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NEWS SUMMARY
IL MONDO PIÙ VENTOSO DEL SISTEMA SOLARE 1
LE NUVOLE DI GIOVE IN 3D 2
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BOLLE DI GAS CALDO INTORNO A SGR A* 3
POSSIBILI NEVICATE MICROBICHE SU ENCELADO 4
SUSIE, LA NAVICELLA EUROPEA DI ARIANEGROUP
POSSIBILE MANUTENZIONE PRIVATA PER HUBBLE 6
LE FUTURE MISSIONI LUNARI CINESI 7

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NELLE PROFONDITÀ DELLA TARANTOLA
A partire dalle famose “prime luci” pubblicate lo scorso mese di luglio, che hanno stupito tutto il mondo (vedi Cosmo n. 31 e 32), il James Webb Space Telescope continua a riprendere gli oggetti più famosi del cielo, quelli con cui si possono fare dei confronti tra le tecnologie del passato e quelle del presente. E lo fa rendendo i dati e le immagini immediatamente disponibili per la comunità scientifica tramite l’Early Science Program. Una di questa, realizzata a mosaico, è pubblicata qui a doppia pagina e riguarda la Nebulosa Tarantola, una delle più grandi regioni di formazione stellare conosciute. Situata nella Grande Nube di Magellano a 161mila anni luce da noi, la Tarantola è una culla di stelle in cui gli strumenti ad alta risoluzione del Webb rivelano sorprendenti e inediti dettagli. La NirCam mostra nel vicino infrarosso decine di migliaia di giovani stelle mai osservate. Nell’immagine, le stelle più massicce appaiono di colore blu pallido e si concentrano nella cavità della nebulosa, la cui struttura è scolpita da venti stellari e radiazioni ultraviolette prodotte dalle giovani massicce, risultando così composta da una densa e intricata rete biancastra di polvere e gas. In alto è presente una bolla, che è stata indagata dello spettrografo NirSpec del Webb, rivelando un importante fenomeno di formazione stellare: l’idrogeno molecolare e gli idrocarburi complessi individuati al suo interno suggeriscono che la bolla sia una nube di polvere che circonda una protostella. Il giovane astro sta emergendo dal suo bozzolo, anch’esso bersaglio delle radiazioni del grande ammasso stellare al centro della Nebulosa. Molto diversa appare la nebulosa allo strumento Miri (foto sopra), che nel medio infrarosso mostra cosa accade nelle profondità delle nubi. In questa radiazione, le giovani stelle dell’ammasso perdono brillantezza e sono più evidenti gas e polveri. Compaiono così numerose protostelle, ancora incorporate nei loro bozzoli polverosi, mentre si stanno accrescendo. Da queste immagini è evidente come gli strumenti del Webb possano riscrivere la storia della formazione stellare. Inquadra il QR per un suggestivo zoom verso la Nebulosa Tarantola.
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IL MONDO PIÙ VENTOSO DEL SISTEMA SOLARE
Il telescopio spaziale James Webb ha catturato le sue prime immagini del pianeta più remoto del Sistema solare, mostrando gli anelli polverosi del gigante di ghiaccio con una nitidezza senza precedenti e permettendo di scorgerne alcuni mai osservati prima d’ora. Le immagini mostrano anche caratteristiche interessanti della spessa atmosfera di Nettuno e sette delle quattordici lune del pianeta. Non avevamo una vista così chiara del pianeta dai tempi della sonda Voyager 2 della Nasa, il primo e unico veicolo spaziale a sorvolare il gigante di ghiaccio nel 1989. Le immagini di Webb, catturate dalla NirCam, mostrano le nubi di ghiaccio di metano ad alta quota come prominenti strisce e macchie luminose, che riflettono la luce solare prima che venga assorbita dal metano. Più tenue ma comunque visibile nell’immagine è una sottile linea luminosa che circonda l’equatore del pianeta, probabilmente la firma della circolazione atmosferica globale che alimenta i venti e le tempeste di Nettuno. Il pianeta è infatti il mondo più ventoso del Sistema solare. Questi venti sferzano nuvole di metano ghiacciato in tutto il pianeta a velocità di oltre 2000 chilometri orari. Questa sottile fascia debolmente luminosa è dovuta al movimento di masse di aria fredde discendenti che si riscaldano all’equatore, brillando alle lunghezze d’onda dell’infrarosso più dei gas circostanti.

