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I Maestri del ‘900

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L’Editoriale

L’Editoriale

L’arte arriva a Centuripe

di Mario GaMbatesa

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ACenturipe, cittadina dall’incredibile pianta a forma di stella a metà strada tra Enna e Catania, dal 4 luglio 2021, è stato inaugurato il primo centro espositivo con la mostra

“SEGNI - Da Cézanne a Picasso, da Kandinskij a Miró, i maestri

del ‘900 europeo”. Il progetto del nuovo centro espositivo ha l’ambizione di diventare uno dei fiori all’occhiello della nuova politica culturale del paese, un luogo di

produzione artistica per le pros-

sime generazioni. Lo spazio, storicamente uno dei più interessanti del territorio, è nel chiostro di un ex convento agostiniano, costruito nel Cinquecento. L’idea di questa esposizione, a cura di Simona Bartolena, nasce non solo per inserire

Centuripe nel circuito dei grandi

centri espositivi siciliani, ma anche con l’idea di valorizzare il patrimonio culturale ereditato. La mostra ha come obiettivo quello di mettere in relazione i

maestri del ‘900 con le importanti testimonianze storiche ed

antropologiche del territorio, in particolare con il sito archeologico Riparo Cassataro, fino ad ora sconosciuto, che viene mostrato per la prima volta al mondo, e che custodisce le uniche testimo-

nianze in Sicilia sud-orientale di pitture rupestri risalenti al pe-

riodo preistorico, fonte di ispirazione per molti artisti presenti alla mostra. L’esposizione, aperta fino al prossimo 17 ottobre, è compo-

In basso a sinistra: Pablo Picasso Le taureau (XI stato-17.01.1946), 1945 litografia, 290x375-mm. 68 esemplari, Mourlot n.17

A destra: Joan-Miró À la santé du serpent 1954, litografia a colori 280x190 mm. 50 esemplari, Mourlot n. 142 vol. 2°

In basso: Grafica incisioni preistoriche del sito archeologico Riparo Cassataro

sta da 85 opere tutte originali, che propongono un percorso nell’opera dei Peintres-graveures (pittori-incisori) dalla fine dall’Ottocento al secondo dopoguerra, con l’intenzione di sottolineare

il ruolo delle tecniche di stampa

nell’evoluzione dei linguaggi, degli stili e delle modalità espressive dei movimenti avanguardistici europei del secolo scorso e dei loro esponenti. È una sorta di “rias-

sunto” della storia dell’arte del primo Novecento europeo che inizia simbolicamente alla fine

dell’Ottocento, con l’opera di personaggi come Paul Cézanne e Toulouse-Lautrec, per proseguire poi tra i vari movimenti d’avanguardia e i loro principali interpreti: da Picasso a Matisse, da Pechstein a Dix, da Kandinskij a Klee, da Miró a Giacometti, da Hartung a Dubuffet, da Vedova a Fontana. Per Centuripe, la mostra “SEGNI”, acquisisce, inoltre, un significato speciale, offrendo un ulteriore spunto di riflessione.

I massimi protagonisti delle Avanguardie storiche di inizio Novecento si sono ispirati

all’arte africana e primitiva, dando vita al fenomeno del cosiddetto Primitivismo. La relazione strettissima tra la ricerca

di un nuovo codice estetico e i linguaggi primigeni di civiltà diverse e distanti nello spazio e

nel tempo, emerge con chiarezza, suggerendo nuovi percorsi di lettura e motivi di approfondimento, donando a noi spettatori,

una panoramica esaustiva della scena artistica europea di que-

sto periodo storico. s l

SEGNI

Da Cézanne a Picasso, da Kandinskij a Miró, i maestri del ‘900 europeo dialogano con le incisioni rupestri di Centuripe

04 luglio – 17 ottobre 2021 (verifica l’effettiva apertura prima di recarti sul posto) L’Antiquarium, Centuripe

INFO T. +39 0935 819480

Da martedì a domenica 09.00 - 18.00

Inquadra con il tuo smartphone il codice QR per collegarti al sito www.comunecenturipe.gov.it

