Caritas Rivista 2/2017

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CARITAS N. 2 / Marzo 2017

Rivista

Sei anni di guerra in Siria Pagina 6

Focus

Personaggi

Svizzera

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Haiti dopo L’uomo a Una nuova patria Palazzo federale in Svizzera Matthew


Lettera aperta

Care lettrici, cari lettori Il tema di attualità che ci occupa maggiormente è il cambio di governo negli USA. Lo scenario futuro è tetro. Trump rievoca spiriti che abbiamo combattuto con impegno negli ultimi anni: deride i disabili, riduce le donne a oggetto dei desideri, emargina e costruisce muri. Gli avvenimenti politici negli USA hanno però messo anche in evidenza che ci troveremo ad affrontare grandi sfide per quanto riguarda la comunicazione e la percezione del mondo. Nel processo di formazione dell’opinione pubblica, i fatti stanno perdendo importanza. Asserzioni false e astrusamente inventate entrano in circolazione a livello mondiale. Molti statunitensi hanno creduto alla falsa notizia

che il Papa sostenesse la candidatura di Trump solo perché è stata riportata con una certa frequenza dai canali internet. Questi sono sviluppi che dobbiamo contrastare. Noi vogliamo contribuire a mantenere il senso di civiltà e a sostenere dibattiti pubblici ordinati che si basano sui fatti. Ci aspetta molto lavoro. Uno dei temi principali di questa rivista sono i rifugiati. Anche in questo contesto appuriamo che i media trasportano le informazioni in modo molto diverso. Se il numero delle richieste di asilo aumenta, le testate assumono caratteri cubitali. Il fatto che nel 2016 siano diminuite del 30 percento non viene quasi mai citato. Il nostro lavoro a sostegno dei profughi si concentra da un lato sui profughi presenti sul posto, dall’altro sulle persone che devono intraprendere una «nuova» vita qui da noi. In Siria, anche nell’Aleppo distrutta dalle bombe, approvvigioniamo

i profughi con tutto il necessario, in Giordania creiamo possibilità di guadagno e in Libano offriamo ai bambini e ai giovani profughi un accesso alla scuola. Tutto questo è un sostegno per le famiglie e una prospettiva per i bambini. In Svizzera sosteniamo i profughi riconosciuti a trovare un appartamento e un lavoro e, d’altro canto, ci concentriamo sui bambini profughi. Questi bambini e

«Trump rievoca spiriti che abbiamo combattuto con impegno negli ultimi anni.» giovani abbandonati hanno urgente bisogno di assistenza ed educazione. Con l’apertura di un centro nella casa missionaria Betlemme di Immensee abbiamo compiuto un primo passo importante verso questo obiettivo. Care donatrici, cari donatori, tutto questo è possibile grazie al vostro sostegno. Ogni volta la grande generosità e l’impegno che abbiamo l’onore di ricevere mi sorprendono profondamente. Grazie di cuore.

Hugo Fasel Direttore Caritas Svizzera

Foto: Franca Pedrazzetti


Sommario

La speranza non muore

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Scene in Siria: Ali Al-Ahmad (49 anni) e la sua famiglia hanno allestito un’abitazione di fortuna sul tetto di una casa di Damasco. Nour (12 anni) torna con i suoi genitori e i suoi fratelli fra le rovine di Homs. Due storie di dolore e speranza, di granate e poesia e del coraggio di andare avanti. Pagina 6

Focus: Haiti dopo l’uragano Matthew

Cinque mesi dopo l’uragano la necessità rimane enorme sull’isola dei Caraibi: le derrate alimentari sono scarse e un’epidemia di colera è alle porte. Caritas Svizzera si impegna sul posto.

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Personaggi: L’uomo a Palazzo federale

Caritas rafforza il proprio impegno politico: Martin Flügel è il nuovo responsabile del settore Politica e il portavoce delle persone socialmente svantaggiate in seno alla Berna federale.

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Progetti svizzeri : Una nuova patria in Svizzera

Il diritto di soggiorno è l’inizio della lunga via verso l’integrazione: Meawel, originario dell’Eritrea, lavora sodo per un futuro migliore. Grazie al sostegno di Caritas, il suo sogno di diventare elettricista installatore si sta realizzando.

IMPRESSUM La rivista di Caritas Svizzera esce sei volte all’anno. Editore è Caritas Svizzera, Comunicazione e Marketing, Adligenswilerstr. 15, Casella postale, CH-6002 Lucerna, info@caritas.ch, www.caritas.ch, tel. +41 41 419 22 22 Redazione: Sabine Schaller (ssc), Direzione; Jörg Arnold (ja); Fabrice Boulé (fbo); Stefan Gribi (sg); Anna Haselbach (ah); Vérène Morisod Simonazzi (vm); Odilo Noti (on) Il costo dell’abbonamento è di 5 franchi all’anno e viene dedotto una sola volta dalla donazione. Grafica: Urban Fischer Copertina: Alexandra Wey Tipografia: Kyburz, Dielsdorf Carta: 100 % riciclata Conto donazioni: PC 60-7000-4

