trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_anno VI n.22 - 2009
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EQUIPèCO
53. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia
53rd International Art Exhibition La Biennale di Venezia
«Fin dalla fine degli anni Sessanta, ho profuso le mie energie per contribuire al cambiamento culturale della mia città, l'arte per me non è mai stata relegata ad una mera dimensione estetico-visiva, ma è coincisa con la vita; ed è stata per me ragione di vita… Sono stato precursore di correnti che solo in seguito si sono storicizzate, compagno di viaggio di artisti, poeti e drammaturghi successivamente riconosciuti a livello internazionale, ho sempre lavorato d'anticipo, secondo l'idea, di un’arte intesa non come un mezzo per il successo, per il mercato, ma per l'amore della ricerca, della conoscenza, dell’arte per l’arte». Giuseppe Morra
Conversazione con Giuseppe Morra
«Since the end of the sixties i've put great energy in contributing to my city's cultural change. art to me has never been seen as a plain and simple visual aesthetic dimension but ut matches to life; it has been to me reason of life... I've been forerunner of currents that only later have been seen in a historical perspective. "fellow traveler" of artists poets and playwrights that after wards became a recognized authority at international level. i've always worked looking ahead according to the idea of an art intended as the love for research, knowledge of art for art and not as a means of success basically for the market». Giuseppe Morra
A conversation with Giuseppe Morra
Carmine Mario Muliere
CMM - Dopo l’incontro di Ravello eccoci a Napoli nella sede del Museo Nitsch ospitati da Giuseppe Morra. EQUIPèCO è una rivista trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale, e perciò attenta e interessata a chi percorre la stessa via. Vorrei iniziare dalla tua inequivocabile dichiarazione riportata sopra: cosa è successo e chi sono stati i compagni di viaggio?
CMM - After meeting in Ravello here we are in Naples with Giuseppe Morra at the Nitsch Museum. EQUIPèCO is a quarterly magazine of artistic and cultural research and documentation interested and alert to who follows the same way. I would like to start from what expressed above: what happened and who have been your fellow travelers?
GM- Innanzitutto voglio ringraziarti per questa opportunità che dai alla ragione del lavoro che ho fatto per tantissimi anni e anche all’apertura – ormai da più di un anno – del Museo Nitsch. Mi dicevi che è una cosa molto personale, riferendoti alla mia esperienza nel campo dell’arte, un percorso iniziato 38-40 anni fa, infatti, la mia attività risale al ’67-68 vivendo e collaborando con alcuni amici artisti come Giuseppe Maraniello, Errico Ruotolo, Luigi Mainofi, voglio ricordare che il mio interesse– in quegli anni – era ovviamente di carattere sociale e politico, ma volevo creare un cambiamento più forte. Avevo intuito che attraverso l’arte, la conoscenza, la cultura si potessero modificare le scelte politiche che in quel tempo si ponevano, ma purtroppo devo dire che sono rimaste ancora oggi le stesse condizioni. Proporre cultura, conoscere gli artisti, vivere con gli artisti, certamente è stato per me una grandissima esperienza, una crescita straordinaria nella conoscenza estetico-filosofica. Insieme con i sopracitati giovani artisti abbiamo attraversato tantissimi traguardi e raggiunto diversi risultati tant’è che due di loro, affermatissimi artisti, decisero di lasciare la città di Napoli. Contemporaneamente ho avuto la fortuna di co-
GM – First of all I would like to thank you for the opportunity you give to the reason of work that I have done for so many years and even at the opening over a year ago – of the Nitsch Museum. You were telling me that it is something extremely personal, taking as reference my experience in the art field, a pathway that began 38-40 years ago. My activity starts in ’67-68 living and working with some artist friends like Giuseppe Maraniello, Errico Ruotolo, and Luigi Mainofi. I would like to remind that my interest, in those years, was obviously social and political but I wanted to create an evident change. I had understood that with art, knowledge, culture was possible to change the political choices present at that time but unfortunately nowadays the terms are the same. Suggesting culture, meeting and living with artists has been to me a great experience an extraordinary way to broaden my aesthetic-philosophical knowledge. So many things have been done with the young artists mentioned above in particular two of them well known artists decided to leave Naples. At the same time I had the luck to meet Stelio Maria Martini, Emilio Villa and Luciano Caruso
