La vita di C. S. Lewis

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Alister McGrath

LA VITA DI C. S. LEWIS

genio eccentrico, profeta riluttante



Alister McGrath getta una nuova luce sulla vita dell’incomparabile C. S. Lewis. Si tratta di un libro importante. Eric Metaxas Autore del bestseller Bonhoeffer-La vita del teologo che sfidò Hitler. La nuova biografia di Alister McGrath su C. S. Lewis è eccellente. È ricca di informazioni basate su una vasta documentazione, ma ciononostante è estremamente comprensibile. Il libro è dedicato non solo alla formazione e alla personalità di Lewis, ma offre anche un’analisi bilanciata ed efficace delle sue opere più importanti. Io stesso sono stato uno di quei neo-convertiti americani che divorarono voracemente le opere di Lewis, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. L’influenza di Lewis su di me fu profonda e duratura e il dottor McGrath spiega con chiarezza perché molti credenti e leader cristiani la pensano come me. Timothy Keller Autore del bestseller Le ragioni per Dio. Molti di noi credevano di sapere tutto quello che c’era da sapere su C. S. Lewis. La nuova biografia di Alister McGrath utilizza materiale d’archivio e altre fonti per chiarire, approfondire e spiegare ulteriormente i molteplici aspetti della vita di uno dei più straordinari apologeti cristiani. Quello di McGrath è uno studio penetrante e illuminante. N. T. Wright Autore del bestseller Semplicemente cristiano. Alister McGrath ha scritto un resoconto illuminante, imparziale, onesto e meticolosamente documentato della vita di un uomo affascinante. Il suo libro si distingue soprattutto per essere in grado di porre Lewis nel suo contesto sociale e professionale. Inoltre, l’opera offre un convincente resoconto dello sviluppo delle idee cristiane di Lewis. Si tratta di una risorsa indispensabile per gli studiosi e per gli ammiratori di Lewis. Alan Jacobs Autore del bestseller The narnian.


Il ritratto vivo, profondo e a tratti piuttosto originale, offerto da McGrath del famoso cristiano di Oxford farà cambiare idea a coloro che sono dubbiosi sul bisogno di un’ulteriore biografia di C. S. Lewis. Lyle W. Dorsett Autrice di The essential C. S. Lewis. Quest’aggiunta alla bibliografia su C. S. Lewis è più che benvenuta. Essa offre nuove prospettive su Lewis, che sono degne di essere considerate seriamente. Il libro di McGrath s’è meritato un ruolo centrale negli studi dedicati a Lewis grazie alla sua brillante e (a mio avviso) innegabile revisione cronologica della conversione di Lewis al teismo. È incredibile per quanto tempo non ce ne siamo accorti! Michael Ward Autore di Planet Narnia.


Alister McGrath

LA VITA DI C. S. LEWIS

genio eccentrico, profeta riluttante


La vita di C. S. Lewis Genio eccentrico, profeta riluttante Alister McGrath Proprietà letteraria riservata: BE Edizioni di Monica Pires P.I. 06242080486 Via del Pignone 28 50142 Firenze Italia Originally published in English under the title: C. S. Lewis–A Life: Eccentric Genius, Reluctant Prophet Copyright © 2013 by Alister McGrath. Published by Tyndale House Publishers, Inc. This translation published by arrangement with Tyndale House Publishers, Inc. All rights reserved. Coordinamento editoriale: Filippo Pini Traduzione: Marco Barone Revisione: Irene Bitassi Progetto grafico: Samuele Ciardelli Prima edizione: Maggio 2017 Stampato in Italia Si ringrazia Teresa Castaldo per la gentile collaborazione. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Nuova Riveduta, Società Biblica di Ginevra. ISBN 978-88-97963-42-4 Per ordini: www.beedizioni.it È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, anche ad uso interno didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto verso l’autore e gli editori e mette a rischio la sopravvivenza di questo modo di trasmettere le idee.


INDICE Elenco delle immagini

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Sorpresi dalla gioia: leggere e incontrare C. S. Lewis Di Edoardo Rialti

13

Prefazione

27

Prima parte: Preludio Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Le dolci colline di Down: un’infanzia irlandese, 1898-1908

37

La famiglia Lewis

39

L’irlandese ambivalente: l’enigma dell’identità culturale irlandese

43

Circondato da libri: accenni a una vocazione letteraria

49

La solitudine: Warnie va in Inghilterra

52

I primi incontri con la gioia

53

La morte di Flora Lewis

56

La brutta Inghilterra: il periodo scolastico, 1908-1917

61

Wynyard School a Waterford: 1908-1910

63

Cherbourg School a Malvern: 1911-1913

64

Malvern College: 1913-1914

69

Bookham e il “grande Knock”: 1914-1917

74

La minaccia della leva militare

80

L’iscrizione all’università di Oxford

82

I vasti campi della Francia: la guerra, 19171918

85

Il curioso caso della guerra irrilevante

85


Arrivo ad Oxford: aprile 1917

87

Il cadetto ufficiale al Keble College

91

Le esperienze di Lewis a Oxford nel periodo di guerra

98

Lo spiegamento in Francia: novembre 1917

105

Ferito in battaglia: l’assalto a Riez du Vinage, aprile 1918

109

Lewis e la signora Moore: una relazione nascente

112

Seconda parte: Oxford Capitolo 4

Capitolo 5

Inganni e scoperte: nascita di un docente di Oxford, 1919-1927

119

Lo studente della classicità: University College, 1919

120

La preoccupazione di Albert Lewis riguardo a suo figlio

125

Successo accademico: il Chancellor’s Essay Prize, 1921

127

Successo e fallimento: l’eccellenza accademica e la disoccupazione

130

La signora Moore: la base della vita di Lewis

136

Lo studente di lingua e letteratura inglese, 19221923

140

Docenza al Magdalen College

152

Docenza, famiglia e amicizia: i primi anni al Magdalen College, 1926-1930

157

Docenza: il Magdalen College

157

Rottura della famiglia: la morte di Albert Lewis

162

L’influenza duratura di Albert Lewis

167

Ricongiungimento familiare: Warnie si trasferisce a Oxford

169

L’amicizia con J. R. R. Tolkien

172


Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Il più riluttante dei convertiti: la nascita di un semplice cristiano, 1930-1932

177

Il rinascimento religioso letterario inglese degli anni Venti

177

Immaginazione liberatoria: Lewis riscopre Dio

181

La data della conversione di Lewis: un riesame

188

Una conversazione notturna con Tolkien: settembre 1931

193

La fede di Lewis nella divinità di Cristo

199

Un uomo di lettere: accademico e critico letterario, 1933-1939

207

Il Lewis insegnante: i tutorati a Oxford

208

Il Lewis insegnante: le lezioni a Oxford

213

Le due vie del pellegrino (1933): mappare il paesaggio della fede

215

Gli Inklings: amicizia, condivisione e dibattito

222

L’allegoria d’amore (1936)

229

Il ruolo e lo scopo della letteratura secondo Lewis

234

Acclamazione nazionale: l’apologeta del tempo di guerra, 1939-1942

239

L’amicizia di Lewis con Charles Williams

242

Il Lewis promotore letterario: Il signore degli anelli di Tolkien

245

Il problema della sofferenza (1940)

249

I discorsi radiofonici del periodo di guerra

254

Fama internazionale: il cristiano puro e semplice, 1942-1945

263

Le lettere di Berlicche (1942)

264

Il cristianesimo così com’è (1952)

