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EQUIPèCO trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_anno VI n.20 - 2009
È possibile realizzare una costruzione completamente sostenibile, tecnologicamente all’avanguardia nel rispetto della cultura, delle tradizioni e delle tecniche costruttive della nazione, della regione in cui si è chiamati ad intervenire? La Druk Withe Lotus School, realizzata da Arup Associates sotto il patrocinio di sua santità il 14° Dalai Lama nel Ladak, una regione nel nord dell’India, è un esempio che l’obiettivo è perseguibile... Is it possible to technologically realize a completely sustainable construction up to date in the state-of-the-art in the respect of the culture, of the traditions and of the building techniques of the nation, of the region in which one is called to intervene? The Druk Withe Lotus School, realized by Arup Associates under the patronage of His Holiness the 14th Dalai Lama in the Ladak, a region in the north of India, is an example that the objective is attainable...
Arendt Oak Speser, Poesie_Poems Costituisce sempre una felice sorpresa il trovare parole e immagini intente a celebrare sullo spazio della pagina un matrimonio di raziocinio e invenzione. Speser, un giovane poeta americano, è qui il testimone di simili nozze, impegnato a definire uno stile vivace e insieme classico, spesso sorretto da sottili riferimenti alle arti e alla filosofia. Confidiamo i nostri lettori apprezzeranno la breve selezione di poesie di Speser, nella traduzione di Luca Arnaudo, qui riportata. I testi sono accompagnati da un’immagine di Carmine Mario Muliere.
Teoria della tragedia Cos’è questo particolare fallimento di un uomo che vuole tutto ben sapendo che il cuore lo regge solo fintanto che cede.
Dopo l’ultima tentazione Comincia o Musa con un mondo di profeti comincia e canta ancora, quanto oscuri quei giorni quando la speranza balenava ovunque Ma qui, volti senza perdono l’agnello e il fanciullo solo un ricordo. Quale parola può reclamare la sua genesi? Quando l’amore era questione di ascolto le origini erano sempre comprese La bocca di Dio Il corpo di Cristo Come ci si sente a sapere qualcosa di così sicuro? Un popolo senza terra è condannato a vagare nell’oscurità, al seguito di falsi profeti, testamenti di un mondo tetro si rompono come terra secca. Canta o Musa il vangelo che le mie orecchie possano comprendere mostrami le bocche delle origini aperte tutto intorno, senza fine come il canto ma che bastino a reggere, bastino a sentire note sulla mia lingua come una comunione.
Nel museo Nel museo artefatti in lotta contro una nostalgia primitiva di essere nell’ambiente d’origine di essere di nuovo selvaggi senza etichetta.
A.O. Speser è laureato in filosofia e letteratura inglese, e sta completando un dottorato in Letteratura Inglese presso l’Università di Washington, Seattle, dove è attualmente lettore. Autore di molti articoli su temi letterari; ha pubblicato alcune sue poesie sulla rivista Mare Nostrum. Immagine, Muliere, Pixel della Forma che deve venire, 2004 Image, Muliere, Form of pixels that must be, 2004
It is always a joyful surprise when words and images celebrate a marriage of reason and imagination on the space of the page. A young American poet, Speser, is here the best man of such marriage, committed to the definition of a fresh, yet classical style, often by subtly referring in his poems to Arts and Philosophy. We hope our readers will appreciate the short selection of Mr. Speser's poems we do present here below. The poems are accompanied by a image of Carmine Mario Muliere.
Theory of tragedy What is this particular failure of a man who wants it all knowing full well the heart only holds so much before it lets go.
After the last temptation Begin Muse with a world of prophets Begin and sing again, how dark Those days when hope loomed anywhere But here, faces without forgiveness Lamb and child only memory. What word can reclaim its genesis? When love was a matter of listening Origins were always understood The mouth of God The body of Christ What would it feel like to know Something so certain? A people without land is doomed to wander Amidst darkness, following False prophets, bleak world Testaments cracked like dry earth. Sing Muse the gospel That my ears might understand Show me the mouths of origins Open all around, endless like the song But enough to hold on, enough to feel Notes on my tongue like communion.
