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ALIMENTAZIONE E CONVIVIALITA’ pag
Convivialità significa “condividere la tavola”: più semplicemente, “mangiare insieme ad altre persone”. Di solito si tratta di familiari ma anche di colleghi di studio o di lavoro con cui si trascorre il tempo della mensa; di rado, od occasionalmente, si consumano i pasti insieme a sconosciuti, può capitare nelle antiche trattorie affollate con tavoli grandi, nel vagone ristorante dell’alta velocità oppure in occasione di congressi, crociere, eventi, feste. Ma la condivisione del pasto implica tradizionalmente una preventiva conoscenza, accompagnata da un senso di fiducia oppure di solidarietà. E’ comunque un fatto culturale, altamente simbolico, può implicare valori e significati diversi. L’abituale condivisione del pasto, oltre garantire una digestione meno problematica, grazie alla situazione più rilassata, ed al mangiare più lentamente in quanto si alterna cibo e conversazione, può incrementare e valorizzare i rapporti sociali, togliere il senso di spaesamento tipico di chi si trova a mangiare da solo. Per cui è opportuno favorire la convivialità anche tra sconosciuti, come i frequentatori solitari dello stesso ristorante. E bisogna anche impedire con ogni mezzo che venga accesa la televisione - il convitato più prepotente e sgradevole. E’ estremamente comune che, mentre si mangia, si finisca fatalmente a parlare del cibo e della sua preparazione. Ma ciò non è negativo: lo scambio di esperienze culinarie, il confronto tra modi diversi di intendere le ricette, il collegare un alimento con una bevanda, con un viaggio, con una tradizione, con un ricordo, induce in tutti i partecipanti uno stimolo ad approfondire, o addirittura provoca competizione, emulazione. Ben presto coloro che mangiano assieme troveranno il modo di cucinare assieme, o almeno di ritrovarsi nuovamente portando ciascuno un proprio piatto da far assaggiare ed apprezzare. Se non addirittura arte, il cibo è sicuramente cultura. E come ogni cultura deve essere condiviso, confrontato, modificato usando nuove cotture per gli stessi ingredienti, o cotture tradizionali con ingredienti diversi. E’ così che è nata la cucina fusion. La dieta Mediterranea d’Italia (Cilento), Grecia (Koroni), Spagna (Soria) e Marocco (Chefchaouen) è stata inserita nel 2010 nella Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity non solo perché è stata riconosciuta come un sistema transnazionale diffuso di abilità, conoscenze, pratiche e tradizioni nel campo dell’agricoltura, dell’allevamento, della pesca, della trasformazione, della preparazione e del
consumo di alcune categorie di cibi particolarmente salutari, ma anche perché promuove l’interazione sociale attraverso la preparazione ed il consumo comunitario dei pasti nella vita di tutti i giorni e la loro esaltazione negli eventi celebrativi, oltre a tutelare la biodiversità, a proteggere il territorio e a mantenere le tradizioni. L’originalità sottolineata dall’UNESCO è proprio la condivisione, e noi - che di quella dieta siamo i depositari e gli eredi - dobbiamo impegnarci a praticarla al meglio, a valorizzarla e a diffonderla nella sua originalità e nei suoi valori, non solo come strumento di salute, ma anche come esempio di cultura materiale.
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