EQUIPèCO 17

Page 1

eQuiPèco Poste italiane s.p.a. - spedizione in a.P. - 70% - dcB - roma

trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_autunno 2008

€.10,00 9 771824 899002

Manifesta 7

15ª Quadriennale

50016 ISSN 1824-8993

di

roMa

Mario schifano - carla accardi e Gianna nannini JorGe luis BorGes - cesare Pavese - PhiliP K. dicK altroeQuiPe_lallunahalalone-interaction art


il liBro

JorGe luis BorGes storia dell’eternità1

«Shopenhauer adduce una ragione: la pura attualità corporale in cui vivono gli animali, la loro ignoranza della morte e dei ricordi. E poi: destino e vita da leone esige la leonità, la quale, considerata nel tempo, è un leone immortale che si perpetua mediante l’infinita ripetizione degli individui, la cui generazione e la cui morte costituiscono il pulsare di quella figura perenne. E prima: un’infinita durata ha preceduto la mia nascita; cos’ero io per tutto quel tempo? Metafisicamente potrei rispondermi: Io sono sempre stato io; ossia, coloro che dissero io in quel frattempo non erano altri che me. Presumo che l’eterna Leoninità possa essere accettata dal mio lettore, che proverà un maestoso sollievo dinanzi a quell’unico Leone, moltiplicato negli specchi del tempo. Non mi aspetto lo stesso per il concetto di eterna Umanità: so che il nostro io lo rifiuta, e che preferisce riversarlo senza timore sull’io degli altri. Brutto segno; forme universali molto piú ardue sono quelle proposteci da Platone. Per esempio, la Tavolinità, o Tavolo Intelligibile che sta nei cieli: archetipo quadrupede che perseguono tutti i falegnami del mondo.» di carmine Mario Muliere

er agire responsabilmente, P smetto di meditare e mi affido completamente al vento dell’o-

racolo. M’impongo una rigorosa rinuncia ad una ricerca volontaria e deliberata di oracoli di ogni genere. attendo. Guardo nella chiara luce - sapore degustato, assimilato, condiviso e quindi eletto a qualità impersonale – della cecità di omero e/o di Borges, di quest’ultimo estraggo da Storia dell’Eternità, dal cap. La dottrina dei cicli, in cui leggo: «Questa dottrina (che il suo piú recente inventore chiama dell’eterno ritorno) si può formulare cosí: «il numero di tutti gli atomi che compongono il mondo è finito benché incommensurabile, e come tale ammette solo un numero finito (benché ugualmente incommensurabile) di variazioni. in un tempo infinito, il numero di variazioni possibile deve venire esaurito, e l’universo deve necessariamente ripetersi. [...] si usa attribuirla a

nietzsche. Prima di confutarla, è opportuno immaginarsi, sia pur remotamente, le cifre sovrumane che essa evoca. e comincia dall’atomo riferendo la descrizione di rutherford al quale –dice– nietzsche potrebbe replicare: «Gli elettroni rotanti di r. sono per me una novità, come l’idea –scandalosa per un filologo– che un atomo sia divisibile. tuttavia io non ho mai negato che le vicissitudini della materia siano molto numerose; ho dichiarato soltanto che sono infinite». Questa verosimile risposta di friedrich Zarathustra mi spinge a ricorrere a cantor e alla sua eroica teoria degli insiemi. cantor distrugge il fondamento della tesi di nietzsche. afferma la perfetta infinità del numero di punti dell’universo, e persino un metro dell’universo, o di una frazione di tale metro. Per lui l’operazione di contare consiste unicamente nell’equiparare due serie. […]

1– J. l. Borges, Storia dell’eternità, Biblioteca adelphi 347, adelphi edizioni, Milano 1997. 5


letteratura

infinite

realtà, infiniti Mondi:

le ossessioni letterarie di

PhiliP Kindred dicK

A causa dello smarrimento e del dolore, la Mente si è squilibrata. Perciò noi, come parte dell’universo, del Cervello, siamo parzialmente squilibrati. Philip Kindred Dick, ”Tractatus: Cryptica scriptura”, 1981

