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trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_anno VI n.21 - 2009

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Sonolevitation

Evelina Domnitch and Dmitry Gelfand with Tez


La mia Rosa con bocciuolo

My Rose with its bud

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me la Rosa suggerisce la realizzazione alchemica della Grande Opera: ci vedo la rappresentazione materializzata della spiritualità. Il gambo spinoso sostiene il calice dove avviene il coagula et solve dell’immagine proiettata nel seme che fiorisce nel bocciuolo per aprirsi espandendo un profumo straordinario. In questa ottica la Rosa, - quintessenza della purificazione e sublimazione dei quattro Elementi - appare perfetta analogia dell’Androginia: Immagine (Forma - Maschio - Bocciuolo) e Somiglianza (Contenuto - Femmina - Rosa): Figlio-e-Figlia-del-Sole... «Ecco il mese dei fiori... la Mistica Rosa si poggia sulla Croce dell’equilibrio universale, in nome del quale il Maestro manda un saluto ai fratelli sparsi nell’Universo e in attesa del Sole Novello».

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Rose suggests to me the alchemical realisation of the Great work: I see in it the materialised representation of spirituality. Its thorny stem holds the cup where the coagula et solve of the image projected in the seed that boosts to flower from the bud leaving in the air an extraordinary scent. Under this point of view a Rose, - quintessence of purification and exaltation of the four Elements - seems the perfect analogy of Androgyny: Image (Form - Male - Bud) and Similarity (Content - Female - Rose): Sonsand-Daughters-of-the-Sun... «This is the flower month... the Mystic Rose that is based on the Cross of universal equilibrium, in the name of which the Master sends a greeting to all the brothers scattered around the Universe just waiting for the New Sun».

Carmine Mario Muliere, La mia rosa con bocciuolo - terza fioritura, fotografia, San Cesareo, giovedì 2 luglio 2009

Carmine Mario Muliere, My Rose with its bud - third flowering, photo, San Cesareo, Thursday 2 July 2009 EditorialE | Editorial - n.21 - 2009 EQUiPèCo

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Sonolevitation, performance at Transmediale, HKW, Berlin, 2009. By Evelina Domnitch and Dmitry Gelfand, sound spatialization by TeZ. Photo by Transmediale.

Sonolevitation Evelina domnitch and dmitry Gelfand with tez Carmine Mario Muliere

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onolevitation. Mi piace interpretare questo titolo così: Levitazione del Suono. Infatti il Suono appartiene all’elemento Aria. Di più: vibra con essa, si compenetrano e creano movimenti che appartengono all’interiorità, all’essenza. Prevalgono l’Udito e la Vista in un amalgama indescrivibile, forse incomunicabile perché sono sensi impalpabili come l’Olfatto che qui può interagire per scoprire la propria e intima fragranza. Questa lettura poetica scaturisce dal rapporto di Arte e Scienza che sostanzia il lavoro di Evelina Domnitch e Dmitry Gelfand che si sublima in una complessa alchimia e si manifesta nel movimento oscillatorio delle foglie d’oro che volteggiano in una danza ritmata dal suono di Tez. Non voglio aggiungere altro ma soltanto invitarvi a vedere-ascoltare Sonolevitation sul sito: portablepalace.com

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Evelina Domnitch, (Minsk - Bielorussia, 1972) Dmitry Gelfand, (San Pietroburgo - Russia, 1974) Collaborano dal 1998. Collaborating since 1998. Attualmente fanno parte di Optofonica Lab Core Group (Amsterdam) con TeZ e Maurits Fennis. Currently are part of Core Lab Optofonica Group (Amsterdam) with TeZ and Maurits Fennis.

