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MARIE - JOSE di Francesco Rapazzini 1.
Bella lo era. E pure regina: anche se solo per un mese, tanto che è passata alla storia come la Regina di Maggio. Marie-José era nata principessa – ultimogenita del re del Belgio – il 4 agosto 1906. Destinata sin dall'infanzia a sposare Umberto, il rampollo del re d'Italia, Marie-José frequentò il collegio della SS. Annunziata del Poggio Imperiale a Firenze proprio per imparare la nostra lingua. I due giovinetti si incontrarono per la prima volta nel 1916: lei aveva dieci anni, lui dodici. Nel 1930 si sposarono a Roma. E iniziò per lei un'avventura legata a filo doppio con le vicende di un'Italia fascista prima e belligerante poi, lei che non amò mai Mussolini tanto da appoggiare non senza rischi la Resistenza e farsi così inviare nel 1943 in una specie di confino dallo suocero, Vittorio Emanuele III. Rifugiatasi in Svizzera, da lì tesserà amicizie e relazioni in compagnia di un uomo, Luigi Einaudi, che diventerà poi presidente della Repubblica. Ma Marie-José fu anche donna di estrema eleganza. Una mostra, allestita nei saloni della Mona Bismarck Foundation a Parigi, presenta in questi giorni e fino al 12 dicembre alcuni suoi abiti da cerimonia voluti e ordinati proprio da Umberto di Savoia affinché facessero parte del corredo della sua promessa sposa. Ed ecco i manti reali tessuti con filo d'oro e d'argento sull'imbottitura secondo una tradizione che risaliva all'epoca bizantina – per ciascuno furono utilizzati dai quattro ai sei chili di metallo prezioso – ecco i motivi impero e rococò che incorniciano la rosa a cinque petali, simbolo di casa Savoia, ed ecco ancora le sontuose toilette da sera fatte per esaltare il corpo statuario della principessa e per valorizzare i gioielli che indossava. Uomo raffinato e di gran buon gusto, Umberto si rivolse a case italiane – insomma non si poteva prescindere dal made in Italy – sia per le stoffe sia per la concezione stessa dell'abito. Per le prime furono i tessutai di Como a fornire la materia prima, ricamata poi nelle sartorie milanesi o romane (per una addirittura è stato riprodotto un disegno fornito da D'Annunzio), per la seconda furono interpellati l'atelier Ventura di Milano, le sorelle Gori di Torino e, poi nel tempo, Concettina Buonanno di Napoli. In crêpe di taffetas, in seta o in velluto, le creazioni ricordano in maniera strabiliante ciò che si produceva a Parigi in quegli anni. In effetti, questi abiti scollati, lunghi e spesso con strascico, sono delle reinterpretazioni di Madeleine Vionnet, Poiret e Schiaparelli. “Una linea parigina scelta col gusto torinese”, dicevano a proposito le Gori. Fu il Corriere della Sera a indire una specie di concorso per la realizzazione del trousseau: anche tutte le maison francesi vi parteciparono, ma furono scartate a priori. Quando il 5 giugno 1946 l'Italia divenne una Repubblica, Marie-José e
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Umberto II partirono immediatamente in esilio: lei si portò appresso alcuni bauli riempiti con queste mise che scelse tra le innumerevoli che possedeva. Perché queste e non altre? Forse perché le più belle, le più eleganti, le più care di ricordi. In ogni caso, sessant'anni dopo sono ancora perfettamente conservate e si lasciano così ammirare in questa mostra messa in scena con raffinatezza da Hubert de Givenchy. 3.
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MARIE - JOSE 4.
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She was beautiful. She was also a Queen: even if it was for just one month and this is why she has gone down in history as the May Queen. Marie-José was born a Princess – the youngest daughter of the king of Belgium - on August 4th, 1906 and was still a child when she became the promised bride of Umberto, the future King of Italy. In fact, Marie-José attended the college of SS. Annunziata del Poggio Imperiale in Florence to learn italian. The two youths met for the first time in 1916: she was ten years old and he was twelve. They were married in Rome in 1930 and her tight connection with the vicissitudes of a fascist Italy first and a belligerent Italy after began. She was never fond of Mussolini to the point that she supported the Resistance, not without any risks, and was sent away on a sort of exile by her father-in-law, Victor Emanuel III. Nestled in Switzerland, she made friends and relations in the company of a man, Luigi Einaudi, who would become President of the Republic. But Marie-José was also an extremely elegant woman. An exhibition, held in the halls of the Mona Bismarck Foundation in Paris in these days until December 12th, presents some of her formal gowns desired and ordered by Umberto of Savoy himself as part of his future bride’s trousseau. The collection comprises royal cloaks weaved with gold and silver yarn on the padding according to a tradition that dates back to the Byzantine period. Four to six kilos of precious metal were used for each one – there is the empire and rococo motifs framing a five-petal rose, symbol of the 7.
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Savoy family, and the sumptuous evening toilettes made to exalt the princess’s statuesque body and to enhance the jewels that she wore. Umberto was a refined man with great taste and he turned to Italian companies because he could not leave the made in Italy aside both for the fabrics and for the conception of the outfit. The textile makers of Como provided the raw material for the fabrics that were then embroidered by dressmaker’s in Milan or Rome (for one a drawing provided by D'Annunzio was even reproduced), the gowns requested to the Atelier Ventura of Milan, Gori sisters of Turin and then, in time, to Concettina Buonanno of Naples. In taffeta crêpe, silk or velvet, the creations remind amazingly of what was produced in Paris in those years. In fact, these long gowns that often had a train are reinterpretations of Madeleine, Poiret and Schiaparelli. “A Parisian line chosen with a taste from Turin” was what was said about the Gori sisters. The newspaper Corriere della Sera held a kind of competition for the realization of the trousseau: and even all the French maisons participated, but were rejected a priori. When Italy became a republic, on June 5th 1946, MarieJosé and Umberto II left immediately into exile: she brought some trunks filled with these outfits chosen among the countless ones she possessed. Why these and not others? Maybe because they were the most beautiful ones, the most elegant, the ones with more memories. In any case, sixty years after they are still perfectly kept and can be admired in this exhibition set with refinement by Hubert de Givenchy.
