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Philip Morris ringrazia Vittorio Malagutti e Carlo Tecce

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Noi e voi

Noi e voi

L’impianto per la produzione di sigarette Philip Moorris di Kutna Hora nella Repubblica Ceca uesta è la storia di una

Qnorma orfana e di un regalo da decine di milioni di euro per Philip Morris, la multinazionale americana delle sigarette.

È l’ultimo venerdì di novembre e anche l’ultimo budello nel calendario per confezionare la legge di Bilancio sotto le insegne del governo Meloni. Al ministero dell’Economia si scopre che il testo ancora in bozza contiene uno sgravio fiscale da 161 milioni di euro nel triennio per i produttori di tabacco riscaldato. E dunque soprattutto per Philip Morris International, il gruppo Usa che da sempre spadroneggia in Italia con una proficua attività lobbistica. La paternità di quel breve paragrafo, al comma 1 lettera b dell’articolo 28, poi numerato 29, rimane ignota per giorni. Non ne sanno al gabinetto del ministro Giancarlo Giorgetti. Non ne sanno al dipartimento legislativo. E pure Italo Volpe, che il viceministro Maurizio Leo ha riportato al ministero tra i suoi collaboratori, non ne vuole sapere. Il leghista Federico Freni è sottosegretario uscente e rientrante, non ha subìto interruzioni fra Mario Draghi e Giorgia Meloni e, ugualmente senza interruzioni né esitazioni, sostiene con passione il mercato in rapidissima espansione del tabacco riscaldato di cui Philip Morris è in Italia una sorta di monopolista con una quota di circa l’83 per cento. Stavolta però Freni non ne sa di più. Le aziende che fatturano principalmente col tabacco tradizionale, invece, pretendono di sapere. Perché devono sorbirsi rialzi di accisa per 819 milioni di euro nel triennio, che valgono fra i 15 e i 20 centesimi sul prez-

Vittorio zo dei pacchetti. Tra l’altro

Malagutti Giornalista i rincari colpiscono maggiormente i marchi di fascia bassa, invece quelli di Philip Morris sono per lo più compresi nella fascia di prezzo più alta. È ancora un venerdì, il primo di dicembre, l’avvoCarlo cato Giacomo Aiello, il capo Tecce di gabinetto del ministero

Giornalista dell’Agricoltura, su ordi-

ne del ministro Francesco Lollobrigida convoca una riunione urgente «al fine di esaminare le problematiche inerenti all’attuazione dell’articolo 29 della legge di Bilancio». Nel mentre Philip Morris ha avviato una massiccia campagna di informazione annunciando investimenti e assunzioni. Aiello ha invitato al ministero le società più coinvolte: Japan Tobacco con Didier Ellena, British American Tobacco con Roberto Palazzetti, Philip Morris Italia con Marco Hannappel. E poi ha invitato un solo politico di governo: il viceministro Maurizio Leo, già deputato di Alleanza Nazionale e adesso di Fratelli d’Italia dopo la mancata elezione a una tornata suppletiva romana contro Roberto Gualtieri. Correzione. La paternità di quel breve paragrafo, che coccola Philip Morris e randella la concorrenza, non è più ignota. È materia del dipartimento Finanze e perciò degli uffici del viceministro Leo. S’era scritto di recente che Giulio Tremonti fosse il tributarista e il fiscalista di riferimento di Meloni, va riscritto che il Giulio Tremonti di Meloni è il professor Maurizio Leo.