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Pagina di sinistra_Left page, Napoli, Fondazione Morra Museo Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch
Hermann Nitsch e Giuseppe Morra Photo courtesy Maurizio Cimino
Naples, Morra Foundation Hermann Nitsch Museum Archives Laboratory for Contemporary Art
noscere Stelio Maria Martini, Emilio Villa e Luciano Caruso, con loro l’introduzione alla Poesia Visiva feci perfino un’importante esperienza nella pubblicazione della rivista Silence’ Work, ma volevo di più, avevo bisogno di portarmi verso una visione più internazionale, in quel tempo mi furono di aiuto Documenta di Harald Szeeman e Contemporanea di Achille Bonito Oliva, in occasione della mostra di Sergio Lombardo, Lucio Amelio mi sollecitò di trovare uno spazio intorno all’area di cui lui lavorava. Alcuni mesi dopo inauguravo con Gunter Brus lo Studio Morra in via Calabritto, 20. Devo dire che con Lucio c’è stata un’amicizia per lunghi anni, un rapporto durato tutto il tempo della sua vita: eravamo sempre in continui confronti. Io certamente, rispetto a Lucio, cercavo qualcosa di più penetrante, più forte, più coinvolgente. In quel tempo portare un artista famoso a Napoli era necessario ma comunque ciò non determinava un forte cambiamento culturale, Napoli aveva bisogno di un forte strappo col passato.
CMM- Lucio Amelio portò Beuys a Napoli. GM- Certamente Lucio ha portato Beuys, è vero, ed è stato il suo grande merito così come tanti altri artisti, ma Lucio cambiava spesso, secondo le tendenze e le necessità di mercato. CMM- Nel tuo lavoro specifico ho notato questo: un’articolazione precisa, quasi una progettualità che comunque – come dicevi – non era solo dedicata a una ricerca visiva ma ai contenuti e non solo appunto specificamente visivi ma interconnessi con la Letteratura, con la Poesia, con la Musica, con il Teatro.
that with the introduction to Visual Poetry gave me the possibility to make an important experience with Silence’ Work but I wanted more. I needed to develop a more international point of view. Documenta by Harald Szeeman and Contemporanea by Achille Bonito Oliva really helped me in this. At the Sergio Lombardo’s exposition Lucio Amelio suggested me to find a place near the one he worked. Some months later Gunter Brus and I opened the Studio Morra in via Calabritto, 20. I must say that with Lucio we were friends for so many years practically all his life: we were always discussing. I, unlike him, was always looking for something more poignant, penetrating, fascinating. Bringing an important artist to Naples at that time was necessary but not enough to make that evident cultural change Naples needed. An abrupt change. CMM – Lucio Amelio brought Beuys to Naples. GM – Yes it is true and it has been a great merit together with other artists but Lucio often changed according to the trends and needs of the market. CMM – In your work I have noticed a precise variety nearly a sort of planning stage that - as you said – was not focused only on a visual research but to contents not specifically visual but interlaced with Literature, Poetry, Music and Theatre. This impressed me and is evident in your intents declaration. GM – in that declaration, in fact, I talked about art for art, art for life that can be identified as the will to change the world ... but we must do much more. I tried to do something more: I’ve worked with extremely complicated artists PrOgEttI | PrOjECts - n.22 - 2009 EQUIPèCO
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Michelangelo Pistoletto courtesy La Biennale di Venezia
53. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia
53rd International Art Exhibition La Biennale di Venezia
Too much critiques before reflection
Troppe critiche, poca attenzione Arianna Carcano
