Pensieri segreti di una improbabile convertita

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La storia della dottoressa Butterfield è schietta, deliziosa, piena di saggezza e colpisce nel vivo. —Kirk Blankenship, boat14NC.wordpress.com Non potrò mai raccomandare a sufficienza la lettura di questo libro. Non sono d’accordo con tutte le affermazioni dell’autrice, ma ho imparato qualcosa da tutto quanto ha scritto. Questo testo merita di essere letto da un pubblico più ampio possibile. —dr. Carl Trueman, reformation21.org Questo libro è una dimostrazione della potenza che possono avere l’amore e l’ospitalità per ammorbidire i cuori. —Susan Olasky, World magazine Non si tratta del discorso enfatico e adirato di una persona che ha subito dei torti da parte della chiesa. È la testimonianza amorevole di una madre, il cui più grande desiderio è la maturità spirituale della sua famiglia. —Megan Hill, SundayWomen.com Raramente mi è capitato di terminare un libro e di pensare: “Voglio comprarne una gran quantità di copie da distribuire in giro”. Pensieri segreti di una improbabile convertita è uno dei pochi volumi che metterei in quell’elenco. —Sarah White, awonderfulprovidence.blogspot.com …un’opera davvero rinfrancante da parte di una donna che, a quanto pare, non soltanto parla, ma agisce con sacrificio sulla base di convinzioni ponderate, a cui è profondamente ancorata. —Jeremy Walker, reformation21.org



Pensieri segreti di una improbabile convertita Il percorso di una docente di letteratura verso la fede cristiana

ROSARIA CHAMPAGNE BUTTERFIELD


Rosaria Champagne Butterfield

Pensieri segreti di una improbabile convertita Il percorso di una docente di letteratura verso la fede cristiana Proprietà letteraria riservata: BE Edizioni di Monica Pires P.I. 06242080486 Via del Pignone 28 50142 Firenze Italia The Secret Thoughts of an Unlikely Convert Copyright © 2012 by Rosaria Champagne Butterfield Published by Crown & Covenant Publications This translation published by arrangement with Crown & Covenant Publications. All rights reserved. Coordinamento editoriale: Filippo Pini Traduzione: Sarah Collorassi Copertina: Alan David Orozco Impaginazione: Graphom di Marida Montedori Prima edizione: Aprile 2018 Stampato in Italia Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Nuova Riveduta, Società Biblica di Ginevra

ISBN 978-88-97963-70-7

Per ordini: www.beedizioni.it È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, anche ad uso interno didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto verso l’autore e gli editori e mette a rischio la sopravvivenza di questo modo di trasmettere le idee.


Indice

Prefazione................................................................................. 7 Ringraziamenti......................................................................... 9 La conversione e il vangelo della pace.................................. 15 Il ravvedimento e il peccato di Sodoma................................ 45 I bravi ragazzi: la santificazione e l’adorazione pubblica....... 85 Il fronte casalingo: matrimonio, ministero e adozione...... 119 Scuola parentale e mezza età.................................................. 157 Bibliografia e risorse................................................................ 179



Prefazione “Lei è un evangelico?”, chiese la voce al telefono con decisione. “Quali sono le sue convinzioni riguardo alla Bibbia?”. Avevo scritto una lettera a Rosaria perché, in qualità di pastore di una chiesa locale, avevo il desiderio di verificare se gli studenti universitari della nostra città avessero anche solo una minima conoscenza di ciò che la Bibbia dice, a prescindere dal fatto che vi credessero o meno. Quella docente del dipartimento di lingua e letteratura inglese si dimostrò disposta a rispondere alle mie domande. Fui io, però, a rimanere stupito dai suoi interrogativi. Infatti, come appresi in seguito, in realtà era lei che stava intervistando me! Il dialogo telefonico e le domande proseguirono per un po’ di tempo. Fu uno scambio cordiale. A un certo punto, dopo una determinata domanda, le risposi dicendo: “Dottoressa Champagne, penso che il quesito che lei pone meriti di essere esaminato nel salotto di casa mia, davanti al caminetto, dopo una delle deliziose cene preparate da mia moglie. Che ne dice?”. Lei rispose entusiasta: “Va benissimo!” Da lì ebbe inizio un’amicizia che mia moglie e io abbiamo custodito come un tesoro e che consideriamo un dono da parte di Dio. Rosaria cominciò a frequentare la nostra casa, portandoci sempre qualcosa: del formaggio, del pane appena sfornato e, soprattutto, una mente molto desiderosa di conoscere. Che meravigliose conversazioni tra noi! Dato che al college mi ero anch’io specializzato in letteratura inglese, assaporavo volentieri le discussioni con una persona assai informata sugli autori contemporanei. Comunque, la maggior parte delle chiacchierate vertevano intorno agli argomenti citati in partenza: la Bibbia, la teologia e le visioni del mondo. Ci affezionammo molto a lei.