Il primo venerdì di dicembre all’Agricoltura, a trattare in ossequio al dogma dei “saldi invariati”, che sarebbe non un euro in più o in meno, si ritrovano il ministro (e cognato di Meloni) Lollobrigida, il viceministro Leo in delegazione con il già citato Volpe e il capo della segreteria Edoardo Arrigo, un professionista poco più che trentenne, reclutato al ministero direttamente dalle fila dello studio tributario dello stesso Leo, dove era approdato fresco di laurea nel 2016. All’epoca il giovane Arrigo era accompagnato da un buon curriculum (laurea alla Luiss di Roma e master all’Università di Amsterdam) e una parentela eccellente. Sua madre si chiama Gabriella Alemanno, sorella dell’ex sindaco di Roma, Gianni, e protagonista di un lungo percorso nell’amministrazione fiscale. Il ministero dell’Economia, azionista unico, ha appena designato Gabriella Alemanno nel Consiglio di Ita Airways, l’ex Alitalia adesso in vendita. Tra i tanti incarichi ricoperti in passato c’è anche quello di direttore strategie dei Monopoli, l’ente di Stato a cui è affidato il controllo del mercato dei tabacchi e la riscossione delle relative imposte. L’allora dirigente del ministero delle Finanze venne scelta dal governo Berlusconi nel 2003 per poi trasferirsi al vertice dell’Agenzia del Territorio cinque anni dopo, ancora su nomina dell’esecutivo di centrodestra. Va da sé che quando nel 2013 Arrigo venne selezionato da Philip Morris per uno stage estivo nella sede di Losanna, i vertici della multinazionale non erano all’oscuro delle relazioni famigliari dello studente italiano, ormai prossimo alla laurea, che per tre mesi frequenterà la sede della holding svizzera. Suo zio Gianni aveva appena lasciato il Campidoglio sconfitto da Ignazio Marino e la mamma era stata tra le figure di spicco dell’apparato pubblico che vigila sul mercato italiano delle sigarette. A dicembre del 2016, chiuso lo stage in Svizzera, dopo la laurea e il master, a 25 anni, Arrigo venne accolto come esperto di fiscalità internazionale nello studio fondato da Leo. Il giovane tributarista condivide con il viceministro anche la militanza politica. Nel 2017 il suo nome compariva tra gli organizzatori di Atreju, la festa annuale di Fratelli d’Italia. Assieme a Volpe (gabinetto) e Umberto Maiello (legislativo), Arrigo è sbarcato presto al ministero e ha potuto assistere alle fasi di lavorazione della legge di Bilancio.

161

MILIONI

Il mancato gettito fiscale per effetto della norma sul tabacco riscaldato prevista nella legge di Bilancio 2023

24,2%

La quota di fumatori sul totale della popolazione italiana nel 2022, due punti percentuali in più rispetto al 2019

9,9

MILIARDI

Il numero di stick di tabacco da riscaldare venduti in Italia nel 2021, il 60 per cento in più rispetto al 2020

1

MILIARDO DI EURO

Il giro d’affari di Philip Morris in Italia nel settore del tabacco riscaldato in base al bilancio 2021 della filiale italiana della multinazionale

83%

La quota di Philip Morris del mercato italiano del tabacco riscaldato

IL NUMERO DUE DEL MEF HA PORTATO AL MINISTERO UN SUO GIOVANE COLLABORATORE NELLO STUDIO DI TRIBUTARISTA. CHE AVEVA FATTO UNO STAGE PRESSO LA MULTINAZIONALE

La lettera b del comma 1 dell’articolo 29 non è incomprensibile come lo sono abitualmente le modifiche che intervengono a scrostare o a incrostare la stratificazione normativa. Questo paragrafo si riferisce a una legge del 1995: «All’articolo 39-terdecies, nel comma 3, le parole: “e al quaranta per cento dal 1° gennaio 2023”, sono sostituite dalle seguenti: “al 36,5 per cento dal 1° gennaio 2023, al 38 per cento dal 1° gennaio 2024, al 39,5 per cento dal 1° gennaio 2025 e al 41 per cento dal 1° gennaio 2026”». In pratica l’accisa per il tabacco riscaldato (oppure definito senza combustione) stava per schizzare al 40 per cento e così viene contenuta a 36,5 e gradualmente instradata - ma c’è tempo per ricredersi - verso il 41 per cento. Nel 2019, quando la diffusione di sigarette a tabacco

Sopra, a sinistra: un lavoratore nei campi di tabacco fornitori della Philip Morris presso Caserta. A destra: sigarette prodotte nell’impianto di Kutna Hora riscaldato era ancora lontana dai 2 miliardi di pezzi e perciò marginale per i fumatori, il primo governo di Giuseppe Conte, formato da leghisti e grillini, dimezzò le tasse su questo specifico prodotto. Nel giro di un paio di anni gli “stick” da riscaldare hanno raggiunto vendite per 6 miliardi di pezzi e lo stesso Conte, questa volta in versione giallorossa alleato con i piddini, varò un rincaro di 5 punti annui per l’accisa, fissata al 30 per cento per il 2021.

