Brainstorming Ottobre 2014

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n giorno di pioggia, non sai cosa fare. All'improvviso ti viene in mente quell'album di fotografie; un po' impolverato perché lo guardi troppo raramente. Lo prendi, ti metti nel letto e inizi a sfogliare. La prima foto riguardata proprio te, quando eri solo una bambina… paffutella con quel sorriso che metteva allegria a tutti; quei occhi che ti sorprendono non riesci a credere che siano tuoi. Sono troppo belli e poi possiedono qualcosa che ora non ti appartiene più. Si tratta della speranza e dell’innocenza pura, quella che solo i bambini possiedono. Loro sono ignari del male che li circonda, non conoscono ancora il lato oscuro della vita. Quando si è bambini tutto è più semplice. Te ne stai ore e ore a giocare, nel giardino di casa, corri senza mai stancarti, giochi con il fratellone che ti dà sempre noia. Quando si è piccoli non si vede l’ora che sia domenica per andare a pranzo dai nonni per poi restartene in casa tutto il pomeriggio a farti raccontare le storie della loro vita. Quando si è bambini non si hanno grandissimi problemi da affrontare; giusto qualche piccolezza. Magari sei invidiosa della bambola che hanno regalato alla tua cuginetta, mentre a te ti hanno fatto un vestitino che detesti. Quando sei piccola vedi i maschietti come il tuo peggior nemico; loro ti fanno schifo e non sai nemmeno il perché. Quando si è bambini, non si vede l’ora di diventare grandi. Giochi a fare la donna mettendoti le scarpe della mamma e usando i suoi trucchi, o a fare l’uomo spalmandoti la schiuma da barba di papà in faccia!! Quando si è piccoli, la sera di natale è un momento magico; scarti i tuoi regali sperando di trovare quello che hai chiesto e sempre la sera di natale, quando i grandi giocano a carte tu ti rifugi in un angolino con un fazzolettino bagnato e ti tamponi gli occhi perché il fumo delle sigarette te li fa bruciare.

L'ultimo dell'anno invece insisti per avere un goccino di spumante e appena bagni le labbra senti i brividi nella schiena e fai quella faccia schifata che fa ridere tutti. Poi vai nel cortile di casa e ammiri i fuochi, ma con le orecchie tappate perché il rumore è troppo forte e ti spaventa. Poi cresci e iniziano le prime discussioni con le amiche; inizi a diventare più disobbediente e a essere più odiosa. Vuoi essere indipendente; all’età di 11 anni già ti senti grande solo perché vai alle medie. Inizi ad avere i primi complessi a livello estetico. Ti senti grassa, inizi a non mangiare facendo incazzare papa e mamma; inizi a vederti brutta. Allora usi per la prima volta quella matita per gli occhi che hai trovato su "cioè"; ti ci vedi bene, ti senti più grande. Poi i capelli non ti vanno più bene e decidi di fare delle mèche piuttosto assurde, se ci ripensi adesso. Gli anni delle medie passano tra discussioni, tinte e prime cottarelle. Si avvicina sempre di più il primo anno delle superiori. Vivi la cosa come un dramma. Allora decidi di cambiare il tuo look: tagli i capelli e cambi il tuo modo di vestire. Arriverà il momento in cui ti innamorerai del ragazzo del quarto anno, forse il più bello di tutti, quello che tutte vogliono, quello irraggiungibile. Finalmente troverai il coraggio di parlargli e (nemmeno tu sai come) diventate amici. Ecco che i ragazzi non sono più il tuo peggior nemico, diventano ora oggetto di desiderio. Tu diventi una sorta di predatrice. Hai questo forte desiderio di averli e di farli tutti tuoi; allora abbondi col trucco col profumo e con le scollature per tentarli; li vuoi a tutti i costi forse per farti figa davanti alle altre amiche o forse perché hai bisogno d'amore. Arriverà poi il momento che un ragazzo ti deluderà e ti farà star male. Allora tu dietro alle macchine dell'autoscontro, della festa del tuo paese, fai il primo tiro di sigaretta. Non sai nemmeno tu il perché, ma ti convinci che ti fa bene; e allora ogni sera scrocchi una sigaretta al tuo amico, tossendo un po’ a ogni tiro; ma dopo qualche giorno tutto passa. Hai imparato 5