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Prefazione Questa la mia prefazione. Rosaria riprenderà le vicende del nostro incontro con parole sue. Quella che segue è la sua storia. Fin dal principio mi resi conto che la nostra nuova amica non aveva alcuna remora a toccare qualsiasi argomento, che si esprimeva in termini chiari esponendo non soltanto i pensieri, ma anche la sua intimità. Rosaria è effettivamente così e lo scoprirete anche voi. Questa mia prefazione sarebbe però incompleta se non rivelassi che la nostra chiesa a Syracuse da anni stava pregando per l’università. Rosaria è una delle risposte che Dio ci ha concesso nella sua grazia! —Kenneth G. Smith

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Ringraziamenti Dio, perché hai preso me?

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ll’età di ventotto anni dichiarai fieramente di essere lesbica. Ero giunta al termine del dottorato in letteratura inglese e studi culturali. Lavoravo come docente associato in uno dei principali dipartimenti di studi femministi 1 degli Stati Uniti. Ero stata reclutata dall’università per assumere ruoli sia accademici sia amministrativi all’interno della facoltà e per promuovere le ideologie radicali progressiste. Stavo contribuendo a migliorare il mondo, ne ero sinceramente convinta. A trentasei anni, ero una tra le poche donne a essere stata nominata docente di ruolo all’interno di una prestigiosa università rinomata per il lavoro di ricerca. Inoltre ero anche un’amministratrice in carriera e un’attivista nella comunità. Ero diventata una “radicale in cattedra”.2 Mi sentivo realizzata, sotto tutti i profili. Quello stesso anno, però, Gesù Cristo mi volle per sé e così il tipo di vita che avevo conosciuto e amato giunse a un umiliante epilogo. Mi è stato spesso chiesto di raccontare il mio viaggio spirituale. La gente è interessata a conoscere cosa significa percorrere un lungo cammino per arrivare a Cristo. Mi presto volentieri a farlo.  1 Nell’ambito degli studi di genere (Gender studies) gli studi femministi (Women’s studies) sono approccio multidisciplinare all’analisi e alla conoscenza della posizione e dell’esperienza della donna nelle società patriarcali di oggi e di ieri (ndr).   2 Nell’originale è usata l’espressione tenured radical, coniata dal critico Roger Kimball per indicare un tipo di didattica offerta nelle università americane a partire degli anni Ottanta, in lotta contro la morale tradizionale (ndr).