In the museum In the museum artefacts struggle against primitive longing to be in native habitat to be wild again without designation.
A. O. Speser holds a B.A. in Philosophy, a M.A. in English Literature and he is completing his Ph.D. in English Literature at University of Washington, Seattle, where he is also working as a Lecturer. Speser has published a number of articles related to Literature; some poems have been issued on the review Mare Nostrum. [Translated by Luca Arnaudo] Poesia | Poetry - n.20 - 2009 eQUiPèCo
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ARUP ASSOCIATES: DRUK WITHE LOTUS SCHOOL in LADAKH HOLISTIC ENGINEERING IN A CLIMATE OF EXTREMES Luigi Prestinenza Puglisi | anna Baldini
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rup è una multinazionale della qualità architettonica. Vi operano quasi 10.000 tecnici con sedi in tutto il mondo. Nata, originariamente come società di servizio ai progettisti, Arup ha reso possibile l’edificazione e l’impiantistica di edifici celebri quali la Sidney Opera House, il Centro Pompidou a Parigi, i Lloyds di Londra. Insieme all’attività di servizio, ha anche una società, Arup Associates, che si occupa di progettazione. E che applica direttamente nelle costruzioni quei principi di razionalità strutturale, invenzione tecnica e consapevolezza energetica che l’hanno resa una delle società punto di riferimento del settore. L’edificio che qui presentiamo, la Druk White Lotus School, contribuisce a sfatare anche un mito: che per realizzare edifici in sintonia con il futuro occorra far ricorso a tecnologie complesse. Si può infatti innovare operando più sul software – l’intelligenza costruttiva con cui si aggregano materiali anche tradizionali – che sull’hardware che può presupporre l’uso di componenti edilizi costosi, ricercati e difficili da gestire, soprattutto in determinate aree geografiche. LPP
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rup is a multinational of the architectural quality. 10.000 technicians operate through branches all over the world. Been born, originally as society of service for designers, Arup has made possible the building and the plant systems of famous buildings like the Sidney Work House, the Center Pompidou in Paris, the Lloyds’ in London. Together with the activity of service, it also owns the society Arup Associates, that deals him with designing. It directly applies in the constructions those principles of structural rationality, technical invention and energetic awareness that have made her one of the societies of reference of the sector. The building that we here introduce, the Druk White Lotus School, contributes also to discredit a myth, which assess that to realize buildings in tuning with the future it is necessary to resort to complex technologies. One is able, in fact, to innovate operating more on the software - the constructive intelligence with which it is possible also join traditional materials - rather than on the hardware, that can imply the use of expensive building components, specially requested and difficult to manage, especially in specific geographical areas.
Per ottimizzare l'efficienza della muratura tradizionale, fatta di vetro e legno da costruzione, il team di progettazione ha utilizzato l'ultima ingegneria ambientale, come l'analisi termica e software di analisi di illuminazione. Questo ha generato negli spazi interni una buona illuminazione e climatizzazione naturale. To optimise the efficiency of the traditional masonry, glass and timber construction, the design team used the latest environmental engineering analysis such as thermal and lighting analysis software. This generated internal spaces with good daylighting that are naturally warmed and ventilated. Photo © Christian Richters arChitettUra | arChiteCtUre - n.20 - 2009 eQUiPèCo
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Museod’ArteconteMporAneAdonnAreginAnApoli
Cinzia Ferrara Al primo che chiede con curiosità: «Ma che r’è?», il secondo risponde con rassegnata semplicità: «Boh! Rauschenberg!»