LE NUVOLE DI GIOVE IN 3D
I primi rendering 3D basati sulle immagini riprese dalla la fotocamera a luce visibile JunoCam della sonda Juno della Nasa rivelano le forme tridimensionali delle nubi di Giove. I risultati dello studio sono stati presentati dal citizen scientist Gerald Eichstädt al congresso Europlanet Science svolto a Granada, in Spagna. “La missione Juno offre l’opportunità di osservare Giove in un modo inaccessibile alle osservazioni telescopiche terrestri. Possiamo osservare le stesse caratteristiche delle nubi da angolazioni molto diverse in pochi minuti – ha affermato Eichstätd – e questa modalità ha permesso di realizzare modelli di elevazione 3D delle cime delle nuvole di Giove. Le immagini delle tempeste sul pianeta sembrano prendere vita, mostrando nubi che si innalzano a diverse altitudini”. Utilizzando i diversi modi in cui la luce solare viene riflessa e diffusa dalle nuvole, il team è riuscito a individuare l’elevazione delle cime osservate, nell’ipotesi che l’illuminazione solare sia più intensa per quelle che si trovano negli strati più elevati dell’atmosfera. Comprendere le altezze relative delle cime appuntite delle nuvole all’interno dei vortici, aiuterà gli studiosi a individuare le abbondanze delle sostanze, presenti, le principali delle quali sono ammoniaca, idrosolfuro di ammonio e ghiaccio d’acqua. Una volta calibrati i dati grazie ad altre misurazioni, le previsioni teoriche verranno testate per poter avere un quadro più definito della composizione chimica.
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BOLLE DI GAS CALDO INTORNO A SGR A*
I buchi neri super massicci presenti al centro delle galassie sono in genere estremamente attivi, divorando grandi quantità di materia. Invece il grande buco nero presente nel cuore della Via Lattea, il Sagittarius A* (Sgr A*), è piuttosto quiescente. Sembra che l’ultima intensa attività sia stata prodotta alcuni milioni di anni fa, lasciando due enormi bolle di plasma che si dipartono dal centro galattico. Ma ogni tanto, Sgr A* mostra dei brevi segnali di attività. Quando l’Event Horizon Telescope ha puntato Sgr A* per ottenere i dati per comporre la sua prima immagine (vedi Cosmo n. 30), anche altri strumenti hanno eseguito osservazioni in altre lunghezze d’onda, tra cui l’osservatorio a raggi X Chandra della Nasa, che ha catturato una potente esplosione di raggi X, probabilmente dovuta all’interazione tra il disco di accrescimento e il campo magnetico di Sgr A*. In seguito a tali interazioni, si generano delle bolle di plasma caldissimo che emettono principalmente alle alte energie. Nella regione ottica non sono visibili, perché sono oscurate dalle coltri di gas e polveri del piano galattico. Questi oggetti hanno una durata brevissima: quello osservato sfrecciava attorno al buco nero a circa il 30% della velocità della luce ed è stato smembrato nel giro di circa 35 minuti. Vedi la notizia completa su Bfcspace alla pagina bit.ly/3SJlujp e inquadra il QR per un video di Media-Inaf su questa scoperta.
G.D.
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POSSIBILI NEVICATE MICROBICHE SU ENCELADO
I geyser di Encelado, satellite di Saturno, sono possibili fonti per la sintesi di molecole organiche, come è avvenuto sulla Terra nelle sorgenti idrotermali. Inoltre, contribuiscono al mantenimento di una atmosfera relativamente costante attorno al satellite che verrebbe altrimenti dispersa a causa della debole gravità. E la presenza di una atmosfera è un altro ingrediente importante per lo sviluppo della vita. Christopher Glein del Carnegie Institution of Washington ha misurato il pH delle sorgenti idrotermali di Encelado, trovando un valore compreso fra 11 e 12, che indica un’acqua altamente alcalina, ricca di cloruro di sodio e soda, come quella di alcuni laghi terrestri, dove si trovano colonie di batteri alofili, in grado di resistere a pH molto elevati. In un esperimento condotto da Simon Rittman sono state ricreate in laboratorio le condizioni dell’oceano di Encelado e al suo interno sono state introdotte colture di batteri estremofili che sono riuscite a proliferare. Se c’è vita su Encelado, gli organismi potrebbero essere risucchiati dall’innalzamento delle acque dell’oceano e diffusi in atmosfera dai geyser. A una certa altezza, l’acqua si raffredda e potrebbero quindi verificarsi nevicate di microbi sulla sua superficie. Per avere delle conferme, compresa la probabile presenza di fosforo, elemento fondamentale per la vita, non resta che andare su Encelado e toccare con mano (robotica) la verità. Vedi la news completa su Bfcspace alla pagina bit.ly/3E35pkF.

