Rivista per bambini 2016 Caritas Svizzera

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Marzo 2016

Bambini Rapporto per le madrine e i padrini

Bambini a scuola: uscire dalla povertĂ

Bambini di strada: Shanny trova un nuovo appoggio

Forza d’animo ai bambini: lezioni per bambini particolari


Indice 4 ■ Bosnia-Erzegovina Uscire dalla povertà 6 ■ Haiti «La nuova scuola è fantastica!» 8 ■ Uganda La strada: pericolo in agguato 10 ■ Bangladesh «Questa è la mia chiave per la felicità» 11 ■ Etiopia Il lungo e pericoloso percorso di Birhan 13 ■ Nicaragua Tra le vendite in strada e i compiti per la scuola 14 ■ Bernadette Schürmann (57): madrina «Dobbiamo prenderci cura dei bambini» 15 ■ Brasile Addio alla discarica 17 ■ Bolivia Shanny trova un nuovo appoggio 18 ■ Ruanda «In strada non c’è vita» 20 ■ Intervista a Ellen Ringier «I bambini hanno bisogno di coraggio e gioia di vivere» 22 ■ Tagikistan Lezioni per bambini particolari 24 ■ Cuba Daniel non è solo 26 ■ Filippine Proteggere i bambini dalla deportazione 27 ■ Bolivia Sicurezza per Gabriel 28 ■ Palestina Curare le anime tristi dei bambini 31 ■ Colombia Liberare i bambini dalla spirale di violenza 32 ■ I padrini domandano, i bambini rispondono 2  Caritas   «Bambini» 2016

«Anche se noi esseri umani siamo molto diversi l’uno dall’altro, dobbiamo condividere le cose e convivere in modo pacifico.» Il mondo visto da Laura Cardona (9), Colombia.

Foto in copertina: Antonio Aragón Renuncio; redazione: Dominique Schärer, Jörg Arnold; grafica: Evelyne Bieri; carta: Carisma Silk, 100% riciclata


Pe zzo per pe zzo, un mondo più gius to Cara madrina, caro padrino «Ovunque nel mondo i bambini hanno diritto alla protezione, alla sicurezza e all’affetto. E il coraggio e la gioia di vivere costituiscono sempre la base per una vita vissuta bene.» Le parole espresse da Ellen Ringier nel presente magazine sono le più azzeccate per formulare il grande traguardo dei progetti di padrinato Caritas: ogni bambino deve avere sicurezza, deve poter andare a scuola e farsi nuovo coraggio in situazioni difficili. Ogni bambino deve diventare una persona adulta in grado di prendere in mano il proprio futuro con forza e positività. Ad esempio Ahmed, traumatizzato dalla guerra, che adesso sta imparando a lasciarsi alle spalle le esperienze terribili. Oppure Juliano, cresciuto nella discarica e che oggi può andare a scuola. O Shanny, che quando viveva in strada veniva picchiata e violentata e che ora, piano piano, sta tornando a vivere una vita normale. È meraviglioso, care madrine, cari padrini, che voi facciate parte di quelle persone che aiutano i bambini violati senza se e senza ma. Voi sapete che il futuro di un mondo migliore è nelle mani di questi bambini. E forse la cosa più importante: voi credete che un mondo migliore sia possibile. È bello che ci siano persone come voi. Grazie per essere al fianco dei nostri bambini. Pia Käch Padrinati Caritas per bambini

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Bambini a scuola  ■ Bosnia-Erzegovina

Us cire dalla po vertà I rom appartengono al gruppo di popolazione più discriminato in Europa. In pochi possono permettersi di mandare i figli a scuola. Occorrono lavoro di persuasione per i genitori e misure di sostegno. Come nel caso di Dževad, che a nove anni è andato a scuola per la prima volta.

Fa freddo e il vento soffia sulla casa al rustico dove abita la famiglia Ramic´. In 25 metri quadri vivono sette persone. Non c’è acqua, le finestre senza vetri sono coperte alla buona con teloni di plastica, davanti alla porta mancante è appesa una coperta di lana. Il posto si trova nel mezzo dell’Europa, in un campo rom in Bosnia-Erze­ govina. Qui la povertà si tocca con mano, sono in pochissimi ad avere un reddito, cercano di sopravvivere smistando i rifiuti. È ovvio in questo caso che i bambini devono in qualche modo contribuire alla sopravvivenza della famiglia e perciò, per i genitori, l’istruzione scolastica spesso non viene neppure considerata.

Dževad quindi da agosto 2014 frequenta la scuola locale ed è visibilmente rinato. La scuola gli piace tanto, dice, e la materia che preferisce è disegno. Ogni mattina esce di casa con un sorriso allegro e grazie a Caritas ha tutto quello che gli serve: zaino, materiale scolastico e vestiti. La sua giornata è strutturata e a scuola riceve un pasto caldo. «Questo è stato un altro motivo per il quale i genitori hanno deciso di mandarlo a scuola» continua l’operatrice sociale. Il padre ha da poco trovato un lavoro, ma ai genitori manca comunque il denaro per nutrire a sufficienza l’intera famiglia. Per la famiglia Ramic´ sono cambiate molte cose da quando Dževad ha iniziato a frequentare la scuola. Non è cambiata solo la quotidianità, ma è più positivo anche l’atteggiamento dei genitori nei confronti della scuola. «Dobbiamo convincere le famiglie interessate e dimostrare loro che l’istruzione scolastica offre ai bambini buone possibilità per uscire dalla povertà» afferma Berina Husika. Ci è riuscita con la famiglia Ramic´. Oltre a Dževad frequentano la scuola anche due dei suoi fratelli. ■

Dževad rinasce

Tale era la situazione di Dževad, 10 anni, secondo­genito della famiglia Ramic´. «Sono andata a trovare la famiglia diverse volte e ho tentato di convincerla dell’­importanza della scuola» racconta Berina Husika, operatrice sociale del progetto di padrinati Caritas per bambini. Ha conosciuto la famiglia al centro sociale che frequentava la madre con il figlio più piccolo disabile Anes di 3 anni. «Sono stati colloqui difficili e i genitori hanno acconsentito solo dopo aver assicurato loro che avremmo messo a disposizione di Dževad tutto il materiale scolastico.»

Grazie a Caritas, Dževad possiede zaino, materiale scolastico e vestiti.

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Testo: Ulrike Seifart; foto: Velija Hasanbegović


Bosnia-Erzegovina: la sua parte di un mondo più giusto

Istruzione per i bambini rom In Bosnia-Erzegovina, undici scuole seguono un modello Caritas e hanno classi speciali per l’integrazione di bambini rom. Le famiglie vengono aiutate con materiale scolastico, pasti caldi e generi alimentari e sono strettamente accompagnate da operatrici e operatori sociali. Il progetto accoglie anche bambini di altre famiglie svantaggiate socialmente. Nel Can­ tone di Sarajevo gli adolescenti ricevono inoltre una preparazione alla scuola professionale.

Buono a sapersi: –  Dal 2013, undici scuole elementari hanno offerto 7037 ore scolastiche aggiuntive a 433 bambini. –  178 bambini sono stati iscritti a scuola. –  Sono stati distribuiti circa 20 000 pasti. –  I pasti a scuola per un bambino costano 200 franchi all’anno. ■ www.caritas.ch/enfants/bosnie-herzegovine


Bambini a scuola  ■ Haiti

«La nuova scuo la è fantas ti ca!» Sherley Chrismy, 10 anni, vive con i genitori e quattro fratelli nel paesino dal nome Deslatres. La giornata della bambina, che frequenta la quinta elementare, viene riempita da lavori di casa, dal lavoro nei campi e dalla frequenza scolastica. Sherley frequenta la scuola Saint Martin de Tours, una delle cinque scuole ricostruite da Caritas Svizzera ad Haiti dopo ­ il terremoto del gennaio 2010. Mi chiamo Sherley Chrismy Pétion e ho 10 anni. Vivo «a Deslatres con i miei genitori, due fratelli e due sorelle. La mattina mi alzo molto presto, prima di tutti gli altri membri della famiglia. Preparo la colazione insieme a mia sorella. Dopo do da mangiare ai maiali e mi preparo

per la scuola. La mia giornata è più lunga di quella dei miei fratelli, perché insieme a mia mamma e alle mie sorelle mi occupo anche delle faccende domestiche. Faccio ogni giorno sei chilometri a piedi per andare a scuola. Durante il periodo della pioggia ogni tanto vado con l’asino. Faccio la quinta elementare. Le lezioni si tengono dalle otto all’una. La mattina, nel cortile della scuola, per prima cosa viene issata la bandiera, poi si prega. Facciamo così ogni giorno. Poi entriamo in aula e inizia la lezione. Il lunedì, la prima ora c’è sempre mate­matica, poi abbiamo francese e scienze naturali. Sono le mie materie preferite. Dopo il terremoto la nostra scuola è stata ricostruita da zero. L’edificio scolastico è stato inaugurato l’anno scorso. Siamo molti allievi, 450 circa. Il primo giorno di scuola nel nuovo edificio è stato un giorno molto par­

Le materie preferite di Sherley Chrismy sono francese e scienze naturali.

