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PROGETTARE \ Design
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LEGGERE \ Libri
Nahui di Pino Cacucci, Città aperta di Teju Cole, La ragazza con la leica di Helena Janeczek, Dopo il divorzio di Grazia Deledda
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PENSARE \ Attualità
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PENSARE \ Attualità
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CONVERSARE \ Intervista Miss Italia
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SOMMARIO
Design, quando la bellezza diventa sostenibile
L’importanza della donna nel Neopaganesimo
La favola di Biancaneve. Che sono diventati i concorsi di Bellezza Il sogno della più bella d’Italia
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ASCOLTARE \ Musica
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VEDERE \ Cinema
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VEDERE \ Arte
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ESSERE \ In benessere
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ESSERE \ Pediatra
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ESSERE \ Medico Estetico
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ESSERE \ Nutrizionista
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ESSERE \ Psicologo
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DECIDERE \ In due
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VESTIRE \ Moda
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PENSARE \ Astronomia
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PENSARE \ Tarocchi
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OROSCOPO \ Barbanera dal 1762
Ci vuole coraggio per arrivare ultimi a Sanremo. Ma anche un audizione per un talent non scherza Bellissime e tormentate lo splendore della galleria al femminile del maestro Bernardo Bertolucci La bellezza. La bellezza oggi è morta
Bellezza al naturale? Stendiamo un velo peloso
Apgar e curve di crescita: i primi punteggi della vita
PENSARE \ Intervista
Tutti in passerella. Quando il concorso diventa, davvero, bizzarro CONVERSARE \ Intervista
Bambini attori e modelli: il gioco si fa lavoro
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VIAGGIARE
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VIAGGIARE \ Umbria
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VIAGGIARE \ Borgo
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MANGIARE / Food
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CONVERSARE \ Intervista musica
Un inno all’Italia
Umbria regina dei Borghi più belli d’Italia
Spello femminea e irresistibile
1, 2, 3 Stella. Elogio al buon cibo e all’ospitalità
Le canzoni accadono. Intervista al cantautore Antonio Maggio
Cosa concorre alla Bellezza
La Bellezza nel piatto
Noi, la natura e lo specchio
Nessuno tocchi la sposa. Invitate in passerella, ma la reginetta deve essere Lei
“Il mondo salverà la bellezza”
Qual’è la stella più bella, concorso di bellezza tra gli Astri
La forza del femminile nei tarocchi
Dicembre 2018-Marzo 2019
EDITORIALE
REDAZIONE
EDITORE Roberta Palmioli Studio m_a_g_d_a
Passerelle, riflettori, luccichii. Abiti succinti, balletti e sorrisi, tanti sorrisi. Titoli, incoronazioni e lacrime. E’ un mondo fatto di classifiche, sfide, valutazioni, canoni da rispettare, emozioni ostentate e pensieri nascosti. E’ l’esaltazione del bello e la sublimazione della costruzione dell’immagine. In questo numero di Caffè Moda Rinaldi Magazine parliamo di concorsi di bellezza. L’estetica si mette in gara e dietro ad ogni podio c’è un universo di voti e giudici. Attraverso le nostre rubriche proponiamo a voi lettori un viaggio tra curiosità e spunti di riflessione; un racconto attento, schietto e a tratti divertente della bellezza e delle tante gare in cui si cimenta. Vogliamo fotografare l’ossessione globale verso la bellezza e la giovinezza, la tensione continua verso un’ideale, la costruzione e decostruzione di canoni estetici molto spesso legati al mondo occidentale e definiti dalla supremazia maschile sull’universo femminile. La bellezza, in tutte le sue declinazioni è tutt’altro che effimero valore fine a se stesso. L’essere bello, ma soprattutto l’essere riconosciuto bello, ha fortissime ripercussioni sociali, economiche, commerciali e sessuali. Corona e scettro sono la rappresentazione materiale del riconoscimento sociale. Per i reali l’incoronazione avviene per discendenza e non per merito, così l’investitura a reginetta avviene per l’esaltazione di qualità che sono dono di nascita, seppur mantenute dalla cura. Se i concorsi di bellezza sono da sempre un ricettacolo di polemiche e controversie, sempre in balia di attacchi e rinascite è innegabile che la bellezza, la sua esaltazione e il suo riconoscimento siano valori che ispirano arte e piacevolezza. È evidente come la dimensione femminile, e non solo, possa racchiudere nel concetto di bellezza una grande forza creatrice, un’inarrestabile propulsione verso la generazione di ciò che rende la vita piacevole e grandiosa.
DIRETTORE RESPONSABILE Layla Crisanti HANNO SCRITTO IN QUESTO NUMERO: Andrea Pascucci / Filippo Salvucci / Daniele Morici / Monica Casalini / Layla Crisanti / Valentina Castellano Chiodo / Chiara Borsini / Elia Sdei / Federica Menghinella / Roberta Palmioli / Andrea Luccioli / Andrea Fioravanti / Emanuele Buono / Cristiana Checcucci / Marco Proietti / Pietro Stella / Miki Crisanti / Filippo Rimatori / Chiara Sbicca / Barbanera / Angelo Lazzaro / Andrea Palmioli COORDINAMENTO DEI CONTENUTI Layla Crisanti / Roberta Palmioli COORDINAMENTO GRAFICO e COPERTINA Andrea Palmioli / Studio m_a_g_d_a PROGETTO GRAFICO Andrea Bartolomei / Studio m_a_g_d_a INSERTO / RICERCA E CONTENUTI Andrea Palmioli INSERTO / PROGETTO GRAFICO Simona Badiali INSERTO / ARTICOLO Roberta Palmioli / Andrea Palmioli ILLUSTRAZIONI Simona Badiali / Andrea Bartolomei
Layla Crisanti
RESPONSABILE COMMERCIALE Alessia Mariani PUBBLICITA’ E MARKETING Letizia Settimi / Antonella Buono / Marta Ceccucci
1) copertina dell’ADI Design Index 2018 2) esempio di progetto realizzato con pannello RESPET progettato e prodotto impiegando PET reciclato proveniente al 100% dalle bottiglie di plastica. Prodotto selezionato nell’ultimo Design INDEX
PROGETTARE
3) schema del processo produttivo del pannello Respet di 3B 4) Design Emanuel Gargano Lampada da parete che si snoda come un’articolazione, con un’apertura massima di 2,70 metri. mensione d’onore al Compasso D’Oro 2018
DESIGN
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Design, quando la bellezza diventa sostenibile Andrea PASCUCCI §
DESIGNER I PRESIDENTE ADI UMBRI
“Occorre tener presente il fatto che quando si tratta di realizzare e dare forma ad oggetti ci si deve confrontare con la questione della responsabilità… La resposabilità è la decisione di rispondere di qualche cosa di fronte ad altre persone. Significà lealtà verso gli altri”. Annota Vilém Flusser, Filosofia del design: La parola design è spesso associata a un concetto di bellezza che riguarda l’aspetto esteriore delle cose, ma non è proprio così. Il design, inteso come l’atto della progettazione di un determinato bene, è qualcosa
che va ben oltre l’aspetto estetico: un prodotto è progettato seguendo criteri e parametri che tengono conto di valori che sono solo raccontati attraverso la loro forma finale.
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Oltre all’aspetto emotivo ed estetico, che è da sempre parametro importante delle scelte, siamo sempre più attenti alle soluzioni e alle proposte che riescono a coniugare l’aspetto estetico con quello ETICO. Sono cambiati i criteri di selezione con cui giudichiamo e scegliamo. Non possiamo fare a meno (fortunatamente) di sentirci sempre di più responsabili delle sorti del nostro pianeta e il design e i designer hanno un ruolo assolutamente strategico. Come? Partiamo dal fatto che ogni cosa che ci circonda è frutto di un progetto redatto sulla base di criteri funzionali ed economici: siamo circondati dal design. Ogni prodotto racchiude una quantità di scelte e di azioni che se analizzate ci fanno comprendere l’importanza di una progettazione consapevole. Il concetto è molto ampio, ma possiamo iniziare con l’analisi di una definizione: Design Sostenibile. L’obiettivo del design sostenibile è l’eliminazione o la riduzione degli effetti negativi sull’ambiente nella produzione industriale, attraverso una progettazione attenta alle tematiche ambientali e l’utilizzo di materiali non tossici, riciclati o riciclabili; attuando processi produttivi che consento risparmi energetici, una maggiore resistenza all’usura e una riduzione dei rifiuti.
Si parla di un secondo utilizzo dell’oggetto sia come materiale che come funzione. Concetti apparentemente distanti dall’aspetto estetico. Proprio la sostenibilità è uno dei criteri di selezione di uno dei premi più importanti a livello internazionale: Il Compasso d’Oro. Istituito nel 1954, il Premio Compasso d’Oro ADI è il più antico, ma soprattutto il più autorevole premio mondiale di design, potremmo dire il Concorso di Bellezza del design per eccellenza. Nato da un’idea di Gio Ponti fu per anni organizzato dai grandi magazzini la Rinascente, allo scopo di mettere in evidenza il valore e la qualità dei prodotti del design italiano allora ai suoi albori. Successivamente esso fu donato all’ADI (Associazione per il Disegno Industriale) che dal 1958 ne cura l’organizzazione, vigilando sulla sua imparzialità e sulla sua integrità. Il Compasso d’Oro non premia i belli, ma chi lavora per ottenere prodotti e progetti eticamente corretti. E’ quel concorso di bellezza che non guarda alla “fisicità” del prodotto, ma alle sue qualità interiori ed innovative. Quando parlo di “bellezza interiore” dunque mi riferisco proprio a tutte quelle caratteristiche del prodotto che non sono comprensibili a prima vista ma che sono così importanti da superare qualsiasi forma esteriore. Un buon prodotto va scelto soprattutto per le qualità che nasconde e che può raccontare. L’ADI Umbria è costantemente alla ricerca di prodotti e progetti da candidare per le selezioni al Compasso d’Oro. Lo facciamo per il piacere di valorizzare tutte quelle realtà che fanno ricerca nel nostro territorio e che hanno compreso che il design è uno strumento di crescita. Cerchiamo aziende, imprenditori designer e prodotti interessanti, progetti innovativi, progetti belli dentro.
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LEGGERE
LIBRI
Filippo Salvucci §
PENSARE
ATTUALITÀ
L’importanza della Donna nel Neopaganesimo Monica Casalini §
NAHUI
LA RAGAZZA CON LA LEICA
di Pino Cacucci
di Helena Janeczek
racconta la storia di Carmen Mondragon, in
vincitrice del Premio Strega 2018 è un bellissimo
arte Nahui Olin, “la più bella donna di Città del
libro che narra la storia di Gerda Taro, grande
Messico quando a Citta del Messico c’erano le
fotografa, compagna di Robert Capa che deve
donne più belle del mondo”, pittrice, poetessa,
proprio all’immaginazione di Gerda il nome con
musicista, attrice, modella e fonte di ispirazione
cui è conosciuto in tutto il mondo. Un romanzo
per artisti come Diego Rivera, Edward Weston,
caleidoscopico costruito sulle fonti originali,
Doctor Atl.
dove le testimonianze delle persone che le
Con uno stile coinvolgente che alterna la
sono state vicine in tutte le sue peripezie ci
semplice descrizione a scritti e poesie di Nahui
mostrano non solo un’eroina antifascista morta
Olin, Pino Cacucci ancora una volta ci porta
schiacciata da un carro armato in Spagna mentre
in quel periodo storico compreso tra gli anni
documentava il naufragio repubblicano, ma
’20 ’30 dove Città del Messico era la capitale
un’intera generazione di ragazzi che negli anni
artistica e culturale mondiale, dove si trovavano
trenta si trovava alle prese con la crisi economica,
le avanguardie più interessanti (artistiche, ma
l’ascesa del nazismo, l’ostilità verso i rifugiati che
anche e soprattutto politiche), e dove Nahui Olin,
in Francia colpiva soprattutto chi era ebreo e di
per il suo carattere esplosivo e rivoluzionario sarà
sinistra, come loro, ma decise di non piegarsi alla
per lungo tempo una donna sulla bocca di tutti
barbarie che si stava diffondendo anche a costo
e bersaglio di lodi, ma anche di feroci critiche
di sacrificare la vita.
tra la borghesia benpensante della capitale messicana.
CITTÀ APERTA
DOPO IL DIVORZIO
di Teju Cole
di Grazia Deledda
intellettuale di riferimento, ma anche fotografo
unica donna italiana vincitrice del Premio Nobel
e storico dell’arte oltre che scrittore, può essere
alla Letteratura, è un romanzo uscito nel 1902
letto da una parte come una meravigliosa guida
che ha diverse chiavi di lettura. Sicuramente
di New York nell’accezione più topografica, dal
si inserisce in quel dibattito che già da diversi
momento che il protagonista, statunitense di
anni c’era riguardo la necessità di promulgare
origine nigeriana come lo scrittore, nelle sue
una legge sul divorzio in Italia; furono presentati
lunghe peregrinazioni senza meta, attraversa
già allora diversi disegni di legge, ma solo nel
numerosi
incontrando
1970 si arrivò alla legge definitiva. E’ un testo
un’umanità varia, newyorkesi di ogni classe,
che narra quella campagna sarda di inizio ‘900,
cultura, provenienza, etnia. Dall’altro lato può
completamente al di fuori dal mondo, dove
essere vista come una guida spirituale perché il
la vita consisteva in una quotidiana lotta per la
protagonista nelle sue passeggiate sempre più
sopravvivenza, che aveva a che fare con leggi
lunghe, confrontandosi con tutta questa diversità
a sé, con una religione di cui era intrisa la terra
che trova in ogni angolo, si lascia andare in una
sarda cha assume forme simili al folklore e si fa
serie di lunghe riflessioni dove centrali sono
superstizione. Al centro c’è una storia d’amore
l’essere umano e la difficoltà nello sfuggire al
che sembra, nonostante le avversità, resistere
pregiudizio.
veramente a tutto e a tutti. E’ un romanzo il cui
quartieri
della
città
Negli ultimi 10-15 anni molti di voi avranno sicuramente osservato l’affermarsi di un fenomeno apparentemente nuovo, una sorta di movimento spirituale dai contorni piuttosto sfumati, raramente compreso a fondo, più spesso erroneamente associato alla New Age. Si tratta del misticismo femminile.
sfondo è la meravigliosa Sardegna del nord, con la sua natura selvaggia e potente che traspare da ogni pagina rivelandosi vero motore di tutta la narrazione
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e personale. Il Divino, che non è visto né maschile né femminile, bensì la somma dei due, può e deve essere professato da entrambi i sessi e oggi sono tantissime le donne che raggiungono lo status di sacerdotessa e celebrano i rituali liturgici, le festività, i matrimoni e via dicendo insieme agli uomini o in autonomia. In alcune comunità è facile trovare - per un’ovvia legge del contrappasso - congreghe e ordini esclusivamente femminili, dove la Dea Madre (o le sue sfaccettature come Diana, Iside, Inanna...) è la divinità di riferimento. Le donne, siano sacerdotesse o fedeli, scelgono di formare gruppi organizzati o semplici “cerchi” spirituali, con una base di studio collettivo dove chi sa insegna alle altre. Le giovani che vogliono intraprendere il percorso affrontano un noviziato per poter entrare a tutti gli effetti. Invece il sentiero che porta al ruolo di sacerdotessa è molto più lungo e tradizionalmente dura 10 anni. Allo stesso modo esistono ordini misti dove i ministri del culto sono in coppia. Nei primissimi anni la riscoperta delle antiche religioni matrifocali ha suscitato grande interesse in un momento storico ormai maturo affinché la donna tornasse in possesso del suo antico potere. Libri come “La Danza Spirale” di Starhawk e il successivo “Il risveglio della Dea” di Vicki Noble hanno portato una sferzata di consapevolezza a quelle donne che percepivano l’antico fuoco bruciargli dentro. La sacerdotessa ricopre un ruolo importante all’interno del suo gruppo, in quanto guida spirituale e umana; in questo deve possedere grande saggezza, capacità di comprensione e, soprattutto, tanta umiltà. Non è una guru, né una santona e tantomeno un’intermediaria con il divino: ella ricopre il delicato ruolo di “madre”, nel senso più ampio di termine, così come le antiche sacerdotesse erano la personificazione della Dea Madre. E ora siamo di fronte a una nuova fase: negli ultimi decenni la donna-sacerdotessa sta strutturando un’identità pratica in cui la sfera spirituale aiuta e sostiene quella terrena; nascono quindi gruppi per la crescita personale basati sui princìpi di sorellanza e vere e proprie associazioni con seminari per l’autoconsapevolezza. Insomma il substrato moderno femminile è in pieno fermento e noi possiamo definirci i fortunati testimoni dei primissimi passi verso un cammino che - si auspica - possa finalmente liberare la donna dagli stereotipi che la imprigionano da secoli.
