Arte&Scienza

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CLAUDIO MAZZENGA Arte & Scienza

EQUIPèCO


EQUIPèCO Ricerca & Documentazione 5


Claudio Mazzenga Arte & Scienza


Claudio Mazzenga Arte&Scienza © 2011 by EQUIPèCO Carmine Mario Muliere Editore Tutti i diritti riservati E-book 6 - Formato: Pdf ISBN 978 - 88 - 904667 - 7 - 9 € 6,99 ______________________________________ Via Donnicciola 25 - 00030 San Cesareo - RM Telefono: 06 9570723 www.equipeco.it Impaginazione: mcm art&copy Codice d’acquisto: EB005 In copertina Muliere, Equipèco, 2004

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Capitoli

1- Parte I......................................................................... 2- Parte II..................................................................... 3- Parte III.................................................................... 4- Parte IV.................................................................... 5- Parte V...................................................................... 6- Parte VI.................................................................... 7- Parte VII.................................................................. 8- Parte VIII................................................................. 9- Parte IX..................................................................... 10- Parte X..................................................................... 11- Parte XI..................................................................... 12- Parte XII................................................................... 13- Parte XIII.................................................................. 14- Parte XIV.................................................................. 15- Parte XV................................................................... 16- Parte XVI..................................................................

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I «Dove il mondo cessa di essere il palcoscenico delle nostre speranze e dei desideri per divenire l’oggetto della nostra curiosità e della nostra contemplazione, lì inizia l’arte e la scienza. Se cerchiamo di descrivere la nostra esperienza all’interno degli schemi della logica, entriamo nel mondo della scienza; se invece, le relazioni che intercorrono tra le forme della nostra rappresentazione sfuggono alla comprensione razionale e pur tuttavia manifestano intuitivamente il loro significato, entriamo nel mondo della creazione artistica. Ciò che accomuna i due mondi è l’ispirazione a qualcosa di non arbitrario, di universale». Albert Einstein

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n aspetto fondamentale dell’uomo è di guardarsi intorno e di chiedersi i perché. Guardare per curiosità, ma anche per necessità. L’uomo ha bisogno di conoscere, di esplorare, di classificare, di rappresentare. Perciò inizia a indagare il suo ambiente e a rappresentarlo. Per spiegare i fenomeni naturali, l’uomo fece immediatamente ricorso alla fantasia e teorizzò, rappresentandoli, i primi miti intorno all’origine del mondo, al destino dei mortali, alle forze dominanti lo sviluppo degli eventi e della materia. La fantasia venne anche adoperata quindi per creare delle teorie. L’immaginazione allora diede una prima possibilità per non fermarsi disarmati di 6

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Parigi, La città della scienza, Geode e fontana, 2004

fronte a quei fenomeni inspiegabili, lavorò per creare un sistema di eventi riconducibili a spiegazioni possibili ed umane consentendo una base di partenza accettabile da cui inoltrarsi per la strada della conoscenza certa. Fu uno dei primi atti dell’azione ininterrotta della ricerca dei perché e della definizione della natura: il pensiero dell’uomo diede luogo a una rappresentazione fantastica disegnata da immagine, letteratura ed indagine sulla materia e sui fenomeni naturali. L’appropriazione del mondo e delle sue leggi si mosse proprio dalla sua rappresentabilità e dalla sua rappresentazione e per lungo tempo ha proceduto su questa strada, ma anche quando i bivi divennero numerosi ed i percorsi sembravano separarsi, un legame, spesso sottile 7