a fumare e compri il tuo primo pacchetto di sigarette che ti dura più di una settimana. Poi esci dove esce lui "il tuo amato" e l'agitazione sale così aumenti fino a che fumi 4 o 5 sigarette al giorno; che poi diventeranno 10 e sempre di più. Poi compi 15 anni. Ti convinci di essere abbastanza grande per bere qualcosa di alcolico, e poi hai ancora in testa quel ragazzo. Stai, ancora troppo male e allora cerchi un rimedio per scordarlo. Inizi con una birretta o un semplice Bacardi. Poi, sera dopo sera, prendi cose sempre più pesanti: sambuca, vodka, tequila bum bum, cocktail, ecc. Ti prendi le prime sbandate. Poi, passerà un periodo spensierato, in qui tutto fila liscio, stai finalmente bene. Ti fanno ancora compagnia la tua birretta e le tue Marlboro. Ma sai che tutto ciò durerà poco. Infatti a 16 anni ti capiterà di essere lasciata dal tuo fidanzato, di perdere un'amica o un amico e allora ricadi un baratro. Con un po' di imbarazzo vai da quel ragazzo, con i pantaloni troppo larghi per uno secco come lui. Porta la felpa con il cappuccio in testa, quasi come se volesse nascondersi. Vai da lui e gli chiedi l’erba. Ancora con più imbarazzo gli chiedi se ti può rollare una canna, perché tu non ne sei capace. Allora, una sera, quando si fa buio, esci di casa da sola e vai in quel posto dove non ci sta mai nessuno. Accendi la tua canna. Quasi soffochi dopo il primo tiro, troppo lungo. Inizia l’assuefazione e ti senti bene. La testa inizia a girare e ti si annebbia un po' la vista. Torni a casa con il cappuccio del giacchetto in testa; barcolli per la strada. Rientri in casa più silenziosamente di un ladro e ti tuffi nel letto e quasi non senti più il tuo corpo. Chiudi gli occhi e la mattina, quando ti svegli, percepisci un leggero mal di testa. Ti è piaciuto quello che hai fatto la sera prima e decidi che tornerai di nuovo da quel ragazzo. Il sabato sera quando esci ti porti via un bel po' di soldi che spenderai in alcool, per poter dimenticare gli amici o il ragazzo persi. Inizi a bere con un amico e poi vai nel retro del pub e ti rolli una canna; questa volta da sola, perché ormai hai imparato. Quando ti svegli ti ritrovi nel tuo letto, senza nemmeno sapere come ci sei arrivata. Non ricordi cosa hai fatto. Allora chiami la tua amica e ti fai raccontare cosa è successo. Stavi male e non ti reggevi in piedi, hai baciato il tuo amico, hai messo in imbarazzo le persone che erano

con te. Allora ti riprometti che non ti ridurrai mai più in quelle condizioni. Il sabato dopo sei in discoteca e ti prenoti un tavolo, così potrai bere di più. Inizi a bere per caricarti, e arrivi ad un punto in cui i tuoi amici ti ingozzano l’alcool. Non riesci più nemmeno a stare seduta. In quelle condizioni, passi l’erba al tuo amico, perché tu non ce la fai a rollarti una canna. Inizi a fumare sdraiata nel divanetto della discoteca. Là dentro ci sono tanti ragazzi nelle tue stesse condizioni. Poi bevi e bevi, fino a che non diventi un oggetto. I maschi si approfittano di te. Molti di loro sono completamente fatti. Le tue amiche cercano di levarti dalla mane altri bicchieri pieni zeppi di alcool e si incazzano con il vostro amico che ti passa un'altra canna. Il giorno dopo stessa storia. Non ricordi niente. Questa volta stai malissimo. Ti senti uno schifo per 3 /4 giorni. Nonostante questo non smetterai. L’erba, il fumo, l’alcool, il rumore delle discoteche, lo sballo, ti permettono di NON affrontare i tuoi demoni, le tue paure. Pensi di stare bene, e invece sei vuota dentro Hai perso tutta la tua innocenza. Non ti rendi conto che così, stai perdendo anche la tua vita. Richiudi l'album delle fotografie. Ti vai a preparare. Sono le 23.00 prendi i soldi, l'erba. Ed esci.

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a miglior cosa da fare dopo un test d’ingresso è allontanarsi dall’infausto luogo e dedicarsi qualcosa che era stato rimandato perché troppo impegnati a recuperare nozioni apprese negli ultimi tre anni di università. Mi sono così ritrovata a Palazzo Strozzi, sede della mostra “Picasso e la modernità spagnola”. La mostra presenta una selezione di opere del famoso pittore e le mette in relazione con dipinti di altri importanti artisti spagnoli tra cui Salvador Dalì e Juan Mirò. Lungo il percorso trovo tra gli altri “Arlecchino” di Dalì e “Dipinto” di Mirò. Nel testo sottostante che riporta la descrizione e la spiegazione dell’opera mi salta all’occhio quello che è uno dei nomi più familiari e significativi per uno studente di psicologia, ovvero quello di Freud. I due pittori sopracitati sono esponenti del surrealismo e quando si parla di surrealismo non si può non parlare di Sigmund Freud.

civiltà moderna e decise quindi di fondare questo nuovo movimento. “Surrealismo, n.m. Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”

Ai surrealisti interessa far emergere l’io sepolto nella mente umana e per fare questo bisogna rinunciare a quello che Freud chiamava Superio ovvero il giudice e colui che determina i principi etici a cui l’Io deve sottostare. Essi cercano di manifestare l’inconscio attraverso il sogno, che diventa oggetto di analisi e discussione, e prende vita sotto forma di opera d’arte. Il sogno per Freud è infatti la rappresentazione di un desiderio inammissibile e quindi rimosso; esso ha un contenuto manifesto (trama, scenario, personaggi sognati) e un contenuto latente, ovvero i desideri e le dinamiche inconsce che posso essere individuate con un’azione di smascheramento che utilizza le libere associazioni. E’ proprio da questo concetto che Breton ha preso spunto per elaborare l’automatismo psichico. Con il surrealismo l’arte non vuole più imitare la natura, ma rappresentare l’interiorità dell’uomo; essa diventa un mezzo per rappresentare il regno dell’inconscio. Al contrario di quello che si più immaginare però l’arte surrealista rappresenta oggetti e figure della vita comune e attinge ad un codice linguistico “reale” sebbene il risultato siano oggetti strani, onirici e visionari.