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Eco

Award 2016 Forum Caritas: il diritto a un lavoro Il mondo del lavoro è cambiato: la tecnica numerica e l’automatizzazione hanno aumentato la produttività, innescando però l’estinzione di parecchi mestieri. Il rapido mutamento strutturale ha spinto la pressione sui salari e ciò che in Svizzera sembrava ancora impensabile è ormai la realtà di 120 000 persone: nonostante lavorino, vivono nella povertà. Il Forum Caritas del 27 gennaio era dedicato al tema «Il diritto a un lavoro decente». Heiner Flassbeck, già capo economista dell’UNCTAD e Ueli Mäder, professore emerito di sociologia, hanno analizzato gli sviluppi preoccupanti del mercato del lavoro dal punto di vista scientifico e hanno discusso in seguito con

il moderatore Carlo Knöpfel, professore di politica sociale alla Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale. Patricia Ganter, delegata all’integrazione del Cantone dei Grigioni e Jean-Noël Maillard, direttore di Caritas Giura, fra gli altri, hanno spiegato la prassi quotidiana. Infine, Martin Flügel, responsabile del settore Politica di Caritas Svizzera, ha rivolto lo sguardo al lavoro non pagato e ha chiarito la domanda sul modo in cui il lavoro può continuare ad avere un effetto integrativo. Il Forum ha riunito 200 specialisti. (on) Carlo Knöpfel nell’intervista: caritas.ch/133

Azione di Natale della Migros

Acquistando i cuori di cioccolata, durante il periodo di Natale la clientela della Migros ha versato 2,8 milioni di franchi a favore delle persone bisognose in Svizzera. La Migros ha aggiunto un altro mi­lione

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Il youngCaritas Award 2016 è stato conferito a Sophia Delgado, Leonie ­Mugglin, Sophie Gfeller, Angela Gruber e Linda Bergauer per il progetto «wegeleben». Queste giovani donne propongono camere d’affitto comunitarie mediante un portale online. Ciò che è speciale in questo progetto: l’offerta è rivolta ai rifugiati. Vivere in comunità ha molti vantaggi e consente ai nuovi arrivati di integrarsi socialmente e sul piano linguistico. Nel 2017, le vincitrici andranno in India con youngCaritas per scoprire i progetti di Caritas Svizzera sul posto. youngCaritas premia ogni anno i migliori progetti realizzati da giovani persone che si impegnano per un mondo più giusto. Andreas Lustenberger

e Caritas, EPER/HEKS, Pro Juventute, il Soccorso d’inverno e Pro Senectute hanno contribuito con un assegno di 764 000 franchi ciascuna. (ssc)

Lei ha voce in capitolo! «Dotata di esperienza, solida, calorosa e cordiale»: così le nostre donatrici e i nostri donatori valutano Caritas, confermandoci la loro fiducia. Ogni anno chiediamo il loro parere. Per l’86 percento di loro è importante essere informati sul nostro lavoro. Ciò che fa particolarmente piacere: il 60 percento considera che la quantità di lettere che riceve è giusta. Ma non dimentichiamo quel sei percento che sostiene che C ­ aritas li contatta troppo spesso. Prendiamo molto sul serio queste osservazioni per fare la cosa giusta anche nei confronti delle nostre donatrici e dei nostri donatori. (ja) Dica anche lei il suo parere. Invii una e-mail a spendenservice@caritas.ch

Foto: Angelika Annen, Nique Nager, Jorma Müller


Focus

Haiti: le conseguenze di Matthew Insicurezza alimentare, lotta contro il colera, problemi di sicurezza: qualche mese dopo il passaggio del ciclone Matthew su Haiti, le conseguenze della catastrofe sono estremamente pesanti. Oltre un milione di persone dipendono dagli aiuti umanitari. Caritas Svizzera si impegna per fornire un aiuto d’emergenza e per aiutare la popolazione a ristabilire i suoi mezzi di sussistenza. «È come se fosse stata sganciata una bomba atomica» ha testimoniato sulle onde dell’RTS Jean-Luc Virchaux, ambasciatore svizzero ad Haiti, qualche giorno

I contadini ricevono sementi a maturazione rapida dopo la catastrofe. Il ciclone ha colpito la costa meridionale il 4 ottobre 2016. Più di 500 persone sono decedute. Nelle zone più colpite non è rimasto nulla, né abitazioni, né campi coltivabili. Caritas Svizzera sostiene le vittime con diversi progetti per un totale di 1,6 milioni di franchi, con l’aiuto della Catena della Solidarietà.

Il colera è una minaccia costante. Nella regione all’estremo Sudovest di Haiti, Caritas Les Cayes distribuisce viveri, ma anche kit anti-colera, e porta avanti delle campagne di sensibilizzazione nei confronti di questa malattia. Il progetto forni­ sce inoltre un sostegno finanziario alle famiglie particolarmente colpite. Aumento dei prezzi Vista la portata della distruzione dei terreni agricoli, si teme una severa crisi alimentare. «I mercati tradizionali hanno ripreso a funzionare, ma la disponibilità dei prodotti locali è limitata e i prezzi sono aumentati del 15 al 20 percento» si lamenta Léveillé Gutenbert, responsabile Caritas

Distribuzione di viveri ad Arniquet, nel Sudovest di Haiti. In tutto il Paese sono 806 000 le persone che non hanno cibo a sufficienza.