Igor Mitoraj

Lo scultore dei giganti feriti

di Vincenzo chetta

Igor Mitoraj: una delle figure più importanti del panorama mondiale dell’arte della seconda metà del Novecento, radicato nella tradizione classica. Le sue opere, realizzate in grandi dimensioni ed in parte con arti mozzati, si trovano nelle piazze e nei musei di molte città europee: agli Uffizi di Firenze, nei Musei Vaticani, a Milano in Piazza del Carmine, al British Museum di Londra, a “la Défense” di Parigi, a Pompei e nella Valle dei Templi ad Agrigento, per citarne solo alcuni. A Roma, ha realizzato le porte bronzee per la Basilica di Santa Maria degli Angeli dove compare la sua “originale” interpretazione del Cristo risorto, con il corpo attraversato dalla croce, segno dell’amore sofferente e vittorioso. La sua produzione arti-

stica è una riflessione sulla pre-

carietà dell’essere umano oltre che una denuncia contro lo

scempio delle sculture dell’an-

tichità. Siamo andati a Pietrasanta, a conoscere Luca Pizzi, assistente storico del Maestro e adesso socio dell’Atelier Mitoraj.

Vincenzo Chetta: Buongiorno Luca e grazie di averci accolto in questo meraviglioso atelier. Ancora prima di entrare, vedere le sue opere monumentali nel giardino esterno, provoca un senso di stra-

niamento, una sorta di leggera sindrome di Stendhal, una meravigliosa ed incantevole estasi...

Che persona era il Maestro Mitoraj? Gli piaceva parlare di sé, spiegare le sue opere, presenziare ai vernissage, oppure preferiva il laboratorio alla mondanità? Luca Pizzi: Buongiorno Vincenzo e grazie a te di essere qui. Senza dubbio preferiva il laboratorio alla mondanità, così come lui stesso ha dichiarato più volte. Presenziava comunque ai vernissage, ma a volte poteva essere imbarazzato a parlare di sé stesso. Non amava spiegare le sue opere, lasciava ai critici il compito di parlarne. Era una persona molto introversa e di conseguenza creava distanza, aveva bisogno di tempo per entrare in confidenza e per concederti fiducia. Selezionava molto le persone a cui affidare la sua privacy. Da buon artista

era anche narciso ed amante del

bello. Il gusto estetico comprendeva tutti gli aspetti della sua vita. Amava la natura, le piante e i fiori. Si circondava spesso di verde, infatti il giardino era un elemento a cui teneva molto nelle sue dimore. Era una persona molto affascinante, circondata da un’aura magnetica che non poteva lasciare indifferente. V.C.: Vivere un ambiente così

A destra: 1992, Igor Mitoraj vicino all’opera “Adriano” realizzata in travertino imperiale

In copertina: “Centauro”, Parco archeologico di Pompei © Ph. Gianluca Calicchio

“La città che oggi più amo è Pietrasanta, il posto, in assoluto, dove mi sento meglio è il mio laboratorio!”

Sopra: il primo studio del Maestro Igor Mitoraj a Pietrasanta

Sopra: alcune viste interne dell’Atelier Mitoraj

Sotto: il Direttore di BIANCOSCURO Vincenzo Chetta con Luca Pizzi, assistente storico del Maestro

pieno di energia come l’Atelier Mitoraj dev’essere estremamente affascinante. Igor Mitoraj è conosciuto in tutto il mondo, ma vorremmo far approfondire la sua figura ai nostri lettori. Come descriveresti il suo “fare arte”? L.P.: Senza dubbio c’è del fascino in atelier, anche io stesso, a distanza di 27 anni, provo emozioni quotidiane quando entro. L’atelier, con tutte queste opere diventa un teatro dove c’è un dialogo continuo tra le opere. Anche durante la giornata, al va-

riare della luce è come se il tea-

tro cambiasse le sue scenografie. Essendo l’atelier un posto vivo, dove c’è un continuo fermento che porta a spostare spesso le sculture, gli scenari cambiano spesso rendendo l’atelier una scoperta affascinante. Le sue intuizioni creative nascevano da momenti intimi, dove entrava in comunicazione con il suo pathos e con il suo mondo di immagini interiori. Amava leggere, studiare