di nicola Bassano

ato prematuramente in seguito a un diffin cile parto gemellare,

orientarsi verso opere mainstream, cosa che fece con risultati tutt’altro Philip Kindred dick venne che negativi. Ma è la alla luce assieme alla fantascienza il terreno sorella Jane il 16 dicemfertile sopra il quale dick bre del 1928. seppe far crescere la sua durante i primi giorni di personalissima idea di vita, però, la madre, realtà, attraverso una dorothy, non avendo commistione straordinaabbastanza latte per riamente efficace di intuientrambi, costrinse la zioni filosofiche, teologipiccola Jane a una dieta che e politiche. un talenpovera e insufficiente alle to unico, animato da esigenze nutritive di un geniali bagliori di follia neonato e cosí, il 26 che lo spinsero, in alcuni gennaio morí. sulla sua Philip Kindred Dick casi, verso territori peritomba, accanto al nome colosi, dai quali seppe venne inserito anche tornare con entusiaquello del fratello sopravsmanti teorie. il suo vissuto, sancendo cosí un modo atipico di fare letlegame che avrebbe teratura si inserisce in un pesato non poco sulla contesto geografico, travagliata esistenza di quello americano, capaPhilip. il suo primo racce di elaborare, svilupconto, dal titolo Roog, pare e rendere concretavenne pubblicato nell’otmente digeribili, incubi e tobre del 1951 sulle ossessioni direttamente pagine di una rivista di abortiti dagli angoli piú fantascienza che annoveoscuri della sua realtà. rava tra i suoi collabora- Copertina cofanetto della trilogia sono molti i suoi capolatori lo scrittore anthony vori, a cominciare da Boucher, che dick aveva conosciuto poco tempo Time Out of Joint, del 1958, nel quale l’ossessione dicprima. Già da questo primo lavoro si nota un’attenzio- kiana per le realtà artificiali e per i presenti alternativi, ne particolare verso la tematica del rapporto tra realtà si concretizza in un romanzo tanto avvincente quanto oggettiva e realtà percepita. il cane descritto nel rac- complesso. Gli anni ’60 sono forse i piú importanti per conto, infatti, ha compreso che gli spazzini che lavora- la carriera dello scrittore, che realizza – tra le tante – no ogni giorno per le strade della città, nascondono una serie di opere che entreranno nella storia della letun’identità segreta: sono in realtà extraterresti e il loro teratura di fantascienza: The man in the High Castle scopo è quello di studiare gli umani attraverso i loro (1961) – primo grande successo commerciale e di cririfiuti. il successo commerciale dei libri di fantascienza, tica e vincitore del Premio hugo –, The Simulacra spinsero Philip a concentrare il suo lavoro verso un (1963), Clans of the Alphane Moon (1964), The Three mercato che appariva in piena espansione, anche se Stigmata of Palmer Eldritch (1964), Do Androids Dream nel profondo, lo scrittore, nascondeva il desiderio di of Electric Sheep (1966), Ubik (1966), A Maze of Death 11