Foto: Marie Arago

Matthew ha distrutto le basi esistenziali della popolazione: un contadino di Léogâne rimette in sesto il suo campo.

del programma di sostegno d’urgenza. Caritas distribuisce kit alimentari a 2700 famiglie di St-Jean-du-Sud e Arniquet. A Léo­gâne e Petit-Goâve, 900 famiglie di contadini beneficiano di sementi a ma­ turazione rapida. A volte si verificano degli incidenti: «I nostri convogli sono stati attaccati due volte sulla strada verso StJean-du-Sud e Arniquet» racconta Lé­ veillé Gutenbert. Caritas fornisce anche lamiera ondulata: a Délattes, le famiglie possono così riparare le proprie abitazioni, mentre a Léogâne e Petit-Goâve, 30 scuole sono state riadattate in modo da consentire la ripresa delle lezioni. Nella regione di Camp-Perrin, la popolazione partecipa alle operazioni di sgombero dei campi e alla riparazione del sistema di irrigazione. Caritas distribuisce sementi, piante da piantare e strumenti a 4550 famiglie. Il futuro è incerto perché i raccolti primaverili dipenderanno dalle condizioni meteorologiche e l’ONU ha raccolto poco più di un terzo dei fondi dei quali ha bisogno. Il supporto ad Haiti dovrà proseguire in maniera intensiva. (vm)

Donazioni online: caritas.ch/donare

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Reportage

« Vogliamo vivere » Testo: Fabrice Boulé Foto: Alexandra Wey

Vivere a risparmio: Zahra Al-Hassan, il marito Ali Al-Ahmad e i loro figli sono esiliati di guerra. Da Aleppo sono arrivati a Damasco dove vivono sul tetto di un condominio e non hanno un lavoro fisso.

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Reportage

Il sole tramonta sopra ai tetti di Jaramana, alla periferia di Damasco. Ali Al-Ahmad si riposa per un breve momento. Durante la giornata non si ferma mai, sempre alla ricerca di lavori saltuari.

Ali Al-Ahmad* e Nour danno un volto a milioni di famiglie siriane fuggite e spogliate dalla guerra. Hanno perso tutto, tranne il desiderio di poter tornare a una vita normale. La loro energia è notevole, i loro talenti ammirevoli. Ma per il momento hanno bisogno di aiuto per disporre del minimo necessario per vivere. Racconto di due famiglie siriane a Damasco e Homs. I loro figli rappresentano il loro avvenire. Qualche mese fa la prima famiglia ha perso il primogenito in guerra. Sta cercando ancora di riprendersi da questo dramma. Fuggito da Aleppo a Damasco,

« Capisci ciò che ti dico? Comprendi quello che provo? » Ali Al-Ahmad vive con la moglie e i tre figli sul tetto di un edificio alla periferia della capitale siriana. L’altra famiglia è quella di Nour, una ragazza di 12 anni, che ama cantare e scrivere poesie. La sua famiglia è tornata a vivere nel centro storico di Homs. Sono circondati da rovine, ma sperano in un futuro migliore.

Una famiglia in frantumi Abu Mohamad, «padre di Mohamad». È così che i suoi vicini chiamano con affetto e rispetto Ali Al-Ahmad. L’uomo ha 49 anni. Fino al 9 luglio 2016 aveva quattro figli. In quella data il figlio maggiore, Mohamad, arruolatosi volontario nell’esercito siriano, è morto in un combattimento contro gli islamisti a Deir ez-Zor. Aveva 22 anni. Il suo ritratto è appeso alle pareti nude di un tre locali che Ali Al-Ahmad e la sua famiglia hanno preso in affitto a Jaramana, alla periferia di Damasco. Ogni tanto il padre stacca il ritratto del figlio e se lo stringe al petto. Gli occhi gli si riempiono di lacrime. Il suo sguardo interroga senza sosta il visitatore: «Capisci ciò che ti dico? Comprendi quello che provo?»

Da sei mesi tutta la famiglia è allo sbando. Più ancora la mamma Zahra e il secondo figlio Hussein. Trascorre molte ore al giorno accovacciata, con la schiena contro una parete, a fissare il vuoto: «Penso a mio figlio. È tutto.» Ogni venerdì tutta la famiglia si reca alla tomba di Mohamad, in un villaggio a 20 chilometri di distanza. Anche Hussein è rimasto profondamente scosso dalla morte del fratello maggiore. Non lascia quasi mai la sua stanza. Non riesce a fare niente. Ogni tanto gli capita di avere dei violenti attacchi di collera. Il giorno precedente la nostra visita aveva bucato con i pugni i fogli di plastica che servono da vetro nella stanza principale. Ricerca incessante di lavoro La figlia Zenab, 20 anni, e il minore, Hassan, 12 anni, fanno quello che possono per tirare avanti. Ali Al-Ahmad cerca di essere di sostegno a tutto il suo mondo. Non si concede un minuto di riposo. Va e viene per tutto il giorno attraverso il

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Reportage nere di piccoli lavori retribuiti a ore o a giornata. Assillata e minacciata dagli islamisti della loro regione, nel 2012 tutta la famiglia si è trasferita in questo quartiere periferico di Damasco. I gruppi di combattenti islamisti avevano offerto denaro al figlio maggiore Mohamad perché si unisse a loro. Ma lui non ha mai ceduto. L’ultima volta che gli islamisti hanno insistito, il figlio ha risposto che preferiva non avere denaro, ma piuttosto che i suoi genitori fossero fieri di lui. Quindici giorni dopo era morto. «Immaginati che mi offrivano denaro, perché i miei figli si unissero a loro» mi dice Ali Al-Ahmad.