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1. Marie-José in Bologna, May 18th 1930 © Fondazione Umberto II e Maria José di Savoia 2. Marie-José and Umberto at the Duca d’Aosta wedding, November 5th 1927 © Fondazione Umberto II e Maria-José di Savoia 3. Marie-José, 1930 © Fondazione Umberto II e Maria-José di Savoia 4.5.6.9.10. The exhibition “Le trousseau de la Reine de Mai – Marie-José de Savoie” at Mona Bismarck Foundation in Paris © Mona Bismarck Foundation 7. MarieJosé, 1930 © Fondazione Umberto II e Maria-José di Savoia 8. The princes of Piedmont Umberto II and Marie-José wedding in Vatican, January 8th 1930 © Fondazione Umberto II e Marie-José di Savoia Le trousseau de la Reine de Mai – Marie-José de Savoie Mona Bismarck Foundation 34 avenue de New York 75016 Paris tel. 0033 1 47233888 www.monabismarck.org until December 12th 2009 schedule: from Monday to Saturday 10.30 – 18.30 free admittance
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[ INTERVIEW ]
GASPARD YURKIEVICH Gli occhi sono neri, due nocciole di carbone: osservano, analizzano, valutano, commentano senza alcun bisogno di spiegarsi. Si capiscono subito. La bocca è ben disegnata. Stempiato, porta i capelli cortissimi. E' piccolo di statura e sembra a volte un ragazzino, altre un vecchio saggio. Come se la storia dei suoi genitori, dei suoi nonni, dei suoi bisnonni si affacciasse all'improvviso quando sorride, per fargli un po' male, oppure per farlo divertire, quando si immalinconisce. Gaspard Yurkievich è nato a Parigi 37 anni fa, ma Yurkievich non è proprio il suo cognome. O, meglio, quello della sua famiglia. Quello vero era Jukowski. Cosa successe? di Francesco Rapazzini
Mio nonno era polacco, un ebreo polacco e comperò dei documenti falsi per sfuggire all'Olocausto quando suo fratello fu ucciso dai nazisti davanti ai suoi occhi. In quei documenti, mio nonno si chiamava Yurkievich. Aiutato dai suoi genitori, partì per gli Stati Uniti e non rivide mai più né suo padre, né sua madre né il resto della famiglia: furono tutti sterminati. Una volta sbarcato a New York gli fu detto che la quota d'immigrati ebrei accettata dagli USA era stata raggiunta e che lui doveva trovarsi un altro posto. Si installò in Argentina e mantenne quel cognome che gli aveva salvato la vita. È lì che nacque mio padre Saul. Purtroppo conobbi mio nonno quando ormai era già molto vecchio e aveva perduto il senso della realtà. E invece la famiglia di sua madre? Anche lei era figlia di emigranti di origine italiana e basca: si chiamavano Angeli. Loro erano cattolici e non sono scappati dal nazismo. Dalla miseria, piuttosto. E come mai lei è nato in Francia? Ancora una fuga: dal regime militare argentino stavolta. Mio padre si era occupato, per la sua tesi, del poeta francese Apollinaire e volle venire qui per terminarla. Poi partecipò alla fondazione dell'università Paris VIII e così non tornò più a casa dove la situazione si era ulteriormente degradata e mamma, che era una giovane professoressa di letteratura latino-americana, lo raggiunse. Ed è in Francia che suo padre iniziò a dare alle stampe le sue prime raccolte poetiche? Sì, la sua era una poesia piuttosto concettuale e intellettuale ma non noiosa: ci si può trovare anche la tipica vena umoristica ebrea. Papà era una persona di gran cultura, come mamma d'altronde. Sa a memoria una poesia di suo padre? No, anche perché sono lunghe e complicate. Però ricordo tutti i titoli: Rimbomba, Trampantojos... Le scriveva in spagnolo e diverse furono poi tradotte in francese. Pubblicò inoltre parecchi libri di critica d'arte e saggi su Neruda, Borges, Paz e su Julio Cortázar. Quando morì nel 2005 con mia madre stava proprio curando l'opera omnia di Cortázar, del quale era stato un grande amico.
Insomma, un ambiente davvero intellettuale... Eravamo circondati da libri, da quadri e da sculture. I miei mi portavano spesso a vedere le mostre, sopratutto quelle d'arte contemporanea al Beaubourg. Papà, inoltre, era anche un appassionato di cinema. E così, fin da piccolissimo se da un lato avevo piena consapevolezza dell'Olocausto – in casa se ne parlava molto, i miei mi mostravano dei libri sulla shoah che io poi leggevo – dall'altro, sempre bimbetto, sapevo chi erano Louise Brooks e Marilyn Monroe. Erano questi due contrasti che mi hanno in qualche modo formato. Tra tutti gli intellettuali che i suoi genitori frequentavano, qualcuno l'ha particolarmente influenzata? Direi di no. Neppure Cortázar? Mi intimidiva moltissimo. Era alto due metri e con una gran barba: aveva tutto per far paura a un bambino, sebbene fosse molto gentile. Vivere in questo tipo di famiglia, la faceva sentire diverso dagli altri bambini? Assolutamente sì. Sono cresciuto nella parte non chic del 14° arrondissement e tutti i miei compagni di scuola provenivano da situazioni ben più modeste: sapevo di avere un background privilegiato. E poi avevo un mio mondo, un mio immaginario. C'erano dei compagni che alla ricreazione mi raggiungevano nel mio cantuccio e mi dicevano: "Hai l'aria di divertirti un sacco, dev'essere bellissimo quello che stai facendo, facci vedere". Ma io stavo divertendomi solamente con i miei pensieri, le mie storie, la mia fantasia. Ricostruivo la realtà nella mia testa, guardavo il mondo da un certo angolo, con una prospettiva tutta mia dove si muovevano personaggi inventati. Insomma, mi annoiavo con gli altri bambini. E a chi le chiedeva cosa avrebbe fatto da grande, cosa rispondeva? All'epoca in cui non sapevo che la moda esistesse, dicevo architetto. Oppure cantante. Ma ero e sono stonato, cosa che non mi impedisce, comunque, di cantare. Da solo. Ecco che, invece, decide di "far moda". Come mai? Perché volevo disegnare i costumi per gli attori dei film che divoravo, per lo
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Do you know any of your father’s poems off by heart? No, I don’t, because they are very long and complicated. But I do remember all their titles; Rimbomba, Trampantojos... he wrote them in Spanish and some were eventually translated into French. He also had several books on art criticism published and essays on Neruda, Borges, Paz and Julio Cortázar who was a great friend of his. Altogether a very intellectual environment... We were surrounded by books, paintings and sculpture. My parents often took me to exhibitions at the Beaubourg, especially those on contemporary art. My father loved the cinema too. So, from when I was very small I knew all about the holocaust, we talked about it a lot at home and my parents showed me books on the Shoah, and I also knew who Louise Brooks and Marilyn Monroe were. It was these two contrasts that shaped me. Of all the intellectuals in your parent’s circle did any one in particular influence you? No, I don’t think so. Not even Cortázar? He really intimidated me. He was two metres tall with a huge beard; he had everything to frighten a small child even though he was very kind. Did having this kind of family make you feel different from other children? Yes, it really did. We lived in the non-chic part of the 14° arrondissement and all my class mates came from much more modest backgrounds. I knew I was privileged. And I had my own world too, my own secret world. During break some of my class mates would come over to my corner of the class room and say, “You look like you are really enjoying yourself, you must be doing something great, let’s have a look?” But I was only amusing myself with my thoughts, stories, and my imagination. I created another reality in my head, I looked at the world from a certain angle, from a perspective all of my own and populated it with my own characters. Basically I was bored by other children. And what did you reply to anyone who asked you what you wanted to be when you grew up? Before I knew that fashion even existed I used to say an architect or a singer. But I was and still am tone deaf, something which doesn’t however stop me from singing, by myself though. But you did in fact decide to go