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Testo: Vérène Morisod; foto: Paolo Charles, Rafaelle Castera


ticolare. Abbiamo fatto un giro nei nuovi edifici e i docenti ci hanno spiegato come si usano i bagni. Le aule sono belle e ben arieggiate. Dopo il terremoto le lezioni si tenevano sotto grandi tendoni o negli spazi della parrocchia. Nelle tende faceva molto caldo. Oggi è molto meglio e io e i miei compagni siamo molto contenti della nuova scuola. Anche se non abbiamo libri di testo che appartengono a noi, possiamo comunque tutti studiare con i libri. Ci vengono prestati dai docenti. Dobbiamo fare molta attenzione che non si rompano. Dopo la scuola a volte vado al club della salute. Il mio tempo libero sono le ore che posso passare a scuola dopo le lezioni. Vorrei che questo tempo fosse più lungo.

«Il primo giorno nel nuovo edificio scolastico è stato un giorno molto particolare.» Dopodiché vado a casa. Lì prima vado a prendere l’acqua, a volte da sola, a volte con mia sorella. Mia mamma è contadina, mio papà contadino e insegnante. Io e mio fratello aiutiamo nel lavoro nei campi come tutti gli altri bambini del paese. Coltiviamo patate e fagioli. Le serate sono tutte uguali. La mia giornata finisce verso le 19. ■

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Haiti: la sua parte di un mondo più giusto

La qualità nella scuola Difetti nella gestione, condizioni precarie nella sco­ la­rizzazione: ad Haiti, il sistema scolastico si trova a dover affrontare innumerevoli sfide. Caritas Svizzera continua ad aiutare le cinque scuole costruite ex novo dopo il terremoto del 2010 nella costruzione delle strutture e nel miglioramento della loro qualità. L’obiettivo è migliorare sostanzialmente le direzioni scolastiche, le qualifiche specialistiche dei docenti e con questo infine anche le condizioni di apprendimento per le alunne e gli alunni. Le scuole Caritas devono offrire ai 2500 allievi la mig­liore istruzione e consentire prestazioni scolastiche di successo. Buono a sapersi: –  Con 100 franchi è possibile sostenere l’arredamento degli uffici per le direzioni scolastiche delle cinque scuole. –  Una donazione di 50 franchi contribuisce al finanziamento del materiale didattico per i docenti. –  Con un contributo di 20 franchi è possibile sostenere l’acquisto di materiale didattico usato per la pianificazione delle lezioni. ■ www.caritas.ch/enfants/haiti

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Bambini a scuola  ■ Uganda

La strada: peri co lo in ag guato

La Nwoya Girls Academy rappresenta per molte bambine dell’Uganda settentrionale l’unica opportunità per ricevere un’istruzione scolastica e professionale. Monica Oyet, pedagogista sociale e responsabile di progetto, spiega l’importanza di questa scuola situata su un asse stradale principale in direzione Sudan del Sud.

Quali sono le ragioni per le quali nel Nord dell’Uganda le bambine vengono mandate a scuola meno rispetto ai maschietti?

Le scuole statali sono in genere aperte a tutti i bambini, sia femmine che maschi. Il problema risiede nella famiglia. I genitori preferiscono i maschi quando si tratta di sborsare soldi per le spese scolastiche. Alle bambine viene dato l’ordine di svolgere dei lavori. Curano i fratelli più piccoli e fanno lavoretti di giardinaggio. I genitori non si rendono conto del valore che la scuola possa avere per le bambine. 8  Caritas   «Bambini» 2016

Perché molte bambine abbandonano la scuola anzitempo?

L’abbandono della scuola si verifica soprattutto quando le bambine entrano nella pubertà. In molti posti, le bambine devono condividere le latrine con i docenti e con i maschi. I genitori vogliono dare le loro figlie in matrimonio presto, non di rado già all’età di 14 – 16 anni. Ci sono tante gravidanze precoci. Che qui a Nwoya ci troviamo su un principale asse stradale in direzione del Congo e del Sudan del Sud è un rischio. Le bambine cercano uomini con soldi che si trovano di passaggio nella speranza che questi pensino a mantenerle o addirittura a sposarle. Questi uomini, però, sono interessati solo al sesso con le bambine. Le sfruttano, attaccano loro malat­ tie e poi le abbandonano. A causa della gravidanza, molte bambine devono abbandonare la scuola. Che cosa significa per loro?

Nessun’altra scuola pubblica nell’Uganda del Nord permette alle giovani donne di venire a scuola con i loro bebé. Non poche perciò abortiscono illegalmente per Testo: Stefan Gribi / Pia Käch; foto: Joseph Kitsha Kyasi


Uganda: la sua parte di un mondo più giusto poter tornare a scuola. Alcune di loro muoiono. Altre vengono costrette a sposarsi. Se non si fa nessun matrimonio, le giovani madri e i loro figli vengono vissuti dalla famiglia come un peso e cacciate. La Nwoya Girls Academy consente alle giovani madri di proseguire la loro carriera scolastica. Quali opportunità per il futuro si intravedono?

La scuola rinforza la fiducia delle bambine e migliora notevolmente le chance per il futuro. Ricevono la preparazione per svolgere una formazione continua, ad esempio come insegnante o come infermiera, oppure possono costruirsi una piccola impresa di catering o uno studio di sartoria. Le nostre allieve sono consapevoli di questo e perciò apprendono con grande motivazione. ■

La scuola è aperta A febbraio 2015 ha aperto i battenti la Nwoya Girls Academy. Circa 600 bambine e giovani madri ricevono in questo modo accesso, a medio termine, a una formazione primaria e secondaria e anche professionale. C’è una scuola media, una scuola professionale e un asilo nido. I bambini sono curati per l’intera giornata. Significa che le mamme possono portarsi i bambini a scuola e abitare nel collegio. Buono a sapersi: –  Nella scuola secondaria finora vengono formate 200 bambine e anche la scuola professionale al momento può ospitare 200 giovani donne. –  Dotare una classe di libri di matematica e quaderni costa l’equivalente di 250 franchi. –  Le lavagne costano 60 franchi ciascuna. ■ www.caritas.ch/enfants/ouganda

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«Q ue sta è la m ia ch iave per la feli ci tà» Bambini a scuola  ■ Bangladesh

Magliette di poco prezzo. Lavoro duro e mal pagato. Per queste cose sono note le fabbriche che producono vestiti in Bangladesh. I genitori di Shifa (5) e Shetu (3) lavorano in una di queste fabbriche. Che le due bambine possano frequentare l’asilo nido sostenuto da Caritas è la sua chiave per la felicità, racconta la madre. Mi chiamo Shahida Begum e ho 23 anni. Vengo da una «famiglia povera. Mio padre era conducente di risciò. Guadagnava poco e spesso noi bambini andavamo a letto senza aver mangiato. Quando fui data in matrimonio, avevo 13 anni. Allora anche mio marito Saiful faceva il conducente di risciò. Un anno dopo essermi sposata ebbi il primo figlio. Morì pochi giorni dopo la nascita. Qualche tempo dopo, io e Saiful incominciammo a lavorare in una fabbrica di vestiti. Quando nel 2010 nacque nostra figlia Shifa e due anni dopo Shetu, io mi prendevo cura delle bambine e Saiful lavorava. Ma un solo stipen-

dio non bastava per vivere. Sprofondammo sempre più nella povertà. Quando poi, due anni fa, le mie figlie furono prese all’asilo nido di Caritas, ero molto felice. La nostra vita cambiò. Ricominciai a lavorare e adesso guadagno 67 franchi al mese. Con questi soldi siamo riusciti a pagare i nostri debiti. Per me è molto importante sapere che le mie figlie stanno bene all’asilo nido. Lì vengono sostenute e aiutate amorevolmente. Giocano e i più grandi imparano persino a leggere. E poi, una cosa molto più importante: crescono sicure di sé e sono preparate al meglio per la scuola. ■

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Bangladesh: la sua parte di un mondo più giusto

Proteggere i bambini dei lavoratori Le madri delle famiglie povere in Bangladesh devono lavorare per poter nutrire i loro figli. Hanno perciò bisogno di un luogo sicuro per i figli in modo da poter lavorare. Gli asili dell’organizzazione locale MATI sostenuti da Caritas offrono aiuto per i bambini in età prescolare. Creano premesse positive per l’istruzione e l’apprendimento e consentono in questo modo di uscire dalla povertà.

