Book Hc21

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PARIS-ROME S/S 2020



EDITORIAL letter Editorial letter

© 2017 Modadivas

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“Gli abiti di Alta Moda hanno il carattere unico e “Haute couture clothes have the unique, unusual insolito di un oggetto d’arte. Sono tra le ultime cose character an arthaute object. couture They are among the Quando avevamo assistito alleofsfilate nel genfatte a mano, la mano dell’uomo il cui valore è insostilast things to be made by hand, which has irrenaio scorso prima a Parigi e poivalue, a Roma, con consueta tuibile, perché essa dona a tutto quello che crea ciò che placeable because it quella gives everything it nessuna macchina può portare: la poesia e la vita”. Lo creates what no machine can ever make: poetry eccitazione e l’aspettativa che sempre accompagna uno affermava, 70 anni fa, Christian Dior, grandissimo and life.” So said Christian Dior 70 years ago. così unico speciale che arte, artigianato, maestro, uomo dal carattere spettacolo non facile, ma pronto con eHe was a man of unisce uneasy character, yet always la sua sensibilità a mettere inindustria, luce il sensobusiness più intimo ee fantasia, had the sensitivity to highlight the most intimate il Coronavirus era lontano. O profondo della vera couture. Una fotografia perfetta and profound meaning of real couture. A perfect almeno così Concentrati sulfades senso della capace di non sbiadire davanti ai tempi e ai sembrava. passaggi snapshot that never as time andbellezza, fads pass. nevrotici delle mode, una fotografia che giunge fino a A snapshot that has lasted to the current day, to da sempre espressione dell’alta moda, non avevamo canoi oggi, al tempo di Instagram, dei social e della foto, a time when Instagram and social media have pito,che e non potevamo cheifquesta sarebbe stata possiamo ancora chiamarla così?, “se non c’è, non sapere, made photos, we can ci call them that, so ubi© 2017 Modadivas esisti”, in una profusione di sottratta immagini, abiti, accessori, quitous that the vast quantity of images of clothes, in un colpo, sostituita da immagini crude, violente, amori, o amori accessorii, cani e gatti, cibo, vacanze e accessories, lovers, or accessory lovers, cats, dogs, dolore. Il senso del sogno fate voi, presto pubblicate,indimenticabili subito dimenticate.nel Nonloro food, holidays and whatever else si aresfracellaforgotten così l’alta moda, non l’abito va, di una couture destinata a as quickly as they are put online. Not so haute letteralmente annientato da una realtà che mai e poi mai celebrarsi nel tempo e a tramandarsi, di generazione in couture. Not so the couture dress destined to be avremmo voluto conoscere, daover unatime pandemia mondiale generazione, di madre in figlia. Contrapposizioni tra celebrated and passed down fromche moieri e oggi che impongono però una riflessione: imposther to daughter. The juxtaposition between di lì a poco avrebbe infranto il vetro di cristallo e annientatothe sibile e impensabile sfuggire al diktat imperante che ci past and now creates food for thought: our inequalunque che nonculture fosse politico-sanitaria. vuole tutti visibili e subito, qui e ora, in unnarrazione apparente scapable of quella everything being made visible contrasto con il dna della couture che richiede tempo, immediately seems to contrast with the dna of Intanto, però, la Couture faceva il suo corso, presentando studio, minuziosa ricerca, applicazione. Come spiegare, couture, which takes time, study, painstaking relemotore collezioni perdigital questasearch stagione calda inSounhow gennaio si allora, alle nuove generazioni, della vita and application. should weche explain e di una moda che mischia tutto, senza troppi complito the e new generations, who areprima the main users sarebbe rivelato straniante speciale, la quiete della menti, che cosa sia quello speciale savoir-faire, anima of digital technology and lackadaisical, mix & ecidel finimondo porte.justE mai allora, le sadell’Alta Moda? “L’atelier ditempesta un couturier”, racconta matchalle fashion, whatcome couture’s special Maria Grazia Chiuri, direttore creativo dellaportavano Maison di sotto voir-faire is? “Theil più atelier a couturier,” says passerelle i riflettori belofsogno di alta Avenue Montaigne, “ricorda molto quello di un pittore Maria Grazia Chiuri, creative director of the moda, lapuò meraviglia manufatto, maestria del savoir-faire, o di uno scrittore, un luogo dove l’artista esprimere delbrand based inlaAvenue Montaigne, “is much la sua visione, creando, assemblando, smontando per more like a painter’s or writer’s study, place in due parole, l’incanto della bellezza. Ricordo di avere acondipoi ricostruire. Sta a noi quindi trasmettere questa sinwhere the artist can express his or her vision, viso con le mie colleghe dellaassembling, stampa edismantling della tivvù sensagolarità alle nuove generazioni, affinché capiscano creating, andlarebuilding. come unire al senso della velocità il valore It is up to usdove to convey thiscouturier, singular characteristic zionee del di futuro una stagione speciale tutti, maestrandi un andamento più rallentato, curato e studiato, come to the new generations so they can understand sartorie, stampa, fotografi impone la Haute Couture”.ze, Proprio come make-up l’arte che artist, how toscenografi, team the senseuffici of pace and of the future non conosce tempo, l’Alta Moda richiede uno sguardo with the value of the slower, more studied rhythm e giornalisti, stavano dando il meglio di sé, per realizzare accurato e attento, sulla sua storia passata, ma anche of haute couture.” And just as art is timeless, so qualcosa di veramente unico, per raccontare quell’unicità al sul futuro, come testimoniano anche le nuove, giovani haute couture requires a more discerning eye, generazioni di clienti, ma anche di designer, presisognare. tutti both to its past and its nota, future, storia as the new, younger mondo, e farlo Il resto è storia di questi dall’incanto della couture. Qualcosa di apparentemente generations of clients will attest, but also the ancora non designers, arrivano who a conclusione, giornibyincerti di inspiegabile bellezza che ha giorni invece ilche suo più evidente are all enchanted couture. segreto in quelle regole, in una poesia che sialtrettanto fa disciplina incerta Something of seemingly inexplicable un’estate alle porte. Per fortuna, restabeauty quel capace alla fine di produrre capi straordinari, affidati whose biggest secret lies in its strict rules and ricordo moltodaconcreto di abiti esomething collezioni couture straordinaall’estro e alla mano di designer provenienti tutto il discipline; that may seem irrelevant mondo inseguendo non una chimera che oggi si in today’s world but which attracts designers rie, resta il talento, l’arte, la creatività, resta quella sensazione vorrebbe fuori tempo, ma la realtà di una scia luminosa from around the world to the bright, modern didicercare riparo proprio dietro quel bello dove a volte si e modernissima, come quella una cometa che ha il light that isaCouture. nome della Couture. celano profonde verità.


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JPG THE LAST SHOW …OR NOT? Jean Paul Gaultier, celebrità e parata di star per l’ultima passerella dello stilista francese che dopo cinquant’anni dice addio alle sfilate. Ma non alla moda di Cinzia Malvini

Il più straordinario, irriverente, pazzo funerale che il mondo della moda abbia mai visto lo regala Jean Paul Gaultier con la sua ultima sfilata al théâtre du Châtelet di Parigi, nel giorno di chiusura del calendario della haute couture francese per la prossima estate. 2000 ospiti, tutti in

piedi, in un delirio festoso accompagnano l’indimenticabile addio alle scene, dopo cinquant’anni, dell’ex enfant prodige o terrible, unico e inconfondibile in ogni caso. Serata spettacolare e parata di celebrità per uno show destinato a restare nella storia della Città e aperto da uno


spezzone del film satirico di William Klein, Qui êtes-vous, Polly Maggoo?, un funerale dissacrante, ritratto degli eccessi del fashion system. Ma sono i sei ragazzi che scendono le scale, caracollanti sotto il peso della bara in mogano nero pece, decorata da coni che ricordano i seni a punta della famosissima guepiere realizzata da Jean Paul Gaultier nel 1990 per Madonna e il suo Blond Ambition World Tour, a far deflagrare la scena. Mentre Boy George intona dal vivo la hit di Amy Winehouse Back to Black e la super top model Karlie Kloss irrompe indossando una corona di fiori nera con la scritta “La Mode pour la Vie”, la moda per la vita, i sei becchini fashion cominciano a ballare, la bara si apre e una modella di bianco vestita, in segno di rinascita, sfila seducente e ancheggiante sotto gli applausi e i fischi del pubblico in delirio. Provocazione, ironia, sensualità, amicizia e moda, il concentrato della vita di

“Questo show è solo un addio al mondo tradizionale delle sfilate, di certo non alla moda”


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“Ho deciso che si doveva fare qualcosa per cambiare, abbiamo troppi vestiti negli armadi che stanno lì, inutilizzati. Ho pensato di dare loro una nuova vita”

Jean Paul Gaultier è tutto lì, in un’ora e mezza di spettacolo che vola via e sembra un attimo, in quest’ultima sfilata che è un addio alle scene, ma non alla moda, mentre in passerella entrano uno dopo l’altro 200 modelli che riassumono codici e filosofia di questo straordinario stilista, prossimo alle 68 primavere, sostenuto da bambino da una nonna che aveva intuito il genio creativo tra le pieghe dell’irriverenza infantile e poi da Pierre Cardin che lo scelse, neanche diciottenne, come suo apprendista. E c’è anche lui, Cardin, al théâtre du Châtelet, ad applaudire in platea insieme a uno straordinario gruppo di amici e

colleghi e vip, da Kenzo Takada a Inès de la Fressange, Viktor & Rolf e Carla Bruni, Simon e Yasmine Le Bon. La passerella è un esplosivo alternarsi di modelli e di amici, perché nessuno vuole mancare a questa ultima sfilata che è già un evento. Entra Dita von Teese, regina del burlesque, ma anche del Fashion Freak Show, lo spettacolo sulla vita di Jean


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Paul Gaultier, ideato dallo stesso stilista, che dopo il successo di Parigi e dopo aver inaugurato il Festival di Spoleto lo scorso giugno, è pronto ora a una nuova e mondiale tournée. Arriva Mylène Farmer, cantautrice francese, un vero idolo per la città. Entrano in scena, in successione, Farida Khelfa e Tanel che ancheggia come solo lui sa fare mandando pubblico e amici

in delirio. E, poi, Rossy de Palma, Amanda Lear in pullover di paillettes rosse e sexy e gambe da urlo e pure accompagnata da due toy boy, bambole di plastica gonfiabile e marinai alla Querelle de Brest, smoking “trompe l’oeil” e immancabili trench, guepiere e jeans, in un omaggio al passato e alla sua grande storia di moda riletta oggi alla luce del riuso e del riciclo.

