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ASTROFISICA

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RECENSIONI

RECENSIONI

ASTROFISICA

DI ANDREA SIMONCELLI*

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ALLE ORIGINI DEI RAGGI GAMMA I BLAZAR

GRAZIE A UN TELESCOPIO CINESE SONO STATE IDENTIFICATE NUMEROSE SORGENTI COSMICHE DI GRANDE ENERGIA

ASTROFISICA

» In apertura dall’alto: raffigurazione artistica di un blazar e un’immagine artistica del satellite Fermi.

In questa pagina: Il cielo nei raggi gamma rivelato da Fermi (in coordinate galattiche).

L’11 giugno 2008 veniva lanciato da Cape Canaveral l’osservatorio Glast (Gamma-ray Large Area Space Telescope) della Nasa, successivamente ribattezzato Fermi Gamma-ray Space Telescope, in onore del fisico italiano Enrico Fermi, premio Nobel per la Fisica nel 1938, famoso anche per i suoi studi sui raggi cosmici (di cui abbiamo trattato recentemente su Cosmo n. 22). Negli oltre dieci anni di attività, i dati di Fermi hanno consentito di ottenere notevoli e interessanti risultati scientifici, premiati con importanti riconoscimenti internazionali, superando di gran lunga le più rosee aspettative dei ricercatori. Nato da una collaborazione fra Stati Uniti, Italia, Giappone, Francia e Svezia, Fermi conta su una fondamentale partecipazione italiana, con i contributi dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e di un consorzio di università.

GLI OCCHI GAMMA DI FERMI

Fermi è un rivelatore di raggi gamma concepito per lo studio dei fenomeni astrofisici più estremi. Il suo strumento principale è il Lat (Large Area Telescope), sensibile a fotoni di energia compresa tra i 20 MeV (megaelettronvolt) e i 300 GeV (gigaelettronvolt), ma in grado di rivelarne anche di più alta energia. Per questo strumento, i ricercatori italiani dell’Infn, dell’Inaf e dell’Asi, sono stati responsabili dello sviluppo e della costruzione del tracciatore al silicio e impegnati poi nell’analisi dei dati. Un altro strumento presente a bordo di Fermi è il Gbm (Gamma-ray Burst Monitor), utilizzato per studiare i “lampi di raggi gamma”. Grazie a questi due rivelatori, e all’orbita che percorre, a una quota di circa 550 km, Fermi è in grado di intercettare i raggi gamma prima della loro interazione con l’atmosfera e di stabilire con precisione l’energia e la direzione di ogni evento osservato. Dalla messa in orbita di Fermi, buona parte della comunità scientifica è impegnata nella ricerca delle controparti in altre bande dello spettro (radio, visibile e raggi X) delle sorgenti gamma non identificate, che costituiscono circa un terzo di tutte le sorgenti rilevate da Fermi fino a oggi. L’obiettivo di queste ricerche è l’individuazione e la classificazione di queste sorgenti gamma non ancora identificate. La difficoltà di trovare un’associazione per queste sorgenti è legata alla risoluzione angolare degli strumenti del satellite, che va da pochi minuti d’arco per le sorgenti più brillanti, fino a quasi un grado per quelle più deboli. Sono molti i ricercatori impegnati nell’arduo compito di svelare la natura di queste sorgenti ancora prive di una classificazione. A dare un grande contributo in tal senso sono stati due lavori, recentemente pubblicati, entrambi con primo autore Harold Peña Herazo, oggi postdoc presso l’East Asian Observatory, prima studente dell’Università degli Studi di Torino e associato Inaf. Alle pubblicazioni hanno dato un

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importante contributo ricercatori e ricercatrici italiani dell’Università di Bologna, dell’Università di Torino e dell’Inaf. In esse sono riportati i risultati di un lavoro iniziato con la selezione di un campione di “candidati blazar”, tutti presenti nel quarto catalogo di sorgenti individuate da Fermi, basato su otto anni di osservazioni. Nel catalogo, che contiene un totale di oltre 5000 sorgenti, sono presenti sorgenti gamma che mostrano un comportamento multifrequenza tipico dei blazar. ma non hanno ricevuto una conferma della loro natura mediante la spettroscopia in banda visibile.

GRAZIE AI CINESI

Una volta selezionate le sorgenti da classificare, è stato utilizzato l’archivio di spettri in banda visibile realizzato grazie alla survey del telescopio Lamost (Large sky Area Multi-Object Fiber Specrtoscopy Telescope), installato nell’osservatorio Xing Long a nordest di Pechino. Lamost è un riflettore Schmidt meridiano con ottica adattiva e dispone di due specchi tassellati: il primo (5,72×4,4 metri) è un correttore situato in una cupola al livello del suolo e riflette la luce in una galleria inclinata, diretta verso il secondo specchio (6,67×6,09 metri). Questo specchio converge la luce verso un piano focale di 1,75 m di diametro, corrispondente a un

*ANDREA SIMONCELLI LAUREATO IN ASTRONOMIA A BOLOGNA, È UN RICERCATORE, DOCENTE E DIVULGATORE SCIENTIFICO.

CHE COSA SONO I BLAZAR

Blazar è il termine coniato nel 1978 dall’astronomo Edward Spiegel per indicare la classe più rara e più estrema di “nuclei galattici attivi” (Agn, Active Galactic Nuclei). Si tratta delle sorgenti più potenti che si conoscano nel cielo visto nei raggi gamma: i blazar sono alimentati da buchi neri super-massicci, situati nelle regioni centrali delle galassie che li ospitano, e producono getti relativistici di particelle molto collimati, che possiamo rivelare solo se puntano in direzione della Terra. I blazar sono caratterizzati da emissioni di radiazioni elettromagnetiche a tutte le frequenze dello spettro (ma soprattutto nelle bande X e gamma) e sono sorgenti tipicamente molto variabili. Questi “mostri del cielo” si possono dividere in quasar con spettro radio piatto e oggetti di tipo BL Lac, dal nome del prototipo BL Lacertae, un Agn distante circa 900 milioni di anni luce nella costellazione della Lucertola, da cui deriva il temine blazar (foto).

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» In alto: Lamost è il più grande telescopio esistente in Cina.

Gestito dal National Astronomical Observatory cinese, è dedicato a Guo Shou Jing, un astronomo cinese vissuto nel XIII secolo.

A sinistra: schema ottico di Lamost.

campo visivo di 5°. Il piano focale è piastrellato con 4000 unità di fibra, ciascuna delle quali è collegata a una fibra ottica che trasferisce la luce a uno dei sedici spettrografi nei 250 canali sottostanti. Il progetto principale di Lamost consiste in una survey spettroscopica che intende condurre su 10 milioni tra stelle e galassie fino alla magnitudine 20,5. Grazie all’archivio già accumulato da Lamost, i ricercatori hanno confermato la natura di blazar per venti candidati. Inoltre, hanno ottenuto 15 nuove stime del redshift, e quindi della distanza, per blazar già classificati. Nelle pubblicazioni riportano anche la scoperta di 26 blazar che, a causa della loro variabilità, cambiano le loro proprietà spettrali e, di conseguenza, la loro classificazione. Infine, è stata confermata la natura di sei candidati BL Lac. Questo lavoro conferma l’importanza delle survey del telescopio Lamost, uno strumento particolarmente utile per la classificazione dei blazar, per indagare le loro variabilità e determinare le loro distanze.

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