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First one who wonder with curiosity: «Well, what is that?», and the second simply answers with resigned look: «Bah! Rauschenberg»
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adre è una parola forte e viscerale, che come un cordone ombelicale ci unisce indissolubilmente a chi ci ha generato, sia esso umano e terreno o, in un’estensione di significato, soprannaturale e cosmico, e ha la forza di porre l’omonima struttura museale della città di Napoli, il cui nome si compone con le iniziali di più parole: Museo d’Arte contemporanea Donna REgina Napoli, in una posizione di assoluta visibilità. Visibilità che, come ci ricorda Giovanni Anceschi, è legata al permanere dell’immagine, ed è pertanto inevitabile che il nome del museo di recente costituzione, non si scordi facilmente, non foss’altro perché è designato da una di quelle parole che ci accompagnano, sin dall’infanzia, accogliendoci come in un abbraccio in un cerchio formato dalla perfetta chiusura delle cinque lettere di Madre. E da un elemento piccolo, ma solo in apparenza, come l’adozione di un acronimo, che ben presto si trasforma in acrostico, per il suo dar vita a una parola di senso compiuto, è possibile sviluppare una riflessione sul rapporto che si sta instaurando tra le istituzioni culturali e il sistema dei fruitori, in un crescente e fitto dialogo che passa anche attraverso la riconoscibilità e capacità di fissarsi nella memoria di un semplice nome, con una modalità, quella del naming, che apparteneva e appartiene tuttora, in maniera più pertinente, al settore commerciale.
other is a strong and visceral word, that like an umbilical cord indissolubly joins us to whom has generated us, being human or earthly, or in an extension of meaning, cosmic and supernatural. This word has the force to place the homonymous museum-like structure of the city of Naples in a position of absolute visibility using a name composed with the initials of more words: Museum of contemporary Art Woman Queen of Naples. Visibility that, as Giovanni Anceschi remembers us, is tied to the fixed image, and is therefore unavoidable that the name of the museum of recent constitution, is not easy to forget. It's maybe because it is designated by one of those words that they accompany to us, since childhood, as in an embrace, in a circle formed by the perfect closing of five letters of Mother. And from a small element, but only in appearance, like the adoption of an acronym, that was after transformed into acrostic, creating a word with a full sense, is it possible to develop a reflection on the relationship that is established between the cultural institutions and the user system, in an increasing and driven dialog that passes also through the recognisability and the ability to fix in memory this simple name, with a modality, that is called naming, that still belongs, in a more appropriate way, to the commercial field.
Così negli anni più recenti espressioni lunghe e complesse che mettevano insieme, per le istituzioni culturali, il nome del museo e quello del fondatore, la specificità (arte, archeologico,…), il settore amministrativo di riferimento (comunale, provinciale, regionale o nazionale), hanno trovato naturale confluenza in una ben più semplice composizione di lettere che abbandonata la fredda struttura della sigla intervallata da punti, tende sempre più a trasformarsi in un termine che assume un preciso significato. E se il rapporto deve essere più diretto tra i luoghi della cultura e il sistema dei fruitori, non è sbagliato che si cominci proprio dal nome, basta ovviamente che non ci si fermi ad esso. Ma il Madre oltre a impegnarsi, ha sinora mantenuto gran parte delle promesse fatte sin dal suo esordio, con una struttura che affonda le proprie radici nel tessuto storico di una città incantevole, contraddittoria e crudele come Napoli e contribuendone,
So in recent years, long and complex expressions that put with, for the cultural institutions, the name of the museum and that of the founder, the specificity (art, archaeological,…), the administrative field of (communal, provincial, regional or national reference), has found natural confluence in a simpler composition, not like the cold structure of the acronym with letters spaced out from points, that aim to transform itself in a term that assumes one precise meaning. And if the relationship must be more direct between culture's places and the user system, is not a mistake to begin from the name, and obviously not only that. But the Mother besides, now has up to maintain a great part of the promises made since its debut, with a structure that sinks its own roots in the historical woven, one of the most charming, conflicting