Il movimento ebbe come principale teorico il poeta Andrè Breton, egli si iscrisse a medicina e lavorò in un ospedale psichiatrico che ospitava i soldati impazziti durante la grande guerra. Qui Breton inizia ad interessarsi ai problemi psichiatrici e alla mente umana e sempre qui nasce il concetto di surrealismo. “Il tempo trascorso in quel luogo, e l’attenzione con la quale studiavo ciò che stava accadendo, hanno contato immensamente nella mia vita e hanno avuto sicuramente un’influenza decisiva sul mio modo di pensare.” Breton, dopo la lettura de “L’interpretazione dei sogni” di Freud giunse alla conclusione che l’inconscio avesse avuto poco spazio nella 7


olfgang Amadeus Mozart (Joannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart) è stato un genio, un compositore di massimo livello le cui capacità vengono tutt'ora decantate ed apprezzate; uno di quelli il cui nome è tra i "Grandi" della musica. Tutte queste lodi sono giustificate dalla sua immensa intelligenza e velocità di elaborazione, nonché dalla sua "abilità innata", l'orecchio assoluto. La sua incredibile capacità di riconoscere qualsiasi nota musicale, qualsiasi armonia, l'ha iniziato ad una vita da compositore dall'età di 5 anni, con il primo concerto. Opere come "Il ratto dal serraglio", "Le nozze di Figaro", "il Don Giovanni" ed il "Requiem" (quest'ultima da me molto apprezzata) sono tra le più belle e significative sia dal punto di vista stilistico che da quello politico-sociale. Insomma, un genio assoluto in tutto e per tutto, se non fosse, a mio parere, per l'unica mancanza che lo caratterizza: l'assenza di pura emozione. Ogni opera da lui composta è un esempio di perfezione stilistica priva non di espressività, ma di espressione della sua emozione più intima. La vita di Mozart è stata un travaglio che si dice lo portò ad uno stato depressivo, a causa della sua situazione finanziaria e non solo. Questo aspetto della sua vita che si riversava nella sua emotività non trapela dalle sue opere, che venivano adattate all'espressività che gli si addiceva, sacra come nell' "Ave verum corpus" o drammatica nel "Don Giovanni". L'arte del comporre non è legata unicamente al saper armonizzare un paio di note, ma è un'espressione dell'anima del compositore. Esso deve riuscire a trasmettere l'emozione nella sua interezza, quella che più caratterizza il suo stato d'animo, la sua più intima essenza; deve riuscire, attraverso l'armonia delle note, a descrivere paesaggi inimmaginabili, luoghi che solo chi carpisce i segreti di quelle note può raggiungere. Questo è il vero compositore... e

questo è stato Sergej Vasil'evič Rachmaninoff. La sua musica è caratterizzata dall'introspezione psicologica e dall'imponenza armonica; è tale da far innalzare il tuo spirito ad un'immensa gioia o di farlo sprofondare in un abisso di angoscia. La musica comunica con il tuo spirito, ne tocca il punto più profondo per poi inondarlo con le più disparate ed intense emozioni, l'Armonia nel Caos. La composizione de "Il Principe Rostislav" è il primo sentore della perfezione che poi verrà espressa nel suo capolavoro, il Concerto per Pianoforte ed Orchestra n°3 opera 30, dai più conosciuto come il "Rach 3". L'elaborazione armonica è monumentale, raggiunge i più alti livelli di espressione in un miscuglio folle di voci, ma allo stesso tempo strutturalmente impeccabile. Dal primo all'ultimo secondo le note entrano in armonia con la tua essenza, facendoti vivere 40 minuti di pura emozione.

Non sono meravigliosi questi succulenti accordi?! [...] Lascia che ti esca dal cuore la musica, è da li che proviene. (tratto da "Shine", 1996).

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arissimo telespettatore, carissima telespettatrice, speakers, reporters, stuntmen, anchormen al vostro servizio! L'uomo vitruviano, sì, quello dell'euro, siate uguali, siate perfetti, siate te-le-ge-ni-ci! Quant'è bella giovinezza, non volete più invecchiare! Drink'n'eat'nget up'n'jump'n'hump de bump!Sole, cuore, fluoro, amore! Succede solo alla TiVi, come la chiama un famoso Omero della televisione, Omero Simpson, calvo, alcolizzato, stupido, violento. Un eroe, insomma! Siate omologati, mi raccomando! E ora 30 secondi di spot, non cambiate canale!

diventate qualcosa essendo qualunque. Ma... guai ai DIVERSI! Feccia sociale, pària barbosa! Caro telespettatore, ora ti vengo vicino al cuore, come stai tu mi dici, e io ti do tanti amici!... Ecco, lo sapevo... depresso, astenico. Colpa dello stress, del tram-tram, del via vai, del brum-brum, del vai via, della testa del boom! Non vuoi essere più fiacco, spossato, avvilito, prostrato? Io ti offro l'uguaglianza, basta che tu allunghi la mano, tutto ti sarà dato... che bella la conquista facile, tutto al costo di niente, inf.x0, prendi l'infinito paghi zero, come si scrive negli ultramercati! L'unica cosa che devi fare è scordare te stesso... Buon proseguimento di serata, ci vediamo domani, restate sintonizzati su questo canale!