letteratura

istaMBul il volto in chiaroscuro di una caPitale di Walter curini

s

e è un luogo comune pensare un’esperienza dolorosa, cercando che uno scrittore possa ottenedi dimenticare il passato, anche re il migliore prodotto letterario istambul, secondo Pamuk, aveva solo al compimento della carriera, tentato di seppellire nell’oblio i allora c’è da dire che questo detto resti della sua antica grandezza, non vale neppure per ohran lasciandosi scivolare sotto una Pamuk, uno dei maggiori scrittori coltre di irrimediabile degrado. turchi viventi, che, all’età di 54 incapace di trovare alimento nelle anni, ha realizzato con Istambul, sue tradizioni, la capitale ottomapubblicato in italia da einaudi e na era sprofondata nelle sue roviproposto al pubblico al prezzo di ne lasciando gli abitanti in uno 18,50 euro, uno dei lavori piú stato di inguaribile prostrazione validi che siano stati finora dediideale. senza trovare un’entità cati a questo argomento. forte, nuova e occidentale, capalo scrittore racconta le vicende ce di sostituire quella appartenenche hanno segnato la storia della te alla propria storia, gli abitanti sua città natale e nello stesso hanno ridotto le testimonianze del tempo riflette su se stesso, ricorpassato in scorie d’una tradizione dando l’infanzia e l’adolescenza, mai posseduta. come periodi della vita in cui si è non c’è da meravigliarsi se, quinformato come uomo e poi come di, il sentimento prevalente che scrittore nella consapevolezza da agita l’animo dello scrittore sia lui presto avvertita che il corso quello della tristezza e dell’angodella sua vita abbia seguito un scia. Per questo motivo, in pagine destino inesorabile non disgiunto di pieno trasporto autobiografico, dalla storia recente dell’antica egli ricorda e descrive la città Istambul, fotografia di Ara Güler capitale ottomana. egli afferma di della propria infanzia con i toni non aver mai abbandonato le del bianco e del nero, gli stessi di case, le strade, i quartieri che l’hanno visto crescere: vivere cui sono tinte alcune sue vecchie fotografie, inserite in una a Palazzo Pamuk gli è apparso una conseguenza naturale di unità cosí armoniosa con il testo da suggerire al lettore che un’esperienza originaria maturata da bambino, quando dal il motivo ispiratore della sua dolce tristezza sia la nostalgia, balcone di casa poté vedere l’immagine velata della città un sentimento che non sopporta la vista delle ricchezze ormai che da allora in poi ha rappresentato un elemento insepara- smarrite, ma che ricerca l’atmosfera raccolta delle strade bile dei suoi ricordi e che nel testo rievoca con accenti di solitarie dei quartieri periferici, allorché la luce fioca dei lamgrande suggestione lirica. pioni li ammanta di una coltre fantastica e arabesca. egli, a la sua famiglia era arrivata a stabilirsi a nişantazi negli anni questo riguardo, nota che con il buio delle fredde sere invertrenta, dopo che i principi e i burocrati ottomani avevano nali scende provvidenziale un velo di poesia che gli appare abbandonato i loro palazzi per preferire i comfort occidenta- idoneo a nascondere il vero volto della città agli sguardi indili offerti dalle nuove abitazioni all’insorgere della repubblica, screti di occhi stranieri. non si tratta ovviamente di percezioaprendosi ad una mentalità simile a quella che aveva indot- ni visive paragonabili a quelle che nel passato hanno saputo i sultani riformisti, tra la fine del Xviii e l’inizio del XiX seco- to mirabilmente e fedelmente ritrarre il volto dell’ex capitale lo, a lasciare Palazzo topkapi e ad occupare i moderni edi- ottomana. È il caso, ad esempio, di antoine- ignace Melling, fici costruiti per loro a dolmahçe e Yldiz. artista tedesco con ascendenti italiani e francesi, che, dopo come era accaduto ai palazzi del sultano, anche le residen- un apprendistato accanto a suo padre e uno presso lo zio di ze dei visir, Gran visir e dei Principi si erano progressivamen- strasburgo per approfondire lo studio di pittura, architettura te svuotati per poi bruciare e crollare a causa dell’incuria. e matematica, si recò nel 1785, appena diciannovenne, a con la decadenza di uno dei quartieri storici di istambul si istambul, spinto da quel romanticismo orientale che a quei consumava paradossalmente anche il fallimento dello sforzo tempi cominciava pian pino a diffondersi in europa. eppure, di occidentalizzazione che la turchia aveva cercato di realiz- e qui sta secondo lo scrittore turco l’importanza della sua zare senza però che il progetto fosse sostenuto da un auten- arte, egli non cercò di raffigurare la città ricorrendo alle tico bisogno di rinnovamento. l’apertura all’occidente, atmosfere immaginose che parrebbero uscire dalle Mille e secondo lo scrittore turco, era dettata infatti dalla voglia di una notte, ma preferí rappresentarla seguendo uno stile realiberare l’animo da un peso di tristi e dolorosi ricordi legati lista, in cui l’attenzione per i particolari architettonici e l’abialla sensazione dell’irrimediabile declino. alla stessa manie- le gioco delle prospettive lo misero in grado di raffigurare le ra in cui alcune persone si illudono di sfuggire al ricordo di cose proprio cosí come erano. 15


letteratura

dedicato a cesare Pavese nel centenario della nascita È venuta la morte e non ha i suoi occhi di severino Briccarello «Ci sono cose che il destino si propone ostinatamente. Invano gli attraversano la strada la ragione e la virtú, il dovere e tutto ciò che c’è di piú sacro; qualcosa deve accadere, che per lui è giusto, che a noi non sembra giusto; e possiamo comportarci come vogliamo, alla fine è lui che vince». Johann W. Goethe, Le Affinità Elettive armine Muliere, che mi conosce, un giorno che si parlava del centenario c della nascita di cesare Pavese, mi fa:

anni dopo la madre vende la casa di santo stefano Belbo e compra una villa a reaglie, sulle colline vicino a torino. «Perché non mi ci scrivi qualcosa?» la vita di cesare si svolgerà cosí tra torino, ho accettato di buon grado e con entusiaroma, la parentesi del confino a Bransmo (non imparerò mai…) sull’onda delle caleone calabro, e un periodo a serraluntante affinità che mi legano per diversi asga di crea, in Monferrato, a casa della petti a cesare, cominciando a riesaminare sorella Maria. il materiale di biblioteca, percorrendo in tornerà però spesso a santo stefano, spevarie direzioni le rotte di internet, cercando cialmente negli ultimi anni. Quasi necessità spunti adatti e magari originali per ricordardi un ritorno alle origini, forse per darsi lo. ragione della vita, prima di maturare e Ma alla fine mi è rimasta solo una fastidiocompiere l’atto definitivo del suicidio, il 27 sa insoddisfazione, come quando ti sei agosto 1950, in un albergo vicino alla staimpegnato per cucinare un piatto particolazione di Porta nuova, a torino, quarantun re, che conosci bene o almeno credi, ma anni e trecentocinquantadue giorni dopo la che all’assaggio rivela una inesorabile nascita. mancanza, una certa lontananza dalla ai fini delle mie note, questa biografia è piú memoria gusto-olfattiva e dalle conseguenche sufficiente. ti aspettative, e non ne capisci la ragione c’è l’indicazione dei posti, dei luoghi dove (eppure ce l’hai messa tutta, e ci hai messo si vive, che su tutti gli uomini, sugli scrittori, Cesare Pavese tutto). e su cesare in particolare, finiscono per dall’esame delle biografie piú sintetiche a esercitare fascinazioni determinanti. quello dei piú dotti commenti letterari, dalla lettura dei suoi e quando si tratta delle colline piemontesi, queste fascinazioscritti al confronto con quelli di altri autori suoi contempora- ni un pó nebbiose portano, per strade quasi mai diritte ed nei, piú vicini a lui per formazione e origine, il tentativo di asfaltate, dentro di sé, dove si sfoglia fin troppo facile l’album capire porta ad un ritratto incompiuto, come se tutti, a comin- dei sogni diventati rimpianti, dove tra l’humus delle speranze ciare da lui stesso, non riuscissero a mettere a fuoco in modo morte ne germoglia, ostinatamente, ancora una nuova, già soddisfacente una personalità complessa, sostanzialmente destinata a morire. nascosta, piú forte di ogni tentativo di uscire o lasciarsi tirar i posti della vita finiscono per essere scenario, palese od fuori dall’ombra di una atavica, ambientale malinconia vera occulto, delle storie che la gente racconta nelle stalle durante dell’esistenza. le veglie d’inverno, o sull’aia a spogliare a mano le pannoccosí ho deciso di seguire la memoria e le sensazioni, ripen- chie di granturco. sando alle tante volte che fin da ragazzo, leggendo gli scritti e in quei racconti, anche le vicende piú reali assumono, e non di cesare, mi sono ritrovato in quello che lui racconta, e in solo nell’immaginazione dei bambini, i contorni della leggencome lo racconta. Quasi che tra la sua terra e la mia non pas- da, dove i diavoli e i padri vanno a braccetto su e giú per le sasse nemmeno il confine del Belbo e del tanaro. Quasi che colline.1 lui non se ne fosse andato dal mondo, per sua decisione, la valle del torrente Belbo costituisce la quinta naturale delle opere principali di cesare. appena due anni e mezzo dopo che ci ero arrivato io. santo stefano c’è ancora la casa dove i genitori passavainvolontariamente. no la villeggiatura e dove appunto è nato lui, in località cesare nasce il 9 settembre 1908 a santo stefano Belbo (prosan sebastiano, sullo stradone per canelli. vincia di cuneo, langhe, Piemonte). la madre consolina appartiene ad una famiglia di commer- Girando per quelle colline, ancora oggi ci si può imbattere in cianti di casale Monferrato, il padre eugenio è cancelliere frazioni o cascinali sparsi i cui nomi rievocano le vicende dei presso il tribunale di torino. nel 1913 il padre muore e tre suoi personaggi.