266

Altri progetti del tempo di guerra

277

La svolta narrativa: la trilogia di Ransom

282


Capitolo 10

Un profeta senza onore? Tensioni e problemi postbellici, 1945-1954

289

C. S. Lewis superstar

289

Il lato più oscuro della celebrità

292

Demenza e alcolismo: la “madre” e il fratello di Lewis

295

Ostilità verso Lewis a Oxford

298

Elizabeth Anscombe e il Club Socratico

301

I dubbi di Lewis sul suo ruolo di apologeta

309

Terza parte: Narnia Capitolo 11

Capitolo 12

Riorganizzare la realtà: la creazione di Narnia

315

Le origini di Narnia

318

La soglia: un tema chiave narniano

321

L’ordine di lettura della serie di Narnia

324

Gli animali di Narnia

327

Narnia come finestra sulla realtà

329

Narnia e la ripetizione della grande narrazione

331

Narnia: esplorando un mondo immaginativo

337

Aslan: il desiderio del cuore

339

La grande magia: l’espiazione nei romanzi di Narnia

344

I sette pianeti: il simbolismo medievale di Narnia

349

La terra delle ombre: la rielaborazione del mito platonico della caverna

352

Il problema del passato in Narnia

354

Quarta parte: Cambridge Capitolo 13

Il trasferimento a Cambridge: il Magdalen College, 1954-1960

361

La nuova cattedra a Cambridge

363


Capitolo 14

Rinascimento: la lezione inaugurale a Cambridge

369

Una storia d’amore letteraria: fa il suo ingresso Joy Davidman

373

Lo “strano matrimonio� con Joy Davidman

382

La morte di Joy Davidman

387

Lutto, malattia e morte: gli ultimi anni, 19601963

395

Diario di un dolore (1961): fede alla prova

395

La salute precaria di Lewis, 1961-1962

401

Malattia finale e morte

408

Quinta parte: La vita oltre la morte Capitolo 15

Il fenomeno Lewis

417

Gli anni Sessanta: una stella cadente

417

Riscoperta: il nuovo interesse per Lewis

421

Lewis e gli evangelici americani

425

Lewis, punto di riferimento letterario

430

Conclusione

432

Cronologia

435

Ringraziamenti

439

Opere consultate

441



Elenco delle immagini 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 2.1 2.2 2.3 2.4 3.1 3.2 3.3 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 6.1 6.2 6.3 7.1 7.2 7.3 8.1 8.2 8.3

Royal Avenue a Belfast nel 1897 Mappa dell’Irlanda di C. S. Lewis La famiglia Lewis presso Little Lea nel 1905 La pensione Le Petit Vallon, Berneval-le-Grand, intorno al 1905 C. S. Lewis e Warnie con le loro biciclette nell’agosto del 1908 William Thompson Kirkpatrick (1848-1921) nel 1920 C. S. Lewis e Arthur Greeves nel 1910 Lord Kitchener: “Il tuo paese ha bisogno di te!” Station Road, Great Bookham, 1924 Gli studenti dell’University College, trimestre della Trinità del 1917 Keble College, Oxford, 1907 C. S. Lewis e Paddy Moore a Oxford durante l’estate del 1917 Radcliffe Quadrangle, University College, 1917 Sheldonian Theatre, Oxford, 1922 Cornmarket Street, Oxford, 1922 “La famiglia”: C. S. Lewis, Maureen e la signora Moore nel 1927 Magdalen College, Oxford, nell’inverno del 1910 Il rettore e i docenti del Magdalen College nel luglio del 1928 Il New Building, Magdalen College, intorno al 1925 L’ultima fotografia disponibile di Albert Lewis, 1928 C. S. Lewis, la signora Moore e Warnie presso la Kilns nel 1930 J. R. R. Tolkien nelle sue stanze al Merton College negli anni Settanta L’interno della cappella del Magdalen College intorno al 1927 Addison’s Walk, Magdalen College, 1937 La chiesa Holy Trinity di Headington Quarry a Oxford nel 1901 L’Examination Schools dell’università di Oxford nel 1892 Un gruppo di Inklings a The Trout a Godstow, presso Oxford La Duke Humfrey’s Library, Oxford, 1902 L’Home Guard di Oxford in una parata del 1940 Il romanziere e poeta Charles Williams (1886-1945) La Broadcasting House di Londra intorno al 1950


10.1 11.1 11.2 12.1 13.1 13.2 13.3 14.1 14.2 14.3 15.1

C. S. Lewis e suo fratello Warnie in vacanza in Irlanda nel 1949 Il signor Tumnus che porta un ombrello e dei pacchetti attraverso una foresta innevata I quattro ragazzi scoprono il guardaroba misterioso La “mappa di Narnia� di Pauline Baynes Magdalene College, Cambridge, 1955 Joy Davidman Lewis nel 1960 Peter Bide nel novembre del 1960 Acland Nursing Home, Oxford, 1900 La lettera di C. S. Lewis, che proponeva J. R. R. Tolkien per il premio Nobel in letteratura del 1961 L’iscrizione sulla lapide di Lewis C. S. Lewis a casa alla Kilns nel 1960


SORPRESI DALLA GIOIA: LEGGERE E INCONTRARE C. S. LEWIS Di Edoardo Rialti

“C

hi è C. S. Lewis?”, si domanda McGrath all’inizio di questa sua biografia. In un certo senso, come per ogni essere umano, tale domanda è destinata a restare ultimamente irrisolta. Come notava Oscar Wilde (irlandese a sua volta), “il mistero finale è sé stessi” e, di conseguenza, anche chiunque altro. La ricchezza stessa dei dettagli, qualora non sia accompagnata da una profonda empatica capacità d’immedesimazione, rischia, paradossalmente, di farci smarrire la persona oggetto del nostro interesse. “Non c’è verità dove non c’è amore” scriveva Ludmilla Saraskina nella sua monumentale biografia di Solgenitsin, per poi lasciare la parola in merito al romanziere stesso, in un suo articolo su Pushkin: “Nel genio, come in ogni essere umano, tutto è unito, organico: il suo atteggiamento di fronte alla vita, i suoi lati luminosi accanto a quelli tenebrosi, le luci e le ombre della sua personalità, i suoi pensieri e le sue opinioni, i suoi successi artistici e i suoi fiaschi, e insieme a tutto questo il fatto che in ogni istante egli resta la stessa persona. La genialità non è un accessorio che si aggiunge a parte. Giudicare a spizzichi significa condannarsi a non capire l’essenza. Ma è ovvio che capire un fenomeno nella sua interezza è incomparabilmente più difficile”. Lewis stesso mise in guardia da questo rischio quando aveva fatto borbottare – a

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La vita di C. S. Lewis

uno dei pochi professori che tengono testa al diabolico istituto INCE in Quell’orribile forza – che “gli uomini non si possono studiare. Si può solo arrivare a conoscerli”. Un monito che è sempre bene tenere presente, nella critica letteraria e non solo.

Il vero incontro Trattandosi di uno scrittore, un primo modo per cogliere qualcosa della sua personalità è forse quello di cercare, nella sua produzione letteraria, grandi e piccoli autoritratti. È una modalità che anche Lewis approvava e praticava come docente, proprio perché essa rispetta le intenzioni dell’artista e cerca di immedesimarsi con lo sguardo che questi rivolgeva alla realtà, e persino a sé stesso. Gli esempi più lampanti sono ovviamente l’autobiografia Sorpreso dalla gioia (che pareva superba persino all’Hitchens di Dio non è grande), il protagonista del suo Le due vie del pellegrino, il C. S. Lewis stesso che compare in qualità di personaggio e narratore in Perelandra e ne Il grande divorzio, così come tre “ritratti dell’artista da vecchio”, il prof. Digory di Narnia, il prof. Dimble di Quell’orribile forza e, almeno in parte, Volpe, il tutore greco in A viso scoperto, il quale, seppure non costituisca un vero e proprio autoritratto, incarna certamente una dimensione dello spirito di Lewis, oltre a essere uno dei tributi più commoventi e convincenti al mondo classico. C’è tuttavia un altro livello, più ampio, sfumato e certamente meno tracciabile, eppure ben più importante delle mere curiosità biografiche e persino metaletterarie, in cui ogni lettore di Lewis può a buon diritto sostenere di averlo già incontrato, e conosciuto. Mi riferisco alla misteriosa conversazione tra autore e lettore che avviene e si sviluppa nell’esperienza complessiva della lettura. È quanto notò Neil Gaiman, quando scoprì Narnia da ragazzo ed ebbe la netta impressione di una voce che gli si rivolgesse direttamente. Lewis stesso riteneva questo dialogo uno dei più importanti e fecondi nella vita di un uomo, una dimensione di effettiva comprensione che si dispiega nel tempo. Come spiegava il marziano Hrossa al suo prof. Ransom: “Un piacere è un piacere completo solo nel ricordo. Tu, Huomo, parli come se il piacere fosse una cosa e la memoria un’altra, invece sono tutt’uno. I séroni potrebbero spiegartelo meglio, ma non meglio di quanto potrei fare io con una poesia. Quello che tu chiami ricordo è l’ultima parte del piacere, come il crah è l’ultima parte di una poesia. Quando noi due ci siamo incontrati, l’incontro, in sé, è durato un attimo, è stato un nulla. Ora, nel nostro ricordo, sta diventando qualcosa. Ma noi ne sappiamo ancora pochissimo. Quello che sarà nel mio ricordo