A partire dagli anni ‘70 del XX secolo la nascita di un movimento femminile multi-sfaccettato ha segnato il punto di svolta dell’emancipazione della donna. La strada, tutt’ora in salita, ha però raggiunto ben pochi, seppur fondamentali, obiettivi. Ancora oggi appare assai lungo il percorso che l’altra metà del cielo dovrà affrontare per ottenere una reale parità sociale, e non solo sulla carta, con l’emisfero maschile. In termini di civiltà si può tranquillamente affermare che siamo in una situazione involutiva rispetto a quella che vivevano le donne di qualche millennio fa, quando le società erano matrifocali e dove la parità con l’uomo era un concetto ovvio, seppur basato sulla basilare natura umana: le donne provvedevano alla legge terrena e divina, educavano la prole, mantenevano l’ordine sociale e i buoni rapporti con le altre comunità, mentre gli uomini mettevano a frutto le loro capacità organizzative e la forza fisica nell’ambito della caccia, della costruzione, dell’allevamento e dell’agricoltura. Donne e uomini svolgevano i propri compiti con grande rispetto reciproco, anche se ovviamente - non si può generalizzare ovunque e per tutte le comunità: sarebbe necessario un discorso a sé per eviscerare l’intero argomento, ma per il momento prendiamo il concetto per vie generali. Dopo l’affermazione del patriarcato e la conseguente limitazione forzata dei poteri/diritti della donna, tutto questo è stato stravolto. La donna è stata relegata al ruolo di una nutrice, serva in casa propria e agli ordini dell’uomo. L’equilibrio naturale tra i due sessi, ormai compromesso, ha finito per generare orrori disumani nei confronti del femminile come la caccia alle streghe, l’infibulazione, l’uccisione delle neonate, la costrizione alla vita monastica o a quella della prostituzione, lo stupro, fino a giungere all’odierno femminicidio. Come si è arrivati a tutto questo? Uno dei primi poteri che l’uomo ha tolto alla donna è stato quello temporale, cioè la connessione con il Divino: l’apparato sacerdotale e quello mitologico sono divenuti via via esclusivamente maschili. Ed è allora con gli anni ‘70 che si può cominciare a ridefinire il ruolo della donna in termini positivi anche dal punto di vista spirituale. Se con l’Islam e le religioni giudaicoabramitiche la donna non aveva alcuna importanza cultuale, è con le religioni naturali e neopagane che essa riacquista pari dignità in un ambito molto delicato
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PENSARE
ATTUALITÀ
La favola di Biancaneve Che sono diventati i concorsi di bellezza? Daniele Morici § Prima di parlare di concorsi di bellezza sarebbe bene chiarire cosa sia la bellezza: un problema di cui, da millenni a questa parte, si sono occupati fior fiore di pensatori. ciò che a prima vista potrebbe sembrare brutto, purché (e questo è l’aspetto dirimente) vi sia un’audience. L’avvento dei social ha prodotto una frammentazione della comunicazione mediatica: non esiste più un macro-canale televisivo capace di influenzare in modo univoco i gusti di grandi masse di persone. Viviamo immersi in un grande concorso di bellezza quotidiano ed è forse proprio per questo che i concorsi di bellezza vecchio stile, ormai, sembrano aver perso parte del loro appeal: nessun concorso è capace di competere con la realtà, o con il reality show.
Non pretendiamo certo di risolverlo qui, nel volgere di poche righe. Sarà anzi il caso di desistere fin da subito: la bellezza, pur essendo uno dei più alti ideali (stando per lo meno a quanto ritenuto da Platone), sembra sfuggire a qualsiasi tentativo di definizione. Eppure, la pretesa di stabilire chi sia “la più bella del reame” è molto più vecchia della fiaba di Biancaneve. Il Novecento è stato il secolo della comunicazione di massa: cinema, riviste pop ed emittenti televisive nazionali informavano e uniformavano i gusti estetici di milioni di persone. Ecco dunque che i modelli di bellezza dell’industria cinematografica, della moda e dell’intrattenimento acquisivano una sorta di valenza universale: il fatto che Miss Universe fosse davvero la donna più bella al mondo (o addirittura dell’universo) appariva ai più, al pari di un teorema matematico, come un dato incontrovertibile.
Il rischio più grande oggi è dato dall’autoreferenzialità. Tutti si rivolgono a pubblici sempre più ristretti, formati da gente che in modo per lo più acritico condivide valori esclusivi e indubitabili. La società sembra essersi trasformata in una sorta di ammasso di infinite tribù o sette chiuse in se stesse e circoscritte. In realtà, in questo scenario, i concorsi di bellezza hanno ancora ragione di esistere, sebbene sembra abbiano perso l’universalità di un tempo. Oggi non serve più essere il/la più bello/a dell’universo, è sufficiente essere il/la più bello/a del reame. La favola di Biancaneve è più in voga che mai: il reame non è altro che un gruppo di persone accomunate da caratteri comuni.
La tenuta di questa titanica costruzione culturale ha iniziato a scricchiolare negli anni Sessanta dello scorso secolo, nella turbolenta società statunitense. Dopo secoli di schiavitù, la comunità afroamericana, fino ad allora esclusa ed emarginata, ha alzato la testa e acquisito voce per rivendicare non solo pari diritti, ma anche una cultura pop in cui riconoscersi. È da questo sostrato che nacquero fenomeni come Miss Black America: il concorso di bellezza creato appositamente per un pubblico afroamericano e aperto esclusivamente a concorrenti della medesima estrazione.
È vero: si può essere belli anche con la vitiligine, si può essere atleti competitivi anche con una gamba in meno, si può aspirare a essere modelli pur avendo il volto sfregiato di cicatrici. Tutto vero e tutto bellissimo. Ma che ne è di quei disabili senza audience che non partecipano ai giochi paraolimpici? Hanno forse meno dignità, diritti o bisogno di cure di chi ha vinto l’oro?
Si sa: la bellezza funziona da sempre come un potente mezzo di affermazione. Ciò significa che gli ideali estetici dominanti hanno delle forti ricadute sociali: di fatto, contribuiscono all’esclusione o alla penalizzazione sociale di coloro che vi si discostano in maniera più o meno vistosa. Ed è per questo motivo che negli ultimi decenni si è assistito, su una scena mediatica ormai sempre più frammentata, a una moltiplicazione dei modelli estetici, atti a rappresentare minoranze caratterizzate nei modi più disparati.
Il fatto che l’odierna macchina mediatica abbia fatto pace con il totale relativismo della bellezza apre davvero a tutti più possibilità di sentirsi liberi, accettati, tutelati? Di fatto, la società sembra ancora pervasa da un feroce senso di competizione e individualismo. Come se per essere qualcuno occorra essere campioni in qualcosa o essere capaci di attirare su di sé consensi e attenzione mediatica.
Sono nate nuove categorie estetiche: come la cosiddetta bellezza curvy o fatty, di coloro che rivendicano con gioia e orgoglio il rifiuto di una magrezza che, nei dipinti medievali, serviva a connotare i corpi martoriati di asceti autodistruttivi o vere e proprie raffigurazioni della morte.
Forse, la vera bellezza, risiede ancora oggi in Biancaneve, ovvero nella dignità di chi, senza destar clamori e lontano dai riflettori, sappia gettare lo sguardo oltre l’immagine di sé riflessa allo specchio e agisca per rendersi utile al prossimo.
Si direbbe che siamo entrati nel pieno di un nuovo barocchismo, in cui tutto può essere bello, persino
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CONVERSARE
zaro
az Manila N
INTERVISTA MISS ITALIA
Il sogno della più Bella d’Italia Layla Crisanti §
“Come in un sogno la più bella tra le belle diventa regina. Scettro e corona illuminano le sue emozioni. Così la cameretta di una bambina che fantastica di reginette, come per magia, diventa il palco di Miss Italia e lo specchio si trasforma in milioni di telespettatori. Era il 1999 e Manila Nazzaro veniva incoronata Miss Italia, l’ultima del secolo.“
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Oggi di anni ne ha 40, due figli e una malattia autoimmune, che invece di abbatterla l’ha resa ancora più determinata. La sua voce è diretta e squillante, anche di sabato mattina, quando ci concede una lunga chiacchierata per raccontarci di sé, di quel concorso che le ha cambiato la vita. Sì perché per lei la vita si divide in due: prima e dopo Miss Italia. Un’esperienza che l’ha resa quella che è. Un concorso, il concorso (come lo definisce lei) a cui poi è seguita tanta formazione e duro lavoro, che l’hanno portata a realizzare il sogno di lavorare in televisione, come in ‘Mezzogiorno in famiglia”, in teatro e in radio. Maschilista, democratico, populista, rivoluzionario, imbarazzante e molto altro. Su Miss Italia è stato scritto tutto e il contrario di tutto, ma è bello ascoltare Manila parlare di Miss Italia come di un sogno, sentire la magia nelle sue parole. Racconta con la voce frizzante, per lei è un ricordo vivo, colmo di vibrazioni fortissime. Eppure non è un’ingenua, sa bene la forza del concorso, conosce i cambiamenti che ha subito nel tempo. Lei è una donna tosta, consapevole della sua bellezza, senza nascondersi dietro a false insicurezze: “Rifarei tutto da capo”. Che cos’era per te Miss Italia? “Un sogno, non un obiettivo come per molte ragazze di oggi. Il sogno della corona, dello scettro, della più bella d’Italia. Il sogno delle grandissime attrici italiane che avevano vinto”. Non pensavi al dopo? “No. Il sogno era proprio vincere Miss Italia, non sapevo cosa sarebbe successo dopo. Fin da piccola ho sempre giocato davanti allo specchio, immaginando il momento dell’incoronazione. Oggi le partecipanti sono più realiste, disincantate. Un po’ si è persa la magia, noi eravamo più divertite ed emozionate” Come hai iniziato? I concorsi di bellezza prima di Miss Italia? “Miss Italia è IL concorso di bellezza. Prima non avevo partecipato ad altri concorsi, avevo fatto la modella e poi ho partecipato una volta a Miss Italia prima dell’anno della vittoria” Che cosa ha Miss Italia di diverso da altri eventi di questo genere? “La serietà, ovviamente. Miss Italia ti permetteva di lavorare, c’era la diretta televisiva e gli sponsor. Anche oggi ha una marcia in più”. Che consiglio daresti alle ragazze che vogliono intraprendere questa strada? “E’ inutile disperdere le energie. Non fate qualsiasi cosa pur di fare, non fate qualsiasi concorso di bellezza dove venite giudicate in maniera poco produttiva, meglio fare esperienze come modella”. Che cos è Miss Italia? Raccontaci un po’ della tua esperienza? “Posso raccontare cos’era Miss Italia quando l’ho fatto io. I miei 20 giorni a Salsomaggiore sono stati bellissimi e durissimi. Il concorso era una macchina perfetta: 100 ragazze per 5 serate su Rai1. Ogni cosa doveva funzionare in maniera impeccabile. Alle 6 del mattino avevamo la sveglia, poi il trucco e alle 6.30 iniziavamo con i servizi fotografici. Il resto della giornata ruotava attorno alle prove; prove, prove e ancora prove. Lavoravamo moltissimo. Eravamo trattate come regine: coccolate e protette dallo staff, ma allo stesso tempo dovevamo impegnarci al massimo. Ricordo una
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PENSARE stanchezza incredibile, dormivo in qualsiasi posto e in qualsiasi momento, approfittavo di ogni pausa e di ogni attesa”. Tra i tuoi ricordi ci sono anche le emozioni di quei giorni? “Fin quando non sono arrivata lì non mi rendevo conto di cosa sarebbe successo; a Salsomaggiore cambia tutto. Per la prima volta a 20 anni mi sono accorta di essere cresciuta, così all’improvviso! In ogni camera dormivano in cinque ed eravamo tutte insieme sia a pranzo che a cena si creavano simpatie e antipatie, gruppi e contrasti. Ogni emozione era esponenziale, vivevamo come in una bolla”. Che cosa ti ha insegnato Miss Italia? “Rigore e disciplina. Sono una persona precisa di carattere, ma dopo Miss Italia questi aspetti si sono radicati. Per me è come se la vita si dividesse in prima e dopo Miss Italia. Il concorso mi ha insegnato come essere e come stare nel mondo lavorativo. I discorsi di Enzo Migliani sono sempre presenti. Lui mi ha insegnato come stare in pubblico e in mezzo alla gente”. Dopo la vittoria? “Nell’anno dopo la vittoria ho preso 380 aerei. Ogni mattina mi arrivava in albergo il fax con gli impegni della giornata e lo stesso documento arrivava ai miei genitori, che avevano comperato il fax proprio per l’occasione per essere almeno aggiornati sulla mia vita, per sapere dove mi trovavo”. C’è qualcosa che hai odiato della tua vittoria? “Non dormire (ride)… Mi dava molto fastidio essere continuamente giudicata e che la gente mi guardasse diversamente. Un giorno Alberto Sordi mi disse: ‘Tu sei sempre la stessa sono gli altri che ti guarderanno in maniera diversa’. Aveva ragione.” C’è qualcuno che ti ha sempre guardata come Manila? “La mia famiglia e alcuni amici veri, loro non mi hanno mai guardato diversamente. I miei genitori hanno vissuto con me questa grande gioia. Di quell’esperienza non ho foto nel computer o sul telefono, erano altri tempi. Ho un album meraviglioso che ha realizzato proprio il mio papà”. Che cos è per te la bellezza? “La bellezza è qualcosa di soggettivo, è fatta di gusti e tradizioni. Io ho vinto Miss Italia perché quel giorno una stella mi ha baciata. Ogni Miss Italia ha fascino e magia, c’è un alone intorno a lei che la diversifica dalle altre”. La bellezza, che ruolo ha avuto nella tua vita? “La bellezza è uno strumento che mi è stato donato e che ho sempre usato con molto cervello. Odio lo stereotipo della donna bellissima e leggera. Io ho sempre i piedi piantati per terra e questo mi ha permesso di non crollare, anche nei momento down sia lavorativi che personali. Sono sempre stata consapevole della mia bellezza, so di avere gambe lunghe e grandi occhi azzurri, ma so anche che quello che arriva al pubblico è la mia onestà e sincerità”. E oggi, come ti senti? “Ho 40 anni e una bellezza diversa rispetto a quando ho vinto Miss Italia, ma mi sento bella, in realtà molto più bella di allora. Certo il mio corpo un po’ è cambiato, ho avuto due gravidanze e poi c’è stata la malattia. Ho il morbo di Basedow e ho dovuto subire una tiroidectomia. E’ stato come se una bomba esplodesse dentro di me. Così oggi ho 5kg in più rispetto a quando avevo 20 anni, ma mi piaccio tanto. Credo che dobbiamo imparare a guardarci con i nostri occhi e non con quelli degli altri”. Qual è il segreto? “Siamo quello che mangiamo e quello che beviamo. Il corpo ci accompagna in maniera dolce, sta a noi prendercene cura”. Sei una Miss e una donna bellissima, ma sei anche mamma di due maschi… “Li cresco da sola perché il padre è inesistente. A tratti sono molto dura, in altri momenti sono più dolce. Sento che stiamo vivendo un momento storico molto difficile per questo credo che sia fondamentale educare a parlare e a confrontarsi. Non sono ansiosa e li spingo all’indipendenza, anche se sempre in maniera controllata. Cerco di fargli capire che le cose belle sono un boomerang, tornano sempre indietro”.
“la bellezza è’ fatta di gusti e tradizioni
ATTUALITÀ
Tutti in passerella. Quando il concorso diventa, davvero, bizzarro C.L. §
“Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”. Recita così il vecchio adagio della nonna che racconta come nel mondo nonostante i canoni e le standardizzazioni ognuno è libero di appassionarsi a ciò che più lo affascina, a ciò che più appaga i suoi sensi. A quanto pare in molti il detto lo hanno preso alla lettera; lo dimostrano la miriade di concorsi tanto strani quanto bizzarri, che portano in passerella non solo miss di tutti i tipi, ma anche animali, condizioni fisiche, parti del corpo e oggetti tra i più disparati. Sembra esserci un concorso davvero per tutto, anche per cose che io, con i miei canoni, mai mi sarei sognata di definire belle e tanto meno di metterle in gara per eleggerne la più “bella” tra le strambe.
un’operazione di cambio di sesso. Ci sono anche passerelle dietro le sbarre. Perché le donne possono anche essere carcerate, ma non per questo smetteranno di essere belle. In diverse carceri della Colombia le detenute si danno battaglia avvolte in costumi sgargianti. Le gambe delle donne, affascinano. Nulla di nuovo fin qui, ma a Yellville le donne salgono in passerella per aggiudicarsi il titolo di Miss coscia di Tacchino. Tutti gli occhi sono puntati sui cosciotti delle modelle, anche perché i volti sono coperti da enormi foto di tacchini.