Il suo figlio maggiore è morto durante uno scontro con gli islamisti. Da allora Zahra Al-Hassan fa molta fatica a tornare alla vita quotidiana.

quartiere, nei suoi stivali di gomma troppo grandi, il berretto calcato sulla testa. Qui ripara un tubo dell’acqua che perde, là un’antenna parabolica. Pulisce anche le case o porta merce al mercato. Accetta tutti i lavori che gli propongono.

Ali Al-Ahmad sa fare di tutto. Fortunatamente. Già prima della guerra doveva venire a lavorare in città per arrotondare le entrate della famiglia. Contadino della regione di Aleppo, a Jaramana eseguiva ogni ge-

La gente in Siria ha bisogno del nostro aiuto Aiuti con una donazione Doni un pasto caldo, acqua, vestiti, cure mediche, coperte, sapone e una casa sicura.

Conto donazioni: 60-7000-4

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Un aiuto indispensabile Le sue entrate irregolari non bastano nemmeno ad assicurare il minimo vitale alla sua famiglia. Ogni tanto passa al centro di assistenza Caritas, situato non molto lontano. Lì gli danno una tessera per generi alimentari, indumenti o lo si aiuta a pagare l’affitto delle tre stanze di mattoni costruite sul tetto di un immobile terminato a metà: 10 000 lire siriane, equivalenti a 20 dollari. Caritas aiuta anche il figlio minore Hussein, perché vada a scuola e segua dei corsi per ricuperare il tempo perso quando gli islamisti gli proibivano di seguire le lezioni. Malgrado i suoi sforzi incessanti, con le sue entrate Ali Al-Ahmad riesce a malapena a coprire la metà dei bisogni di base della


Reportage famiglia. Dipende dall’aiuto che gli danno sia Caritas che altre organizzazioni, come pure i vicini. Giorno dopo giorno Ali Al-Ahmad deve imparare a rinunciare alla sua fierezza, a vincere il senso di vergogna per avere bisogno di assistenza. Ma non ha scelta: «Ad Aleppo conducevamo una vita semplice, ma avevamo il necessario. La nostra casa, il cibo, i ragazzi an-

« Ad Aleppo conducevamo una vita semplice, ma avevamo il necessario. » davano a scuola» si ricorda Ali Al-Ahmad. «Avevamo degli animali, degli ulivi …» aggiunge Zahra, la moglie, ritornata in sé per qualche istante. Ali Al-Ahmad è riconoscente verso il suo padrone di casa: «L’alloggio è a buon mercato e spesso mi dà del lavoro.» Peraltro il soffitto è soltanto una lamiera, che lascia passare la pioggia e il freddo e che diventa un forno in estate. Ali Al-Ahmad ha montato dei fogli di plastica sulle finestre e ha cercato di isolare alla meno peggio il tetto. Ha pure chiuso qualche foro causato da schegge di mortaio. Sei mesi fa una granata è caduta non lontano dal loro edificio. Alcune schegge sono passate a pochi centimetri dalla testa della moglie. Fortunatamente, il quartiere vicino, da cui partivano i colpi, è stato poi liberato. Eppure dal tetto dove abitano Ali Al-Ahmad e la sua famiglia si odono sporadicamente ancora degli spari a raffica. Nessuno pare turbarsi. La vita deve continuare, costi quel che costi. Una famiglia piena di speranza Cambiamo posto. Homs, la prima città martire della guerra in Siria. Fra il 2012 e il 2014 numerosi quartieri sono stati rasi al suolo durante i combattimenti fra ribelli, islamisti ed esercito siriano. Nour Ghozam, 12 anni, e la sua famiglia sono fra coloro che sono tornati a vivere nel loro quartiere del centro storico. Non sono potuti ritornare nella loro casa distrutta. Perciò si sono sistemati al quarto piano

di un immobile meno danneggiato degli altri. Il proprietario ha fatto loro un buon prezzo e lasciato qualche bel mobile: è contento che l’appartamento sia occupato. Gli immobili vicini sono soltanto cumuli di macerie. Ragazzi pieni di talento In una stanza molto fredda troneggia un pianoforte. Il fratello maggiore, Rafi, 18 anni, lo suona con talento. È l’orgoglio della famiglia. Come lo sono la voce di Nour e la sua ispirazione poetica. All’improvviso ci ritroviamo tutti ad ascoltare qualche brano. Rafi al pianoforte, Houssam, il papà, all’oud (una chitarra orientale) e Nour che canta. Le parole sono di Rita, la mamma. La notte cade sul quartiere, la luce è soffusa. Trascorriamo alcuni bellissimi minuti, come sospesi in