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Sorpresi dalla gioia: leggere e incontrare C. S. Lewis

il giorno in cui io mi stenderò a terra per morire, e quello che opera e opererà dentro di me ogni giorno fino ad allora, questo è il vero incontro. L’altro è stato solo l’inizio. Tu dici che ci sono poeti nel tuo mondo. Non vi insegnano queste cose” Ed è proprio questa sua intuizione a farmi prendere le mosse da una variazione sul tema, rispetto alla domanda di McGrath: chi è C. S. Lewis, per me? Questo perché quanto egli affermò a proposito della casuale scoperta di George MacDonald sul banchino d’un rivenditore, io potrei sottoscriverlo parola per parola in riferimento a Lewis stesso: “Fu come se qualcuno mi trasportasse di là da un confine, o come fossi morto in un paese e non riuscissi a ricordare come fossi risorto in un altro. Perché, in un certo senso, il nuovo paese assomigliava esattamente al vecchio. Era come se la voce che mi aveva chiamato dall’estremo limite del mondo risuonasse ora al mio fianco. Come se si trovasse nella stanza, dentro o dietro di me. Se una volta mi aveva eluso da lontano, ora mi eludeva da vicino; qualcosa di troppo vicino per essere scorto, di troppo semplice per essere compreso, quest’ambito di conoscenza. Sembrava fosse stato sempre con me”. Non solo comprendevo benissimo la sua esperienza da bambino e adolescente, quando i versi di una poesia, o la copertina di un disco o un libretto di Wagner potevano “capovolgerti il cielo”, riesporti in un istante a un desiderio senza nome né confine, ma erano le sue stesse opere a evocarlo. Parafrasando quanto Nietzsche tributò a Schopenauer, “faccio parte di quei lettori di Lewis che, dopo averne letto la prima pagina, sanno con sicurezza che leggeranno e ascolteranno ogni parola da lui comunque detta. Subito si determinò in me fiducia in lui, fiducia che a tutt’oggi è la stessa di nove anni fa. Lo intendevo come se avesse scritto per me”. Proprio per questo, mi è molto difficile, anzi praticamente impossibile, decidere cosa citare di Lewis. Certo, posso dire che la struttura della sua giornata lavorativa ideale, così come la dettaglia in Sorpreso dalla gioia, è diventata per una sorta di piccola regola umanistica privata: Farei sempre colazione alle otto in punto, per poi sedermi alla scrivania alle nove, a leggere e scrivere sino all’una. Se, intorno alle undici, qualcuno mi portasse una buona tazza di caffè o di tè, tanto meglio. Quattro passi fuori casa non sarebbero lo stesso; perché nessuno ha mai voglia di bere da solo, e se al pub s’incontra un amico è probabile che la pausa superi i dieci minuti prestabiliti. Il pranzo sarebbe in tavola all’una precisa; e al massimo per le due mi troverei fuori casa. Ma, tranne in rare occasio-

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La vita di C. S. Lewis ni, non in compagnia d’un amico. Andare a spasso e conversare sono due grandi piaceri, ma è un errore associarli. Le nostri voci cancellano suoni e silenzi del mondo esterno; e poiché alla conversazione si associano quasi inevitabilmente le sigarette, allora addio natura, per lo meno per quanto riguarda uno dei nostri sensi. Il compagno ideale di passeggiata dovrebbe condividere il vostro amore per la campagna al punto che un’occhiata, una sosta, o al massimo un colpettino bastino ad assicurarvi che il vostro piacere è condiviso. Ritorno della passeggiata, e arrivo del tè, dovrebbero coincidere esattamente, e non più tardi delle quattro e un quarto. Il tè dovrebbe essere preso in solitudine. Perché mangiare e leggere sono due piaceri che si completano a meraviglia. Leggere la poesia a tavola sarebbe una bestemmia. Quello che ci vuole è un libro un po’ pettegolo e impersonale che fosse possibile aprire dappertutto. Alle cinque, si dovrebbe essere di nuovo al lavoro, e così fino alle sette.

Così come posso ricordare di essermi recato in Addison’s Walk, la passeggiata dietro il Magdalen College dove egli ebbe un dialogo decisivo con J. R. R. Tolkien e Hugo Dyson su miti e fede, con l’emozione anche stavolta di un pellegrinaggio privato. Perché sotto quegli alberi, lungo il sentiero che costeggia il ruscello, era stato seminato così tanto che poi sarebbe sbocciato anche nella mia vita. Mi sono seduto sotto un tronco, e ho chiuso gli occhi. Certamente, ci sono passaggi, personaggi, libri di Lewis che amo particolarmente, e i suoi saggi letterari hanno plasmato molte mie categorie critiche, ma in fondo il debito e l’ammirazione che provo va a un certo tono complessivo della sua scrittura, a un certo orizzonte del suo sguardo, che si comunica da mille dettagli e al tempo stesso li comprende e li supera tutti. Leggendolo, le cose che già conosci – non nella mera accezione di ciò che hai già compreso o sottoscritto, ma nel suo significato d’intuizione profonda, seppure confusa – ciò che già ami, la stoffa vera della vita si staglia in modo più intenso, chiaro e netto. Come scrisse ne I quattro amori, ogni grande amicizia sboccia quando si è sul punto di dire all’altro, in merito a qualche passione segreta, a qualche convinzione o esperienza intima e decisiva: “Come anche tu? E io che credevo di essere l’unico!” Questa stessa sorpresa e questo stesso conforto sono alla base dell’amicizia che Lewis ha stabilito con tanti suoi lettori nel corso degli anni. Tuttavia, se fossi proprio costretto ad indicare alcune sue parole e immagini che mi siano rimaste nel cuore, e non potessi ripiegare sull’intero A viso scoperto,

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Sorpresi dalla gioia: leggere e incontrare C. S. Lewis

forse sceglierei questi tre passaggi. Il primo è tratto da Il problema della sofferenza: Forse avrete notato che i libri che veramente amate sono legati insieme da un filo segreto; sapete benissimo qual è la caratteristica comune che ve li fa amare anche se non riuscite a tradurla in parole; ma la maggior parte dei vostri amici non la vede affatto e si chiede perché, se vi piace questo, vi piaccia anche quello. Ancora, forse vi siete trovati davanti a un paesaggio che sembrava incorporare quello che avete sempre cercato e poi vi siete girati verso l’amico al vostro fianco, ma alle prime parole tra voi si è aperta una voragine. E non è forse vero che le vostre amicizie più durevoli sono nate nel momento in cui finalmente avete incontrato un altro essere umano che avesse qualche sentore, sebbene vago ed incerto anche nei migliori amici, di quel qualcosa che desiderate sin dalla nascita e che cercate da sempre di trovare, di vedere e di sentire sotto il flusso di altri desideri ed in tutti i temporanei silenzi, tra tutte le passioni più forti, notte e giorno, anno dopo anno dall’infanzia alla vecchiaia? Non l’avete mai posseduto. Tutte le cose che hanno mai posseduto profondamente la vostra anima ne sono state solo degli indizi, barlumi allettanti, promesse mai completamente realizzate, echi che si spegnevano subito, appena vi arrivavano alle orecchie. Ma se questa cosa dovesse veramente manifestarsi, se mai dovesse sentirsi un’eco che non si spegnesse subito ma si espandesse nel suono stesso, voi lo sapreste; al di là di ogni possibilità di dubbio voi direste: ecco quella cosa per cui sono stato creato.

Il secondo invece si trova nell’ultima delle Lettere di Berlicche, quando il Paziente è ormai sfuggito alle grinfie di Malacoda: Gli dèi sono cose insolite agli occhi mortali, eppure non lo sono. Egli non aveva la più debole idea fino ad allora del loro aspetto, e perfino dubitava della loro esistenza. Ma al primo vederli conobbe che li aveva sempre conosciuti e comprese la parte che ciascuno di loro aveva avuto per molte ore nella sua vita, mentre e gli si era creduto solo, tanto che ora poteva rivolgersi a loro, a ciascuno di loro, e chiedere, non: “Chi sei tu?”, ma: “Eri TU, dunque, per tutto il tempo?”. Tutto ciò che essi erano e ciò che dicevano in questo incontro risvegliava delle memorie. La confusa coscienza di amici che gli stavano intorno, che aveva ossessionato le sue solitudini fin dall’infanzia, trovava finalmente la spiegazione, quella musica che si percepiva al centro di ogni esperienza pura, e che sempre, all’ultimo momento, era sfuggita dalla memoria, si ritrovava ora finalmente.