“C’è troppa moda in giro”, ci dice Gaultier alla fine dello show, dopo un’ora abbondante di eccitata attesa, “schiacciati” tra giornalisti, fotografi e telecamere nel corridoio del teatro che dà accesso al backstage, dove Gaultier, in tuta azzurra “da Cipputi” e marinière a righe bianche e blu, non finisce di salutare e abbracciare,

tra selfie e baci, gli amici di ieri e di oggi. “Ho preso i capi che avevo in archivio e li ho smembrati e ricostruiti come un puzzle”, racconta il designer. “Ma sono sempre rimasto fedele alle mie passioni o ossessioni, se vuoi chiamarle così, anche se ho deciso che si doveva fare qualcosa per cambiare, abbiamo troppi vestiti


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negli armadi che stanno lì, inutilizzati. Ho pensato di dare loro una nuova vita, di trasformarli in qualcosa di nuovo, e di bello”. Sorride Gaultier, è felice, non c’è un briciolo di malinconia o rimpianto o tristezza nelle parole di questo eterno ragazzo che con la sua moda ha disegnato un’epoca, ha accompagnato con le sue creazioni spettacoli, film e registi, amico intimo di Pedro Almodóvar e Luc Besson e di star come Catherine Deneuve, Nicole Kidman, Rihanna e Lady Gaga. Alla fine, prima dell’ultimo selfie con la stampa italiana, gli chiediamo se ha un significato preciso quella modella in abito bianco che esce felice dalla bara nel funerale allegorico di inizio show. “Certo, questo spettacolo è solo un addio al mondo tradizionale delle sfilate, di certo

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non alla moda. Fa parte di un nuovo inizio che per ora non posso svelarvi, ma che dopo cinquant’anni di attività era necessario. Dovete solo avere pazienza e aspettare un po’!”. E l’attesa finisce con un annuncio a sorpresa al termine delle giornate del prêtà-porter parigino per il prossimo inverno, Jean Paul Gaultier scioglie ogni riserva e svela il suo nuovo concept: di stagione in stagione, sarà uno stilista diverso, ospite della Maison, a interpretare i codici di Gaultier, incrociandoli con la propria visione di moda. Si comincia con Chitose Abe, stilista di Sacai, una delle figure oggi più interessanti e apprezzate nel panorama del fashion system, non solo parigino. E c’è già chi dice: “Can’t wait!”.


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QUANDO UNGARO SCRISSE L’ALFABETO DELLA SEDUZIONE di Enrico Maria Albamonte

La sua couture era il trionfo dei sensi, le sue donne delle sirene inaccessibili, i suoi abiti un tourbillon di vibrante vitalismo, zampillante di pizzi piccanti, sibaritiche broderies, pois civettuoli e conturbanti fantasie floreali. “Un abito non lo si porta, lo si vive”. Ci mancherà monsieur Emanuel Mattéotti Ungaro, amante della

lirica e delle femme fatale. Fatali come Anouk Aimée, da sempre la sua égérie - le dedicò il profumo Diva del 1983 e compagna di una vita prima di sua moglie, la bella italiana Laura Bernabei, figlia di un noto giornalista televisivo. Non a caso Federico Fellini, che volle l’attrice francese nel cast de La dolce



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Da sinistra, Ungaro Haute Couture P/E 1988, modella Amalia Vairelli; Ungaro Haute Couture A/I 1996-97; Ungaro Haute Couture P/E 1987, modella Anna Bailey. Pagina a fianco, Emanuel Ungaro al fitting.

“Il couturier esiste per precorrere in un balzo, indovinare il desiderio”

vita avvolta in un’essenziale ed elegantissima petite robe noire, aveva un debole per le creazioni ipervisive, poetiche e surreali del grande couturier parigino che disegnava abiti e drappeggiava preziosi e impalpabili tessuti sulle note delle arie della Callas, di Beethoven, di Rossini e di Wagner. Divina Callas, come le donne statuarie che Ungaro amava vestire, tutte bellissime, tutte primedonne e cigni elegantissimi. Celebrities ammirate e invidiate da Hollywood in poi, magnetiche maliarde, icone della storia: Lee Radziwill e sua sorella Jacqueline Kennedy, Catherine Deneuve, Sharon Stone e Lauren Bacall, Carolina di Monaco

e Isabelle Adjani, Ira Fürstenberg e Rebecca Romijn Stamos, Jacqueline Bisset e la duchessa di Windsor, Hélène de Rotschild, Lynn Wiatt e Marisa Berenson, Fanny Ardant e Isabelle Huppert, Sigourney Weaver e Isabella Rossellini. Sono entrate nella storia le arricciature vertiginose e gli scolli a cuore come pure le maniche jambon rieditate,


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i sofisticati e magniloquenti bouillonage, i colori flamboyant, i tessuti opulenti e baroccheggianti che, come lui stesso diceva, amava “annusare”, le svettanti silhouette da sirena anni ’40 stile Adrian, i frivoli abitini a pois, i superbi ricami di velluto su moire, le giacche plasmate come giustacuori seicenteschi, i panneggi avvolgenti e sinuosi cesellati sulla silhouette, i clash di fantasie e di grafismi,

le costruzioni soft e body-conscious da sensuale libertina dei giorni nostri fra Giacomo Casanova, Pietro Aretino e François De Sade, e i convolvoli di frizzanti ruches e volant che si avvitavano come spire indomabili e malandrine sul corpo femminile glorificandolo. Il suo destino, condiviso con altri colleghi della sua sublime e incendiaria generazione, era “épater les bourgeois”, come quando

Ungaro Haute Couture P/E 1992.

lanciò coraggiosamente il dernier cri del body di paillettes nere sormontato da una superba cappa di velluto orlata di marabou. Emanuel Ungaro ebbe la fortuna e il privilegio, dopo una giovinezza spensierata da enfant prodige passata ad Aix-en-Provence a contatto col padre Cosimo Damiano, artigiano del lusso di Francavilla esule

dall’Italia fascista (a cinque anni già cuciva su una Singer), di potersi formare alla scuola dell’immaginifico e visionario Cristóbal Balenciaga, che per sette anni lo accolse sotto la sua ala e che nel suo prestigioso e ieratico vivaio simile a una cappella ortodossa ha allevato creativi demiurgici come Oscar de la Renta e il conte Hubert de Givenchy,


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ma anche Yves Mathieu Saint Laurent e soprattutto André Courrèges e Paco Rabanne, impavidi apostoli eterodossi di una sperimentazione sbrigliata che nella Parigi della contestazione più iconoclasta ridefinirono la direzione della moda contemporanea. Un mondo nuovo e in fermento raccontato da Luchino Visconti, Lidia Ravera, Liliana Cavani e Bernardo Bertolucci e che invece di parlare alle mamme borghesi e annoiate corteggiava la fronda branchée delle figlie ricche sì, ma anche radicali, capricciose e soprattutto volubili oltre ogni misura, emule delle modelle acerbamente sensuali come Twiggy e Jean Shrimpton. Il glamour sovversivo e scultoreo di Ungaro, che si esprimeva dapprincipio in silhouette grafiche e stilizzate animate da virtuosismi di lavorazioni straordinarie e da guipure sperimentali e futuribili in cui il pizzo flirtava con il metallo declinato in audaci corazze o in inedite cappe, la pelle matelassé e i materiali plastici e modernisti amati anche dalla gallerista parigina Denise René, conquistò Parigi già nel 1965, evocando poi nel tempo un microcosmo di donne straordinarie e magnetiche, le sue muse, tutte immancabilmente belle dame sans merci, perché la bellezza è feroce come La tigre di William Blake: da Teodora di Bisanzio alle dogaresse veneziane, da Joan Crawford ad Ava Gardner, da Louise Brooks a Diana Vreeland. Nonostante le effimere evoluzioni delle mode anni ’80, dal suo atelier di avenue Montaigne dove si stabilì nel 1967, restò sempre ancorato ai dogmi sartoriali di monsieur Balenciaga, motivo per il quale è stato definito “il

chirurgo dell’eleganza”: “La costruzione di un capo è realizzata principalmente e meticolosamente a mano e il cliente non ha mai ragione”, per usare le parole di Julia Cooper da Vogue.it. I suoi abiti sono proprio come l’alta moda: non hanno età, non hanno tempo, non hanno dimensione come un patrimonio imperituro di perizia artigianale. Il loro linguaggio è l’alfabeto della seduzione, perché celebra l’eterno femminino. Sono creazioni uniche e regali come le donne che li indossano. Quelle donne languide ed eteree come le dame di Boldini, le cortigiane rinascimentali, le dive anni ’40 che tutti gli uomini desiderano e che le donne copiano e che sono state immortalate da Bill King e Peter Knapp, da Deborah Turbeville e da Gilles Bensimon, da Arthur Elgort, da Francesco Scavullo e da Claus Wickrath, da Patrick Demarchelier, Guy Bourdin e da Giovanni Gastel. I suoi epigoni oggi non si contano, perché la sua è una lezione irripetibile, una cifra pittorica, irresistibile eppure inimitabile: basti pensare a Peter Dundas, Fausto Puglisi, Olivier Rousteing chez Balmain, il suo ex assistente e delfino Giambattista Valli e Anthony Vaccarello, Zuahir Murhad, Tom Ford, Olivier Theyskens e Nicolas Ghesquière, Marc Jacobs e Zac Posen, Giles Deacon, Isabel Marant e il sensuale Anton Giulio Grande, colto e sensibile, e l’elenco potrebbe continuare all’infinito. “Io amo tutto ciò che canta: amo il free jazz e Paolo Uccello, Debussy e Proust, i coloristi e gli impressionisti. Il couturier esiste per precorrere in un balzo, indovinare il desiderio”. Emanuel Ungaro indubbiamente ci mancherà.