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Buono a sapersi: –  I genitori pagano 2.50 franchi al mese per un posto in un asilo. –  Caritas sostiene l’organizzazione locale MATI nella costruzione di quattro centri diurni per 80 bambini in età prescolare. –  Una colazione per 20 bambini costa circa 7.50 franchi. –  Formiamo personale specializzato e sensibilizziamo le autorità e la popolazione per la costruzione di altri centri diurni propri. ■ www.caritas.ch/enfants/bangladesh

Testo: Jörg Arnold; foto: Caritas Bangladesh


Bambini a scuola  ■ Etiopia

Il lu ng o e peri co lo so percorso d i Birhan Un’allieva di scuola elementare in Svizzera impiega in media 13 minuti per raggiungere la scuola. Per l’undicenne Birhan Dorri di Irob, in Etiopia, questo è un sogno. La bambina frequenta la quinta elementare della scuola St. Jacob di Adaga. vado a scuo«la,Quando mi incammino prestissimo la mattina. A volte è ancora buio. La nostra fattoria si trova in basso alla vallata e per salire su per la montagna ci vogliono due ore. Spesso sono da sola e ho un po’ paura. Il Quando inizia la scuola, Birhan (11) ha già fatto un sacco di sentiero è pieno di sassi strada faticosa. e ripido e ci sono serpenti e altri animali selvatici pericolosi e che mi fanno paura. Le lezioni iniziano alle nove. Ogni tanto arrivo in ritardo perché la strada è faticosa e perché ho fame e sete. La cosa peggiore è quando c’è forte vento e quando il sole è caldissimo. Allora mi riposo un po’ sotto un albero. Mi piace molto andare a scuola e sono contenta di poter studiare. Ad esempio l’inglese o la matematica. Ma spesso sono molto stanca e quasi non riesco a seguire la lezione. La maestra allora dice che mi devo svegliare se voglio passare gli esami. Le lezioni terminano alle 14. Non vedo l’ora di scendere la montagna per tornare a casa. È più semplice della salita che devo fare la mattina. Ed è bello quando mia mamma mi saluta quando mi vede sul sentiero in cima alla montagna. ■

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Testo: Jörg Arnold; foto: Caritas Adigrat

Etiopia: la sua parte di un mondo più giusto

Scuole importanti in campagna In Etiopia Caritas sostiene le scuole in campagna, affinché anche i bambini che vivono lì possano ricevere lezioni nonostante debbano lavorare e percorrere lunghi tragitti per andare a scuola. Grazie a Caritas, ogni anno 2560 bambini possono frequentare la scuola. Caritas promuove in particolare anche la qualità delle lezioni, l’infrastruttura delle scuole e la scolarizzazione delle bambine, in modo che queste non vengano date in matrimonio da fanciulle. Buono a sapersi: –  Nel Tigrai nordorientale Caritas sostiene tre scuole elementari con circa 725 allievi. –  In tutto i genitori devono pagare dai 160 ai 230 birr etiopi (circa 7.50 – 10.70 franchi) all’anno per ogni bambino per la scuola. La cifra comprende la tassa scolastica, matite e penne, quaderni e contributi all’infrastruttura. –  Con 1150 franchi è possibile allestire una piccola biblioteca all’interno della scuola. ■ www.caritas.ch/enfants/ethiopie

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Nicaragua: la sua parte di un mondo più giusto

Frequentare la scuola accanto al lavoro Limitare il tempo del lavoro minorile, impedire lavori pericolosi e garantire la frequentazione della scuola: questo è l’obiettivo che i progetti di padrinato Caritas vogliono raggiungere a Posoltega, San Lucas e Managua. Il lavoro è necessario per la sopravvivenza delle famiglie, ma i bambini devono anche poter frequentare la scuola. Nel progetto vengono coinvolti attivamente anche genitori e il personale di sostegno.

Buono a sapersi: –  Secondo uno studio nazionale, in Nicaragua 118 000 bambini e adolescenti si trovano in una situazione di rischio a causa del loro lavoro. –  Un pacchetto per chi inizia la scuola costa otto franchi: quaderno, pennarelli, gomma per cancellare e squadra. –  In appositi workshop, 700 bambini vengono informati sui diritti dei fanciulli e sulla tutela del lavoro minorile. ■ www.caritas.ch/enfants/nicaragua


Tra le ve nd ite in strada e i co mpi ti per la scuo la Bambini a scuola  ■ Nicaragua

Deymon Dilan Martínez è uno degli oltre 140 000 bambini in Nicaragua che sono costretti a lavorare. Il progetto Caritas garantisce la frequentazione della scuola e gli permette nonostante tutto di essere bambino. chiamo Deymon Dilan Martínez e ho 10 anni. «VivoMiinsieme a mia mamma e ai miei cinque fratelli. Con noi vivono anche due zii e mia nonna. Nella nostra famiglia quasi tutti lavorano come venditori ambulanti. La nostra vita è dura, ma la famiglia è molto unita e ci aiutiamo a vicenda. Mi alzo ogni mattina alle cinque e mezza, faccio colazione e mi lavo. La scuola inizia alle sette meno venti. Dopo vado al mercato dove vendo acqua e caramelle. Alle due del pomeriggio mi dà il cambio mio fratello. In seguito vado al progetto per bambini lavoratori, un incontro che mi ha organizzato uno dei miei fratelli più grandi. Lì imparo a conoscere i miei diritti, posso fare i compiti, qualche lavoretto manuale e soprattutto ricevo anche materiale scolastico che altrimenti non potremmo pagare. Mi piace tanto studiare e nel fare i compiti mi impegno davvero molto. Nel tardo pomeriggio vado ancora una volta a lavorare al mercato e la sera incontro i miei fratelli e amici. Ci divertiamo sempre quando stiamo insieme; la cosa che più ci piace fare e giocare a prenderci. Purtroppo non posso correre a lungo perché dopo un po’ mi fanno male le ossa. Questo perché quando mia mamma era incinta di me, non ha potuto nutrirsi in modo sano e ha

dovuto lavorare duro perché mio padre ci aveva lasciati. Mia mamma dice che è stata una gravidanza difficile e che perciò io adesso ho le ossa malate. La morte del mio fratello maggiore mi ha reso molto triste. Ha avuto un incidente ed è caduto in un fiume. Era tornato anche a casa, ma all’improvviso non riusciva più a muoversi e aveva forti dolori. È morto all’ospedale il 10 dicembre 2014. Mio fratello era per me come il padre che non ho mai avuto. Mi aiutava a fare i compiti, andava a cercare la legna e la portava a casa e ci dava da mangiare. Sono stato tutta la notte accanto alla sua bara e il dolore era indescrivibile. La cosa più bella della mia vita sono le feste, quando festeggiamo il Natale o il mio compleanno in famiglia. Non possiamo permetterci regali, ma stiamo bene insieme, siamo allegri e mangiamo pollo fritto. ■

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Deymon (10) nella sua vita ha già vissuto gravi disgrazie, ma anche molta sicurezza in famiglia. Testo: Dominique Schärer; foto: Antonio Aragón Renuncio

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«Dobbi amo prenderci cu ra dei bambini»

Per Bernadette Schürmann il padrinato per i bambini è un modo per integrare le persone giovani nel proprio lavoro creativo. Pedagogista musicale e teatrale, regista e chinesiologa: Bernadette Schürmann (57) ha molte professioni e si impegna per ogni persona con energia vitale ed esperienza pluriennale. Un filo conduttore nella molteplicità della sua vita professionale è il lavoro creativo con i bambini. «I bambini mi sono molto vicini nella loro spensieratezza e fantasia, ma anche nella loro vulnerabilità» ci dice seduta nel salotto chiaro del suo appartamento nel centro storico di Sursee. «Contrariamente a noi adulti, orientati all’efficientismo, i bambini non devono continuamente