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Pensieri segreti di una improbabile convertita È importante condividere in che modo la nostra vita rappresenta il frutto del sangue versato da Cristo. La nostra testimonianza può servire da incoraggiamento e da monito ad altri. Tuttavia la condivisione deve essere oggetto di accurata riflessione. Perché e in che modo condividiamo la nostra storia? Lo facciamo per attirare l’attenzione su noi stessi? Per scioccare qualcuno? Per intrattenere? Le nostre testimonianze onorano il cammino cristiano? Non lo fanno se si tratta di storie che pongono soltanto l’accento su “quanto era infame il mio peccato prima di incontrare il Signore” (come se i peccati che commetto oggi fossero meno infami!). Non lo fanno se si limitano a condividere un senso di sicurezza, delle risposte preconfezionate e delle buone “decisioni” prese da noi, come se avessimo qualche merito. La mia autobiografia rivela i pensieri segreti di una persona la cui conversione era assai improbabile. Questo libro cerca di svelare lo scenario della vita cristiana nel suo totale contesto, nel bene e nel male. Forse alcuni dei miei pensieri spontanei potranno destare un certo scalpore. Spesso mi domando: ‘‘Signore, perché hai preso me?’’. Non avevo chiesto di diventare cristiana. Non avevo “cercato Dio”. Al contrario, fuggivo a gambe levate ogniqualvolta avevo il sospetto che qualcuno volesse parlarmi del vangelo. Ero interessata a questioni di fede, ma soltanto a livello intellettuale; ed ero intenzionata ad andare avanti in quel modo. Come ha potuto cadere così in basso una tipa sveglia e intelligente come me? Nelle pagine seguenti, racconterò cos’è accaduto nel mio mondo privato dopo quella che i cristiani definiscono educatamente “conversione”. Questa parola (conversione) è decisamente troppo scialba e raffinata per cogliere la portata dello sconquasso che sperimentai trovandomi faccia a faccia con l’Iddio Vivente. Conosco soltanto una parola per descrivere quell’incontro, che ha avuto effetti prolungati nel tempo: collisione. Questo termine descrive l’impatto derivante da uno scontro tra più veicoli. Nelle pagine che seguono, cercherò di rivivere la collisione, l’impatto di Dio sulla mia vita. Cominciai a dedicarmi alla stesura di questo libro nel 2003. Scrivere mi portò a guardare indietro, ma ogni pagina contiene qualche traccia dei miei lieti doveri quotidiani. Mio marito Kent si è dedicato con sacrificio ad aiutarmi nel completamento di questo progetto. L’amore, la guida e il sostegno di Kent hanno fatto sì

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Ringraziamenti che questo libro potesse venire alla luce. Ogni capitolo è sorto in concomitanza con un figlio entrato nella nostra famiglia tramite l’adozione o l’affidamento. Purtroppo a ogni capitolo è corrisposta anche la mancata adozione di altri bambini bisognosi, dei quali ero venuta a conoscenza in telefonate disperate provenienti dal dipartimento dei servizi familiari. Si trattava di bambini i cui bisogni andavano oltre ciò che noi eravamo in grado di offrire e comunque i casi erano troppo numerosi. Ogniqualvolta un piccolo è entrato nella nostra famiglia, mia madre e il mio patrigno, Dolores e Theo Otis, mi hanno dato tutto il sostegno e l’incoraggiamento di cui avevo bisogno. Anzi, per ogni nuovo bimbo mia madre ha addirittura organizzato una festa. Poi, insieme all’immancabile regalo per il bebè, mia mamma riservava sempre anche una bella sorpresa per me. (“Rosaria, vai dal parrucchiere, vai a farti una pedicure; compra un nuovo televisore!”). L’innesto dei miei figli nella mia famiglia insieme a Kent e la presenza di mia madre e del mio patrigno nella mia vita mi hanno permesso di dedicare il tempo necessario per meditare sul passato e passare alla stesura di questo libro. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno letto e commentato i vari capitoli: Kent Butterfield, il pastore Bruce Backensto e la consorte Kim, il pastore Doug Comin e la moglie Amy, Natalie Gazo e poi il pastore Kenneth Smith con sua moglie Floy. Ogni errore di valutazione o ogni affermazione offensiva che si potrà trovare in queste pagine è da attribuirsi soltanto a me. Desidero poi ringraziare tutti coloro che mi hanno sostenuta e incoraggiata durante la stesura di questo libro con le parole, l’esempio e l’insegnamento: il pastore Charles Biggs e sua moglie Margaret, il pastore Steve Bradley e la moglie Julie, Matthew Filbert, il pastore Jerry O’Neill e sua moglie Ann, Dolores e Theo Otis. Loro probabilmente lo ignorano, ma Dio si è servito dei membri della Syracuse Reformed Presbyterian Church in infiniti modi. Sono in debito con: il pastore Brian Coombs e sua moglie Dorian, Phyllis Coombs, Kurt e Kathy Donath, George e Maggie Hueber, Chris e Shari Huggins, Gene e Gail Huggins, M e NM, Bob e Vivian Rice, Ben e Diana Rice, il dottor Ken Smith e la moglie Becky, il dottor Jonathan Wright e la consorte Marty, Ron e Robyn Zorn. Ringrazio anche i miei colleghi e amici del Geneva College, soprattutto il dottor Byron Curtis, il dottor Dean Smith, il dottor