into fashion. How did it happen? Because I wanted to design the costumes for the actors in the films I devoured, mostly the Hollywood musicals from the 1930s to the 1960s. I wanted to be part of that world. Then I discovered fashion magazines and finally, influenced by my older sister and her friends, she is eleven years older than me, I understood that you could express your personality and above all rebellion through your appearance. My sister rebelled against everything, with what she wore, with an accessory, with her attitude. My sister’s friends attended the Studio Berçot. I wanted to go too, for me it seemed a bit like the school in Fame. So? So I enrolled, I was only 16 and very naive, I realised that myself, standing in front of the board of interviewers and I didn’t get in: I had to wait until I was older. Berçot is a method more than a school; you could compare it to the Actor's Studio. It’s an approach, a way of seeing things, of understanding your own psychology. When you start there, young as you are, you love fashion in an intuitive way and express it in an intuitive way. Berçot helps you understand the process that gave us this passion, to contextualise it: to break down our certainties and adapt them to the real world, the world of work. It is only a two year course but they are two very intensive years. And after that, what happened to the young Gaspard? Yet again, with a lot of ingenuity, I got a job first with a fashion trend studio, whose principal client was Zara, and then I went to work for Jean Colonna and lastly in a press office, they were simply the opportunities that presented themselves. The couturiers’ doors on which I had knocked to do a “stage” remained firmly shut for me so I chose the press office job because it gave me the chance to meet the right people seeing that I didn’t know anyone in the fashion world. And then Hyères... Yes, before that though, when I was still in the press office (I was there two years) I worked with Zucca, who wanted to open a branch in Paris. They wanted me for the job. But in the meantime I had taken part in the Festival of Hyères where I won the first prize, so, with my partner and my brother we decided to create the Gaspard Yurkievich brand. This was incompatible with running a big office in Paris so we didn’t do it. A 25 year old with his partner and brother decide to open a fashion house. Courage, ego or irresponsibility? It was all of that and a lot of good luck. There were quite a few buyers on the jury in Hyères and they bought my clothes. A fact that not only encouraged me but also pushed my brother, Damien and my friend, Guido Voss to throw themselves into the adventure. Damien had worked in banking and film production, Guido had been a buyer in Germany for department stores. We
were all complimentary to each other and indispensible to each other. We wanted to be super-professional from the start and if there was any irresponsibility it was in doing everything ourselves, without a backer, in a country like France which doesn’t have an entrepreneurial culture. Anyway I won at Hyères in May of 1997 and in the autumn Guido and I gave up our jobs and got down to designing our first collection which we showed in the spring of 1998. At the beginning we did everything together: from conception to sale. Today Guido designs the men’s clothes and I design the women’s clothes: we both influence each other and each collection is always a positive or negative reaction to the preceding one. Isn’t it hard to work all day with someone you live with? No, quite the contrary, it’s really lucky, at least for me. I wouldn’t be able, for example, to come home in the evenings and have to explain to my partner why I am in a bad mood or what I had done during the day or explain the problems in the atelier. It would be like living through them a second time. When we have an argument it’s like between two brothers or like in all couples, we know each other too well and know how not to hurt each other unnecessarily. We understand each other very quickly and neither of us has a super ego... Why is your sister not part of this family business? My sister is very special. She is an artist and has never had a job in her whole life. She has no idea what a day’s work here could possibly mean. She is not in the least bit interested in what I do, in fact she hates it. She is a painter even though she doesn’t exhibit and hasn’t shown her work for fifteen years, she is very sensitive. Talking about artists: you often collaborate with them and even exhibit your work in important galleries and exhibitions such as the Fondation Cartier and, recently, at the Evento exhibition in Bordeaux. Is fashion an art for you? Fashion has a lot of things in common with art. Even if the business and industry sides of fashion have nothing to do with the business side of art. What links the two worlds is that both of them have a vision: I mean you don’t just make clothes just to clothe the population, there is something more in it. I call on artists to add something to the clothes in my collections, especially for the shows: that’s why they give immediacy to my ideas. I become a kind of artistic director leaving them in complete creative freedom. Also they are my friends, like Dani Siciliano, Didier Faustino, Elodie Bouchez and Serge Laurent... I would also add Bernard Faucon to this list, one of my sister’s friends who I met when I was a small boy: an artist who has really influenced me, more than my parents’ intellectual friends. He is light-hearted, amusing and free. My brother used to pose for him and I often went to his “shoots”. They were half way between installations and performances and the end result was a photograph. A writer will often write his books for a single reader, a singer might sing for a single person. Do you design for your own personal muse? No, I dress a generation. I have an identity, some elements follow through from our first collections, but not an ideal. Fashion, when I entered it, was either very conceptual or very decorative. And you had to choose a clan. My generation decided that there were no such courtly groups and you had to unite the body with the soul. And it’s not true that clothes can translate these two things. Your women are sometimes sophisticated and sometimes very girlie. These are not two different kinds of client, the same women play a little with the two images. Again it’s the women of my generation who are like this, ambiguous. When I first started I was labelled porno-chic in a universe that was absolutely minimalist and conceptual, even in haute-couture. Things are different today, the haute couture collections are additional sophistications with workmanship that costs a fortune. I neither want to be or could be competitive at that level and so I have had to, and wanted to, create another language. If at the beginning I was more at the sophisticated luxury end, today I offer a freedom that haute couture doesn’t give. Luxury can’t survive everyday life. I also have to be able to sell what I show. Having said that I still, in any case, relate to the Paris haute couture network even though, I think, it is more of an ideal than a reality. However an ideal which is still powerful and inexhaustible. And the crisis in all of this? It hasn’t frightened us and hasn’t affected us directly because for us it’s like the crisis has been there since we first started. We are an independent fashion house and our money and our turnover is not implicit. Actually we see an opportunity in this crisis because it has made some important fashion houses very fragile and strengthened others, those with their feet more firmly on the ground. You always seem very calm when you talk, is there anything that irritates you? I look calm but in fact I am very nervous. In general I am annoyed by the bourgeois and the conformists, but more than anything my bank irritates me. Everyday. It’s really true: money poisons life all the time.