mezzo alle macerie. I morti, la distruzione, le famiglie disperse, il freddo, le privazioni, lo sradicamento, l’avvenire incerto, tutto si dissipa per qualche momento intorno agli artisti. Ma la musica non può nutrire la famiglia. Nel 2011 si è rifugiata a Mashta-al-Helou, una città vicina, dove sono arrivati molti profughi da Homs e da Aleppo in particolare. Houssam è un cuoco stimato ed è riuscito sempre a lavorare. I figli andavano a scuola, la vita non era troppo dura. Dopo quattro anni, quando Homs è stata riconquistata dall’esercito governativo, il padre è tornato a lavorare in uno dei ristoranti che lo aveva già assunto in precedenza. Qualche mese più tardi lo ha raggiunto anche la famiglia. «Ce la caviamo a malapena, con un po’ di aiuto, ci racconta

Necessità di dimensioni inimmaginabili TURCHIA

Aleppo SIRIA Homs LIBANO Damas

IRAQ

GIORDANIA

• La guerra entra nel suo settimo anno. • I civili ne sono le vittime principali. • 13,5 milioni di persone hanno bisogno di un’assistenza umanitaria. • Metà della popolazione del Paese è dovuta fuggire, all’estero o in altre zone del Paese. A volte ripetutamente. La metà dei profughi sono bambini o giovani.

• Il 70 % dei profughi interni ha ingrossato le città e le loro periferie. • L’85 % della popolazione vive in povertà; il 69 % in povertà estrema. •U n bambino su tre non va a scuola, che corrisponde a circa 1,75 milioni di bambini. •U na scuola su quattro è stata danneggiata, distrutta, occupata o chiusa. •1 2,8 milioni di persone hanno bisogno di assistenza medica. 2,8 milioni vivono con un’infermità permanente. Ogni mese, 30 000 persone subiscono danni alla salute in seguito al conflitto. •A fine 2015, la disoccupazione superava il 50 %. •1 1,8 milioni di persone non hanno elettricità, magari anche per 18 ore al giorno. • La perdita economica accumulata durante il conflitto è stimata a 254 miliardi di dollari. Fonte: UNOCHA, Humanitarian Needs Overview 2017.

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Come se avessero lasciato fuori la guerra: la famiglia Ghozam si rifugia nella musica nel suo appartamento a Homs. Nulla lascia immaginare che dietro alla tenda ci sono le rovine di una città bombardata.

L’aiuto di Caritas Il bilancio è molto semplice: c’è un vero baratro fra le risorse della gente e i loro bisogni. Le autorità, le ONG e le organizzazioni internazionali cercano di ridurre questa differenza. A Kashkoul, uno dei tre centri di Caritas Siria nella capitale, sono registrate più di 5000 famiglie. Oltre 11 000 sono registrate a Homs. • Caritas aiuta direttamente le persone distribuendo loro delle tessere da 25 000 o 40 000 lire siriane, secondo le dimensioni della famiglia (50 o 80 franchi), che permettono loro di acquistare indumenti, detergenti, coperte, cibo (ma non sigarette né cosmetici). Sono stati stipulati degli accordi con alcuni negozi che fanno prezzi interessanti. Con la tessera le famiglie possono scegliere, sono loro a sapere meglio di cosa hanno bisogno.

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• Caritas aiuta anche a pagare gli affitti, che aumentano in continuazione in seguito alla fortissima domanda, malgrado la gente debba vivere in immobili costruiti a metà o molto danneggiati. • Assistenza medica: sono stati stipulati accordi con ospedali e cliniche, fissando il prezzo degli interventi coperti da Caritas. C’è un forte bisogno di sostegno psicologico. • Aiuto per la scolarizzazione: anche se le scuole pubbliche sono gratuite (ma sovraffollate, 80 allievi per classe, con turni mattina/pomeriggio), le spese per i trasporti, il cibo, il materiale, le uniformi sono fuori dalla portata di molte famiglie. • L’erogazione di elettricità subisce spesso interruzioni a Damasco. L’acqua corrente manca dal Natale 2016.

Houssam. Prima della guerra lavoravo in due ristoranti. Avevamo una casa. Vivevamo bene.» Ma hanno comunque grandi speranze. I loro figli sono molto dotati. Il talento di Rafi al pianoforte gli fa perfino sperare di trovare qualche aiuto per continuare la sua formazione di pianista a ­ ll’estero. Nour invece non guarda così lontano: «Dopo il nostro ritorno a Homs ho ritrovato un po’ di amici. Ma prima tutta la famiglia viveva nel quartiere. Adesso è sparpagliata per tutto il Paese e all’estero. Mi piacerebbe andare dai miei cugini. Mi manca molto tutta la famiglia.» * Nomi modificati per proteggere le persone.