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MULIERE Sorgente
Luogo previsto, immaginato, per me vuol dire l’avverarsi d’un collegamentoatemporale di cui voglio accennare chiarendo che questo scritto è la testimonianza di un’esperienza vissuta nell’ispirazione del momento attraverso il quale ho potuto verificare che: Giungere in un luogo è già un meritato dono equiparabile al saperci stare che è adeguato attaccamento che è relativo alla necessità del proprio sviluppo che è connesso all’apprendimento che è collegato alla fonte che è parte della sorgente che è il corpo della quintessenza che è la trasmutazione dei quattro elementi che ci costituiscono e sono identificabili nella propria Immagine. A me l’Immagine appare – contemporaneamente – come punto d’arrivo e di partenza e quindi mi sono chiesto: Immagine di che cosa o di chi? Immagine a Somiglianza di chi? Altresì, in questo spazio potrebbe essere utile l’esercizio spirituale buddista che, attraverso la pura concentrazione sull’oggetto, suggerisce l’identificazione diretta con esso. Analogicamente Platone nel Fedro osserva: «L’oggetto non è le sue materiali riproduzioni, non è la parola che lo denota né il discorso che lo definisce, e neanche gli atti della mente che si protendono a coglierlo. Se tutti questi elementi ‘si sfregano’ l’uno contro l’altro, forse si accende un lume che mostra la cosa, non ciò che essa è, soltanto come è». Il riferimento è precipuo al momento dell’accensione della luce posta all’interno dell’opera: si è potuto cogliere una parte essenziale della struttura interna della pietra di Carrara nelle varie sfumature di colori altrimenti impossibile a vedersi. Il riferimento, ribadito in forme diverse, ritorna a mettere alla prova l’attenzione sullo Spazio e sulla Spazialità dell’Idea, della Forma, del Contenuto.
Muliere, Sorgente, 2001-’02. 2 conche ø 245×80; 2 blocchi marmo Carrara cm 90×240×16 cadauno; marmo rosa del Portogallo cm 160×60×6; contenitore in acciaio inox cm 95×35×120, cuscinetto a sfere, 3 oring, corda tagliata, motore con ingranaggio (n.1 giro al minuto in senso orario e antiorario); 6 faretti interni di fibre ottiche; neon interno; 3 fari esterni; 2 Magis 650 watt, 1 CD 15B, 150 watt. L’opera occupa due piani della casa.
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MULIERE Source
Expected place, imagined, means to me the realization of a timeless connection I want to mention making clear that this text is the evidence of an experience lived in the inspiration of the moment through which I can verify that: Arriving somewhere is already a deserved gift comparable to being able to stay there that is an appropriate devotion that is relative to the necessity of our own development that is connected to your learning that is connected to the source that is part of the spring that is the substance of quintessence that is the transmutation of the four elements that make us and that can be identified in our image. The image appears to me - simultaneously - as a start and finish point so I asked myself: Image of what or who? Image resembling who? Likewise, a Buddhist spiritual exercise could be useful in this case as through pure concentration on an object it suggests its direct identification. Similary Platoon in Phaedrus observes: «An object is not its material reproduction, it is not the word the nor the group of words that define it and neither the mental processes that imagine it. If all these elements melt together maybe we can switch on a light shows us not what it is but only how it is». The reference is chief when switching on a light placed in the work: we can understand an essential part of the inside structure of the Carrara stone in its array of colours otherwise impossible to see. The reference, stressed in various forms, tests our attention on Space and on the Spatiality of the Idea, Form, Content. [Translated by Anthony Spigone]
Muliere, Source, 2001-’02. 2 vessels ø 245×80; 2 Carrara marble blocks 90 cm 240th×16 each, pink marble Portugal 160×60 cm ×6; container in stainless steel 95 cm 35×120, ball bearing, 3 oring, cut the rope, the engine with gear (1 round minute clockwise and counterclockwise); 6 spotlights internal fiber optics, neon interior, exterior lights 3; 2 Magis 650 watts, 1 CD 15B, 150 watts. The work occupies two floors of the house. arte | art - n.20 - 2009 eQUiPèCo
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Progetto d’Arte per la propria casa «L’ignoto si assimila al noto, tutte le infinite volte in cui la tradizione influisce sulla nostra percezione o espressione» Ernst H. Gombrich
1996, EA Edizioni d’Arte, Roma 1996. 3-4- Martin Heidegger, L’arte e lo spazio, Genova 1979.