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Inside Chanel di Valentina Uzzo

Sin dal suo esordio ha rappresentato l’oggetto del desiderio, e così sarebbe poi stato per ogni generazione. All’inizio, grazie proprio all’intuito e alla capacità della sua fondatrice, Gabrielle Chanel, nel saper rivoluzionare il concetto di eleganza femminile, capostipite di uno stile capace di resistere a tutte le mode

come afferma una sua celebre citazione: “La moda passa, lo stile resta”. E, poi, per averlo reso un’icona nel mondo, celebrato da scenografiche passerelle e formidabili set voluti da Karl Lagerfeld, dal 1983 fino alla sua morte avvenuta lo scorso anno, direttore artistico e grande erede stilistico della Maison.


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È una storia senza fine quella di Chanel, che porta con sé sempre qualcosa di curioso e nuovo da raccontare. Come dimostra Laetitia Cénac nel volume edito da Abrams & Chronicle Books Chanel - The Making of a Collection. Un coffee table book che custodisce nelle sue 240 pagine tutto il fascino della maison di rue Cambon, tra retroscena e front-of, raccontato dalla maestria di Jean-Philippe Delhomme che, attraverso centinaia di illustrazioni, dipinge un inedito ritratto a colori della casa di moda. All’interno del volume viene offerta un’esplorazione senza precedenti dei laboratori di Parigi. Vengono ripercorse le fasi peculiari della creazione di una collezione, dallo studio al debutto in passerella. E vengono rivelati i dettagli infinitamente complessi dei meccanismi di lavoro interni agli atelier ad opera dei tanti talentuosi artigiani che si sono susseguiti nel corso degli anni. Emozionanti anche le testimonianze di alcune delle grandi protagoniste di questo segreto behind the scene, come Odile Massuger, responsabile della maglieria, Yvette van der Linde, responsabile delle borse, Rosemarie

Eliot, gioielli, e Laurence Dacade, scarpe. Sono loro ad analizzare centimetro per centimetro, look per look, due giorni prima della sfilata, ogni singolo dettaglio prima che ciascuno di questi ultimi vada in scena, una volta approvato da Virginie Viard, già braccio destro di Lagerfeld e oggi direttrice creativa della casa. Tanti gli aneddoti e le curiosità, come la misura esatta delle impunture Chanel o la funzione dell’iconica catena che corre lungo l’orlo inferiore della giacca. E poi, immancabile, l’intervista al Kaiser, con tanto di dichiarazioni su tutto ciò che in questi anni lo aveva ispirato, portandolo verso straordinarie e innovative creazioni di haute couture e prêt-à-porter. “Una collezione può emergere da un sogno che hai fatto o anche da un incubo”, aveva raccontato Lagerfeld. “Sogno, metabolizzo, creo, butto via e rinizio da capo. Non esistono regole o formule. Disegno tutto io. È l’aspetto artistico che amo. Avere uno studio con venti persone che lavorano al computer non mi interessa. Ho sempre con me un block notes vicino al cuscino per annotare le mie idee e documentarle”.

Chanel: The Making of a Collection by Laetitia Cenac, illustrated by Jean-Philippe Delhomme, Abrams. Images, ©Jean-Philippe Delhomme.


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P a r i s flair de la mode di Valentina Uzzo 78


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Beside, Valentino. Opposite page, Golden Eighties. Above, Paris: Fashion Flair by Marc-Antoine Coulon, Flammarion.

Disegnare un ritratto quanto più verosimile e autentico richiede talento. E, poi, dotarlo di personalità e maestria. Questa è la sensazione che si percepisce, a colpo d’occhio, osservando i lavori a cura di MarcAntoine Coulon, raccolti da Flammarion all’interno del volume di 280 pagine Paris: Fashion Flair. Classe 1974, nato a Parigi, ma di origine italiana, questo giovane illustratore si può dire sia nato con la matita in mano. Sin dai due anni di età nutre una forte, irrefrenabile, passione per il mondo dell’arte e della moda diventato poi, inesorabilmente, il perno attorno al quale ruota la sua carriera professionale, ispirata ai grandi maestri di questa tecnica pittorica, così antica e al tempo stesso contemporanea, come René Gruau ed Erté. Una carriera, la sua, nata in Francia e proseguita in Italia. Ma è nella “Grande Parigi” che Coulon trova la musa ispiratrice a cui dedicare la maggior parte dei suoi capolavori artistici.

Ed è dall’incantata e incantevole joie de vivre de La Ville Lumière e da tutto ciò che la circonda che prende forma questo speciale volume. Palcoscenico di molte delle sue più spettacolari illustrazioni le collaborazioni e commissioni da parte delle grandi maison della moda parigina, Dior, Cartier, Jean Paul Gaultier, Givenchy, tra queste. A colpire e sedurre è la capacità di Coulon nel trasmettere, con eleganza e poesia, tutto lo charme che da sempre appartiene alla scena della moda parigina. Trasportando lo spettatore in una dimensione quasi onirica che profuma di gran soirée, sontuosi abiti d’alta moda, gioielli preziosi indossati dalle grandi dive del passato, come Elizabeth Taylor, Audrey Hepburn, Marilyn Monroe, Coco Chanel e Josephine Baker. Fino a Inès de la Fressange, oggi sua grande musa. Ed è proprio Inès a firmare la prefazione di questo racconto illustrato e intrigante, dalla personalità irriverente e senza tempo.


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t h e pa i n t e r o f l i g h t di Antonella Scorta

“Georges de La Tour: l’Europa della luce”. Per la prima volta in Italia una mostra dedicata a uno dei più grandi pittori del Seicento francese


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Maestro fiammingo, Giovane che fuma una pipa, Szépmuvészeti Muzeum, Budapest. Pagina a fianco, Georges de La Tour, Maddalena penitente, National Gallery of Art, Washington D.C.

Inaspettatamente l’esposizione di due tele di Georges de La Tour a Milano a Palazzo Marino nel 2011 registrò un numero maggiore di visitatori rispetto al pur altissimo risultato raggiunto tre anni prima dalla “Conversione di S. Paolo” del Caravaggio. Il pittore francese, spesso sbrigativamente classificato come caravaggesco, aveva superato il maestro! In realtà La Tour non è un imitatore del pittore italiano, le cui

opere forse nemmeno conosceva, ma un artista che ha seguito un suo percorso fino a creare dei capolavori assoluti. Anche se per lungo tempo è stato dimenticato: fu soltanto all’inizio del secolo scorso che i critici d’arte si accorsero del suo valore. In particolare Roberto Longhi, che scrisse nel 1935: “È un pittore sorprendente. Non abbiamo strumenti per misurare il genio; ma sento che il talento del de La Tour spezze-


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rebbe più di un manometro. È un peccato che non abbiamo nulla di suo in Italia”. Ora finalmente abbiamo in Italia 15 suoi quadri esposti a Milano a Palazzo Reale fino al 27 settembre nella mostra “Georges de La Tour: l’Europa della luce”: un numero notevolissimo, considerato che si conoscono soltanto 40 opere del maestro lorenese. Ben 28 i prestatori: da prestigiosi musei internazionali, come la National Gallery of Art di Washington D.C. e il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, a italiani come la Galleria degli Uffizi e la Pinacoteca Vaticana, ma soprattutto istituzioni francesi, tra le quali Musée des Beaux-Arts di Nantes, Museée des Beaux-Arts di Digione e Mu-

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sée départemental Georges de La Tour di Vic-sur-Seille, la sua città natale. Accanto ai dipinti di La Tour, diverse opere di altri autori seicenteschi che hanno condiviso con lui la stessa temperie artistica. A cominciare dalla straordinaria rappresentazione della luce e delle ombre che contraddistingue il gusto del periodo. Ecco quindi: Paulus Bor, Jan Lievens, Throphime Bigot, Frans Hals, Jan van Bijlert, Gerrit Van Honthorst conosciuto in Italia come Gherardo delle Notti, Adam de Coster e Carlo Saraceni. A differenza di tanti artisti che furono ignorati in vita e quotatissimi dopo la morte, La Tour ebbe invece una carriera fortunata che lo vide ricevere

Gherardo delle Notti, Cena con sponsali, Galleria degli Uffizi, Firenze.


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Georges de La Tour, I giocatori di dadi Preston Park, Museum Stockton-on-Tees, UK.

la nomina di pittore di corte di Luigi XIII. Successivamente, però, è stato difficile identificare e datare le sue opere perché, a parte tre casi, vi è una totale mancanza di documentazione. Ardua l’attribuzione di certi dipinti anche perché lo stile di Georges de La Tour è estremamente mutevole, nonostante lo si identifichi di solito come il pittore “della luce di candela”. La rassegna di Palazzo Reale dimostra che non sempre questo elemento così riconoscibile è presente e che anche le scene “diurne” sono di grande impatto visivo. Come le risse tra mendicanti, un soggetto prediletto dal pit-

tore che amava ritrarre personaggi del popolo con i loro caratteristici abiti e atteggiamenti, o il suonatore di ghironda, che si accompagna a un cagnolino così realistico da attirare su di sé l’attenzione dello spettatore. Quest’ultimo dipinto permette di sottolineare un’altra caratteristica di La Tour: la sua attualità. Il taglio dell’immagine non è, infatti, tradizionale: il personaggio riempie totalmente lo spazio con un primo piano quasi fotografico. E la Maddalena penitente scelta come locandina della mostra potrebbe essere scambiata per un’opera moderna. Vedere per credere.