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altre volte robusto, unì l’arte alla scienza. La scienza, infatti, spesso suggerisce all’arte la rappresentabilità delle cose e l’arte suggerisce alla scienza la possibilità di individuare nuove vie per la ricerca e per il pensiero. Seguire l’evoluzione delle due sfere di attività dell’intelletto e dell’azione è fine arduo e complesso, ma pur necessario per avere una visione più ampia della storia del fare e del pensare. Studiare il rapporto fra l’arte e la scienza è soltanto uno dei vari percorsi, anche se poco praticato, da seguire per approfondire il cammino della creatività e del pensiero sistematico nel corso dei secoli; la particolarità consiste nel ricercare parallelamente tutti gli elementi che hanno legato reciprocamente le due discipline dall’origine dell’espressione figurativa, all’incirca dal mondo classico fino ai nostri giorni. Proporremmo quindi, in quest’ottica, la presentazione dell’ipotesi di una mappa sui legami che intercorrono fra arte e scienza, tentando di tracciare un percorso che documenti le fasi in cui le due discipline hanno proceduto quasi indistinte per arrivare a quando le attività figurative hanno attinto al pensiero scientifico: dai problemi della prospettiva alle teorie sui colori, dalle tecniche dei procedimenti grafici e pittorici alle ricerche sui materiali fino alle influenze teoriche dell’indagine sull’infinitamente piccolo e grande. II

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rte e scienza è un connubio rotto già dal Rinascimento, ma non del tutto. Nel Quattrocento la cultura cessa in gran parte di essere unitaria, globale, cessa di considerare l’uomo nel suo insieme e diventa specializzata e specializzante. Nascono le branche, le nuove discipline, nascono i professionisti della cultura, delle arti e delle scienze. È chiaro che col passar del tempo le acquisizioni della conoscenza aumentano sempre più rapidamente, tutto ciò che si era teorizzato fino al Medioevo poteva riempire un co8

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spicuo numero di volumi destinati a pochissimi intellettuali, ma non era impossibile acquisire un buon sapere pluridisciplinare e forse allora il sapere era veramente un possesso umano, degli uomini per gli uomini; col passare dei secoli, il sapere è diventato un gigante che cresce continuamente, ma crescendo smisuratamente non è più percepibile la sua interezza ed allora l’uomo non riesce neanche a visualizzarne, ad afferrarne le forme ed i confini, è talmente immenso che diventa, in gran parte, per molti, un concetto astratto, quasi un’entità latente, un fantasma: sappiamo che esiste, ne utilizziamo e ne godiamo le cellule, ma non riusciamo neppure minimamente a coglierne l’insieme: così siamo un po’ tutti timorosi delle conoscenze diverse da quelle che possediamo, a volte ci intimoriscono, altre ci scoraggiano, abbiamo bisogno di ricorrere a chi sa quella cosa che noi non sappiamo, ma anche chi sa, sa di non sapere abbastanza perché ci sono altre conoscenze nel mondo e avverte il privilegio di chi sa quelle altre cose e così via dicendo perché ognuno di noi sa un po’, sa qualcosa del suo mondo, ma a questo punto la cultura si manifesta settoriale, estremamente specialistica e crea isole, magari arcipelaghi, ma spesso impedisce, in quelle isole, esplorazioni ed escursioni. La schematizzazione delle pertinenze delle discipline moderne ci spinge a differenziare le materie sommariamente in umanistiche e scientifiche senza poter addentrarsi, od accennare solamente ai ponti, ai flussi e alle interdipendenze fra le varie esperienze. 9

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Kouros di Polimede di Argo, metà VII a. C.