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onolevitation. I like to interpret this title as follows: Levitation of Sound. Indeed, sound belongs to the air. Even more: it vibrates with it, interpenetrating and creating movements that belong to the innards, to the essence. The auditory and the ocular prevail in an indescribable, and perhaps incommunicable amalgam, because these sensations are impalpable like olfaction, which may incite here the discovery of a genuine, intimate fragrance. This poetic discourse stems from the coalescence of art and science, underlying the work of Evelina Domnitch and Dmitry Gelfand, which sublimates into a complex alchemy and manifests itself in the oscillatory movement of spinning gold leaf in a rhythmic dance punctuated by the sound of Tez. I do not want to say more other than to ask


I buchi in topologia e le singolarità in fisica Edoardo Angeloni

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uesto articolo nasce dall’esigenza di conciliare il lavoro di Hawking-Penrose1 sui buchi neri con un modello sui buchi in senso topologico e qualitativo costruito da Casati-Varzi.2 Certamente il primo volume si riferisce ad un contesto fisico in cui la teoria della relatività va adeguata al contesto quantistico, mentre il secondo presenta una struttura formale basata su concetti qualitativi. Il lettore comune potrebbe chiedersi, dato che i matematici cercano di attribuire alle parole sempre lo stesso significato, se una nozione di cui si servono per elaborare le applicazioni rimanga invariante in un preciso quadro teorico, oppure possa dar luogo ad un’ambiguità interpretativa. Per questo motivo le varie interpretazioni matematiche date al significato fisico di buco nero dovrebbero essere traducibili nelle definizioni teoriche di C-V. Da un punto di vista logico e cercando di trovare un approccio sistemico, questo discorso può legare la teoria dei buchi di C-V alla teoria fisica delle singolarità di P-H? In altre parole è possibile costruire modelli topologici espressi in maniera qualitativa le cui caratteristiche siano interpretabili all’interno della fisica quantistica e compatibili con la relatività classica? Si vuole cioè cercare una relazione tra la nozione di buco ricavato secondo le definizioni di C-V e quella di singolarità descritta da H-P; tali autori definiscono la singolarità utilizzando l’idea di un punto al di fuori del quale il comportamento del sistema rimanente è regolare rispetto alle leggi della fisica, ma, accogliendo l’invito a dare una definizione più precisa di quest’ultima concettualizzazione, essi parlano di geodetiche che si possono prolungare per valori infiniti del parametro affine, cioè hanno dei punti che la geometria proiettiva definirebbe impropri. Ciò vuol dire che questi punti singolari presi in un contesto finito vanno all’infinito e quindi non si possono rappresentare sulle superfici di Minkosky, perché trasferiti in ambito proiettivo hanno caratteristiche che non si possono individuare con i normali parametri. l punto di vista chiamato generico per il calcolo dell’energia che si genera in presenza di una singolarità, afferma che, se la geodetica è incompleta, nel senso che abbiamo precisato quando si è sottolineata la necessità di introdurre punti impropri, di solito può dare luogo all’esistenza di punti in cui la curvatura diverge. Se si vuole eliminare questa difficoltà che sorge all’interno della meccanica relativistica classica per il formarsi delle singolarità, è necessario introdurre all’interno della teoria della relatività effetti quantistici indispensabili per elaborare un modello topologico più complesso di quello di C-V; il problema di trovare una matematica adatta a risolvere tali questioni è però molto difficile. Si può allora fare ricorso all’esempio di una superficie sferica a due dimensioni nello spazio di Minkoski, in cui le geodetiche nulle in ingresso sono convergenti, mentre quelle nulle in uscita sono divergenti, con la certezza di esprimere con ciò la compatibilità tra la relatività classica e la meccanica quantistica. Tale modello geometrico di una situazione fisica è composto da una superficie sferica in cui le rette sono rappresentate da due segmenti curvilinei, chiamate geodetiche, che per il fatto di possedere sempre qualche punto in comune, sono tali da non soddisfare il V assioma di Euclide. È interessante notare che nel caso del collasso di una stella il campo gravitazionale risultante diventa così forte che il fenomeno ora descritto non si manifesta. Penrose sostiene a questo riguardo che il modello di Hawking non dice nulla di significativo da un punto di vista matematico sulla natura di queste singolarità; questa affermazione è così forte da indurre il ricercatore a ritenere sufficiente quanto risulta dal modello qualitativo di C-V e a preferire una descrizione capace di tener conto dell’ipotesi riguardante l’insufficienza del modello matematico. Considerando il fatto di disporre di una superficie intrappolata nel tipo di situazioni creato dal collasso di una stella, se assumiamo la validità di leggi di causalità, l’esistenza di buchi neri implica una singolarità nel passato. Per trovare un buco nero infatti si deve costruire attorno alla singolarità presa in considerazione un orizzonte degli eventi che in qualche modo la racchiuda; al suo interno si evince che, laddove esso risulta regolare, deve dare luogo ad una superficie nulla detta space-like, cioè regolare nello spazio, mentre se essa è considerata secondo la freccia temporale diretta verso il futuro, deve contenere una geodetica nulla del