e documentarsi, passava molto

tempo solo. Era un attento osservatore della gente che lo circondava, era estremamente interessato ai profili dei volti. Infatti, le sue prime sculture nel suo momento parigino derivavano da calchi di volti di donne e uomini che lui riteneva interessanti. A volte poteva appuntare brevi schizzi su carta, ma per lo più amava comunicarmi la sua visione affinché, sotto la sua attenta supervisione, potesse plasmarsi la forma. V.C.: Dalla Polonia alla Francia, passando per il Messico, sino ad arrivare proprio qui a Pietrasanta negli anni ‘80, dove si è stabilito, cosa l’ha fatto innamorare di questi luoghi? L.P.: La Polonia era il suo paese d’origine, la sua terra natia, lì ritrovava le sue radici e lì c’era il suo affetto più caro, sua madre. È una terra al quale aveva legato anche tante sofferenze che l’hanno spinto ad andare via. Il suo percorso in giro per il mondo fu incentivato dal suo

primo maestro, l’artista polac-

co Kantor, il quale, riconoscendo precocemente le sue doti, capì che in Polonia non avrebbe avuto i riconoscimenti che meritava. “Nemo profeta in patria” come spesso accade. La scelta di recarsi in Francia non fu casuale. È vero sì che Parigi era il centro dell’arte contemporanea alla fine degli anni ’60, ma soprattutto sapeva che il suo vero padre, che non aveva mai conosciuto, viveva in Francia. Sentiva forte il desiderio di conoscere il suo volto. Una volta trovata la sua porta non ebbe il coraggio di bussare. Probabilmente averlo intravisto mentre entrava in casa gli fu sufficiente a risolvere il suo conflitto interiore (questa è una confidenza che mi fece durante un nostro viaggio ad Agrigento per la donazione della scultura “Ikaro Caduto” posizionata ai piedi del Tempio della Concordia). Il suo viaggio in Messico durò un anno, fu una parentesi giovanile che gli diede modo di aprire le sue visioni e confrontarsi con l’arte precolombiana del quale rimase affascinato. Durante i nostri anni insieme mi parlò raramente di quel periodo. So molto bene però che, da quel viaggio, prese coscienza della BIANCOSCURO R I V I S TA d ’ A R T E

sua vocazione di scultore. Ritornato a Parigi, la sua carriera ebbe una forte spinta, infatti vinse “Les Prix du salon d’Art contemporain de Montrouge” che gli valse l’assegnazione di un atelier nello storico Bateau Lavoir. Da questo momen-

to le sue opere acquisiscono un carattere sempre più monumentale.

Iniziò a desiderare di conoscere l’Italia, quei luoghi di cui aveva sentito parlare nei suoi studi. Fece un viaggio accompagnato da Jean Paul Sabatiè, con il quale iniziò un sodalizio che portò avanti per il resto della sua vita.

Aveva sentito parlare anche di

Pietrasanta, famosa per le sue maestranze artistiche e per la presenza del marmo nelle cave vicine. Fino a quel momento si era confrontato con la scultura, ma nella materia del bronzo. Qui invece prese confidenza con la materia marmorea e grazie agli artigiani locali è riuscito a scolpire opere che ad oggi si trovano principalmente a Roma, nei Musei Vaticani ed in altri luoghi estremamente suggestivi. Dopo questi primi approcci, ne restò così affascinato

da scegliere Pietrasanta come

sua residenza principale. Ristrutturò un vecchio laboratorio di marmo nel centro che diventò la sua casa e il suo atelier, ne era tanto orgoglioso. La storia e la tradizione di Pietrasanta è conosciuta, ma quando un artista arriva qui ed inizia a frequentare i luoghi e le persone, percepisce veramente di essere circondato da arte. Pietrasanta diventa

veramente il paradiso per un

artista. Qui può trovare ogni tipo di maestranza necessaria alla produzione artistica in ogni medium, le cave di marmo vicine, numerose gallerie ed un ambiente culturale altamente stimolante tutto l’anno. Questo particolare ecosistema va costantemente alimentato perché non si perda. Percepisco fortemente questo rischio oggi. V.C.: Già, questo vale un po’ per tutta Italia, ma in particolar modo per luoghi come Pietrasanta. Tornando all’attività dell’Atelier, di cosa vi occupate? L.P.: L’Atelier è nato per le volontà del Maestro e dell’attuale Presidente Jean Paul Sabatiè, che hanno deciso di coinvolgere anche tutti gli assistenti storici, per tutelare