I concorsi per miss curvy o addirittura miss obese ormai non fanno più notizia, ma in Thailandia c’è un contest per donne che ritraggono al meglio le caratteristiche di un elefante. Miss Jumbo Queen, giunto alla sua quattordicesima edizione, premia grazia, eleganza e dimensioni di donne che devono ricordare gli elefanti (le concorrenti devono pesare almeno 175 libbre).
Chi ha detto che le modelle vengono guardate solo per il loro aspetto esteriore, c’è anche chi guarda dentro, ma proprio dentro, dentro. Per aggiudicarsi il titolo di Miss Lastra in passerella si deve portare una propria radiografia completa, ed è proprio la bellezza della donna dal di dentro che incoronerà la regina.
In passerella spopolano anche le future mamme. Pance in fuori e la tipica camminata a papera sono indispensabili per Miss Incinta. Negli USA le donne incinte si mettono in competizione a Cincinnati. Il tema gravidanza spopola anche nei concorsi cinesi, dove ci sono anche gare di bellezza per body painting del pancione.
Donne in passerella, anche quelle di plastica; non parliamo delle donne rifatte (ovviamente ci sono concorsi anche per quelle), ma di Miss Barbie. In Venezuela ogni anno si tiene un concorso per le famose bambole. I concorrenti portano in passerella le loro Barbie attentamente vestite, acconciate e truccate. Le mini donne di plastica hanno nomi, misure del corpo e persino vite inventate.
La bellezza celebra la vita. Almeno questo era l’obiettivo dell’organizzazione di questo concorso che ha vinto un mare di polemiche. Miss Holocaust Survivor è il concorso che nel 2012 ha portato in passerella 300 donne, tra i 74 e 97 anni, sopravvissute all’olocausto. Queste donne dopo esser sopravvissute ad atroci sofferenze hanno deciso di sottoporsi a questa inedita gara di bellezza.
Poi in passerella largo agli animali. Cani e gatti, cavalli e mucche sono dei veri modelli, ma questo lo sapete tutti. Chi conosce, invece, le splendide galline da esposizione? Teneri batuffoli di piume, razze ornamentali che si mettono in gara, ogni anno a Trento. In palio, ovviamente, il titolo di gallina più bella.
Ovviamente non solo donne. In Alaska c’è l’annuale concorso di bellezza per barbe e baffi. Ogni anno migliaia di uomini meticolosamente pettinati mettono in competizione le loro barbe e i loro baffi. Le acconciature facciali sono le più disparate e si ispirano, addirittura, a momenti famosi come Buckingham Palace.
Ma il red carpet è anche per i cammelli. L’appuntamento con King Camel è in Arabia Saudita e la competizione è davvero agguerrita. Il concorso, infatti, dura 28 giorni, coinvolge circa 30mila cammelli. I più belli tra i belli si portano a casa premi in denaro, per un totale di 57milioni di dollari. Il bottino fa talmente tanta gola che al concorso ci sono stati episodi di squalifiche di animali che avevano subito iniezioni di botox, tinte e interventi di chirurgia estetica alle orecchie.
In passerella non potevano mancare i trans. Miss Trans si tiene a Rio de Janeiro e i partecipanti devono essere assolutamente nati come uomini. Il premio è davvero ambito:
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CONVERSARE
INTERVISTA
INTERVISTA
Bambini attori e modelli: il gioco si fa lavoro Baby Fashion.it l’agenzia per modelli e attori under 18 ci racconta come i più piccoli fanno parte del mondo dello spettacolo L.C. § Televisione, cinema, moda, il mondo dello spettacolo è pieno di bambini nei panni dei protagonisti. Pubblicità, film, serie tv e sfilate raccontano la realtà e i piccoli sono, senza dubbio, una grande parte della realtà. È per questo che, al netto delle opinioni e delle polemiche è innegabile che la presenza dei minori nella comunicazione e nell’arte sia una necessità di chi produce e molte famiglie decidono di cavalcare questa richiesta e far avventurare i loro figli in questo mondo. Dietro alle immagini dei più piccoli c’è un intero sistema che lavora a misura di bambino tra selezioni e produzioni. Guanciotte paffute, sorriso sdentato, dolcezza infinita. Nell’immaginario i cuccioli d’uomo sono così, ma che i bambini siano tutti belli è una leggenda, sì sa. Anche tra i piccoli, ci sono quelli belli, belli davvero e quelli che piacciono a mamma, papà e pochi altri. Quelli che vediamo sullo schermo o nelle riviste sono i più belli? E’ la bellezza ad aprire le porte di una “carriera” da mini star? Ci si mette in concorso fin da piccolissimi? Per cercare di rispondere a queste domande e non solo abbiamo contattato Helen Ruffo, di Baby Fashion.it, un’agenzia italiana che si occupa di modelli e attori da zero a 18 anni e collabora con grandi marchi e produzioni davvero importanti. Un racconto, senza giudizi, per scoprire cosa c’è dietro alle immagini dei bambini che il mondo dello spettacolo ci propone continuamente. Prima di tutto mettiamo da parte il concetto di concorso di bellezza, come lo conosciamo per gli adulti. Nel Nord e nel Centro Italia i concorsi di bellezza per bambini non esistono, ce ne sono al Sud, ma sono finalizzati al concorso in se, sono dei giochi messi in piedi per fare spettacolo senza che ci sia un dopo. E allora la bellezza serve? Per i bambini che lavorano nel mondo dello spettacolo il concetto di bellezza è decisamente mutevole. Più che di bellezza si parla di tipologie di bambini adatti a determinati ruoli, di proporzioni per la moda e di personalità. Helen Ruffo ci racconta che tutto ha inizio con il contatto tra i genitori e le agenzie, quelle serie, che realizzano le prime foto, il composit. “Quando i piccoli vengono in agenzia per le prime foto devono ridere e divertirsi, per noi è fondamentale che sia un’esperienza positiva indipendentemente da cosa succederà dopo, perché non è detto che tutti lavoreranno, la selezione, infatti, dipende dalle aziende e dalle produzioni. – spiega – Da qui tutto inizia. Il mondo della moda bambini è molto a misura, fermo restando che quando sono sul set si sta lavorando ed è importante che il protagonista collabori. C’è un intero sistema che ruota attorno al bambino, personale specializzato dagli stylist ai fotografi. Il bambino viene coinvolto e per lui diventa un vero e proprio gioco di ruolo”. La selezione avviene attraverso tre modalità diverse: direttamente dalle foto, prima selezione dalle foto e successivo casting oppure il casting aperto a tutti. Certamente momenti noiosi e tempi di attesa ci sono, ma non sono poi così tanti e molti bambini li ingannano con tablet e telefonini, ma sono anche occasioni per incontrarsi e fare nuove amicizie. Quasi sempre, sempre quando si parla di bambini molto piccoli, il gioco prende il via dai genitori, dalle mamme in particolare.
“il concetto di bellezza è’ decisamente mutevole.”
“Il bambino viene coinvolto e per lui diventa un vero e proprio gioco di ruolo”
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“Le mamme accompagnano i bambini in questo mondo per molti motivi diversi, ognuno ha la propria storia. Alcuni lo fanno per proprio piacere personale, per fare un’esperienza diversa.” – Racconta Helen che di mamme ne ha conosciute davvero tante – “Per noi spesso la parte più difficile del lavoro è proprio la gestione delle mamme. E’ importante, infatti, che la famiglia non punti il proprio futuro su questo, devono tenere ben presente che si tratta di un gioco, un’esperienza e che non c’è nessuna correlazione con cosa faranno da grandi i loro figli”. Dall’agenzia continuano spiegando che anche l’aspetto economico non è particolarmente rilevante, al contrario è volutamente disincentivante. Insomma i piccoli nel mondo dello spettacolo non lavorano per soldi i guadagni vanno da rimborsi spese e capi d’abbigliamento in regalo fino a un massimo di 1000€ o 1500€ per lavori davvero importanti. “Quando da parte dei genitori c’è troppa spinta i bambini hanno meno voglia. Non deve mai essere una violenza, ma un gioco. Non è un’esperienza per tutti, ci sono bambini che si divertono e sono a proprio agio. – racconta Helen – In genere più i bambini sono piccoli e più è facile lavorare con loro. Non è semplice dire quali sono i piccoli che ameranno di più questo ambiente, spesso i bambini timidi, quelli che sembrano volersi nascondere, poi sono i più funzionali, ci sorprendono. Tra i tanti con cui lavoriamo c’è Alessandro Chiesi, che è stato testimonial di Armani, lui è timidissimo, ma al lavoro è super e grazie a questa esperienza ha avuto la possibilità di accrescere la sua autostima e acquisire sicurezza. Insomma non c’è una ricetta e una verità unica”. Dai prodotti per bambini, alle immagini che raccontano di famiglie il mondo della pubblicità, della televisione e del cinema richiede tanti piccoli artisti e per loro le possibilità di lavoro sono numerose. Nessuna scuola di recitazione per loro, almeno all’inizio, tutto avviene per emulazione, i piccoli vengono coinvolti in azioni reali. Certo c’è bisogno di predisposizione, ci sono bambini molto pazienti che rifarebbero la stessa cosa anche cento volte. “Ovviamente si tratta di un gioco che ha delle regole, alla fine di una giornata di lavoro si deve portare a casa un prodotto e i bambini che fanno parte di questo gioco devono fare la loro parte – spiega Helen Ruffo – ma chi lavora in questo mondo in maniera seria sa che bisogna piacere ai bambini, bisogna essere ben strutturati per interagire con loro. Un ruolo fondamentale però lo hanno i genitori, insieme a un’agenzia seria, che permettono ai bambini di vivere tutto in maniera positiva”. Per Helen è fondamentale che “i bambini restino bambini”, Il mondo dello spettacolo per bambini, ci spiega, rifiuta in assoluto immagini di piccoli sexi e provocanti.
“la parte piu’ difficile del lavoro è’ proprio la gestione delle mamme”
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quel sapore esotico ci spingono a sognare un viaggio Polinesiano. Ci invitano a riflettere le attiviste di Femen, partite da Kiev dieci anni fa, con i loro corpi giovani esibiti per protesta, con la pelle nuda trasformata come una tela per denunciare violenza e maschilismo. E poi ci sono gli occhi della Ragazza afgana di Steve McCurry, fotografia-icona del 1984, che ci racconta quanto la bellezza non abbia né razza, né provenienza, né età, né ceto sociale.
Conosci il paese dove fioriscono i limoni? Nel verde fogliame splendono arance d’oro Un vento lieve spira dal cielo azzurro Tranquillo è il mirto, sereno l’alloro Lo conosci tu? Laggiù, laggiù Vorrei con te, o mio amato, andare!
La società ci ha abituato a una bellezza per immagini, la pubblicità ce ne propone dei canoni ogni giorno, scegliendo storie e racconti, eleggendo modelli. Patinato ed elegante è il concorso Miss Universo, che in un certo senso ci educa a una sorta di “geografia della bellezza”, accompagnandoci in un viaggio senza barriere e confini, iniziato nel 1952. A quell’epoca la fascia fu vinta dalla finlandese Armi Kuusela e si è poi passati a incoronare donne e ragazze provenienti dai cinque continenti, dalla Colombia al
Johann Wolfgang Goethe
Nel concorso sulla bellezza del Patrimonio mondiale dell’Unesco, invece, l’Italia vince su tutti i paesi, con i suoi 54 siti già iscritti nella lista e con le 38 candidature in attesa di essere inserite fra i gioielli da preservare. Visitare questi luoghi della bellezza italiana dovrebbe essere un dovere e un regalo verso se stessi, una dichiarazione d’amore verso il proprio paese, che offre innumerevoli tessere d’un incredibile mosaico, che attraversa secoli e stili lungo lo Stivale. Ogni sito Unesco ha la sua peculiarità, il suo valore, la sua essenza, la sua bellezza che va vissuta in prima persona. Dal sanscrito arriva la parola Bet-ElZa, traducibile come il luogo dove Dio brilla, e doveva essere probabilmente questa l’idea nella mente di Leonardo Da Vinci, quando dipinse l’Ultima Cena, all’interno di Santa Maria delle Grazie a Milano. La luce
Un inno all’Italia Valentina Castellano Chiodo §
Dalle ragazze in bikini nei mosaici di Piazza Armerina alla corona di Teodolinda nel duomo a Monza I siti iscritti al Patrimonio Mondiale dell’Umanità ci suggeriscono incoronazioni di bellezza che esistevano sin dall’antichità. Basta volare a Piazza Armerina (Enna) fra i celebri mosaici della Villa romana del Casale, (fine IV sec. d.C.), dove si ammira il famoso mosaico delle ragazze in bikini: giovani ginnaste del tempo, sono ritratte in vari sport, fra cui spicca la vincitrice, che riceve una corona di fiori.
“La bellezza è un enigma” scriveva Fëdor Dostoevskij. Com’è quindi possibile scegliere e rappresentare la bellezza nel mondo? Se si pensa a tutti i canoni del fascino del nostro pianeta non si può che ammettere l’arbitrarietà del giudizio geografico e quanto sia enorme la varietà di tratti umani, che in ogni luogo caratterizzano e contraddistinguono uomini e donne, anziani o bambini, così diversamente bellissima.
Nel 2011 il Duomo di Monza è stato dichiarato Patrimonio Testimone di una Cultura di Pace per l’Umanità dall’Unesco: scoprite nella cappella la Corona Ferrea della Regina Teodolinda, forse d’epoca carolingia, una delle opere più dense di significato della storia d’Occidente, una reliquia sacra e simbolica carica di storia, mistero e fede.
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Ci aiutano, nell’arte, Botticelli e la sua Venere che emerge dalle acque, coprendosi pudicamente con lunghi capelli o il Canova con le Grazie, dalle movenze dolci, dalle forme morbide. Poi la mente vola alla spavalda e fiera Olympia di Manet o alle ragazze haitiane di Gauguin, che con
Giappone, dal Brasile al Libano, fino ai nostri giorni in cui la giuria ha premiato veneri d’Angola e Venezuela, Filippine o Francia, fino all’ultima vincitrice, proveniente dal Sud-Africa. La prossima finale di Miss Mondo invece si è tenuta l’8 Dicembre 2018, a Sanya, in Cina. A rappresentare l’Italia Nunzia Amato, 21enne partenopea, alta 1,80 cm, dai lunghi capelli castani e dallo sguardo magnetico con occhi azzurrissimi, il giusto mix del regno delle due Sicilie, quello che fonde mondo arabo e tratti chiari del ceppo normanno, per un gusto tutto mediterraneo, che racconta la nostra storia nei secoli, per una bellezza italiana, unica e affascinante nel suo genere, orgoglioso risultato di un melting pot genetico fatto di incontri, dominazioni e amore.
“l’italia vanta cinquanta siti iscritti nella lista dell’unesco”
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c’è nel dipinto rinascimentale fra i più apprezzati in tutto il mondo, capace di colpire al cuore ogni turista. La lista del Patrimonio Unesco italiano è lunga e incredibilmente varia ed è riduttivo elencarne i luoghi più amati, ma come si fa a non citare il centro storico di Roma o quello di Firenze, Venezia e la sua Laguna, le basiliche di Assisi o i vicoli di Napoli. Ci sono montagne come le Dolomiti e isole vulcaniche del profondo sud, come le Eolie, ci sono ville e giardini, coste e città, monumenti e tradizioni immateriali da tramandare, dall’opera dei pupi alla falconeria, dal canto a tenore sardo ai liuti di Cremona, dalla vite di Pantelleria alla mitica arte dei pizzaioli napoletani. Basta aprire la porta di casa, fare il primo passo e andare alla scoperta: lì fuori c’è un intero paese votato alla Bellezza, da conservare, valorizzare, condividere. L’Italia, al primo posto.