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his article born from to the problem to conciliate the Hawking-Penrose1 work about the black-holes with a model about holes in topological and qualitative sense built by Casati-Varzi.2 Surely the first book is related to a physical background when the relativity theory is in according to the quantum theory, but the second book offers a formal structure founded on qualitative concepts. The common reader could ask to himself, because the mathematics try to give to the words always the same significance, if a notion, which they apply to elaborate the applications, is an invariant in a certain context, or it could offer a paradox for the interpretation. Therefore all mathematic interpretations given to the physical significance of black-hole could be translated into the Casati-Varzi theoretical definitions. By a logical view and trying to find a systemic approach, this argument can conciliate the hole theory of Casati-Varzi with the physical theory about singularities of Hawking-Penrose? In other words, it’s possible to construct topological models, given in a qualitative way, which have characteristics understood in the quantum theory and in the classical relativity theory together? We would try a relation between the black-hole notion in according to the CV definition and the singularity notion descript by H-P; those authors define the singularity using the idea that it exists a point off the which the behavior of remaining system is regular in according to the physical laws, but, because they would define in a more correct way last concept, they talk about geodesics which we can extend for infinite values of the affine parameter, that is those have points that the projective geometry could define as improper, this is equivalent to the fact that the singular points into a finite context go to the infinity and therefore can’t be represented on the Minkosky surface, because translated in a projective context those have characteristics that we can interpret with normal parameters. he view called generic for the calculation of the energy generated around a singularity, tells that, if the geodesic is incomplete, in a sense that we have determined when we have affirmed the necessity to introduce the improper points, it usually presents the possibility that points exists when the curvature diverges. If we want eliminate this difficulty born in the classic relativistic mechanics from the singularities, it need introduce in the relativity theory quantum effects related to the elaboration of a topological model more complex than Casati-Varzi model, but the problem to find a mathematic theory adapt to resolve such questions is very difficult. We then can utilize the example of a spherical surface 2-dimensional in a Minkosky space when the null geodesics in the entry are convergent, but those are divergent in the exit, so we are sure to explicate the compatibility between the classical relativity and the quantum mechanics. The geometric model of a physical situation is made by a spherical surface when the lines are represented by two curvilinear segments, called geodesics, which have always some common point and so don’t satisfy the V Euclidean axiom. It’s interesting to observe that the gravitation field resulting around the star collapse become so big that the phenomena now descript don’t happen. Penrose affirms about this fact that the Hawking model don’t tell anything related to a mathe-

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The holes in Topology and the singularities in Physics