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Pensieri segreti di una improbabile convertita Bob Frazier, il dottor Maureen Vanterpool, il dottor Jonathan Watt e il presidente emerito Jack White; ringrazio il mio mentore, a capo del Center for Urban Biblical Ministry, la signora Karla Threadgill Byrd. I ricordi uniscono il passato e il presente in modi confusi e bizzarri. I miei colleghi e amici della comunità di homeschooling 3 di Purcellville, in Virginia, mi aiutano a conservare il sorriso, a rinnovare l’entusiasmo e ad avere sempre sulla punta della lingua un verbo latino da coniugare. Sono onorata di condividere l’impresa quotidiana dell’educazione parentale con Regina Gossage, Alissa Hall, Martha Mason, Julia Shaw-Fuller e Jennifer Truesdale. La curatrice della Crown & Covenant Publications, Lynne Gordon, è la lettrice più compassionevole al mondo e la ringrazio per l’interesse mostrato nei confronti di questo libro e per averlo impreziosito con una miriade di miglioramenti. Sono grata alla Reformed Presbyterian Church of North America, ai pastori e ai membri che hanno sacrificato tempo, denaro e libertà personali per il patto di Cristo. Sono grata per la presa di posizione forte e coraggiosa assunta da questa denominazione nel corso della storia per l’abolizione della schiavitù e perché ancora oggi, seguendo l’esempio di Gesù, si oppone con forza alle discriminazioni etniche.

3 L’educazione parentale o homeschooling è l’istruzione impartita ai figli direttamente dai genitori o da altre persone scelte dalla famiglia. Le lezioni si svolgono in ambito domestico. I ragazzi con formazione scolastica di questo tipo negli Stati Uniti sono circa due milioni (ndt).

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Dedico questo libro ai miei figli, nella speranza che ciascuno di loro potrĂ a sua volta scrivere una testimonianza personale sulla grazia salvifica di Dio manifestata mediante Cristo GesĂš, nostro Signore.



La conversione e il vangelo della pace Syracuse, stato di New York, 1997-2000

C

ome faccio a raccontarvi della mia conversione al cristianesimo senza farla sembrare un rapimento da parte degli alieni oppure un incidente ferroviario? A essere sincera, è stata una sorta di combinazione delle due metafore. Il linguaggio tradizionalmente usato per descrivere questo singolare miracolo non fa al caso mio. Per me non si è trattato di leggere un mini-manuale sui principali argomenti che di solito aiutano l’individuo a confrontare la propria vita con le dottrine bibliche per portarlo a prendere una limpida e logica “decisione per Cristo”, più o meno in modo analogo a quello con cui uno confronta varie opzioni di polizza assicurativa e poi decide quale di esse sia più conveniente per la propria automobile. Durante il percorso io ho sicuramente compiuto delle scelte, ma non sono mai state logiche, prive di rischi o sensate. Al tempo stesso, non mi sono sentita vittima di un terremoto emotivo/spirituale che mi ha fatto crollare nelle braccia piene di grazia del mio Salvatore, come una sorta di Rossella O’Hara santificata “conquistata dalla grazia irresistibile di Cristo”. Per quanto possa apparire eretico, Cristo e il cristianesimo dal mio punto di vista erano tutt’altro che irresistibili. La mia vita cristiana è sbocciata mentre stavo vivendo la mia normale esistenza quotidiana. Nella routine emergevano spesso delle domande a cui la mia visione secolare femminista non era in grado di fornire risposte. Quelle domande, però, giacevano silenziose negli anfratti della mia mente fino a quando, inverosimilmente, feci amicizia con un pastore evangelico. Se un pastore di nome Kenneth