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UMBRIA UMBRIA
Umbria regina dei Borghi più belli d’Italia CHIARA BORSINI § Cosa fa di un borgo il borgo più bello d’Italia? Una popolazione esigua, un patrimonio architettonico e naturale di qualità certificata, l’integrità del tessuto urbano, la vivibilità del borgo, la manifestazione della volontà di valorizzazione, sviluppo e promozione del territorio e, infine, il pagamento di una quota associativa annuale. Questi i criteri di eleggibilità stabiliti dall’associazione I borghi più belli d’Italia, che dal 2001 si occupa della valorizzazione e salvaguardia di piccoli conglomerati urbani che si trovano spesso al di fuori dei principali circuiti turistici. Certo è che in Italia, paese che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità secondo l’ Unesco, per le centinaia di piccoli gioielli urbani che costellano il territorio nazionale, non è facile primeggiare. Eppure l’Umbria detiene il record di nomination, con ben 28 piccoli borghi e questo non stupisce – sebbene sia una delle regioni più piccole e meno densamente popolate del paese – se si guarda ancora una volta ai criteri per l’ammissione a questo peculiare concorso di bellezza. Ne citiamo soltanto alcuni di quelli nominati dalla guida dei Borghi più belli d’Italia, dislocati in zone diverse della regione, per rendere omaggio a tutti i nostri splendidi paesaggi, naturali e culturali. Miss Rinascimento – Acquasparta È la più illustre rappresentante del Rinascimento umbro, grazie anche a Palazzo Cesi – che nel 1624 ospitò Galileo Galilei e che fu sede di una delle più antiche accademie scien-
tifiche del mondo, l’Accademia dei Lincei. Deriva il suo nome dal latino, acquas partas (acque sparse), a indicare la ricchezza idrica della zona, in prossimità delle sorgenti Fabia. Miss Medioevo - Bevagna Antica città etrusca, prima di diventare un importante centro romano, dotato di terme e di un teatro. Mevania è anche il borgo delle botteghe e dei mestieri medievali, riportati in vita durante il Mercato delle Gaite. Miss Trasimeno – Passignano sul Trasimeno Castello protetto da una cinta muraria di colline rigogliose, con viti ed ulivi, conserva intatta nella pietra delle case la sua bellezza antica. La rocca è sede del Museo delle Barche delle Acque Interne Italiane. Miss Regno d’Italia - Citerna Prima tra tutte le città umbre a entrare a far parte del Regno d’Italia, la romana Citerna, menzionata da Plinio il Giovane per la salubrità dell’aria e la bellezza del paesaggio, domina l’Alta Valle del Tevere, e in grembo serva un’altra città sotterranea. Miss Miniatura – Montecastello di Vibio Vicoli, torri, mura e persino il teatro – il più piccolo del mondo – sono le deliziose miniature urbane caratteristiche di questo piccolo centro immerso nel verde del Parco Fluviale del Tevere. Miss Nettare degli Dei – Montefalco Città di origine romana, Montefalco deve il suo nome a Federico II – che vi soggiornò dal 1249 al 1250 – e alla sua passione per la caccia al falcone. È nota anche come “ringhiera dell’Umbria”, per lo splendido panorama che si staglia oltre le sue
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mura ed è attraversata dalla Strada del Sagrantino, Docg che si è ormai affermato come uno tra i migliori vini italiani. Montefalco è infatti una delle più rinomate Città del Vino, proprio per la produzione di questo pregiato rosso. Miss Quiete – Vallo di Nera Piccolo gioiello medievale arroccato su una collina nel cuore della Val Nerina, il borgo di pietra, lambito dal fiume Nera e dal suono delle sue acque, è un luogo di pace e di incontro autentico con la natura. Miss Leonessa dell’Appennino – Monteleone di Spoleto Città che ha conosciuto la cultura etrusca, romana, longobarda e il passaggio funesto dei saraceni e di Federico II di Svevia, Monteleone troneggia sulla valle del fiume Corno, circondata dalla catena montuosa dell’altopiano di Leonessa e nel suo museo conserva la copia di una biga etrusca del VI secolo a.C. oggi esposta al Metropolitan Museum di New York. Miss Regina degli Ulivi – Trevi Borgo antichissimo che deve forse il suo nome alla dea Diana, o Trivia, Trevi è nota soprattutto per la pregiata produzione di olio d’oliva, che sin dal XIV secolo ne ha fatto un importante centro commerciale. Arroccata su una collina poco lontana dal letto del dio Clitunno e dalle sue fonti, colpisce quando svetta oltre la nebbia nelle prime ore dei giorni di novembre.
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BORGO
Spello femminea e irresistibile Federica Menghinella § Spello più la guardi più è bella: a dirlo la saggezza popolare che, come si sa, non mente mai. Una bellezza discreta, elegante e da scoprire: se fra tutti i petali di quella Rosa dell’Umbria descritta dal folignate Giuseppe Bragazzi nel 1864 fosse ingaggiato un concorso, sarebbe certamente Spello il più profumato, vincendo in preziosità Foligno, Trevi, Nocera, Montefalco Bevagna e persino ‘Asisi’.
SPLENDIDISSIMA
la tradizione - nel giorno del Corpus Domini decorò per prima una strada con i fiori: odorose ginestre e finocchio aromatico del Subasio per onorare la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Un atto di devozione che precede di oltre un secolo le mirabili raffigurazioni a tema sacro che nascono nella notte dei fiori portando ogni anno in città 100.000 visitatori Spellana fu una delle più grandi letterate fra ‘600 e ‘700: Gaetana Passerini, nata qui nel 1654 e morta nel 1714, membro dell’Accademia letteraria dell’Arcadia fondata a Roma. Il suo nome arcadico era Silvia Licoatide e con lei poetava anche il romano Pietro Metastasio. Spello dunque è una Musa straordinaria e la sua bellezza ed energia creativa colpì, nel medesimo periodo di attività della Passerini, anche un’altra donna protagonista della storia spellana: Teresa Pamphili Grillo (1680 – 1762), che la tradizione vuole si fosse fermata qui durante un viaggio per dimenticare un’infelice vita coniugale. Una benefattrice, ma soprattutto una mecenate, donna colta e aristocratica proveniente da Roma: a lei dobbiamo l’impianto del giardino all’italiana di Villa Fidelia – all’epoca di sua proprietà - organizzato sopra la più alta costruzione romana del santuario con siepi di bosso e giare con agrumi ed essenze vegetali profumate; il muro con nicchie e fontane, a monte del giardino stesso, e l’ampliamento e la ristrutturazione della Villa secondo uno schema che richiamava in piccola scala la romana Villa Madama. Una città femminea e irresistibile, così cantata da D’Annunzio: “Spello qual canto palpita nei petti delle tue donne alzate in su la Porta di Venere? La Dea che non è morta l’arco nudo t’adorna di fioretti…”. Non ce ne vogliano dunque le vicine, pur bellissime, città dell’Umbria: la Splendidissima riassume in se quelle caratteristiche di eleganza, ricchezza e complessità che la rendono davvero la più bella fra le belle.
La bellezza qui è ovunque ed è spesso femmina. Lo ricorda Porta Venere, monumento simbolo della città che si staglia, con le sue due maestose torri, a celebrare il divino femminile: una porta sacra attraversata dalle processioni d’età augustea così come, in epoca medievale, dai cortei dei consoli di Spello. Fu chiamata in questo modo nel XVII secolo per la vicinanza con un tempio dedicato alla dea della bellezza, di cui furono rinvenute evidenti tracce nel parco di Villa Fidelia. Nella Splendidissima colonia Iulia il tempo si è fermato; la città femminea all’alba e al tramonto arrossisce del rosa della pietra del suo sacro monte Subasio perché pervasa di una bellezza mai ostentata e tutta da scoprire, bella senza essere giovane, bella senza volerlo. Bella come i suoi vicoli tortuosi e colmi di fiori, bella come le infiorescenze del cappero che sbocciano sulle sue mura antiche. Troppo facile ingioiellarsi con la Villa romana dei Mosaici, con la magnifica Porta Consolare e i suoi ‘tre mammocci’ romani, con la Cappella Baglioni pennellata da Pinturicchio o la Cappella Tega dei Maestri folignati Pietro di Mazzaforte e Niccolò Alunno: Spello si fa bella soprattutto mostrando i suoi ulivi secolari e la sua campagna vergine, solcata dall’acquedotto romano. Semplice dunque, ma anche regale, come Villa Fidelia vestita a festa nel giorno del matrimonio tra la principessa Giovanna di Savoia e Boris II di Bulgaria: il rito fu officiato nella Basilica di san Francesco di Assisi ma fu Spello il luogo scelto per il convivio nuziale che si tenne il 25 ottobre 1930. Nelle foto dell’Archivio Luce brillano le divise dei corazzieri, gli sposi scendono la scalinata verso il grande giardino all’italiana e la regina Elena esibisce elegantemente un velo di pizzo sul capo mentre Vittorio Emanuele III si sistema il cappello dall’alto pennacchio. Una maestosa celebrazione che portò a Spello nobili e reali di tutta Europa. Spello è Femmina come quella donna che - tramanda
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MANGIARE
FOOD
1,2,3 STELLA
Elogio al buon cibo e all’ospitalità Elia Sdei § Un caro amico mi regalò una massima che non dimenticherò mai. Era una formula davvero ben pensata e recitava più o meno così: “In Italia hanno senso di esistere solamente due categorie di ristoranti, le trattorie di paese e i ristoranti stellati. Tutti gli altri sono mero tentativo di essere uno o l’altro.” In questa estrema visione del mondo della ristorazione c’è qualcosa di follemente vero seppur totalmente privo di qualsiasi tipo di mediazione. Nel mio breve viaggio di vita nel mondo della ristorazione infatti ho basato tutta la mia esperienza su quelle che nell’ideale di massa vengono indicate come Trattorie di Paese. Lì per me il concetto di bellezza si eleva ai massimi livelli: sono belle le tovaglie a quadretti bianche e rosse e i tovaglioli di carta, è bello il proprietario che sicuramente è li da talmente tanti anni da aver già finito di pagare il mutuo, sono belli persino gli errori, tipici di chi vive qualsiasi lavoro con la giusta leggerezza. C’è bellezza nei piatti e nei bicchieri spaiati, nelle brocche di vino della casa, nell’agnello di montagna la cui provenienza, coperta da segreto professionale, non ti è data sapere. Per me e per il povero me che si appassiona di cibo questo è il non plus ultra possibile. Quindici posti a sedere, sperduto su una montagna dove, ringraziando il cielo, il cellulare non prende e hai tutta la semplicità della natura riversata nel piatto. Cosa poter volere di più di questo? Nulla, ve lo dico io. Divento così un grande alfiere della cucina rustica, dei luoghi senza tempo e senza fronzoli, sicuramente senza carta dei vini. Soffro quando la Piccola Baita di Pieve Torina ci lascia per sempre dopo il terremoto, loro e i mitici zampetti in umido di Nonno Ugo. Mi esalto quando vedo su un menù qualsiasi cosa con i gamberi di fiume. Penso che non ci sia niente di meglio nella vita che passare una domenica così, con i polpastrelli che diventano un tutt’uno con i tovaglioli. Poi un giorno succede una cosa, una cosa che rivoluziona il mio perentorio e ben radicato concetto di bellezza. Vengo portato, per il mio 30esimo compleanno alla Madonnina del Pescatore di Moreno Cedroni, due stelle Michelin e chissà quanta altra roba di guide tra cappelli, forchette e quant’altro. Era un desiderio che covavo da tempo quello di provare un ristorante stellato anche se, per cultura, ma non per pregiudizio, non avevo mai osato avvicinarmi. Vi voglio raccontare la cosa che ho pensato appena uscito da li: COSA DIAVOLO HO MANGIATO DI PRECISO NELLA MIA VITA FINO AD ORA? La Madonnina del Pescatore ti fa capire cos’è un meraviglioso piatto di pesce, cosa non scontata nella comprensione del gusto per uno che viene dall’entroterra. Toglietevi dalla testa tutto quello che si vede in TV, tutte le sovrastrutture e questa tendenza ultima di trasformare gli chef (o i cuochi) in rockstar. In un ristorante stellato si fa sul serio, si mangia sul serio, si beve sul serio. C’è ricerca, estro, ricchezza di informazioni, di tempo speso su qualche grammo di prodotto, su un cubo di gelatina di basilico che ti esplode in bocca e chissà quale altro ingrediente che conoscevi in un modo e ti ritrovi in un altro. Qui non sei giudice, non ti trovi in chissà quale programma di chissà quale gara culinaria a mangiare con gli occhi e a fidarti del giudizio con gli altri. Qui sei ospite. In un ristorante stellato sei ospite di sapienza e manualità altrui. E non trovo niente di più grande esercizio di bellezza per noi che nel farci servire del buon cibo in una buona tavola. E’ tutto rose e fiori però? Per me sì. Ci sono alcuni blocchi, pregiudizi intorno alla cucina stellata: si spende molto, si esce affamati, non si capiscono i piatti eccetera, eccetera. Questo blocco va superato perché sono sicuro che ognuno può trovere, in un ristorante stellato la bellezza più alta possibile nel mondo del cibo. Questo però succederà solo a una condizione: ricordarsi che non è chi sta dietro i fornelli il re del ristorante, come la mediaticità del periodo ci impone, ma il RE è l’ospite, siamo noi. Torniamo noi ospiti seduti sul trono, come deve essere nella sacralità di ogni tavola preparata. Qualsiasi luogo, stellato o trattoria, che rispetterà questa condizione ci offrirà bellezza che è sinonimo estremo di ospitalità.
“in un ristorante stellato si fa sul serio”
“in un ristorante stellato si fa sei ospite”
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Chef: Ivan Pizzoni
LE LORO RICETTE
Forno Pizzoni / Umbria
Ristorante BEDDINI BISTRO / Umbria
INGREDIENTI: 1,2 KG FARINA DI FARRO TRITICUM DICOCCUM DA COLTIVAZIONE BIOLOGICA MACINATO A PIETRA N. 1 / CIRCA 900G. ACQUA, 30 G. DI LIEVITO NATURALE O LIEVITO “MADRE” DI FARINA INTEGRALE MACINATA A PIETRA / 10G. SALE
La Trippa INGREDIENTI: TRIPPA DI VITELLO / PASTA DI SALSICCIA, SEDANO / CAROTA / CIPOLLA / PEPERONCINO FRESCO / VINO BIANCO, PASSATA DI POLODORO BIO / PECORINO / OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA / MENTA FRESCA / ARANCIA / ALLORO / LIMONE
Procedimento - Pulire bene la trippa di vitello, lessarla in abbondante acqua salata con mezzo limone. Cuocerla fino a che non risulta morbida. In una pentola, con olio, far appassire
Procedimento - per ottenere un pane di farro ben lievitato è necessario un lungo tempo di lievitazione (circa sedano, carota e cipolla, tritati non troppo finemente, il peperoncino e l’alloro. Aggiungere la pasta di salsiccia, far rosolare bene il tutto e aggiungere la trippa precedentemente tagliata a julienne. Salare il giusto e portare a cottura, con aggiunta di pomodoro fino a che il tutto non risulti della densità desiderata. Aggiungere abbondante menta e ,prima di servire, scorsa d’arancia grattuggiata. Pecorino a piacere.
La tartare del Norcino
Riso di Semola INGREDIENTI: 6 UOVA BIO / 6 FETTE DI LARDO SALATO ALTO O GUANCIALE + 4 PER LA GUARNIZIONE / PEPE FRESCO PER IL RISO DI SEMOLA: 240G. DI RISO DI SEMOLA / 20G. DI CIPOLLOTTO FRESCO / 2L DI BRODO VEGETALE / 300G. DI ASPARAGI DI BOSCO / 5G. DI AGLIO FRESCO / OLIO EVO / SALE / PREZZEMOLO / 50G DI PARMIGIANO GRATTUGIATO
Procedimento - Fiammeggiare e
pulire i piccioni, tenere da parte i fegatini. Disossare i piccioni ricavando i petti interi con l’osso della spalla attaccato e pulito. Con il resto della polpa, eliminando parte della pelle, fare il raviolo. Saltare in una padella i fegatini a fiamma vivace con olio e aglio fresco, unire la salvia e bagnare con aceto, unire pepe fresco e sale. Macinare ora i fegatini con il resto della polpa cruda e aggiustare di sapore. Cuocere i fogli di pasta, freddarli, asciugarli e porli sopra ad uno strato di macinato di piccione sottile. Riporre in frigo coperto con della pellicola. Con le ossa faremo un fondo, rosolando in pentola le stesse con poco olio, poi unendo il sedano, la carota, la cipolla, aglio fresco, il chiodo di garofano. Far
30 ore). Sciogliere i 30 grammi di lievito “madre” realizzato con farina integrale n.1 macinata a pietra in circa 400grammi di acqua ed aggiungere 200 grammi della farina di farro, si ottiene così un impasto molto liquido (detto poolish) che si deve lasciare riposare 24 ore in frigorifero. Lasciare l’impasto a temperatura ambiente per circa 2 ore ed impastare con il resto della farina di farro ed il resto dell’acqua, aggiungere il sale solo alla fine della lavorazione. Far riposare la pasta per circa 40 minuti dando per 2 volte due pieghe all’impasto per far incorporare aria all’interno; spezzare in due e dare la forma desiderata infarinandola leggermente, lasciare lievitare per circa 2/3 ore ed infornare a 200 gradi per circa 40 minuti.