tipo time-like, cioè infinita e irregolare nello spazio, la quale ha in origine un punto critico in cui non è regolare. Nel caso di un corpo che collassa si potrebbe pensare che il suo segnale elettromagnetico rimanga all’interno del buco nero, ma occorre dire che quanto vale per la relatività classica può non valere per la teoria quantistica; infatti, nello spazio di Minkoski, non c’è alcun buco nero né alcun orizzonte degli eventi, dato che esso risulta equivalente ad una superficie sferica in cui due geodetiche si incontrano sempre. Nel caso di un collasso di una stella perciò la nascita di una singolarità è predetta dal teorema dello sviluppo futuro di Cauchy inerente il modello di P-H di cui parlerò più avanti, quando verrà effettuata un’analisi più precisa della costruzione matematica relativa alla rappresentazione dei punti coniugati di una geodetica. Se si vuole dire qualcosa che risulti essere più approfondito rispetto a quest’ultimo aspetto teorico, si possono seguire due direzioni di ricerca: o partire dal numero di Eulero che è un invariante topologico definito mediante gli indici di Betti per approfondire il modello di Minkosky, oppure distinguere lo spazio proiettivo identificato periodicamente (che è appunto la sfera di Minkosky) dalla soluzione euclidea di Schwarzschild. Se invece si vuole conservare l’idea che le leggi fisiche valgono sempre e ovunque, si deve integrare la funzione dell’energia su curve relative a metriche non singolari. Le cose tuttavia cambiano quando consideriamo metriche con singolarità sulle quali l’azione non è definita. Si può interpretare l’entropia cosmologica come conseguenza del fatto che l’osservatore ignora le informazioni situate al di là del suo orizzonte degli eventi, come risulta dallo spazio di de Sitter; ciò è legato alla nozione di censura cosmica di Penrose, per cui l’informazione rilasciata dal segnale elettromagnetico è bloccata dall’orizzonte degli eventi. Per realizzare una sintesi tra teoria relativistica classica e teoria dei quanti è stata inventata la teoria delle stringhe, ritenuta l’unica capace di costituire un modello per entrambe e nello stesso tempo in grado di avere un fondamento dal punto di vista matematico; peccato però che le ipotesi che stanno alla base di questa teoria non funzionano dal punto di vista della verifica sperimentale; infatti, Smolin3 ha recentemente sostenuto una geometria a 10 dimensioni non è sottoponibile a prove di laboratorio; il fatto è che dal punto di vista matematico la teoria delle stringhe è molto complessa, perciò dovrebbe comportare un ritorno all’impiego della fisica degli anni 70, cioè allo spazio di Riemann tradizionale. buchi neri mettono in discussione questo modello inteso come sintesi di relatività e teoria dei quanti, perché la presenza di singolarità impedisce che valgano leggi invarianti ovunque. Hawking e Penrose cercano di risolvere questo tipo di problema, fornendo un approccio interessante, ma c’è da dire che quando è stata introdotta in fisica la teoria delle stringhe, si sono incontrate difficoltà sostenute in precedenza, per cui è azzardato complicare troppo il punto di vista del calcolo e della teoria, come fa certamente la teoria delle stringhe al cui posto si dovrebbe utilizzare un modello di natura qualitativa. Infatti Casati e Varzi presentano la teoria dei buchi su superfici ad un livello che, pur conservando una forte competenza riguardo alla comprensione del problema topologico, rimane limitato ad un ap-

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matical view about the nature of those singularities; this affirmation is so strong to induce the researcher to consider sufficient the Casati-Varzi qualitative model and to prefer a description resolving our problem related to the insufficiency of the mathematic model. If we consider a entrapped surface in the type of situation born by the star collapse and we think that the causality laws are true, the black-hole existence implicates a singularity in the past. To find a black hole in fact we must construct around the singularity an event horizon that in any way includes it; in the event horizon we know that, where it is regular, must present a null geodesic called space-like, that is regular into the space, but if it is considered in according the time arrow in the future, it must contain a null geodesic time-like, that is infinite and irregular in the space, which have in the beginning a critical point where this is irregular. When a body collapses, we can think that his electro-magnetic signal remains into the black hole, but it need to tell that what is true in classical relativity shouldn’t be valid in quantum theory; in fact in the Minkosky space it don’t exists any black hole neither any event horizon, because it results equivalent to a spherical surface where two geodesics always have a common point. During a star collapse we can preview that a star born by the Cauchy future development theorem related to the Penrose-Hawking model about which we will talk next, when we will make a more correct analysis of the mathematical construction related to the representation of the conjugate points of a geodesic. If we can tell something that results to be more interesting then this last theoretical aspect, we can follow two directions of research: or to start from Euler number which is a topological invariant defined by the Betti indices to study better the Minkosky model, or to separate the projective space periodically identified (what is just the Minkosky sphere) by the Euclidean solution of Schwarzschild. If in other side we want preserve the idea that the physical laws are valid always and everywhere, we must integrate the energy function on curves related to non-singular metrics. The question is different when we consider metrics with singularities where the action don’t be defined. We can interpret the cosmologic entropy as consequence that the observer don’t know the information placed out his event horizon, as it results by the de Sitter space; that is related to the notion of cosmic censure of Penrose, because the information started from the electro-magnetic signal remains into the event horizon. To realize a synthesis between the classical relativistic theory and the quantum theory we found the string theory, considered the one adapt to build a model for the two theory together and in same time to pone a mathematical construction; unfortunately the hypothesis of the string theory don’t function by an experimental view; in fact Smolin3 few times ago sustained that a geometry 10-dimensional can’t be verified in a laboratory; it is important that by a mathematical view the string theory is very difficult, therefore it should imply a return to the physics of 1970, that is to the traditional Riemann space. he black holes misunderstandings imply the failure of this model as a synthesis of the relativity and quantum theory, because the existence of singularity don’t allow that the laws are valid everywhere. Hawking and Penrose try to resolve this type of problem providing an interesting approach, but we must tell that, when the strings have been introduced in physics, we have had same difficulties sustained before, we therefore shouldn’t complicate too the view of the view of calculation and the theory, so as the string theory at whose place we should utilize a qualitative model. In fact Casati-Varzi present the hole theory on surfaces to the level that, preserving a strong competence about to understand the topological problem, remains limited to a general approach. So by a rich casuistry it is related to the intuition his heuristic motivation. In fact two author write: «Stroll sustained that there are two way to understand the surfaces: as abstractions, without substance or mass divisible (as maybe Leonardo talked) or as a physical entity, with a physical divisible mass. Our position is in a certain way indifferent respect to such concepts, or maybe derives by an oscillation between those».4