a

1- l’immagine non viene casualmente, ma dalla combinazione dei titoli di due scritti: uno di cesare Pavese (Il Diavolo sulle Colline) e l’altro di lorenzo Mondo (I Padri delle Colline) nei quali si trovano temi ed argomenti di comune matrice culturale. insieme con cesare Pavese, altri scrittori possono essere considerati cantori della tradizione, della cultura e della vita del 900 piemontese. nel filone per cosí dire pavesiano non possiamo non ricordare almeno Beppe fenoglio e nuto revelli, davide lajolo e lorenzo Mondo. Questi due ultimi, tra l’altro, autori di pregevoli scritti anche biografici sullo stesso Pavese.

17


arte

15ª Quadriennale

di

roMa

99 artisti e un omaggio a luciano fabro 19 Giugno - 14 settembre Un fermo-immagine dell’arte italiana dagli anni Novanta a oggi documentiamo questa edizione con la pubblicazione delle opere esposte e il testo del presidente Gino agnese

l

n

a Quadriennale d’arte di ovantanove artisti, ciaroma è il principale scuno presente con appuntamento istituzionale un’opera molto recente, d’arte contemporanea itaspesso realizzata appositaliana. È tornata nella sua mente, in molti casi in situ. sede storica, il Palazzo delle l’allestimento, a cura di esposizioni, dove è stata lucio turchetta, ha risposto l’unica mostra in programalla necessità di una prema per l’estate 2008. sentazione equilibrata di dal 1931, le Quadriennali lavori molto eterogenei per hanno il compito di offrire formato, tecniche di realizuna panoramica delle tenzazione, esigenze espositidenze piú significative nelle ve. il percorso della mostra arti visive in italia, ma ogni si articola in tutti i 3000 mq edizione adotta uno specifidel Palazzo delle esposizico angolo di visione. oni. l’impianto critico della 15ª ’obiettivo della mostra Quadriennale è stato affinon è stato quello di Luciano Fabro. autunno, 2007, marmo cm 92×340×98; courtesy dato ad una commissione compilare un «chi è chi» Galerie Lelong, Zürich. photo ©Giorgio Colombo, Milano composta da cinque curadell’arte contemporanea tori e storici dell’arte, diversi per ambiti di interesse e percor- italiana, ma di registrare le diverse declinazioni del nostro si professionali: chiara Bertola, lorenzo canova, Bruno fare artistico negli ultimi due decenni, tra un confronto con corà, daniela lancioni, claudio spadoni. l’eredità del piú vicino novecento (arte concettuale, minimase l’ultima edizione (2003-2005) estendeva lo sguardo fino lismo, i diversi ritorni alla pittura) e la ricerca di nuove dimenai maestri degli anni sessanta-settanta ancora in attività, sioni creative. si è voluto, cosí, provare a tracciare una mapquesta volta l’attenzione è circoscritta alle generazioni di arti- patura di esperienze ritenute rappresentative dei principali sti che hanno iniziato ad affermarsi in italia negli ultimi ven- esiti della ricerca artistica condotta nel nostro paese dalla t’anni. la commissione, inoltre, ha scelto di riservare un fine degli anni ottanta ad oggi. omaggio a luciano fabro (torino, 20 novembre 1936n questo ambito, si è scelto di dedicare una particolare Milano, 22 giugno 2007), ad un anno esatto dalla sua preattenzione agli artisti mid-career e giovani, portatori di linmatura scomparsa. a lui è dedicata l’apertura della mostra: guaggi in movimento e indicativi di possibili evoluzioni nel la scultura Autunno, mai esposta in italia e tra le ultime sue prossimo futuro. l’età media degli artisti invitati è compresa opere, è l’unico segno artistico che accoglie lo spettatore entro i quarantacinque anni. un quarto è under 35, uno su nella sala della rotonda. a lui è dedicata anche l’apertura tre è donna. si è cercato, inoltre, di identificare possibili spedel catalogo (Marsilio), con la pubblicazione di un suo cificità della situazione italiana nel sistema internazionale vibrante intervento sull’etica dell’artista. l’omaggio vuole dell’arte. si è tenuto, quindi, conto anche di particolari simbolicamente ricordare l’innovatività del linguaggio di aggregazioni territoriali emerse nel nostro paese e cresciute fabro e l’importante eredità teorico-critica del suo insegna- nella condivisione di un clima culturale, a una relativa mento. distanza da processi di omologazione.

