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C’erano una volta i corniciai

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E-SPANSIVA

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Le botteghe veneziane che lavorano i telai delle opere d’arte sono poche, ma sopravvivono fedeli alla loro tradizione

ALDO TREVISANELLO, 91ENNE CHE HA

Laccature, dorature e intagli. Nell’epoca del “fai-da-te” qualche mestiere è rimasto fedele alle sue antiche tradizioni. Soprattutto nel luogo dove queste storiche professioni hanno acquisito lo status di eccellenza. I corniciai a Venezia infatti sono patrimonio dell’artigianato italiano e hanno coniato una storica lavorazione delle cornici: la cornice veneziana. Uno dei principali custodi dei segreti del mestiere è Aldo Trevisanello, il quasi 91enne corniciaio veneziano che ospitato nella sua bottega di San Vio, nel sestriere Dorsoduro, tantissimi grandi artisti. La chiave per fare la cornice di una grande opera? “Si deve adattare. Deve mettere in risalto il più possibile il quadro, senza oltrepassare il limite, senza molestare l’opera. La cornice non deve avere supremazia”, raccontò in un’intervista al Corriere del Veneto.

Proprio in quell’occasione Trevisanello raccontò anche del suo rapporto con i pittori: “De Chirico era esigente, voleva cornici intagliate e decorate in oro zecchino, come in tutto il periodo metafisico. A Venezia arrivavano tutti: personalità, artisti e critici da tutto il paese. Fino al ’60 la commissione della Biennale accettava i pittori veneziani e poi invitava gli artisti dalle gallerie di tutta Italia, insieme ai critici d’arte. A Venezia il più forte era Giuseppe Marchiori. E io ero amico di tutti”.

I corniciai veneziani erano proprio il punto di ritrovo degli artisti, ci dice un

OSPITATO NEL SUO NEGOZIO ARTISTI COME DE CHIRICO E VEDOVA, CONTINUA A ESERCITARE E TRAMANDARE I SEGRETI DEL MESTIERE altro. “In città, in occasione delle mostre, Biennali e altri eventi c’era fermento e i corniciai diventavano come gli storici caffè parigini dove si trovavano scrittori e artisti”. Per tutto il ‘900 Venezia era infatti frequentata da artisti come Emilio Vedova, Renato Guttuso, Zoran Mušič, Giorgio Mo- randi, Riccardo Licata, Armando Pizzinato, Saverio Rampin, Tancredi Parmeggiani, Carlo Levi, Ennio Finzi. Ma si presentavano spesso anche Giorgio De Chirico e Pablo Picasso, con cui i corniciai diventavano anche amici.

E quel rapporto di amicizia con gli artisti è stata per decenni la chiave per attrarli in città: “I nostri negozi”, racconta ancora l’artigiano, “erano luoghi dove gli artisti si sentivano a casa e dove potevano abbassare quelle maschere che l’essere artisti comporta”. Nel corso degli anni i cambiamenti tecnologici hanno decisamente trasformato il modo di fare una cornice. I passaggi sono ormai pochi e semplici: “Si sceglie la cornice adatta al quadro, poi si va al taglio della cornice. Dopo, si assembla la cornice tramite macchina graffatrice, poi si taglia il cartone per eventuale passepartout che può essere in cartone se è una carta o una foto o in tela se è un dipinto a olio su tela. Infine si pulisce il vetro, si chiude il tutto, si mette il gancio e la cornice è pronta”. Un tempo alcuni passaggi che ora vengono semplificati grazie all’utilizzo delle macchine venivano totalmente realizzati a mano. Esistevano inoltre alcune tecniche, poi progressivamente abbandonate, che rendevano ancora più preziose le cornici. Parliamo per esempio della doratura, tecnica per cui i corniciai si affidavano a degli artigiani appositi. Per dorare una cornice si applicano prima alcune mani di gesso e successivamente alcune mani di bolo. Poi si applica la foglia, bagnando il bolo per renderlo appiccicaticcio. Si possono usare la foglia oro zecchino, argento fino, foglia imitazione. Si procede poi alla lucidatura (brunitura) con la pietra d'agata.

“Avevamo un doratore di fiducia”, racconta il corniciaio, “portavamo lì le cornici e dopo un breve periodo tornavano con un aspetto ancora più bello e regale”. La cornice dorata veneziana è un elemento ricorrente nella storia dell’arte. Parte del suo utilizzo si deve al gotico, che rimase in auge a Venezia fino all’ultimo quarto del Quattrocento e poi al XVI secolo, dove le cornici bulinate sono state le protagoniste.

Oltre a essere cambiato il modo di fare le cornici è cambiata pure la richiesta dei clienti. Il motivo? Gli stili di arredamento sono cambiati, diventando sempre più moderni, e sono cambiati i supporti attraverso cui si fa arte. “Fino agli anni Novanta”, continua lo storico artigiano veneziano, “le case venivano arredate in maniera più classica e quindi la cornice aveva un ruolo importante nell’arredamento. Lo stile più moderno ha tolto centralità alla cornice e tanti scelgono di evitare l’intelaiatura per ottenere uno stile più sobrio e più moderno”.

Altro elemento che ha cambiato il mestiere del corniciaio è l’evoluzione dei supporti di lavoro. Fino al ‘900 la tela era infatti il supporto prediletto dagli artisti. E le tele rendevano quasi obbligata la scelta di affidarsi ai corniciai per incastonare l’opera in un telaio che la rendesse ancora più preziosa. Con gli anni hanno infatti preso sempre più piede muro, rame e vetro, per non parlare degli Nft. Tutto ciò ha reso meno centrale il ruolo dei corniciai che, come si vede per esempio a Venezia, sono sempre di meno e sono diventati un mestiere a rischio. “Non torneranno più gli anni d’oro che il nostro mestiere ha vissuto”, conclude il corniciaio, “vedere entrare nella bottega artisti come Vedova, Mušič, Finzi e Licata ci rendeva consapevoli della nostra importanza per l’arte. A Venezia, il rapporto che si creava tra artisti e artigiani ha fatto diventare questa città il luogo perfetto per esporre e valorizzare le opere”.

E quando gli chiediamo se c’è speranza che il mestiere torni quello di un tempo, la risposta è eloquente: “Purtroppo Venezia ha perso gran parte dei suoi abitanti e ha perso quella verve culturale che l’aveva contraddistinta soprattutto tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. Quindi non credo che il corniciaio tornerà a essere quello di un tempo ma dovrà essere bravo a evolversi e a tramandare i segreti del mestiere”.

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