Art Project for our home
«The unknown is assimilated to the known every time tradition influences our perception or expression» Ernst H. Gombrich
Questa constatazione assume qui importanza fondamentale perché, i lavori inseriti nel progetto d’Arte, muovono da tradizioni antiche che hanno determinato anche le tematiche che vanno sviluppando il mio percorso artistico. Altresì, si condivide ancora con Gombrich che «non deve mai abbandonarci la consapevolezza che tutto quanto intendiamo per arte non fu creato [soltanto] come espressione della personalità, ma piuttosto in quanto ricerca di metafore, alle quali potevano consentire tutti quelli che aspiravano a dar forma sensibile al soprasensibile».1 Può essere allora che questo fatto si sia verificato perché previsto? Ossia da me immaginato e insito «…al farsi che deve compiersi…»?2 Questa mia affermazione si collega a Martin Heidegger quando dice: «Dietro lo spazio, a quanto pare, non vi è piú nulla cui l’uomo possa essere ricondotto. Di fronte ad esso non è possibile distrarre la propria attenzione verso qualche altra cosa».3 Tali connessioni hanno delineato la struttura principale del luogo destinato ad accogliere le opere, anzi, a divenire tutt’uno con loro. Ancor piú se consideriamo che «Fare spazio è libera donazione del luogo in cui un Dio si manifesta, del luogo da cui gli Dei sono fuggiti, luogo in cui il manifestarsi del divino a lungo ritarda»,4 finché si individua e si delimita il sito. Perciò un progetto d’Arte – secondo me – presume una vastità d’informazioni sottese anche ai riferimenti delle opere di cui si compone.
This quote has in this context a fundamental importance because, the works involved in the Art Project, came from old traditions that have determined the issues that themes that are developing my artistic path. Likewise, we agree again with Gombrich that «we must never forget that all we understand as art was not created [only] as an expression of personality, but in a research of metaphors, which everyone could aspire to give sensitive form to the supersensitive.»1 Could it be that this fact happens because forecasted? Or better imagined by me and inherent «...To the done that must be completed...»?2 This statement of mine is connected to Martin Heidegger when he says «Behind space. as it seems, there is nothing to which mankind can be led again. In front of it, it is impossible to think of something else».3 These connections have defined the main structure of the place where the works will be held or better to become an integrant part of them. Even more if we consider that «Making space is the free donation of a place in which a God manifests Himself, of a place from which Gods have run away, place in which the showing of divinities is terrible late»,4 until we find and bound the site. So, an Art project - in my opinion - a vastness of information implied to the references to the works it is made of.
1- E. H. Gombrich, Freud e la psicologia dell’arte. Stile, forma e struttura alla luce della psicanalisi. Nuovo Politecnico 14, Einaudi 1967. 2- Carmine M. Muliere, Colori differenti in Collegamentiatemporali, Scritti 1971-
1 - E.H. Gombrich, Freud and the psychology of art. Style, form and structure in the light of psychoanalysis. New Polytechnic 14th, Einaudi 1967. arte | art - n.20 - 2009 eQUiPèCo
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London: Go East! Alan Santarelli
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o West cantavano i Village People alla fine degli anni Settanta. Qualche anno più tardi, nel 1993, lo ribadivano, con inconfondibile stile synthpop, anche i Pet Shop Boys. Oggi invece il richiamo, almeno in campo artistico, è decisamente a est. Si guardano con attenzione le sperimentazioni dell’Est europeo; con curiosità e scetticismo le ricerche artistiche del Medio Oriente e dei paesi asiatici (Cina e India in primis). Anche nella geografia urbana delle grandi capitali europee la regola dell’est rimane confermata. A Londra si guarda all’East End per tanti motivi: perché è cheap (tutto costa meno, dal prezzo di una vodka all’affitto di un immobile); perché è cool (lo confermano clichés come super cool Hoxton Square e fantastic Brick Lane, usati da alcune guide turistiche); perché è trendy (a Shoreditch ci si aggiorna in fatto di abbigliamento, di mode, di kitsch e di spettacoli freak, come dimostrato dai tanti studenti di fashion design che prendono regolarmente casa in zona).