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NUOVO CAPITOLO FEMMINILE E FEMMINISTA DI MARIA GRAZIA CHIURI PER L’ALTA MODA

DIOR di Cinzia Malvini


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“Se le donne governassero il mondo?”. Ricamata su un maestoso arazzomanifesto, la domanda è il centro della scena al Musée Rodin di Parigi. “Sarebbe un mondo diverso”, risponde Maria Grazia Chiuri, direttore creativo Dior Haute Couture e Dior Womenswear, interrogata nel backstage poco prima della nuova sfilata Haute Couture per la prossima primavera/estate. “Ci sarebbero relazioni con il potere diverse e responsabilità diverse. Io sono sempre più convinta che la moda debba usare i mezzi e la visibilità che ha per sensibilizzare a livello collettivo il mondo. E ringrazio questa maison che mi consente di esprimere la mia creatività nella maniera più completa, attraverso la collezione, ma anche attraverso il modo in cui questa viene presentata”. E il modo, nel caso specifico, è un nuovo capitolo della ricerca sulla forza femminile e femminista che la Chiuri ha messo al centro del suo percorso stilistico fin dalla sua prima sfilata per la casa di Avenue Montaigne. Il nuovo punto di partenza è l’opera La Grande Madre, ideata, ma mai realizzata negli anni ’70 dall’artista femminista americana Judy Chicago, signora sorridente e singolare con i suoi capelli rosa, decisamente soddisfatta di rispondere alle curiosità di pubblico e stampa. “Sono fiera di aver collaborato a questo show”, ci racconta nel super congestionato backstage post sfilata, dove Monica Bellucci saluta Michele Santoro accompagnato dalla moglie, Sigourney Weaver si ferma per i selfie con giovani e bellissime ragazze, internazionali jet setter seguaci dello stile Dior all over the world. “Con Maria Grazia abbiamo

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un’uguale visione della figura femminile e siamo entrambe convinte che l’arte e la moda siano due mondi capaci di spingere con forza, più in alto e in avanti, lo sguardo sulle donne”. Donne forti capaci di tutto, di essere madri, mogli, sorelle e figlie. Ma anche, al tempo opportuno, capitane di industria (o direttore creativo di una maison che in Francia è amata come il tricolore e la Marianna, ndr) senza rinunciare a nulla. Donne/divinità, come quelle illuminate dai riflettori del Musée Rodin e dai tessuti dorati, sete luminose, intrecciate, chiuse in vita, il peplo, la forma più liquida e più semplice dell’abito, trasformato in giacca recuperando i volumi della linea Bar, emblema di Casa Dior. Cordoni orditi sulla pelle nuda, scolli asimmetrici, colori meravigliosi, plissé, pieghe, leggerezza, soavità, ma anche seduzione, i valori del savoir-faire della maison che si legano a una nuova visione della donna. Il museo Rodin arricchito da bandiere-arazzo con domande sul femminismo e sulla parità di genere ricamate in India da una scuola, questa volta di sole donne e non di uomini come vuole la tradizione del Paese, a Bombay. E, poi, di corsa nel backstage, uomini e donne senza distinzione di genere e di età, ragazze di ieri e di oggi che fanno festa intorno a questa nostra italiana ai vertici di una delle maison più prestigiose di Francia, capace con il suo lavoro e la sua sensibilità di afferrare l’essenza delle donne, di ogni generazione, di qualunque tempo. “Come si fa a toccare corde cosi diverse?”, le chiediamo. “Perché, probabilmente, non si smette mai di essere giovani dentro”.


Crossing the line of Fantasy photography Isshogai

Tony Ward, Mikimoto necklace.


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StĂŠphane Rolland. Opposite page, Schiaparelli.


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Bruno Caruso PriveĂŠ, Damiani set high jewelry.


Zuhair Murad, Van Cleef & Arpels set high jewelry. Opposite page, Elie Saab, Boucheron necklace.


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Luisa Sposa, De Beers necklace and ring.


Guo Pei, Piaget earrings.



Jean Paul Gaultier. Opposite page, Giorgio Armani PrivĂŠ.



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Antonio Grimaldi, Piaget bracelet. Opposite page, Valentino, De Beers earrings.



Viktor & Rolf, Chopard set high jewelry.


Chanel Opposite page, Dior Haute Couture, Piaget necklace.




styling Christelle Santabarbara make up Sandrine BO hair Simon Chossier @B Agency ass. Guillaume Ferrari, Kate & Alexandra styling ass. Delphine Escalière backstage video Isshogai model Daga @Premium Model @studio deux choses lune, Paris

Jean Paul Gaultier


T R I B U T E

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G I O R G I O A R M A N I P R I V É photography and art direction Cathleen Naundorf

Un omaggio alla grande collezione Haute Couture del nostro Maestro interpretata da Cathleen Naundorf, fotografa di moda e di viaggi, vincitrice del premio American Photography, innamorata “di quella eleganza italiana senza tempo e ricca di charme, un racconto di glamour e di arte al tempo stesso”. Un emozionante esercizio sull’identità della bellezza e sulla sua potente espressione, davanti e dietro l’obiettivo. C.M.





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make up Anne Arnold - hair Sandra Yazoue - location Sala Studio, Paris models Gaelle and Lauriane Callaou, Nyagua Ruea @women360 agency


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INTIMATELY PRECIOUS photography Marco Tassini art direction Alexandra Mas

Chopard Haute Joaillerie Opposite page, Cartier Haute Joaillerie, Tilmann Grawe “Gorgone Méduse” head sculpture.



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Cindy Chao Haute Joaillerie, RVDK Haute Couture dress. Opposite page, Dior Haute Joaillerie, Dior Haute Couture for her; Dior for him.



Chanel Haute Joaillerie




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Piaget Haute Joaillerie, Rahul Mishra dress. Opposite page, Van Cleef & Arpels Haute Joaillerie, Valentino Haute Couture head sculpture.


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Damiani Haute Joaillerie, Venini vase. Opposite page, Boucheron Haute Joaillerie, Valentino Haute Couture.



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Anjali Bhimrajka Haute Joaillerie, Jean Paul Gaultier bustier.

PRODUCTION MASTASSINI STUDIO BEAUTY ANNE ARNOLD STUDIO ASS. ANDRESSA MONTEIRO DURAES MODEL NATALIE SALAMUNEC



PARIS

Cinque giorni così ricchi di sfilate, presentazioni, avvenimenti, party, debutti e felpati duelli a distanza che di più non si può. Si accendono i riflettori sulle sfilate della Haute Couture parigina per il prossimo inverno, l’evento più atteso non solo dagli addetti ai lavori, ma da tutta la città, che partecipa emozionata, seppure sempre con un filo di distacco, a quel vorticoso e sorprendente ballo che regala l’Alta Moda. Ospiti dalle mise glamourous, berline scure che sfilano via veloci e austere dopo aver aperto le loro

portiere davanti ai musei e agli alberghi stellatissimi, svelando caviglie e spostando sete e chiffon dai preziosi tacchi 12 di clienti apparentemente anonime per il cronista, ma non per le première delle maison, e poi pop star, rock star, social star, super star di ogni ordine e grado e nessuna, o quasi, starlette. Il bello di Parigi: 5 giorni, 36 sfilate e altrettante presentazioni che riportano il calendario della Couture ai fasti degli anni ‘90, allo spettacolo della migliore e più elegante creatività internazionale che si possa cono-

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scere da Est a Ovest. Francesi, italiani, libanesi, mediorientali, cinesi, olandesi, inglesi e russi, i più grandi designer del mondo si ritrovano nella capitale francese, pronti a incrociare le armi, ago, filo e fantasia, su quel terreno della couture, con le sue regole ferree cucite a doppio filo alla creatività, l’ordine e la (sana) follia, la cultura e il rispetto del passato che impone la sfida di rendere sempre più moderna quell’arte applicata ai tessuti. Che, a Parigi, questa volta, sembrano più luminosi che mai. C.M.

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Five days filled with fashion shows, presentations, events, parties, debuts and remote muffled duels, more of which would be impossible. The spotlight is on the Parisian Haute Couture fashion shows for next winter, the most awaited event not only for the insiders, but for the entire city that participates excitedly, even if seemingly slightly detached, to the whirling and surprising High Fashion event. Guests wearing glamourous outfits, dark saloon cars coming and going seconds after opening their doors in front of

Chapter I Haute Couture

the museums and starred hotels, revealing ankles and moving silks and chiffon from the precious 12 inch heels of customers that may seem apparently unimportant for the reporters, but not for the fashion houses’ premieres, and then pop stars, rock stars, social stars, super stars of all levels and no, well almost, starlet. The beauty of Paris: 5 days, 36 fashion shows and as many presentations taking the Couture event back to the glories of the 1990s, a display of the best and most elegant international creativity

known from East to West. French, Italian, Lebanese, Middle Eastern, Chinese, Dutch, English and Russian, the greatest designers in the world meet in the French capital, ready to cross swords, needles, thread and imagination, on that couture battlefield with its strict rules sewn with double thread to creativity, order and (healthy) madness, culture and a respect for the past that imposes the challenge of making the art applied to fabrics increasingly modern. All this is as brighter than ever in Paris.

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alexis mabille La padronanza del drappeggio e del taglio, le stratificazioni di trame dalle diverse sfumature - tutte giocate sulle tonalità del bianco - e vezzosi corsetti dall’attitudine romantica, a sottolineare la silhouette, senza mai costringerla. “Carte Blanche”, collezione haute couture portata in passerella da Alexis Mabille, è un omaggio al più candido dei colori e all’aristocratica, quanto intramontabile, eleganza dell’icona di stile Jacqueline de Ribes: “Ho provato la purezza liberata dal colore - racconta il couturier - È stato come lavorare su una tela bianca durante un saggio”. Ad aprire il défilé, nel quartier generale di Sotheby’s trasformato in un sontuoso salotto, è Dita von Teese, sola e unica uscita in colore nero declinato su un sartoriale smoking ricamato di paillettes. V.P.



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Ninfe moderne di mitologica e poetica bellezza calcano la passerella di Antonio Grimaldi al Palais de la Découverte, delicate come i colori pastello, il bianco o l’argento dei loro abiti, che piano piano si fanno più intensi, fino al nero notturno. Taffetà, cady o mikado, piume, applicazioni e ricami che sono pura maestria, come quei tagli che tanto spesso rendono uniche e speciali le creazioni dello stilista di origini campane e ormai di casa nel calendario della couture parigina. 30 look che sono un omaggio alla bellezza classica. F.I.