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Museo de Arte Contemporáneo de Castilla y León Cinzia ferrara

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l Musac si trova nell’omonima regione della Spagna del nord e nonostante la sua giovane età, è stato inaugurato solo nell’aprile del 2005, si è presto distinto nel panorama internazionale per due aspetti che forse inconsapevolmente si relazionano tra loro e riguardano l’importante contenitore architettonico, insignito del prestigioso premio della Fondazione Mies van der Rohe e un singolare progetto di immagine coordinata che ne accompagna tutte le manifestazioni legate in varia misura all’arte contemporanea (mostre, workshop, convegni, incontri con gli artisti). La fabbrica architettonica progettata da Emilio Tuñón e Luis Mansilla, esprime nella sua complessa morfologia, nei suoi esterni e attraverso la policromaticità delle sue superfici la filosofia che presiede e sottende la densa attività museale che in essa si svolge, leggibile persino nelle sue parti costituzionalmente statiche, la cui trasparenza e diversità diventa segno di trasformazione continua come si confà peraltro a un luogo che ha il compito di seguire costantemente, attraverso un processo di annotazione, studio e narrazione quanto accade nel presente continuo dell’arte contemporanea. Un concetto di trasformazione che ci riporta alla memoria la celebre metafora della torpedine adoperata da A.H. Barr per descrivere l’attività in continuo movimento del nascente MoMA di New York, la cui testa, rappresentata dalle nuove opere, tende ad allontanarsi sempre più dalla sua coda, rappresentata dalle opere già acquisite. Nella fabbrica architettonica del Musac, la cui pianta è data dalla giustapposizione di elementi quadrati e romboidali, quasi una vista macroscopica di un tessuto cellulare, uno dei due prospetti è rivestito da grandi tessere trasparenti e colorate che ne tamponano le bucature, e ne costituiscono il suo elemento caratterizzante e connotativo, come una grande composizione pittorica di Gerhard Richter che abbandonata la tela assume l’imponente scala urbana, e che si contrappone alla facciata opposta in cui i colori sono inghiottiti da un candido e opalino bianco che tutti li contiene. Una contrapposizione che segna le vicende di un museo il quale dichiara apertamente le proprie posizioni estreme e che non teme di andare incontro a critiche anche molto aspre. Ne è una dimostrazione la scelta coraggiosa e provocatoria, operata per il sistema di identità visiva del museo. l progetto presentato dagli studi grafici Grupo Aporama + El Plan B è risultato il vincitore tra 341 progetti partecipanti al concorso bandito nel 2003 per la realizzazione dell’immagine coordinata del Musac. Il sistema di identità visiva propone un’immagine concettualmente dinamica che non si struttura a partire da un unico marchio poi declinato sui vari artefatti, e tanto meno da una famiglia di marchi tra loro legati da relazioni progettuali, ma è determinato dall’intervento propositivo dei fruitori del museo senza i quali il marchio non esisterebbe affatto. I consumatori culturali sono chiamati a divenire essi stessi progettisti attraverso l’ideazione e la costruzione di un elemento fotografico nel cui scenario si colloca il logotipo Musac, trascritto in qualsiasi modo e con qualsiasi tecnica, tatuato, inciso, ricamato, scritto a mano o composto usando le lettere di un qualsivoglia alfabeto, così come mostrato in alcuni esempi preparati dallo studio grafico per lanciare la proposta di partecipazione, in cui il nome del museo compare scritto su una mano come un appunto preso velocemente, riportato con la glassa su un dolce, oppure scritto con la ketchup su un piatto di patatine fritte. In tal modo il logotipo si presta ad essere adattato a una molteplicità infinita di soluzioni i cui unici elementi invarianti sono dati dalla