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La vita di C. S. Lewis

Il terzo brano invece si trova in conclusione del suo saggio di critica letteraria Sulle storie: Sarei considerato un tipo bizzarro se, in conclusione, suggerissi che proprio la tensione interna al cuore di ogni storia tra il tema e la trama costituisce dopo tutto la sua somiglianza principale con la vita? E se le storie falliscono, la vita non commette forse lo stesso errore? Nella vita reale qualcosa deve succedere, come nelle storie. È questo il problema. Noi miriamo a uno stato e troviamo solo una successione di eventi nei quali quello stato non si incarna mai del tutto. La grandiosa idea di trovare Atlantide che ci prende nel primo capitolo di una storia d’avventura è capace, una volta che il viaggio è iniziato, di scivolare nella mera sensazionalità. Ma ugualmente nella vita reale l’idea di un’avventura svanisce man mano che si presentano i dettagli giornalieri. Questo non perché l’asprezza del momento o il pericolo la mettano da parte. Altre grandi idee – tornare a casa, rivedere l’amata – eludono a loro volta il nostro abbraccio. Supponete pure che non ci sia delusione; persino così, beh, eccoci qui. Ma ora qualcosa deve succedere, e poi qualcos’altro ancora. Tutto quello che succede può essere piacevole: ma può mai una serie del genere incarnare quell’autentico stato dell’essere che desideriamo?

Tutto ciò risuona in me con una forza e una intensità che qualsivoglia commento o analisi non potranno mai spiegare pienamente. Una sottoscrizione che supera e non coincide affatto con l’adesione ideologica o fideistica. Non ho smesso di sentire tutta la forza e la bellezza contenuta in quelle affermazioni e in quelle immagini, anche quando mi sono sempre più allontanato dalla fede cristiana a cui Lewis stesso mi aveva riavvicinato da ragazzo. Persino adesso che, da un certo punto di vista, trovo molte delle posizioni di Lewis distanti o persino irricevibili, tanto da contestarle anche nella mia povera scrittura pubblica, ciò non ha minimamente intaccato la profondità della mia gratitudine, e l’ammirazione nel continuare a frequentarlo. Per la perplessità di amici e colleghi (atei e cristiani) mi diverto spesso ad affermare che, per quanto mi riguarda, Lewis spesso ha ragione anche quando ha torto. Non solo perché ti costringe sempre a pensare, ma anche perché nelle sue conclusioni che ho trovato più parziali o sbagliate, l’intensità della vita vera – la trama dei nostri affetti e impulsi più autentici – non è mai assente, o assurta a mero pretesto. Non c’è di che stupirsi, visto che Lewis stesso ha sempre saputo che l’amicizia non si basa sulla condivisione delle risposte, ma dalle

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Sorpresi dalla gioia: leggere e incontrare C. S. Lewis

domande, e sebbene negli Inklings come Tolkien e Williams egli respirasse il conforto d’una visione condivisa (al netto di molte e significative divergenze, che talvolta col tempo si acuirono) è anche vero che tra i suoi affetti e confidenti più cari vanno ricordati l’antroposofista Owen Barfield e un “buddista” omosessuale come “il primo amico” di dantesca memoria, Arthur Greeves. Anche laddove mi sono trovato in radicale disaccordo con lui, leggerlo, camminare con lui, guardare con lui, conversare con lui, mi ha sempre reso un uomo migliore. In freta dum fluvii current, dum montibus umbrae lustrabunt convexa, polus dum sidera pascet, semper honos nomenque tuum laudesque manebunt, quae me cumque vocant terrae.

Un pagano convertito, e un inguaribile romantico Se invece variamo ancora sulla domanda di McGrath e ci domandiamo chi sia stato Lewis per il Novecento, allora è possibile rispondere con maggiore certezza e senza esitazioni. L’autore di Narnia e Berlicche è stato uno dei grandi protagonisti del dibattito culturale contemporaneo, in tutti i campi nei quali si è cimentata la sua riflessione e produzione. I suoi saggi di critico letterario “gentiluomo” – come lo definì una volta il professor Riccardo Bruscagli a chi scrive – segnano delle vere e proprie date spartiacque nella comprensione dell’allegoria e dell’immaginario medievale e rinascimentale. Le sue lezioni hanno plasmato una generazione di studiosi. Ma la stima accordata alla sua attività accademica – sempre percorsa da un estro narrativo che la rende affascinante come un racconto – è naturalmente soverchiata dall’ammirazione suscitata dai suoi romanzi fantastici e fantascientifici e dai suoi scritti di apologetica. Se spesso i suoi lavori critici restano appannaggio di (troppo) pochi esperti del settore, Narnia, Berlicche, Il cristianesimo così com’ è hanno fatto di questo erudito coltissimo uno dei romanzieri più amati del Novecento e di questo laico anglicano il pensatore cristiano più letto ed influente del nostro tempo. Due conquiste che non paiono affatto intaccate dal trascorrere del tempo. In questo senso egli appartiene alla storia della cultura contemporanea, al pari di Hannah Arendt o Borges, ben oltre gli steccati ideologici, e tocca tristemente constatare che talvolta chi lo ha difeso (magari impugnandolo come una spada) e chi l’ha attaccato si è parimenti basato su una sua riduzione, o frain-

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tendimento (basti pensare alla vexata quaestio di chi contrappone Narnia al Signore degli anelli di Tolkien, un accostamento criticamente male impostato visto che si tratta di due generi narrativi diversi, così come sarebbe sbagliato paragonare La bella addormentata all’Odissea, oppure all’accusa di sessismo, impugnata da un altro grande autore quale Philip Pullmann, che tuttavia legge Narnia stessa con molta miopia applicandole un trucchetto retrospettivo, e non considera affatto la ricca galleria di personaggi e protagonisti femminili lewisiani, da Jane Studdock – che forse è davvero il suo personaggio più ideologico – alla Signora Verde, e soprattutto la Regina Orual del suo capolavoro, A viso scoperto). Chi rimprovera il carattere didattico o “catechetico” della narrativa di Lewis spesso non coglie uno dei tratti fondamentali della sua immaginazione e sensibilità. Lo sguardo di Lewis è, mutuando una categoria che usava per distinguere diversi tipi di epica, “secondario”, non nell’accezione di inferiore o non-fondamentale, ma nel senso di sbocciare sempre fecondato da un’idea o un’immagine già esistente nella tradizione culturale, o da una provocazione dialettica. Naturalmente, nessun’opera è davvero e assolutamente originale, ma c’è una profonda differenza tra il rapporto che corre tra il legendarium tolkieniano e Boewulf o l’Edda e invece Perelandra di Lewis e Il paradiso perduto, o tra Narnia e le opere di Spenser e MacDonald. La stessa sensibilità “secondaria” conta altri insigni rappresentanti, e ci ha dato le opere di Ovidio, Tasso, Nietzsche. Il fratello Warren scelse per la tomba di Lewis un detto quasi proverbiale del Re Lear, ma, forse, non c’è miglior epitaffio delle parole che Lewis usò per descrivere sé stesso: “Ho vissuto da pagano convertito in un mondo di puritani apostati”. Chiunque desideri conoscere Lewis può infatti trovarvi gli elementi costituivi della sua personalità – un cristianesimo che si innesta su un ceppo pagano, un coacervo immaginativo previo, e, battezzandolo, lo valorizza in una nuova prospettiva – e del suo modo di leggere e reagire all’ambiente sociale e culturale che lo circondava. “Inguaribile romantico!” dice il cinico Lord Ferverstone di Mark Studdock in Quell’orribile forza. H. Carpenter fece notare che Lewis riecheggiava così il giudizio dispregiativo con cui anni prima era stato bollato dal collega Harry Weldon. Questo perché agli occhi di Lewis tale diagnosi sprezzante puntava l’indice su un tratto costitutivo che egli, invece, impugnava con esplicito orgoglio. Egli si sentiva tanto figlio, nel suo percorso spirituale, del Simposio di Platone (“È tutto in Platone!” esclama il prof. Digory quando la Terre delle Ombre cede il passo