l

i

46


Manifesta 7 di alan santarelli


arte

Janek simon, Volkswagen Transporter T2, 2008, car, paint, sound. a sinistra: Michał Budny, River, 2008, sculpture thin cardboard, paper, 20×2,5 m

a

MANIFESTA IS

metà degli anni novanta, sotto la direzione di hedwig fijen, viene lanciato da amsterdam il nuovo format di Manifesta: un ambizioso progetto espositivo biennale dedicato all’arte visiva contemporanea. il processo itinerante dell’evento attraverso l’europa è la prima novità introdotta dagli olandesi a pochi anni di distanza dalla nascita dell’Unione europea (novembre 1993) che rafforzava, con l’introduzione della nuova Cittadinanza, i diritti di soggiorno, di stabilimento e di libera circolazione delle persone nel territorio dell’unione. la visione paneuropea e l’aspetto nomadico di Manifesta hanno richiesto, fin dall’inizio, la formazione di team curatoriali esterni in grado di tenere insieme gli orientamenti delle nuove pratiche curatoriali alle differenti caratteristiche delle città ospitanti. l’obiettivo finale è la realizzazione di un progetto artistico con forte radicamento all’identità del luoghi, questione regolata peraltro da pratiche costanti di consultazione e di collaborazione con le principali istituzioni culturali, accademiche e sociali del territorio. il battesimo ufficiale di Manifesta si tiene a rotterdam, in olanda, nel 1996 a cui seguono le edizioni di lussemburgo (Granducato del lussemburgo, 1998), di lubiana (slovenia, 2000), di francoforte (Germania, 2002), di san sebastián (spagna, 2004) e l’incompiuta tappa di nicosia (cipro, 2006), ostacolata dalle tensioni politiche interne alle due comunità cipriote che dividono la città: quella di origine greca e quella turca. l’itinerario dimostra dunque la predilezione degli organizzatori per i territori di frontiera o per i piccoli centri di fermento e sperimentazione artistica, a svantaggio delle grandi metropoli del potere culturale e del mercato artistico. Questo principio viene infatti replicato anche in italia, che ospita quest’anno la settima edizione di Manifesta in trentino-alto adige. il 2008 ha tuttavia introdotto un

a new European contemporary art event, taking place every two years at a different European location (1996)

nuovo elemento di discontinuità rispetto ai progetti del passato: il decentramento della Biennale in differenti poli espositivi e quindi il coinvolgimento dell’intera regione. inaugurata lo scorso luglio, Manifesta 7 si sviluppa infatti sull’asse del Brennero che collega la vallagarina all’alta valle isarco nel sudtirolo, con fermate a rovereto, trento, Bolzano e fortezza. un percorso di centotrenta chilometri che abbraccia un ricco patrimonio di storia locale, di importanti strutture artistiche e culturali, di suggestivi edifici di archeologia industriale e che riassume, in sintesi perfetta, la multiculturalità e il multilinguismo del-

l’intero territorio. da ciascuna città sono partiti i principi ispiratori per le quattro mostre della Biennale, affidate alla cura di tre équipe di curatori: Principle Hope di adam Budak, ospitata a rovereto; The Soul di anselm franke e hila Peleg a trento; The Rest of Now del raqs Media collective a Bolzano; Scenarios realizzata a fortezza e alla quale hanno lavorato tutti insieme. la scelta delle location espositive è uno dei punti di forza dell’intero progetto. ogni comune ha infatti disposto restauri e riaperture di vecchi edifici industriali o storici, come nel caso del Palazzo delle Poste di trento, affidando a Manifesta un patrimonio immobiliare di grande fascino. un discorso particolare merita invece la sede di fortezza ovvero lo storico forte asburgico edificato dall’imperatore francesco i nella prima metà dell’ottocento. l’impatto di questa architettura sul territorio, la sua inedita vicenda storica e il forte immaginario che da essa scaturisce, sono la sostanza stessa della mostra. edificato come avamposto a difesa delle province meridionali dell’impero austriaco, questo incredibile sito militare non fu mai teatro di guerre ma una base strategicamente inutile e destinata all’abbandono. durante la Prima Guerra Mondiale fu utilizzato come magazzino e una volta passato in mano all‘esercito italiano fu convertito a pol-