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usac is placed into the homonym country of the north of Spain and despite its young age, it has been inaugurated only in April 2005, it immediately distinguished itself in the international panorama for two aspects that maybe unconsciously relate themselves and pertain to the architectural container, conferred upon the prestigious prize of Mies van der Rohe's Foundation, and for a singular project of a coordinated image that supports every demonstration linked to contemporary art (exhibitions, workshops, conferences, meetings with artists). The architectural factory designed by Emilio Tuùón and Luis Mansilla, through its complex morphology, its externals and the polychromaticity of its surfaces, expresses a philosophy that presides and is supported by a dense museum activity. This is also readable in its constitutionally static parts that, through their transparency and diversity, become sign of a continual transformation that suits to a place that has the duty of a constant surveillance on what is happening in the world of contemporary art, through processes of annotation, study and narration. A concept of transformation reminds us the famous torpedo's metaphor used by A.H.Barr in order to describe the always on the go activity of the raising MoMa of New York, whose head, represented by new works of art, aims at move more and more away from its tail, represented by works of art acquired in the past. Inside the Musac's architectural factory, whose plant consists of a collocation of squared and rhomboid elements, almost like a macroscopic view of a cellular tissue, one of the two outlines is covered by transparent and colored tiles that plug the holes and form the museum's characterizing and connotative element, like a great pictorial composition by Gerhard Richter that abandons the canvas and adopts the huge urban scale, and faces to the opposite facade in which colors are swallowed by a pure and opal white. This is an opposition that marks the events of a museum that openly declares its extreme positions and that is not afraid of blasts. The demonstration is the courageous and provocative choice, taken for the museum's system of visual identity. he project presented by Grupo Aporama + El Plan B graphic studios turned out to be the winner among 341 projects that took part to the competition banished in 2003 for the realization of Musac's coordinated image. The system of visual identity proposes a conceptually dynamic image that does not consist of a single brand then declined on different artifacts, neither of a family of brands all connected by planning relationships, but it is based on the users' suggestive intervention without whom the brand would not exist. The cultural consumers are summoned up to become themselves designers through the conception and construction of a photographic element in which appears Musac's logo, written in every way and with every kind of technique, tatted up, engraved, embroidered, handwritten or composed using letters of any existing alphabet, as showed in some examples prepared by the graphic studio in order to make an involvement proposal, in which the name of the museum appears written on a hand like a note quickly taken, written with topping on a cake, or written with ketchup on a French fries plate. In this way the logo lends itself to be suitable to an infinite plurality of solutions whose unique invariable elements are given by the presence of the five letters and by the use of photography, real or manipulated, besides obviously the size of the file that has to be loaded on the museum's website, according to a process that permits to recollect a series of proposals of logos that are like Polaroid's pictures, expressions of a precise time context of whom they are part and direct evidence. The project is structured on the base of an idea of extended involvement that enables everyone to be not only an almost passive user of the museum but also to rider the generation of its system of visual identity designing a a logo that,

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© courtesy Musée Magritte Museum - Bruxelles www.musee-magritte-museum.be

