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DAL 1526

BERETTA FRANCO GUSSALLI «Fare sistema e velocità di reazione: così usciremo dalla crisi»

In prima linea, dal 1526: si potrebbe così riassumere la storia della Beretta, prestigioso marchio di armi che dalla Val Trompia, dove Bartolomeo Beretta ha avviato l’attività, è arrivato veramente ovunque. Le armi Beretta, da oltre cinquecento anni, sono state presenti praticamente in ogni battaglia che la storia ricordi; sono state scelte da sportivi di livello nelle competizioni più prestigiose, e dalle forze dell’ordine di tutto il mondo nello svolgimento del loro lavoro; non esiste romanzo o film poliziesco in cui non venga menzionata una Beretta; insomma dei veri ambasciatori del made in Italy anche in un ambito così specifico. Franco Gussalli Beretta, Presidente e CEO, affronta una battaglia senza precedenti, quella contro la crisi Coronavirus, con spirito imprenditoriale e approccio strategico.

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Dottor Beretta, come state affrontando la crisi Coronavirus nelle vostre filiali in giro per il mondo? I vari governi hanno adottato provvedimenti diversificati, da noi si è optato per il lockdown totale, mentre altrove c’è stata maggiore elasticità, e questo sicuramente ha inciso sulla produzione. Generalmente operiamo tra Europa e Stati Uniti, salvo una presenza minore in Asia. Per quanto riguarda l’Europa, possiamo sostanzialmente dividere il continente in due: l’Europa meridionale e mediterranea, quindi Italia, Spagna, Francia, oltre alla Gran Bretagna, hanno optato per una soluzione di lockdown più restrittivo, con conseguente chiusura degli stabilimenti, che ha ovviamente rallentato o bloccato del tutto alcune attività; mentre invece nell’Europa centro-settentrionale, dove c’è stata maggiore permissività, il mercato è rimasto attivo. Negli Stati Uniti, altra nostra macroarea di produzione e distribuzione, la situazione è diversificata in quanto ciascuno Stato, se non addirittura alcune città metropolitane, ha adottato le misure che più ha ritenuto opportune, ma posso dire in generale che il mercato è rimasto aperto, pur trasferendo parte del lavoro in smart working. Gli Stati Uniti hanno affrontato la chiusura con un approccio più business-oriented, consentendo comunque all’economia in generale, e non solo al nostro settore, di rimanere in attivo. Per quanto ci riguarda, dunque, le ripercussioni più pesanti si sono avute nella nostra area, con un rallentamento che rispetto ai nostri obiettivi annuali incide in una percentuale che si attesta tra il 10 e il 20%.

Un dato comunque significativo. Trovate difficoltoso lavorare con le misure di sicurezza in vigore? La parte impiegatizia è stata affrontata efficacemente con lo smart working. A Gardone Val Trompia, la prima chiusura in produzione è stata effettuata spontaneamente, senza che ci fosse ancora alcuna direttiva governativa, venendo incontro anche ai timori dei nostri collaboratori, al fine di valutare al meglio una situazione che ancora non conoscevamo bene. Per quanto riguarda la parte tecnica e di progettazione, abbiamo dovuto ovviare ad alcune complicazioni nella rete sicurezza, su cui non eravamo del tutto preparati. Abbiamo realizzato una serie di interventi di sanificazione, inoltre abbiamo studiato un protocollo operativo interno e, in collaborazione con il presidio ospedaliero della Val Trompia, anche un protocollo sanitario, portando l’esperienza di professionisti del settore nella nostra organizzazione. Questo ha dato spunto per una collaborazione con l’Università di Brescia, per portare questo progetto nelle aziende del territorio bresciano. Abbiamo condiviso questi risultati con l’Unione Industriali Bresciani, ATS e sindacati e oggi stiamo lavorando con quelle stesse procedure di sicurezza che, per quanto portino una nuova sfida, soprattutto in termini di tempistiche e privacy, riteniamo assolutamente doverose: rilevazione temperature tramite termoscanner, uso di DPI,

Foto Antonio Milesi

Franco Gussalli Beretta, della storica azienda produttrice di armi, elogia il made in Italy e lo spirito italico, ma anche l’Europa deve fare la sua parte

test sierologici e tamponi, una nuova commissione di controllo.