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l sistema dell’arte internazionale oggi sta vivendo una situazione un pó particolare: la crisi economica, lo spegnersi di grandi movimenti artistici, la scomparsa di grandi individualità. Lo stesso Jerry Salts scrive sul New york Times a proposito della Biennale di Venezia descrivendo l’arte contemporanea come avvolta da stasi, arrivando persino a parlare di morte dell’arte... ma mi chiedo, «è proprio così buia la situazione, o si tratta solo di un momento di annebbiamento delle nostre menti, oramai surclassate da migliaia e migliaia di informazioni e proposte artistiche noiose e ripetitive?»... La grande carica della mostra si concentra sulla volontà di internazionalizzazione, l’obiettivo principale è l’incontro e la mescolanza di culture differenti attraverso il dialogo degli artisti volto principalmente alla comunicazione della loro visione del mondo. La coesione sociale perciò come nuova frontiera, oltre ad una proposta di nuova politica culturale che sappia sostenere ed offrire pari opportunità agli artisti, eliminando ogni differenza culturale. Notevole lo sforzo di Birnbaum nel voler realizzare un lavoro transgenerazionale, rischiando forse di dare un pó troppa attenzione all’arte del passato tralasciando perciò importanti particolari dell’arte più recente, quella degli ultimi due anni. Fare Mondi, nuovi mondi o nuove visioni, la mostra pare un tentativo di risvegliare
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he International Art System today is going through a particular situation: the economic crisis, the decline of important movements, the death of great individualities. Jerry Salts himself wrote on the New York Times with regard to the Venice Biennial describing contemporary Art as wrapped by stasis, he even came to speaking about death «of Art... but I am wondering if the current situation is really so dark, or it is only a moment of growing dim of our minds, by now outclassed by thousands of boring and repetitive informations and artistic proposals?»... The emotion of the exhibition is focused on the wish of internationalization, the main aim is the meeting and the mixture of different cultures through the artists' dialogues, mainly turned towards the communication of their vision of the world. Therefore social cohesion as new frontier, besides a proposal of a new cultural policy that could offer equal opportunities to the artists, removing every cultural difference. It is remarkable Birnbaum's effort in trying to make real a transgenerational work, maybe risking to put more attention on the past, then leaving out important details of the latest art, the one of the last two years. Making Worlds, new worlds or new visions, the exhibition looks like an attempt to tickle an audience that, now asleeped and bored by the repetitions, visits the Biennial with watchful but sceptical eye, hoping to be able to get a breath of fresh air, looking
Matteo Basilé, ALICE IN THE TEMPLE, 2009 c-print on plexiglass, cm 120×120 courtesy BIASA ArtSpace, Bali - Jakarta - Indonesia ArtE | Art - n.22 - 2009 EQUIPèCO
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Anish Kapoor, Yellow, 1999. Photo Dave Morgan courtesy Royal Academy of Arts, London
Anish Kapoor – Royal Academy of Arts, London Arianna Carcano
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nish Kapoor, 55 anni, nato in India e residente a Londra dagli anni ‘60, ha alle spalle 30 anni di lavori e sacrifici per l’arte ed una rara ed ineguagliabile capacità di dare voce a quella voce che esiste in ognuno di noi, ma che ben pochi sono in grado di esprimere e questi sono coloro che abitualmente chiamiamo artisti. Kapoor è uno dei rari casi di Royal Academicians viventi cui sia stato concesso il privilegio di una retrospettiva alla Royal Academy. I temi portanti nel suo percorso artistico sono: l’androgino, la sessualità, il rito e naturalmente il vuoto. La sua scultura, da una parte lo pone in sintonia con le ricerche degli anni sessanta, come l’arte povera o Beuys, dall’altra ci mostra l’intima intenzione di apertura a nuove forme e spazialità. Essendo indiano d’origine Kapoor non può fare a meno del colore puro dato dal pigmento, i suoi oggetti scul-
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nish Kapoor, 55 years old, born in India and living in London since the 60s, with 30 years of work and sacrifices for the Arts behind and a rare and incomparable power to give voice to that voice existing in each one of us but that only a few people are able to express and these one are those commonly called artists. Kapoor is one of the rare cases of living Royal Academicians who had the privilege of a retrospective at the Royal Academy. The central themes in his artistic career are: the androgynous, the sexuality, the rite and naturally the void. His sculpture, from one side puts him in tune with the researches of the 60's, such as Beuys and Arte Povera, from the other side it shows us the close wish of opening to new forms and space concepts. Being of Indian origins Kapoor cannot do without the pure colour given by the pigment, his
Anish Kapoor, As if to Celebrate I Discovered a Mountain Blooming with Red Flowers, 1981 Photo Dave Morgan courtesy Royal Academy of Arts, London