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alla Vera Narnia) e del Preludio di Wordsworth. Non a caso il titolo di Sorpreso dalla gioia è tratto da una poesia del grande romantico inglese e il suo primo libro Le due vie del pellegrino – che è anche una dichiarazione di poetica, come spesso sono gli esordi – reca come sottotitolo An allegorical apology for christianity, reason, and romanticism. E allegoria, apologia, cristianesimo, ragione, romanticismo sono davvero i poli dialettici fondamentali della sua riflessione e della sua sensibilità. Non a caso, tra le grandi “immagini” che nel racconto scandiscono la storia collettiva dell’umanità quali messaggi privilegiati del Creatore, egli annoverava – ancora una volta – i miti pagani, l’amor cortese medievale e la “riscoperta” della Natura all’inizio dell’Ottocento. Molti estimatori e discepoli intellettuali di Lewis lo ammirano ed amano proprio in quanto difensor desiderii prima ancora che fidei, cantore del longing, lo struggimento, la senshucht (che è una dimensione più vasta di quella meramente religiosa). Anche costoro, come lui, si sentono devoti del Fiore Blu scorto da Novalis. Come nota giustamente McGrath, Lewis ambiva a trovare una dimensione conoscitiva ed emotiva che salvasse sia Pallade che Demetra, le ragioni filosofiche di Volpe e le intuizioni mitiche del vecchio Sacerdote in A Viso scoperto, ed egli credette di trovarla nel cristianesimo. Ma anche chi in fondo parta da premesse contrarie o arrivi a conclusioni diverse sulla natura del desiderio umano, può comprendere bene la verità insita in questo “inguaribile” romanticismo, non solo come tratto decisivo per leggere Lewis iuxta propria principia, ma anche per collocarlo in quella che già Nietzsche definiva la “reazione romantica” accampata da alcuni intelletti poderosi al terremoto delle nuove implicazioni psicologiche, scientifiche e metafisiche. In tale prospettiva atea, se si sostituisse il nome Lewis (e, più ancora, quello di Chesterton) a Schopenauer nel seguente paragrafo di Umano, troppo umano, l’esito suscita comunque implicazioni suggestive: A volte compaiono spiriti […] che evocano ancora una fase trascorsa dell’umanità: sono la prova che le nuove tendenze alle quali si oppongono non sono ancora forti abbastanza, che ad esse manca qualcosa, altrimenti offrirebbero a tali evocatori una migliore resistenza. Così, ad esempio, la riforma di Lutero dimostra che in quel secolo ogni moto di libertà dello spirito era ancora incerto, gracile, adolescente, e la scienza non poteva ancora sollevare il capo. L’intera Renaissance anzi appare come una primavera precoce, quasi subito ricancellata dalla neve. Ma, anche nel nostro secolo, la metafisica di [Lewis] ha dimostrato che nep-

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La vita di C. S. Lewis pur oggi lo spirito scientifico è vigoroso abbastanza: così nella dottrina di questo filosofo l’intera visione medievale e cristiana del mondo e dell’uomo, nonostante l’ormai da tempo avvenuta distruzione di tutti i dogmi cristiani, ha potuto ancora una volta celebrare la propria resurrezione. In tale dottrina risuona molta scienza, ma non è questa a predominare, bensì il vecchio e ben noto “bisogno metafisico”. Senza dubbio uno dei maggiori e inestimabili vantaggi che ricaviamo da [Lewis] è che egli costringe il nostro modo di sentire a tornare momentaneamente a più antiche e potenti concezioni del mondo e dell’uomo, alle quali altrimenti nessun sentiero ci condurrebbe tanto facilmente. II guadagno per la storia e la giustizia è grandissimo: credo che oggi, senza l’aiuto di [Lewis], a nessuno riuscirebbe così facile render giustizia al cristianesimo. Il che sarebbe impossibile soprattutto se lo si volesse fare partendo dal terreno del cristianesimo ancora esistente.

Non è certamente un caso se, nel suo discorso inaugurale come professore di letteratura medievale e rinascimentale a Cambridge, Lewis sostenne che la vera cesura e il “Grande Divorzio” concettuale a suo giudizio, non andassero cercati tra Medioevo e Rinascimento – appunto – e neppure tra età classica e medievale, ma tra tutte queste fasi della storia e della cultura e il mondo moderno e contemporaneo. Ed egli non aveva dubbio da quale parte schierarsi. Il modello cosmico antico e medievale poteva essere sbagliato tecnicamente, ma non nelle sue più vasti implicazioni filosofiche ed esistenziali. In esso egli vedeva una parziale ma veritiera mappa del cosmo estetico e morale nel quale, come diceva il Paolo di Tarso degli Atti, “viviamo, ci muoviamo e siamo”. E con persino maggiore convinzione egli difendeva appunto il nietzscheano “bisogno metafisico del cuore umano” che a “quell’autentico stato dell’essere” anelava. Come è costretto ad ammettere il diavolo Berlicche, per l’uomo che veda Dio, “tutti i piaceri del senso, o del cuore, o dell’intelletto, perfino i piaceri della stessa virtù, sembrano ora al confronto, non diversi di come apparirebbero le quasi nauseanti attrazioni di una sgualdrina truccata a colui che si senta dire che la sua fidanzata, la donna che aveva veramente amato per tutta la vita e che aveva creduta morta, è lì, ora, alla porta”. Dal punto di vista di Lewis, la vera battaglia si giocava a questo livello. Egli credeva fermamente nell’esistenza di quel primo amore, dell’unico Ospite misterioso che potesse salire e sedere sull’arturiano Seggio Periglioso. Ma il già citato “Eri tu, dunque, per tutto il tempo?” per Lewis esprimeva anche una radi-

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cale e appassionata difesa di “tutto il tempo”, di tutte “le più profonde simpatie e i più profondi impulsi” della vita di ciascuno. E questa grandezza d’animo (nel senso aristotelico del termine), questa valorizzazione per ciò che tutti e ciascuno portano nel cuore, percorre la sua scrittura, comunicando un gusto per la vita, per la ricchezza delle sue sfumature e dei suoi dettagli, dal leggere con la febbre in una giornata di pioggia, guardando il mare ad addentrarsi in un bosco d’autunno, dal ridere con gli amici al pub al piangere una persona scomparsa, illuminato da una profonda saggezza e acuito da uno sfaccettato senso dell’umorismo.

Il Lewis di McGrath La seguente biografia del teologo e apologeta McGrath, irlandese come Lewis, e come lui docente ad Oxford, non può naturalmente sostituire né alcuni lavori precedenti come Gli Inklings di Carpenter, il Jack di Sayer o il Narnia e oltre di Howard, veri e propri capolavori d’immedesimazione. Persino laddove ripercorra gli eventi narrati in Sorpreso dalla gioia, McGrath talvolta zoppica o si rivela alquanto miope, seguendo a fatica un elemento fondamentale come “il battesimo dell’immaginazione” di Lewis, dal primo incontro col norreno Balder alla riscoperta di Cristo come “vero mito”. Il calore dell’amicizia che Lewis sapeva dispiegare e che ne fecero il vero focolare intorno a cui si radunavano personalità così diverse come O. Barfield, C. Williams, G. Matthew e J. R. R. Tolkien. “Era una mattina di sole”, raccontava Tolkien, “e il gelso del boschetto che si vedeva dalla finestra splendeva come oro fulvo contro il ciel blu cobalto pare essergli stranamente remoto” e Lewis a sua volta descrisse quell’occasione, nella quale si respira l’essenza impalpabile di tanti affetti: “Immagina un salotto al primo piano con le finestre che guardano a nord sul boschetto del Magdalen College, un lunedì mattina di sole, in periodo di vacanza, alle dieci circa io e il professore, entrambi seduti sul divano, accendemmo le pipe e stendemmo le gambe. Williams, nella poltrona davanti a noi, gettò la sigaretta nel camino, prese una fila di quei foglietti molto piccoli sui quali scrive abitualmente e cominciò…” Anche la natura certamente complessa dell’amore per la “Gioia” che l’avrebbe effettivamente “sorpreso” fino ad un inatteso matrimonio, quello con “Joy” – gli dèi hanno il senso dell’umorismo – Davidman, esce forse troppo ridimensionata dalle pagine di McGrath. Certo, si trattò di un amore ben poco “a prima vista” e che nella sua fase inziale, sottolinea giustamente MacGrah, va letto anche nel più