l’enorme patrimonio artistico

e l’immagine del Maestro Mitoraj. Custodiamo l’archivio d’artista che, insieme alla memoria storica di tutti noi, è la base per certificare l’autenticità delle opere. Inoltre, valorizziamo costante-

mente tutto questo patrimonio realizzando mostre ed esposizio-

ni in giro per il mondo e ne produciamo anche i cataloghi. Ad aiutarci in questo ingente lavoro di tutela e valorizzazione ci sono anche le storiche gallerie che hanno promosso negli anni il lavoro di Mitoraj, in particolare l’amico e gallerista Stefano Contini che, con la sua esperienza e la sua professionalità, ci accompagna nel nostro lavoro. A volte capita di ricevere opere che necessitano di interventi di restauro e, siccome conserviamo tutti i materiali originali e il sapere tramandato dal Maestro, è assicurato un restauro filologico.

L’esterno dell’Atelier Mitoraj

V.C.: Da ormai un anno e mezzo a questa parte, è stata sicuramente problematica l’organizzazione di nuove rassegne ed esposizioni, ma

se non sbaglio è ancora in corso

quella realizzata a Noto lo scorso anno: come seguite i progetti espositivi che richiedono le opere del Maestro? L.P.: Realizzare mostre ed eventi in un momento come questo è sicuramente difficile… Cos’è che non è difficile fare in un momento dove non ci sono certezze, dove è impossibile avere visioni a lungo termine? Un vero peccato perché l’arte fa bene, porta energie positive, giova all’umore: non sarà indispensa-

bile, ma a quanto pare non ne

possiamo fare a meno. In questo momento abbiamo una bellissima mostra in Sicilia, sei sculture monumentali esposte sulla

Thsuki No Hikari British Museum - Londra

“Luci di Nara”, 2014, travertino in mostra a Piazza Armerina, Enna

scalinata della cattedrale di S. Nicolò a Noto, entrano in sinergia con il barocco siciliano ottenendo un risultato suggestivo. Durante questa primavera, in pieno lockdown, in accordo con le diverse amministrazioni pubbliche, abbiamo deciso di ampliare la mostra coinvolgendo il territorio di Piazza Armerina, ma soprattutto il sito Unesco di Villa Romana del Casale, rendendola una mostra diffusa, unita nel tema dell’abbraccio. Proprio con Igor visitai per la prima volta Villa Romana del Casale. Un

sito bellissimo vista la qualità e la quantità di mosaici in marmo che

custodisce. Tra le varie tecniche artistiche usate da Mitoraj c’è stato anche il mosaico. Per questa mostra il filo conduttore che mi ha guidato nella scelta delle opere da esporre è stato l’accostamento dei materiali. E per questo ho prediletto opere in travertino, oltre ad un bellissimo mosaico del Maestro. L’abbraccio di Mitoraj alla Sicilia, considerando anche la mostra che fu fatta ad Agrigento nel 2011 nella Valle dei Templi, è sempre più forte. Tornando ai progetti difficili da realizzare, siamo riusciti ad inaugurare a più di un anno di ritardo, una mostra in Olanda, a Scheveningen nel Museo Beelden aan Zee, con trenta opere tra bronzi, marmi ed anche modelli in gesso. Se la domanda fa riferimento anche alle difficoltà di realizzare esposizioni, direi che, anche se con molta più fatica, le cose si possono fare lo stesso. Ci dovremmo tutti adeguare per trovare le giuste soluzioni ed andare avanti. V.C.: Qualche anno fa, nel 2016, è stata realizzata una mostra a Pompei, coronando il grande sogno di Mitoraj. Uno dei suoi capolavori ha trovato lì la sua casa, ne sarebbe stato sicuramente entusiasta... L.P.: Esatto, la mostra a Pompei ha coronato il suo sogno. Un progetto iniziato molti anni fa, se non erro nel 2010, bloccato poi a causa di vari crolli nel sito. Il progetto riprese forma qualche anno dopo grazie all’incontro del Ministro Franceschini col Maestro, nel suo studio.