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Saudek e Mannelli: Teneri Barbari
Saudek and Mannelli: Tender Barbarians
Genny Di Bert
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mmagini che scrutano la vita, colte con sensibilità artistica, provocatoriamente bloccate e tecnicamente trattate. Sono le opere di Teneri Barbari, mostra svoltasi all’Istituto Culturale Ceco a Roma lo scorso ottobre a cura di Luca Arnaudo e Roberto Lacarbonara, poi trasferita in una versione ampliata nella sede espositiva del Castello di Carlo V a Monopoli. Due protagonisti: il fotografo, pittore e calligrafo ceco Jan Saudek, classe 1935, e l’italiano Riccardo Mannelli, nato a Pistoia nel 1955, la cui produzione artistica va dai quadri, al reportage, alla regia teatrale. Entrambi eclettici autori di opere in cui si riconosce il forte legame che essi hanno nel voler manifestare, attraverso immagini, non solo la capacità artistica del fare ma anche la personale filosofia di vita. I pensieri e l’opinione che hanno del mondo, della gente, della storia e della contemporaneità, condensano la loro forza che è trasferita, attraverso il click della macchina fotografica (Saudek) e l’uso di tecniche miste (Mannelli), in scene dal forte impatto. La carica erotica dei corpi rappresentati, i simboli (spesso reliRiccardo Mannelli, Omaggio a Saudek Tribute to Saudek giosi e politici) inseriti, Photo Susana Presno Polo l’eccessività voluta di gesti e pose, rispecchia l’intento di produrre un’arte psicologicamente e socialmente d’effetto. Passioni, parodia, satira, e forse velata tristezza di non poter cambiare il mondo, di cui rilevano la caducità. Le stravaganze saudekiane s’inseriscono in quest’ottica: colpire la vista e la sensibilità. Nelle fotografie di Saudek colpisce l’originale tecnica con cui i lavori sono realizzati: le foto, che in origine erano in bianco e nero o virate seppia, sono colorate a mano con colori trasparenti ad acqua. Ciò produce un effetto quasi irreale, valorizzato, spesso, da particolari sfondi: muri scrostati dall’umidità. Anche se ancor oggi quei muri sono ripetuti, l’origine risale a quando, all’inizio della sua carriera, usava come studio la cantina, le cui pareti diventavano ottimi sfondi e permettevano di ottenere sfumature e tonalità di grigio, perfette nella resa fotografica. Tra i vari temi trattati da Saudek ci sono l’evocazione dell’infanzia e il trascorrere del tempo. Su questo argomento sono state effettuate alcune opere 24 EQUIPèCO n.22 - 2009 - ArtE | Art
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mages that scan life with an artistic sensitiveness, provocatively caught and technically dealt with. These are the works shown in the exhibition Tender Barbarians held by Luca Arnaudo and Roberto Lacarbonara in the Czech Cultural Institute of Rome last October and then moved to an enlarged exhibition held in the Castle Carlo V in Monopoli. The two protagonists are the Czech photographer, painter and calligrapher Jan Saudek born in 1935, and the Italian artist Riccardo Mannelli, born in Pistoia in 1955. The latter’s works range from paintings, to reportage to theatre direction. Both artists are versatile authors of works which aim at showing through images not only their artistic ability of doing but also their philosophy of life. Their thoughts, their opinion of the world, people, history and our time build up their strength expressed by the click of Saudek’s camera or Mannelli’s use of mixed techniques in creating strong impact images. The sexual drive of the depicted bodies, the often political or religious symbols, the intentional excessiveness of movements or poses mirrors the artist’s intention to produce a psychologically and socially shocking work of art. Passion, parody, satire and maybe also a slight sadness for not being able to change the world which however they show as fragile. Saudek’s eccentricities are also to be considered in this context. It aims at hitting the viewer’s sight and sensitivity. Saudek’s photography shocks for the originality of its technique. The photographs, which were originally black and white or sepia print toning, are hand painted with transparent watercolours. This produces an almost unreal effect, made even stronger by peculiar backgrounds, as for example walls from which humidity is making the paint flake. Even though those walls are still the background of his works, it all started at the beginning of his career, when he used to work in his cellar, where the walls allowed him to obtain tones of grey that made his photographs perfect. Among the numerous topics Saudek has dealt with we find childhood and the passing of time. On this subject he has produced works that depict the same subject on the same