L’anno scorso Mario Draghi ha respinto le pressioni di Philip Morris e compagnia e si è giunti a un’accisa del 35 per cento nel 2022 con la prospettiva di arrivare al 40 nel 2023 su una previsione di oltre 15 miliardi di pezzi venduti. Finché, nelle scorse settimane, non è intervenuto Leo. E quel breve paragrafo, invocato da alcuni leghisti e stipato in chissà quale fureria del Tesoro, è infine comparso nella zona della legge di Bilancio sorvegliata dal viceministro con delega per tutti gli affari fiscali. Secondo la relazione tecnica del ministero, per effetto della nuova norma infilata nella legge di Bilancio, l’incasso per le casse pubbliche si riduce di 85,24 milioni di euro nel 2023; 58,81 nel 2024, 17,23 nel 2025. Al conto va aggiunto uno sconto di 19,2 milioni di

aziendali. In Italia i fumatori sono tornati a crescere: l’ultima rilevazione dell’Istituto superiore di sanità, pubblicata a maggio, annota che il 24,2 per cento della popolazione consuma tabacco, il 2 per cento in più rispetto a tre anni fa. Le statistiche, però, segnalano pure che è mutato il modo di fumare. Le normali sigarette, con l’aggiunta di sigari e tabacco da rollare, hanno visto diminuire i consumi da poco più di 80 miliardi a circa 70 miliardi di pezzi. Il calo delle sigarette tradizionali è stato di fatto compensato dall’incremento degli acquisti degli “stick” da inserire negli appositi riscaldatori, che nel giro di sei anni sono lievitati da zero a quasi dieci miliardi di pezzi venduti nel 2021. Questi numeri fanno dell’Italia il mercato di gran lunga più ricco in Europa per il tabacco riscaldato con una quota del 30 per cento sui 4,7 miliardi di euro di vendite complessive registrate nel 2020 da Eurostat nei 27 Stati dell’Unione. La scommessa su quelli che in bilancio vengono definiti «prodotti a potenziale rischio ridot-

to» ha fruttato incrementi a doppia cifra per il fatturato della filiale italiana di Philip Morris. Nel 2021 i marchi di sigarette classiche hanno perso quote di mercato. I ricavi legati al tabacco riscaldato, al contrario, sono quasi raddoppiati rispetto all’anno precedente (1,1 miliardi anziché 677 milioni) e per la prima volta hanno superato gli introiti del fumo tradizionale, di poco superiore al miliardo. Anche i profitti corrono. L’anno scorso gli utili sono aumentati del 25 per cento: da 51,7 a 63,8 milioni di euro. La differenza la fanno le accise, che per gli “stick” da riscaldare sono molto più basse. Più dritta: Philip Morris guadagna in Italia grazie al traino del tabacco riscaldato, protetto dal fisco di Roma.

euro per le sigarette elettroniche nel 2023. Per il prossimo anno, quindi, il prelievo fiscale di 235 milioni di euro dal settore delle sigarette classiche calerà fino a 130 milioni. Con la giustificazione, infondata, che un fumo sia più letale dell’altro e tacendo della scienza che ritiene nocivi l’uno e l’altro, il tabacco riscaldato come quello contenuto nelle normali sigarette.

Con la legge di Bilancio il governo, e per esteso la politica, promuovono una sorta di piano industriale a tutto vantaggio dei quasi monopolisti degli “stick” da riscaldare (Philip Morris) e al relativo indotto agricolo. Infatti, gli agricoltori aderenti a Coldiretti sono in assoluto i principali fornitori per questo tipo di sigarette. La convergenza fra la multinazionale e la grande associazione di categoria è inscalfibile. Il ministro Lollobrigida ha capito con saggezza che non può gestire l’Agricoltura disturbando il patto. Al tavolo ministeriale, rispetto al più riflessivo viceministro Leo, Lollobrigida era inflessibile sul punto. A scortare il provvedimento alla Camera, attento a evitare sorprese, ci sarà il sottosegretario Freni.

La strategia di Philip Morris è la risposta a un mercato che sta cambiando a gran velocità e mette a rischio gli utili

IL MERCATO DELLE SIGARETTE TRADIZIONALI È IN CALO. QUELLO DEGLI STICK IN CRESCITA. LO SCONTO FISCALE GRANTISCE PROFITTI A PM, CHE DEL COMPARTO È QUASI MONOPOLISTA

Marco Hannappel, amministratore delegato di Philip Morris Italia. Sopra: il viceministro all’Economia Maurizo Leo

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