Chef: Massatani Davide NORCINERIA MASSATANI 1913/
INGREDIENTI: 80GR CIAUSCOLO MASSATANI / FUNGHI PORCINI / SCAGLIE DI GRANA 36 MESI / SEDANO DI TREVI / PANE COTTO A LEGNA
Procedimento - Tagliare il sedano a piccoli dadini, battere al coltello il ciauscolo ed inglobare il sedano, rifinirlo con un coppapasta rotondo. Tostare una fetta di pane cotto a legna tagliato a
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
Pagnotta di pane di farro a lievitazione naturale INGREDIENTI PER 2 FILONCINI DA 800/900 G.
...la tua tavola
Chef: Pierfrancesco Brega (detto Piero)
Il pane di una vita
listelli. Far rosolare i funghi con olio e sale e adagiarli sopra al medaglione di tartare. Impiattare con le scaglie a piacimento, il pane tostato e un filo di glassa d’aceto balsamico e goderselo con un buon calice di vino Rosso di Montefalco.
Umbria
Chef: Marco Gubbiotti Ristorante CUCINAÀ / Umbria brasare qualche minuto poi bagnare con il vino bianco. Unire il mazzetto di erbe e aggiungere abbondante ghiaccio. Coprire con un coperchio e far quocere per circa 2 ore aggiungendo del liquido se necessario. Una volta pronto filtrare e se necessario ridurre ancora. Tagliamo la pera e il finocchio a cubetti, metterli in una padella con il resto degli ingredienti e a fiamma alta far caramellare facendo attenzione a non fargli cambiare colore. Sbianchire in acqua bollente i piselli per pochi secondi, se la stagione e’ all’inizio e sono piccoli e teneri si puo’ evitare di togliere la second buccia. Saltarli in padella con poco aglio fresco e rosmarino Per la polvere di spezie sarebbe addatto una macina di spezie oppure cerchiamo di trovarle gia’ in polvere, anche se la carica aromatica sara’ piu’ basssa, unirle al pane, a poco cacao e agli amaretti. Al momento di servire rosolare i petti da tutti i lati e poi passare in forno per 5 minuti, nel frattempo tagliamo il raviolo di coscia di forma rettangolare e lo cospargiamo di polvere di spezie, lo mettiamo nel piatto e poi sopra aggiungiamo gli altri elementi. Per ultimo adagiare il fondo di cottura, la chutney, le erbe e il mosto cotto.
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Panettone uvetta e canditi INGREDIENTI: FARINA DI FRUMENTO / ACQUA / BURRO / LIEVITO DI BIRRA / ZUCCHERO / TUORLI D’UOVO / UVA SULTANINA / CUBETTI DI ARANCIA E CEDRO CANDITO
Procedimento - Impastare la farina
con acqua, lievito e zucchero per 20 minuti fino a creare una maglia glutinica o velo. Aggiungere lo zucchero e poi il burro morbido non sciolto, per ottenere un impasto liscio e setoso. Mettere a lievitare in cella a 26-27 C con un’umidità al 60% per 12 ore e comunque fino alla quadruplicazione del volume totale. Impastare il pre-impasto con la farina e l’acqua per 15 minuti, aggiungere lo zucchero, il burro, i tuorli, la frutta candita e l’uvetta senza mai superare i 30 C dell’impasto finale e fino a quando la
distribuzione della frutta non sia uniforme. Porre in cella a 30 C con umidità al 70% per 60 minuti. Spezzare, tornire e porre in uno stampo alto da panettone e far lievitare per 4-5 ore a 30 C con umidità al 80%. Prima di infornare porre una noce di burro su ogni panettone. Ogni panettone da 1 kg cuocere per 50 minuti: i primi 35 a 150 C per poi aprire il vapore abbassando la temperatura per terminare la cottura. Una volta sfornati vanno capovolti e appesi con appositi spilli per 24 ore. Servire leggermente caldi !
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Chef: Francesca & Arianna Silveri FORNO SAN FELCIANO / Umbria
CONVERSARE
MUSICA INTERVISTA
Le canzoni accadono ggio
Ma Antonio
Il cantautore Antonio Maggio racconta la sua vita tra X-Factor, Sanremo e la voglia di confronto, senza competizione. Roberta Palmioli § Antonio Maggio è al telefono. Una conversazione sospesa tra l’Umbria e il Salento, ma le distanze svaniscono appena la reciprocità di parola comincia, perché una voce può diventare materica quanto uno sguardo. Gli chiedo come l’amore influenza la sua musica e se per lui è questa la vera bellezza e raccolgo un sorriso senza vederlo. Passa oltre. Ritento e finalmente si abbandona. << L’amore è il motore di tutto, è una forma pura di bellezza, è un punto condizionante. >> Talentuoso, sempre guidato dalla passione per la musica e dalla ricerca di nuove modalità di espressione. Il cantautore salentino ci racconta la sua esperienza con la musica di ieri e di oggi. Sono diverse le vittorie, ma soprattutto sono molteplici i festival e i concorsi che lo hanno visto sul podio, non solo per la sua voce. Premiato tra i bellissimi di Sanremo, arrivato al terzo posto tra i primi 15 uomini meglio vestiti nella storia del Festival, secondo a Francesco Renga e terzo a Domenico Modugno.
“la bellezza e’ uno dei pochi appigli per salvarsi”
Tutto inizia da bambino. Cantautore italiano, classe 1986, ha partecipato a molti concorsi e festival tra cui Castrocaro, che ha visto voci come Fiorella Mannoia, Alice, Zucchero, Iva Zanicchi e molti altri; X Factor con il progetto “Aram Quartet”, vincendo il talent show. Qualche anno dopo lo vediamo partecipare al Festival di Sanremo, vincendo ancora una volta nella sezione “Giovani” con il brano “Mi servirebbe sapere” pubblicato per la Universal e vincitore del disco d’oro grazie alle oltre 25000 copie vendute.
La bellezza salverà il mondo? La bellezza, beh la bellezza è uno dei pochi appigli per salvarsi, per ripararsi da se stessi, intesa non dal punto di vista estetico, ma ricercata nelle piccole cose. Molto spesso dimentichiamo uno sguardo al cielo sereno, la poesia di un fiore che nasce; le piccole, ma in verità grandi cose. In che forma la bellezza ti sostiene nella musica? Nel dialogo. Parlare è la forma più alta di bellezza, di scambio, di crescita. Confrontarsi.
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Come viene composta una canzone? Le canzoni accadono. Immagini e parole che si trasferiscono, la musica è il tramite per parlare di ciò di cui la parola non sempre può parlare. La musica è rivelazione e non ti permette di restare solo. Sanremo e X Factor, cosa puoi dirci a riguardo? Ovviamente non sono paragonabili. X Factor dura tre mesi ed è un percorso di cover e viene votato a 360° oltre l’artista anche il personaggio. Mentre a Sanremo viene votata la canzone. Sono due punti di vista diversi. X- Factor in modo particolare ha rappresentato una palestra, utile per prendere confidenza con l’ambiente discografico e con le regole economiche che guidano il business della musica. Più che dei concorsi li definirei delle “occasioni”, perlomeno per me hanno rappresentato questo.
“la musica è’ veicolo”
Quanto conta il giudizio del pubblico per te ? Il giudizio del pubblico è senza dubbio sovrano, se piaci al pubblico è la vittoria più significativa.
Nei concorsi di bellezza così come nei concorsi musicali la “competizione” ha un ruolo predominante, tu in che modo la vivi ? Non amo la competizione. Ritengo sia sbagliato mettere la musica sotto forma di competizione. La musica è confronto, unisce, avvicina. La musica è veicolo o “contenitore di risonanza”. Il concerto è un vaso comunicante, non è altro che uno scambio tra chi emette il suono e chi lo riceve, investito da questa forza.
scena, di come e quanto irruppero sullo sfondo di uno scenario povero con la sola potenza dell’arte, la consapevolezza di poter parlare in prima persona e quindi di scrivere, di arrivare alle generazioni, rimanendo sempre sulla cresta dell’onda in modo originale. I Beatles hanno cambiato, non soltanto la musica, ma anche i costumi e la visione di intere generazioni. Una nuova forma di bellezza musicale. Ecco, insomma, non vorrei dilungarmi troppo su questo argomento, ma Massimo Donà ha saputo riaccendere in me una voglia di confronto che si era assopita da un po’. Come può assopirsi in te la voglia di confronto? Accade, accade quando non ci si guarda negli occhi, o quando ci si parla poco. I social oggi camuffano la realtà, viene a mancare il contatto fisico e visivo. Hai parlato di social, secondo te come influiscono, oggi, nel lavoro di un artista e nel suo rapporto con il pubblico? Il social è un divisorio infrangibile, perché è telematico. E’ triste oggi andare da un etichetta e sentirsi chiedere quanti followers hai, piuttosto che ascoltare le tue ultime canzoni. Non voglio essere troppo cinico, ma credo che questo stia diventando un male incurabile. Bene. Grazie Antonio
Quanto l’estetica influisce sulla musica? Che tipo di relazione c’è? La frase più comune che mi viene in mente è “l’abito non fa il monaco”, pensiamo a Lucio Dalla, non era certo famoso per il suo aspetto fisico, eppure ci ha dimostrato, attraverso la sua arte, il titano di uomo che era. Insomma, l’estetica è estremamente relativa nel suo rapporto con la musica. Vorrei poterlo pensare sempre, anche se sembrerebbe non essere più così, questa troppa ricerca dell’estetica o della costruzione del personaggio, molto spesso ci distrae dalla musica. Oggi rispetto a ieri, senti che è cambiato qualcosa nel modo di comporre la tua musica? Sicuramente si. E’ emerso un nuovo modo di leggere gli eventi della vita. In passato ero più ironico nei testi e nelle melodie che componevo, ora sono molto più introspettivo, non che prima non lo sia stato, ma era diverso, si. La canzone che più di tutte rappresenta la bellezza per te? Fammi pensare. Ce ne sono molte. Una soltanto, suggerisci ai tuoi lettori una sola canzone. “Futura” di Lucio Dalla. E’ una canzone di speranza, è il simbolo di un amore. La presa di coscienza, il voler guardare avanti. Il futuro non è migliore o peggiore, il futuro è futuro. Più che una canzone è una sceneggiatura. Ho sempre pensato che mia figlia si chiamerà Futura, d’altronde quale migliore auspicio per un figlio se non quello di augurarle tutto il suo futuro, magari là, dove passerà il resto della sua vita.
“con la musica ci si innamora spesso”
L’amore per una canzone rimane sempre costante nel tempo o varia al variare degli anni? Bella domanda. Le canzoni appartengono alla propria vita, sono parte di un tragitto e racchiudono un sentimento, ma l’ultima canzone rappresenta ogni volta il più grande amore. Con la musica ci si innamora spesso. L’artista cresce insieme alla persona e crescendo si esplorano nuovi mondi. Le canzoni corrispondono a determinati periodi della vita, così come per chi le ascolta.
Quale è stato il confronto che ti ha toccato in modo particolare? Ce ne sono stati molti. Posso dire che l’ultimo è stato quello con Massimo Donà, filosofo e musicista italiano, sono stato invitato a discutere in un talk dove veniva presentato il suo ultimo libro “La filosofia dei Beatles”. Abbiamo discusso dell’apparizione dei Beatles sulla
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ASCOLTARE
MUSICA
Ci vuole coraggio per arrivare ultimi a Sanremo Ma anche un’audizione per un talent non scherza Miracoli e miserie dei concorsi musicali, quando lo spartito è una sfida spietata Andrea Luccioli §
più successo del collega, è una cosa che si impara sin da piccoli e che si coltiva nel tempo. Si comincia presto, già dalle scuole di musica. È qui che la competizione tra i corsisti genera le prime “classifiche” e conseguenti invidie. Vogliamo poi parlare delle “rivalità” tra i gruppi giovanili o di quella “epica” tra le grandi band? Beatles contro Rolling Stones, Duran Duran contro Spandau Ballet, Oasis contro Blur, solo per citare qualche caso eclatante. La musica è anche questo, una gara, una sfida. Senza esclusione di colpi. Non a caso in giro è un pullulare di concorsi musicali. Di ogni tipo, per ogni genere, per ogni occasione. A volte, per dargli una veste più “leggera”, li chiamano festival. L’Italia in questo è maestra. Era il 1951 quando venne trasmesso il primo Festival della Canzone Italiana, il Festival di Sanremo. Manifestazione che è un po’ il simbolo dei concorsi musicali italiani e per certi versi ne è anche lo specchio più fedele. Sicuramente è uno dei concorsi più longevi e che ebbe un celebre “rivale” tra il 1956 e il 1975, Canzonissima, ovvero la trasmissione Rai che insieme a dell’intrattenimento comico, proponeva un concorso musicale molto seguito. Erano gli anni della musica in vinile e in televisione. Proprio come oggi, a ben guardare. Qualcosa deve essere andato storto, o forse no. Ma torniamo ai concorsi. In giro per l’Italia è un fiorire di sfide all’ultima nota. A volte ci sono giurie qualificate, a volte c’è qualche personaggio famoso, altre volte ci pensa il pubblico. La summa di tutto questo, e facciamo un passo indietro, è proprio Sanremo. Una manifestazione che negli anni è cambiata rimanendo la stessa. Una kermesse canora che, a ben vedere, sa essere crudelissima. Proprio come le competizioni vere. Avete mai pensato quanto possa essere tremendo arrivare ultimi a Sanremo? No? Ve lo dico io, tantissimo. E passi che poi magari le vendite dei dischi possono far recuperare un minimo di fiducia, la verità è che Sanremo sa essere un concorso spietato. Un po’ come tutti i concorsi qualcuno potrebbe dire. Ma pensate ai milioni di spettatori che lo seguono e capirete perché la competizione
è altissima e chi arriva in fondo alla classifica non la prende tanto bene. Però, a ben guardare, ci sono dei concorsi musicali ancora più “traumatici” e per certi aspetti, passatemi il termine, emotivamente violenti. Mi riferisco ai talent show, posti dove in realtà, al di là del nome, il talento è spesso solo un aspetto collaterale, un accidente. Vince chi resiste alla pressione, chi non teme il televoto e ancora prima il giudizio, spesso sprezzante, di quattro giudici armati di pulsante rosso e lingua tagliente. Se Sanremo sa essere crudele, i talent show possono esserlo ancora di più. Mi ha colpito molto, qualche anno fa, l’uscita di scena improvvisa da uno di questi talent di un duo giovanissimo e molto bravo, i Daiana Lou. La dichiarazione con cui si sono autoeliminati è una sorta di monito a chi verrà dopo, ma anche un’amara resa a un format televisivo che crea pochi eroi e molte lacrime in chi tenta di salire in carrozza. “È una centrifuga che ci fa male. Non possiamo passare dal ricordare un ragazzo morto alla pubblicità delle patatine, non ce la facciamo più”. Questo perché la trasmissione si era aperta con un omaggio ad un artista scomparso mentre partecipava al talent e il cui ricordo, però, era finito in una sorta di tritacarne emotivo in cui in mezzo c’era anche tanta pubblicità. I Daiana Lou sono scesi dalla giostra, altri hanno deciso di continuare e accettare l’altro lato dello show. È il prezzo da pagare. I talent non sono altro che l’evoluzione voyeuristica dei “vecchi” concorsi musicali. Solo che ora siamo ai tempi del Grande Fratello e questo cambia un sacco di cose. Avete mai pensato a quanto possano essere terrificanti le audizioni per accedere ai talent? Quelle che vi spiattellano su YouTube, per intenderci. E non parlo delle qualità dei candidati, parlo della sottile morbosità con cui guardiamo i video di gente che crede di avere talento e invece non si può permettere manco una serata al karaoke. Morbosità che si trasforma spesso in scherno con tanto di deriva sui social. Cosa fare allora? Non chiedetelo a me. Io apprezzo sia Gerschwin che Ravel, ma quando mi capita davanti un talent, solitamente cambio canale.