Jan Saudek, La ragazza slava con il padre The slave girl's with father, cm 73×73. Photo Susana Presno Polo
che ritraggono lo stesso soggetto, nella medesima posa, a distanza di anni. Per Saudek ricordare e narrare è fondamentale: «Se una fotografia non racconta una storia non è una fotografia. Forse è la storia di tutti i nostri pensieri, quelli che diventano pubblici e sfidano i luoghi comuni e quelli che per pudore restano confinati». E così l’autore diventa scenografo di atti, immortalando esistenze, creando scene tra sogno e realtà in cui convivono: odio e amore, lussuria e castità, gioia e desolazione. Comunicazione visiva e regia sono elementi fondamentali anche nell’arte di Mannelli, le cui tecniche miste ci coinvolgono e, nel binomio di questa esposizione, non ci possono far dimenticare tutte le importanti storie vissute e create dall’autore nell’editoria e nell’arte contemporanea italiana. Sicuramente, con questa esposizione, Saudek e Mannelli ci hanno regalato un imprevedibile Salotto d’Europa, parafrasando il nome dato (Salotti d’Europa) per una serie di quadri che Mannelli produsse nel 1996/97, in cui erano messe insieme figure, riprese dalla
pose but at different stages of their life. The artist considers memory and narration as extremely important. «If a photograph does not tell a story» he declares «it is not a photograph. It is perhaps the story of all our thoughts, those that are made public and challenge stereotypes, and those whose modesty confines them into a corner». Thus the author becomes a stage designer for acts, who immortalizes lives, creates scenes that hang between dream and reality, love and hate, lust and chastity, happiness and grief. Visual communication and direction are also the main elements of Mannelli’s art. His mixed techniques make us feel involved. This exhibition must not allow us to forget the important stories the artist lived and told in the contemporary Italian press and art. Undoubtedly, Saudek and Mannelli have used this exhibition to offer us an unexpected European Salon similar to the European Salons that gave the name to a series of paintings that Mannelli produced between 1996 and 1997 that put images taken from newspapers together with symbols-products of mass consumption. ArtE | Art - n.22 - 2009 EQUIPèCO
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mm 16×16
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mm 6×5 mm 17×23 mm 8×8
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Muliere Biblioteca Libri d’Artista Esemplari Unici Artists’ Unique Books Library
mm 226×200
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mm 150×196 ArtE | Art - n.22 - 2009 EQUIPèCO
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Allalunalaloneh per mutare l’osservazione Orazio Carpenzano
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tiamo facendo, sotto forma di spettacolo una proposta di ricerca dove è possibile far esistere relazioni interattive. La proposta coreografica, quella architettonica nutrita dalla luce, quella del suono e dell’immagine sono coesistenti e libere. Serve concentrare lo sguardo nella fragranza dell’evento che rileva il suo stato di necessità (come direbbe F. Sarnari). La danza – spazio è un sistema in cui le motilità non sono azioni o corpi che si esauriscono nei gesti o nelle forme del movimento. Noi tutti sappiamo che un corpo architettonico o un corpo danzante senza necessità di esistenza physico – cognitiva non possono co/evolversi nell’interazione che è dell’esistenza, interazione cancellata o mistificata da certa cultura conformista, reazionaria, omologata, narcotizzata dalle iper-
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e are doing, through a live performance, a research proposal where it is possible to have interactive relationships. The choreographic, architectonic, sound and visual proposals are coexisting and free. It is important to concentrate our look in the fragrance of the event which reveals its state of necessity (as F. Sarnari would say). The dance – space is a system in which the motilities are not actions or bodies limited in their gestures or movements. We all know that an architectural body or a dancing body without the need of a physical-cognitive existence can’t evolve in the interaction which is part of the existence, an interaction deleted or mystified by a conformist, reactionary, homologated culture, narcotized by the fictions of the false contemporary age.