SPOT >> Se compri la macchina, il sesso è garantito! Il liquore, fonte di successo!

*FINE TRASMISSIONE*

Per una grande parete, non un pennello grande, ma un grande pennello! Usa il pennello!

-Mefistofele! Che stai facendo?!-

A Natale, a Natale, si può dare di più, per il pandoro!

--Oh signor Asmodeo, Re degli Inferni! Non avevo intenzione alcuna di recar danno alle schiere diaboliche!--

FINE SPOT Bentornati, telespettatori! Dicevano? Ah sì! Se non siete omologati, siete esclusi! Falliti, fallati, fallosi, non vi permettete, assolutamente! di mostrare sintomi di quel depravante morbo detto ORIGINALITÀ! Si sa che fine fanno gli originali: un certo signor B. l'han ghigliottinato, il signor S. è morto svenuto nella neve squattrinato, l'altro, L., storpio, tra i libri di antiche opere antiquate! Amici miei, un consiglio: siate come questo modello!

-Dov'è quel sangue, quell'omicidio, quell'attentato, quel terrorismo sì graditomi?--Ma no! Non sono più tempi qui per tutto ciò!--E in televisione che ci fai, senza il mio consenso?! A vendere pentolame?!--Testavo un metodo che già dà i suoi frutti rendendoli uguali, questi esseri, regalo loro l'approvazione da altri individui già soggiogati... in cambio dell'anima! E sai come ci sono utili le anime nei Nove Inferi: servono come valuta, come cibo, per incantesimi, per

"Mi chiamo Adamo, sono un figo, e bevo ogni alcol che mi danno", o questa modella! "Sono Eva, ho successo perché accompagno ogni uomo che mi vuole!" Ecco i modelli eroici da seguire, Adamo ed Eva, queste due persone che sono 9


ammaliamenti... e anima porta anima, come sai bene, e questa televisione fa faville!--

mente di voler leggere uno di quegli antichi filosofi, poiché i libri non li controlli più?-

-Diceva così anche Belzebù per la stampa: "un mass media, le idee circolano, il sangue ribolle, la fame si spande!". Come vedi, è stato un fallimento, e per questo lo trasformai in larva. I libri garantiscono scelta all'uomo: tutti quei letterati odiosi, guastafeste, han creato "opere" valide per tutti i tempi, e per chi vuol leggerle o consultarle, stan sempre lì, pronte a sventare i miei piani!-

--Mio Signore, ho provveduto pur anche a questo! L'ometto e gli altri che mi hanno donato la propria anima hanno tutti contribuito al decadimento della cultura, hanno modificato gli istituti d'apprendimento in modo che fornissero nozioni senza far sviluppare senso critico... falsa cultura! E anche se desiderino, poiché sugli uomini vige il principio di indeterminazione, non potranno trovare quei maledetti libri, ostracizzati dalle case editrici perché più non vendono, poiché non li facciamo pubblicizzare più!--

--Mio Signore Asmodeo, eran altri tempi! Allora sì che ne facevo di Faust e Faustini! La televisione, invece, è stupenda: ti impedisce di scegliere! Fortunatamente ho corrotto un omino terrestre, l'ho convinto a monopolizzare le reti, alcune sono sue, altre dipendono da lui, sebbene formalmente siano dipendenti da un consiglio di vecchi bacucchi facilmente contestabili. L'ho obbligato a fondare un partito, la Casa del Popolo, che tra brogli, mazzette e propagande occulte riesce sempre ad avere la meglio...--

-Mefistofele, mi hai convinto! Il tuo progetto è ottimamente congegnato! Pseudofelicità con pseudosoddisfazione per una pseudouguaglianza in uno pseudobranco di pseudouomini! Propinare pseudoprodotti con pseudoconsigli per arricchire gli pseudopolitici dimodoché la pseudoscuola inculchi una pseudocultura! Pseudolibertà garantita! Amo questo prefisso, Mefistofele!- --Inebriante...--

-Mefistofele, sei così ingenuo! Un giorno si sveglieranno le masse e diranno "NO!" a tutto ciò che propini!-

-La giusta parola per un ottimo piano maciullaumanità! Mefistofele, sono fiero di te! Entro sera ti alzerò di grado!-

--Mi consenta di obiettare, Onore, che le masse, prima, potevano contare su centinaia di autentici pensatori, questo sempre grazie alla stampa con cui Belzebù lo stolto tentò di soggiogare le masse. Ma ora che i filosofi, i sapienti, i pensatori, i letterati sono tutti soggiogati alla Casa del Popolo e mandati in onda televisiva, i liberi pensatori diventano gli emarginati, e nessuno più né vuole né tantomeno può "ascoltarli". Ah Censura, sempre tu sia lodata, anche da chi si dichiara nostro acerrimo nemico! Ti ricordi quante finte streghe e finti stregoni son stati bruciati vivi? Che grasse risate! E secondo loro era così semplice catturare i nostri adepti?--

