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Piazza Fontana, dove nasce la strategia della tensione Pierangelo Lombardi
from L'Espresso 49
by BFCMedia
di PIERANGELO LOMBARDI* Pi a zz a Fo n t a n a , d ove n a s c e l a stra t e g i a d e l l a t en si o n e
Foto:Publifoto / La Presse V iva l’Italia del 12 dicembre», canta Francesco De Gregori. Il 12 dicembre 1969, alle 16.37, nella sede della Banca nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano, esplode la bomba che — è stato scritto — fa perdere l’innocenza a una generazione. Autori materiali dell’attentato, che uccide 17 persone e ne ferisce 87, sono i neofascisti di Ordine nuovo. L’organizzazione eversiva, nata in seno al Movimento sociale italiano di Giorgio Almirante, viene sciolta nel 1973, perché ritenuta una ricostituzione del partito fascista vietata dalla XII disposizione finale della Costituzione.
Basta, dunque, una data in una celebre canzone per indicare con immediatezza un evento divenuto luogo di memoria. Ma fino a che punto quella memoria è depositata nella narrazione consapevole della storia nazionale? E, in particolare, quanto è comprensibile al mondo della scuola?
Ancorché non istituzionalmente riconosciuta nel nostro affollato “calendario civile”, la data del 12 dicembre è bene che sia oggetto di una riflessione dedicata. E l’occasione può senz’altro essere un corso di aggiornamento e formazione per insegnanti, che aiuti a trasformare momenti di celebrazione in occasioni di conoscenza e di riflessione, tra storia, cultura ed educazione alla cittadinanza, attenti al contesto storico e alle complesse dinamiche della memoria collettiva. È quanto l’Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Pavia ha provato a fare in un ciclo di lezioni conclusosi lo scorso novembre, che agli insegnanti era anzitutto rivolto e che aveva per tema proprio gli eventi e i problemi del nostro calendario civile.
La “strategia della tensione”, che ha inizio quel 12 dicembre di cinquantatré anni fa, non si esaurisce nella sola politica stragista, ma si deve assumere come un fenomeno storico di lunga durata nell’Italia repubblicana. Per questo una seria riflessione sul tema rinvia alle condizioni storico-politiche ed economico-sociali che resero possibile il verificarsi di quegli eventi. In tal senso, il 1969 è davvero una data periodizzante nella storia della Repubblica, tra istanze di trasformazione e tendenze restauratrici, il cui sguardo è rivolto al passato di fronte alle tensioni del presente. Con la “stagione delle stragi” si inasprisce lo scontro sociale; si opera per spostare a destra l’opinione pubblica, prima ancora che l’asse della politica; si evocano governi d’ordine, fino alla esplicita rottura degli assetti istituzionali.
Nella sostanza una dinamica eversiva nella quale lo squadrismo neofascista lancia un’offensiva fin lì mai tentata, forte delle connessioni più disparate con uomini e apparati dello Stato, in un reticolo di poteri più o meno occulti. Tra vergognose rimozioni e frettolose ricomposizioni si consumano crisi e tensioni che investono le Forze armate, le relazioni industriali, il sistema politico e l’ordine pubblico.
Non meno importante è, infine, lo scenario internazionale, laddove le rigidità dei blocchi contrapposti in tempi di Guerra fredda si misurano con il processo di distensione degli anni Sessanta e, al suo interno, un sistema dei partiti bloccato in cui si consuma la crisi del centrosinistra. Una faticosa e, per molti aspetti, drammatica, crisi di transizione che porta il Paese dalla fase storica espansiva degli anni Cinquanta e Sessanta al progressivo esaurimento di quel modello. *Presidente dell’Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea
L’interno della Bna, in piazza Fontana a Milano, dopo l’attentato del 12 dicembre 1969