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Lanvin
[ CATWALKS ]
PARIS FASHION WEEK di Francesco Rapazzini
The French minister for culture, Frédéric Mitterrand, recently announced that the state should help the fashion industry. Good, but how? By subsidising fashion colleges, for example, and even by direct investment in the fashion houses themselves if in financial difficulty. Please note that Christian Lacroix, for the first time since this fashion house opened in 1987, did not attended the Paris fashion shows. Those who did, however, gave us a seductive woman in shorts and mini-skirts. So, next summer women must show their legs or even their thighs, since those French designers have been so ungenerous with their materials. And, owing to the crisis, what caught the attention the most were those “evergreen” outfits, those that do not go out of fashion within six months, those that can be brought out again in the years to come. So we find revamped jackets, loose fitting trousers and very feminine shirts; all the collections gave us a sensual eulogy on femininity, some very romantic, others more aggressive but all with the focus on femininity. Necklines are often fairly revealing, sometimes shoulders are bare or quite the opposite, very structured. The fabrics are all natural. Lace is everywhere either for an entire outfit or used to soften. This does not however mean a nude look: quite the contrary, there is very little transparency. If some couturiers had dipped their paint brushes into acidic bright colours, most of them were inspired to use, apart from the classic black and white, mineral tints or colours inspired by the natural world. One famous buyer commented that “It is a very commercial season” and, so that the fashion houses can maintain their usual turnover, particular attention has been given to accessories: first and foremost bags, but also shoes and bijoux and these too have been designed to last if not an entire life time at least a good part of it.
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Il ministro della cultura francese, Frédéric Mitterrand, ha detto che lo Stato deve dare una mano alla moda. Sì, ma come? Con aiuti economici alle scuole di formazione, per esempio, e poi investendosi persino in prima persona nei casi in cui le maison si troverebbero in cattive acque. Leggi: Christian Lacroix che non ha partecipato, e questo per la prima volta da quando la casa è stata fondata nel 1987, alle sfilate parigine. Chi lo ha fatto, invece, ha presentato una donna sexy nel cui guardaroba non può mancare lo shorts e la minigonna. Insomma, le donne per la prossima bella stagione dovranno mostrare le gambe, anzi le cosce, visto che i sarti d'Oltralpe sono stati davvero avari di tessuto. Ma, crisi oblige, ciò che più ha ritenuto l'attenzione sono i pezzi evergreen, quelli che non tramontano ogni sei mesi, quelli che potranno essere risfoggiati negli anni a venire. Ed ecco giacche aggiustate, pantaloni comodi e camicie molto femminili: le collezioni tutte hanno puntato su un sensuale elogio della femminilità – chi in maniera più romantica chi più aggressiva – ma sempre al centro lei: la donna. I décolleté sono spesso assai generosi, le spalle nude o, al contrario, ben strutturate, i tessuti per lo più naturali. D'obbligo i pizzi e i merletti che investono ogni capo per ingentilirlo o, addirittura, per crearlo. Questo però, non vuol dire nude-look: anzi, le trasparenze non sono quasi più contemplate. Se alcuni couturier hanno tuffato il pennello in colori vivi e aciduli, i più si sono ispirati – oltre agli immarcescibili nero e bianco – a tinte minerali o prese in prestito al mondo vegetale. “Una stagione molto commerciale”, ha commentato un celebre buyer e proprio perché le griffe possano ritrovare il loro giro d'affari abituale, è stato notato un impegno particolare per gli accessori: borse e sacche in prima fila, ma anche scarpe e bijoux. Accessori, anche questi, che dovrebbero durare, se non una vita, almeno una buona parte del suo lungo percorso.
CHRISTIAN DIOR Una giovane e fatale Lauren Bacall in lamé, in bustino guêpière, in elaboratissimi pizzi, in pitone nero, in superminigonna: la donna per John Galliano sarà sofisticata e vamp.
PARIGI
A young and fascinating Lauren Bacall wrapped in lamĂŠ, in a wasp-waisted corset with elaborated laces, in black piton, in a hyper miniskirt: John Galliano woman is sophisticated and vamp.
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JEAN PAUL GAULTIER È tornato alle origini contro “l'imborghesimento della moda”, come spiega JPG. Ed ecco i reggisenti a cono, le silhouette libertine e militari, i jeans e le t-shirt lacerate.
PARIGI
He went back to his origins against the “bourgeois-style fashion�, as explained by JPG. So, cone-shaped bras, libertine and military silhouettes and torn jeans and shirts.
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John Galliano
[ CATWALKS ]
ACCESSORI PARIGI ACCESSORIES PARIS di Francesco Rapazzini
According to experts, the accessory market will be one of the first to regain vigour and thus resume the fashion-sector. And if footwear has been the focus of attention: “Today one can really be fashion with just a pair of shoes”, explains Ken Downing from the American chain of stores Neiman Marcus, even bags and belts have caused a great stir during the Paris fashion shows. Stiletto or squarer heels have been the leitmotiv of the catwalks in Ville Lumière which have also shown more daring combinations as in the case of the “prostheses” by Alexander McQueen or new wedges by Alena Akhmadullina: sculptures that do not make walking seem an easy pleasure proved by the many models sliding off the catwalks. As for Galliano and Rochas, they return to ancient forms and wear the 1930s. If leather means comfort for footwear, it is still the queen for bags, handbags, and knapsacks: lacquered, coloured or natural, the handbag accompanies the woman in every moment of her day. Whether she is going to work or leaving on a trip: capacious, exhaustive and without unnecessary frills. Practical, in other words. Lanvin and Hermès, for their part, do not forget the absolutely elegant clutch bag. In crocodile, of course. The powerful return of the belt – in leather, obviously – that is double and thin or even inspired by those used by weight lifters: a large band that becomes refined by several buckles. This how Jean Paul Gaultier wants it. When it is more charming and less “compact”, it is adorned by ethnic forms. And here are the Arabian-style shapes designed by Kenzo and Shiatzy Chen.