--Grazie Signor Asmodeo!--

-Rimembro bene che avevamo infiltrati anche allora nelle varie Curie e Diete del mondo...--La ridicolità della natura umana!--Non mi convince ancora questa televisione, Mefistofele. A qualcuno non potrebbe venir in 10


o notato nel corso dei miei ultimi studi che le maggiori differenze tra le scuole di psicoterapia si sviluppano dal presupposto di base che il comportamento sia prevalentemente determinato da un singolo aspetto della psicologia umana. Tali aspetti vengono chiamati appunto “determinanti” in quanto considerati i cardini di ogni comportamento, da cui è impossibile prescindere. Ogni scuola di psicoterapia ha lasciato il suo segno definendo e dividendo tali determinanti in modi differenti, ma la prima classificazione viene considerata tutt’oggi uno dei dilemmi fondamentali della psicologia contemporanea: il dibattito Nature-Norture. Tale dibattito consiste in due posizioni che sostengono la prevalenza di un determinante sull’altro tra fattore “innato” e fattore “costruito”. Per spiegare meglio, gli innatisti sostengono che il determinante principale del comportamento sia biologicamente ereditato, mentre i costruttivisti danno maggiore enfasi al fattore dell’esperienza come costruzione su di una tabula rasa. Intorno a questa preferenza nell’interpretazione dei comportamenti ci sono ulteriori suddivisioni minori. Per quanto riguarda i fattori innati troviamo: la genetica, l’istinto, il temperamento, i bisogni primari, l’ereditarietà e la costituzione biologica. Invece tra i fattori considerati più costruiti troviamo l’apprendimento, la cultura, l’esperienza e l’influenza sociale. Trovandomi in questo modo di fronte ad una tale varietà di determinanti diversi ed enfatizzati in diversi modi ho avuto la necessità pratica di fare una mia classificazione. Sperando che tale classificazione possa racchiudere efficacemente tutte le categorie minori di determinanti senza necessariamente ridurle ad un dualismo fraintendibile. La mia soluzione ha prodotto quattro determinanti fondamentali: l’eredità, la costituzione, l’esperienza e la socialità. Cercherò adesso di spiegare brevemente il

perché, a mio parere, tale suddivisione sia esauriente e non riduttiva partendo dalla definizione di ogni classe. Il determinante ereditario è l’origine di tutti i comportamenti appunto ereditati in modo indipendente da ogni forma di esperienza successiva alla fase prenatale, come ad esempio i bisogni fondamentali, i riflessi o gli istinti. Il determinante costituzionale definisce l’inerzia alla percezione ed alla comprensione: in un certo senso possiamo dire che vediamo in un certo modo per la conformazione dell’occhio e comprendiamo in questo modo per la particolare configurazione neuronale che ci consente tali cognizioni. Il determinante esperienziale consiste in ogni apprendimento successivo o contemporaneo alla fase prenatale dovuto alla nostra capacità di assimilare e mantenere informazioni che a loro volta determineranno schemi e reazioni futuri, in questo senso ciò che abbiamo vissuto e pensato cambia il nostro modo di pensare e vivere. In un modo più sottile agisce invece il determinante sociale, che comprende la cultura e l’incidenza degli altri individui e gruppi nell’influenzare i comportamenti per via diretta o indiretta. Come si può notare da tali definizioni nessuno di questi quattro è riconducibile se non solo parzialmente all’altro, non sono ordinabili secondo una gerarchia assoluta e tutti sono presenti in una certa percentuale in ogni comportamento umano. Il punto su cui vorrei soffermarmi è che tale percentuale di incidenza può cambiare e variare da individuo ad individuo; nessuna scuola di psicologia può definirsi obiettiva senza considerare tutti i determinanti come fattori che concorrono insieme al comportamento finale. Una tale visione integrata potrebbe favorire l’indagine del “tipo” di causa che maggiormente incide in ogni individuo a provocare patologie per poter eventualmente decidere in seguito quale sia la 11