Allalunalaloneh to change observation ALLALUNALALONEH 2009. Teatro Vascello, Roma Photo Riccardo De Antonis
finzioni della falsa contemporaneità. Allalunalaloneh è un ambiente generativo caratterizzato dall’irruzione di pulsioni e dal desiderio sfrenato di osservare l’esistenza dei corpi e degli spazi che indagano sulla nuova robotica e sull’emergenza con uno sguardo che rifiuta di essere rassicurato da ciò che osserva perché nel programma si possa auto/generare qualcosa che non si era previsto. Ma non nella forma dell’improvvisazione bensì in quella dello stato di necessità. L’atto di con/fondere i linguaggi è un autoesperimento con cui, per esempio io architetto, ho scoperto nuove possibilità di pensare lo spazio. La ragnatela tridimensionale che origina in più luoghi della topologia orizzontale, è uno dei modi in cui le danzatrici possono apprendere le moti-
Allalunalaloneh is a generative environment characterized by the irruption of pulses and the desire to observe the existence of the bodies and the spaces which investigate on the new robotics and emergency with an approach that refuses to be reassured from what it observes so that in the program it can be possible to generate something that had not been predicted. But not in the improvisation, in the state of necessity. The con/fusion of languages is an experiment with which for instance I as an architect - have discovered new ways to conceive the space. The 3D spider web that originates in several places of the horizontal topology is one of the ways in which the dancers can apprehend the motilities and which is their system of stratification in the nurbs arms-legs-spine in a choreographic system that has to dismantle the rules of the movement
Timoteo Salomone, Stefania Sandrelli, fotografia_photography, 2008
TIMOTEO SALOMONE, (Palestrina 1942) Operatore di ripresa del TG1, testimone diretto nei conflitti in Nicaragua, Salvador, Afghanistan e la guerra del Golfo in Israele.
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Timoteo Salomone, Omar Sharif, fotografia_photography, 2008
TIMOTEO SALOMONE, (Palestrina 1942) TG1 TV cameraman, real witness of Nicaragua, Salvador, Afghanistan conflicts and Gulf War in Israel. For eight year he makes travel’s filming of Saint Father Giovanni Paolo II in many continents FOtOgrAFIA | PhOtOgrAPhy - n.22 - 2009 EQUIPèCO
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BILLIE HOLIDAY Cinquant’anni dopo Walter Mauro
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ono trascorsi ormai cinquant’anni dalla morte della cantante Billie Holiday, la cui voce roca e raschiata, forse non ottenne il riscontro degli amanti della voce impostata, ma certamente ha rappresentato quanto di più alto e di più poetico abbia prodotto la negritudine intesa e riflessa come unico e solo esemplare di potenziale lirico e di capacità di immettersi nella condizione dell’uomo di colore tradito e perseguitato per anni dallo schiavismo bianco. C’è un brano assolutamente rappresentativo, intitolato esemplarmente Strange Fruit, scritto dal poeta ebreo Abel Meeropol con lo pseudonimo di Lewis Allan, che ancora oggi resta un documento unico e insostituibile di una condizione dell’essere drammaticamente inquietante, al proscenio di una metafora che ha fatto il giro del mondo e ha toccato nel profondo, le coscienze degli uomini liberi. Lo scenario è un gruppo di alberi entro una dannata foresta: tutto sembra normale, lo spettacolo appare perfino gradevole con quei tronchi, quei rami e quelle foglie che promanano grazie e dolci percezioni. Alla cima dei rami, pendono strani frutti, anomali e spettrali: sono i corpi dei neri impiccati al tempo del più bieco razzismo; oggi, ai tempi di Obama, un traumatico ricordo a perenne memoria di una temperie persecutoria che nulla e nessuno risparmiò nel corso di anni memorabili e irripetibili. Ma oltre che riflettere la condizione umana di una intera generazione, di una comunità sospesa sul vertice della storia, qule canto risultava fortemente e atrocemente autobiografico, perché