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here once the iconic 70’s song, Go West by the Village People, a song later remixed in 1993 by the Pet Shop Boys with it’s unmistakable synthpop style, was the anthem for all many people, today, in contemporary art at least, it has unmistakably changed to Go East. Our eyes have now turned with curiosity to places like Eastern Europe with it is fresh, exciting approach to the arts, even to the Middle East and Asia (in particular China and India) though perhaps with a shade more reserve. It is an anthem which appears to be reflected in the geography of some European capitals. In London, for example, we look to the East End. Why? Because it is cheaper (with everything from the cost of a bottle of Vodka to rental prices), because it is cool (which seems to be confirmed by the prevalent clichés seen in tourist guides like super cool Hoxton Square and fantastic Brick Lane), because it is trendy (Shoreditch which is a hobnob for everything from kitsch fashion to up and coming fashion design students displaying their latest creation).
L’arte contemporanea stessa, continuando ad espandersi a macchia d’olio verso l’East End, negli ultimi anni ha contribuito in larga misura a connotare l’immagine affascinante di questa parte della città. Per l’arte di quest’area sono stati creati addirittura eventi speciali come il Time Out First Thursdays: l’apertura serale di musei e gallerie il primo giovedì di ogni mese. Alcuni quartieri sono ormai dei veri e propri distretti culturali, tra cui sicuramente Bethnal Green. In particolare Vyner Street, che si trova a pochi passi dalla Cambridge Heath (London) Rail Station, è stata già definita da qualcuno la nuova Rivington Street, al momento protagonista indiscussa delle tendenze artistiche dell’East End.
The expansion of contemporary art to the East End, with its growing number of art galleries, has contributed a great deal to the charm of this part of town. This growth in art has been recognised by Time Out London, who has launched the event First Thursdays, where over 100 museums and galleries are open late on the first Thursday of each month. Some eastern boroughs have become true cultural micas, Bethnal Green in particular. Vyner Street, located a short walk from Cambridge Heath Railway Station (London) has already been defined by someone as the new Rivington Street, which is the current leader in artistic trends for the East End.
L’aspetto di questa via è molto umile e tradisce ancora i segni della sua precedente destinazione d’uso: una vecchia area industriale. Negli ultimi anni Vyner Street è diventata sempre più il luogo d’incontro
Vyner Street’s appearance betrays it is humble beginnings with it is industrial buildings, an area which in recent years has become courted by art lovers and professionals alike, attracted by the frequent opening of
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Intervista Interview
Luigi Ontani
A cura di Paola Consorti
Da dove ha inizio la tua avventura artistica?