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chanel Parola d’ordine decoro, perfettamente evocato dal giardino claustrale ricreato all’interno della navata centrale del Grand Palais, a richiamare uno dei luoghi più significativi dell’infanzia di Gabrielle Chanel: l’antica abbazia cistercense di Aubazine. Tra panchine di pietra invecchiata dal tempo e piante aromatiche, pomodori e gelsomino, lavanda e cavoli, le modelle avanzano lungo una narrazione di immancabile black and white, come se Virginie Viard, erede di Lagerfeld al timone creativo, volesse confermare che la bellezza sta nelle cose semplici e in quelle estremamente raffinate. F.I.


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haute couture Che cosa accadrebbe se le donne governassero il mondo? Ricamata su un maestoso arazzo-manifesto, la domanda è il centro della scena, ma anche il cuore della nuova collezione di Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica del womenswear e dell’alta moda di Dior. Al Musée Rodin, sotto la tensostruttura-utero, ideata da Judi Chicago, artista femminista americana, la Chiuri scrive un nuovo capitolo di quella ricerca sulla forza delle donne. E incanta con il suo lavoro sull’abito peplo, archetipo del vestire classico eppure ancora indumento di assoluta attualità, capace di accompagnare e di abbracciare il corpo, trasformandosi in un messaggio di potente femminilità, etica ed estetica. C.M.




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elie saab

haute couture Un trionfo di ricami, decorazioni floreali, intarsi, volant e lunghi mantelli chiamati a sottolineare il massimalismo estetico di una couture in equilibrio tra gli sfavillanti e hollywoodiani red carpet e le magiche atmosfere da Mille e una notte. Per la primavera/estate 2020, la ricerca estetica dello stilista libanese Elie Saab esplora l’iconografia messicana riletta con dettagli fastosi e generosi volumi. Metri di duchesse di seta, declinati nelle nuance del corallo, del cipria e del turchese, scolpiscono maniche importanti di elisabettiana memoria, imprimendo alla collezione un tocco di esclusivo e sontuoso drama. Anche gli accessori spaziano dai lunghi orecchini chandelier - sfoggiati su ogni abito - agli occhiali gioiello dalle lenti fumÊ, fino ai sandali a punta, scintillanti e chiusi con un cinturino alla caviglia. V.P.


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La forza della natura, l’estasi della libertà creativa ed espressiva e quella ricerca della perfezione fino all’ultimo dettaglio, capace di trasformare un défilé in uno spettacolo couture. Il designer libanese Georges Hobeika reinterpreta alcune delle sue più celebri ispirazioni, declinandole in sontuosi abiti dalla sfavillante sensualità. La sabbia dorata che lambisce le coste del Mediterraneo, le sfumature marine della Sardegna diventano così sinonimo di una joie de vivre, ben sottolineata dalle silhouette delle creazioni arricchite da applicazioni floreali e petali che sbocciano trasformandosi in preziosi ricami. Seduttive frange tempestate di paillettes si alternano a grintosi tagli laser e a ipnotici motivi geometrici. V.P.

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giambattista valli


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Piume dai colori sgargianti dal fucsia al giallo canarino, verde mela incluso diventano inusuali copricapi e maschere, perfettamente in equilibrio tra una couture che sa di avanguardia e un egocentrismo di gusto romantico e bon ton. Le giovani muse tratteggiate dal talentuoso stilista romano Giambattista Valli indossano impeccabili creazioni ispirate a giardini rigorosamente in fiore. Abiti fluttuanti e delicati come boccioli cedono il passo a silhouette scultoree, gonne a palloncino e a lunghe tuniche ricamate. E, ancora, pepli, nuvole di chiffon, fiocchi oversize ribadiscono l’abilità unica del designer nello svelare, dietro una dolcezza estetica, quell’animo contemporaneo, irriverente e rock. V.P.



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giorgio armani privé Luminose e colorate, le frange in cristallo decorano i corpetti, rivestono gli abiti da gran sera in leggerissimo tulle e incantano lo sguardo degli ospiti alla sfilata haute couture Giorgio Armani Privé per la prossima primavera estate. Nello spazio di place Vendôme, cuore di Parigi, stipato fino all’inverosimile, la nuova collezione è un viaggio nel mondo dell’Ikat, la tecnica di tessitura e tintura tipica di differenti culture orientali. Universi lontani si annodano così alla più sorprendente e artistica artigianalità per creazioni che alternano i colori sfumati delle nuvole a quelli pieni, i disegni dai contorni fluidi, i tessuti luminosi e sovrapposti. Eleganza e ricerca dell’armonia, sensualità, garbo, maestria. C.M.


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givenchy

Tailleur pantalone bianchi, abiti come vortici di petali in 3D e voluminose creazioni ispirate a scultoree corolle. Clare Waight Keller, direttore creativo della maison Givenchy, parte dai giardini per delineare la sua nuova - e con lo sguardo di oggi, ultima - collezione couture: “Giardini come metafore - scrive la designer britannica - Segnavia e segnali per le vite vissute, le amicizie coltivate, le stagioni passate”. Così, le rigogliose aiuole del castello di Sissinghurst nel Kent, dimora della poetessa e botanica inglese Vita Sackville-West, incontrano le profumate suggestioni dei frutteti di Monk’s House e Clos Fiorentina di Hubert de Givenchy. Mentre, in passerella nuvole di ruches rievocano la silhouette di garofani e di lunghi, quanto flessuosi, steli al vento. V.P.


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guo pei Mantelli cerimoniali in broccato, stratificazioni di organza con applicazioni di piume e ricami floreali in 3D, silhouette dalle maniche oversize ispirate ad antichi kimono e ad abiti tibetani. La couturier cinese Guo Pei scala le vette innevate dell’Himalaya, portando a Parigi un iperbolico universo estetico dalla sconfinata creatività e dall’impeccabile savoir-faire. “Da giovane, nel mio cuore, l’haute couture era come l’Himalaya, l’apice della piramide - racconta la stilista - La sfilata è la mia personale interpretazione di questo luogo misterioso e spiritualmente potente”. Una visione sottolineata dalla scenografia innevata ad arte e da accessori degni di una spedizione ad altissima quota, come i dopo sci in versione couture, sfoggiati sopra calze a rete bianchissime. V.P.



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iris van herpen Vaporose sfumature oceaniche, impresse su concettuali abiti scultura, fanno capolino tra le luminose interconnessioni neuronali, proiettate come scenografia durante il défilé della designer olandese Iris van Herpen. “Cerco di portare un senso vitale di trasformazione nelle mie creazioni - racconta la couturier nel backstage - Ed è difficile, perché abiti e tessuti non sono fatti per vivere, ma questo è il mio sogno supremo”. Una potente visione estetica che sublima e trascende la moda, trasformandola in una complessa esplorazione scientifica. Ventuno le silhouette, tra maglie e intrecci colorati che rievocano la geometria cellulare e le sue stratificazioni, ma anche le profondità marine, come le barriere coralline impresse in perfetto stile acquerello su abiti dalla costruzione liquida. V.P.


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La borghesia e le sue implicazioni estetiche, culturali e sociali come patrimonio condiviso, ma anche come sistema di valori e di codici da sovvertire. Riflette sul concetto di ribellione, nell’epoca della rivoluzione cyber-industriale, l’eclettico designer John Galliano per la couture co-ed di Maison Margiela Artisanal. Un estro incontenibile, espresso magistralmente su capispalla dalle cuciture rovesciate, abiti che accarezzano la silhouette, punteggiandola di tagli circolari e uno styling rivoluzionario dagli audaci accostamenti cromatici. Come quelle velette cosÏ borghesi, cosÏ bon ton, rieditate in chiave ribelle e cyber-punk. Sul fronte degli accessori, le iconiche Tabi si scoprono sportive nella versione lanciata in tandem con il brand Reebok. V.P.

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ralph &russo Sontuosi abiti a colonna color antracite, tinte pastello su fluttuanti creazioni ornate di piume, ma anche mini dress dai ricami floreali e abbaglianti tailleur pantalone. Riedita in chiave contemporanea le più celebri creazioni del suo archivio storico la maison Ralph & Russo, alias Tamara Ralph e Michael Russo, imprimendo al défilé un glamour ben rappresentato da una nuova generazione di star hollywoodiane. “Volevamo festeggiare il nostro percorso, ma anche mostrare una nuova direzione per il decennio appena iniziato - spiega Tamara Ralph dopo lo show - Ogni dettaglio appartiene alla nostra storia, che si tratti di ricami o silhouette”. Anche gli accessori sottolineano la grazia che aleggia sulla collezione, dai sandali con cinturino di piume alla caviglia ai fiocchi delle acconciature. V.P.



schiaparelli

Abiti a colonna in crêpe di seta nera dalla vertiginosa scollatura, tailleur doppiopetto blu notte con voluminosi drappeggi trasformati e sfoggiati a mo’ di cappuccio, ma anche vestiti in pelle cinti da grossi anelli dorati. E, ancora, vaporose creazioni in seta nelle delicate sfumature del nude. È un ideale estetico femminile dalla doppia anima, diurna e notturna, seduttrice e surrealista - come il dna della fondatrice della maison - quello presentato dal couturier, texano di nascita, Daniel Roseberry, per Schiaparelli. Nello spazio architettonico della Grande Verriére del Palais de Tokyo, il designer americano, alla guida creativa della maison solo dalla scorsa primavera, dimostra una maggiore confidenza con la couture di Casa “Schiap”: fantasiose e belle le silhouette degli abiti sfoggiati con impareggiabili accessori, capolavori di creatività e savoirfaire, un massimalismo estetico delle montature gold intorno agli occhi e i lunghi orecchini ispirati a Alberto Giacometti che traduceva la forma umana in una serie di linee poetiche. V.P.