tutta la vita di Billie fu davvero dominata dall’incubo irreversibile del trauma esistenziale che ne colpì alla base il carattere e la natura. Reagì splendidamente con la profondità, e la levitù al contempo, di una voce unica tragicamente roca e certo non bene impostata, lasciando il segno di una presenza tra le più significative nella vicenda di una musica ormai storicizzata e a pieno diritto appartenente alla classicità dei suoni e della poesia. Ebbe un amore tanto grande quanto infelice, lei che venne raccolta sulla strada dal mondo del Jazz, e lo coltivò con tragica passione, quello con il sassofonista Lester Young, anche lui scomparso prematuramente, sconfitto come Billie dalla tragedia dell’overdose, un male oscuro che ha travolto tanti protagonisti di questa musica struggente e dolorosa, ma anche felice nella sua irripetibile potenzialità espressiva. Ci sono tanti documenti filmati di Lady Day - così veniva chiamata per la grazia suadente del suo muoversi e del suo cantare blues e standars di moda in quegli anni - ma uno almeno è il caso di ricordare: un blues ricolmo di passione e di vita, accompagnata da Roy Eldridge, Vic Dickenson, Jo Jones, Gerry Mulligan e tanti altri, c’era anche Coleman Hawkins, ma soprattutto c’era lui, il suo tragico amore, The President, come veniva ricordato Lester Young: l’alternanza delle due voci, quella di Billie e il commento straziante di Lester, riflette certamente uno dei momenti di più alta intensità che un dialogo sonoro possa esprimere, ben oltre ogni lecita e umana rappresentazione. È il canto che si fa suono e viceversa, e tutto questo in quella temperie soft, mielata e fortemente lirica che conduce direttamente entro paradisi sconosciuti e misteriosi dove l’umano sfiora il divino per poi restituirsi al trauma del vivere e del morire. WALTER MAURO è tra i piú noti esponenti della critica militante ed è soprintendente della società Dante Alighieri. Ha pubblicato saggi di carattere monografico e di sintesi storiografica. È inoltre critico musicale. Collabora ai programmi di musica jazz della Rai. Ha pubblicato testi saggistici sul jazz e due antologie, in collabora-
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BILLIE HOLIDAY Fifty years later Walter Mauro
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ifty years have gone by since Billie Holiday passed away. his voice, husky and scrapie wasn't highly regarded by the placed voice plan. Though, it is surely the highest and most poetic black voice intended as the one and only example of lyrical potential able to express the situation of a black man betrayed and prosecuted for years by white slavery. There's a piece absolutely representative called strange fruit written by the jewish poet abel meeropol known as lewis allan. Still today this is a unique an un-substitutable document of a dramatically troubled being. This metaphor went around the world deeply touching the conscience of free men. The image given is a group of trees in a damned forest: all seems normal even pleasant with those trunks, branches and leaves that express grace and sweet perceptions. At the branches though hangs strange unusual and spectral fruit: the bodies of black men hung at the time of the most sullen racism; nowadays at obama times a traumatic and ever lasting memory of a prosecutory period that didn't save anything and anybody during those unforgettable and unrepeatable years. Beyond reflecting on the human condition of an entire generation, of a community hung up on the top of history. That voice was strongly and terribly autobiographic because all Billie's life was dominated by the nightmare of an irreversible existential trauma that deeply stroke his nature and character. He reacted splendidly with depth and stature at the same time with that terribly husky and surely not well placed voice. He left a sign of one of the most remarkable presences in that music seen in a historical perspective and with total right of being part of the classicism of sounds and poetry. He had a great and extremely unhappy