«Le storie aiutano a capire il mondo.» inseguire un traguardo.» Il suo lavoro come pedagogista teatrale le permette di mostrare il mondo ai bambini in modo giocoso. «Raccontare storie aiuta a capire il mondo. Nel teatro i bambini possono elaborare le loro esperienze, provare cose nuove e imparare a mettersi nei panni degli altri» spiega l’artista e pedagogista. E comunque l’obiettivo è sempre quello di sviluppare insieme un cosa finita, intera: «Ogni singola persona, dal tecnico fino alla sarta, contribuisce al successo.» E poi non è da sottovalutare il fatto che «fare teatro è semplicemente divertente.» 14  Caritas   «Bambini» 2016

Caritas come «mano esecutrice»

Nel suo lavoro, Bernadette Schürmann dà molta importanza a valori come il rispetto, la solidarietà e la capacità di immedesimazione. «Sono convinta che un bambino questi valori li può sviluppare meglio se li riceve lui stesso» afferma la madre di due figli adulti. «Dobbiamo prenderci cura dei bambini perché sono il nostro futuro.» Per questo motivo Bernadette Schürmann sostiene progetti di istruzione in qualità di madrina Caritas. «Io con il mio lavoro non posso contribuire ad assicurare le esigenze di base come il cibo, la sicurezza e l’istruzione per bambini svantaggiati. Ecco perché mi impegno a questo proposito assumendo un padrinato» dice Bernadette Schürmann. Da Caritas in veste di «mano esecutrice» si aspetta che condivida i suoi valori e che si impegni con professionalità. L’adesione al padrinato per l’istruzione è stata scatenata dal momento in cui il figlio maggiore di Bernadette Schürmann è andato via di casa: «Allora pensai che era giunto il momento di tornare ad aiutare i bambini più piccoli.» ■

Testo: Dominique Schärer; foto: Markus Forte / Ex-Press


Bambini di strada  ■ Brasile

Ad d io alla d is cari ca Juliano, 10 anni, prima raccoglieva rifiuti nelle discariche di Palmeira dos Índios con sua mamma e i suoi fratelli. Grazie all’aiuto di Caritas, la sua vita è migliorata.

«La situazione della mia famiglia è molto difficile. Mio papà non ha un lavoro fisso e mia mamma guadagna qualche centesimo al giorno raccogliendo spazzatura» racconta Juliano (10). Vive insieme ai genitori e ai sei fratelli nel villaggio di Lagoa Nova, alla periferia della città di Palmeira dos Índios, nel Nordest del Brasile. «In passato accompagnavo spesso mia mam­ ma alla discarica. Lì ho incontrato il docente che mi ha invitato al progetto Caritas PIAJ. La mia vita è cambiata completamente» raccon­ta il Juliano (10) oggi sa molte più ragazzino orgoglioso. cose sui suoi diritti. «Da Caritas ho imparato a leggere e che per i bambini è malsano lavorare nella discarica. Oggi faccio la terza elementare e il mio grande sogno è diventare poliziotto.» Le famiglie di Lagoa Nova vivono con la raccolta dei rifiuti e di quel poco che riescono a coltivare nei propri orti. Anche i bambini aiutano a cercare rifiuti riciclabili e contribuiscono in questo modo al mantenimento della famiglia. Non hanno tempo per giocare e molti abbandonano la scuola anzitempo. La quotidianità di questi bambini è caratterizzata da violenza e droghe, non hanno prospettive per il futuro. Caritas dona a questi bambini l’opportunità di vivere una vita migliore. ■

Testo: Katja Remane; foto: PIAJ, Suane Melo Barreirinhas

Brasile: la sua parte di un mondo più giusto

Proteggere i bambini dalla strada Il programma di Caritas PIAJ (Programa Infância, Adolescência e Juventude) aiuta bambini e adolescenti poveri nel Nordest del Brasile a rom­pere il circolo vizioso della povertà e a non finire in strada. Nei laboratori gli adolescenti imparano a conoscere e a reclamare i propri diritti. Nel 2014 la percentuale dei bambini che lavoravano come raccoglitori di rifiuti è stata ridotta dal 55 al 15 percento grazie al programma. Buono a sapersi: –  Il programma Caritas PIAJ sostiene al momento 403 bambini e adolescenti tra i 7 e i 14 anni di età (206 femmine e 197 maschi) in tre comunità nel Nordest del Brasile. –  Un pasto per un bambino costa un franco. –  Il materiale scolastico per un workshop con 50 bambini costa 15 franchi. ■ www.caritas.ch/enfants/bresil

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Bolivia: la sua parte di un mondo più giusto

Rifugio per bambini di strada Lo spostamento della problematica dei bambini di strada dal centro di La Paz a El Alto, città satellite accanto a La Paz, ha comportato una nuova collaborazione di Caritas con l’organizzazione ENDA (Environment and Development in Action). In due centri ENDA offre provvisoriamente un rifugio sicuro a bambine e bambini di strada toccati dalla violenza. Nelle scuole, inoltre, i bambini e gli adolescenti particolarmente a rischio vengono rinforzati, i genitori vengono sensibilizzati durante appositi workshop e in più vengono svolti programmi di formazione professionale. Buono a sapersi: –  Il 54 percento della popolazione di El Alto è costituita da giovani sotto i 25 anni. –  Nei due centri ogni anno vengono curati 250 bambine e bambini di strada che hanno subito violenza. –  Con 30 franchi è possibile comprare la colazione in uno dei centri per 30 bambini. ■ www.caritas.ch/enfants/bolivie-rue


Shanny trova un nuovo appo gg io Bambini di strada  ■ Bolivia

Da bambina la quattordicenne Shanny veniva picchiata dal padre. Fuggì in strada, ma si rivelò una fuga in un vicolo cieco.

«Mia madre mi ha portato qui per farmi cambiare» disse Shanny, 14 anni, quando a febbraio di un anno fa arrivò al centro per bambini di strada dell’organizzazione partner di Caritas ENDA (Environment and Development in Action). «Vorrei tanto smettere con le droghe. Spero di riuscirci e che non sia troppo tardi.» Shanny è stata picchiata dal padre sin dalla prima infanzia: quando non voleva mangiare o quando non ubbidiva. Quando iniziò ad andare a scuola, il padre si aspettava risultati perfetti e quando sbagliava prendeva botte con tutto quello che il padre trovava davanti. Shanny ogni sera aveva paura del ritorno a casa del padre, dei controlli severi dei compiti e delle botte inevitabili. Anche la madre diventò una vittima della violenza domestica, non poteva proteggere Shanny.

Finì per essere in giro tutto il giorno, girava per le strade, prendeva droghe e si faceva mantenere da uomini più grandi. Si unì a una banda di giovani che la separò dalla famiglia, ma dove c’era di nuovo violenza. Malgrado le botte, gli stupri e le costrizioni, Shanny non ce la fece a staccarsi dal gruppo e scappava ogni volta che la madre voleva riportarla a casa. Finalmente arrivò aiuto

Alla fine la mamma di Shanny si recò dagli avvocati mino­r ili per chiedere un consiglio. Questi ultimi portarono la bambina al centro per bambini di strada. Lì finalmente ricevette l’aiuto necessario: un posto sicuro dove stare e pasti caldi, disintossicazione da droga e alcol, una terapia e giornate con attività regolari. Dopo qualche mese, a Shanny fu offerto di tornare dalla sua famiglia, ma lei volle restare al centro. «Ho paura che i miei amici mi riportino in strada» disse. «Qui mi trovo bene e vado di nuovo a scuola.» ■

La spirale verso il basso

Quando Shanny aveva 7 anni, sua madre fuggì di casa con i tre figli e manteneva la famiglia vendendo frittelle fatte in casa. Ben presto conobbe un altro uomo con il quale Shanny non andava d’accordo, cosa che ha peggiorato il rapporto con la madre. Quando, nel 2014, il padre naturale morì in un incidente, Shanny perse defini­ tivamente ogni appoggio che aveva nella vita. Appena dodicenne, incominciò a passare le notti in discoteca con altri giovani e a bere per dimenticare la situazione a casa.

La grande forza di volontà e il sostegno da parte del centro per bambini di strada hanno ridato sicurezza a Shanny. Testo: Dominique Schärer; foto: Jules Tusseau

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«In strada no n c’è vi ta» Bambini di strada  ■ Ruanda

Sei ex bambini di strada raccontano la loro storia. Grazie all’aiuto del centro per bambini di strada Abadacogora-Intwari hanno ritrovato la strada giusta per tornare a scuola e a una vita che abbia un futuro.