per diventare bravo come lui. Ravel, narra ancora la leggenda, dopo qualche istante di silenzio, lo avrebbe guardato negli occhi dicendogli qualcosa che dovrebbe aver suonato più o meno così: “È molto meglio fare dell’ottimo Gershwin, piuttosto che del cattivo Ravel”. Un caso di ammirazione condito da un pizzico di invidia e risolto con saggezza. Ma non sempre le cose vanno così. Anzi. Questo perché il mondo della musica è un mondo competitivo, un mondo dove “fare meglio dell’altro”, che poi equivale solitamente all’avere
L’aneddoto pare sia stato molto romanzato, ma la versione che più ci interessa recita così. Siamo nel secolo scorso. È il 1928 per la precisione e il compositore e pianista francese, Joseph Maurice Ravel, attraversa l’oceano Atlantico per recarsi in Canada prima e negli Stati Uniti poi. È qui che incontra il suo alter ego americano, George Gershwin. Quest’ultimo, grande estimatore del collega, pare si sia rivolto a Ravel chiedendogli delle lezioni
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VEDERE
CINEMA
Bellissime e tormentate Lo splendore della galleria al femminile del maestro Bernardo Bertolucci Andrea Fioravanti § Nell’epoca della comunicazione globale, del flusso continuo di informazioni e commenti, sempre più spesso capita che la scomparsa di un “maestro” diventi occasione di polemica. Anche la perdita di Bernardo Bertolucci si è trasformata in un tribunale pubblico con il popolo dei social pronto a esprimere il proprio parere sul regista in uno spettro che oscillava dal ricordo commosso alla richiesta di una feroce “damnatio memoriae”. Che un artista profondo, complesso e anche contraddittorio come Bertolucci venga fatto oggetto di giudizi superficiali è la testimonianza dei tempi: qualunque argomento, anche quello più lontano e delicato, “merita” la nostra opinione. A livello politico molti hanno tirato fuori la vecchia descrizione di Bertolucci come di un “cineasta comunista, ma ben dotato di paracadute borghese”. Quella che vorrebbe apparire come una definizione sprezzante in realtà ne racchiude l’immensa ricchezza. La sua formazione finemente intellettuale (figlio del grande poeta Attilio Bertolucci) e insieme contadina (trascorre l’infanzia nella campagna parmigiana) gli permette di muoversi in libertà su tantissimi fronti: dalla psicanalisi alla vita nei campi, dalle opere d’arte all’erotismo più vitale, dalla cinefilia pura alle piccole storie quotidiane, dalla passione per l’oriente a quella per le fiabe contadine. La varietà degli interessi e le sue molteplici curiosità rendono qualsiasi giudizio politico affrettato null’altro che una serie di sciocchezze. L’altro fronte polemico è stato quello relativo alla visione della donna, all’uso del corpo femminile e a determinate scene su cui troppo si è ricamato senza conoscerne l’esatto contesto e significato. Bertolucci è stato accusato di cinema maschilista lesivo della dignità delle donne. Qualcuno è giunto fino al punto di salutare come simbolica la sua morte proprio all’indomani della giornata contro la violenza sulle donne. Tutto ciò ha dell’incredibile e sottolinea ancor di più come il gioco dell’aderenza alla contemporaneità a tutti i costi conti più dell’impatto complessivo di un artista sull’immaginario collettivo, della sua capacità narrativa, della sua importanza storica e dell’influenza che la sua filmografia lascia nel canone cinematografico. Proprio il maestro, con un pizzico d’orgoglio e amarezza, sottolineava nelle sue ultime interviste: “Mi ricorderanno per aver scoperto molte giovani attrici”. Bernardo Bertolucci, infatti, non ha mai smesso di scoprire bellezze e talenti e di renderli, attraverso il suo “occhio”, indimenticabili. Certo il cinema di Bertolucci, come moltissimo cinema nato dallo sguardo maschile del Novecento, non ha mai smussato la realtà della condizione femminile. Tutto ciò da un lato lo ha portato a realizzare sequenze difficili come gli abusi sulla donna (Ultimo tango a Parigi, Novecento, Io ballo da sola) o scene semi incestuose (La luna, The dreamers, Io e te), dall’altro gli ha permesso di rappresentare figure femminili bellissime e tormentate, destinate a rimanere nella storia del cinema. La giovane Dominique Sanda ne Il conformista diventa simbolo di erotismo e passione, che travolge un uomo sposato. In Novecento la passionaria socialista Anita Furlan che
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manifesta stesa di fronte ai cavalli dell’esercito o che urla a squarciagola contro il vile attacco fascista, fa di Stefania Sandrelli l’emblema delle lotte femministe a venire. Il lavoro svolto da Bertolucci con Debra Winger ne Il tè nel deserto probabilmente è il vero capolavoro di questa galleria al femminile. Nel film l’attrice americana è Kit, moglie innamorata, ma in crisi, che compie un viaggio in Marocco con suo marito Port; un viaggio che li porterà nelle più remote regioni del deserto e dell’anima. Un personaggio monumentale quello della Winger che assiste fino all’ultimo il marito malato di tifo per poi essere rapita dai predoni del Sahara, diventare l’amante del capo della tribù nomade e infine essere liberata alla fine di un’avventura che l’ha spezzata, ma non vinta. Secondo le parole di Bertolucci si trattava “non di un film sull’impossibilità dell’amore perché i due coniugi sono pieni d’amore l’uno verso l’altra, ma sull’impossibilità di essere felici nell’amore”; la sequenza in cui i due tentano di fare sesso su un altura nel deserto, ma desistono di fronte alla spiazzante bellezza del paesaggio è la metafora di una vicenda che riguarda la precarietà della condizione umana nel mondo. C’è poi la bellissima Liv Tyler che a 17 anni, nel film Io ballo da sola, diventa allegoria del percorso iniziatico che conduce l’adolescente a diventare donna, il tutto immerso in un’assolata quanto lussureggiante campagna Toscana: film e protagonista diventano il manifesto della bellezza e della libertà anni ’90. I suoi ultimi tre film, tratti da opere letterarie di successo consegnano al cinema altrettante figure femminili di cui due davvero indimenticabili. L’assedio racconta di un corteggiamento serratissimo in cui l’attrice Thandie Newton dà vita ad una donna forte, romantica e piena di erotismo, che soggioga in una storia d’amore travolgente il protagonista David Thewlis. Nel sottovalutato The dreamers, immerso nella primavera parigina del 1968, Eva Green diventa “la venere”: musa per il regista e oggetto del desiderio dei due protagonisti maschili. L’incontro tra l’americano Matthew e la bellissima Isabelle durante l’occupazione della Cinémathèque française è erotismo puro, dal punto di vista fisico e cinematografico. Come sottolinea lo stesso Bertolucci nel bellissimo documentario di Gianni Amelio, Bertolucci secondo il cinema, girato sul set di Novecento: “Amo filmare le donne, mi piace filmare i loro movimenti, il loro modo di camminare, di sorridere o di piangere”. Solo per la bellezza delle sue figure femminili dovremmo un’immensa gratitudine al regista Bernardo Bertolucci. Se poi ci mettessimo a considerate tutto il resto, la riconoscenza dovrebbe trasformarsi in rispetto… ed in un po’ di silenzio.
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VEDERE
ARTE
La bellezza. La bellezza oggi è morta. Emanuele Buono §
Emanuele Buono è un giovanissimo esperto d’arte torinese. Classe 2008 a soli 10 anni annovera tra le sue passioni la musica e l’arte contemporanea. Un bambino sicuramente fuori dal comune che già partecipa a conferenze e scrive articoli. I suoi sabati trascorrono tra pianoforte e mostre e i suoi testi sono scritti con grande semplicità anche quando affrontano temi complessi.
Vi chiederete voi: quando è morta? Nella seconda metà del ‘900 con la bomba atomica. E con Francis Bacon. Provate a prendere “Papa Leone X con due cardinali” (1518) di Raffaello e confrontatelo con “Studio dal ritratto di Innocenzo X, di Velazquez” (1953) di Francis Bacon. Nel primo quadro la bellezza dei vestiti e le miniature del libro sono “belle” e dettagliate, un vero capolavoro come si è soliti dire oggi davanti ai quadri antichi. Se invece guardiamo Bacon è quasi impossibile dire “bello” perché i colori sono freddi e scuri e la faccia del papa sembra un teschio. Perché questo? Perché nel frattempo scoppiò la Seconda Guerra Mondiale. La prima bomba atomica fu sganciata in Giappone e fece morire 80.000 persone. Bacon in “studio dal ritratto di Papa Innocenzo X, di
Velazquez” (1953), deformando il celebre quadro di Velazquez, raffigura il Papa seduto mentre urla: è un urlo di dolore perché il compito di un Papa è far vivere le persone in pace, senza guerre. Se una bomba ammazza 80.000 persone il Papa si sente come se gli fosse esploso il cuore. Dopo questo quadro la bellezza è sparita. Insieme a Bacon ci fu Pollock, con il dripping qui la bellezza non c’è sicuramente, così come per tutti gli altri artisti e le idee che vennero in seguito: la terza via di fuga che Fontana raffigurava con i tagli, la purezza degli Achrome di Manzoni e la complessità degli artisti concettuali degli anni ‘70. Vediamo cosa ci riserverà questo XXI secolo.
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ESSERE
IN BENESSERE
Bellezza al naturale? Stendiamo un velo peloso. Chiara Borsini § È un fatto sociale e culturale o una questione di mercato? Quello della bellezza non conosce flessioni ormai da secoli, confeziona modelli e canoni sempre nuovi, tendenzialmente – e volutamente – irraggiungibili per la maggior parte della popolazione femminile – ma, diciamolo, anche maschile. Come ogni mercato redditizio, genera bisogni che non sapevamo di avere, crea linguaggi, modella comportamenti. Diamo un’occhiata al passato, per vederci più chiaro. La storia della depilazione è antica quasi quanto l’uomo. Nasce come esigenza pratica e igienica – gli antichi egizi, per esempio, la praticavano per debellare i parassiti – ma anche come atto rituale per raggiungere la purezza spirituale: vi ricorrevano, infatti, i sacerdoti. A testimonianza dell’importanza di questa pratica, sono stati ritrovati rasoi di rame in alcune tombe egizie. A volte, invece, era questa pratica a portare gli egizi nella tomba, in quanto, prima dell’invenzione della cosiddetta “ceretta araba” attribuita a Cleopatra, usavano creme depilatorie a base di arsenico. Alla rimozione pilifera ricorrevano anche greci e romani e i metodi non erano particolarmente piacevoli neanche allora: pinzette fatte con gusci di conchiglia, proto-cerette a base di resina o pece e, rimedio un po’ più drastico, le candele. Nel medioevo il trattamento della peluria femminile veniva disciplinato dalla chiesa: sia lode alla naturalezza, ma solo se tenuta ben nascosta sotto il vestito, poco graditi i peli sotto le ascelle perché richiamavano quelli pubici. Nel XV secolo, secondo quanto si legge nel libro The Oxford Companion to the Body, la rasatura del pube femminile veniva adottata come cura per malattie come la sifilide, mentre nel XVI secolo è stata la regina di Francia, Caterina de’ Medici, a proibire alle donne incinte di depilarsi nelle parti intime, per ragioni mediche. Poi, nel XVIII secolo, Jean-Jacques Perret, barbiere e chirurgo, fa la sua comparsa nella storia dell’epilazione femminile, inventando il rasoio, strumento perfezionato dalla Gillette, che nel 1915 lancia il primo rasoio studiato espressamente per gambe e ascelle
femminili. A partire dal XX secolo, venute meno le motivazioni legate alla salute, le donne hanno continuato imperterrite a estirparsi peli dal corpo grazie all’incentivo della moda e della pubblicità. Nello stesso anno in cui Gilette mette i rasoi femminili sul mercato, la rivista Harper’s Bazaar comincia a pubblicare reclame di creme depilatorie in cui avvenenti donne mostrano visi, ascelle e avambracci completamente implumi. “La donna di moda dice che il sottobraccia deve essere liscio come il viso”. Questo l’imperativo dettato dagli slogan dell’epoca. E se lo dice la donna di moda, c’è da rimuovere ogni indugio – e pelo – al riguardo. Secondo la storica Christine Hope, che negli anni ’80 ha dedicato un intero studio alla questione, intitolato Caucasian Female Body Hair And American Culture, il 66% delle pubblicità di Harper’s Bazaar menzionava gambe perfettamente lisce. Una pubblicità del 1939 addirittura recitava: “Le calze alle caviglie al campus vanno bene, le gambe pelose no”. A seguito delle contestazioni del ’68 e della rivoluzione sessuale, il rapporto di molte donne con il proprio corpo, e con la sua rappresentazione, cambia drasticamente. In buona parte d’Europa – meno in Italia – la liberazione femminile avviene anche attraverso l’accettazione della propria natura e dei propri bulbi piliferi. Via rasoi, cerette e creme depilatorie istantanee. Cosa è rimasto dei movimenti del ’68? Un’eredità ideale, di ispirazione per movimenti nowax, come “Hairy Legs Club” (il Club delle Gambe Pelose) che attraverso un blog su Tumblr ha raccolto le foto di migliaia di donne che hanno rinunciato alla depilazione. Eppure, il rapporto tra peluria e idea di femminilità, così come il principio di autodeterminazione estetica e di identità femminile, rimangono temi spinosi, in grado di generare dibattito e, soprattutto, giudizi. Lo dimostrano la violenza degli insulti subiti dalla modella svedese Arvida Byström, che ha posato per una campagna pubblicitaria di Adidas Originals senza passare prima dalla cabina dell’estetista; le reazioni esagerate suscitate dall’esibizione di ascelle non
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depilate da parte di star internazionali come Julia Roberts, alla premiere di Notting Hill nel 1999 o di Madonna, che nel 2014 ha pubblicato su Instagram la foto della sua folta ascella, sottotitolata long hair…don’t care; i numerosi commenti negativi ricevuti da Morgan Mikenas, fitness blogger americana che ha scelto di smettere di depilarsi e non si vergogna di mostrare le sue gambe “al naturale”. Incredibile come un’ascella non depilata possa suscitare più indignazione delle migliaia di casi di diritti umani violati nel mondo. Eppure, nello spietato mondo dell’immagine, esistono delle eccezioni che rivelano un certo rispetto, se non supporto, nei confronti dell’uso che le donne desiderano fare della propria peluria. Per il progetto “Natural Beauty”, il fotografo Ben Hopper ha scelto modelle che mostrano con fierezza i loro peli, mentre il brand American Apparel – sempre sul pezzo – ha dotato i manichini newyorkesi di peli pubici. Tornando al mondo della pubblicità: nel 2018 l’azienda statunitense Billie ha realizzato uno spot per pubblicizzare il suo rasoio femminile. Fin qui, nulla di nuovo. Sennonché in questa pubblicità i peli delle donne compaiono nel pieno della loro naturalezza e il prodotto sembra avere un’effettiva utilità, dal momento che le donne vengono mostrate nell’atto di radersi, veramente. Questa è una novità assoluta nel quadro del mondo pubblicitario dedicato all’epilazione, in cui le donne vengono sempre mostrate mentre si radono gambe già perfettamente lisce, come se anche solo la visione dei peli femminili fosse un tabù assoluto, da non mostrare ai bambini in prima serata. Facciamo un passo indietro e torniamo al quesito originario: la cura del proprio corpo e ciò che ciascuna donna percepisce e interpreta come identità femminile sono ancora oggi il risultato di un’imposizione sociale e culturale? Quanto ci sentiamo libere di disporre del nostro corpo, senza sentirci inadeguate o giudicate, anche quando scegliamo di non corrispondere a quell’ideale di naturalezza che molte di noi abbracciano?
ESSERE
PEDIATRA
Apgar e curve di crescita: i primi punteggi della vita
Cristiana Checcucci §
Il momento del parto è allo stesso tempo meraviglioso e preoccupante. Dopo il travaglio, più o meno lungo, il bambino si “affaccia” al mondo esterno e in pochi minuti deve imparare a respirare e nutrirsi da solo.
per memorizzare bene la procedura trovò che le lettere che formano il cognome Apgar potevano essere utilizzate come acronimo quindi A come Appearance (colorito), P come Pulse (frequenza cardiaca), G come Grimace (riflesso), A come Activity (tono muscolare) e R come Respiratory effort (respirazione). Un colorito roseo, la frequenza cardiaca fra 100 e 140, il respiro spontaneo e il pianto, la flessione autonoma degli arti, lo starnuto e la tosse in risposta all’introduzione di un sondino nasale sono dunque i segni di una situazione di normalità senza alcun bisogno di intervento medico. Dopo il voto Apgar, i bambini continuano ad essere valutati. Il peso, l’altezza e la circonferenza cranica sono misurati e comparati in una scala di valori ottenuti da analisi statistiche chiamate percentili. In pratica si calcola il valore medio per ogni parametro dei bambini alle varie età e si indica come 50° percentile. Dire che un bambino si trova per altezza al 50° percentile significa che ha 50 bambini della sua età più alti e 50 più bassi. In realtà il calcolo è molto utile per il pediatra che può raffrontare così i valori del peso con l’altezza e con la circonferenza cranica, ma soprattutto per seguire nel tempo l’evoluzione della curva di crescita. Attenzione però a spiegare bene ai genitori che non si tratta di una gara e che anche chi sta nei percentili inferiori alla media non necessariamente ha un problema di crescita. Ogni bambino è diverso e sviluppa in base alla sua genetica e la normalità è la variabilità. L’importante in questi casi è che la curva di crescita disegnata dallo sviluppo del bambino sia parallela a quella normale. Se poi è sotto la media o sopra va bene, ricordandoci sempre che ogni bambino va apprezzato per quello che è e non per quello che vorremmo che fosse.