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stéphane rolland Sono creazioni maestose e monumentali, fortemente ispirate a un ideale estetico che riporta in auge la classicità - storica, artistica e architettonica -, quelle scaturite dall’estro del couturier francese Stéphane Rolland. Candide tuniche in crêpe di seta, illuminate da ricami di cristalli, si alternano a tuxedo dress e jumpsuit avorio dai tagli a vista. In passerella, catturano sguardi e applausi anche i lunghi e fluttuanti abiti scultura con drappeggi nelle nuance del caramello e bouganville. Tra i capi più fotografati, il “Discobulos dress” con medaglione d’oro tempestato di diamanti e indossato al passo di sandali silver dal plateau importante, con cinturino alla caviglia. Insieme alla straordinaria creazione in blu cobalto portata regalmente in scena dalla modella e musa di Rolland, Nieves Alvarez. V.P.



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tony ward Linee infinite sui cerchi e sui diagrammi dei Mandala sono il fil rouge delle trentanove creazioni presentate da Tony Ward nella maestosa cornice del Palais de la Découverte. E il simbolo spirituale, immagine per eccellenza dell’harmonia mundi, viene reinterpretato con maestria sartoriale, geometrie dolci, colori brillanti, tessuti e dettagli sofisticati in “Revive”, una delle più emozionanti e complete collezioni realizzate fino ad ora dal couturier italolibanese. “Quando un diagramma cosmico ci ricorda la nostra relazione con l’infinito, quando, dopo aver colorato per ore e ore un Mandala, noi lo distruggiamo in un attimo, tutto sembra così importante e insignificante allo stesso tempo. E questo mi ha molto ispirato portandomi a guardare il mondo anche al di là e dentro i nostri corpi e la nostra anima”. Ad applaudire la collezione c’è anche Antonella Clerici, che, un mese dopo lo show, si presenterà su palco del Festival di Sanremo con un regale abito rosso fuoco, realizzato espressamente per lei da Tony Ward in evidente stato di grazia e in armonia con il mondo. Della moda e della musica. V.P.

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Piume e banconote impresse su organza e trasformate in avvolgenti capispalla o in vaporose maniche su lunghi abiti impreziositi di pailettes. Bicchieri e flute diventano inusuali stampe o stravaganti borsette da portare a mano, mentre l’eleganza e la sensualità felina del gatto fanno capolino su vezzosi accessori per capelli nelle ricercate acconciature dell’hair stylist Odile Gilbert. È una creatura ironica, maliziosa che ama godersi la vita tra feste, party e abbaglianti creazioni haute couture l’ideale estetico femminile presentato dalla stilista kazaka Ulyana Sergeenko. La collezione è un omaggio alla celebre pellicola What a Way to Go!, interpretata nel 1964 da Shirley MacLaine e a sua volta ispirata all’estrosa personalità della contessa Mona von Bismarck. A sfilare in passerella anche Dita von Teese e Ornella Muti. V.P.

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valentino Al netto della maestria artigianale e della cultura che accompagna ogni abito, nell’alta moda c’è sempre qualcosa di più e di magico. Qualcosa che ha a che vedere con l’inconscio e con l’idea del sogno, la stoffa della haute couture. Ce lo ricorda Pierpaolo Piccioli, saldamente al timone creativo di Valentino, con la sua nuova collezione: 74 pezzi che fluiscono liberi e all’apparenza senza sforzi, camuffando sapientemente ore e ore di lavoro in sartoria, nel segno di una couture che celebra il suo passato e di una storia che deve diventare parte del presente. C.M.


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viktor & rolf Nobilitare l’arte povera e la tecnica artigianale del patchwork - appannaggio in genere di un abbigliamento fai-da-te - per riassemblare vecchi scampoli di tessuti, prototipi e modelli d’archivio, trasformandoli in nuove creazioni haute couture. “Produrre meglio con meno” è il monito della sfilata presentata a Parigi dal duo creativo olandese Viktor & Rolf. Una collezione all’insegna del riuso e della sostenibilità, sottolineata da parole chiave come “dream” e “love”, sfoggiate sulla fronte, a mo’ di tatuaggio, dalle modelle. Cappelli in alluminio oversize si indossano su maxi abiti a balze o su mini dress sfilacciati ad arte. Anche le calzature sono in plastica vegana riciclata: a produrle è il marchio brasiliano Melissa. V.P.



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zuhair murad Donne divinità. Figure femminili capaci di lasciare il loro segno nella storia, per potenza e bellezza. Si ispira alle regine egiziane Nefertiti, Nefertari, Isis o Berenice lo stilista Zuhair Murad con la sua nuova collezione che, esplorando la grammatica del sacro, esprime anche un’eleganza timeless. E il senso del bello, che sempre e ovunque porta con sé qualcosa di magico, si affida ad abiti da cocktail con scollature incrociate, giacche dalle spalline grafiche, maestose e luminose creazioni da gran sera caratterizzate da motivi geometrici. I disegni e i ricami preziosi in cristalli colorati di simboli mistici come scarabei, gatti e fiori di loto si posano su tessuti broccati, tulle e mussola di seta, lurex e raso. Regali, come le donne che li ispirano, i colori della collezione: rosso vermiglio, turchese e un trionfo di creazioni giallo oro. Omaggio architettonico e sensuale al Dio Sole, ma anche a quell’esclusività di iperlusso dedicata alle happy few. V.P.




ROME

È la sostenibilità la parola d’ordine della nuova edizione di Altaroma, la manifestazione dedicata ormai solo al mondo dei giovani designer e allo scouting di nuovi talenti. Uscite, purtroppo, di scena le grandi case di moda che hanno contribuito a scrivere la storia della bellezza e dell’eleganza della Capitale, e non solo nel periodo della Dolce Vita, il calendario ufficiale si presenta molto, troppo asciugato, con pochi nomi di attrazione capaci di accendere la curiosità e

il valore dell’evento capitolino. Importante la presenza delle Accademie di Moda che a Roma vantano indirizzi prestigiosi, necessaria la partecipazione di alcuni ancora giovani designer cresciuti all’ombra del Cupolone, sempre bella la testimonianza degli stilisti stranieri nelle due sfilate-evento, dedicate alla moda internazionale. Mancano, però, le grandi sartorie e sembra latitare un vero progetto che possa ridare alla manifestazione lo smalto necessario, mentre si moltipli-

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cano le presentazioni e gli eventi autonomi, fuori calendario. Senza disturbare Giulio Cesare e la sua famosa frase “alea iacta est”, ovvero “il dado è tratto”, sembra davvero arrivato il punto di non ritorno per prendere la decisione su che cosa fare di questa manifestazione. Evitando, però, di scivolare nella commedia, tragedia, all’italiana, sul quel “famolo strano, ma famolo”, che ci piace pochissimo nella moda, ma tantissimo al cinema, con Carlo Verdone. C.M.

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Sustainability is the key word for the new edition of Altaroma, the event now dedicated only to the world of young designers and to scouting new talents. Unfortunately, the big fashion houses that had contributed to writing the Italian Capital’s history of beauty and elegance, not just in the period of the Dolce Vita, are now gone and the official calendar seems rather empty with just a few names to catch the eye and attract some curiosity lighting up the value of this Roman event. The presence of the Fashion

Alta Roma

Chapter V

Academies that boast prestigious addresses in Rome is an important one and that of some young designers, that have grown professionally in the city, is necessary, and then the testimony of foreign designers in the two event fashion shows, dedicated to international fashion, is always beautiful. However, the great tailoring names are missing, and there is no real project that could return the necessary importance to the event, while presentations and independent events, not included in the official calendar,

are multiplying. No need to disturb Julius Caesar with his famous phrase “alea iacta est”, which means “the die is cast”, the point of no return really seems to have been reached and it is time to decide on what road to take with this event. However, without trying to laugh of what is more a tragedy we may quote, in pure Italian style, “ famolo strano, ma famolo” (do it strange, but do it) that does not suit fashion well even if it works perfectly in the film from which it is taken by and with Carlo Verdone.

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giada curti “Tutto a un tratto non era più sicura di non averlo amato, solo che quell’amore non l’aveva visto, perché si era perso nella storia come acqua nella sabbia e lei lo ritrovava soltanto ora, nell’istante della musica sul mare.”, L’amante. Sono il capolavoro di Marguerite Duras e i colori e le atmosfere del film omonimo del 1992 di Jean-Jacques Annaud a ispirare Giada Curti per la P/E 2020. Una femminilità che rende omaggio all’arte della seduzione delle geishe, ai loro gesti, ai paesaggi dell’Indocina, alla forza dei sentimenti. “Un’eleganza impalpabile, una bellezza innocente e mai volgare - afferma la stilista - Come quella della protagonista del film, l’attrice inglese all’epoca appena diciannovenne Jane March”. F.I.


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31 creazioni per la P/E 2020 firmata Gian Paolo Zuccarello che prendono vita da una citazione del maestro Giovanni Boldini che fu pubblicata su Le Figaro: “Il gesto non è posa… I volumi sono moto e transizione. Le forme sono espressione che si modifica con il semplice tocco del loro essere veri”. È la Bella Époque, quel breve interludio in cui tutto era possibile, a scandire il ritmo della passerella, metafora di un dialogo immaginario tra la Marchesa Casati di Milano e Franca Florio, detta la regina di Palermo. Stile Liberty e atmosfere fine ’800 anche per i gioielli di Gaia Caramazza, pezzi unici creati in esclusiva, in argento bagnato oro. F.I.

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italo marseglia L’A/I 20-21 di Italo Marseglia è un safari attraverso i caldi ricordi d’infanzia che il designer, classe ’90, pupillo del maestro Sarli, ha vissuto a Vairano Patenora, in provincia di Caserta. Gli animali, sono un elemento ricorrente per Marseglia, che con questa nuova collezione dal titolo “Zoomantic” rende omaggio a due donne, due domatrici circensi del ’800, che, prime in un mondo di uomini, hanno lottato per affermarsi. Gli abiti, decorati con una nuova versione dell’iconico patchwork con stampa in sublimatica digitale su diversi supporti, come il tessuto ecosostenibile in alga e il pizzo in fibra naturale, se ne fanno metafora tra esagerazioni iper femminili e rigore sartoriale tipico del vestire maschile. F.I.