Presto a scuola

«A undici anni ho incominciato a vivere in strada. Mia mamma non poteva più aiutarci, la nostra vita era molto infelice. Raccoglievo e vendevo bottiglie ni an 13 di plastica che cercavo nei Paul*, cassonetti. Il centro mi ha aiutato molto. Da quest’anno non vivo più in strada. Imparo a leggere e a scrivere, in modo da poter frequentare presto la scuola normale. Viviamo con quei pochi soldi che guadagna mia mamma.»

Una vita nuova

«Sono felice perché la mia vita è cambiata. Quando avevo dieci anni non sono potuta più andare a scuola perché i docenti della mia scuola non ricevevano abbastanza stipendio. Da alJeannette *, 13 anni lora ho vissuto in strada, raccoglievo rifiuti che rivendevo a prezzi bassi. Così ho potuto aiutare mia mamma a pagare l’affitto per la casa e il mangiare. Grazie a Caritas, oggi non vivo più in strada. Faccio la terza elementare e mi piace studiare. Ma la situazione a casa è ancora molto difficile perché mia mamma è malata. Mio padre è morto e siamo sei fratelli.»

Essere stimati dalla società

Diventare assistente di cura

«Ho dovuto abbandonare la scuola perché non potevo pagare la tassa scolastica. Vivevo in strada e vendevo ortaggi. Al merDiane *, 25 anni cato un giorno incontrai un’operatrice sociale che mi invitò al centro Abadacogora-Intwari. Ho terminato la scuola e oggi studio all’università per diventare assistente di cura. Il centro è la mia seconda famiglia e finanzia anche i miei studi.»

18  Caritas   «Bambini» 2016

«Sono cresciuto in un paese nel Sud. Un giorno mia nonna mi mandò da mia mamma in città. Ma mia mamma non poteva darmi da mangiare e allora dovetti chiedere l’elemosina. Una volta un operatore sociale mi invitò al centro. Ricominciai ad andare a scuola. Oggi studio scienze agrarie all’università. Vorrei che Antoine *, 27 anni la gente in Ruanda avesse cibo a sufficienza. Sono felice di poter andare all’università e di essere stimato nella società. Non è scontato per un bambino di strada.»

Testo: Vérène Morisod; foto: Joseph Kitsha Kyasi


Futuro incerto

«Sono finito in strada con mio fratello dopo che tutti e due abbiamo dovuto lasciare la scuola quando eravamo in quarta. A casa nostra la situazione era molto molto difficile. Mio padre beveva e io cercavo di guadagnare un po’ di soldi raccogliendo legna. E chiedevo l’elemosina. Incontrai altri bambini che frequentavano il centro. Lì mi hanno aiutato e da due anni vado di nuovo a scuola. Mi piacerebbe diventare elettricista, ma il futuro è incerto. La vita è diventata sempre più difficile. Nostro padre ci ha lasciati e nostra madre si è risposata. Adesso vivo da solo con il mio fratello più piccolo. Dopo la scuola lavoro e cerco così di guadagnare i soldi per pagare l’affitto. Ma se non riesco a guadagnare abbastanza per l’affitto, allora forse devo tornare in strada. Devo anche vedere come aiutare mio fratello, perché in strada non c’è vita. Mi piace tanto Julien*, 17 anni giocare a calcio e sogno di diventare un grande calciatore come Cristiano Ronaldo.»

Diploma con premio

«Vivevo in strada e vendevo i rifiuti che raccoglievo nei mercati di NyaJeanne *, 23 anni bugogo e Kimisagara. In questo modo nutrivo la mia famiglia. Mi occupavo di mia sorella e del mio fratellino, di mia nonna che soffre di problemi psichici e anche di mia madre che è alcolizzata. Lo devo al centro se oggi posso tornare a scuola. Adesso tiro avanti insieme a mio fratello. Durante le vacanze provo a guadagnare un po’ di soldi. Mio fratello è diventato calciatore e guadagna qualcosa anche lui. Alle scuole medie mi sono diplomata con un premio. E la cosa più bella è certamente che grazie a una borsa di studio statale ho potuto iniziare l’università.»

Ruanda: la sua parte di un mondo più giusto

Reinserimento nella società Il progetto per bambini di strada Abadacogora-Intwari ( «i coraggiosi e le eroine» ) sostenuto da Caritas lavora in tre centri con circa 500 bambini e adolescenti di età compresa tra i 6 e i 15 anni. I bambini ricevono cure mediche e vengono aiutati e consigliati. Mangiano e giocano in un ambiente protetto e partecipano alle attività del tempo libero. Il progetto inserisce i bambini a scuola e agli adolescenti procura posti di tirocinio nelle aziende.

* Nomi fittizi

Buono a sapersi: –  Con 130 franchi si paga il pranzo a un bambino per un anno intero in uno dei tre centri. –  L’assicurazione contro le malattie costa quattro franchi all’anno per un bambino. –  La tassa scolastica per la scuola elementare ammonta a 17.50 franchi all’anno per ogni bambino. ■ www.caritas.ch/enfants/rwanda

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«Bambini» 2016   Caritas


«I bambini hanno biso gno d i co ragg io e gioi a d i vivere»

Ellen Ringier si impegna da molti anni affinché il diritto a uno sviluppo sano per tutti i bambini diventi realtà. Signora Ringier, di cosa hanno bisogno i bambini per crescere bene e sani?

Veramente la risposta è molto semplice: i bambini hanno bisogno di coraggio e gioia di vivere. Sono le competenze principali che servono per uno sviluppo sano. E quali sono le premesse più importanti?

Nei diritti dei fanciulli andrebbe inserito un articolo dal titolo «Sicurezza e affetto emozionali». Un bambino sviluppa fiducia in se stesso e autostima solo se si sente emozionalmente sicuro e se riceve affetto. Deve imparare ad avere fiducia nelle proprie capacità e sviluppare in seguito, di proprio stimolo, questi suoi talenti. Quale valore ha, secondo lei, l’istruzione e che cos’è una buona istruzione?

L’istruzione è la chiave per una vita responsabile e che abbia un senso! Una buona istruzione, inoltre, va a prendere i bambini lì dove si trovano. Alla scuola chiaramente vengono posti dei limiti per quanto concerne il sostegno individuale. Ma ogni bambino è un individuo e il cambio di mentalità che vede la scuola promuovere i punti forti di ogni singolo bambino anziché insistere sempre sui difetti costituisce sicuramente un passo im20  Caritas   «Bambini» 2016

portante: perché aiuta la fiducia dei bambini a progredire. In veste di presidente della Fondazione editoriale del magazine per genitori «Fritz+Fränzi», lei si impegna in modo concreto per promuovere la competenza dei genitori in merito a questioni di educazione. Perché ci tiene così tanto?

Sono dell’idea che oggi i genitori spesso giungono al limite delle loro possibilità educative. Come comportarsi, ad esempio, con adolescenti dipendenti da droghe o da internet? O con coloro che lasciano la scuola anzitempo o che la marinano? Come gestire i bambini che presentano disturbi nell’apprendimento, disturbi alimentari o

«Nei diritti dei fanciulli andrebbe inserito un articolo dal titolo ‹Sicurezza e affetto emozionali›.» altri disturbi psichici più o meno gravi? Cosa fare in caso di mobbing o violenza a scuola e a casa? Il nostro magazine per genitori vuole da un lato contribuire alla gestione dei problemi di educazione in aumento da un punto di vista numerico e sempre più gravi. Dall’altro Testo: Jörg Arnold; foto: Sandro Bäbler/Ex-Press


vogliamo che questo fatto venga percepito dall’opinione pubblica. Di quali condizioni quadro hanno bisogno i genitori per allevare bene i figli?