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l’atteggiamento di una società rigida, in fuga verso la ricerca della perfezione, giunta ad un’evoluzione delle conoscenze tale da imporre una prima generica suddivisione del sapere e del fare; ma all’origine della cultura le aree del pensiero e delle attività umane si concentravano tutte nella comune esigenza di conoscere le basi principali ed elementari dei fenomeni del mondo, di rappresentarli, di studiarli e razionalizzarli secondo gli strumenti fin lì elaborati. La semplicità andava di corsa verso la complessità e tutte le attività del Tempio di Poseidone a Capo Sounio, pensiero concorrevano all’indagine ed 440 a. C. alla sua divulgazione: «E fece per primo uno scudo grande e pesante / ornandolo dappertutto; un orlo vi fece, lucido, / triplo, scintillante, e una tracolla d’argento. / Erano cinque le zone dello scudo, e in esso / fece molti ornamenti coi suoi sapienti pensieri. / Vi fece la terra, il cielo e il mare, / l’infaticabile sole e la luna piena, / e tutti quanti i segni che incoronano il cielo,/ le Pleiadi, l’Iadi e la forza di Orione / e l’Orsa, che chiamano col nome di Carro: / ella gira sopra se stessa e guarda Orione, / e sola non ha parte dei lavacri d’Oceano» (Omero, Lo scudo di Achille, Iliade, XVIII libro) La riflessione sugli astri e sugli elementiterrestri, la scrittura prima e la grammatica poi, entrambe scienze della definizione, della descrizione, sono i primordiali esempi di come gli uomini andavano elaborando strumenti per descrivere, studiare e sistematizzare i fenomeni visibili ed invisibili del mondo. Per spiegare i fenomeni naturali l’uomo, prima che alla ragione, fece ricorso alla fantasia e si formarono, così 10

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i miti intorno all’origine del mondo, al destino dei mortali, alle grandi forze dominanti lo sviluppo degli eventi. La cultura ed il sapere nascono proprio dall’analisi sulla divina, magica e misteriosa natura che l’uomo primitivo inizia ad esperire, attraverso la sua rappresentazione graffita sulle rocce, il mondo visibile ed invisibile nelle sue forme e nelle sue geometrie essenziali riproponendolo apotropaicamente mediante l’uso di una linea semplice, legata ad una elementare intuizione geometrica che, da una fedeltà rigida e minuziosa, si avvia poi lentamente verso una tecnica più fluida, espressionistica che sa rendere con efficacia un’idea in maniera sempre più pittorica, spesso rapida e apparentemente improvvisata, per giungere fino ad un disegno sempre più corretto, preciso e virtuoso dettato dalla ragione non dai sensi offrendo dell’oggetto una rappresentazione teorica, concettuale. Il pensiero scientifico elaborava e l’arte rappresentava. Il confine fra arte e scienza era ancora inimmaginabile e seguitò ad essere piuttosto incerto anche nella cultura greca; la discussione sull’origine delle arti e dei mestieri, di volta in volta dono degli dei, conquista umana, dote naturale, prodotto dell’ingegno dettato dalla necessità, si risolve globalmente nel riconoscere che, oltre all’esperienza, esiste, nelle professioni tecniche, anche una ricerca mentale, intellettuale, che si concretizza nel sapere tecnico che è, quindi, un bene comune a tutte le arti. La tecnica è considerata allora una dote acquisita, non innata, è un’artificiale contrapposizione al naturale di cui sa imitare perlomeno l’essenza esteriore; il termine tecné viene quindi usato per qualsiasi mestiere, professione e scienza, grammatica, arte e retorica comprese. Al greco tecné corrisponde il latino ars e arte intesi come professione, mestiere, perizia, artificio ed il contrario era indicato da ingenium che indicava le applicazioni pratiche. Nel mondo romano ars e ingenium hanno generato interpretazioni diverse, ad esempio la loro distinzione era contestata da Vitruvio e da Quintiliano, 11