Una vista della mostra a Noto, Siracusa

Purtroppo la salute del Maestro negli anni a seguire peggiorò molto, ma non il suo desiderio. L’ultimo nostro incontro fu in un ospedale di Parigi dove lui era ricoverato. Sapendo che il giorno dopo sarei ripartito per rientrare a Pietrasanta mi disse: “Luca, mi raccomando

quando torni in studio rimetti

mano alla mostra di Pompei”. Gli risposi scherzando: “Certa-

mente Igor, piuttosto te guarda di tornare presto perché Pompei

sarà molto faticosa”. Oggi ho capito che lui era consapevole che quella mostra non l’avrebbe mai vista. Dopo la sua morte, ebbi modo di rivedere il Ministro. Mi disse che c’era il volere da parte sua di portare avanti il progetto, e che sarebbe stato bello realizzare il suo sogno. Mi mise in contatto con l’allora Direttore del Parco Archeologico di Pompei, Prof. Massimo Osanna, e da lì iniziò una lunga e faticosa organizzazione, data la particolarità del sito. Trovare la giusta collocazione a tutte le opere non fu cosa semplice, ma il risultato finale fu apprezzato da tutti. Inoltre, all’inau-

gurazione, abbiamo avuto l’onore della presenza del Presidente della

Repubblica Italiana e qualche mese dopo la visita del Presidente della Repubblica di Polonia. Alla fine della mostra si decise di lasciare un segno in ricordo di un evento così unico. Jean Paul Sabatiè e l’Atelier Mitoraj, con il supporto della Galleria Contini, decisero di donare una scultura al sito Archeologico di Pompei. In accordo con il Direttore e con il Patrocinio del MIBACT, l’opera “Dedalo” fu posizionata al Tempio di Venere, esattamente dove l’avevo posizionata per la mostra. In realtà ad oggi le opere esposte a Pompei sono due: oltre

al “Dedalo” c’è ancora il “Cen-

tauro” (l’opera in copertina). Infatti, durante il nostro primo sopralluogo, vedendo il podio sul lato meridionale

del foro, il Maestro notò la predi-

sposizione di questo luogo a poter

accogliere il Centauro. A differenza del primo progetto, ci fu permesso di portare le sculture all’interno del sito e quindi, in accordo con il Direttore, decidemmo la fattibilità di questa collocazione. Durante il disallestimento della mostra, mi arrivò un messaggio da parte del Direttore Osanna che mi chiedeva se fosse possibile lasciare il “Centauro” ancora un altro anno nel parco. Apprezzai molto il gesto

e, ad oggi, l’opera si trova ancora

lì. Mi sento di dire che la richiesta che Igor mi fece in quel triste ospedale l’ho rispettata con onore. Non poteva essere diversamente. V.C.: È in corso la realizzazione

del Museo dedicato a Igor Mito-

raj, purtroppo la pandemia ne ha rallentato la realizzazione, come vanno ora i lavori? L.P.: Il Museo Mitoraj è una bella iniziativa, una bella opportunità per la città ed un bel riconoscimento ad un artista di livello mondiale. Trovo

giusto che venga realizzato a Pie-

trasanta. Infatti, Mitoraj e questa città, unendosi hanno amplificato la loro fama. Inoltre Mitoraj una volta arrivato a Pietrasanta, vi si è stabilito definitivamente, ha creato la sua casa, il suo primo studio e l’attuale Atelier Mitoraj, fino a decidere di farsi seppellire qui. La pandemia non ha certo agevolato la realizzazione del Museo, ma gli anni di ritardo sono ormai più di tre, quindi i problemi sono stati sicuramente anche altri… Spero di vederlo realizzato presto e soprattutto che sia ben gestito, considerando che l’intera collezione è già stata donata allo stato altrimenti, visto il suo potenziale, sarebbe un peccato ed un eventuale danno all’immagine. V.C.: Quali sono i prossimi progetti che l’Atelier Mitoraj ha nel prossimo futuro? L.P.: Di progetti volendo ce ne sarebbero abbastanza. Dobbiamo realizzare la mostra preventivata ed in parte pianificata a Valencia, rimandata da due anni per i disagi che questa pandemia ha creato. La mostra verrà allestita nella Ciutat de les Arts i les Ciències, il quartiere futuristico progettato dall’architetto Calatrava. Sarà un’esposizione suggestiva, alcune opere verranno esposte nell’acqua, con basamenti studiati appositamente per far sembrare che le sculture galleggino. Esporre le sculture nell’acqua era un desiderio del Maestro, e noi tutti speriamo il prossimo anno di riuscire a realizzarlo. Rimane poi la speranza di vedere realizzato il Museo Mitoraj, e per qualche anno direi che siamo sistemati. Idee e sogni ci sono, vediamo cosa ci dirà il tempo… V.C.: Grazie mille Luca, per il tuo tempo e per le tue parole molto interessanti ed emozionanti. Ti ringrazio anche per averci accolto in un luogo così carico di “passione” e per averci raccontato del Maestro e della sua immensa eredità artistica, è stato un vero piacere. s l