61


arGoMenti

l’idea

di

BelleZZa

in

MateMatica

di edoardo angeloni

Frattale

Q

uando pensiamo all’attività di un matematico, ci possiamo chiedere in base a quali indicazioni proceda nel suo lavoro, che consiste soprattutto nell’elaborare teorie, con uno sforzo che può o meno essere didatticamente efficace. egli si lascerà senz’altro guidare dall’ansia di ricercare la verità, ma non è semplice definire il significato di questo termine, dal momento che Gödel ha provato che la nozione di verità è esterna al modello matematico che spiega le proprietà dei numeri naturali. Questo fatto, che è legato all’importante teorema che prende il nome dal suo autore, ha creato interminabili discussioni intorno ad un problema: è difficile accertare se esso rappresenta una prova a favore o contro l’oggettività di tale disciplina. Ma non voglio entrare in un ambito che ci porterebbe lontano e che peraltro ho affrontato in un precedente lavoro.1 cercherò invece di essere aderente al problema che mi sono posto, riformulando l’impostazione iniziale e provando a sostenere che la matematica mira a qualche forma non ben definita di utile sociale. Questa ultima affermazione coglie solo una parte del discorso, in quanto spesso complicare un problema in maniera eccessiva rischia di non avere molto senso; infatti dobbiamo mirare a chiarire l’impostazione rispetto ai fini della ricerca che stiamo facendo. illustri matematici come volterra hanno costruito raffinate teorie senza perdere di vista l’obiettivo concreto; le applicazioni alla biologia e all’economia hanno fornito le indicazioni con cui sono state elaborate le procedure analitiche. Ma anche in questo caso si rischia di offrire una definizione che non corrisponde pienamente alla natura della matematica. il teorema di Fermat ha richiesto secoli di studi e di numerosi tentativi di dimostrazione senza che le istanze di tipo concreto fossero effettivamente determinanti: era un problema che i ricer-

catori ritenevano storicamente e culturalmente decisivo e ciò è bastato a far convergere gli sforzi di tanti studiosi in questa direzione. lo stesso si può dire della volontà di dimostrare l’assioma delle parallele di euclide, anche se in questo caso il secolare lavoro di tanti matematici è servito a provare il contrario, cioè che esistono geometrie in cui questo postulato non vale. forse a definire l’idea di un lavoro ben svolto in questo campo è, ironia della sorte, il piano estetico: un matematico risulta effettivamente soddisfatto di una dimostrazione se essa risulta elegante. ciò non comporta paradosso rispetto all’idea che abbiamo della piú razionale delle discipline, ma risponde ad una concezione dell’autonomia che egli ritiene di avere nel suo lavoro. Per questo motivo il ricercatore di solito valuta che una dimostrazione è eseguita nel migliore dei modi se ha provato la validità di qualche affermazione facendo ricorso al minor numero possibile di condizioni. l’operazione da lui compiuta è collegabile all’idea di eleganza; lo scopo della strategia descritta è ottenere una bella dimostrazione. siamo arrivati quindi a circoscrivere l’idea che ha ispirato la realizzazione di questo lavoro, cioè stabilire in che senso matematica ed estetica sono in rapporto tra loro. il dilemma che voglio affrontare è se prevale in estetica una concezione statica di bello, come si trova in Pitagora e Platone, oppure una dinamica, come in eraclito e Bruno; franco rella si chiede a questo riguardo, se la bellezza sia vista come armonia di un intero fra le sue parti o se sia originata da una tensione degli opposti.2 Quando si trasferisce l’oggetto della discussione dall’arte rinascimentale all’eleganza di una teoria matematica, tale questione non è cosí scontata. tutti restiamo ammirati dall’armonia presente nella geometria euclidea, tanto che gli Elementi sono stati l’opera piú tradotta

85


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.