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Secondo gli esperti, sarà proprio il mercato degli accessori ad essere tra i primi a riprendere vigore e a far ripartire così il settoremoda. E se le calzature sono state al centro dell'attenzione “Oggi si può veramente essere fashion con solo un paio di scarpe”, come spiega Ken Downing della catena commerciale americana Neiman Marcus, pure le borse e le cinture hanno avuto un'importante risonanza durante le sfilate parigine. I tacchi vertiginosi a stiletto o più squadrati sono stati un leit-motiv sulle passerelle della Ville Lumière che però hanno mostrato pure delle combinazioni più osé come è stato il caso delle “protesi” di Alexander McQueen o le nuove zeppe di Alena Akhmadullina: sculture con le quali camminare non sembra essere sempre un facile piacere - e gli scivoloni delle modelle sui catwalk ne sono la riprova. Galliano e Rochas, dal canto loro, ritrovano forme antiche e calzano gli Anni ‘30. Se la pelle conforta le scarpe, è ancora lei la regina per borse, borsette e sacche: laccata, colorata o naturale, la borsetta deve accompagnare la donna in ogni momento della sua giornata. Sia che vada al lavoro, sia che parta in viaggio: capiente, esaustiva e senza inutili orpelli. Pratica, insomma. Lanvin e Hermès, dal canto loro, non tralasciano le pochette di tutta eleganza. In coccodrillo, of course. Il ritorno prepotente della cintura - in pelle, è ovvio - la vuole doppia e sottile oppure addirittura ispirata a quella utilizzata dai sollevatori di pesi: una larga fascia che si può ingentilire con diverse fibbie. È così, comunque, che la vuole Jean Paul Gaultier. Quando più vezzosa e meno “utilitaria”, si agghinda con forme etniche. E allora ecco le arabeggianti forme disegnate da Kenzo e da Shiatzy Chen.
Vivienne Westwood Red Label
[ CATWALKS ]
LONDON FASHION WEEK di Gianpiero Di Bari
Fashion week in London was as effervescent as usual, but this time with some fairly contrasting results: some of the ideas seemed rather complicated to interpret and others, on the contrary, a little arid. Certainly the usual names offered us unfailingly convincing original designs, but others were guilty of a certain naivety. Naturally you cannot name names, but we did see a whole series of disconcerting female images such as pirates, futurist babes, romantic dolls and wild rockers on the catwalk. Many of the clothes were most definitely very striking, but the end result left a little to be desired. These confused visions fall into a typically Anglo-Saxon category since London has always been associated with creative experimentation. In fact the city is home to some of the best fashion colleges in the world, such as the Central Saint Martin’s School of Art which produced the obvious talents of Alexander McQueen, John Galliano, Antonio Berardi and Stella McCartney as well as many others. It is just that this time the end result was not very convincing, especially if seen from the global angle and considering the deep world crisis affecting every sector. So, here, the female body has been packed up, tied, harnessed and rigidified with artefacts and sartorial constructions to the notable detriment of practicality and of elegance in particular. Obviously we are not criticising everything; in fact, there were also some brilliant interpretations of the female form, from the ironic to the seductive and the dynamic. That is what is needed for the coming summer season. Let us say the ideas shown were fairly interesting, but not easily translatable into a meaningful prêt-à-porter to suit the particularity of this period in our social history we are traversing.
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Effervescente come al solito la settimana della moda londinese, però, questa volta, si sono registrati dei risultati piuttosto altalenanti: alcune proposte sono apparse alquanto complicate da interpretare e, in altri casi invece, troppo didascaliche. Certo i soliti noti non hanno mancato di presentare novità convincenti, piuttosto gli altri hanno peccato di una certa ingenuità stilistica. Naturalmente non è elegante far nomi, però abbiamo visto sfilare in passerella tutta una serie di figure femminili alquanto sconcertanti come piratesse, bambole futuriste, romantiche doll e rocker scatenate. Molte lavorazioni erano sicuramente degne di nota, ma il risultato finale lasciava un po’ a desiderare. Tali ingarbugliate elucubrazioni di stile rientrano in un’ottica tipicamente anglosassone poiché Londra è sempre stata una piazza legata alla sperimentazione creativa. Difatti la città annovera alcune fra le migliori scuole di moda del mondo come la Central Saint Martin’s School of Art da cui sono usciti limpidi talenti quali Alexander McQueen, John Galliano, Antonio Berardi, Stella McCartney e molti altri ancora. Solo che, questa volta, il risultato è stato poco convincente, soprattutto se lo si inserisce in un contesto globale dove bisogna fare i conti con la crisi profonda che sta funestando ogni settore. Così la donna è stata impacchettata, legata, imbrigliata e irrigidita in artefatte costruzioni sartoriali con notevole discapito della praticità e, in special modo, dell’eleganza. Ovviamente non tutto è criticabile, anzi, ci sono state anche brillanti interpretazioni della silhouette femminile di volta in volta ironica, seducente o dinamica come si conviene alla prossima stagione estiva. Diciamo che le idee presentate sono state piuttosto interessanti, ma poco traducibili in un significato di prêt-à-porter adeguato a questo particolare momento storico e sociale che stiamo attraversando.
YUKIKO HANAI Romantica senza dubbio con le balze plissĂŠ, i fiori dipinti e i pizzi beige, ma anche audace nei mini abiti e nelle gonne con le frange, magari fermati da una cintura a forma di piuma.
TOKYO
Without doubt romantic: with plissĂŠ flounces and painted flowers and beige laces, but also bold, with mini-dresses and skirts with fringes tied up with a feather-shaped waistband.