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mentre Orazio, con il suo Ut pictura poesis, considera almeno la vicinanza e l’indeterminabilità dell’oggetto del fare e del pensare. Il confine si delineò più chiaramente quando si organizzarono socialmente gli addetti ai diversi lavori e si distinsero i mestieri secondo la loro vocazione teorica o pratica stabilendo la nascita delle Arti liberali, scienze derivanti dalla filosofia alle quali viene attribuita una funzione direttiva e delle Arti meccaniche proprie di coloro che svolgono un ruolo esecutivo, sia anche artistico. Ma per attenersi alle testimonianze consapevoli e certe si deve iniziare l’indagine dei rapporti fra arte e scienza da dove l’uomo ha razionalmente e volutamente intrecciato elementi oggettivi con la creazione scaturita dalla propria fantasia. È impossibile non porre subito il parallelo fra geometria e arte. La geometria, per certi aspetti accostabile alla grammatica ed alla metrica in quanto studiano ed organizzano spazi e schemi in maniera logica, ha rappresentato un modello, uno schema di riferimento per razionalizzare le primarie attività dell’uomo. La geometria è un’entità primordiale, e l’intuizione della sua essenza sembra essere elemento ancestrale, primitivo, spontaneo e naturale perché tutto veniva rapportato alla figurazione geometrica, alle forme elementari: il quadrato, il triangolo, la retta sono elementi di un linguaggio universale acquisibile con la sola osservazione delle cose; il cerchio ed il quadrato hanno determinato le piante di innumerevoli tipologie costruttive dalle capanne preistoriche ai grattacieli contemporanei e poco di più è stato pensato fino ad oggi al di fuori di tali schemi; lacultura figurativa, anche quando sembra aver fatto a meno del riferimento diretto, mantiene con la geometria legami strettissimi, dalla prima ricerca prospettica a Cézanne al cubismo tutto è riconducibile e ricondotto alle forme geometriche piane desunte dalla natura. L’arte cretese presentava già nelle ceramiche della prima età del bronzo decorazioni a triangoli, linee, cerchi, poi figurazioni naturalistiche accanto ad elementi geometrici nello stile di palazzo, e addirittura si arriva a mitizzare 12

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il Palazzo reale nel simbolo del labirinto come se gli antichi avessero già teorizzato ed interiorizzato uno stretto rapporto con la geometria. Successivamente, anche nella ceramica achea proveniente dalla necropoli del Dipylon le figure umane sono essenzialmente entità geometriche triangolari inscritte e ripartite geometricamente a loro volta mediante cerchi e quadrati: lo spazio è concepito come un vuoto da riempire con elementi geometrici. Il processo di razionalizzazione dello spazio continua nei secoli ed induce ad aggiungere alla natura solo ciò che armonizza con essa secondo ragione: la colonna del tempio dorico è rastremata con echino anulare ed abaco a parallelepipedo, è la fattura di un tronco d’albero massiccio che reagisce allo sforzo del peso che sopporta; l’Hera di Samo con la sua volumetria cilindrica si impone alle variazioni luminose proprio come una colonna, fornendo un modello di ordine materiale e morale al suo osservatore che da qualunque Pyxys fittile, terzo millennio a. C. punto di vista gode del medesimo impianto. Il Kouros di Polimede di Argo e quello di Milo, i giovani nudi alti più di due metri, sembrano proprio poter sostituire una colonna con le loro figure quasi prive di anatomia, rigide e bloccate nel marmo della Ionia e di Nasso, c’è poco di umano nel loro corpo, rappresentano più che altro la perfezione solenne di un dio inscritta in cilindri ideali. Anche la statuaria, quindi, sottostà alla geometrizzazione delle forme, anche la statuaria cerca di interpretare l’immagine assoluta del concetto di divino non altrimenti rappresentabile. 13