scuola di psicoterapia appropriata. Invece attualmente la persona affetta da una qualsiasi psicopatologia si rivolge ad uno psicologo senza sapere effettivamente in cosa consiste la sua scuola e quale determinante ha più enfasi nella sua terapia. Facciamo un esempio pratico. Una persona che ha la fobia dei ragni, può ricondurla in modo più o meno marcato ad uno qualsiasi dei determinanti sopra elencati e molti psicologi potrebbero dare varie interpretazioni diverse. Uno psicologo umanistico tendenzialmente ne ricercherebbe la causa in un bisogno di sicurezza messo a rischio dalla visione pericolosa che la persona ha dei ragni. Uno psicanalista ne ricercherebbe le cause nei traumi vissuti dalla persona nel passato. Uno psicologo cognitivista ne cercherebbe lo schema mentale che porta la persona a categorizzare l’evento come qualcosa di pauroso o terrificante. Uno psicologo della scuola bioenergetica cercherebbe in quale muscolo del corpo è stata accumulata la tensione dello stress provocato dall’evento traumatico fissato nel proprio fisico. Lo psicologo specializzato in neuroscienze ricercherebbe la causa nelle disfunzioni chimiche cerebrali. Ovviamente queste interpretazioni sono stereotipi semplicistici e molto lontani dalla complessità in cui tali psicologi si dovrebbero districare per risolvere il problema, lungi da me sminuire il loro immenso lavoro. Sostengo solo che prima si dovrebbe cercare il determinante più probabile e solo successivamente indagare in modo sempre più mirato per trovare la terapia specificatamente più adatta al problema, a prescindere dalla convinzione radicata nella scuola psicologica di appartenenza. Questo potrebbe portare progressivamente a rimuovere la necessità di tanti dibattiti che affliggono la psicologia contemporanea come il dibattito Nature-Norture, la continuità o discontinuità dello sviluppo mentale o la discussione su quanta enfasi dare alle prime esperienze infantili nella formazione della personalità. Che necessità ci sarebbe di tali dibattiti se l’uomo accettasse le proprie diversità in questo senso, sulla diversa incidenza dei determinanti in ognuno? Anche se queste non saranno le categorie utilizzate in futuro spero che si trovi una soluzione al problema dei determinanti e che questi portino alla riduzione delle scuole di psicoterapia che nella loro pluralità hanno portato sia un grande

progresso, ma anche una grande confusione, più che altro in una materia che troppo spesso è sottovalutata o sminuita nelle sue reali potenzialità o accostata ingiustamente al campo dell’opinione.

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o sempre ammirato i carrelli. Quelli del supermercato: sono così buoni, mansueti. Se li spingi in una direzione sono accomodanti e affabili. I carrelli della spesa sono delle specie di gnu, antilopi, o comunque mammiferi che brucano tra le corsie. . Devono accumulare cose ed arrivare in fondo! Lo so che non hanno una vita propria eh, figuriamoci. Si si, lo so. Però. Tipo. Praticamente no, se tu li guardi bene, facendo finta che chi li spinge non esista, si muovono in modo particolare, tipico loro. Tutti, uno per volta, entrano da quelle sbarre tondeggianti che si aprono automaticamente, ma solo dopo essersi ritrovati una monetina nel naso. Brucano un po’ vicino alle verdure, poi ripartono al piccolo trotto o con una calma invidiabile, come se chi li spingesse, che sì, lo so che esiste, ma mettiamo che non esista, si fosse fermato a parlare con qualcuno che ne spinge un altro. Tipo, ti immagini se facessero amicizia? Succede raramente eh, ma secondo me nascono di quelle amicizie tra carrelli-gnu incredibili. A volte succede anche che il solito gruppetto di carrelli arrivano alla fine del supermercato insieme e si fanno di quelle esperienze! La fila alla gastronomia, sopportano il peso delle confezioni di bottiglie d’acqua, le uova rotte. Purtroppo qualcuno non ce la fa: eh si perché il supermercato è un posto pericoloso, un percorso impervio e non tutti riescono a farcela. Tipo, a quelli che gli si rompe una rotellina. Ah. Quelle posteriori! Quante volte succede! E se ne rimangono lì da una parte, senza più niente dentro e giuro, mi fanno una tale tristezza, un magone! Nessuno che li aiuti, nessuno che con il cacciavite vada lì a dargli un’avvitatina, niente. Andati, quelli in fondo non ci arriveranno mai.

Quello che invece arriva alle casse per primo, se guardi bene, farebbe delle tali impennate!

Carreeeello Carreeeeello Carrello nel buco del cul, vaffancul, vaffancul! Così gli cantano gli altri intorno. E mentre viene svuotato lo puoi vedere sorridere, quasi emozionarsi, perché non sa cosa c’è dopo, ma crede comunque ci sia qualcosa di bello. Ha contenuto bravo bravo tutti i prodotti che chi spinge ha scelto di comprare; è arrivato alle casse anche in anticipo rispetto al previsto. Eccolo, sta uscendo! Viene portato fuori dal supermercato, vicino ad un’automobile! Santo Cielo! Non è mai stato così lontano da casa. Adesso è completamente vuoto, si sente libero, nudo, al fresco di quel parcheggio. Si riparte di nuovo. “Cosa ci fanno tutti quei carrelli come me impilati da una parte? Ehi ragazzi! A voi come è andata?” urla. Nessuno lo sente, solo io, ma so che non parla eh, lo so, lo so. “Ragazzi!” urla, con tutto il fiato che nel ferro. Nessuna risposta. Chi lo spinge lo porta proprio lì, da quei carrelli impilati sotto una squallida tettoia di plastica sporca. Prova un ultimo tentativo, ma niente. Sono impilati. Finché, STANG! Anche lui viene impilato, ma è ancora vivo, è ancora sveglio. Poi qualcuno sfila la monetina. Buio. Ho sempre ammirato i carrelli. Quelli del supermercato: sono così buoni, mansueti. Se li spingi in una direzione sono accomodanti e affabili. I carrelli della spesa sono delle specie di gnu, antilopi, o comunque mammiferi che brucano tra le corsie. Devono accumulare cose ed arrivare in fondo! Lo so che non hanno una vita propria eh, figuriamoci. Si si, lo so.