INFO www.igormitoraj.com igor_mitoraj_atelier

“Icaro”, Valle dei Templi - Agrigento. © Ph. Mario Ciampi

Sopra: “Centauro”, parco archeologico di Pompei © Ph. Gianluca Calicchio

Sotto: il Maestro Igor Mitoraj

Gianluca Calicchio

Finestre sul cielo di un altro mondo

di daniela Malabaila

Mattiacci a Firenze – Belvedere © Ph. Gianluca Calicchio

Il “Centauro”, l’opera in copertina su questo numero di BIANCOSCURO, è uno scatto di Gianluca

Calicchio, geniale fotografo cam-

pano. Con il cielo sempre protagonista della sua inquadratura, è riuscito a catturare e restituire tutta l’intelligenza umana e la potenza animale racchiuse nell’opera del Maestro Mitoraj.

Calicchio nasce in un ambiente dedito

all’arte, nelle sue fotografie sono assolutamente chiare le influenze del padre architetto e della madre docente di Disegno e Storia dell’Arte; possiamo infatti notare quanto gli elementi architettonici siano sempre presenti nello scatto, o ne compongano una cornice inconsapevole, così come possiamo comprendere che non si tratti di semplici istantanee, ma vere e

proprie opere d’arte che superano il li-

mite della tecnica. Trova fin dall’infanzia il medium preferito per rendere al mondo quello che vedono i suoi occhi, e si appassiona profondamente di fotografia iniziando le sue sperimentazioni con la più classica delle Polaroid, sostituita poi con una digitale. La sua formazione avviene presso l’Accademia di Cinema e Televisione “Griffith” di Roma, dove frequenta il corso di Fotografia ed in cui si diploma col massimo dei voti. Si perfeziona ulteriormente sul campo, collaborando con molti professionisti del cinema, tra i quali citiamo Giuseppe Pinori, Direttore della Fotografia in film di registi come Pier Paolo Pasoli-

Parco archeologico di Pompei © Ph. Gianluca Calicchio

Parco archeologico di Pompei © Ph. Gianluca Calicchio

“... Il passato ed il presente sono messi a confronto, in una sorta di dialettica estetica. Nell’immagine, la profonda natura delle cose emerge in maniera chiara e sensibile. Le opere sembrano tele di un pittore, in cui l’artista-fotografo innesta la magia dei colori e l’equilibrio dei volumi in un’armonia rara ed irripetibile, in cui l’archeologia di Pompei si fonde con la nuova

visione dell’arte di Mitoraj ” . Di questa condizione e atmosfera culturale l’artista coglie gli aspetti più esaltanti e coinvolgenti. Prof. Luigi Meccariello

ni e Nanni Moretti. Dopo alcune esperienze di lavoro nel cinema, ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla fotografia ricercando nuove modalità

espressive in grado di produrre imma-

gini di grande impatto. Si avvicina così a vari temi, dalla natura ai paesaggi, dai ritratti alle opere d’arte. Diverse le esperienze espositive ed i riconoscimenti ricevuti, ricordiamo nel 2018 la partecipazione alla mostra collettiva “Sinergie” presso la “Rocca dei Rettori”, in provincia di Benevento e nello stesso periodo la partecipazione al “Premio Arte”, venendo selezionato tra i semifinalisti