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iamo ormai in piena trasformazione della vita rurale in vita urbana ed urbanizzarsi, per un popolo, significa mostrare pubblicamente la propria immagine, la propria dignità, la propria ricchezza, la propria forza, allora servono i simboli di tutto ciò, servono una scultura monumentale e celebrativa, un’architettura imponente che sia in grado di affermare il carattere, il potere e l’entità di quel popolo. Dall’irregolarità di un’arte bucolica e semplice a motivi animali o floreali si approda ad un’arte urbana più ricca, razionale, raffinata e simbolica. E la geometria intorno al 700 a. C. inizia a organizzare la società e l’arte con le città fondate su impianti rigidamente ortogonali con templi edificati con repertori geometrici, con la statuaria improntata da simmetria precisa, visione rigidamente obbligata, forma cubica o cilindrica ed espressioni stereotipate e fisse. È di questi secoli un’importante elevazione culturale, un’intuizione, un’elaborazione che sottolinea la continua evoluzione del pensiero greco: la scienza e l’arte divengono attività autonome e finalizzate alla propria funzione, si svincolano dall’essere mezzo per diventare esse stesse essenza, ricerca pura, vie diverse per raggiungere indipendentemente il vero ed il bello sia pure sempre in omaggio della sacralità e dell’idea del potere. Non sono più strumenti dell’immaginario collettivo, ma divengono espressione di singoli proprio come la poesia, ed i poeti cessano di essere considerati cronisti solo quando diventano epici, quando il carme eroico diventa espressione della creatività individuale, quando si crea la figura di un Omero. È l’invenzione dello scienziato e dell’artista, è il transito dall’attività pratica a quella ideale, dalla forma condizionata alla forma libera, dall’oggetto all’operazione. Esempio evidente è la correzione ottica applicata al tempio greco per cui si dava più o meno spessore alle linee architettoniche verticali nella larghezza degli intercolunni e delle rastremazioni per evitare le aberrazioni dovute alla fuga prospettica rispetto all’osservatore. 14

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e correzioni ottiche applicate all’architettura ed anche alla statuaria dei templi rappresentano un evidente sostegno della razionalità alla creatività. In una società determinata ed organizzata dalla ragione come quella ateniese la tendenza alla perfezione si traduceva soprattutto con la linearità del tempio che interpretava allo stesso tempo la sintesi e l’espansione del divino. Sintesi perché l’essenza del concetto di dio poteva essere ricondotta al più semplice simbolo materializzabile, espansione perché il rigore costruttivo e la severità della struttura consentiva un’elaborata compenetrazione fra umano e sovraumano. Infatti umano era l’animo del fedele che riusciva a cogliere in mezzo alle forme bizzarre della natura, espressione del divino, la maestosità e la differenza dell’architettura dell’uomo che con la sua razionalità tentava la strada di avvicinamento al divino, cioè la comprensione del divino, la sua rivelazione. Il tempio greco è aperto, come Moneta cretese con il labirinto, i miti che custodisce, si lascia penetrare dallo sguardo secondo millennio a. C. e dalle atmosfere, solo il suo nucleo interno rimane riservato, chiuso, come la città e la sua agorà lascia avvicinare le genti, ma non fino al suo cuore; nonostante la democrazia, nonostante l’autonomia degli intellettuali è il potere che si serve della religione e dell’arte per legare il popolo a se stesso. Come avviene nella tragedia, genere per tutti ma che incarna in realtà solo l’ideale dell’elemento eroico, o divino o nobile. In realtà è ovvio che nel tempio si debba tenere conto anche delle tecniche 15

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Collana Ricerca & Documentazione 1- Pietro Mario Pettograsso, Da Cameli a Sant’Elena Sannita - Aspetti di una Comunità molisana nel corso dell’800; presentazione di Giorgio Palmieri, 2006. 2- Walter Mauro, Il Doppio Segno - Saggi sulle Visioni di Artisti che hanno interpretato la Divina Commedia. Signorelli, Botticelli, Michelangelo, Raffaello, Füssli, Blake, Stradano, Zuccari, Koch, Scaramuzza, Martini, Dalí, Sassu, 2006. 3- Théodore-Henry de Tschoudy, La Stella fiammeggiante, a cura di Giovanni Di Girolamo; traduzione Maria Vissicchio, 2008. 4- Walter Mauro – Elena Clementelli, La trappola e la nudità - Intellettuale e potere, 2011.

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Finito di stampare nel mese di luglio 2011 EQUIPèCO Carmine Mario Muliere Editore E-book 6 www.equipeco.it

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Arte & Scienza L’Autore, del luglio 1953, è nato a Roma dove svolge attività di insegnante, storico dell’arte, saggista e poeta.

EQUIPèCO E-book 6 - Pp. 127, Formato: Pdf ISBN 978 - 88 - 904667 - 7 - 9 € 6,99


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