La mia è un’origine provinciale, nel senso più di simpatia al termine. Sono nato a Vergato che poi è diventato Grizzana Morandi, perché era il comune dove Morandi dipingeva. Ci sono anche altre radici che ho assunto, ad esempio, nella posa del S. Sebastiano di Guido Reni; anche Cadenzano è un’altra frazione di Vergato, dove sembrerebbe nato Guido Reni. Da questo bosco ho avuto come riferimento Bologna per poi viaggiare e decidere, il giorno del mio compleanno del novembre 1970, di venire a Roma e rimanere. A Roma le mie prime mostre le ho fatte con L’Attico, la galleria di Fabio Sargentini, che era la più collegata al mondo di quel tempo dove avevano esposto Pascali, Kounellis e De Dominicis. La mia formazione è autodidatta, mi sono intriso di letterature. Ho frequentato, per una mia curiosità e prova, l’Accademia di Belle Arti di Bologna con un esame libero non a caso del corso del nudo, che era l’unico cui si poteva accedere disinvoltamente. Partendo da un discorso cronologico, quando si può parlare del tuo esordio come artista? Quando ancora abitavo al mio paesello conobbi Barilli, frequentando Bologna. In seguito venne a trovarmi e il primo invito che mi fece fu una personale dai Gesuiti al S. Fedele a Milano. Era uno spazio architettonicamente moderno, articolato su più piani e scale, molto aperto, dove realizzai questo grande ambiente: la Stanza delle similitudini e degli oggetti pleonastici, con una presentazione di Barilli. Era il momento in cui col sessantotto erano falliti i premi. Non potendo fare i premi, che avevano una loro importanza, i Gesuiti chiesero ad alcuni critici italiani di segnalare una prima mostra di un’artista. Feci così una prima mostra con gli oggetti pleonastici. Anche se ho sempre tentato di non dare delle date poi mi ritrovo a ritroso a cercare di ricordare e correggere quelle sbagliate attribuite da altri. Gli oggetti pleonastici li ho realizzati all’interno di un percorso giovanile di formazione con diverse tentazioni, però dal 1965 ho cominciato a fare questi oggetti di scagliola dipinti a tempera. Sono dei piccoli oggetti che in senso ludico usavo come per un rituale già assumendoli sulla mia immagine, sul mio corpo. Questi piccoli oggetti sono a volte costruiti sul calco domestico delle cose: dal barattolo di borotalco alla scatola di cioccolatini, poi trasformati come micro monumenti. Difatti se vengono isolati nella riproduzione fotografica non si può capire se siano giganti o microscopici: me le componevo sul corpo, a volte ad infilarmele in un braccio mettendole in bilico. Queste sono le prime opere del periodo cosiddetto giovanile che ho accettato per esporre, poi già dipingevo degli acquerelli, altri tentativi…
La stanza vera e propria costruita a Milano fu quella coi cartoni ondulati, ritagliati che a volte diventavano anche delle corazze, degli aquiloni, dei ritagli con degli stilemi su un concetto di affinità emulazione, convenienza, simpatia. Difatti la Stanza delle similitudini è una titolazione aggiunta di carattere volutamente intellettualistico che ho preso dalla linguistica dalla lettura di Michel Foucault. A volte sono di gommapiuma colorata rosa, azzurra, gialla. Contemporaneamente compio questo tipo di comportamento e di azioni di cui rimangono dei piccoli film in super otto: li ho girati a Palazzo Bentivoglio che era il luogo degli artisti vi-
60 eQUiPèCo n.20 - 2009 - intervista | interview
From where your artistic adventure has beginned? I have a provincial origin, in the nicer sense of the term. I was born to Vergato that now it's called Grizzana Morandi, because it was the town where Morandi painted. There are also other roots that I have assumed, for example, the pose of S. Sebastian di Guido Reni; I have also marked the rhythm of another small place of Vergato, where Guido Reni he seemed to be born. From this forest I moved to Bologna and from there I started to travel and decide where to move, the day of my birthday of November 1970, to come to Rome and stay. In Rome my first exhibition, made with the Attic that was Fabio Sargentini's gallery, and was connected to the world in that time, where they had exposed Pascali, Kounellis and De Dominicis. I am a self-taught, I was soaked with literature. I have tried to enter at the Academy of Fine Arts of Bologna with a free examination , just to see if I could. I entered at the nude course of the academy, that was the only course I could easily get in. Do you have a chronological start, when we can talk about your debut like artist? I still lived at my village when I knew Barilli, hanging out in