love, she coming from the road of the world of jazz, and nourished with terrible passion. The one with the sax player lester young prematurely passed away like billie with an overdose. Drugs that overwhelmed so many stars of this painful and poignant music but even happy with its unrepeatable expressive potential. There are so many foot ages on lady day - that's how she was called for the tempting grace of the way she moved and sang and for the fashion standards of those times - but there's at least one worthy to remember: a blues full of passion and life featuring Roy Eldridge, Vic Dickenson, Jo Jones, Gerry Mulligan and many others. There was also Coleman Hawkins but most of all there was him, her tragic love, the president, as Lester Young was called. The alternation of the two voices, Billie's one and the poignant comment of Lester, shows, for sure, one of the most intense moments that a sound dialog can express much more than a human mind can think. Singing becomes sound and vice-versa. All this in that soft, sugary and strongly lyric mix that leads to unknown and mysterious paradises where human touches divine to return to the trauma of living and dying. [Translated by Anthony Spigone] Walter Mauro is the supervisor of Dante Alghieri Company and among all the famous writers of militant criticism, he’s the most representative. Mauro has published monographic and historiography essays. He’s also a musical criticize and collaborates for Rai jazz music programs. He has published jazz essaies and two anthologies in cooperation with Elena Clementelli. He’s the author of Jazz word on Treccani encyclopedia entry and he’s a regular jAzztImE - n.22 - 2009 EQUIPèCO
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Renato Guarini, Primo Rovis, Luigi Frati
Arte di Dio e della Natura La donazione alla Sapienza del Comm. prof. Primo Rovis
Art of God and Nature Donation to the Sapienza University by Comm. prof. Primo Rovis Adriana Maras
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l Museo di Mineralogia della Sapienza, Università di Roma, ha ricevuto una importante donazione da parte del Commendatore Primo Rovis, siglata il 17 giugno 2009 alla presenza di Renato Guarini, il presidente della Fondazione Sapienza, e Luigi Frati, rettore dell’ateneo. Si tratta di minerali dalle dimensioni assolutamente fuori dal comune: geodi tappezzate di cristalli di quarzo di vari colori: citrino, ametista; sezioni di agata che rivelano un’incredibile varietà cromatica, ma non mancano druse di quarzo ialino, grossi cristalli di gesso e altri minerali, ma anche fossili, che raccontano la storia del nostro pianeta. In attesa dell’allestimento di una mostra permanente, vi presentiamo un’anteprima di questa collezione.
he minerology museum of Sapienza, the university of Rome, received an important donation by commendatore Primo Rovis on 17 june 2009 at the presence of Renato Guarini, president of the Sapienza foundation and Luigi Frati rector of the university. These are minerals of absolutely uncommon size. Geodes full of quartz cristals of various colours: citrino, amethyst, sections of agate that display an incredibile array. we can even see chunks of ialino quartz, big chalk cristals and other minerals even fossils that telll the story of our planet. While waiting for a permenant exposition we'll give you a preview of this collection.
Prof. Adriana Maras Direttore Museo di Mineralogia - Dipartimento di Scienze della Terra- Università di Roma La Sapienza Piazzale Aldo Moro, 5 - BOX 11 - 00185 Roma T. +39 06 4991 4914
Prof. Adriana Maras Director of the Minerology Museum - Science of the World Departement - The Sapienza University of Rome Piazza Aldo Moro, 5 - Box 11 - 00185 Rome, Italy ph. +39 06 4991 4914
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[Translated by Anthony Spigone]
Esemplare di crinoidi_Crinoidi specimen cm. 59×58×2; Kg. 18,500 Piastra di dendrite_Dendrite plate cm. 37×37×2; Kg. 4,670
mUsEI | mUsEUms - n.22 - 2009 EQUIPèCO
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