Video: per saperne di più su Ali Al-Ahmad e la sua famiglia: farelacosagiusta.caritas.ch/ali


Personaggi

Cose di tutti i giorni

Fiseha Berhe, Etiopia «L’acqua ha cambiato la nostra vita. Adesso abbiamo frutta e verdura durante tutto l’anno.» Com’è la sua vita quotidiana? Quando mi sveglio, preparo la colazione per i miei figli e mio marito, poi mando i piccoli a scuola. Prima di andare a lavorare nei campi faccio il bucato. Ci vado quasi tutte le mattine, secondo il periodo. Ne approfitto per portare a casa dell’acqua potabile e poi preparo il pranzo. Mi capita di guardare uno sceneggiato alla televisione mentre la più piccola dorme. E la sera arriva rapidamente. Quanto guadagna? È difficile a dirsi, perché le entrate sono irregolari. Mio marito lavora spesso a giornata, come muratore. Ha costruito la ­nostra casa. Ne ha costruite altre, fa dei muri per rinforzare la strada che arriva al nostro villaggio o i canali di irrigazione. Da quando abbiamo l’acqua tutto l’anno, grazie alla diga costruita da Caritas, possiamo vendere frutta e verdura. Di che cosa è particolarmente orgogliosa? Il nostro campo non è grande, ma è bello e ci ha permesso di migliorare la nostra alimentazione. Abbiamo portato della buona terra e costruito dei muri. Che cosa la rende felice? I miei figli sono in buona salute e vanno a scuola. Mio marito lavora sodo. Ci sono quelli che cercano di emigrare, ma non è facile. Noi ce ne restiamo qui. (fbo)

Foto: Fabian Biasio, Franca Pedrazzetti

Martin Flügel dirige il settore Politica di Caritas Svizzera. Lo si incontra spesso a Palazzo federale.

Accordare voce in capitolo alle persone svantaggiate Caritas non si impegna solo con aiuti concreti nella lotta contro la povertà. Si applica anche in politica a favore delle persone svantaggiate. Da novembre 2016, Martin Flügel dirige il settore Politica di Caritas Svizzera. Si intrattiene con i parlamentari, comunica con l’amministrazione e con le associazioni e redige prese di posizione: in qualità di direttore del settore Politica, Martin Flügel fa in modo che le idee di Caritas siano presenti in campo politico.

«I parlamentari apprezzano le competenze professionali di Caritas.» «Impegnarsi per le persone che non riescono a farsi ascoltare» è la sua principale premura. Martin Flügel indaga, osserva e analizza costantemente ciò che accade in politica. In questo modo rimane al corrente per tempo circa i nuovi sviluppi. «Spesso accadono molte cose prima che si giunga a una decisione in Parlamento» sostiene. Quando si vuole agire, il timing

è dunque importante. E infine si tratta anche di trarre informazioni affinché ­Caritas «sappia da che parte tira il vento in politica». Il nuovo posto di direttore del settore Politica rafforza Caritas nel suo ideale basato sull’impegno nell’ambito della politica sociale. Martin Flügel è lieto che ciò sia valorizzato dai politici: «I membri del Parlamento si interessano alle preoccupazioni di Caritas e stimano le nostre competenze specifiche.» Il lavoro di Martin Flügel richiede molto impegno intellettuale, resistenza e un’elevata soglia di tolleranza nei confronti delle frustrazioni. Spesso si avanza di tre passi e si retrocede di due. «In politica non c’è niente di acquisito. Occorre sempre battere il chiodo per andare avanti.» Per schiarirsi le idee? «Ho tre figlie adolescenti» rivela Martin Flügel ridendo. «Tanto basta per controbilanciare, accanto alla cucina e alla bicicletta.» (ah)

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Dal mondo

Studiare in un ambiente sicuro: le scuole ricostruite nelle Filippine resistono alle catastrofi naturali.

Nuova era per le scuole

Manila

Dopo la distruzione di gran parte della regione di Visayas a causa del tifone Haiyan nel novembre del 2013, Caritas ha ricostruito case private e scuole. Ora è terminata la realizzazione di tutte le scuole che sono state consegnate alla popolazione.

Isole di Bantayan e Kinatarkan Cebu

I colori vivaci delle sette scuole ricostrui­ ­te risplendono sulle isole di Bantayan e Kinartakan, nella regione centrale di Visayas. Il 19 settembre 2016 sono stati inaugurati gli ultimi edifici della scuola di Hagdan, sull’isola di Kinatarkan. Gli abitanti dei rispettivi villaggi e i bambini hanno allestito ogni scuola secondo le

Le nuove aule sono spaziose e luminose.

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proprie necessità. Nelle cinque scuole che offrono spazio a sufficienza vengono costruiti anche dei campi da gioco. L’8 novembre 2013, migliaia di persone hanno perso la vita al passaggio del tifone Haiyan sulle Filippine. Milioni sono rimasti senza tetto. Le 80 classi sono state ricostruite in modo tale da resistere ai terremoti e ai cicloni futuri. Proprio per questo, gli edifici non servono soltanto alle lezioni quotidiane dei 4000 alunni ma fungono anche da centri di evacuazione, offrendo alle popolazioni dei villaggi un riparo in caso di catastrofi naturali. Perché il progetto abbia effetti duraturi, Caritas ha eseguito un corso di manutenzione degli edifici assieme al comitato scolastico. Ha inoltre offerto ai contadini locali una formazione sulle coltivazioni resistenti ai tifoni e ai terremoti. Questa formazione permette loro di migliorare anche le proprie possibilità sul mercato del lavoro. Tra loro c’è anche Julito Villacarlos, 31 anni, che racconta:

Sulle isole di Bantayan e Kinatarkan, nella provincia di Cebu, a settembre 2016 sono state inaugurate sette scuole ricostruite.