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Pensieri segreti di una improbabile convertita Smith non avesse condiviso anno dopo anno il vangelo con me, più e più volte, non come se si trattasse della compravendita di un’auto, bensì in maniera organica, spontanea e compassionevole, quelle domande forse sarebbero rimaste ancora annidate negli angoli più reconditi della mia mente e non avrei mai incontrato l’amico per me più improbabile di tutti: Gesù Cristo stesso. È pericoloso guardare indietro a quella che era la mia vita, dall’attuale prospettiva di una donna che ama e segue Gesù e che è anche diventata moglie e madre. È doloroso toccare con mano la scomparsa della mia esistenza precedente e continuare a respirare. Quella vita è ancora in agguato in qualche angolo del mio cuore, luminosa e tuttora tagliente come una lama. Quando mi trovo a dover descrivere la mia vita in Gesù Cristo faccio fatica a trovare le parole adatte. L’esistenza a cui ero abituata subì uno sconquasso nell’aprile del 1999, quando avevo trentasei anni, anzi, poche settimane prima di compierne trentasette. A quel tempo, ero docente alla Syracuse University, da poco passata di ruolo nel dipartimento di lingua e letteratura inglese e insegnavo anche al centro di studi femministi. Avevo una relazione sentimentale omosessuale con una donna che era un’attivista nella tutela degli animali e un’appassionata della natura, oltre a essere anche lei docente in un’università vicina. Insieme avevamo acquistato delle case e convivevamo, con tanto di comunicazione ufficiale all’università. La mia compagna, T, portava avanti un’attività di riabilitazione dei golden retriever maltrattati e abbandonati e trovava loro una sistemazione come cani guida per disabili oppure come cani da compagnia, se non erano abbastanza forti per lavorare. Le nostre case (ne possedevamo due, una in campagna e una nel quartiere universitario) erano centri di fermento intellettuale e di attivismo. Oltre al canile, supportavamo molte cause: la cura per i malati di AIDS, l’alfabetizzazione dei bambini, le terapie per la guarigione dopo gli abusi sessuali, l’assistenza ai disabili. Facevamo parte dell’Associazione Unitariana Universalista, nella quale io ero coordinatrice del cosiddetto “comitato di benvenuto”, il gruppo per la difesa di gay e lesbiche. Il mio campo di ricerca si concentrava sulla letteratura e la cultura del XIX secolo. Il mio interesse per questo periodo storico si

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La conversione e il vangelo della pace basava sulla visione filosofica e politica di Freud, Marx e Darwin. Il mio campo principale di studi era la Teoria critica, anche nota come postmodernismo. La mia specializzazione era nella teoria queer (una forma postmoderna di studi su gay e lesbiche). Nel mio dipartimento, i requisiti per i docenti di ruolo erano rigorosi, infatti da loro ci si aspettavano: la pubblicazione di un libro con tanto di recensioni da parte dei critici, sei articoli accademici, interventi significativi nel corso di convegni e varie lezioni speciali sull’argomento della propria ricerca. Mi ricordo che consideravo quest’intenso lavoro intellettuale come del tutto normale, fino a quando non mi confrontai con un amico che lavorava come ricercatore in un altro dipartimento. “Accipicchia!” disse lui, “è come farsi asportare la milza e mangiarsela!”. Sebbene all’apparenza eccessivamente pesante, il mio lavoro per me era fonte di vitalità e arricchimento. Se guardo indietro adesso, non so bene cosa pensare di me come insegnante universitaria. Il più delle volte, in realtà, mi sentivo un’impostora: non mi ritenevo abbastanza brillante per occupare quella posizione. Credevo di essere stata fortunata ad aver trovato lavoro alla Syracuse University. Non credevo che sarei potuta diventare docente di ruolo e fu con sorpresa che ottenni quel titolo. Nel giro di breve tempo (circa tre anni) divenni direttrice degli studi di primo livello e lavorai con piacere nell’organizzazione dei curricula di studio, nel consigliare e incoraggiare i nostri studenti. Alcuni dei miei colleghi più anziani mi sconsigliarono di lavorare nell’amministrazione prima di ricevere la cattedra, non soltanto perché il lavoro amministrativo avrebbe sottratto tempo prezioso alla mia ricerca, ma anche perché gli amministratori finiscono per essere invischiati nelle politiche del dipartimento in cui è facile crearsi dei nemici senza motivo ed è difficile riguadagnare il terreno perduto. Respinsi questo consiglio “classico” e accettai comunque il lavoro. Opponendomi a quel monito tradizionale, appresi un’importante lezione: il successo arriva quando ci basiamo sulle nostre sole forze. Dedicarmi a qualcosa che amavo e in cui ero ferrata mi aiutò a svolgere le attività di ricerca e scrittura in maniera efficiente e concentrata. Sapevo che era rischioso, ma alla fine la fiducia nelle mie capacità si rivelò producente e per questo motivo sono lieta