Una reattività non facile da trovare, soprattutto se si considera che l’Italia tutta arriva comunque da una successione di crisi che dura ormai dal 2008. È vero, e questo mi dà lo spunto per dire che adesso è il momento di tornare a concentrarci sull’efficienza. Indubbiamente abbiamo dovuto affrontare dei costi non indifferenti, il prezzo da pagare per mettere noi e i nostri collaboratori in assoluta sicurezza, e questo ha inciso. Ma continuiamo a lavorare per mantenere alti i nostri standard.

Per mantenere questi livelli, che interventi si aspetta anche da parte delle istituzioni per sostenere le imprese nella ripartenza? Le aree su cui intervenire si riassumono in: liquidità, fiscalità, burocrazia. Dal momento che è stata implementata la cassa integrazione, sarebbe buona cosa che lo Stato fosse maggiormente solerte nel pagamento della sua parte, dando un sollievo all’azienda che deve anticipare. Un altro spunto da prendere in considerazione potrebbe essere il cuneo fiscale, almeno per quanto riguarda la parte di “una tantum” che le aziende possono garantire ai collaboratori, che potrebbe essere incrementata. Questo potrebbe avere la duplice valenza di premio ai collaboratori e di sgravio fiscale per l’impresa, che deve affrontare una situazione di emergenza. Sono un ottimista di natura e voglio pensare che questo Covid, nella sua drammaticità, abbia accelerato alcune nostre capacità, tra cui quelle digitali in primis, e sarebbe opportuno che anche le istituzioni capissero che questa è l’occasione per apportare delle migliorie, snellendo la burocrazia e investendo sulla struttura digitale e di smart working. Una cosa di cui non si sottolinea mai abbastanza l’importanza, è la velocità di reazione, connaturata e richiesta a noi imprenditori, ma meno alle istituzioni.

Ulteriori spunti per guardare al futuro, e fonti di nuove idee anche per grandi eventi come quello, per voi fondamentale, dei Giochi Olimpici, al momento cancellati. Lo stop ai Giochi e agli altri eventi è stato doveroso, ma certamente

«Non possiamo prescindere dal ruolo dell’Europa come sistema, l’Unione deve imparare a fare squadra per contrastare i giganti dell’economia»

adesso occorre lavorare per farli ripartire in una nuova veste. Il valore di occasioni di questa portata non è solo sportivo o economico, ma simbolico e morale per il pubblico. Le Olimpiadi rappresentano un importantissimo momento di aggregazione e di comunione di valori.

Come pensa che sia destinato a cambiare l’ordine mondiale del commercio, e quale posto va ad occupare l’Italia su questo scacchiere? Dal punto di vista mondiale, mi aspetto un rallentamento del processo di globalizzazione, in cui ogni continente dovrà fare un po’ più i conti con se stesso dopo che ogni angolo del mondo era diventato facilmente raggiungibile. In tutto questo, confido che l’Italia prenda coscienza dell’enorme asset di cui dispone in termini di maestranze, artigianalità e valore, e giochi un ruolo da protagonista in questa partita. Non possiamo prescindere dal ruolo dell’Europa come sistema, l’Unione deve imparare a fare squadra per contrastare i giganti dell’economia. Per controbilanciare le superpotenze, sia orientali che occidentali, confido nell’Italia, nei suoi splendidi professionisti, nel made in Italy, quello vero.

L’alleanza Bergamo-Brescia come Capitale della Cultura può essere una bella occasione per far ripartire due delle città più colpite in uno spirito positivo e collaborativo. Assolutamente sì. Ho recentemente contattato le amministrazioni di Brescia e Bergamo, ricordando l’importanza di fare sistema nelle varie realtà economiche, industriali, culturali. Ritengo ottima anche la proposta del vostro Giorgio Gori di rafforzare anche l’asse con Milano, una imprescindibile capitale dei servizi, della moda, della tecnologia, a cui Brescia e Bergamo possono affiancarsi efficacemente come realtà manifatturiere. Quello che negli anni scorsi è stato fatto con le nuove infrastrutture che connettono questi territori, ora va fatto anche a livello politico e istituzionale. La grande forza di provincie come le nostre, legata alla cultura, al carattere concreto e determinato, al tessuto economico solido, ci aiuterà anche a uscire da questa crisi e a costruire qualcosa di nuovo. Arianna Mossali

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