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In copertina: disegno di Federico Ciacci Lafabbricadibraccia 14


François piaceva fumare in giardino. Gli piaceva perche gli piaceva pensare ai fatti suoi. gli piacevano le sue idee e la sua voce interiore, gli piacevano talmente tanto che odiava parlare con le persone soprattutto per lungo tempo; odiava essere distolto da se stesso. Odiava parlare di se perche odiava sentir ripetere idee gia maturate nella sua testa, era meglio non perdere un secondo di quella inestimabile compagnia che era. Adorava questo suo essere egocentrico in modo malsano, aiutava ad allontanare le persone. Di sicuro odiava quelle sigarette orrende, mai piu chiederle ad un passante. Ecco un altro motivo per odiare le persone. Ma la cosa che odiava di piu erano i parenti: non solo erano persone ma erano persone con le quali eri costretto ad avere a che fare senza che tu potessi minimamente scegliere. Nemmeno una vaga selezione iniziale ti era concessa! Tecnicamente poteva mollare tutto e tutti ma loro avevano trovato un modo per tenerlo legato a doppio filo: soldi. Poteva sembrare una cosa sciocca ma se ci si rifletteva un attimo tutto tornava. Il dolce e cordiale carattere di François di certo non gli permetteva di tenere a lungo un lavoro. Lui si faceva forte del fatto che provenisse da una famiglia agiata ma la madre era tassativa: se vuoi i soldi vuoi anche noi, o tutto o nulla. Non c'era molta scelta. Ma andando avanti negli anni la cosa era andata peggiorando: i parenti si erano riprodotti. Ora non doveva piu solo sopportare i chiacchiericci inconcludenti delle due sorelle, no. Adesso si erano aggiunti al branco un paio di lattanti a cui lui, sembrava proprio, dovesse fare da babysitter quel pomeriggio dato che le due erano andate coi mariti a scegliere gli abiti da cerimonia visto che il pargoletto piu piccolo andava battezzato. Che agonia. La sorella piu grande, Linda, li aveva rinchiusi in casa minacciando François che se li avesse portati fuori invece di un battesimo avrebbero fatto un funerale la prossima settimana in

chiesa. Aveva intuito che non si fidavano troppo di lui e lui non riusciva a darli torto. Il piccinaccolo si era addormentato nella sua carrozzina e François non osava avvicinarsi piu Di tanto per paura di svegliarlo. Se fosse successo il protocollo sociale li avrebbe richiesto di prenderlo in collo e consolarlo. Che schifo, tutta quella bava da neonato sulla camicia. Magari si sarebbe sentito poco bene e avrebbe anche rimesso. Orrore, orrore! Non voleva neanche pensarci. La piu grande, Rosa, era seduta al tavolinetto da te che giocava con vari pupazzi. Anche da lei stava relativamente alla larga, doveva controllare che non si facesse male ma non voleva essere coinvolto in futili giochi. Spense la sigaretta nel primo portacenere che trovo lungo la strada che riportava dal giardinetto, a cui si accedeva dalla cucina, alla sala dove aveva lasciato i bambini. Mentre stava per mettersi a sedere sul divano per ricadere nei suoi pensieri si rese conto che c'era qualcosa di strano. Rimase un attimo interdetto ma poi capì: c'era troppo silenzio. Panico di un secondo per cercare con gli occhi i mocciosi. Il piccino dormiva e la grande era sempre al tavolinetto. Respiro di sollievo. Niente scocciature almeno per il momento. Fece ripassare lo sguardo su Rosa che aveva smesso improvvisamente di giocare. Lui rimase a guardarla un attimo stranito. Si era bloccata in una posizione corrucciata e scomoda mentre guardava arcigna il grande orso di peluche che sedeva di fronte e lei. Era parecchio che era in quella posizione e continuava a rimanerci. François invece non resistette a lungo e si avvicino per toglierlo lo sfizio di chiederle cosa diamine stesse facendo e per essere sicuro che non fosse stata colpita da paralisi, sua sorella avrebbe paralizzato lui se si fossero anche solo sgraffiati cadendo da soli. Paranoica lei per l'incolumita dei bambini, paranoico lui per la propria incolumita. “Che cosa stai facendo, Rosita?” lui la chiamava così perche sapeva che a lei non piaceva. Aveva 5 anni ma era una rompiscatole. “Zio Françoi l'orso Gigi non vuole darmi 15