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[ NEWS TOKYO ] Thanks to the good offices of the Austrian Embassy, Japan meets Austria during the Japan Fashion Week. A creative union that reached its climax with the event held in the Roppongi Midtown venue. Five designers from the Rising Sun Empire reinterpreted the “dirndl”, the traditional Austrian outfit and five Austrian designers did the same with the kimono. The result surprised the onlookers for its originality: the dirndl, with light and bright coloured finishing, was turned into an outfit wearable every day; on the contrary, the kimono was transformed into a special over apt to be combined with jeans and T-shirts and with an obi belt declined with fringes.
italian eyewear L’Italia protagonista in Giappone con le sue creazioni di occhiali. All’Espace 218 di Omotesando è sbarcato il Mido (la manifestazione fieristica italiana dedicata all’occhialeria) con una serata-evento composta da una sfilata e da un party. Il marchio “Illusione Ottica” è risultato il vincitore della sfilata Eyewear of the Year 2010 per la categoria donna, confermando il primato della creatività italiana nel paese del Sol Levante. A tutt’oggi l’85 % della produzione di occhiali da parte delle griffe italiane viene esportato all’estero e il Giappone si conferma tra i principali mercati al mondo. L’evento all’Espace 218 ha inaugurato la IOFT2009: la fiera dell’occhialeria che si tiene a Tokyo e a cui hanno partecipato ICE (Istituto Nazionale per il Commercio Estero) e ANFAO (Associazione Nazionale Fabbricanti Articoli Ottici) con ben undici partecipanti, dimostrando così il sempre progressivo valore della fiera giapponese e il crescente entusiasmo dimostrato nei confronti del Made in Italy, capace di riunire originalità e funzionalità. La riuscitissima serata sancito l’eccellenza italiana capace di rispondere alle aspettative di un pubblico colto ed esigente come quello giapponese. Italy: a protagonist in Japan with its eyewear creations. Mido landed at the Espace 218 of Omotesando (the Italian trade fair dedicated to glasses) with a fashion show and party soiree. The trademark “Illusione Ottica” won the Eyewear of the year 2010 fashion show for the Woman category, confirming the primacy of Italian creativity in the country of the Rising Sun. As yet, 85% of the glasses’ production by Italian brands is exported abroad and Japan is among the main markets
AUSTRIA FASHION SHOW JAPAN Il Giappone incontra l’Austria durante la Japan Fashion Week, grazie all’interessamento dell’ambasciata austriaca. Un connubio creativo culminato con una manifestazione tenutasi nei saloni del Roppongi Midtown. Cinque stilisti del Sol Levante hanno reinterpretato il “dirndl”: l’abito tradizionale austriaco; invece cinque designer provenienti dall’Austria hanno riletto il kimono. Il risultato ha stupito gli astanti per l’originalità: il dirndl è diventato un abito portabile tutti i giorni e lavorato in colori chiari e vivaci; al contrario il kimono si è trasformato in uno specialissimo over capace di coniugarsi a jeans e t-shirt e con la cintura obi declinata con frange.
YUKIKO HANAI
SKIN CARE SERIES
Vivienne Westwood Red
La stilista Yukiko Hanai ha lanciato una nuova linea di cosmetici per pelli mature composta da tre prodotti: Day Serum, Night Serum e Treatment Mask. I primi due sono stati creati per pelli secche che hanno bisogno di costante e quotidiana idratazione, invece il terzo cosmetico rende la pelle morbida e levigata e va usato due/tre volte alla settimana.
worldwide. The event at Espace 218 inaugurated the IOFT2009: the eyewear trade fair held in Tokyo with the partnership of ICE (Istituto Nazionale per il Commercio Estero) and ANFAO (Associazione Nazionale Fabbricanti Articoli Ottici) and eleven participants, thus proving the more and more growing value of the Japanese fair and the growing enthusiasm shown to the Made in Italy that brings together originality and functionality. The fortunate event confirmed Italian’s excellence able of answering the expectations of such a cultured and demanding public as the Japanese.
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The stylist Yukiko Hanai has launched a new line of cosmetics for mature skins comprising three products: Day Serum, Night Serum and Treatment Mask. The first two have been created for dry skins that are in need of a constant and daily moisturising, instead the third cosmetic makes the skin soft and smooth and is used two/three times a week.
[ CATWALKS ]
Japan Fashion Week di Gianpiero Di Bari
The ninth edition of the Japan Fashion Week in Tokyo was held from 19 to 24 October 2009 contemporaneously to the Tokyo Midtown event. Once again the double event was hosted by the Japan Fashion Week Organization sponsored by the Japanese Government and some private participants. This stylistic session involved as many as sixty-three brands and of these twenty-two are new brands. Some foreign brands, coming from Denmark and Austria, gave a breath of internationality to the event. Even in this edition the public was allowed to participate in the events and fashion shows through the official JFW website, which showed the full schedule of the Japanese fashion week, and through several screens installed outside the pavilions, for live link-ups. Numerous journalists and buyers participated expressing their appreciation for the variety of stylistic proposals and for fashion shows’ impeccable coordination. The director allowed all the participants to follow the events that took place during the six days of the Japan fashion week comfortably proving, once more, how Tokyo is becoming a certain point of reference for international fashion. One after another, the established names of the Japanese Fashion System took place on the catwalk among the general acclaim: Yukiko Hanai, Yuma Koshino, Motonari Ono, Somarta and Yuki Torii International, besides young stars of the Rising Sun’s fashion firmament together with some designers arriving from Europe like the Danish and Austrian designers. For everyone the “piazza” is confirmed as one of the absolute necessary rendezvous in the panorama of international fashion and is becoming an eagerly awaited one by the operators of the national and foreign sectors. After the New York, London, Milan and Paris events, these days in Tokyo have now gained their due importance.
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La nona edizione della Japan Fashion Week in Tokyo si è tenuta dal 19 al 24 Ottobre 2009 in contemporanea con la manifestazione Tokyo Midtown. Ancora una volta il doppio evento è stato curato dalla Japan Fashion Week Organization con la sponsorizzazione del governo giapponese e di alcuni partecipanti privati. Questa sessione stilistica ha visto partecipare ben 63 griffe di cui 22 nuovi marchi. Tra i convenuti alcuni brand stranieri provenienti dalla Danimarca e dall’Austria che hanno dato un ampio respiro internazionale alla manifestazione. Anche in questa edizione il pubblico ha potuto partecipare agli eventi e alle sfilate tramite il sito ufficiale della JFW -che presentava il programma completo della settimana della moda giapponese- e tramite parecchi schermi installati fuori dai padiglioni, con collegamenti in presa diretta. Giornalisti e buyer sono intervenuti numerosi, manifestando il loro apprezzamento per la varietà delle proposte stilistiche e per l’impeccabile coordinamento delle sfilate. L’attenta regia ha permesso a tutti i convenuti di seguire comodamente gli eventi che si sono succeduti durante i sei giorni della Japan Fashion Week a riprova, una volta di più, di come Tokyo stia diventando un sicuro punto di riferimento per la moda internazionale. Tra il plauso generale si sono succedute le passerelle di nomi ormai affermati del Japan fashion system come: Yukiko Hanai, Yuma Koshino, motonari ono, Somarta e Yuki Torii International, accanto ai quali hanno sfilato giovani stelle del firmamento della moda del Sol Levante e alcuni stilisti provenienti dall’Europa: come i designer danesi e austriaci. Per tutti la “piazza” giapponese si conferma come uno degli appuntamenti imprescindibili nel panorama della moda internazionale e sta diventando un appuntamento attesissimo dagli operatori del settore nazionali e esteri. Dopo le date di New York, Londra, Milano e Parigi ecco che i giorni di Tokyo hanno guadagnato la giusta importanza.