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MEDICO ESTETICO
Cosa Concorre alla Bellezza
Pietro Stella §
Fino a quel momento la madre ha provveduto direttamente ai bisogni del bambino, ma egli nel periodo fetale si è allenato e preparato. Sa perfettamente come succhiare il latte e come respirare. L’adattamento alla vita postnatale viene valutato dal pediatra che assiste al parto prendendo in esame alcuni parametri, per standardizzare, rendendo omogeneo l’intervento in tutti i punti nascita e rendere più veloce e agevole la valutazione, Virginia Apgar una anestesista americana, nel 1952 inventò un sistema che valutasse l’adattamento del neonato alla vita extrauterina definendone la vitalità e le funzioni vitali. Da allora e ancora oggi in tutto il mondo si usa l’indice di Apgar che in modo molto rapido attribuendo un punteggio al neonato, rende immediatamente l’idea di come sta il bambino e se necessario che cosa fare per aiutarlo. L’indice di Apgar si basa sull’analisi di 5 parametri: la frequenza cardiaca, il respiro, il tono muscolare, il riflesso rinofaringeo e il colore della pelle. Ad ognuno di questi parametri si assegna un punteggio da 0 a 2, indicando con 0 la presenza di un problema e con 2 il migliore adattamento neonatale. Quindi 10 è il punteggio massimo e indica un ottimale adattamento con nessun bisogno di intervento sanitario. Se invece il punteggio è fra 4 e 6 sono presenti problemi di grado lieve-medio che necessitano di interventi medici di supporto; se il valore è fra 0 e 3 si è in presenza di un problema più grave con necessità di intervento intensivo. Il punteggio va calcolato visitando il bambino a 1 e poi a 5 ed eventualmente rivalutato a 10 minuti dalla nascita e anche successivamente se sono stati effettuati interventi di rianimazione. Una curiosità è data dal fatto che un pediatra
ESSERE L’avvenenza del corpo riveste un ruolo sempre più importante per ognuno di noi. La bellezza è un pensiero costante e con il fine di migliorare affolliamo palestre, compriamo cosmetici, intraprendiamo diete ferree e ricorriamo alla medicina e alla chirurgia estetica. Questo culto della bellezza segue però più le mode del momento che il vero concetto di bellezza. Cosa determina la bellezza di un viso per esempio? Tre fattori guidano le nostre valutazioni estetiche: l’armonia delle forme, l’aspetto della superficie cutanea e la qualità espressiva del viso. L’ideale di armonia delle forme si fonda su temi e concetti ricorrenti nella storia dell’arte, della filosofia e della letteratura dal mondo greco fino ad oggi: equilibrio, sezione aurea e proporzione divina. Nel I° sec. a.C. Vitruvio scriveva: “La natura ha composto il corpo umano in modo tale che il viso dal mento all’alto della fronte e alle più basse radici dei capelli fosse la decima parte del corpo; la terza parte del viso, considerata in altezza, è dal mento alla base delle narici; un altra terza parte è costituita dal naso stesso, l’ultima terza parte va dal punto di incontro delle sopracciglia alla radice dei capelli”. E’ questa la teoria delle proporzioni auree, codificata dal Fibonacci, che regola
l’armonia della natura. Oltre alle caratteristiche armoniche è anche l’aspetto della superficie cutanea che influenza fortemente l’impatto e la gradevolezza di un viso. Il colore della pelle, la sua elasticità, ma anche il fototipo, il tipo di pelle, la texture, la presenza di macchie, di rughe superficiali o profonde, il colore dei capelli, dei peli, e inoltre le sopracciglia, le ciglia, il colore dell’iride, della sclera, le labbra, il trucco, lo spessore e la distribuzione spaziale del grasso, i muscoli, le ghiandole... sono tutti fattori che vengono valutati più o meno ogni volta che guardiamo un viso. Infine il terzo elemento determinante la bellezza è la qualità espressiva data dai movimenti della muscolatura mimica e scheletrica (postura della testa), dalla dimensione e la posizione spaziali del naso, delle orecchie dei denti anteriori e degli occhi. La nostra operatività medica non deve limitarsi alla ricerca della bellezza, ma deve puntare a ritrovare l’ordine nascosto nel disordine, ristabilendo le proporzioni e l’armonia senza stravolgere, né tantomeno trasformare e facendo ritrovare al nostro paziente la propria immagine in equilibrio col mondo.
La bellezza nel piatto Marco Proietti §
NUTRIZIONISTA
La bellezza, il bello è ciò che desta nell’animo, tramite i sensi della vista o dell’udito e del tatto, un’impressione esteticamente gradevole. Per la bellezza si investono fiumi di denari in cosmesi e centri estetici, ma non ci si deve dimenticare che, per essere veramente belli, bisogna essere vitali anche dentro, scegliendo alimenti che sono in grado di nutrire al meglio la nostra vita. Se si conduce uno stile di vita sano e si scelgono cibi giusti, ci si sente immediatamente belli, fuori e dentro. Tra i cibi giusti che non devono mancare nel piatto quotidiano ci sono: prodotti freschi stagionali, colorati e ricchi di sapore, possibilmente biologici o poco trattati, per avere a disposizione il maggior numero di principi nutritivi, senza correre rischi di accumulare tossine che non fanno parte dell’alimento. La cosa fondamentale da non dimenticare è una buona masticazione che previene i gonfiori addominali da fermentazione, in particolare quella degli zuccheri, e allo stesso tempo permette di abbassare il livello di tensione e di stress. Ogni giorno per avere una pelle bella cerchiamo di mangiare cereali possibilmente integrali (pane, pasta, riso), ma anche
orzo, farro e pseudocereali come quinoa e amaranto. Non dimentichiamo il miglio per avere capelli e unghie forti e sani. Se vogliamo vincere la battaglia dei radicali liberi, la verdura cruda o cotta deve sempre essere a tavola, cosi come la frutta fresca nella giusta quantità - minimo 300 e massimo 500gr - per evitare picchi glicemici problematici. La stessa cosa vale per la frutta secca come noci e mandorle, che sono alleati dell’elasticità delle pareti cellulari con i loro grassi di buona qualità, di cui non dobbiamo temere per la linea. Sempre che la dose sia quella giusta di massimo 20-30gr al giorno. Per mantenere il giusto tono muscolare non devono mancare le proteine e non devono essere solo di origine animale. Anzi, il consiglio è di aumentare quelle di origine vegetali date dalla giusta combinazione di cereali e legumi, accompagnati da semi di sesamo, girasole e zucca. È da evitare o limitare il consumo di cibi pronti, in scatola, zuccheri raffinati, cibi da fast food e non freschi. Infine, il bicchiere dell’acqua e possibilmente anche quello dell’ottimismo devono essere sempre pieni.
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ESSERE
PSICOLOGO
Noi, la natura e lo specchio Miki Crisanti § La bellezza attrae e affascina, è una qualità che ha la capacità di appagare il percepito attraverso i sensi. La bellezza è un concetto liquido, dinamico che prende forma nella natura e nell’uomo in quanto ne è parte e viene poi trasposto a tutto ciò che l’essere umano è capace di creare, concepire e ideare. Il concetto di bellezza porta e richiama a sé tante associazioni e connessioni: l’uomo e la donna, l’innamoramento, le arti in generale. La bellezza ha il grande potere di suscitare emozioni positive, di predisporre all’apertura e alla conoscenza di farci inoltrare in mondi sconosciuti, di persuadere, convincere, ammaliare e portare a sé.
non avere difetti e una propensione alla non accettazione delle peculiarità che abbiamo. Nel continuo tentativo di eliminare i propri difetti è facile sentirsi inappropriati e sbagliati. Coloro che soffrono di Dismorfismo Corporeo provano questa forma di insoddisfazione verso una o più parti del proprio corpo in una modalità estrema e ossessiva. L’esordio del disturbo avviene, perlopiù, in adolescenza con i grandi cambiamenti che subisce il corpo dei giovani e con la ricerca di accettazione. Le persone affette dal disturbo mostrano una forte preoccupazione per una parte del corpo che per loro diventa un difetto mostruoso, fonte di vergogna che attiva azioni ripetitive conseguenti al pensiero di avere uno o più difetti fisici. Le persone con disturbo di Dismorfismo Corporeo perdono il senso unitario e di sintesi del proprio corpo focalizzandosi e mostrando un’attenzione selettiva per il dettaglio che è attivante dell’autovalutazione negativa che poi permea un giudizio catastrofico di tutto il proprio apparire.
L’uomo per sua natura è attratto da ciò che è bello, la sensazione di bellezza, ovvero il piacere estetico, possono essere spiegati come segnali di adeguatezza biologica percepiti a livello istintuale. La bellezza femminile è interpretata come funzionalità procreativa in quanto le caratteristiche sessuali secondarie, come la curvatura tra vita e bacino, o l’impressione di giovanilità e salute, sono indici di buona predisposizione al parto. L’occhio spalancato indica aggressività e minaccia di attacco, mentre l’occhio socchiuso indica amore e disponibilità. Le forme tondeggianti, gli occhi grandi e i nasi piccoli evocano dolcezza e stimolano un atteggiamento di maternità e di affetto. Questi sono alcuni esempi che mostrano come l’uomo sia indirizzato a recepire ed introiettare il bello come un segnale di accoglienza. Quindi, da una parte è indubbio come la bellezza esteriore del corpo abbia un forte peso nella società (non solo quella odierna) e nella quotidianità, nella formazione dell’immagine interiore di Sé la quale interagisce e permea nell’identità personale e nel concetto di autostima e autoefficacia. In parte ciò spiega, quindi, quale sia la motivazione che ci spinge ad investire energie fisiche, psichiche ed economiche per prendersi cura del proprio aspetto esteriore; quella parte di noi, che in qualche modo, incontra l’altro, che media le prime impressioni. Allo stesso tempo è innegabile un iperinvestimento quasi morboso verso l’apparire perfetti, un desiderio esasperato di
Intervenire nei casi di Dismorfismo Corporeo è complesso perché oltre al disturbo è spesso presente una sintomatologia disforica, sentimenti di solitudine e di vergogna; è necessaria una buona formulazione del caso e cercare di creare una relazione terapeutica con il paziente in un ambiente interpersonale accogliente dove viene sospeso il giudizio. È importante comprendere da dove provengono le lenti con cui il paziente si guarda e si giudica e quindi introdurre processi cognitivi maggiormente accettanti e compassionevoli verso loro stessi, verso il loro corpo e verso il loro mondo interno.
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the wedding day
DECIDERE
IN DUE
Nessuno tocchi la sposa Invitate in passerella, ma la reginetta deve essere Lei L.C. § Il vestito, l’acconciatura, il trucco. Poi ci sono le scarpe, la borsa, i gioielli e ovviamente il capospalla. Ricevere la partecipazione è come essere ammessa alla finalissima di un concorso di bellezza: MissMatrimonio.
YOKO
La pianificazione della strategia è determinante e richiede grandi capacità di selezione, impegno e obbiettività. Estro, eleganza e glamour vanno dosati con sapienza e stile. Bisogna esaltare il corpo, ma soprattutto il volto e lo sguardo; lasciar trasparire velatamente la femminilità e nascondere sotto tessuti pregiati la propria anima sexi, per non essere mai, assolutamente mai, volgari. Dopo la lunga preparazione arriva il grande giorno. Tutto deve essere al proprio posto l’ingresso in chiesa o in comune è come il gran debutto in passerella. Prima c’è la concentrazione assoluta su stessa: un passo dopo l’altro decise e leggiadre su tacchi vertiginosi, attente all’acconciatura, impostate con lo sguardo e le labbra, ondeggianti in modo che l’abito galleggi leggero e sussurri emozioni. Poi l’attenzione si sposta e la “miss invitata” inizia a scrutare le avversarie. Dapprima timida butta occhiate veloci, si gira a destra e a sinistra dissimulando il suo interesse, cerca di nascondersi dietro al libretto delle nozze e sussurra parole inutili al suo accompagnatore. Pian piano diventa sempre più insistente, individua le concorrenti più agguerrite, quelle che sfoggiano i look più azzeccati, quelle che davvero possono oscurarla. La vittoria si sa è per donne forti e determinate. E’ facile arrivare alla cerimonia in ottima forma, ma le reginette, quelle vere, mantengono la loro classe per tutta la durata dell’evento. L’abito, il trucco e l’acconciatura devono restare supremi anche dopo i brindisi e i balli scatenati. L’eleganza non conosce ore piccole e pause. La tensione è massima eppure la posta in palio non è poi così allettante. Sì perché la “miss invitata” può aspirare soltanto a un misero e sbiadito secondo posto, perché in questo concorso di bellezza la reginetta è già designata. Ovviamente è la sposa. E’ lei che sarà incoronata più bella tra le belle, lei con il suo abito da favola e la luce negli occhi. Lei emozionata, stilosa, elegante, romantica e inevitabilmente bellissima. La corona, lo scettro e il podio sono suoi. Nessuna invitata, per quando agguerrita, non deve neanche lontanamente avvicinarsi alla sua supremazia. Guai alla “miss invitata” che tenti, anche per sbaglio di oscurare il gran giorno della regina. Sarebbe proprio una sciagura di stile.
Miss invitata Perfetta JOHN
La reginetta è’ la sposa
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VESTIRE
MODA
Il mondo salverà la bellezza ROBERTA PALMIOLI § Potrebbe essere arrivata l’ora della rivincita di Fedor Dostoevskij, quando il principe Miskin, in tempi passati e ancora non sospetti, proclamava che «la bellezza salverà il mondo».
Parliamo di bellezza perché il tema che abbiamo voluto affrontare in questo numero di Caffè Moda Rinaldi Magazine riguarda i concorsi di bellezza, abbondanti di moda, stile, tendenze estemporanee e forse un po’ meno di eleganza. Non basta essere belli e alla moda per essere eleganti: “dell’eleganza bisogna averne il sentimento”, suggeriva lo scrittore francese Balzac nel suo “Trattato della vita elegante”.
Così facendo era scremato il pubblico non adeguatamente educato a riconoscere i dettagli e I particolari di quello stile così eccentrico e sofisticato, che è diventato il distintivo fattore culturale dei dandies. . “la Bellezza è una forma del Genio, anzi, è più alta del Genio perché non necessita di spiegazioni. Essa è uno dei grandi fatti del mondo, come la luce solare, la primavera, il riflesso nell’acqua scura di quella conchiglia d’argento che chiamiamo luna”. Scriveva Oscar Wilde tra padri più celebri del bello.
Essere belle o belli è più complesso di quanto si immagini. Per Balzac la ricchezza è presupposto necessario ma non per questo sufficiente per essere eleganti, così come la bellezza non sempre è sinonimo di eleganza.
Oggi il sentimento di bellezza è per uomini e donne dinamico. Le donne e gli uomini lavorano entrambi. La possibilità di “ non fare nulla” è ormai lontana e si sceglie la via in cui si può lamentare pensando meno. E l’attivismo, in tutte le età, è volto alla conquista della bellezza, infatti in questo caos di perenne movimento è uno dei simboli del successo.
Oggi, con lo scorrere del tempo, possiamo notare come la moda e la bellezza si dirigono sempre più ad avere modi e tempi diversi. Per comprendere meglio questo cambiamento basterebbe ricordare ciò che fu. Non bastano sederi e seni scultorei per essere belli, ci vuole un qualcosa in più che animi il nostro corpo, e così il “sentimento” di moda e bellezza si nasconde in poche anime privilegiate.
Ma chi è che decide cosa è di moda e cosa non lo è e cos’è bello e cosa non lo è? Molto probabilmente gli unici sono quei superstiti in grado di difendere la propria idea di moda e bellezza e affinché ciò sia possibile è indispensabile che si recuperi l’essenza del bello. Uno spazio in grado di far interagire la bellezza e il mondo. Recuperando così nella bellezza anche la componente etica, la stessa che ci conduce a compiere un lavoro di sensibilità su un piano più ampio che tocca la culturale e la storia.
Sempre Honoré de Balzac divideva l’umanità in tre tipologie: l’uomo che lavora l’uomo che pensa, e l’uomo che non fa niente. A queste tre distinte categorie, erano associate tre ben diversi stili di vita: la vita professionale, quella artistica e quella elegante. Quest’ultimo stile di vita era impersonificato dall’uomo “che non fa niente”, condizione al tempo molto desiderata, la più vicina all’eleganza e a una forma di bellezza ormai lontana. A riguardo possiamo dire che il cultore per antonomasia di questa esaltazione del bello è stato il Dandy. La figura del Dandy rappresentava un aristocratico per il quale l’eleganza era simbolo di assoluta superiorità. Si badi bene però che, -come ha osservato Giuseppe Scaraffia nel suo libro “Gli ultimi dandies”- lo scopo finale di ogni tentativo di ipercomplessità stilistica dei dandies non mirava all’eccentricità bensi all’anonimato.