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Pensieri segreti di una improbabile convertita di aver osato. Mi convinsi maggiormente che vale sempre la pena di correre dei rischi e che il successo è piacevole soltanto se si ha qualcosa da perdere. Nonostante mi sentissi una sorta di ingannatrice, la cosa non traspariva affatto. Ero una docente di alto profilo. Avevo tenuto un discorso d’apertura durante una marcia del Gay pride, ero stata invitata nelle più importanti università, inclusa Harvard, per tenere lezioni sugli studi di genere. Cercavo di svolgere il mio compito con integrità ed entusiasmo, ma trovavo pesanti alcuni aspetti del mio lavoro, come a esempio seguire gli studenti nelle loro tesi e negli esami generali. Per un neolaureato trovare un’occupazione a quel tempo era difficile e io non mi sentivo mai davvero in grado di fare da mentore per la loro ricerca. Più di tutto mi piaceva insegnare. Ho ancora i brividi quando ripenso al dinamismo e alle improvvise illuminazioni che vedevo in classe. Ho nostalgia di quelle lezioni, così come rimpiango i colleghi. Mi manca la consuetudine di trovarmi in compagnia di intellettuali complicati e arditi, persone con una profonda conoscenza della nostra cultura che mi sfidavano a spingermi oltre le mie zone di sicurezza. Al tempo ero convinta (e lo sono tuttora) che quando tutti la pensano allo stesso modo non c’è nessuno che pensi molto. Mi manca la sensazione piacevole di trovarmi tra persone che trovano il loro equilibrio nella contraddizione e nella diversità. Ovviamente c’erano anche altri vantaggi: uno stipendio sicuro, il massimo della garanzia quanto al mantenimento del posto di lavoro, un rimborso delle tasse universitarie per i membri della mia famiglia sia presso la Syracuse University sia presso altre università di prestigio equipollenti, un sostanzioso budget per le attività di ricerca, un fondo per l’acquisto di libri, l’opportunità di viaggiare. Tuttavia, anche se adesso mi dedico a fare da insegnante in casa a due dei nostri quattro figli e viviamo con un unico stipendio, non mi mancano affatto i benefici materiali di cui godevo. Mi mancano le persone. In qualità di attivista lesbica, ero molto coinvolta nella mia comunità gay. Avevo fatto pressioni per la prima approvazione, andata poi a buon fine, della convivenza dichiarata all’interno dell’università, che conferiva alle coppie omosessuali gli stessi diritti di cui godevano le coppie sposate. Dovetti sopportare molte critiche da