Nel nostro Paese si potrebbe fare molto, molto di più (e più rapidamente) qualcosa per conciliare effettivamente lavoro e famiglia. Mi fanno molto arrabbiare i timidi tentativi di istituzionalizzare le scuole pubbliche a tempo pieno con l’offerta di sostegno per i compiti. Ma perché dobbiamo ogni volta scoprire l’acqua calda? L’intera società deve appoggiare la famiglia in quanto istituzione da proteggere e sostenere. Se da noi fosse così, tante famiglie non si troverebbero nella trappola della povertà!

dizione di senzatetto e fame, deportazione, violenza. I bambini in Svizzera non vivono a centinaia di migliaia in strada senza strutture per il gioco, lo sport e l’istruzione. Nei Paesi in via di sviluppo, i bambini con trauma, disabilità o malattie non vengono aiutati come da noi in Svizzera nei migliori istituti al mondo per quel che riguarda specializzazione e qualità. Ma in considerazione di tutte queste enormi differenze non dobbiamo dimenticare una cosa: ovunque al mondo i bambini hanno diritto alla protezione, alla sicurezza e all’affetto. E vale sempre che il coraggio e la gioia di vivere sono la base per una vita vissuta bene. ■

Ellen Ringier

Esistono differenza tra i bisogni dei bambini in Svizzera e quelli nei Paesi in via di sviluppo?

La dottoressa in giurisprudenza è nata a Lucerna nel 1951. La

Penso che non sia ammissibile paragonare la situazione dei bambini in Svizzera con quella nei Paesi in via di sviluppo. Per fortuna i bambini in Svizzera non hanno bisogno di essere protetti dalla guerra con conseguente con-

ganizzazioni sociali e caritatevoli. Tra altre cose, 15 anni fa ha

moglie dell’editore Michael Ringier è impegnata in numerose orlanciato la rivista per genitori «Das Schweizer ElternMagazin Fritz+Fränzi».

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«Bambini» 2016   Caritas


Forza d’animo ai bambini  ■ Tagikistan

Le zion i per bambini particolar i I bambini disabili devono poter andare a scuola. In Tagikistan è possibile solo se sono integrati nella scuola regolare. Questo tuttavia richiede un’assistenza e un sostegno speciale. Grazie alle madrine e ai padrini Caritas, Zamira (12) adesso può sviluppare le proprie potenzialità nella scuola.

Zamira (12) è tutta assorta nel gioco con la bambola. La culla e canta una ninna nanna a bassa voce. Un gioco da bambini, come viene fatto in tutto il mondo. Eppure il gioco di Zamira sembra sconvolgente, perché i suoi movimenti sono incontrollati, le sue mani flosce e il canto quasi incomprensibile. Zamira soffre di una paralisi cerebrale. Accanto a Zamira siedono i genitori; con un sorriso sciolto in viso e orgoglio nella voce, la mamma dice: «Zamira è molto amata dai suoi compagni di classe. A casa nostra ci sono spesso visite. C’è tanto movimento.» Speranze quasi nulle

Ma non è stato sempre così, aggiunge il papà. Zamira doveva incominciare la scuola a 7 anni. I genitori cercarono una scuola adatta, che si rivelò un’impresa senza speranza. In Tagikistan si cercano invano strutture specializzate per bambini disabili. La povertà è grande e l’istruzione è vittima dei risparmi. Il tentativo di fare frequentare a Zamira una scuola regolare ha dovuto essere interrotto dopo quattro mesi. La scuola non era all’altezza e ai genitori crollò il mondo addosso. «Eravamo così tristi quando 22  Caritas   «Bambini» 2016

pensavamo al suo futuro e avevamo perso ogni speranza» racconta la madre tornando indietro col pensiero. In seguito, la bambina faceva lezione a casa, ma per i genitori era importante che fosse integrata. Volevano che la loro figlia potesse studiare insieme agli altri bambini. Buone possibilità per il futuro

Nel 2013 sentirono parlare del progetto Caritas che integrava i bambini disabili nelle scuole regolari. In loro incominciò a riaffiorare la speranza e iscrissero la figlia. Se all’inizio Zamira frequentava la scuola solo per qualche ora alla settimana, i progressi che faceva le permisero di frequentarla presto tutto il giorno. Specialisti, docenti e genitori svilupparono un programma di apprendimento individuale adatto alle sue esigenze. Tutte le persone coinvolte vedono in modo positivo il futuro di Zamira: «Ora è in grado di terminare la scuola e di imparare un mestiere. Un mestiere che le piaccia» dice il padre. Zamira ha già deciso: «Vorrei fare la sarta» dice ridendo. Il sorriso è tornato a casa di Zamira, afferma la madre e aggiunge: «Zamira ama andare a scuola. Ogni mattina lascia la casa con un sorriso.» ■

Ogni mattina, Zamira esce di casa con un sorriso per andare a scuola. Testo: Ulrike Seifart; foto: Vladimir Umarov


Tagikistan: la sua parte di un mondo più giusto

Integrazione di bambini disabili In questo progetto il sostegno ai bambini disabili occupa il primo posto. Il sostegno si realizza all’asilo e a scuola e mediante l’integrazione sociale. Programmi di apprendimento individuali, misure di sostegno con psicologi, logopedisti ed ergoterapisti, il coinvolgimento dei genitori e lo svolgimento di attività comuni con bambini non disabili contribuiscono al successo.

Buono a sapersi: –  Cinque scuole e quattro asili integrano nel frattempo i bambini disabili seguendo il modello Caritas. –  Dal 2009 oltre 200 bambini disabili hanno potuto essere integrati nella scuola regolare. –  91 docenti hanno ricevuto una formazione metodicodidattica. –  Con 40 franchi è possibile formare i genitori in un corso in merito alle esigenze particolari dei loro figli. ■ www.caritas.ch/enfants/tadjikistan


Forza d’animo ai bambini  ■ Cuba

Daniel no n è so lo Daniel, bambino autistico di 5 anni, fa fatica a entrare in contatto con il mondo circostante. Ha paura del mondo che lo circonda. Da quando la famiglia frequenta un progetto di sostegno precoce di Caritas, la situazione è nettamente migliorata.

Quando Daniel aveva 2 anni si manifestarono i primi segnali di autismo: il bambino non faceva progressi nel parlare, ripeteva determinati movimenti in modo meccanico ed era interessato quasi solo agli oggetti, ma non alle persone. Daniel si sentiva isolato e solo con il suo handicap e anche i suoi genitori si sentivano così. «Non sapevamo perché Daniel si comportasse in modo così strano, perché non riuscisse a concentrarsi e perché fosse così iperattivo. Non sapevamo come affrontarlo» racconta sua mamma Lilian Mendieta. «La nostra famiglia usciva pochissimo di casa, per paura degli attacchi di ira irrefrenabili di Daniel quando qualcosa non gli piaceva o quando aveva paura.»

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Centri diurni e scuola per i genitori

La situazione è migliorata da quando la famiglia composta da cinque persone ha trovato un aiuto nel progetto Caritas dedicato ai bambini disabili: le famiglie interessate vengono seguite e aiutate a superare la faticosa quotidianità e a occuparsi delle esigenze specifiche dei figli. Nei centri diurni i bambini beneficiano di terapie di pittura, ballo o psicoterapia e i genitori frequentano cosiddette scuole per genitori. Gite fatte insieme al mare o allo zoo danno alle famiglie fiducia in sé e le rafforzano nell’intento di partecipare alla vita sociale nonostante la

«Siamo più uniti di prima.» disabilità. A Cuba, infatti, la difficile situazione economica si ripercuote in particolare sulle famiglie socialmente deboli che hanno figli disabili. Il materiale pedagogico si può avere solo a prezzi impagabili e nelle scuole manca personale specializzato. Questa lacuna viene colmata da Caritas Cuba con le sue offerte di sostegno precoce. Anche i bambini disabili che vengono da famiglie povere devono potere sviluppare le loro potenzialità.

Testo: Dominique Schärer; foto: Pia Zanetti


Migliorata la coesione in famiglia

«Da quando partecipiamo al progetto, sappiamo quanto siamo importanti noi tutti per Daniel, anche se lui non ce lo può dire. Organizziamo le nostre giornate e siamo meno stressati» dice Lilian Mendieta. Deve comunque ancora aiutare Daniel in quasi tutte le attività come mangiare, vestirsi o fare bricolage, ma oggi sa come fare per riuscirci alla meglio. Ad esempio, la mattina Daniel nel bagno riconosce, con l’ausilio di immagini, che cose deve fare in quel momento. «Siamo più uniti di prima» racconta la mamma di Daniel. Suo figlio è molto meno isolato e ha un rapporto migliore con i genitori. Oggi chiede lui stesso un abbraccio o un bacio come ricompensa quando ha fatto bene qualcosa. Le attività che Daniel preferisce sono ascoltare musica, stare sul dondolo e occuparsi di tutto ciò che è fatto di carta. Con suo fratello David Daniel ha un rapporto molto profondo. Spesso è David che prende per mano Daniel e lo invita a fare un gioco. Allora Daniel partecipa con gioia. «Penso che Daniel ora sia felice. Siamo tutti contentissimi che possa beneficiare del sostegno mirato che riceve grazie al progetto Caritas» conclude la mamma. ■

Oggi la famiglia è più unita e ha più fiducia in sé: alcune tappe della vita di Daniel e del suo fratello gemello David.