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ampio contesto della generosità con cui Lewis incoraggiava e sosteneva diverse scrittrici. Tuttavia il suo lavoro offre anche i notevoli pregi di un inquadramento storico molto ampio e dettagliato, ad esempio sull’importanza del background irlandese nella vita di Lewis (molti lo considerano erroneamente uno scrittore inglese, al pari di Chesterton o Greene) e al tempo stesso la sua alterità o eccentricità rispetto a modelli intellettuali più tipici come Yeats o Joyce. Lo stesso dicasi per gli anni di formazione ad Oxford e per una maggiore messa a fuoco di questioni e snodi davvero importanti, come l’impatto solo apparentemente superficiale della prima guerra mondiale (che segnò tutta una generazione ed ebbe una ricaduta immaginativa molto diversa in Ungaretti o Tolkien), e i rapporti ambivalenti verso una figura complessa come suo padre, Albert Lewis, o verso la signora Moore, madre surrogata e, nei primi anni della loro vita insieme, amante. Parimenti interessante è la proposta di una diversa cronologia e datazione per la conversione di Lewis prima al teismo e infine al cristianesimo. Un altro pregio è quello di comprendere assai meglio il contesto in cui nacque e si sviluppò la fama di Lewis come apologeta cristiano, cosa che gli otterrà l’ascolto e la stima di migliaia di lettori ma anche molti dolori, invidie e incomprensioni. Non solo ripercorriamo il sostegno e l’incoraggiamento costante che Lewis manifestò per Il signore degli anelli di Tolkien – tanto da spendersi per candidarlo al premio Nobel del 1961 – ma scopriamo anche quanto Tolkien stesso si sia impegnato per fargli ottenere – e accettare – la rinomata cattedra di letteratura medievale e rinascimentale a Cambridge. Risulta molto interessante il raffronto tra gli scritti di Otto sul “Numinoso” e la loro ricaduta nell’opera di Lewis, soprattutto nel tratteggiare il personaggio del leone Aslan (sebbene poi l’espressione infelice “strategia” tradisca o possa far pensare a una strumentalità che era ben lungi dall’orizzonte morale e immaginativo lewisiano) così come la sottolineatura che “l’amore di Lewis per la letteratura non è da porre sullo sfondo della sua conversione, ma è anzi parte integrante della scoperta dell’attrattiva razionale e immaginativa del cristianesimo”, un’intuizione che McGrath tenta di leggere in rapporto con la generale crisi della modernità post-bellica e la ricerca, da parte di molti intellettuali, d’una nuova unità immaginativa e conoscitiva, una philosophia perennis, “un’immagine scartata” appunto.

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Un grande albero Questa prefazione si apriva con Oscar Wilde, ed è sempre a Wilde che ricorre in conclusione. La celebre tesi sostenuta nel Critico come artista e ormai passata pressoché a proverbio, ossia che ogni critica costituisca un’autobiografia, contiene talvolta una doppia verità. I nostri giudizi non solo svelano molto dell’uomo che siamo, ma possono rivelarsi anche le parole più adatte perché gli altri ci descrivano a loro volta. Soprattutto quando stiamo cercando di comunicare le nostre impressioni più profonde su qualcosa che amiamo. Io stesso ho spesso usato le parole di Lewis per raccontare cosa egli abbia voluto dire per me. Non solo stato il solo. Per lo stesso motivo, nell’introduzione alla ricca raccolta di tributi Remembering C. S. Lewis, James Como lo descrive con le stesse parole che Lewis tributava al suo amato Edmund Spenser: “La sua opera ricorda qualcosa che si sviluppa e cresce, come un albero che abbia i rami in cielo e le radici all’inferno. E in mezzo a questi due estremi c’è tutta la molteplicità dell’esistenza umana. Leggerlo significa crescere in salute mentale”. Una ricchezza e un piacere cui tutti i suoi lettori, atei, pagani e convertiti, possono attingere. Purché partecipino della sua stessa magnanimità. In un dialogo che può farsi sempre più vero incontro, come ci insegnava l’Hrossa di Malacandra.

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PREFAZIONE

C

hi è C. S. Lewis (1898-1963)? Per molti, forse per la maggior parte, Lewis è il creatore del favoloso mondo di Narnia, l’autore di alcuni libri per bambini del XX secolo tra i più conosciuti e discussi, che continuano ad attrarre entusiasti lettori, vendendo ancora milioni di copie. Cinquant’anni dopo la sua morte, Lewis rimane uno degli scrittori più popolari della nostra epoca. Come il suo amico e collega J. R. R. Tolkien (1892-1937), il famoso autore de Il signore degli anelli, Lewis è riconosciuto all’unanimità come un punto di riferimento per la cultura e per la letteratura. Entrambi gli autori di Oxford hanno plasmato profondamente il mondo della letteratura e quello del cinema. Tuttavia, senza Lewis Il signore degli anelli avrebbe rischiato di non essere scritto. Sebbene abbia prodotto dei best seller tutti suoi, Lewis fu anche promotore del capolavoro di Tolkien, tanto da proporre l’amico per il premio Nobel alla letteratura del 1961, proprio per i meriti de Il signore degli anelli. Basterebbero queste ragioni da sole a rendere la storia di Lewis degna di essere raccontata. Ma Lewis è molto più di questo. Come sostenne una volta il suo amico di lunga data Owen Barfield (1898-1977), in realtà ci sono tre C. S. Lewis. Insieme al Lewis autore di romanzi di successo, c’è un secondo e meno conosciuto: il Lewis scrittore e apologeta cristiano, preoccupato di trasmettere e condividere la sua ricca visione del potere immaginativo e intellettuale della fede cristiana, una fede che scoprì a metà della sua vita e che trovò razionalmente e spiritualmente convincente. Con il disappunto di molti, la sua opera Il cristianesimo così com’ è è spesso citato come l’opera religiosa più influente del XX secolo. Forse proprio a causa della sua pubblica dedizione al cristianesimo, Lewis rimane una figura controversa, che suscita affetto e ammirazione in quanti condi-

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vidono la sua gioia nella fede cristiana, nonché la derisione e il disprezzo in quanti non concordano. Nonostante ciò, a prescindere dalla considerazione positiva o negativa che si possa avere di lui, Lewis rimane importante, probabilmente il più credibile e influente rappresentante del cristianesimo puro e semplice1 da lui stesso sostenuto. Ma v’è anche un terzo aspetto di Lewis, forse quello meno familiare alla maggior parte dei suoi ammiratori e critici: il distinto docente di Oxford e il critico letterario, che riempiva le aule di gente grazie alle sue riflessioni spontanee sulla letteratura inglese e che sarebbe diventato il primo a occupare la cattedra di letteratura medievale e rinascimentale all’università di Cambridge. Penso che oggi poche persone abbiano letto il suo A preface to “Paradise lost” (1942), ma ai suoi giorni questo scritto divenne un punto di riferimento in quanto a chiarezza e qualità. La chiamata professionale di Lewis era rivolta verso il mondo accademico. La sua elezione a membro della British Academy, nel luglio del 1955, fu una dimostrazione pubblica della sua reputazione ed erudizione. Ma alcuni componenti del mondo accademico consideravano il suo successo commerciale e popolare come dissonante con qualsiasi sua pretesa d’essere uno studioso serio. A partire dal 1942, Lewis dovette sforzarsi di mantenere la sua credibilità accademica alla luce delle sue opere più celebri, in particolare le sue ironiche riflessioni sul diabolico mondo di Berlicche. Ora, questi tre Lewis come si relazionano tra di loro? Sono compartimenti separati della sua vita, oppure sono in qualche modo interconnessi? Come si sono sviluppati? Questo libro intende raccontare la storia della formazione e della manifestazione del pensiero di Lewis, concentrandosi sui suoi scritti. Non si preoccuperà di documentare ogni aspetto della vita di Lewis, ma tenterà piuttosto d’esplorare le affascinanti e complesse connessioni presenti tra il mondo esterno e quello interno del nostro autore. La presente biografia è organizzata intorno al mondo reale e a quello immaginario, che Lewis abitò. Mi riferisco in particolar modo a Oxford, Cambridge e Narnia. Come si connette lo sviluppo delle sue idee e della sua immaginazione con i mondi fisici, che egli abitò? Chi lo aiutò a formare la sua visione intellettuale e immaginaria della realtà? Nella nostra analisi, considereremo il percorso di Lewis verso il successo e 1 In inglese: “Mere christianity”, cioè come il titolo della più famosa opera apologetica di