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morfosis Nel 2004 nasce Morfosis, il brand della fashion designer romana Alessandra Cappiello, un background di studi classici e un forte legame con l’arte, grazie anche alla nonna pittrice Anna Grauso, che la portano a concepire l’abito come sintesi perfetta tra ispirazione e indossabilità. Per l’A/I 20-21, il rigore delle linee si addolcisce nelle forme sinuose, la ricerca del dettaglio e i tessuti preziosi caratterizzano una collezione declinata in cappotti oversize, completi giacca pantalone e long dress femminili, attuali, incisivi, che cercano lo straordinario nell’apparente ordinarietà. F.I.


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sabrina persechino Il mistero della città dell’antica Roma Tellenae, il cui sito ancora non è stato identificato, ha affascinato la stilista-architetto Sabrina Persechino per la P/E 2020. La suddivisione geometrica delle città dell’esercito romano è il fil rouge di una collezione che si caratterizza per le silhouette rigorose e lineari, questa volta ancora di più, dalla forte impronta architettonica, a sottolineare il legame con il mondo del design. Trame e orditi così come le maglie metalliche in acciaio e rame, per le quali fabbri e carpentieri presi in prestito dai cantieri della Persechino hanno affiancato le sarte dell’atelier, sono stati disegnati con programmi di grafica vettoriale e poi incisi con il laser per ricamare nuovi pizzi dal sapore contemporaneo. Anche la palette richiama i palazzi della Roma antica, attraverso gli intonaci sbiaditi e romantici nelle tinte del rosa quarzo e del rame. F.I.


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Il processo di ricerca che accompagna Sylvio Giardina nello sviluppo delle collezioni è sempre intimamente connesso all’arte. Così, il designer, nato a Parigi, ma di origini siciliane, che dopo aver iniziato nell’atelier Gattinoni e aver fondato il marchio Grimaldi Giardina, prosegue nella nuova avventura del suo personale brand Sylvio Giardina, predilige un metodo espositivo interattivo, come la performance o il tableau vivant, attraverso cui presenta le linee guida del suo approccio alla moda. “Dark Celebration” è il progetto per la P/E 2020: dodici look che narrano di un tempo passato, dalla sensualità potente nonostante i tagli rigorosi, in scena in uno spettacolo teatrale e coinvolgente. F.I.

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VINCENZO DASCANIO Non solo fiori, ma anche fragranze, colori, suoni e luci sono le componenti che Vincenzo Dascanio utilizza per creare eventi unici. Il suo motto è “il vostro amore merita tutto l’amore” e i suoi allestimenti nuziali sono, infatti, sempre mozzafiato e con un tocco immediatamente riconoscibile per la capacità di coniugare i desideri personali degli sposi con la tradizione del made in Italy. Alla storica sede di Milano si affianca lo studio di Como, posizionato proprio in uno dei luoghi preferiti anche dagli stranieri come location per un indimenticabile matrimonio.


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ISABELLA FLOWER DESIGN “Il mio negozio e i miei fiori sono espressione di passione e delicatezza, del desiderio di portare qualcosa di bello nella mia città e nella vita quotidiana delle persone che passano da me, è condivisione e rispetto, esperienza e felicità”: così descrive il suo lavoro Isabella che nel centro storico di Monza ha la sua boutique floreale, punto di riferimento per le coppie, ma anche per le wedding planner. Isabella segue il percorso della preparazione delle nozze dal primo incontro per conoscere i gusti e le esigenze della sposa fino al gran giorno del sì.


F l o w e r

TEAROSE Dal 1994 un nome che significa allestimenti floreali nel segno dell’eleganza. Alessandra Rovati Vitali con il suo estro e la sua creatività realizza composizioni che sono vere e proprie opere d’arte. Coadiuvata da quello che lei chiama Tea(m)rose, un’équipe

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che con i materiali più singolari come con quelli più semplici riesce a soddisfare qualsiasi richiesta. Per gli addobbi floreali nuziali si può scegliere lo stile classico, country, botanic, urban e anche ispirazioni dalla nostra bella Italia: Amalfi coast, Italian castle, Italian lake e Tuscany.

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il momento piu' dolce


C a k e

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SWEETLY Significativo il sottotitolo del loro sito: la ciliegina sulla torta. E la wedding cake è proprio il tocco finale di quel giorno speciale che è il matrimonio. Questo laboratorio dolciario milanese è specializzato nella creazione di torte e dolci per eventi importanti, realizzati con ingredienti di qualità e un servizio esclusivo. Le loro creazioni in Sugar Art sono pensate per regalare emozioni, coniugando la tradizione dolciaria italiana ed europea con il design e la creatività: pura soddisfazione per occhio e palato. E la soddisfazione arriva anche per Sweetly, che raccoglie gli ordini di personaggi noti dello spettacolo conquistati dall’originalità delle creazioni, come la torta che sembra una bistecca alla fiorentina o quella a forma di chitarra.


C a k e

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MUFFINWORLD Folgorata a Londra dal cake design, Monica Liguori inizia a frequentare corsi di formazione sia in Italia che in Inghilterra, fino a diventare insegnante lei stessa e successivamente ad aprire Muffinworld, un piccolo negozio con laboratorio artigianale a Milano. Le torte decorate sono preparate con ingredienti genuini, di prima qualitĂ e su richiesta anche biologici. E per quanto riguarda le wedding cake decorate con pasta di zucchero, una base scelta dagli sposi tra quelle del menu viene farcita con cremosi strati di ganache al cioccolato o con vellutate creme, glassata e ricoperta. Ognuno compone la sua torta a piacere.


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NADIA & CO. ART & PASTRY Ispirata dall’arte e dalla pasticceria, Nadia Colella crea wedding cake che sono davvero una gioia per gli occhi oltre che per il palato. Proveniente da una famiglia di origini italiane, il suo laboratorio è però in Canada, a Toronto, dove è diventata un punto di riferimento per le future spose. Quello che distingue le sue torte, oltre naturalmente alla qualità degli ingredienti, è l’aspetto estetico che le rende subito riconoscibili, perché Nadia è una pittrice e quindi le sue realizzazioni sono opere d’arte con il pregio dell’esclusività perché non può essercene una uguale all’altra.


RITORNO AL FUTURO Una nuova meta per sposi con spirito globetrotter: l’Arabia Saudita


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Universalmente conosciuta e sogno dei grandi viaggiatori, Petra non è l’unico gioiello della civiltà nabatea. Oggi sono visitabili anche i siti archeologici dell’Arabia Saudita, nazione che ormai si è aperta

al turismo internazionale e che racchiude bellezze insospettabili. Come Alula, protetta dall’Unesco, a circa 300 chilometri da Medina nel cuore del deserto, dove affiorano le testimonianze di popola-

zioni vissute 200000 anni fa, ma anche i ricordi delle gesta di Lawrence d’Arabia nel secolo scorso. Anche la “old town” fondata dopo l’avvento dell’Islam nel VII secolo e abitata ininterrottamente fino agli anni

Nella pagina a fianco, panorama di Alula. Sopra, Shaden Resort ad Alula.

Ottanta del secolo scorso con i suoi vicoli e le sue case in mattoni di fango ha un fascino irresistibile; come i graffiti sulle rocce che rappresentano una vera e propria biblioteca a cielo aperto e sono im-

prescindibili per lo studio dello sviluppo delle diverse lingue parlate in questo luogo che rappresentava una tappa fondamentale lungo la via dell’incenso. Ma non soltanto storia e arte sono protagoniste:

qui la natura mostra meraviglie forgiate dal vento e dal trascorrere del tempo, come la roccia a forma di elefante, i canyon e gli uadi tipici delle zone desertiche. Tante le attività che si possono scegliere


Ashar Resort. Nella pagina a fianco, in mongolfiera sulle splendide formazioni rocciose di Alula.

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per esplorare questo patrimonio unico: dalle classiche gite a dorso di cammello o cavallo alle corse tra le dune con le jeep, fino al volo in mongolfiera che permette di godere

da un punto di vista privilegiato le bellezze della località. Una meta nuova e alternativa per il viaggio di nozze, quindi, anche perché ad Alula sono state costruite strutture presti-

giose, che ben si adattano all’atmosfera esclusiva indispensabile in questa occasione. “Ashar Resort” è costituito da ville e da tende, che consentono di assaporare la magica at-

mosfera del deserto con il comfort di un hotel a cinque stelle. Non mancano, infatti, l’assistenza di un maggiordomo e la possibi-

lità di frequentare un centro benessere. “Shaden Resort” ha diverse tipologie di camere e suite ed è dotato di piscina, ristoran-

te, spa e palestra. Saranno indimenticabili le notti trascorse nel silenzio assoluto del deserto e sotto un cielo di stelle infinito.