Vivienne Westwood Red Label
[ CATWALKS ]
ACCESSORI LONDRA ACCESSORIES LONDON
Directly from London catwalks a choice of the most well made and successful accessories. Footwear, bags and hats which compete with each other in terms of invention and creativity. Heels or wedges: it is important to attract the attention and to make slim the feminine figure. So, walking on towering, architectonic acrobatics, the women can stalk during the entire summer. The foot either emerges, bare and sensual, from sandals or is wrapped in loose ankle stocks – actually not very appealing – but, in any case, they attract the eye. On the contrary, bags span from maxi models to small clutches to keep in hand. Soft and capacious or thin and elegant, they share the same precious material and the care of details. The true passe-partout of next season is the metallic sparkle: coated on leather and patent leather to catch the attention through silvery or gold reflections. And on the head? Small raffia corns or shaped wings in grey felt? All we know the passion of British for hats, confirmed by a long tradition which recalls horse races and the bewitching world of Ascot and environs. So the traditional bowler hat contrasts with an abstract elaboration that evokes a flying saucer, whilst a PVC visor alternates with a hat worthy of Lady Hamilton.
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Direttamente dalle sfilate di Londra una selezione degli accessori più indovinati e più riusciti. Scarpe, borse e cappelli che rivaleggiano tra loro per fantasia e creatività. Tacchi o zeppe che siano l’importante è attirare l’attenzione e slanciare la figura femminile. Così, issate su svettanti acrobazie architettoniche, le donne potranno incedere per tutta l’estate. Anche il piede spunta nudo e sensuale dai sandali, oppure inguainato in calzerotti corti e cascanti sulla caviglia -sinceramente poco attraenti- ma tant’è: attraggono lo sguardo. Le borse, invece, passano dalle maxi bag alle piccole clutch da tenere in mano. Morbide e capienti o sottili e raffinate, sono accomunate dal materiale prezioso e dalla cura dei particolari. Il vero passepartout della prossima stagione è il riflesso metallizzato: spalmato su pelle e vernice per catturare l’attenzione con riverberi argentati o dorati. E in testa? Delle cornine in rafia oppure della ali sagomate in feltro grigio? Tutti conoscono la passione che hanno gli inglesi per i cappelli, mutuata da una lunga tradizione che rimanda alle corse dei cavalli e all’incantato mondo di Ascot e dintorni, così la classica bombetta si contrappone a una elaborazione astratta che ricorda un disco volante, mentre una visiera in PVC si alterna a un copricapo degno di Lady Hamilton.
NICOLE FARHI La semplicità delle linee e l’eleganza degli stampati creano una immagine femminile nitida e raffinata, con scollature importanti, gonne al ginocchio e pantaloni ampi.
LONDRA
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The simplicity of lines and the sophisticated elegance of prints create a neat and refined feminine image with daring dĂŠcolletages, knee-long skirts and loose pants.
JOSH GOOT Una collezione che studia il corpo come una lezione di anatomia. L’astrazione cromatica si evolve in un caleidoscopio di tinte forti: sfumate o mescolate con energia.
LONDRA
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A collection which studies the body like in a course of anatomy. The chromatic abstraction becomes a kaleidoscope of bold colours: shaded or blended with energy.
Dsquared2
[ CATWALKS ]
milano FASHION WEEK di Gianpiero Di Bari
Corroborant. For both eye and spirit. The Milan Moda Donna fashion shows for next spring/summer 2009 can be so called. The Italian fashion designers face the climate of crisis with a strong shot in the arm of creativity and positive thought. Indeed, they present a woman who is bolder and braver, but not only, also real innovations to reduce production costs, thus the prices for the final customers. The neutral colour par excellence is back, in other words: black developed on dresses, trousers and accessories, in addition to the pure colours, above all sparkling gold on dresses, outerwear and necklaces. Precious embroideries and weaves alternate with close-fitting neat lines. The trousers span from skinny which are tight-fitting round legs - scattered with studs and belts, to loose and comfortable jodhpurs, which give an exotic touch to the most demanding women. All the dresses are short and straight, the sheath dress becomes elegant with a renewed allure, whilst the eye is focused on the shoulder which the majority of fashion designers leave uncovered. But only one. The skirts, a little longer, are flared and flutter around the legs during walk, maybe illuminated by crystals or covered with transparent PVC to modernize the mythic '50s. The waistline is in the limelight with Obi waistbands highlighted with precious and hyper-decorated buckles. The metal becomes thin, a wire on the bodices and bustiers which creates a sort of armour/network which seems menacing, but in reality it is slyly seducing. The decorations with a snap-hook shape and the strips which design gossamers on the body reveal a sporty attitude for all the women who prefer a more casual approach to modern life. Finally, colours: we mentioned above the black tone, but there are also other pure tints, kaleidoscopic prints and timeless floral patters everywhere, in addition to tie & dye effects which are typical in summer and that recall the hearth and the sun in August.