Cuba: la sua parte di un mondo più giusto

Sostenere i bambini disabili sin da piccoli A Cuba Caritas sostiene il sostegno precoce mirato di bambini disabili. I genitori apprendono come poter accompagnare meglio i loro figli nella vita di tutti i giorni. In centri diurni specializzati vengono offerti corsi di pittura, ballo e fisioterapia, oltre a un’assistenza medica e psicologica. Il progetto è appoggiato da innumerevoli volontari, tra i quali anche molti esperti. Buono a sapersi: –  Il progetto comprende 290 bambini e adolescenti e 425 familiari. –  Con circa 20 franchi è possibile comprare 20 scatole di pennarelli. –  Un workshop per 25 famiglie costa circa 40 franchi, materiale per bricolage e un piccolo spuntino inclusi. ■ www.caritas.ch/enfants/cuba

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«Bambini» 2016   Caritas


Forza d’animo ai bambini  ■ Filippine

Proteg gere i bambini dalla de po rtazio ne Regner (11) ha imparato molto presto quali sono i suoi diritti. Adesso anche i vicini prestano maggiore attenzione a quello che succede nel quartiere.

mi è servita molto» dice. «Adesso sono in grado di tra­ s­mettere la mia responsabilità. Posso mostrare agli altri genitori come proteggere i loro figli dagli abusi.» Essere sicuri di sé per proteggersi

Dove c’è povertà cresce il traffico degli esseri umani. Succede nelle Filippine, dove i bambini devono contribuire al reddito familiare con il loro lavoro e dove spesso finiscono nelle grinfie di trafficanti di esseri umani. Particolarmente a rischio sono i bambini che vengono dalle regioni povere di campagna. I genitori emigrano nelle città con la speranza di vivere una vita migliore. I loro figli vengono allontanati dalle famiglie con false promesse e costretti alla prostituzione e alla schiavitù. Il partner di Caritas TSACMI ha intrapreso la lotta contro il lavoro minorile e il traffico dei minori in otto centri abitati intorno alla città di Cebu. Nei quartieri vengono costituite reti di vicini che comunicano alle autorità movimenti sospetti. Queste reti vengono gestite da abitanti con un’apposita formazione. Come ad esempio Vilma Alcantara, madre di dieci figli: «La formazione

Nelle scuole i bambini vengono informati sui loro diritti e quando dipingono, scrivono e fanno attività creative riflettono sul tema traffico di esseri umani. Questo rinforza la loro autocoscienza. Il figlio undicenne di Vilma Regner ha partecipato anche lui: «Con il corso di disegno per me si è avverato un sogno» dice il bambino e la mamma aggiunge: «Vorrei che anche gli altri miei figli potessere vivere questa esperienza.» Perché adesso sa: l’istruzione e l’informazione proteggono i bambini dagli abusi e dalla schiavitù. ■

Filippine: la sua parte di un mondo più giusto

Stop al traffico dei minori Nelle Filippine c’è un altro progetto di padrinato accanto al progetto TSACMI. L’organizzazione partner di Caritas FORGE lotta anch’essa contro il traffico dei minori e istruisce soprattutto collaboratori di imprese di trasporto e di turismo a riconoscere il traffico dei minori e a segnalarlo. L’intento è quello di impedire la deportazione dei bambini in altre regioni.

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Buono a sapersi: –  Delle misure adottate nel progetto TSACMI beneficiano 360 bambini in otto centri abitati. –  Con 50 franchi TSACMI può informare, durante un workshop, 40 bambini sui loro diritti. –  Un corso di formazione sui diritti dei fanciulli e sul traffico di esseri umani offerto da FORGE per 300 collaboratori provenienti dal settore del trasporto e del turismo costa 3000 franchi. ■ www.caritas.ch/enfants/philippines

Testo: Ulrike Seifart; foto: TSACMI


Forza d’animo ai bambini  ■ Bolivia

Si cu re zza per Gabriel Il piccolo Gabriel è stato abbandonato dai genitori dopo la nascita. Grazie all’aiuto di Caritas ha trovato una nuova casa.

Gabriel, che oggi ha 3 anni, ha avuto un difficile inizio della sua vita. Poco dopo che era nato, i suoi genitori non si sono più fatti vedere all’ospedale. Con l’aiuto dell’organizzazione partner di Caritas Infante è stato possibile trovare una famiglia affidataria per il bambino neonato. Ma la sicurezza nella nuova famiglia durò solo due giorni, perché Gabriel dovette essere trasportato d’urgenza all’ospeGabriel (3) è stato abbandonato dale per una crisi respiradai genitori e ha trovato una toria. Bisogna ringraziare nuova famiglia. la sua famiglia affidataria se Gabriel ricevette tempestivamente l’aiuto medico che gli salvò la vita. Nonostante gli fu diagnosticato un restringimento congenito delle vie respiratorie, il neonato si riprese, contro ogni aspettativa, e poté tornare dai genitori affidatari.

Bolivia: la sua parte di un mondo più giusto

Famiglie per bambini abbandonati La città di Cochabamba, la terza città della Bolivia in ordine di grandezza, negli ultimi anni ha cono­ sciuto una rapida crescita, che si ripercuote anche sulla povertà. L’organizzazione partner di Caritas Infante si preoccupa di dare un futuro sicuro ai bambini che sono stati abbandonati e lasciati. Nel contempo fornisce informazioni a bambini, adulti e impiegati statali sul significato e l’importanza dei diritti dei fanciulli.

Alla fine la felicità

Intanto l’organizzazione partner di Caritas Infante tentò di ottenere il ritorno di Gabriel alla sua famiglia di origine, senza successo. Il padre è alcolizzato, la madre declina ogni responsabilità. Perciò fu trovata una famiglia adottiva: dal mese di agosto Gabriel vive assieme a nuovi genitori e una sorella. Grazie anche all’attenta assistenza da parte di personale specializzato di Infante, il bambino si è ambientato molto bene nella nuova famiglia. ■

Testo: Dominique Schärer; foto: Infante

Buono a sapersi: –  Circa 300 impiegati statali vengono ogni anno istruiti in relazione ai diritti dei fanciulli. –  Ogni anno 80 bambini vengono sistemati in famiglie affidatarie. –  Il contributo offerto a una famiglia affidataria per un bebé ammonta a 250 franchi circa al mese. ■ www.caritas.ch/enfants/bolivie-force

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«Bambini» 2016   Caritas


Forza d’animo ai bambini  ■ Palestina

Curare le an im e tr is ti dei bambini Dopo tre attacchi militari negli ultimi sette anni, la Striscia di Gaza è quasi completamente distrutta. Il triste risultato: oltre la metà di tutti i bambini sono psichicamente talmente feriti che hanno bisogno di aiuto.

Serve molta attenzione

Il dodicenne Ahmed è desideroso di apprendere. Che sia matematica o inglese, vorrebbe imparare tutto. Delle sue conoscenze e dei suoi talenti approfittano anche i suoi fratelli più piccoli. Infatti insegna loro a far di conto con i tappi delle bottiglie di plastica. Lo ha imparato nel centro di apprendimento dell’organizzazione partner di Caritas Youth Enhancement Center YEC. «Mi piace qui,

«Ahmed è un bambino forte che è riuscito a costruir­si molta forza di resistenza e che ha imparato a occuparsi di se stesso» dice Beatrice Rutishauser, esperta di pedagogia dell’emergenza presso Caritas Svizzera. Quando, però, durante il loro incontro al centro YEC gli ha chiesto quanti fratelli avesse, gli sono venute le lacrime. «Suo fratello è morto in un attacco alla loro casa e mi chiese se doveva contare anche lui» racconta Beatrice Rutishauser. «Anche i bambini forti hanno bisogno di molte at-

perché studiare è facile e mi diverte molto» afferma il bambino e mostra orgoglioso gli aerei che ha costruito con molta cura.

Il dodicenne Ahmed può elaborare il suo lutto facendo bricolage. Costruisce aerei con le bottiglie di plastica e con i tappi insegna a fare i conti ai suoi fratelli.