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IL FASCINO DELLE VETTE

In Alto Adige per una luna di miele green e lontana dalla folla

Perfetto per una fuga romantica, nel momento particolare che stiamo vivendo può diventare anche la meta ideale della luna di miele. Oggi che la montagna sembra essere in cima ai desideri degli italiani per le prossime vacanze, lo splendido Alto Adige può essere il viaggio di nozze

che non ci si sarebbe mai aspettati. Tra le sue bellezze spicca la Val Venosta, il cui simbolo è il campanile sommerso nel lago di Resia, fotografatissimo e suggestivo anche se in realtà ricorda il triste evento dell’allagamento della valle in seguito alla costruzione di una diga; ma qui


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il protagonista assoluto è il parco nazionale dello Stelvio, dove si possono fare tante bellissime passeggiate, mentre per i più sportivi ecco la pista ciclabile dell’Adige lunga ben 80 chilometri. Imperdibile anche il borgo medievale di Glorenza, la più piccola città d’Italia, dove sembra di fare un salto indietro nel tempo di mille anni. A Laces, l’hotel Mein Matillhof,

ma in particolare la dimora storica collegata “Il castelletto”, è la scelta giusta per una coppia: costruito 900 anni fa, unisce il fascino della storia al comfort della modernità. Sembra proprio pensata per la prima notte di nozze la Suite Schloss Montani: con il letto a baldacchino circondato da splendide pannellature del XV secolo, le volte a crociera del soffitto, i pa-

vimenti in legno e marmo di Lasa, la stufa in maiolica anch’essa quattrocentesca. Gli ospiti del Castelletto possono prenotare la colazione o la cena in suite, ma è consigliabile anche un tavolo romantico preparato con candele e rose fresche nella magnifica Stube Josephi, rivestita con boiserie del XIV secolo. E infine imperdibile la spa privata del Castel-


L’hotel Mein Matillhof a Laces, in Val Venosta.

letto, una romantica area wellness per trascorrere in coppia ore dedicate al piacere dei sensi, nella privacy più esclusiva. Un esempio di trattamento? 1 profumato peeling di coppia con sale ai fiori, 1 bagno di coppia ai petali di rosa con bicchiere di champagne alle rose, 1 massaggio agli olii aromatici per tut-

to il corpo. Se si preferisce un’atmosfera orientale, il pacchetto “Ayurveda alpino” comprende: pediluvio nella tinozza di legno con erbe aromatiche e co n te m p o r a n e a m e n te massaggio ayurvedico a testa e nuca, massaggio ayurvedico corpo con olio caldo di sesamo, riposo sul letto a baldacchino 81

con dolcetti, una tazza di tè e suoni indiani; mentre “Gita ai Caraibi” propone: bagno con fiori ed essenze speciali accompagnato da un cocktail a scelta, massaggio hawaiano Lomi Lomi Nui con olii di cocco e musica caraibica, riposo sul letto a baldacchino con dolci frutti a lume di candela.


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INDIANA JONES AI CARAIBI

Tra mare cristallino e piramidi precolombiane un Paese tutto da scoprire: il Belize

South Water Caye. Nella pagina a fianco, il sito archeologico di Lamanai.

Se il mondo è cambiato, il turismo lo è ancora di più e anche per il viaggio di nozze oggi si è in cerca di mete alternative. Il primo requisito che qualsiasi viaggiatore richiede è sicuramente la lontananza dalla folla: per questo obiettivo un Paese ideale potrebbe essere il Belize. Situato geograficamente nel Centro America (guai da queste parti a chiamarli sudamericani), è affacciato sul Mar dei Caraibi,

ovvero uno dei luoghi più ambiti per vacanze da sogno, ma è poco conosciuto e frequentato, a differenza di tante isole e spiagge super gettonate. Un’altra esigenza fondamentale per una luna di miele in completo relax è la sicurezza e anche in questo caso il Belize ha tutti i requisiti: rappresenta, infatti, un esempio di tolleranza religiosa e convivenza pacifica di etnie diverse, poiché qui nel corso dei se-


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coli si sono stratificati tanti popoli e civiltà che hanno portato il loro contributo a una cultura multietnica. Il periodo migliore per visitare questa nazione va da gennaio a maggio, quando il clima non è così caldo e non si corre il pericolo di incontrare uragani. Se la maggior parte dei visitatori che scelgono questa insolita meta è alla ricerca di sabbia candida e mare

trasparente, non si deve dimenticare che qui è fiorita la civiltà Maya e ha lasciato splendide vestigia. Non lontano da Belize City, il sito precolombiano di Altun Ha, con i suoi 13 templi dalla cima dei quali si gode di un’impareggiabile vista sulla giungla, è anche il luogo del ritrovamento della Maschera di giada, il più grande manufatto realizzato in questo pre-

zioso materiale. Il più famoso tra i siti archeologici è, però, Caracol, una città che ai tempi dei Maya era grande il doppio dell’attuale capitale del Belize. Oggi il suo fascino risiede soprattutto nell’essere completamente immersa nella lussureggiante vegetazione tropicale. I Maya hanno lasciato le loro tracce anche ad Actun Tunichil Muknal, un sistema di

Great Blue Hole. Nella pagina a fianco, il parco naturale di Bacalar Chico e il sito archeologico di Altun Ha.


grotte che molti esperti ritengono le più belle del mondo: non sono molto facili da affrontare, soprattutto per chi soffre di claustrofobia e non apprezza la vicinanza di animali come i ragni, ma valgono sicuramente il viaggio. E per tornare al

mare, è poco noto che la barriera corallina del Belize è la più lunga al mondo dopo quella australiana e questo ne fa un paradiso per gli appassionati di immersioni. Tra le meraviglie da esplorare è il Great Blue Hole, una depressio-

ne perfettamente tonda che raggiunge i 300 metri di profondità creando così un contrasto tra le sue acque di un intenso color zaffiro e le circostanti più chiare, un fenomeno così bello da essere stato dichiarato patrimonio dell’Umanità.


B PE AA RU I TS Y

BEFORE MARRIAGE

In senso orario. Shiseido. Un viso più luminoso dopo soltanto una settimana di trattamento con il siero che esalta qualsiasi carnagione. La Prairie. Una perla di ceramica favorisce l’applicazione della crema contorno occhi a base di estratto di caviale dorato. Chanel. I grani di vaniglia garantiscono una dolce esfoliazione e rendono l’epidermide perfettamente morbida e liscia. Caudalie. Tonificante e rassodante la crema per il corpo con estratto di iris e polifenoli di vinaccioli d’uva antiossidanti. Estée Lauder. Il siero per la riparazione cutanea notturna grazie all’avanzata tecnologia distende la pelle e rende il viso radioso. 78


e nt ta a ra a id a l fum ne ng ro io lu e p . az ro n , p -up osa Co te ke i r s. an a d in sc m e ar re el o Cl rinf a d elm e rat mp du po di

Gi or te g xt ur liqu io A e le ido rm di gg p an sp e riv i. on ris o Il f Ti ib sim di on ffa ile a ol do n in e ii e tin cr e y & em p 40 se da ta C r a ofu o. to tosa lla pe m Pe na è r i at r u lità l . fra co a tu na gr rpo tto pe an d il lle za all gi l di a d orn iscia iri el o s n ic la ob ata le . Fi sÊ lorg ch lo a. co e c stic Da n or k po un re pe rt ge gg r il are st e b co se Cl o. o n m le iniq rs to p e rn re pe an ue e o t . oc oc con in lle ies St gr il te ud ch ch ed fo tic ia iai i n ie he to e d nt ot p m e i a in nt ta acc r na io liq h ss u ie sco id id de n d an o ti. a b lla ere as e di

W D ED A D Y IN G

B E A U T Y


m Co a lli lu stra star cid o . I m pr o il rdin pa re o-c gl ari lp nd o os am ab e llag s c e ile le o n lab ene n u te n ca bra che rn pi os ù e.

P ER FE LI C P T S C Y m han Vo SL B le and el. vig o Pi m lup ea or té u at rla gm g t e e a e m bide ren é. L nt e l e ’ m da gn i u a , pr de icon l c o ltra di o le ic ol di -fi co po la o or s n lo ne bb Ro e ap i u ri. nd ra u in an ni ge te t o i b ns cre a r un ill o. a oli a an no o va ti d st e lab i a br a o a m os lsa il r ba . to il lose ngo al a ris br go a in lab e di m te le he o et el sc urr . M d fre n b or ale à Di tur alit co na ton hito in ricc ar

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La nc ôm rim po e e. lp rin Un an fr te es bals pe ca am r l nte o ab c c br on olo in a s eff rat 10 en e o to su tto na al lità i, .

B E A U T Y


B E A U T Y

INTENSE LOOK

In senso orario. Tom Ford. Quattro nuance per ogni confezione di ombretti della collezione “Soleil Neige” dal brillante effetto metallizzato. Collistar. Ombretto waterproof dalla lunga tenuta e dalla facilissima stesura grazie alla pratica forma a stilo. Givenchy. Sopracciglia dalla linea perfetta con il gel fissante traslucido da applicare con la speciale spazzola incurvata. Chanel. L’ombretto cremoso si stende su tutta la palpebra oppure soltanto in un piccolo tocco per donare luminosità. Clarins. Volumizza, allunga, incurva e definisce: le quattro proprietà del mascara all in one per uno sguardo intenso.


F R A G R A N C E S

UNFORGETTABLE

In senso orario. Chanel. L’essenza della fragranza è la tuberosa di Grasse, coltivata soltanto per la maison ed estratta con un procedimento esclusivo, accanto ai fiori d’arancio della Tunisia. Chloé. Il profumo romantico per antonomasia ha già compiuto dieci anni e rimane un classico per avvolgere di una fragranza indimenticabile la sposa il giorno del matrimonio. Salvatore Ferragamo. “Quando è innamorata ogni ragazza sboccia come un fiore”: è il claim di questo profumo che viaggia sulle note dei fiori di ciliegio e di gelsomino. Jo Malone. Per personalizzare il ricevimento nuziale si può scegliere la stessa fragranza per il profumo della sposa e per le candele da disporre sui tavoli.


F R A G R A N C E S

UNFORGETTABLE In senso orario. Issey Miyake. Un raggio di sole che si riflette sull’acqua: questa la fonte di ispirazione per un profumo che nelle sue note olfattive racchiude la fragranza dei fiori di loto. YSL. È dedicato alla città dell’amore “Mon Paris”, che nella versione Intensément è ricco soprattutto di note fruttate, dai frutti di bosco alla pera, dall’arancia al bergamotto. Givenchy. Il fascino del proibito, come racconta il nome di questo profumo, “L’interdit”, per una fragranza che mixa sapientemente i fiori bianchi e le misteriose note di fondo. Guerlain. Dedicata alla donna più bella del mondo, Angelina Jolie, la fragranza perfetta per far sentire la sposa un’irresistibile diva di Hollywood almeno per un giorno.


F E D I

Polello


W E D D I N G

B A N D S

Boucheron


W E D D I N G

B A N D S

Unoaerre


F E D I

Cartier


Haute Couture Paris


Iris van Herpen


alexis mabille


P A R I S

antonio grimaldi


chanel

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dior haute couture

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P A R I S

elie saab 82


P A R I S

georges hobeika


givenchy

P A R I S


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iris van herpen


P A R I S

jean paul gaultier


stĂŠphane rolland


P A R I S

tony ward


a d d r e s s e s

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