con l’opera “Mitoraj a Pompei - Tinda-

BIANCOSCURO R I V I S TA d ’ A R T E

ro”, fotografia pubblicata poi sul numero di settembre di Arte - Cairo Editore. Nel 2019 ha realizzato la sua prima personale nella Fiera “ArteBari”, ricevendo numerosi consensi, culminati nella vincita del “Premio Banca Mediolanum” per l’opera “Mattiacci a Firenze - Belvedere”. Ha partecipato alla “XII Florence Biennale” ed è risultato tra i vincitori del “Biancoscuro Art Contest 2019”, per il quale è stato premiato a Monte-Carlo, nel Principato di Monaco. Le sue fotografie non sono mai banali, rispecchiano l’animo appassionato e attento di Giuseppe Calic-

chio, contemporaneo cacciatore di luci

e sensazioni da fermare nel tempo. s l

Saetta e Sole © Ph. Gianluca Calicchio

Portale celeste © Ph. Gianluca Calicchio

Pino Nania

Architettura, pittura e scultura: discipline diverse che nella Storia dell’Arte spesso si sono intersecate

Nella contemporaneità, esempio felice tra gli altri di questo incrocio di creatività, saperi, tradizioni e sperimentazioni è di certo l’opera dell’artista di origini reggine Pino Nania: nel pieno della sua maturità e dopo un intenso percorso che lo ha portato a cimentarsi con ciascuna delle arti sopra descritte, Nania giunge ora al compimento di una originale ricerca, l’autore ama sintetizzarla come “Quinta dimensione” e considera questa fase sintesi e superamento della

grandissima esperienza della sua vita

d’artista, lanciandosi così verso nuovi traguardi dei quali, vista la consistenza e insieme la leggerezza delle opere ora realizzate, s’intravede un orizzonte ricco di fascino e di stimoli.

Sfaccettate e innovative sono le qualità della strada intrapresa da Pino

Nania: s’impone all’attenzione innanzitutto una profonda consapevolezza del contrasto tra pieni e vuoti, che nella corporeità di dimensioni importanti porta chi guarda a scoprire immagini sorprendenti, spesso di intenso simbolismo: immagini però che vanno cercate osservando con pazienza le linee, frutto del gesto dell’artista, ma insieme lasciandosi sedurre da una concretezza allusa, ma non esplicita, che suggerisce infiniti rimandi alla storia stessa della creatività di Nania. Si rivelano all’osservatore le suggestioni di una grecità ancestrale, uno sguardo meditativo e al contempo attento all’oggi; e poi la solidissima padronanza dei materiali (diversi dei quali del tutto inusitati, alcuni tratti addirittura dalla laboriosità dell’artigianato e dell’industria a noi contemporanei). A tratti Nania ci accompagna portandoci per mano in questo universo che lui solo conosce, ma che egli stesso sta sondando in vista di non sappiamo quali evoluzioni. Altrove l’artista

crea una struttura colorata e architettonicamente singolare nella quale però ci

lascia liberi di esplorare tutte le valenze possibili della sua proposta.

Essenziale e ricca allo stesso momento, classica e avveniristica contempo-

raneamente, ecco che la produzione più recente di Pino Nania comincia dunque a svelarci la “quinta dimensione”: è la re-

lazione tra noi e l’opera che ci sta di

fronte, spesso dotata di un movimento suo autonomo. Così scopriamo forme e suggerimenti non appariscenti a un primo sguardo, scorgiamo ventagli di possibilità espressive che non avevamo previsto, ci si aprono panorami interiori inediti ed emozionanti. E lui, Pino Nania, modernissimo testimone di un plurimillennario atteggiamento creativo che è prerogativa del mondo mediterraneo in particolare, ci sorprende perché

ci fa conoscere aspetti a noi ignoti, ma intimamente legati alla nostra natura

umana.

Michele Casini

Studio su quinta dimensione “PERCEZIONE 2” 2020, alluminio smaltato, 64x60x9 cm.

Dietro l’opera: “OMAGGIO A LEONARDO” 2019, plexiglass e alluminio, 85x64x16 cm.