«Sin da quando sono in grado di pensare, la mia famiglia è sempre stata povera. Dopo l’addestramento professionale nel cantiere e con un certificato in tasca, ho visto per la prima volta una prospettiva di vita futura.» Con la consegna delle scuole alla popolazione, il programma di ricostruzione nelle Filippine volge al termine. Entro il mese di giugno si concluderà anche la costruzione delle 1200 case private. (ah)

Video e altre foto: caritas.ch/philippines

Foto: Caritas Svizzera


Svizzera

Obiettivo: l’indipendenza Il loro penoso viaggio non finisce certo quando giungono qua. A Friburgo Caritas presta sostegno ai rifugiati sulla via dell’integrazione.

Meawel, in tuta blu, si inginocchia e posa dei tubi protettivi sotto l’intonaco. Qui, in questo locale dove in futuro gli studenti assisteranno ai seminari di psicologia, anche questo apprendista lavora per il suo futuro di elettricista installatore. Oggi lo vede con ottimismo. Ma non è andata sempre così. Patrick Bussmann, direttore del Servizio di integrazione presso Caritas Friburgo, ricorda: «Al primo colloquio di consulenza aveva pianto.» ­Meawel, allora ventitreenne, aveva appena perso il suo lavoro come ausiliario in un ristorante. E il sogno del tirocinio di elettricista sembrava irraggiungibile per questo eritreo senza certificato scolastico e che aveva solo nozioni approssimative di francese.

Eppure è rimasto tenace e ha applicato passo dopo passo il piano d’azione che aveva preparato con Patrick Buss­ mann. Alla fine ha potuto svolgere uno stage presso un’impresa locale dando buoni risultati. Dopo una formazione preliminare che gli ha consentito di migliorare il francese, il suo capo, Giovanni Autunno, gli ha proposto un contratto di tirocinio. «Non badiamo al passaporto. Conta solo l’attitudine al mestiere» sostiene il capo. L’economia partecipa A Friburgo, Caritas collabora con circa 200 imprese che offrono un’opportunità ai rifugiati e aprono loro la porta verso il mondo del lavoro. Al momento due ri-

fugiati seguono un tirocinio nell’impresa di Giovanni Autunno. «Lavorare con i rifugiati non è né diverso né più difficile che con gli svizzeri. Spesso sono perfino particolarmente motivati» spiega. È ciò che anche Patrick Bussmann ha rego-

«Al primo colloquio di consulenza aveva pianto.» Patrick Bussmann, direttore del Servizio di integrazione di Caritas Svizzera a Friburgo a proposito di Meawel.

larmente osservato nei suoi 30 anni di lavoro con i rifugiati: «C’è una forza incredibile nelle persone che devono tener conto della morte nella loro speranza in una vita migliore. Tale forza serve loro anche per costruirsi un futuro professionale.» Proprio come ha fatto Meawel. (ssc)

Integrazioni riuscite A fine agosto 2016, su 690 famiglie assistite da Caritas Svizzera nel canton Friburgo, 143 erano finanziariamente indipendenti (20,7 %). È una cifra incoraggiante, tanto più che rappresenta la metà delle famiglie di rifugiati alle quali l’asilo è stato accordato per meno di due anni. Inoltre, negli ultimi due anni, 230 rifugiati hanno potuto svolgere uno stage. A Friburgo, Caritas Svizzera facilita anche l’integrazione sociale, oltre a quella professionale: propone corsi per padroneggiare gli andamenti amministrativi, informa circa il sistema scolastico e aiuta a trovare un alloggio.

Il ventisettenne eritreo Meawel segue un tirocinio di elettricista installatore.

Foto: Flurin Bertschinger/Ex-Press

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Servizi

0800 708 708: la hotline SOS Debiti

Agenda Fino al 30 marzo 2017 Filmtage 21: éducation21 riparte in tournée, presentando nelle università pedagogiche della Svizzera nuovi film per le lezioni scolastiche sul tema sostenibilità. Nel focus di quest’anno ci sono tra l’altro anche temi come l’energia, i diritti dell’uomo e la tutela del clima. www.education21.ch/de/filmtage

Eventi informativi Caritas Per uscire dalla spirale dei debiti è importante chiedere aiuto tempestivamente.