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La conversione e il vangelo della pace parte della comunità cristiana conservatrice. La mia vita era piena di attività e, dal mio punto di vista, conforme alla morale. Avevo a cuore le questioni etiche e avevo persino redatto un articolo sull’argomento della moralità nella vita delle persone omosessuali. Ero una lesbica “fuori dagli schemi”, così come adesso sono una cristiana “fuori dagli schemi”. Non mi sarebbe mai passato per la mente di vivere nella falsità e ho sempre potuto svolgere lavori privilegiati (ai tempi come docente, ora come moglie cristiana) in cui non devo essere “prudente” o tenere delle cose nascoste. I miei contatti più ravvicinati con i cristiani a quel tempo furono quelli con gli studenti che si rifiutavano di leggere alcuni testi per gli esami partendo dal presupposto che “conoscere Gesù” implicava non aver bisogno di conoscere altro. Oppure i contatti con chi mi spediva lettere indignate; o ancora quelli con persone che durante le marce del Gay pride esibivano le scritte “Dio odia i froci”. (A proposito, “God Hates Fags” è purtroppo anche un sito web a cui giovani cristiani nominali omofobi si iscrivono per studiare come odiare meglio.) Reputavo i cristiani dei pensatori di basso calibro. Sembrava che riuscissero a mantenere la loro visione del mondo soltanto perché erano al riparo dai problemi come la povertà, la violenza e il razzismo. Inoltre, i cristiani mi davano sempre l’impressione di essere dei pessimi lettori. Ritenevo che utilizzassero la Bibbia in una maniera che i marxisti definiscono “volgare” (nel senso di “comune”) oppure che introducessero la Bibbia in una conversazione soltanto per chiudere il discorso e non per portarlo a un livello più profondo. La frase “la Bibbia dice” mi pareva sempre un mantra che invitava chiunque a disattivare il cervello. “La Bibbia dice” era la ‘‘Grande Pausa’’ che anticipava la fine di una conversazione. Trovavo (e trovo) certi slogan e cliché linguistici estremamente sgradevoli. La frase “Gesù è la risposta”, allora come adesso, mi sembrava un albero senza radici. Le risposte dovrebbero seguire le domande e non precederle. Le risposte dovrebbero risolvere gli interrogativi in maniera specifica e accurata, non fornire delle generalizzazioni che spazzano via tutto. “È una vera benedizione” suona quasi come una violazione del terzo comandamento (“Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano”) oppure come una cartolina sdolcinata Hallmark. Credevo che gli unici a potersi accontentare di un certo livello di ragionamento fossero persone che in realtà né leggevano

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Pensieri segreti di una improbabile convertita né pensavano molto, su questioni di vita, di cultura o su qualunque altra cosa. Oltre ad apparirmi anti-intellettuali, i cristiani mi spaventavano. Per chi non ha il Signore, la vita è una dura prova. Salomone, lo scrittore dei Proverbi, scrive infatti: “Il procedere dei perfidi è duro” (Proverbi 13:15 Luzzi). Anche la vita cristiana è difficile, ma in un’altra maniera, che per lo meno è sopportabile e ha uno scopo. I cristiani passano per la sofferenza sapendo che essa ha un fine, un significato e contiene un risvolto di grazia; inoltre, credono sinceramente che tutte le cose, anche quelle spiacevoli, “cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno” (Romani 8:28). Una vita senza Cristo è al tempo stesso difficile e spaventosa; una vita in Cristo prevede valli oscure, certo, ma è piena di significato anche quando è dolorosa. Sì, ma adesso non voglio anticipare troppo. I cristiani mi spaventavano. La comunità lesbica rappresentava il mio focolare domestico, dove mi sentivo del tutto al sicuro; le persone che conoscevo meglio e a cui tenevo di più facevano parte della comunità; e infine, la comunità lesbica era accogliente e tollerante, mentre quella cristiana appariva (e troppo spesso, in effetti, lo è) esclusiva, critica, sprezzante e timorosa delle diversità. Mi spaventava anche il fatto che, mentre il cristianesimo sembra solo uno dei tanti modi di vedere le cose (che poteva andar bene per chi si accontentava di vivere una vita limitata e circoscritta), i cristiani erano convinti di avere Dio dalla loro parte nella loro visione del mondo e in altri tratti concomitanti che notavo (ad esempio, la scelta del partito Repubblicano in politica, la tendenza a istruire i figli privatamente in casa, il rifiuto di sottoporre i bambini alle vaccinazioni per le malattie infantili ecc.). I cristiani mi spaventano tuttora quando riducono il cristianesimo a uno stile di vita e dichiarano che Dio sta dalla parte di coloro che si conformano a certe regole da loro inventate o che considerano tratte dalla Bibbia. Sapevo di non essere la studiosa più brillante nel mio dipartimento, ma amavo dedicarmi alla ricerca. Mi piaceva moltissimo (e mi piace tuttora) il rischio di esaminare nuove idee. Avevo un promemoria appiccicato al mio computer con una frase di cui non ho mai scoperto l’autore. Recitava così: “Meglio avere torto su una

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