La bellezza è dunque presenza ispiratrice, invito, stimolo. Essa si serve dell’apparenza ma in essa c’è un fondamento che deve rimanere incompiuto, imparando così a salvare l’essenza del bello, muniti di sentimento e di un’infinita eleganza. Da qui, allora, potremmo insieme provare ad invertire il termine della frase e augurarci che prima o poi : “Il mondo salverà la bellezza”.
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GLAMOUR Cappotto in tartan Tagliatore, abito simmetrico Twenty Easy viola, borsa Avenue
Tra Phatos e Vanità, tra Sogno e Realtà.
La natura è fonte d’ispirazione per il gardaroba invernale. In città di giorno si scelgono capi in tessuto maschile: tartan mescolati a colori decisi come il viola. Focus sulla maglieria calda in cachemire. E lo stivale alto oggetto del desiderio per eccellenza.
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Maglia asimmetrica in cachemire Holisticknit di Cerqueglini Elisa pantalone quadri Ottodâ&#x20AC;&#x2122;Ame
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PENSARE
ASTRONOMIA;
Qual è la stella più bella? Concorso di bellezza tra gli Astri SARA CUTINI § Pensate di essere sulla vetta di una montagna o in una radura desertica, lontano dalla civiltà e dalle luci delle città. Lo spettacolo che si apre difronte a voi è quello più affascinante e suggestivo che si possa immaginare: un bellissimo cielo stellato, dove nelle notti senza luna possiamo apprezzare i più famosi asterismi che si susseguono con il cambiare delle stagioni. Non esiste condizione migliore per indire un concorso di bellezza veramente peculiare. Qual è la stella più bella? Molti di voi, nostalgici delle vecchie carte di navigazione, diranno: “la stella polare!” La stella polare, o anche Polaris, da sempre utilizzata come strumento di navigazione durante la notte, è la stella che indica il polo nord celeste, cioè il punto più vicino in cui passa l’asse di rotazione della terra. Facilmente individuabile, come stella più luminosa del Piccolo Carro, estrapolando una retta passante per le prime due stelle del Grande Carro verso lo Zenith. Questa stella con la sua tenue luce bianca è il realtà una super gigante gialla che fa parte della famiglia delle Cefeidi, stelle variabili, di massa fino a 10 mila volte più grande di quella del nostro sole, la cui superficie si espande e si contrae mostrando così la tipica variazione di luminosità (pulsazione). Tornando al nostro concorso di bellezza, qualche romantico, affezionato all’omonimo libro di Elsa Morante, potrebbe dire: “Arturo è la stella più bella di tutto il firmamento!” Arturo è tra le stelle più luminose dell’emisfero boreale e fa parte della costellazione di Boote. Grazie alla sua luminosità e al colore arancione è facilmente individuabile attraverso il prolungamento delle stelle che fanno parte del timone del Grande Carro. Arturo è una gigante rossa di dimensioni molto maggiori a quelle del nostro sole ma con una temperatura superficiale molto inferiore. Corrisponde a uno stadio evolutivo successivo a quello del sole, quindi sostanzialmente è una stella più vecchia della nostra. Questa stella dà il nome alla così detta Corrente di Arturo, la quale è rappresentata da un flusso di stelle di moto proprio diverso da quelle della Via Lattea, la nostra galassia. Questa caratteristica unita a una metallicità simile, cioè una simile
abbondanza di elementi chimici, e un’età coerente, intorno ai 10 miliardi di anni, fanno pensare che Arturo e le stelle della corrente siano la reliquia di una galassia nana satellite che si è fusa con la Via Lattea. I fan di Lovecraft non possono trascurare il fascino oscuro di Betelgeuse, identificata come la patria dei “Dei Primigeni”, creature infinitamente sagge ma anche estremamente crudeli venerate come divinità nel Ciclo di Cthulhu. Betelgeuse è uno dei vertici del Triangolo Invernale e la seconda stella più luminosa della costellazione di Orione. Si trova a nord rispetto alla famosa cintura omonima, caratterizzata da tre stelle in fila facilmente individuabili nel cielo invernale. Riconoscibile anche per il suo tipico colore arancione è una super gigante rossa nella fase finale della sua vita, pronta a esplodere in una supernova. La temperatura degli strati esterni di Betelgeuse è di circa 3.500 °C, molto inferiore rispetto a una giovane stella delle sue dimensioni, questo dimostra che la stella è in fase terminale e sta per esaurire il combustibile che alimenta le reazioni termonucleari nel nucleo. Betelgeuse potrebbe morire, in una catastrofica esplosione, domani o tra un milione di anni, che cosmologicamente parlando è un tempo piuttosto breve. Dalla terra si vedrebbe un secondo sole accendersi, puntiforme, ma visibile anche di giorno. La terra sarebbe irraggiata da una quantità di energia enorme che potrebbe alterare la nostra atmosfera e far saltare l’intero sistema di telecomunicazione. Quindi si prospettano scenari apocalittici per la fine di Betelgeuse, ma dopotutto, cosa aspettarsi da una stella che porta un nome così? A questo punto, qual è la stella vincitrice del nostro concorso di bellezza? Senza dubbio lei, la nostra stella, la stella che ci dà la vita, il Sole! Il Sole, anche se a noi sembra incredibilmente “bello”, è una stella “normale”, “mediocre”, di mezz’età. Nessuna peculiarità o stravagante caratteristica contraddistingue la nostra stella a parte essere responsabile della vita che popola la terra. Una nana
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gialla, il termine scientifico con cui viene identificato, una stella in fase di equilibrio che all’interno del suo nucleo sono attivi processi di fusione termonucleare che trasformano l’idrogeno in elio. Apprezzabili dalla terra, attraverso l’uso di telescopi, possono essere delle macchie scure sulla superficie del sole, in termini tecnici macchie solari, viste per la prima volta da Galielo Galilei nel 1610. Le macchie solari sono delle zone della superficie del sole dove la temperatura è inferiore, ma l’attività magnetica è molto forte. L’attività solare è strettamente legata alla presenza di queste macchie, maggiore è il numero e più intensa è l’attività solare. Nel 2019 raggiungeremo il minimo dell’attività solare legata al presente ciclo, quindi un sole, “splendente senza macchia”, ed entreremo nel prossimo ciclo di attività solare, il 25esimo precisamente. Ogni ciclo è di circa 12 anni ed è dal 1750 che vengono misurate queste modulazioni solari. Il campo magnetico del sole, creato dai moti del plasma sotto la superficie, è particolarmente instabile nella zone presso le macchie solari. Le linee del campo magnetico quindi possono spezzarsi e creare quelli che vengono chiamati brillamenti solari osservabili attraverso appositi telescopi e conseguentemente espulsioni di materia dalla corona solare (CME Corona Mass Ejection). Durante questi fenomeni una massa pari a circa un milione di tonnellate al secondo viene espulsa e la velocità del plasma che fuoriesce dalla corona durante un CME può raggiungere i milioni di km all’ora. La “pirotecnica” attività solare è apprezzabile anche da terra attraverso gli affascinanti fenomeni delle Aurore Boreali, ogni volta che il sole si risveglia, flussi di particelle investono la terra e la nostra atmosfera producendo peculiari giochi di luce e ombre rapidamente mutevoli nel tempo e nello spazio, una magia di colori per uno spettacolo senza eguali gentilmente offerto dalla nostra stella. “Il sole, con tutti quei pianeti che ruotano attorno ad esso, dipendendo da lui, può ancora far maturare un grappolo d’uva, come se non avesse altro da fare nell’universo.” Cit.
PENSARE
TAROCCHI
La forza del femminile nei tarocchi CHIARA SBICCA § “(...) Tutte le cose intorno a me sono risanate nella bellezza. La mia voce è risanata nella bellezza, tutto è compiuto nella bellezza.” Canto Navaho rivolto alla “Donna che cambia” La simbologia dei tarocchi è tra le più affascinanti. Ne esistono di così tanti tipi che si può scegliere di pancia il proprio mazzo preferito, lasciandosi ispirare dall’intuito e dai disegni che maggiormente ci attraggono. Tra i più intriganti vi sono i “Motherpeace Tarot”, disegnati in America da Vicky Noble e Karen Voegel durante un’ondata di creatività femminista alla fine degli anni ’70. Queste carte sono differenti rispetto ai tradizionali mazzi di tarocchi: propongono una lettura legata al femminile e alla donna, dando un’impronta sciamanica alle diverse figure - ad esempio sostituendo re, regine, fanti e cavalieri con sacerdotesse, sciamani, figli e figlie. Inoltre, le carte sono tonde (per rappresentare ancora di più il principio femminile) e contengono bellissime illustrazioni dai colori brillanti, fatte a mano e studiate in ogni minimo dettaglio per abbracciare significati e simbologie complesse, allo scopo di svegliare il nostro intuito latente. Ogni arcano raffigura donne di varie culture, tradizioni ed epoche, rappresentando una femminilità autentica e primitiva. Un fascino così ancestrale che ha ispirato anche la maison Dior e la sua direttrice artistica, Maria Grazia Chiuri: nella collezione Cruise 2018 infatti, troviamo stampate, su magnifici tessuti, le donne di madrepace con la loro bellezza selvaggia e antica.
Il consiglio che questo arcano vuole darci è quello di prenderci del tempo per noi: percepire la bellezza che si irradia dal nostro essere, coccolarci, fare un bagno con dei fiori freschi lasciando che la nostra bellezza splenda in mezzo a loro come fossimo una cosa sola, manifestazione viva e libera della forza vitale. Immaginiamoci ricaricati e rigenerati, connettendo la nostra anima al Divino, liberi di essere finalmente noi stessi. - LA FIGLIA DI BASTONI L’arcano rappresenta una donna dalla personalità giovane e focosa che danza in modo gioioso e disinibito per esprimere se stessa liberamente. Personifica la Donna Selvaggia e la bellezza della primavera, con la natura in rinascita e in continuo movimento. Il consiglio di questa carta è di connettersi con il proprio corpo, incanalando tutte le energie in qualcosa di creativo, per sentirsi liberi, bellissimi e pieni di passione.
Ogni carta è a suo modo affascinante e piena di significato, non è semplice sceglierne una, però ne abbiamo ‘pescate’ tre che rappresentano al meglio il concetto di bellezza e creatività femminile.
- LA SACERDOTESSA DI COPPE La carta ritrae una donna sensibile, empatica e premurosa che offre amore incondizionato. Una musa che guida l’anima verso l’interiorità femminile, una sirena, un’incantatrice. Le note della sua lira producono la musica più bella mai ascoltata, è una Dea del mare, Afrodite. Questo arcano rappresenta il femminile che seduce e che ci attrae verso il nostro io interiore ed è ricco di amore e ispirazione divina. Ci aiuta ad avere la consapevolezza dell’amore come un dare e ricevere liberamente.
- LA STELLA La carta ci immerge nel potere trasformativo e purificante dell’acqua. Qui la donna si sente tutt’uno con la natura mentre s’immerge nelle acque purificanti di una sorgente calda, bagnata da una dolce pioggia che le accarezza il viso e che l’aiuta a sentirsi libera ed equilibrata mentre la luce che si diffonde dalle stelle brilla dentro di lei. Fiori rosa si schiudono all’amore e alla trasformazione e l’acqua che circonda il suo corpo è come un amorevole abbraccio.
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L’OROSCOPO di BARBANERA dal 1762 Dicembre 2018-Marzo 2019
ARIETE
BILANCIA
Gradualmente vi scoprite capaci di contenere i vostri bollenti spiriti, rendendovi conto che si può ottenere molto anche con una tattica di cauta attesa. Tuttavia non perdete la capacità di partire spavaldi per raggiungere i vostri obiettivi, quando le circostanze lo richiedono. A primavera, poi, Venere ammiccante potrebbe far sbocciare un nuovo amore. Ascoltate la voce del cuore.
Giove vi protegge e i suoi munifici doni non riportano solo la prosperità, ma anche un travolgente buonumore! Sul fronte professionale Marte potrebbe agitare un po’ le acque, ma con equilibrio e razionalità ottenete la quadratura del cerchio. In primavera, grazie anche a Venere che torna a sorridervi, pure la quotidianità si fa vivace e spumeggiante. Non date peso alle chiacchiere.
TORO
SCORPIONE
Forte il desiderio di coccole e carezze, e ve le sapete conquistare: quando volete, con chi amate diventate i migliori dei romantici. Al lavoro, invece, una questione complicata vi vuole decisi e lucidi, ma non sconfinate mai nella durezza. Con la primavera, poi, un concerto di aspetti armonici, con la melodiosa Venere, vi renderà degli zuccherini! Non raccogliete le provocazioni.
L’anno finisce come era cominciato: con tanti pianeti a favore. Il vostro cielo, malgrado l’inverno, è sempre più blu! E il 2019 non sarà da meno: iniziate il cammino avendo già in tasca sicuri traguardi, di cui si fanno garanti Saturno e Nettuno. Ci penseranno poi Venere, Marte e Urano a provocare vivaci e appassionati sussulti al vostro cuore! Consolidate gli obiettivi raggiunti.
GEMELLI
SAGITTARIO
Momenti di stanchezza potrebbero rendere noioso il quotidiano, ma le festività, scintillanti e luminose, allontanano ogni grigiore. Poi in gennaio salite sulla rutilante giostra del flirt e, pur in pieno inverno, il vostro “diavoletto interiore” vi porterà a volare di fiore in fiore. In primavera tante le sfide stimolanti, e voi le raccogliete tutte! Nuovi scenari sentimentali da esplorare.
Infaticabili, vi date da fare perché tutto sia perfetto, a Natale. La vostra generosità non è mai stata così radiosa! Il nuovo anno inizia accompagnato da squilli di fanfara, con Venere che, in tandem con Giove, celebra l’amabilità e il gusto per la vita. Mentre sarà Urano ad alimentare la vostra gioia di vivere, che condividete con chi vi è più caro. Occhio a non alimentare equivoci.
CANCRO
CAPRICORNO
Venere maliarda vi fa iniziare l’anno in bellezza. E non ci pensate un attimo ad accogliere i suoi inviti, dato che cercate un centro di gravità (sentimentale) permanente, il problema è che cambiate troppo spesso idea... Sarà poi un ispirato Nettuno, in primavera, a farvi chiamare tutto ciò che vi capita “emozioni”, e non ve ne lasciate scappare una! Occasioni favorevoli da non perdere.
Con Saturno che vi fa da guida portate a casa ottimi risultati, ma sapete bene di poter fare molto di più. Irrompete nel nuovo anno con il vostro temperamento battagliero, infervorati da Marte provocatorio, e avete partita vinta. Con la primavera, Urano operoso torna a sorridervi: siete in pole position per centrare successi professionali molto ambiti. Un nuovo amore vi ritempra lo spirito.
LEONE
ACQUARIO
Due sponsor del calibro di Giove e Urano sostengono le vostre iniziative più brillanti. E il Natale sarà prospero, sereno, meraviglioso! Il nuovo anno fa emergere con forza la voglia di evadere, sconfinare, andare lontano, e vi date da fare perché un viaggio a lungo atteso diventi realtà. Con la bella stagione torna a fiorire il vostro spirito gaudente. Di tanto in tanto, fermatevi a riflettere.
VERGINE
Finalmente capite che delegare a volte può essere utile, così cedete parte del carico degli eventi natalizi e vi godete l’atmosfera. Con il nuovo anno, Mercurio vi spinge a non buttarvi solo sul lavoro, ma anche a divertirvi di più. L’arrivo della primavera, poi, grazie a Venere che vi spiana il cammino, vi vedrà insolitamente e piacevolmente audaci! Concedetevi un po’ di leggerezza.
Chiudete l’anno con la situazione economica che finalmente vi dà meno pensieri, per merito soprattutto del munifico Giove tornato a darvi manforte. Ricaricate le energie grazie a Giove e Urano in segni di Fuoco che conferiscono slancio alla vostra forza di volontà: metterete in pratica azioni vincenti che daranno prova del vostro solido decisionismo. Siate più selettivi, stabilite delle priorità.
PESCI
Mille impegni e altrettanti progetti vi coinvolgono nell’ampliamento della vostra attività. Ma trovate tempo anche per seguire la voce del cuore, del resto siete sempre pronti a farvi baciare da Venere! Sarà compito di Mercurio, poi, completare il quadro, rendendovi arguti, brillanti e spiritosi: con il vostro spirito leggero, allietate pure gli altri! L’amore bussa deciso: fate volare le emozioni.
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