Chi ha difficoltà finanziarie e si ritrova con i debiti, dovrebbe cercare aiuto tempestivamente. In questo modo la situazione finanziaria può essere stabilizzata subito prima che la montagna di debiti diventi troppo grande. Spesso è difficile liberarsi da soli dell’onere dei debiti. Perciò è importante ricorrere a un aiuto professionale. Attraverso il numero gratuito

0800 708 708, la hotline di Caritas SOS Debiti stabilisce un primo contatto serio e competente con un ufficio regionale di consulenza in caso di indebitamento. Sul sito Caritas www.caritas-schuldenberatung.ch è inoltre possibile chiedere aiuto online. È possibile ottenere la prima consulenza mantenendo l’anonimato. Martin Abele

Assistenza in qualsiasi caso «Non molto tempo fa firmavo contratti di lavoro. Oggi firmo il mio mandato precauzionale» sostiene Pascal Michel. Pensionato da cinque anni, ora regola il proprio futuro. Oltre che il lavoro, ha sempre stimato il valore della famiglia e degli amici. Proprio per questo trova logico conferire ai parenti più prossimi una delega nel caso si ammalasse di demenza o fosse vittima di un grave incidente. Il mandato precauzionale di Caritas offre agli anziani la possibilità di scegliere la persona di fiducia giusta. La hotline 0848 419 419 offre informazioni telefoniche in caso di domande. Beat Vogel

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Legato Caritas Svizzera si presenta e offre informazioni sulla programmazione dei lasciti ereditari. Segue una visita al museo. 16 marzo 2017 a Berna Museo Storico di Berna (Bernisches Historisches Museum) 30 marzo 2017 a Baden Museo Storico di Baden (Historisches Museum Baden) 2 maggio 2017 a Friburgo Museo della Bibbia e dell’Oriente dell’Università Miséricorde Gli incontri iniziano alle ore 13:30. Registrazione scrivendo a event@caritas.ch o telefonando al numero 041 419 22 22.

Autodeterminazione nella terza età

Il mandato precauzionale permette ai parenti di prendere decisioni conformi alle intenzioni dell’interessato quando questo non è più in grado di farlo.

Per maggiori informazioni: caritas.ch/precauzione

Caritas Svizzera informa sulle direttive anticipate di trattamento (testamento biologico), sul mandato precauzionale e sul testamento. 20 marzo 2017 a Lucerna Caritas Svizzera, Adligenswilerstr. 15 22 marzo 2017 a Lucerna Caritas Svizzera, Adligenswilerstr. 15 Gli incontri iniziano alle ore 14:00. Registrazione scrivendo a event@caritas.ch o telefonando al numero 041 419 22 22.

Foto: Heike Gasser/Ex-Press/Caritas


Insieme

Perciò partecipo

Martin Lambrecht (64 anni)

di Kehrsatz i rifugiati imparano Assieme si impara meglio: al Deutschkaffee Caritas. young di ari volont il tedesco con gli abitanti e i

«Lavorare in montagna è il perfetto equilibrio alla mia attività in ufficio. È un lavoro variato, fisico e che dà soddisfazioni. Allo stesso tempo procuro un aiuto utile e prezioso che mi rende fiero e felice.»

Imparare il tedesco preparando una pizza Ogni due settimane il Bistro Weidli, a Kehrsatz, si trasforma in «Deutsch­ kaffee», «caffè tedesco». È il momento dell’incontro tra rifugiati, altre persone che desiderano migliorare le loro conoscenze di tedesco, alcuni abitanti e volontari di youngCaritas. Il crepuscolo si insinua pian piano di qua del monte Gurten, nel villaggio bernese di Kehrsatz. Nel Bistro Weidli è tutto pronto per un nuovo incontro «Deutschkaffee», «caffè tedesco»: sui tavoli ci sono cosette da sgranocchiare, in cucina le verdure aspettano di essere tagliate e nell’angolo dei bimbi sono pronte le matite colorate. I volontari di youngCaritas sperano di avere il successo consueto. E infatti: la porta si apre e parecchi passeggini vengono spinti dentro. Presto ci si affanna anche in cucina: stanno preparando la pizza. Intanto altri partecipanti e volontari siedono ai tavoli, giocano a Uno e discutono: «In quanti Paesi sei già stato?» Così anziani e giovani, migranti e rifugiati passano la serata con alcuni abitanti e fanno conoscenza in un’atmosfera distesa. Il Deutschkaffee consente agli abitanti di Kehrsatz e ai volontari di youngCaritas

Foto: youngCaritas, su gentile concessione

di impegnarsi a favore di persone provenienti da altri Paesi per aiutarli a cominciare una nuova vita: i nuovi arrivati imparano il tedesco giocando, cucinando e discutendo e si sentono benvenuti. ­Questo progetto è sostenuto dal comune di Kehrsatz. Bettina Wyler Altre informazioni: youngcaritas.ch/deutschkaffee

youngCaritas a scuola youngCaritas offre alle scuole nella Svizzera tedesca introduzioni al tema della migrazione, della povertà e della cooperazione allo sviluppo. Per maggiori informazioni: www.youngcaritas.ch/school

Michèle Cesal (27 anni)

Perché aiuto i contadini di montagna oberati di lavoro e allo stesso tempo realizzo un sogno. La ­natura, gli animali e la simpatia degli alpigiani sono la miglior paga.»

Peter Federer (58 anni)

«Mi consente di dare uno sguardo ad altri modi di vivere, di lavorare fisicamente e di conoscere meglio la Svizzera. L’impegno in montagna aiuta me e l’azienda che mi ospita: è una bella cosa.» Altre informazioni: montagnards.ch/fr/agir

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Ali Al-Ahmad (49 anni), Siria Ha perso il figlio in guerra

Fare la cosa giusta

Quando la povertĂ mostra il suo volto Per saperne di piĂš su Ali e sulla sua famiglia: www.farelacosagiusta.caritas.ch


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