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Corroboranti. Per lo sguardo e per lo spirito. Così possono definirsi queste sfilate di Milano Moda Donna per la prossima primavera/estate 2010. All’aria di crisi imperante gli stilisti italiani rispondono con una robusta iniezione di vigore creativo e di positività, presentando un’immagine femminile più aggressiva e agguerrita, ma non solo, ci sono state anche innovazioni pratiche per ridurre i costi di produzione e, di conseguenza, i prezzi al pubblico. Torna il non colore per eccellenza, ovvero il nero, declinato su abiti, pantaloni e accessori, ma non manca il colore puro e soprattutto splende l’oro: su vestiti, over e collane. Ricami preziosi e giochi di intrecci si alternano a linee nitide e accostate al corpo. I pantaloni spaziano dagli skinny -che fasciano le gambe- innervati di borchie e cinghie, ai jodhpur, ampi e comodi, che donano un tocco esotico alle più esigenti. Tutti gli abiti sono corti e dritti, in gran spolvero il tubino che ritrova una rinnovata allure, mentre lo sguardo si focalizza sulla spalla: lasciata nuda dalla gran parte degli stilisti. Una sola però. Le gonne un po’ più lunghe sono a ruota e danzano attorno alle gambe a ogni passo, magari rischiarate da cristalli o ricoperte di PVC trasparente per attualizzare i mitici anni ‘50. Il punto vita è in primo piano con le alte cinture Obi decorate da fibbie preziose e iperlavorate. Il metallo si assottiglia fino a diventare filo e si declina nei corpetti e nei bustier creando una specie di armatura/impalcatura apparentemente minacciosa, in realtà furbescamente seduttiva. L’attitudine sporty si ritrova nei decori a forma di moschettone e nei lacci che disegnano ragnatele sul corpo, per tutte coloro che prediligono un approccio più casual alla vita moderna. Infine il colore: abbiamo già citato il nero, ma ci sono tinte pure, stampe caleidoscopiche, gli intramontabili fiori che sbocciano un po’ dappertutto, gli effetti tie & dye tipici dell’estate e i richiami alla terra e al sole d’agosto.
EMPORIO ARMANI Rosso e fucsia si alternano al rigore dei pois, gli shorts spuntano dal mini abito. Red and fuchsia alternate with rigorous polka dots, whilst the shorts emerge from the mini dress.
MILANO
ENRICO COVERI
Colori caramellati anni ‘50, tubini e gonne svolazzanti, maxi paillette e cristalli. Caramel tones from the '50s, sheath dresses and fluttering skirts, maxi sequins and crystals.
MILANO
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PRADA Stampe inchiostrate, tagli al vivo e gocce di cristallo per gonne e top. Lembi sovrapposti. Ink prints, bord-Ă -bord cuts and crystal drops for skirts and tops. Overlaid tails.
MILANO
ROBERTO CAVALLI
Abiti leggeri e vaporosi, piccoli fiorellini stampati, sovrapposizioni di tessuto. Sheer and vaporous dresses, minute floral prints, fabric overlaps.
MILANO
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Gucci
DARK
CLOSE-UP FROM MILAN FASHION SHOW 284
3.1 Phillip Lim
[ CATWALKS ]
NEW YORK FASHION WEEK di Gianpiero Di Bari
The desire to fight the crisis is the same which was underlined in Milan, Paris and London but obviously the codes change. Indeed, also in the Big Apple, black is the protagonist of next summer, perhaps the only chameleonic colour due to the many aspects that it takes on time by time. It can be rigorous, seducing, mysterious and malicious, but also ascetic or dynamic. A wide array of valances, flounces and plissés, almost to recall the gentle wish to play down this predominant, difficult period. Full-size embroideries, sophisticated crystal and sequin appliqués and flimsy bows are by now an expression of future summer. The coarse knitwear - almost a mesh - adopts new design contents and becomes a sort of cocoon ready to open and to reveal the new woman. On the other hand, abstract prints depict emotional, chromatic twirls able to make your head spin, whilst metal glares sparkle in silver and pure steel tones under the sun, wrapping the silhouette in a geometry of horizontal and vertical lines. Plus, skilful cuts, sinuous slits, daring décolletages and bare shoulders. The skirts are cut over the knee, whilst pants, which are not numerous, flaunt a plain and tapering line. The complex textures and the design suggestions are immediately visible, as the dress becomes almost a pentagram, on which to write and enhance a symphony of creative bravura. The colour palette spans from bright colours like red, violet and yellow to softer tinges like light-blue, pink, wisteria blue and flesh nuances. A classical, timeless tint is pure white, in this case in both versions: opaque and optical dazzling. The evening floats between voiles and tantalizing slits and the nightfall invites to seduction.
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I mood anti crisi sono i medesimi evidenziati nelle piazze di Milano, Parigi e Londra ma, ovviamente cambia la codificazione. Anche nella grande mela il nero è stato interprete e protagonista della prossima stagione calda, forse l’unico colore camaleontico per i molteplici significati che, di volta in volta, assume. Può essere rigoroso, seducente, tenebroso, malizioso, però anche ascetico o dinamico. Grande dispendio di volant, balze e plissé quasi a voler significare una leggerezza d’intenti che sdrammatizzi il periodo nero così imperante. Importanti ricami, sofisticate applicazioni di cristalli e paillette, leggiadri fiocchetti sono ormai un sinonimo dell’estate che verrà. La maglieria a trama larghissima -quasi una rete- assume nuovi contenuti stilistici diventando una specie di bozzolo pronto a schiudersi per rivelare la nuova donna. D’altro canto le stampe astratte rappresentano un vortice cromatico emozionante e capace di far girare la testa, invece il metallo risplende nei toni dell’argento e dell’acciaio puro e brilla sotto i raggi del sole, imbrigliando la silhouette in una geometria di linee orizzontali e verticali. E poi, ancora, tagli sapienti, spacchi sinuosi, scollature impertinenti e spalle scoperte. Le lunghezze delle gonne si fermano audacemente sopra il ginocchio, invece i pantaloni, peraltro poco presenti, hanno una linea dritta e affusolata. Ciò che salta immediatamente all’occhio è la complessità delle lavorazioni e degli interventi stilistici, quasi che l’abito sia diventato un pentagramma su cui scrivere per fare risaltare una sinfonia di virtuosismi creativi. La tavolozza cromatica oscilla tra nuance decise come il rosso, il viola e il giallo, ma ci sono tinte più pacate come gli azzurri, i rosa, il glicine e le coloriture rubate all’epidermide. Un classico intramontabile è il bianco puro, questa volta sia in versione opaca che nel bagliore accecante dell’ottico. La sera fluttua tra veli e spacchi vertiginosi, il crepuscolo invita alla seduzione.
DKNY Camouflage pittorico, fiori stilizzati, forme lineari e tagli nitidi per un look da giovane donna. Pictorial camouflage, stylised flowers, linear shapes and neat cuts for young woman look.
NEW YORK
RALPH LAUREN
Tornano gli anni ‘30: le camicione a righe, i tessuti gessati e i piccoli fiori stampati sui gilet. A return to the '30s: loose, striped skirts, pinstriped fabrics and small floral prints on gilets.
NEW YORK
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