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Bruxelles

Dal 2 Giugno_From 2nd July 2009

Matteo Consonni

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a città che da sempre è la più devota al surrealismo, Bruxelles, non poteva che dedicare un museo a uno dei suoi principali protagonisti, René Magritte, considerato il pittore belga più importante del ventesimo secolo. La collezione proviene in gran parte dal Museo di Belle Arti del Belgio, e l’attuale museo presenta la più grande selezione di opere, tra cui dipinti, disegni, fotografie, sculture, stampe e materiale archivistico di ogni tipo; è proprio questa ricchezza ed eterogeneità di offerta che colpisce il visitatore: infatti, oltre a poter ammirare capolavori come L’Impero delle Luci (1954), Black Magic (1945) e Shéhérazade (1948), è possibile immergersi in un mare di materiale inedito: le fotografie di René e Georgette Magritte, gli scatti che ritraggono l’artista con i familiari e con gli altri artisti del tempo, i manifesti teatrali e le pubblicità da lui realizzate e grandi quantità di scritti e pubblicazioni riguardanti il movimento surrealista. Non mancano inoltre dipinti meno conosciuti che si rivelano estremamente interessanti: i tre ritratti di AnneMarie Crowet rivelano un’attenzione al dettaglio e una ricerca psicologica notevoli, e sono inseriti in paesaggi semplici e surreali che donano profondità all’intera composizione. Ogni soggetto viene inserito in un mondo ingannevole, ironico e profondamente misterioso. L’edificio che ospita il museo è situato nei pressi del Museo di Belle Arti; un albergo neoclassico il cui interno è stato completamente rivoluzionato per poter ospitare nelle migliori condizioni la collezione. All’interno i dipinti sono ben illuminati e il percorso cronologico riesce a non sembrare troppo didattico, lasciando la possibilità al visitatore di scegliere il materiale più interessante, e la presenza di monitor che riproducono e analizzano le fotografie e gli scritti del tempo permettono di scoprire curiosità e notizie interessanti riguardanti l’artista. Unico difetto dell’allestimento museale ideato da Winston Spriet, è la mancanza di qualunque tipo di luce naturale l’uso di colori estremamente scuri per i muri di supporto; elementi che scuriscono eccessivamente le stanze, non facilitando una rilassata contemplazione dell’opera. Il Museo si rivela un progetto moderno, che dà risalto a materiali di estremo interesse e nel quale è possibile scoprire ogni sfaccettatura del Magritte artista e uomo. (Visitato il 21 Luglio 2009) Dall’alto_Top La Magie Noire, 1945, oil on canvas 80×60 cm © Charly Herscovici, with his kind authorization – c/o SABAM-ADAGP, 2009 L’Empire des lumières, 1954, oil on canvas 146×114 cm Shéhérazade,1948, oil on canvas 50×60 cm

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he city that has always been embedded with surrealism, Brussels, couldn’t escape from the perspective of opening a museum entirely dedicated to one of the most important protagonists of the movement, René Magritte, also considered the most important Belgian painter of the XX century. The collection comes mainly from the Fine Art Museum of Belgium, and the actual Magritte Museum hosts the biggest selection of works, a huge number of paintings, drawings , photographs, sculptures, prints and every type of archival material. The offer is so varied and this is one of the most interesting characteristics of the museum: the visitor is able to admire some of the most known paintings like The Empire of Lights (1954), Black Magic (1945) and Shéhérazade (1948), but also to look at the big selection of inedit material: the photographs of René and Georgette Magritte, those that show the artist with friends and with other artists, the posters for the theatres, the advertisements and a lot of publications related to the surrealist movement. The collections includes also less known paintings that are absolutely worth the visit: in the portraits of Anne-Marie Crowet is possible to spot a great attention to detail and to psychological research in the faces depicted, while the background the simple but unreal landscape gives depth to the composition. Every person depicted is inserted in an ironic and mysterious atmosphere. The museum is located near the Fine Art Museum: a former neoclassic hotel has been completely renovated to host the collection in the best conditions possible. Inside, the paintings are well lit and the chronological path is not too stricht and didactic, so that the visitor can choose what’s more interesting for him to see. A monitor in each room shows and analyses the photographs of the time, giving an additional set of information. What is wrong with the museal setting ideated by Winston Spriet is the total lack of natural light and the use of a very dark brown colour for the walls: all these elements make the room appear really dark and unsuitable for a long contemplation of the works. In the end the museum is an example of a smart and up-to-date museal project, that shows a great selection of interesting works and material, and gives the opportunity to know René Magritte as and artist and a man. (Visited on the 21st of July, 2009) [Translated by M. Consonni]

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