ragione!” disse le bambina in modo stridulo Lui rimase un secondo a metabolizzare la cosa. “Come dici scusa?” “L'orso Gigi non vuole darmi ragione! Ho cercato di spiegarli che non si beve il te con il latte e che fa schifo ma lui non ne vuole sapere! Ora gliela faccio vedere io!” La bimba si mosse in direzione del peluche ma François la trattenne. “Non si fanno valere le proprie ragioni attraverso la violenza fisica! La violenza psicologica, piccola infante, e molto meglio! Fa piu male e rimane piu a lungo.” “Cos'e la violenza spicologica zio?” “Psi, psi. Psicologica, non spicologica. Allora la violenza psicologica e quando invece di dare un pugno sul naso a qualcuno facendoli male gli dai un bel pugno di parole e gli fai ancora piu male.” “E come si fa a dare i pugni con le parole, zio?” Ho trovato una piccola adepta, penso François. “Beh tu prima di tutto devi conoscere almeno un po' la persona che vuoi ferire, sai viene peggio con chi non conosci affatto, e devi ricordarti qualcosa che lo fa arrabbiare o di cui ha paura o che lo imbarazza molto o che odia se. A quel punto tu inizi a parlarne in continuazione e davanti a piu persone possibili.” Non era una grane spiegazione ma aveva 5 anni, da qualcosa bisognava partire. La bimba ci penso un po' su e poi rispose. “Orso Gigi, e inutile che sorridi tanto tu non potrai mai mangiare biscotti anche se hai la bocca ne potrai mai bere il te quindi prendilo come dico io e stai zitto. A nessuno piace quello che pensi.” C'e ancora un po' da lavorarci ma ha un gran talento naturale la piccola Rosa, penso François soddisfatto, sono un ottimo insegnante. Lei lo guardo in cerca di conferme e lui alzo il pollice in alto con un mezzo sorriso. Odiava il suono del campanello ma a Linda non interessava, lei lo suonava lo stesso come se avesse dovuto traforare il muro con il dito. “E' mamma?” chiese Rosa. “Si, non senti come suona il campanello in modo irritante? E' lei per forza” la piccina sorrise e li trotto dietro fino alla porta. La aprirono e ricorsero tutti e due in soggiorno. François perche odiava aspettare sulla porta le persone e Rosa perche li piaceva giocare con lo zio. Linda oltrepasso la porta seguita a ruota dalla

sorella Julia e da corrispettivi mariti dall'aria spenta e annoiata. Come minimo avevano spettegolato tutto il pomeriggio ma a quanto pare non erano bastate quelle ore, il fiume di parole scorreva ancora come una mazzata sulle orecchie di François. Una volta entrati in casa tutti Julia si lancio sulla culla dove aveva dormito fino a mezz'ora fa il suo piccino e lo trovo sveglio che si rotolava mugolando. Inizio a fare tutte le frasine sdolcinate e che dimostravano una bassezza di QI impressionante come tutte le neomamme sanno egregiamente fare. Linda invece si fiondo da Rosa per chiederle come era andata la giornata con il bisbetico zio. Françoi si stava dirigendo quatto quatto alla porta per vedere se riusciva ad uscire senza dover salutare nessuno. “Allora Rosa, come e andata il pomeriggio con lo zio?” disse Linda sorridendo alla piccina. “E' inutile che sorridi tanto per nasconderlo, lo sappiamo tutti che sei una strega prepotente.” Prima di uscire dal portone principale François sentì il suo nome urlato in maniera alquanto furiosa da Linda. “Grande Rosita” penso mentre se la squagliava.

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rimo giorno di tablet e la mia morte si avvicina, lenta e dolorosa. Mia madre se ne viene fuori con : “ti abbiamo persa“. Io sono qui che spippolo, app, background, icloud, sincronizzazione ed é giá mezzanotte e mezzo, gli occhi mi frizzano e nemmeno Calcaterra ha potuto contro. Tant'é. Lavoro da Intimissimi, dici te, wow, si, dico io, una ceppa perché stare a stretto contatto con il pubblico che si presenta in calze color carne, mollettone in testa e borsa Carpisa, non é poi così semplice come mangiare pane e nutella senza sentirsi in colpa o con il fondoschiena di Kim. Sopratutto quando cercano la mutanda a 3€: da Intimissimi. Si certo e magari con un euro in piú riesco ad abbinartici anche il nuovo Push up senza ferretto perché senza sei solo una povera scema di guerra. Smettiamola subito e parliamo come mangiamo. Che poi tante grazie, grazie mille e finisce il giochetto. Come dare torto a Max Pezzali, stessa storia, stesso posto e ciao proprio belli. LA MORTE. La maglia nera scollo a "V" per un regalo al marito che non porta il serafino grigio melangiato della nuova collezione e allora poi non ti lamentare se non trovi le fifty shades of grey. Perchè la commessa é sopravvalutata. Mica si trasforma in Myley Cyrus, monta su una palla da demolizione e ti propina il l'articolo che avevo visto in saldo otto collezioni fa”. E allora giú di lettere di richiamo, email di lamentela e la tua vita si trasforma come quella di Jenna, la nerd superstar. Solo che tu sei una blogger, mangi brie e carote come non ci fosse un domani, ami il vintage, quello vero, scrivi con la tua Olivetti lettera 10 , giá che ci sei cerchi di laurearti in giornalismo nella speranza che un giorno una Crista ti assuma anche solo per andarle a prendere il caffé da Sturbucks mentre parla "Pradese" con la press internazionale e nel frattempo lavori, da Intimissimi e muori ogni volta che entrano e ti domandano : i calzini? CALZEDONIA. La vita é un po’ come la sigla di Dawson's creek, anouanaway, non c'hai capito una beata minchia ma la canti lo stesso che poi a sapere un pó d'inglese e tutta sta storia dell'I don't wanna wait non sarebbe manco cominciata. Tant'é. ♧

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