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Testo: Stefan Gribi; foto: YEC


tenzioni; anche nelle anime loro c’è tanta tristezza» dice la pedagogista. Le attività creative incentivate al centro YEC aiutano Ahmed a elaborare la tristezza. Mentre Ahmed segue molto bene anche la scuola, la maggior parte dei bambini che si trovano al centro fanno molta fatica. Malgrado ci sia violenza e distruzione intorno a esse, le scuole cercano comunque di insegnare ai bambini il più possibile. L’intenzione è buona, ma ai bambini serve poco. «È un’immagine di strada tipica di una regione in guerra: i bambini portano libri e quaderni in zaini pesanti. E poi sono talmente carichi che non riescono a elaborare la quantità del contenuto scolastico in essi presente. La capacità ricettiva dei bambini traumatizzati è fortemente limitata» dice Beatrice Rutishauser. Quando fare i conti con le frazioni viene sentito come una cosa viva

Rawan, di 10 anni, ad esempio, fa molta fatica con le frazioni: «Non riesco a immaginare tutto questo e mi dimentico subito come si fa» si lamenta la bambina. Al

Palestina: la sua parte di un mondo più giusto

«Anche i bambini forti hanno bisogno di molte attenzioni; anche nelle anime loro c’è tanta tristezza.» centro YEC si è scritta le frazioni che adesso porta con sé e che può prendere in aiuto quando le servono. Il lavoro con le mani e con i materiali le fa bene. Con le sue nuove amiche incontrate al centro cuce bambole. «Mi piace molto venire qui» dice Rawan raggiante. Il peso che grava sui bambini è enorme. Molti di loro contribuiscono al reddito familiare lavorando; i genitori sono traumatizzati anche loro e non sono in grado di aiutare i figli. E così, spesso sono gli stessi bambini che arrivano al centro YEC spontaneamente e chiedono se possono passare il tempo libero qui. Le porte sono aperte a tutti, perché tutti i bambini hanno bisogno di sostegno offerto in un ambiente amorevole in questa regione segnata da violenza e distruzione. ■

Centri per bambini traumatizzati L’organizzazione partner di Caritas YEC a Gaza gestisce sei centri per bambini traumatizzati. Le sedi dei centri vengono cambiate quando la maggior parte dei bambini di un quartiere ha beneficiato dell’offerta. In questo modo YEC può aiutare molti bambini trai i 6 e i 12 anni, visto che la richiesta è grandissima. I bambini qui ricevono sostegno psicosociale e stimoli per l’apprendimento, giocano con materiali riciclati e creano con le proprie mani giocattoli e materiale di apprendimento a loro sostegno. Tutto questo li aiuta a elaborare le terribili esperienze vissute. Buono a sapersi: –  Ciascuno dei sei centri YEC assiste 90 bambini per dieci settimane. –  Un mese di assistenza psicosociale costa 32 franchi per ogni bambino. –  Durante gli attacchi israeliani nel 2014, 26 scuole sono state completamente distrutte e 122 fortemente danneggiate. ■ www.caritas.ch/enfants/palestine

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«Bambini» 2016   Caritas


Colombia: la sua parte di un mondo più giusto

I bambini imparano a proteggersi dalla violenza Caritas si impegna nei quartieri poveri di Medellín in favore della prevenzione della violenza. L’organizzazione partner Combos insegna ai bambini e alle loro famiglie a proteggersi da bande di giovani armati e dal reclutamento forzato. Gli operatori sociali conoscono molto bene i quartieri e la situazione delle famiglie. Il loro operato è noto a tutte le persone coinvolte, anche alle bande criminali. Gli educatori e gli psicologi aiutano i bambini e i giovani a esprimere e a controllare i propri sentimenti mediante offerte di attività creative.

Buono a sapersi: –  Nel 2015 Combos si è impegnata a favore della prevenzione della violenza in 60 quartieri di Medellín. Assiste 4500 bambini e adolescenti tra i 6 e i 18 anni. Il 70 percento sono maschi. –  170 bambini frequentano la scuola di Combos dove possono frequentare un ciclo di nove anni. –  Un pasto per un bambino costa 1.50 franchi. ■ www.caritas.ch/enfants/colombie


Liberare i bambini dalla sp irale d i violenza Forza d’animo ai bambini  ■ Colombia

In Colombia il conflitto armato dura da 50 anni e ha segnato il Paese. Combos, l’organizzazione partner di Caritas, aiuta i bambini vittime dell’onnipresente violenza a Medellín. Intervista a Gloria Amparo Henao Medina (48), direttrice e membro di fondazione di Combos.

Quali conseguenze hanno il conflitto armato e il processo di pace per i bambini in Colombia?

Ci sono due realtà. Da un lato le trattative fra il Governo e l’organizzazione di guerriglia FARC. La sottoscrizione di un accordo di pace storico sugellerebbe lo stop alle armi e la FARC potrebbe diventare attiva in politica. Dall’altro nelle città ci sono conflitti armati con bande criminali e spacciatori di droga sui quali un accordo di pace non avrebbe nessun influsso. Nei quartieri controllati da queste bande vengono minacciati i bambini che non vogliono fare contrabbando di armi o droga, che non si lasciano reclutare o che hanno intenzione di lasciare le bande.

aiuto ai giovani affinché cambino il loro atteggiamento con le altre persone. Centinaia di migliaia di famiglie sono vittime della guerra. Molti bambini crescono in famiglie traumatizzate. Combos assiste anche le famiglie che vogliono parlare delle esperienze vissute e cercare possibili soluzioni. Quali bambini sono maggiormente a rischio e come li trova Combos?

I nostri operatori sociali e gli psicologi cercano i bambini in strada, prestando particolarmente attenzione ai più giovani e a quelli che fanno i lavori più pericolosi: i bambini che svolgono lavori notturni, quelli che fanno i venditori ambulanti o quelli che corrono il pericolo di essere sfruttati sessualmente. Una volta hanno scoperto una bambina di 8 anni che trasportava armi su una motocicletta. I nostri educatori aiutano i bambini offrendo loro attività creative per elaborare i loro sentimenti. Abbiamo anche progetti di prevenzione. Collaboriamo con i capi quartiere e aiutiamo i bambini e le loro famiglie a riconoscere i pericoli e a proteggersi da essi. ■ L’intervista è stata realizzata il 17 novembre 2015.

Come viene vissuta dai bambini questa situazione e cosa può fare Combos per loro?

Combos assiste oltre 4500 bambine e bambini in 60 quartieri di Medellín. Una delle conseguenze terribili dei conflitti armati è che i giovani pensano che la violenza sia normale e legittima. Noi vogliamo prevenire la violenza tentando di cambiare questa percezione. Offriamo Combos aiuta bambini e adolescenti in modo che non si lascino reclutare da bande armate e che non pensino che la violenza sia normale. Testo: Katja Remane; foto: Maria José Casasbuenas / Corporación Educativa Combos, Esperanza Cadavid

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«Bambini» 2016   Caritas


I padr in i do mandano, i bambini rispondo no Cosa vorresti fare da grande?

La studentessa Rhea Arnold (21) vorrebbe sapere cosa vogliono fare i bambini da grandi.

Elvira Crnović (7), Bosnia-Erzegovina «Io vorrei fare la parrucchiera e realizzare belle acconciature, code di cavallo e trecce.»

Kenny Mark R. Abadilla (12), Filippine «Il mio sogno è imparare un mestiere nella marina e diventare un marinaio di successo, in modo da poter aiutare la mia famiglia.»

Claribel Adelaida Tarquino Alarcón (12), Bolivia «Io sogno di diventare chef, perché mi piace tantissimo cucinare e fare delle torte squisite. Se mi impegno adesso, presto potrò frequentare un corso in una panetteria / pasticceria e dopo iniziare un apprendistato di cuoca.»

Che cosa vorrebbe sapere dei bambini dei progetti di padrinato Caritas? Scriva una e-mail a padrinati@caritas.ch oppure ci invii una cartolina postale. Caritas Svizzera, Padrinati Adligenswilerstrasse 15 Casella postale CH-6002 Lucerna

Telefono: +41 41 419 22 22 Telefax: +41 41 419 24 24 e-mail: padrinati@caritas.ch

Internet: www.caritas.ch Conto postale: 60-7000-4 IBAN: CH69 0900 0000 6000 7000 4

Fare la cosa giusta


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