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Prefazione

alcuni dei fattori che l’hanno favorito. Infatti, una cosa è quella d’essere divenuto famoso, un’altra è quella di continuare a esserlo cinquant’anni dopo la sua morte. Molti commentatori degli anni Sessanta credevano che la fama di Lewis fosse transitoria. Allora molti credevano che il suo inevitabile declino nell’oblio fosse solo una questione di tempo, al massimo di un decennio. È per questa ragione che l’ultimo capitolo di questo volume cerca di spiegare non solo perché Lewis divenne una figura di simile autorità e influenza, ma anche perché lo sia tutt’oggi. Alcune delle prime e più importanti biografie furono scritte da coloro che conobbero Lewis personalmente. Esse costituiscono ancora inestimabili descrizioni di Lewis come persona. Tuttavia, i numerosi sforzi della ricerca degli ultimi due decenni hanno fatto luce su questioni d’importanza storica (come, per esempio, il ruolo di Lewis nella Grande Guerra) e hanno esplorato alcuni aspetti della sua maturazione intellettuale, mettendo così a disposizione letture critiche delle sue opere principali. Questa biografia tenterà d’intrecciare insieme tutti questi fili e di presentare una comprensione di Lewis saldamente fondata sugli studi precedenti, ma tenterà anche di andare al di là degli stessi. Ogni tentativo d’affrontare la scalata al successo di Lewis deve riconoscere la sua diffidenza verso l’assunzione di un ruolo pubblico. Lewis era sì un profeta dei suoi giorni e di quelli successivi; tuttavia dev’essere anche detto che era un profeta riluttante. Addirittura, la sua stessa conversione sembra essere avvenuta contro il suo buonsenso. Inoltre, convertito al cristianesimo, Lewis s’espresse apertamente su quei temi perlopiù a causa del silenzio o della poca chiarezza di coloro che riteneva in una posizione migliore della sua per affrontare pubblicamente questioni religiose e teologiche. Per di più, Lewis dà l’impressione d’essere qualcosa d’eccentrico, nel senso proprio del termine, cioè un individuo che fugge dalle norme e dai canoni convenzionali e stabiliti oppure è dislocato rispetto al centro delle cose. La sua curiosa relazione con la signora Moore, che verrà discussa dettagliatamente nella presente opera, lo poneva ben lontano dalle prassi sociali britanniche in voga negli anni Venti dello scorso secolo. Molti dei colleghi di Lewis, a Oxford, giunsero a considerarlo come un estraneo sin dal 1940, sia a causa della sua visione chiaramente cristiana sia per la sua poco accademica abitudine di scrivere opere popolari di fantasia o apologetica. Lewis descrisse ottimamente la sua distanza dalle prevaLewis (ndr).

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lenti norme accademiche dei suoi giorni, quando si riferì a sé stesso come a un “dinosauro”, durante la lezione inaugurale del 1954 all’università di Cambridge. Questo sensazione di distanza si può incontrare anche nella sua vita religiosa. Sebbene Lewis divenne una voce altamente influente nel cristianesimo britannico, egli operò dai suoi confini, piuttosto che dal suo centro e non aveva tempo per coltivare relazioni con le figure leader dei vertici ecclesiastici. Forse fu proprio questa sua caratteristica ad attrarre l’attenzione di una parte dei media, ansiosi di trovare una voce autenticamente religiosa, al di fuori delle strutture di potere delle chiese principali. Questa biografia non ha intenzione di celebrare Lewis, né di condannarlo, ma di comprendere lui e – soprattutto – le sue idee, nonché come queste hanno trovato espressione nei suoi scritti. Tale obbiettivo è stato reso più semplice grazie alla pubblicazione di praticamente tutto quello che è rimasto degli scritti inediti di Lewis, così come quella di un significativo corpo di letteratura erudita critica, che si occupa delle sue opere e delle sue idee. L’ampio quantitativo di materiale biografico e accademico oggi disponibile riguardo a Lewis e al suo circolo minaccia di sopraffare il lettore con dettagli minuziosi. Coloro che tentano di comprendere Lewis si trovano bombardati da ciò che la poetessa americana Edna St. Vincent Millay (1892-1950) chiamò “uno sciame meteorico di fatti” che piovono dal cielo.2 La poetessa si chiedeva come questi fatti potessero dischiudere il significato, piuttosto che rimanere un semplice accumulo di informazioni. La presente biografia aggiungerà nuove informazioni a ciò che già si sa sulla vita di Lewis, ma proverà anche a dar loro un senso. Come possiamo intrecciare insieme questi fatti, in modo tale che essi possano procurarci uno schema comprensibile? Questa biografia di Lewis non consiste in un’altra aggiunta alla grande massa di fatti e numeri della sua vita, ma è piuttosto un tentativo d’identificarne i temi e le preoccupazioni più profonde, valutandone il significato. È un lavoro d’analisi, non di sintesi. La pubblicazione delle lettere di C. S. Lewis (provviste di riferimenti incrociati e accuratamente annotate da Walter Hooper, in un lavoro durato dal 2000 fino al 2006) è d’importanza cruciale per gli studi dedicati a lui. Con le loro tremilacinquecento pagine circa, queste lettere offrono degli spunti che erano praticamente preclusi alla prima generazione di biografi di Lewis. Forse il loro punto 2

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Edna St. Vincent Millay, Collected sonnets, Harper, New York, 1988, p. 140.


Prefazione

di forza è quello di mettere a disposizione una struttura narrativa coerente, per lo sviluppo di un resoconto della vita di Lewis. Per questa ragione, queste lettere saranno citate più frequentemente di qualsiasi altra fonte. Inoltre, apparirà chiaro che un’attenta lettura di queste epistole obbliga a un esame e forse a una revisione di alcuni dati della sua vita al momento ampiamente accettati. Questa è una biografia critica, che si pone lo scopo d’esaminare la fondatezza di presupposti e approcci tutt’ora esistenti, correggendoli quando fosse necessario. Nella maggioranza dei casi, questo potrà essere fatto semplicemente e sottovoce, non avendo visto alcuna ragione di richiamare l’attenzione su queste correzioni. Tuttavia, è doveroso informare il lettore del risultato al quale sono stato condotto da questo logorante, ma necessario, processo di revisione delle fonti documentarie, un risultato che più di tutti gli altri mi mette in opposizione non solo contro ogni studioso di Lewis che conosco, ma anche contro Lewis stesso. Sto parlando della data della sua “conversione” o del recupero della fede in Dio, evento che lo stesso Lewis nel suo libro Sorpreso dalla gioia (1955) colloca durante “l’ultimo trimestre universitario 1929” (cioè, in un momento tra il 28 aprile e il 22 giugno 1929).3 Questa data è fedelmente riportata in tutti i maggiori studi su Lewis che sono apparsi recentemente. Ma la mia accurata lettura del materiale documentario porta inequivocabilmente a preferire una data successiva al marzo 1930, ma più probabilmente l’ultimo trimestre accademico di quello stesso anno. Su questo punto sono completamente solo tra gli studiosi di Lewis e il lettore ha il diritto di sapere che sono del tutto isolato su tale questione. *** Da quello che è stato già detto, si può capire che non c’è bisogno di giustificare una nuova biografia di Lewis, per segnare il cinquantesimo anniversario della sua morte, avvenuta nel 1963. Tuttavia, rimane il bisogno di offrire una breve apologia personale, in quanto suo biografo. A differenza dei suoi precedenti biografi, come il suo amico di vecchia data George Sayer (1914-2005) e Roger Lancelyn Green (1918-1987), io non l’ho mai conosciuto personalmente. Lewis fu 3 Clive Staples Lewis, Surprised by joy, HarperCollins, Londra, 2002, p. 266; in italiano: Sorpreso dalla gioia, Jaca Books, Milano, 2007, p. 166. Altrove nella stessa opera, Lewis chiama quest’evento “riconversione” (ivi, p. 135; in italiano: ivi, p. 87).

