidelberg può essere consultato in italiano all’indirizzo: https://sites.google.com/site/confessionidifede/heidelberg, accesso del 3 maggio 2016 (ndr).

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di “conforto”. Prima domanda: “In che consiste la tua unica consolazione in vita e in morte?” La domanda pressante per i critici dell’edonismo cristiano è la seguente: perché gli autori originari di questo catechismo, scritto quattrocento anni fa, strutturarono tutte le centoventinove domande in modo da renderle praticamente una spiegazione della domanda: qual è la mia unica consolazione? Ancora più straordinario è vedere l’interesse per la “felicità” emergere esplicitamente nella seconda domanda del Catechismo di Heidelberg, che contiene i punti essenziali per il resto dello scritto. La seconda domanda è: “Quante cose ti è necessario conoscere per poter vivere e morire nella beatitudine [seliglich] di questa consolazione [troste]?” Quindi l’intero catechismo è una risposta alla preoccupazione su come vivere e morire beatamente. La risposta alla seconda domanda del catechismo è: “Tre cose: in primo luogo, la grandezza del mio peccato e della mia miseria; secondariamente, come sono redento da tutti i miei peccati e dalla mia miseria; e infine, come debbo essere grato a Dio di questa redenzione”. Poi, il resto del catechismo si divide in tre parti che trattano di queste tre cose: “Prima parte: della miseria dell’uomo” (domande 3-11); “Seconda parte: della redenzione dell’uomo” (domande 12-85); “Terza parte: della gratitudine” (domande 86-129). Ciò significa che l’intero Catechismo di Heidelberg è scritto per rispondere alla domanda: cosa devo sapere per vivere felicemente? Rimango perplesso davanti all’affermazione che l’edonismo cristiano abbia bisogno di “alterare le righe introduttive del Catechismo di Heidelberg”. Il fatto è che l’intero catechismo è strutturato come lo strutturerebbe l’edonismo cristiano. Di conseguenza, l’edonismo cristiano non distorce i catechismi storici della Riforma. Sia il Catechismo di Westminster sia il Catechismo di Heidelberg iniziano dall’interesse per il piacere dell’uomo in Dio, ovvero la sua ricerca di “vivere e morire nella beatitudine”. Non ho alcun desiderio di essere originale nelle dottrine. Sono grato che il Catechismo di Heidelberg sia stato scritto quattrocento anni fa.

Verso una definizione dell’edonismo cristiano

Nuovi modi di guardare al mondo (anche quando sono vecchi di secoli) non si prestano a definizioni semplici. Ci vuole un intero libro, affinché le persone possano iniziare a capire. I giudizi affrettati e superficiali saranno quasi certamente sbagliati. Guardatevi dal fare congetture riguardo al contenuto di questo libro. La supposizione che questo libro sia un altro prodotto dell’asservimento

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dell’uomo moderno alla centralità di sé stesso è del tutto errata. Ah, quali sorprese vi aspettano! Per molti, l’espressione “edonismo cristiano” sarà nuova. Perciò, ho incluso l’appendice 5: “Perché chiamarlo edonismo cristiano?” Se quest’espressione è strana o vi crea difficoltà, forse dovreste leggere quelle pagine prima di immergervi nei capitoli principali. Preferirei riservarmi una definizione di edonismo cristiano per la fine del libro, quando i malintesi saranno stati fugati. Uno scrittore si auspica spesso che la sua prima frase venga letta alla luce dell’ultima (e viceversa)! Purtroppo, però, bisogna pur cominciare da qualche parte. Così vi presento in anticipo la seguente definizione nella speranza che venga interpretata favorevolmente, alla luce del resto del libro. L’edonismo cristiano è una filosofia di vita che si erge sulle seguenti cinque convinzioni. 1. Il desiderio di essere felici è un’esperienza umana universale ed è buono, non peccaminoso. 2. Non dovremmo mai tentare di negare il nostro desiderio di felicità o di resistervi, come se fosse un impulso sbagliato. Dovremmo, invece, cercare d’intensificare questo desiderio e alimentarlo con tutto quello che ci darà la soddisfazione più profonda e duratura. 3. La felicità più profonda e durevole si trova solo in Dio. Non proviene da Dio, ma si trova in Dio stesso. 4. La felicità che troviamo in Dio ottiene il suo coronamento quando viene condivisa con gli altri nelle molteplici vie dell’amore. 5. Fintanto che rinunceremo alla ricerca del nostro piacere, non onoreremo Dio e non ameremo le persone. Oppure, per esprimerlo in maniera positiva: il perseguimento del piacere è una parte necessaria di ogni vera adorazione e virtù. Vale a dire: Lo scopo primario dell’uomo è glorificare Dio e gioire in lui per sempre.

Le radici della questione

Questo libro sarà prevalentemente una meditazione sulla Scrittura. Sarà espositivo piuttosto che speculativo. Se non riesco a mostrare che l’edonismo cristiano deriva dalla Bibbia, non mi aspetto che qualcuno sia interessato e ancor

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meno convinto. Ci sono migliaia di filosofie di vita create dall’uomo. Se si tratta di un’altra di queste, lasciate che passi. C’è una sola roccia: la Parola di Dio! Solo una cosa importa alla fine: glorificare Dio nel modo in cui egli ha stabilito. È per questo che sono un edonista cristiano. È per questo che ho scritto questo libro.

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Nuova edizione completamente rivista e aggiornata Da venticinque anni il pastore John Piper stimola i credenti con questa verità semplice e sconvolgente: Dio è maggiormente glorificato in noi, quando noi siamo maggiormente soddisfatti in lui. Soddisfazione. Felicità. Gioia. La ricerca del piacere in Dio non è solo ammissibile, ma anche essenziale. Costruendo questo messaggio su centinaia di passi biblici e contemporaneamente citando personalità come Blaise Pascal, Jonathan Edwards e C.S. Lewis, Piper ci incita ad avvicinarci a Dio con l’abbandono dell’edonismo. Infine siamo resi liberi di godere di Cristo Gesù, non solo come nostro Signore e Salvatore, ma anche come tesoro incomparabile che soddisfa pienamente il nostro essere. Oggi più che mai, Desiderare Dio può stravolgere positivamente la tua mentalità cristiana, per la gloria di Dio e per una tua più profonda gioia. Questo libro si propone di convincere che: Lo scopo primario dell’uomo è glorificare Dio e gioire in lui per sempre.

John Piper è il fondatore di Desiring God e rettore del Bethlehem College and Seminary di Minneapolis, negli Stati Uniti. Ha servito come pastore alla Bethlehem Baptist Church di Minneapolis per oltre trent’anni ed è autore di oltre sessanta libri, tra cui tradotti in italiano: Vedete e gustate Gesù Cristo, Dio è il vangelo e Rifletti-L’attività intellettuale e l’amore per Dio. È sposato con Noël e ha cinque figli.

25.00 € www.beedizioni.it


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