M.S.E.
SUSIE, LA NAVICELLA EUROPEA DI ARIANEGROUP
All’International Astronautical Congress di Parigi la joint venture francese ArianeGroup ha presentato un nuovo stadio che andrà a sostituire l’attuale ultimo stadio del razzo Ariane 64, la configurazione di Ariane 6 in cui quatro razzi Vega C dell’azienda italiana Avio vengono utilizzati come booster. Si chiama Susie (Smart Upper Stage for Innovative Exploration) ed è uno stadio riutilizzabile per il trasporto dit cargo e, in futuro, di astronauti. Le dimensioni di Susie, 12 metri in altezza e 5 in diametro, permettono una grande baia di carico da 40 metri cubi, che si può adattare al lancio di costellazioni, rideshare e grossi satelliti. Con una massa totale di 25 tonnellate, Susie potrà portare fino a 7 tonnellate di carico in orbita bassa e ritornare a terra grazie a un comparto motori con una precisa retro-propulsione. Un po’ l’evoluzione dello spazio-plano robotico Space Rider, il cui lancio inaugurale è previsto per fine 2023 a bordo di un Vega C. Susie debutterà come cargo trasportatore e dovrà aspettare le modifiche al razzo e alla rampa di lancio per poter portare in orbita astronauti europei.
D.L.
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POSSIBILE MANUTENZIONE PRIVATA PER HUBBLE
La prossima missione di manutenzione del telescopio spaziale Hubble potrebbe essere privata. La Nasa e SpaceX hanno firmato un accordo per valutare l’ipotesi di utilizzare la navicella Dragon per portare Hubble su un’orbita più alta. Lanciato nel 1990, Hubble gode tuttora di ottima salute - nonostante che non sia più visitato da una missione di manutenzione dal 2009 - e continua a produrre immagini e risultati scientifici eccellenti. Tuttavia, soffre di un problema non indifferente: orbita attorno alla Terra con una quota oggi inferiore di 60 km rispetto alla sua quota iniziale, a causa della residua resistenza atmosferica, presente anche a oltre 500 km dal suolo. Bisogna quindi intervenire con un rialzo orbitale, oppure con una manovra di deorbiting pilotato, così da “smaltirlo” in modo sicuro. Ora è in corso uno studio di fattibilità che raccoglierà dati tecnici sia da Hubble che da Dragon, per determinare la possibilità di realizzare un rendez-vous in orbita, per riposizionare il telescopio spaziale su un’orbita più alta e sicura. Un’operazione che – in caso di successo - potrebbe essere applicata successivamente ad altri veicoli spaziali, in particolare quelli situati in “orbite basse” attorno alla Terra come Hubble.
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LE FUTURE MISSIONI LUNARI CINESI
A partire dal 2004, la Cina ha realizzato una serie di missioni lunari di successo, nell’ambito del programma Deep Space Exploration: prima una coppia di orbiter, poi un lander e un rover, il primo sbarco sulla faccia nascosta della Luna, compreso un ritorno a Terra di campioni lunari, completato dalla missione Chang’e 5 nel 2020. Dalle dichiarazioni di Liu Jizhong, direttore del Lunar Exploration and Space Program Center della Cnsa, l’agenzia spaziale cinese, l’obiettivo generale di queste missioni è gettare le basi per la fondazione di una stazione di ricerca lunare. Visto il successo delle missioni precedenti, è adesso in progetto Chang’e 6, prevista per il 2024, il cui obiettivo sarà quello di riportare a Terra campioni del lato nascosto della Luna. Successivamente, Chang’e 7 punterà al Polo sud lunare: questa missione consisterà in un orbiter, un lander, un rover, un satellite relè e un piccolo rivelatore che si occuperà di cercare il ghiaccio d’acqua nei crateri polari. Chang’e 8 verrà lanciato successivamente, con lo scopo di testare le tecnologie per la stampa 3D di strutture lunari permanenti con l’utilizzo delle risorse locali. Infine, è confermato il progetto International Lunar Research Station (Ilrs), che prevede una collaborazione con la Russia per la realizzazione di una base lunare a partire dal 2030 (vedi l’articolo a pag. 26).
DOVE TROVO COSMO IN EDICOLA?
Spesso riceviamo lamentele dai lettori che non trovano COSMO in edicola e chiedono dove poterla acquistare. Non è facile rispondere a queste domande ed esaudire le richieste, perché la distribuzione della rivista segue un percorso automatizzato sul quale non è facile intervenire. Un problema è che il numero delle copie stampate di COSMO è inferiore a quello delle edicole italiane e quindi è inevitabile che la rivista sia presente solo nelle edicole principali. Il primo consiglio è quello di sottoscrivere un abbonamento (bit.ly/3R7AcQe) per avere la certezza di ricevere la rivista con continuità, risparmiando sul prezzo di copertina e con la disponibilità della versione digitale che non è soggetta ai ritardi postali. Il secondo consiglio è quello di acquistare la rivista sempre nella stessa edicola e senza interruzioni: COSMO è come una serie TV, di cui occorre seguire tutte le puntate! Per saperne di più e per cercare di venire incontro alle esigenze dei lettori, abbiamo pensato di svolgere un’indagine rivolta a coloro che acquistano COSMO in edicola, per cercare di far avvicinare di più la rivista a chi la desidera acquistare in formato cartaceo. Per partecipare all’indagine, basta compilare il modulo che si trova all’indirizzo: bit.ly/3SGvk68 (inquadra il QR code per accedere direttamente al modulo). Oppure si può fotocopiare il modulo riportato qui sotto, compilarlo e spedirlo in busta chiusa a:
Redazione di COSMO, c/o BFC, via Melchiorre Gioia 55, 20124 Milano

Grazie per la collaborazione!

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PROV.