Bologna. Afterwards it came to find me for the first invitation that he made for me was a personal exhibition at The Jesuits S. Fedele in Milan. Was an architectonic modern space, articulated on more plans and scales, open space, where I realized this great atmosphere: the Room of similarity and pleonastic objects, with the presentation of Barilli. It was the moment at the year 1968 that no prize were given. Not being able to make the prizes, The Jesuits thought to request to some Italian critics to write about the first exhibitions of an artist. I made like that my first exhibition with the pleonastic objects. Even if I have always tried not have a timeline for my works, I often look backwards to try to remember when I did something, just because I have to correct those other who attribute wrongly the date of my pleonastic objects. I my young formation I had various temptation of style, but from 1965 I have begun to make these painted objects made of painted chalk. They were little objects, like toys for some kind of ritual and already using them on my image, on my body. These little ones objects sometimes are constructed on tread domestic servant of the things: from the jar of talcum powder to the chocolate box, then transformed like micro monuments. Indeed if they are isolated in the photographic reproduction not he can understand if they are giant or microscopic: I composed on me, on my body, sometimes to put them under my arm, putting them in the balance. These are the first works of the juvenile period so-called that I have accepted in order to expose, then already painted of the watercolours, other attempts… The Room, for real was build in Milan, made by corrugated car board, cutted that seemed like body armour or a kite based on a concept of affinity and emulation, advantage and sympathy. Indeed the Room of the similarity is a titration additioned by an intentional and intellectual character that I have taken from linguistics from the reading of Michel Foucault. Sometimes of foam rubber rose, blue, yellow are colored. At the same time I complete this type of behaviour and actions of which they remain of the little ones super film in eight: I have turned them to
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l punto di vista geometrico applicato ai sistemi dinamici risale ai lavori di Poincaré,1 il cui approccio dette lo spunto per elaborare la teoria qualitativa delle equazioni differenziali. Essa era stata considerata da un punto di vista classico in quanto formulata con espressioni matematiche di tipo polinomiale, dove però al posto degli esponenti comparivano le derivate di ordine successivo, dando la possibilità di ottenere equazioni differenziali lineari. Il caso non lineare rimaneva escluso ed era più complesso da trattare, perché invece di offrire una soluzione esatta, dava luogo ad una approssimazione numerica. L’incertezza che ne derivava era giustificabile anche in modo qualitativo, per cui restava aperta la questione se le curve che raffiguravano tali singolarità convergevano verso un punto fisso o tendevano all’infinito. È stato dimostrato a questo riguardo che, se gli auto valori di un sistema dinamico omogeneo ad un passo erano tutti minori di 1, si poteva indicare il tipo di comportamento che le curve seguivano dal punto di vista della stabilità. Ad intervenire nel modo di impostare il giusto criterio che occorreva seguire per interpretare il livello di incertezza presente nei sistemi dinamici è stato Prigogine,2 che escogitò un modello fisico intermedio tra quello di tipo deterministico e quello di natura probabilistica. La particolarità di tale impostazione consisteva nel renderne possibile l’impiego nello studio di fenomeni ondulatori, come quelli relativi alla propagazione della luce oppure quelli inerenti la trasmissione del calore. La conseguenza che ne derivava consisteva nella sua applicazione al modello tradizionale, cioè quello formulato dalla fisica in grado di raffigurare il fotone sia come particella che come onda, della nozione di distribuzione di probabilità. Il vantaggio più evidente che ne conseguì consistette, secondo il fisico russo, nell’aprire un nuovo tema di ricerca basato sull’idea che le equazioni dell’onda luminosa potevano essere risolte esattamente o in modo approssimato; in quest’ultimo caso la loro risoluzione comportava l’uso di un certo tipo di procedure; bisognava perciò verificare in che senso la teo-
La bellezza del Caos The beauty of chaos Edoardo Angeloni
Frattale_Fractal, EQUIPèCO Archivio_Archive
72 eQUiPèCo n.20 - 2009 - arte e sCienza | art anD sCienCe