Rita Bertrecchi

Talento, ricerca e passione nelle sue opere

Leggere, eteree, delicate, ma al contempo cari-

che di significati im-

portanti. Così si presentano sin da subito le opere di Rita Bertrecchi, artista originaria di Varese che vive e lavora a Gallarate. Da sempre appas-

sionata di disegno e dotata di un

grande talento, si è formata artisticamente frequentando un corso di Arti Applicate, allieva del Prof. Uberto Vedani e dell’Arch. Gianluigi Bisagni, ha seguito anche il corso di Moda, Arte e Design alla Marangoni di Milano, studi questi che l’hanno portata verso impor-

tanti collaborazioni con diverse

case di moda come figurinista e disegnatrice per tessuti. Gli inizi degli anni ‘90 la vedono sperimentare con tecniche miste e polimateriche, la sua è una costante ricerca stilistica e formale. Proprio qui possiamo notare come la sua sperimentazione con le materie sia ancora in evoluzione. Nelle due opere “Svelato” e “Ti vorrei regalare il Paradiso...”, c’è una gestione del supporto e della materia prima che evidenzia non solo il ta-

lento artistico, ma anche quello

tecnico. Come due stucchi che si sollevano, opere di altri tempi che

rivelano le emozioni dell’artista e le trasmettono a noi osservato-

ri. La capacità di lavorare in sottrazione non è scontata, è sintomo di studio e della consapevolezza

acquisita lungo la sua lunga car-

riera: Bertrecchi riesce a trasmettere un messaggio così importante (come nel caso di “Ti vorrei regalare il Paradiso...”) con pochi segni,

Sopra: Svelato 2018, polimaterico su tela, 100x80 cm.

A sinistra: Ti vorrei regalare il Paradiso... 2019, polimaterico su tela, 50x50 cm.

un monocromo appena sporcato,

gesti precisi e leggeri, nonostante la grevità ed il carico emoziona-

le che portano sulla tela. L’artista vanta numerose mostre personali e collettive, tanti i riconoscimenti ed i successi importanti, inoltre è socia-artista della società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, Museo della Permanente di Milano ed è catalogata presso la Biblioteca Specialistica e Archivio Storico del MAGA, dove è possibile documentarsi sulla sua attività in continua ascesa. Daniela Malabaila

INFO ritabertrecchi@libero.it www.ritabertrecchi.weebly.com

Annunziata Martiradonna

Energia spirituale su tela

Quando, osservando un dipinto, notiamo che la composizione sembra per la maggior parte costituita da energia, emozioni e sentimenti, ci troviamo davanti ad un’opera d’arte completa. Le opere di Annunziata Martiradonna, artista nata a Altamura che attualmente vive e lavora a Matera (città in cui si trova anche il suo Studio d’arte), ci travolgono con un carico emotivo davvero importante. L’energia che scaturisce dalle

sue opere è tanto intima quanto

forte, come possiamo facilmente comprendere osservando, ad esempio, “In awe...” o “Sclerosi multipla”. Il linguaggio usato è quello figurativo, ma la vera es-

senza dei suoi dipinti è data dal

sentimento che viene espresso: la disperazione, la soggezione, la paura, il disagio, l’incognita del futuro. A Martiradonna bastano pochi segni e qualche colpo di luce a rendere queste emozioni così palpabili. Non conosciamo la storia della donna protagonista della scena, ma vediamo il suo turbamento, riusciamo a sentire

sulla pelle il brivido dell’energia

che emana. Che siano rappresentate vicende personali o molto vicine a lei, momenti di vita che l’hanno ispirata e che la accompagnano nel suo personale percorso artistico, i messaggi che vuole mandare attraverso l’arte, parlano di

una forza e di una tenacia tutta femminile, quella necessaria

per “ribellarsi” alle consuetudini sociali e probabilmente anche ad una vita preimpostata e decisa da altri: le ragazze di “I have a dream” urlano con tutta la loro forza. La giusta tavolozza rende ancora più vivide le emozioni delle protagoniste delle opere di Martiradonna, un’artista talentuosa

e forte, proprio come le donne

che dipinge.

Daniela Malabaila

In alto: In awe... 2017, acrilico su tela, 60x80 cm. A sinistra: Sclerosi multipla 2019, olio su tela, 150x90 cm. Sotto: I have a dream 2021, acrilico su tela, 100x90 cm.

INFO martinunzia@hotmail.it Annunziata Martiradonna Artista annunziata_martiradonna

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