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La vita di C. S. Lewis

un autore che scoprii tramite i suoi scritti, dieci anni dopo la sua morte, quando avevo circa vent’anni. In un periodo di tempo, durato una ventina d’anni, vinse gradualmente il mio rispetto e la mia ammirazione, sebbene mescolati con continua curiosità e interessi persistenti. Non ho ricordi illuminanti, né sono stato privilegiato con particolari rivelazioni o con documenti privati sui quali discutere. Ogni risorsa usata in questa biografia è di pubblico dominio e disponibile per essere scrutinata o ispezionata da chiunque lo desideri. Questo è un libro scritto da una persona che ha scoperto Lewis tramite i suoi scritti, per altri che l’hanno conosciuto nella stessa maniera. Il Lewis che ho conosciuto è mediato dalle sue parole, senza alcuna conoscenza personale. Mentre alcuni biografi usano il nome “Jack” per riferirsi a Lewis nelle loro opere, io ho ritenuto giusto chiamarlo sempre “Lewis”, principalmente per sottolineare la mia distanza da un punto di vista personale e critico. Credo egli avrebbe voluto che le future generazioni conoscessero questo Lewis. Perché? La risposta è che, come Lewis sostenne negli anni Trenta, la cosa importante riguardo agli autori sono i testi scritti da loro. Ciò che importa veramente è quello che dicono i testi. Gli autori non dovrebbero essere uno “spettacolo”. Essi sono piuttosto lo “strumento degli spettacoli”, tramite cui noi lettori vediamo noi stessi, il mondo e il grande piano delle cose, di cui facciamo parte.4 Lewis aveva un interesse sorprendentemente piccolo nei confronti della vita del poeta inglese John Milton (1608-1674) oppure del contesto politico e sociale nel quale Milton scrisse. Ciò che davvero importava erano gli scritti di Milton, le sue idee. Perciò, quello che Lewis credeva il migliore approccio verso Milton deve modellare la maniera in cui ci volgiamo verso Lewis stesso. Ogni volta che mi è stato possibile ho cercato di confrontarmi con i suoi scritti, esplorando cosa dicono e valutandone il significato. Sebbene non abbia avuto la possibilità di conoscere Lewis di persona, riesco a immedesimarmi bene – forse meglio di molti – in almeno alcuni aspetti dei suoi mondi. Come Lewis, ho trascorso la mia infanzia in Irlanda, principalmente a Downpatrick, il paese della contea di Down dalle “allungate e dolci colline”, che Lewis conobbe e amò, descrivendolo meravigliosamente. Ho passeggiato dove lui ha passeggiato, mi sono fermato dove lui s’è fermato e mi sono meravigliato dove lui s’è meravigliato. Come lui, anch’io ho provato un desiderio bramoso nel 4

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Cfr. “Il ruolo e lo scopo della letteratura secondo Lewis” nel capitolo 7 (ndr).


Prefazione

mirare dalla mia casa d’infanzia le scure montagne di Mourne. Come la madre di Lewis, sono stato anch’io un alunno al Methodist College di Belfast. Inoltre, conosco bene l’Oxford di Lewis. Qui sono stato uno studente per sette anni. Dopo una breve parentesi a Cambridge, l’altra università frequentata da Lewis, sono ritornato a Oxford e vi ho insegnato e scritto per vent’anni, oltre ad aver occupato la cattedra di teologia storica ed essere diventato ciò che a Oxford si chiama un head of house.5 Come Lewis, ero un ateo da giovane, prima di scoprire le ricchezze intellettuali della fede cristiana. Come Lewis, ho scelto d’esprimere e vivere questa fede in una specifica forma, che ho trovato nella chiesa anglicana. Infine, in quanto occupo una posizione che mi chiama spesso a offrire una pubblica difesa della fede cristiana contro i suoi critici, mi ritrovo a usare con apprezzamento le idee e gli approcci di Lewis, molti dei quali, a mio parere, continuano ad avere almeno parte della loro brillantezza e forza. *** Vorrei concludere con una parola sul metodo usato nella stesura di questa biografia. Il cuore della mia ricerca iniziò con un’accurata lettura dell’intero corpus di opere di Lewis (lettere incluse). Tale lettura è stata eseguita seguendo l’ordine cronologico dei testi, in modo tale da apprezzare maggiormente lo sviluppo del suo pensiero e del suo stile. Le due vie del pellegrino6 è stato perciò datato maggio 1932, quando fu scritto, piuttosto che maggio 1933, quando fu pubblicato. Questo lavoro d’intenso confronto con le fonti primarie, che ha richiesto quindici mesi, è stato seguito da una lettura, spesso una vera e propria rilettura critica, della letteratura secondaria più importante riguardante Lewis, il suo circolo di amici e sul contesto intellettuale e culturale nel quale visse, pensò e scrisse. Infine, ho esaminato materiale inedito d’archivio, la maggior parte del quale si trova a Oxford. Queste risorse gettano una nuova luce sul processo di formazione delle idee di Lewis e sul contesto intellettuale e istituzionale in cui operò. Sarà ben presto chiara la necessità di uno studio maggiormente accademico, per affrontare le domande erudite che emergeranno da una ricerca così dettaglia 5

“Capo di dipartimento” (ndt).

6 Clive Staples Lewis, The pilgrim’s regress, Geoffrey Bles, Londra, 1950; in italiano: Le due vie del pellegrino, Jaca Book, Milano, 1981 (ndr).

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La vita di C. S. Lewis

ta. Questa biografia eviterà tali dettagli accademici, inoltre le note e la bibliografia sono state limitate allo stretto necessario. Il mio scopo in questo libro è raccontare una storia e non quello d’iniziare arcani e dettagliati dibattiti accademici. Tuttavia, i lettori potrebbero trovare utile sapere che un volume maggiormente accademico sarà pubblicato a breve. Il libro in questione offrirà un’analisi e una giustificazione più dettagliate di alcune delle affermazioni e delle conclusioni raggiunte in questa biografia.7 Ma ora basta con le introduzioni e con i convenevoli. La nostra storia inizia tanto tempo fa in un mondo lontano: la città irlandese di Belfast nell’ultimo decennio del 1800. Alister E. McGrath Londra

7 Alister E. McGrath, The intellectual world of C. S. Lewis, Wiley-Blackwell, Oxford e Malden, 2013.

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A cinquant’anni dalla sua morte, C. S. Lewis continua a ispirare e affascinare milioni di persone. La sua eredità è ancora vasta e variegata: è stato un eminente intellettuale, un pensatore cristiano convertito dall’ateismo e un popolare autore di opere di fantasia, che hanno ispirato la saga cinematografica sul mondo di Narnia. Ne La vita di C. S. Lewis, Alister McGrath, prolifico autore e stimato professore presso il King’s College di Londra, delinea un ritratto conclusivo della vita di C. S. Lewis. Il quadro che ne risulta è quello di un eccentrico pensatore, che è diventato uno stimolante – benché riluttante – profeta del nostro tempo. Non si può perdere questo coinvolgente ritratto di un genio creativo, che ha ispirato generazioni di lettori. “L’autore di Narnia e Berlicche è stato uno dei grandi protagonisti del dibattito culturale contemporaneo, in tutti i campi nei quali si è cimentata la sua riflessione e produzione. I suoi saggi di critico letterario “gentiluomo” – come lo definì una volta il professor Riccardo Bruscagli a chi scrive – segnano delle vere e proprie date spartiacque nella comprensione dell’allegoria e dell’immaginario medievale e rinascimentale. Le sue lezioni hanno plasmato una generazione di studiosi. Ma la stima accordata alla sua attività accademica – sempre percorsa da un estro narrativo che la rende affascinante come un racconto – è naturalmente soverchiata dall’ammirazione suscitata dai suoi romanzi fantastici e fantascientifici e dai suoi scritti di apologetica. Se spesso i suoi lavori critici restano appannaggio di (troppo) pochi esperti del settore, Narnia, Berlicche, Il cristianesimo così com’è hanno fatto di questo erudito coltissimo uno dei romanzieri più amati del Novecento e di questo laico anglicano il pensatore cristiano più letto ed influente del nostro tempo. Due conquiste che non paiono affatto intaccate dal trascorrere del tempo.” Edoardo Rialti

Alister McGrath è professore di teologia presso il King’s College di Londra, dove dirige il centro di teologia, religione e cultura. Prima di trasfersi al King’s College, è stato professore di teologia storica all’università di Oxford ed è attualmente membro ricercatore anziano presso l’Harris Manchester College di Oxford. Il dr. McGrath è autore di più di cinquanta libri (tra cui vari best seller) e un popolare divulgatore che viaggia ogni anno in tutto il mondo come relatore in varie conferenze.

€ 29,00 www.beedizioni.it


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